Apparato Endocrino - Riassunto PDF

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ImmaculateNobility4405

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apparato endocrino ormoni fisiologia biologia

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Questo documento fornisce una sintesi dell'apparato endocrino. Si descrivono le ghiandole e le cellule che secernono ormoni. Vengono spiegate le funzioni degli ormoni, le attività, come il feedback, e le patologie associate a carenze o eccessi.

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ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 8. L'APPARATO ENDOCRINO L'apparato endocrino o sistema ormonale è costituito da un insieme di ghiandole e cellule (ghiandole endocrine e cellule endocrine) che hanno la funzione di secernere nel sangue del...

ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 8. L'APPARATO ENDOCRINO L'apparato endocrino o sistema ormonale è costituito da un insieme di ghiandole e cellule (ghiandole endocrine e cellule endocrine) che hanno la funzione di secernere nel sangue delle sostanze proteiche o lipidiche chiamate ormoni. L'apparato endocrino in collaborazione con il sistema nervoso, regola il funzionamento dell'organismo umano. Gli ormoni vengono emessi dal citoplasma delle cellule e riversati direttamente nel tessuto circostante e/o nel torrente circolatorio, da dove raggiungono successivamente gli organi bersaglio dove esplicano la loro specifica azione. Ogni ormone, circolante nel sangue può raggiungere tutti i punti dell'organismo, agendo però solo sulle cellule provviste di opportuni recettori. La fisiologia dell'apparato endocrino è finemente regolata per poter adempiere in maniera ottimale alle esigenze dell'organismo. La secrezione e il rilascio di ogni ormone, dipende da fattori stimolanti o inibenti, in alcuni casi rappresentati dalla stessa azione che si vuole produrre. L'insulina ad esempio, viene secreta dal pancreas e immessa nel circolo sanguigno in quantità proporzionali ai valori di glicemia nel sangue, realizzando la sua funzione ipoglicemizzante attraverso il meccanismo di feedback, vale a dire che la sua secrezione da parte del pancreas, aumenta o diminuisce per mantenere la glicemia entro il range fisiologico. L'attività degli ormoni può essere: endocrina: gli ormoni vengono immessi nel torrente circolatorio per raggiungere gli organi bersaglio; paracrina: gli ormoni sono rilasciati direttamente nell'organo o nel tessuto, dove esplicano la loro funzione nelle cellule vicine; autocrina: gli ormoni secreti agiscono sulle stesse cellule che li hanno prodotti e rilasciati. Molto spesso si assiste ad una situazione ormonale mista, come ad esempio autocrina-paracrina. La carenza o l'eccesso nella secrezione di ormoni, può provocare stati patologici anche piuttosto seri, il diabete e l'ipotiroidismo, sono delle patologie ormonali da carenza che se non adeguatamente curate, possono portare all'insorgenza di complicanze anche serie per l'organismo. L'ipertiroidismo, è invece un esempio di una patologia ormonale molto invalidante da eccesso, in cui si assiste ad un aumento nella secrezione di ormoni tiroidei T3 e T4. Il trattamento delle patologie ormonali è a carico dell'endocrinologo ma non solo, anche altre figure mediche possono esserne interessate, come il gastroenterologo e l'oncologo (in caso di tumori endocrini). 29 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Costituiscono l'apparato endocrino: l'ipofisi, la tiroide, le paratiroidi, le ghiandole surrenali, il pancreas, l'epifisi. Possiedono una funzione endocrina anche altri organi: le ovaie e i testicoli, il rene, il timo, il miocardio, la placenta, la pelle e il fegato. 30 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 31 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 8.1 IPOFISI L'ipofisi detta anche ghiandola pituitaria, è una ghiandola endocrina situata alla base del cranio, costituita da due lobi, il lobo anteriore (adenoipofisi) e il lobo posteriore (neuroipofisi), strutturalmente e funzionalmente diversi che regolano, attraverso la secrezione di numerosi ormoni, l'attività endocrina e metabolica di tutto l'organismo. L’adenoipofisi produce: L’ormone somatotropo o GH, che stimola la crescita dei tessuti e interagisce con il tasso di glucosio plasmatico. L’ormone adrenocorticotropo o ACTH, che regola la produzione di ormoni corticosurrenalici. La tireotropina o TSH, che agisce sulla tiroide stimolando la sua produzione ormonale. L’ormone luteinizzante o LH, che nella donna agevola la produzione di progesterone e la formazione dei corpi lutei, mentre nei testicoli stimola la spermatogenesi e la produzione di androgeni. L’ormone follicolo-stimolante o FSH, che nei testicoli favorisce la secrezione di androgeni, mentre nelle ovaie stimola la crescita di follicoli. La prolattina o PRL, ormone lattogenico responsabile della produzione di latte nelle donne dopo il parto. La neuroipofisi o ipofisi posteriore produce: L’ormone antidiuretico o ADH, che promuove diverse reazioni organiche, tra cui l’innalzamento della pressione arteriosa e la regolazione del volume plasmatico, mediante il riassorbimento di acqua nei tubuli renali. L’ossitocina, che agisce sull’utero, inducendo le contrazioni uterine durante il parto e sulla mammella, promuovendo l’eiezione del latte quando il capezzolo viene stimolato dalla suzione. 32 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 8.2 L’ORMONE DELLA CRESCITA O GH La concentrazione plasmatica del GH è molto elevata, anche mille volte superiore rispetto a quella degli altri ormoni, subendo delle variazioni nel corso della giornata e dell’anno. Nel corso della giornata il suo rapporto risulta inversamente proporzionale al tasso glicemico e vi è un picco molto importante durante le prime ore di sonno notturne. Nel corso dell’anno si assiste ad una maggior secrezione di GH nel periodo primaverile ed estivo. Le funzioni principali di questo ormone sono: promuovere la sintesi proteica (aumento della massa muscolare); azione anticatabolica; funzione lipolitica (diminuzione della massa grassa); crescita ossea e dei tessuti molli. Attraverso l’allenamento è possibile favorire una maggiore secrezione di questo ormone. La secrezione di GH è infatti collegata alla produzione di acido lattico, eseguire perciò degli allenamenti con sovraccarichi con alti volumi di lavoro, con serie composte da ripetizioni medio-alte, intervallate tra loro da pause brevi, sembra essere il modo migliore per ottimizzare la secrezione di GH. Altri fattori contribuenti per la secrezione di GH sono l’ipoglicemia ed i pasti proteici. 8.3 LA TIROIDE La tiroide è una ghiandola, posizionata nella regione anteriore del collo, costituita da due lobi, destro e sinistro, collegati da uno stretto ponte che prende il nome di istmo. Sotto lo stimolo ipofisario che secerne l'ormone TSH, la tiroide a sua volta produce gli ormoni: T4 e T3 che agiscono sul metabolismo cellulare e sui relativi processi di accrescimento. Gli ormoni tiroidei hanno un'azione solitamente eccitatoria sul metabolismo basale: aumentando il consumo di ossigeno da parte dei tessuti; stimolando la produzione endogena di calore; favorendo: la sintesi proteica, la gluconeogenesi, la glicogenolisi e il catabolismo dei lipidi; favoriscono un effetto inotropo e cronotropo positivo sul miocardio, migliorandone la sensibilità alle catecolamine. La secrezione di ormoni tiroidei varia sia nel corso della giornata che nel corso dell’anno. Durante il giorno vi è una maggior secrezione di questi ormoni a metà giornata. Durante l’anno il metabolismo tiroideo è più attivo nel periodo estivo. Un’adeguata secrezione di ormoni tiroidei, ottimizza il metabolismo di ormoni anabolici come il testosterone, l’insulina e il GH. La calcitonina, secreta dalle cellule parafollicolari o cellule C, controlla il metabolismo del calcio in antagonismo con il paratormone secreto dalle ghiandole paratiroidi. In particolare, la calcitonina riduce i livelli di calcio quando questi sono troppo alti; il paratormone ripristina i livelli fisiologici di calcio quando questi si abbassano. 33 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 8.4 IL SURRENE Il surrene è un organo posto a livello dell'ultima vertebra toracica sulla sommità del rene. Il surrene è molto importante per regolare la risposta dell'organismo allo stress attraverso la sintesi di corticosteroidi e catecolamine, tra cui il cortisolo e l'adrenalina. È un organo caratterizzato da due zone che assolvono a funzioni differenti: la corteccia surrenale e la porzione midollare surrenale. La corteccia surrenale, favorisce la produzione di cortisolo e di aldosterone. Il cortisolo è definito ''ormone dello stress'', dato che la sua secrezione aumenta notevolmente in condizioni di forte stress fisico o emotivo. Un'eccessiva concentrazione di cortisolo nell'organismo, può provocare un peggioramento dello stato di salute, dando luogo a patologie e stati depressivi; può inoltre avere un'azione catabolica e determinare un accumulo di adipe e di liquidi. La secrezione fisiologica di cortisolo è necessaria per: innalzare la glicemia; favorire la sintesi di glucosio attraverso la gluconeogenesi; facilitare la mobilizzazioni degli acidi grassi, ottimizzando in questo modo il metabolismo aerobico; favorire l'azione anti-infiammatoria. La secrezione di cortisolo risente di variazioni nel corso della giornata e dell’anno, durante il giorno la concentrazione risulta essere più alta la mattina e dopo diverse ore di digiuno; nel corso dell’anno si assiste ad un incremento nella secrezione di cortisolo nel periodo invernale. Allenamenti prolungati possono indurre un’eccessiva secrezione di cortisolo, appare chiaro come limitare la durata delle sedute di allenamento sia un fattore fondamentale per evitare una controproducente elevata concentrazione di cortisolo all’interno dell’organismo. Un altro ormone secreto dalla corticale del surrene è l'aldosterone, che ha il compito di controllare l’omeostasi salina e il metabolismo organico. La sua funzione viene esercitata attraverso i tubuli distali renali, per mezzo dei quali agisce per regolare la concentrazione di sodio e potassio nel sangue, influenzando in questo modo la pressione arteriosa. La porzione midollare surrenale, regola la produzione di catecolamine: adrenalina, noradrenalina e dopamina. L’evoluzione della specie ha fornito all'organismo umano determinati sistemi difensivi, utili a garantire una rapida fuga o un efficiente contrattacco. Dopo aver percepito un pericolo, si verifica un rilascio di catecolamine (adrenalina e noradrenalina) dalla porzione midollare del surrene, sempre correlato ad una considerevole secrezione di cortisolo. Tutto ciò per rendere disponibile in breve tempo enormi quantitativi di ATP. 34 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER L’adrenalina e la noradrenalina sono perciò fondamentali per preparare l’organismo ad agire in situazioni di pericolo: aumentando la forza e la frequenza delle contrazioni cardiache; aumentando la pressione arteriosa; inducendo fenomeni di glicogenolisi epatica e muscolare; dilatando i bronchi; attivando la produzione di altri ormoni catabolici, al fine di garantire il supporto energetico. La dopamina è un altro ormone appartenente alla famiglia delle catecolamine, la produzione di questo ormone è strettamente correlata con la sensazione di piacere provocata da stimoli positivi. Alcune sostanze stupefacenti provocano dipendenza, proprio perché agiscono sul meccanismo di produzione di dopamina. 8.5 IL PANCREAS Il pancreas possiede due funzioni: produce enzimi digestivi e secerne insulina e glucagone. L’insulina viene secreta da gruppi di cellule chiamate isole pancreatiche o di Langherans. La funzione di questo ormone è quella di permettere il passaggio di glucosio e aminoacidi attraverso la membrana cellulare. Inoltre favorisce l’accumulo di glicogeno epatico e inibisce la glicogenolisi. L’insulina, rendendo permeabili le cellule al passaggio di glucosio e di aminoacidi, abbassa la glicemia e la contempo favorisce la sintesi proteica, assolvendo così ad un’azione anabolizzante. Un’eccessiva secrezione di insulina provocata dall'assunzione di un ricco pasto a base di carboidrati, può favorire la sintesi di acidi grassi, con conseguente accumulo di adipe. Il glucagone è l’ormone antagonista dell’insulina che promuove la glicogenolisi a livello epatico e stimola la mobilizzazione degli acidi grassi. Il glucagone viene secreto: quando cala la glicemia; durante l’attività fisica; in seguito ad un periodo di digiuno; dopo l’assunzione di un pasto proteico. 8.6 I TESTICOLI E LE OVAIE I testicoli secernono testosterone sotto l’influenza dell’ormone LH, a sua volta secreto dall’adenoipofisi. Per favorire la fisiologica secrezione di testosterone di circa 4-9 mg al giorno, è importante come precursore il colesterolo. Il testosterone favorisce lo sviluppo degli organi sessuali e delle caratteristiche sessuali secondarie (peli, barba, abbassamento del tono della voce..), ma anche delle calvizie, dell’acne giovanile e dell’aumento dell’aggressività. È inoltre un ormone molto importante per stimolare la sintesi proteica e l’aumento dei livelli di forza muscolare. 35 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Il testosterone per questi motivi viene assunto per via esogena in quantità elevate dagli atleti che praticano attività sportive in cui si ricercano i benefici forniti da concentrazioni elevate di questo ormone all’interno dell’organismo, le controindicazioni provocate da tali assunzioni non sono però trascurabili. La secrezione di testosterone subisce delle variazioni sia nel corso della giornata che nel corso dell’anno. Nel corso della giornata la concentrazione di testosterone più alta si registra nelle prime ore del mattino, poi cala durante la giornata con una piccola ripresa soltanto nel tardo pomeriggio. Nel corso dell’anno aumenta nel periodo primaverile e in quello autunnale. L’allenamento con sovraccarichi, caratterizzato da un’intensità elevata, dall’utilizzo di carichi molto alti, volume di lavoro ridotto e pause lunghe tra le serie, è in grado di favorire un incremento nella secrezione fisiologica di testosterone. Nelle donne, la secrezione di testosterone avviene a livello delle ovaie e delle ghiandole surrenali, in quantità nettamente inferiori rispetto all’uomo. 36 8. L'APPARATO ENDOCRINO ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 9. L'APPARATO DIGERENTE L'apparato digerente ha la funzione di trasformare le sostanze ingerite in molecole che possono essere poi distribuite e utilizzate dalle singole cellule del corpo. Nei vertebrati l’apparato digerente è costituito da un lungo tubo di circa 11 metri costituito da: bocca; faringe; esofago; stomaco; intestino tenue, suddiviso in: duodeno, digiuno e ileo; intestino crasso, suddiviso in: cieco, colon e retto. Il cibo passa lungo questo tubo attraverso il movimento di peristalsi, consistente in ondulazioni determinate da contrazioni muscolari. Annesse all’apparato digerente vi sono: le ghiandole salivari, il fegato, la cistifellea ed il pancreas, organi accessori atti alla produzione di enzimi ed altre sostanze essenziali per la digestione. Nella bocca si svolge ad opera dei denti la prima parte della digestione meccanica e ad opera dell’amilasi, un enzima prodotto dalle ghiandole salivari, la prima digestione degli amidi che vengono trasformati in zuccheri. Con l’aiuto della lingua il cibo viene trasformato in bolo e attraverso la faringe, un canale comune all’apparato digerente e respiratorio, entra nell’esofago formato superiormente da muscolatura striata e inferiormente da muscolatura liscia. Una volta attraversato l’esofago, il bolo entra nello stomaco attraverso una valvola detta cardias. Lo stomaco è una larga dilatazione a forma di sacco. È costituito da tre tonache sovrapposte che dall’esterno verso l’interno sono: la sierosa; la muscolare; la mucosa. Quest’ultima è tappezzata da numerose ghiandole che secernono succo gastrico fortemente acido per la presenza di acido cloridrico, nonché da uno spesso strato di muco che impedisce alle cellule stesse di essere distrutte dall’acido. Il bolo proveniente dalla bocca viene quindi trasformato in chimo ed attraverso il piloro entra nell’intestino tenue. Nell’intestino tenue si compie la completa scissione del cibo iniziata già nella bocca. Numerosi enzimi prodotti dall’intestino stesso e dal pancreas, nonché la bile prodotta dal fegato e raccolta dalla cistifellea ed avente la funzione di emulsionare i grassi, partecipano ai processi digestivi. 37 9. L'APPARATO DIGERENT E ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Le sostanze utili all’organismo iniziano quindi ad essere assorbite ad opera dei villi intestinali dell’intestino tenue, l’assorbimento dei sali e dell’acqua residua avviene invece a livello dell’intestino crasso. Le sostanze di rifiuto vengono poi espulse come feci. L’intestino crasso ospita una numerosa popolazione di batteri utili all’organismo, tra cui l’Escherichia Coli, che scinde le sostanze alimentari non digerite e produce amminoacidi e vitamine. Sono infatti questi batteri la principale fonte di vitamina K. 38 9. L'APPARATO DIGERENT E ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 39 9. L'APPARATO DIGERENT E ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER La digestione è controllata da una serie di ormoni che determinano la produzione o meno di enzimi, acidi e tutte le altre sostanze implicate in tale processo. Lo stomaco produce gastrina che stimola la produzione di succo gastrico da parte delle cellule epiteliali ed agisce sulle cellule muscolari favorendone le contrazioni; l’intestino tenue produce secretina che stimola la secrezione di bile e di succhi pancreatici e colecistochinina che favorisce la liberazione di enzimi pancreatici e lo svuotamento della cistifellea. Il controllo nervoso avviene ad opera del sistema nervoso autonomo: il parasimpatico aumenta la peristalsi, il simpatico la diminuisce. Il fegato è la più grossa ghiandola del nostro corpo, posta a destra al di sotto del diaframma, ha un color rosso scuro ed è diviso in quattro parti. Le azioni del fegato sono molteplici e tutte importanti, tra queste c'è quella di distruggere i globuli rossi e di recuperare il ferro contenuto nell’emoglobina. Inoltre il fegato ha il compito di immagazzinare lo zucchero e di rimetterlo in circolazione quando l’organismo ne ha bisogno. Al fegato giunge l’arteria epatica, che reca sangue ricco di sostanze nutritive, da esso fuoriescono anche le vene epatiche. Senza fegato è impossibile vivere, è però importante sapere che una sola parte di esso può bastare al nostro organismo, poiché le cellule del fegato si rigenerano con facilità. Il fegato produce, in continuazione, un liquido giallastro e amarissimo, la bile che passa dal fegato alla cistifellea, simile a un sacchetto di raccolta posto accanto al fegato, dalla cistifellea la bile viene immessa, a piccole dosi, nell’intestino. 40 9. L'APPARATO DIGERENT E ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 9.1 CENNI SULL'APPARATO ESCRETORE L'apparato escretore è costituito dai reni e dalle vie urinarie, ha il compito fondamentale è di filtrare il sangue dalle sostanze tossiche e di regolare l'osmolarità. I due reni si trovano posteriormente nell’addome, collegati alle vie urinarie costituite: dai due ureteri in cui fluisce l’urina, dalla vescica che la raccoglie e dall'uretra da cui viene poi espulsa. Il rene è costituito da una parte interna la midollare renale e una parte esterna la corticale renale. I reni sono degli organi che permettono diverse funzioni tra loro strettamente connesse: regolazione del volume del liquido extracellulare: quando il volume del liquido extracellulare scende al di sotto dei limiti fisiologici, la pressione arteriosa cala di conseguenza non permettendo l’adeguata perfusione ematica al cervello e ad altri organi prioritari, cooperando però con l'apparato cardiovascolare, il sistema renale è in grado di mantenere il volume del liquido extracellulare entro i limiti fisiologici; regolazione dell’osmolarità del liquido extracellulare: i reni mantengono costante il valore di 300 m OsM, regolando il bilancio ionico attraverso l'escrezione renale; regolazione del pH plasmatico; escrezione di sostanze di scarto del metabolismo proteico (creatinina e sottoprodotti azotati) e di sostanze tossiche (farmaci, tossine ambientali, ecc.); produzione di ormoni: i reni producono l'eritropoietina che influenza la concentrazione di ematocrito, la renina che regola il bilancio idrico e salino e la vitamina D3 che favorisce la mineralizzazione ossea; favoriscono la gluconeogenesi: permettono di sintetizzare glucosio partendo da aminoacidi o da altri precursori. 41 9. L'APPARATO DIGERENT E ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 42 9. L'APPARATO DIGERENT E ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 10. L'APPARATO LOCOMOTORE L'apparato locomotore, è l'apparato più voluminoso del corpo umano, è costituito da: ossa; muscoli; tendini; articolazioni. 10.1 LE OSSA Le ossa costituiscono lo scheletro che in fase embrionale conta circa 350 ossa di struttura cartilaginea che durante le fasi di crescita cambiano la loro struttura diventando tessuto osseo, le ossa alla fine della maturazione scheletrica, a circa 25 anni diminuiscono di numero arrivando a circa 200. Lo scheletro si suddivide: in scheletro assile che è costituito dalle ossa della testa e del tronco e scheletro appendicolare costituito dalle ossa del cingolo scapolare e pelvico e da quelle degli arti. Le funzioni che svolge lo scheletro sono molteplici: di sostegno: dato che fornisce il supporto strutturale all'intero corpo, i segmenti scheletrici costituiscono inoltre l'impalcatura che sostiene i tessuti molli e i visceri; di protezione: tessuti e organi delicati sono circondati da elementi ossei, come ad esempio a livello toracico, dove le coste proteggono il cuore e i polmoni; di deposito di minerali: i sali di calcio dell'osso sono una notevole riserva di minerale che mantiene costante la concentrazione di ioni calcio e fosfato nei fluidi corporei; di produzione delle cellule del sangue: gli eritrociti, i leucociti e le piastrine vengono prodotti dal midollo osseo rosso che è presente nelle cavità interne di molte ossa; sistema di leve: le ossa che costituiscono lo scheletro forniscono il punto di ancoraggio per i muscoli scheletrici che attraverso la loro contrazione sono in grado di modificare la posizione dei segmenti scheletrici. 43 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 44 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER L'accrescimento osseo fisiologico, avviene quando i fattori nutrizionali e ormonali sono in equilibrio, è importante un apporto costante con la dieta di sali di calcio, di magnesio e di fosfato, vitamina C, A e D, quest'ultima è fondamentale per favorire l'assorbimento di calcio. Gli ormoni fondamentali per favorire l'accrescimento osseo, in grado di modificare il rapporto tra l'attività degli osteoblasti e degli osteoclasti, sono: il paratormone, rilasciato dalle paratiroidi che ha il compito di stimolare l'attività degli osteoblasti e degli osteoclasti, incrementa inoltre l'assorbimento di calcio e ne riduce l'eliminazione. l'ormone della crescita, prodotto dall'ipofisi e la tiroxina prodotta dalla tiroide che hanno il compito di stimolare la crescita ossea. gli ormoni sessuali, estrogeni e testosterone che durante la pubertà accelerano la crescita ossea. Il rimodellamento osseo e la riparazione, possono determinare delle modificazioni nella forma e nella struttura dell'osso. Nei giovani adulti, l'attività degli osteoblasti e degli osteoclasti sono in equilibrio, la velocità di formazione e di riassorbimento per questo motivo sono uguali. Nei soggetti anziani invece l'attività degli osteoblasti diminuisce più velocemente di quella degli osteoclasti, questo determina un riassorbimento osseo che è maggiore della deposizione, provocando in questo modo un indebolimento dello scheletro. Le ossa molto sollecitate diventano più spesse e forti, l'inattività invece provoca nelle ossa un indebolimento. Le ossa che costituiscono lo scheletro, hanno dimensioni e forme estremamente variabili, possono essere classificate in questo modo: lunghe: dove prevale la lunghezza alle altre dimensioni, in cui si distingue una diafisi porzione centrale dell'osso e due epifisi le due estremità. Le ossa lunghe si trovano negli arti, ne sono un esempio: l'omero, il radio, l'ulna, il femore, la tibia e il perone. piatte: ossa molto sottili che formano la volta cranica, lo sterno, le coste e la scapola. irregolari: con forma complessa, superfici corte, spigolose e appiattite, sono un esempio le vertebre e alcune ossa del cranio. brevi: possiedono una forma cubica, costituiscono le ossa del carpo e del tarso. sesamoidi: piccole, rotondeggianti e piatte, un esempio è la rotula. Le ossa sono ricoperte da una membrana fibrosa, il periostio che è altamente vascolarizzato e innervato, il periostio avvolge a sua volta il tessuto osseo compatto, dove all'interno si trova il tessuto osseo spugnoso ricco di midollo osseo. Il midollo osseo rosso, svolge una funzione emopoietica, è presente nel tessuto osseo spugnoso delle epifisi nelle ossa lunghe e nelle ossa piatte e brevi dello scheletro assile. Il midollo osseo giallo è ricco di grasso, è presente nelle cavità diafisarie delle ossa lunghe. 45 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 10.2 LE ARTICOLAZIONI Si definiscono articolazioni, gli elementi anatomici che sono in grado di condizionare i movimenti tra le singole ossa, assicurandone l'integrità e la stabilità. Le articolazioni si classificano funzionalmente in questo modo: sinartrosi: non permettono nessun tipo di movimento, come tra le ossa del cranio; amfiartrosi: permettono piccoli movimenti, come tra tibia e perone, o tra i corpi vertebrali; diartrosi: permettono ampi range di movimento, si suddividono in: triassiali, spalla e anca, dove sono concessi movimenti nei tre piani dello spazio; biassiali, come a livello del polso che permettono movimenti nei due piani dello spazio; uniassiali, come nel gomito e nella caviglia che permettono movimenti su un piano nello spazio. Le diartrosi possiedono tutte la stessa struttura di base: la capsula articolare, che circonda l'intera articolazione; le cartilagini articolari che rivestono le superfici ossee, permettono di assorbire gli urti; la membrana sinoviale che riveste la cavità articolare, produce il liquido sinoviale che ha un'azione lubrificante, di nutrimento e di ammortizzamento. Possono inoltre presentare una serie di strutture accessorie: menischi, legamenti, tendini e borse. I menischi di struttura fibrocartilaginea, permettono di indirizzare il flusso del liquido sinoviale, di variare la forma tra le superfici articolari e di ridurre il movimento nell'articolazione. I legamenti sostengono e rafforzano l'articolazione, sono per questo molto resistenti e poco elastici. I tendini non partecipano alla costituzione dell'articolazione, la attraversano o la circondano, sono dei trasduttori di forza in grado di trasferire la forza generata dalla contrazione muscolare sullo scheletro. Le borse sono delle strutture rivestite da membrana sinoviale, contenenti liquido sinoviale, si formano nelle sedi in cui un tendine o un legamento sfregano contro un altro tessuto, hanno perciò la funzione di ridurre gli attriti. 46 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 10.3 IL MUSCOLO SCHELETRICO I muscoli scheletrici sono organi contrattili che attraverso la loro contrazione trasducono una forza attraverso i tendini ancorati sulle strutture scheletriche, generando in questo modo i movimenti. Il muscolo scheletrico è riccamente innervato e vascolarizzato, avvolto da tre strati di tessuto connettivo concentrici: l'epimisio più esterno che delimita l'intero muscolo, il perimisio centrale che avvolge i fasci e fascicoli muscolari, l’endomisio interno che circonda ciascuna fibra muscolare. La membrana cellulare di ogni fibra muscolare viene definita sarcolemma e il citoplasma sarcoplasma. All'interno di quest'ultimo, sono contenute da centinaia a migliaia di miofibrille, a loro volta costituite da fasci di miofilamenti, quelli sottili di actina e quelli spessi di miosina che sono organizzati in unità ripetitive chiamate sarcomeri. Le miofibrille si estendono lungo tutta la fibra muscolare, poste in parallelo hanno un numero direttamente proporzionale alla forza che è in grado di generare la fibra muscolare, il numero dei sarcomeri posti in serie determinano l’entità dell’accorciamento della fibra muscolare. Il numero di fibre muscolari è determinato geneticamente, non cambiando sostanzialmente nel corso della vita, il numero di miofibrille invece può variare e anche di molto, si può assistere a delle modificazioni ipertrofiche con aumento di numero e di atrofia con diminuzione di numero, il primo adattamento indotto dall’allenamento, il secondo provocato dall’immobilità o dalla vecchiaia. Il sarcomero è costituito da una rete di proteine: actina e la miosina che hanno funzione contrattili; tropomiosina e troponina che hanno funzioni regolatrici; titina, tropomodulina, nebulina, desmina e alfa actina che hanno funzioni strutturali. Le molecole di miosina formano un filamento spesso essendo unite l'una con l'altra, alle due estremità del filamento sono presenti le teste globulari, disposte in maniera sfalsata a formare una sorta di elica in grado di legarsi con i filamenti sottili di actina, al centro del filamento vi è una zona nuda composta solo dai prolungamenti delle code della miosina. La miosina stabilisce dei rapporti con i filamenti di actina attraverso i ponti trasversali, in cui attraverso l’azione di enzimi specifici che scindono la molecola in diversi punti, le teste della miosina si flettono in senso opposto rispetto al proprio orientamento orizzontale ancorando il filamento di actina. 47 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER All'interno del sarcomero sono presenti: la banda A scura che indica la localizzazione dei filamenti di miosina nel mezzo del sarcomero; le linee Z sono poste a livello dell’estremità del filamento sottile di actina non sovrapposto alla miosina; le due linee Z che seguono ai due lati delimitano il sarcomero; la banda I più chiara della banda A delimita la porzione del sarcomero dove i filamenti di actina non sono sovrapposti ai filamenti di miosina; la zona H rappresenta lo spazio fra i due filamenti di actina al centro del sarcomero; la linea M è posta al centro della zona H. La fibra muscolare contraendosi esercita una trazione che determina l'accorciamento, risultato dell'interazione tra i filamenti di miosina e actina. La contrazione muscolare si avvia quando l'impulso nervoso che si propaga attraverso la terminazione assonale del motoneurone, determina il rilascio del neurotrasmettitore acetilcolina che si lega a livello della giunzione neuromuscolare con il recettore posto sul sarcolemma. Questo determina una variazione del potenziale transmembrana della fibra muscolare che genera un potenziale d'azione che si propaga lungo l'intera fibra muscolare e lungo i tubuli T. Questi eventi sono in grado di determinare il rilascio da parte del reticolo sarcoplasmatico di ioni calcio accumulati, la concentrazione di questo ione aumenta perciò nel sarcoplasma all'interno del sarcomero. Gli ioni calcio sono in grado di favorire delle variazioni nell'orientamento delle proteine regolatrici troponina e tropomiosina, esponendo i siti attivi sul filamento di actina per il legame con la miosina che da origine al ciclo dei ponti. Il consumo di ATP determina cicli ripetuti di legami in cui distacco e accoppiamento tra i filamenti di actina e miosina provocano l'accorciamento della fibra muscolare. Il rilasciamento muscolare avviene quando cessa l’impulso nervoso, il calcio viene ripompato all’interno del reticolo sarcoplasmatico e all’esterno della cellula. Per far si che il ciclo continui è necessaria la presenza di calcio e di ATP, nello stato di rigor actina e miosina sono legate strettamente il distacco non può avvenire perché non si può risintetizzare ATP, non essendoci ossigeno. 48 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 49 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER La lunghezza della fibra muscolare è in grado di influenzare l’efficienza della contrazione muscolare, un muscolo troppo accorciato o troppo allungato può limitare il numero dei ponti trasversi che si possono formare durante la contrazione, il muscolo risulta perciò più efficiente mantenendo la lunghezza fisiologica che ha rispetto al suo inserimento sui capi ossei. Le unità motorie sono l’insieme del motoneurone, della terminazione assonale di quest’ultimo e delle fibre muscolari da questo innervate; le unità motorie vengono attivate secondo la grandezza, prima quelle più piccole, poi quelle più grandi, tutte le fibre facenti parte dell’unità motoria vengono reclutate per la ''LEGGE DEL TUTTO O NULLA'', inoltre se una contrazione viene mantenuta per un tempo prolungato si avrà un rilascio di un’unità motoria e l’attivazione di un’altra, questo per mantenere un equilibrio di attivazione di unità motorie, i motoneuroni perciò non si trovano mai tutti nello stesso stato nello stesso momento, si possono trovare in condizione di riposo, di scarica, o in periodo refrattario. Le fibre che compongono l’unità motoria sono omogenee tra loro, esistono tre tipi di fibre muscolari che differiscono per i meccanismi di forza che si riflettono sulla velocità di contrazione e di resistenza alla fatica. Fibre ST: di colore rosso, di piccole dimensioni, lenta velocità di contrazione, metabolismo ossidativo, alta vascolarizzazione, alta densità mitocondriale. Fibre IIA: di colore rosa, dimensioni intermedie, velocità di contrazione rapida, metabolismo glicolitico-ossidativo, intermedia vascolarizzazione, intermedia densità mitocondriale. Fibre IIB: di colore bianco, di grandi dimensioni, velocità di contrazione molto rapida, metabolismo glicolitico, bassa vascolarizzazione, bassa densità mitocondriale. La graduazione della forza avviene per reclutamento di unità motorie (meccanismo estensivo) in base alle dimensioni, prima quelle più piccole e resistenti, poi all’aumentare dello sforzo si vanno a reclutare le altre più grosse e veloci. Il livello di tensione può variare in modo graduale a seconda del numero di unità motorie reclutate, la forza generata da un'unità motoria è la variazione minima di intensità tra un livello e quello successivo. Il meccanismo intensivo della graduazione della forza è dato dall’attivazione dell’interneurone inibitorio di Renshaw, il meccanismo intensivo è importante per modulare l’attivazione delle unità motorie che non vengono mai tutte reclutate nello stesso momento, questo spiega perché il muscolo in vivo non è in grado di sviluppare una forza massimale. Il muscolo può risultare meno efficiente se troppo stimolato senza avere il giusto periodo di riposo, in quanto questo può determinare un'eccessiva concentrazione di acido lattico, una diminuzione della concentrazione di ioni calcio, o una difficoltà del sistema nervoso centrale di inviare stimoli adeguati ai motoneuroni. 50 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Dopo 24-36 ore da un allenamento intenso si può sperimentare un tipo di dolore, noto come indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata (DOMS), anche se non si è fatta completamente chiarezza sull'origine di questo evento, nel corso degli anni diversi studi hanno evidenziato queste possibili cause: in seguito all'allenamento si verificano dei microtraumi nella membrana della fibra muscolare, i quali determinano una perdita di enzimi, condizione che provoca la stimolazione dei recettori dolorifici; l'allenamento intenso sarebbe in grado di provocare degli spasmi nei muscoli colpiti, inducendo il dolore; l'allenamento intenso potrebbe provocare dei microtraumi a carico dei tendini, inducendo il dolore. 10.4 STRUTTURE ANATOMICHE E FUNZIONI La colonna vertebrale è costituita dalle vertebre impilate l'una sull'altra, è una struttura molto importante dato che rappresenta il supporto centrale del corpo, dove all'interno è contenuto il midollo spinale. Le vertebre sono costituite dal corpo vertebrale anteriormente e dall'arco vertebrale posteriormente. Tra un corpo vertebrale e l'altro, a livello cervicale, toracico e lombare, fatta eccezione tra C1 e C2, è presente il disco intervertebrale, formato da un anello fibroso esterno, in cui all'interno è presente il nucleo polposo costituito da una sostanza gelatinosa acquosa. Le proprietà dei dischi intervertebrali, sono quelle di ammortizzare le compressioni a cui la colonna vertebrale è sottoposta e di permettere un limitato movimento tra le vertebre. L'invecchiamento, i traumi da usura e gli atteggiamenti posturali scorretti, possono dare luogo alle cosiddette discopatie che solitamente colpiscono i dischi intervertebrali interposti tra le vertebre L4-L5 e L5-S1, le discopatie sono più frequenti a livello di questi segmenti vertebrali, perché è dove viene scaricato la maggior parte del carico. L'arco vertebrale è costituito: dai peduncoli, dalle lamine e dalle sporgenze proprie delle vertebre, i processi spinosi e quelli trasversi, sui quali si inseriscono i legamenti intrinseci della colonna vertebrale e molti muscoli. Sul piano sagittale la colonna vertebrale presenta le quattro curve fisiologiche che la caratterizzano, due lordosi convesse verso l'interno, a livello cervicale e lombare e due cifosi convesse verso l'esterno, a livello toracico e sacrale; la presenza di queste curve è fondamentale per aumentare il livello di resistenza della colonna ai carichi. 51 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 52 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Le sette vertebre cervicali si estendono dall'osso occipitale del cranio al torace, controllano il movimento della testa, sostengono il cranio, possiedono delle buone libertà in tutti i movimenti di: flessione, estensione, rotazione e inclinazione laterale. 53 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Le dodici vertebre toraciche si articolano con le coste, sostengono il peso: della testa, del collo, degli arti superiori e degli organi della cavità toracica; a causa dell'articolazione con le coste, a livello del segmento toracico della colonna vertebrale la libertà di movimento è molto limitata. 54 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Le cinque vertebre lombari sono le vertebre più grosse dato che devono sostenere il peso: della testa, del collo, degli arti superiori, degli organi della cavità toracica e di quella addominale; a livello lombare vi è una buona libertà di movimento in flessione ed estensione; i movimenti di inclinazione laterale e di rotazione, se non associati ad una flessione sono limitati. 55 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER L'osso sacro è costituito dalla fusione di cinque vertebre che terminano la loro fusione intorno ai 25-30 anni, fornisce protezione per organi degli apparati: riproduttivo, digerente ed escretore, oltre a ciò, permette attraverso una coppia di articolazioni il collegamento tra lo scheletro assile e la cintura pelvica. La porzione terminale della colonna vertebrale è costituita dalle 3-5 vertebre del coccige che cominciano a fondersi all'età di 25 anni. La gabbia toracica è formata: dalle vertebre toraciche, dalle coste e dallo sterno. Le coste sono dodici paia, le prime sette sono dette vere, data la loro articolazione con le vertebre toraciche e con lo sterno; l'ottavo, il nono e il decimo paio di coste, sono dette false, perché raggiungono lo sterno non in maniera diretta; le ultime due paia di coste sono dette fluttuanti, perché non si connettono con lo sterno. La gabbia toracica svolge due funzioni importanti: protegge il cuore, i polmoni e le altre strutture anatomiche presenti nella cavità toracica; fornisce i punti di origine ed inserzione per molti muscoli. 56 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 57 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Gli arti superiori si articolano con il tronco attraverso il cingolo scapolare, costituito dalla clavicola e dalla scapola. La clavicola, articolandosi con lo sterno, permette la connessione del cingolo scapolare con lo scheletro assile. La scapola ha una forma a triangolo, rappresenta un punto di inserzioni per muscoli e legamenti, oltre a ciò forma con il suo angolo laterale la cavità glenoidea che accoglie l'estremità prossimale dell'omero, l'osso del braccio. Il cingolo scapolare è formato da tre articolazioni: la sterno-claveare: in cui lo sterno si collega con la clavicola, a livello di questa articolazione sono concessi dei movimenti di lieve rotazione e circumduzione della clavicola; l'acromion-claveare: in cui la clavicola si collega con il margine laterale della spina della scapola, a livello di questa articolazione sono concessi dei lievi movimenti di scorrimento e scivolamento; la scapolo-omerale: in cui la scapola a livello della cavità glenoidea accoglie la testa dell'omero, in questa articolazione sono concessi tutti i tipi di movimento: flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione interna ed esterna. 58 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 59 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 60 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER L'omero è l'osso prossimale dell'arto superiore, fornisce sia nella sua porzione prossimale che in quella distale punti di origine ed inserzione per molti muscoli. L'omero si articola distalmente con le due ossa dell'avambraccio, ulna e radio, andando a costituire la stabile articolazione del gomito che permette il movimento di flessione ed estensione. 61 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER In posizione anatomica l'ulna è l'osso dell'avambraccio mediale, mentre il radio quello laterale; le due ossa sono unite tra loro attraverso una membrana fibrosa, anche questi due segmenti ossei forniscono punti di origine ed inserzione per muscoli e legamenti. Le articolazioni radio-ulnare prossimale e distale, consentono il movimento di supinazione e di pronazione dell'avambraccio. Poiché la cartilagine articolare e il disco articolare separano l'ulna dal polso, solo l'estremità distale del radio, partecipa all'articolazione del polso che permette movimenti: di flessione, estensione, abduzione, adduzione e circumduzione. Il polso è costituito dalle otto ossa carpali: scafoide, semilunare, piramidale e pisiforme che formano la prima filiera del carpo; trapezio, trapezoide, capitato e uncinato che formano la seconda filiera del carpo. Le cinque ossa metacarpali che formano il metacarpo, si articolano con le ossa della seconda filiera del carpo, costituendo lo scheletro del palmo della mano. Distalmente le ossa metacarpali si articolano con le ossa delle dita, o falangi. 62 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 63 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Il cingolo pelvico è costituito dalle due ossa dell'anca che si connettono l'una con l'altra attraverso un disco fibrocartilagineo nella sinfisi pubica. Ogni osso dell'anca nell'adulto si forma per la fusione di tre ossa: ileo, ischio e pube che terminano la fusione a circa 25 anni. Le ossa dell'anca rappresentano un punto di attacco per molti muscoli e legamenti. Il cingolo pelvico si connette al sacro e al coccige, per formare il bacino che ha la funzione di trasferire il carico verso gli arti inferiori. Il bacino nei due sessi presenta delle caratteristiche morfologiche differenti, negli uomini lo sviluppo in altezza è predominate rispetto a quello in ampiezza, nelle donne invece avviene l'esatto contrario. 64 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 65 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Sulla superficie laterale di ciascun osso dell'anca, la testa del femore, l'osso della coscia, si articola con la superficie concava dell'anca, l'acetabolo; a livello di questa articolazione sono concessi tutti i tipi di movimenti: flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione interna ed esterna. 66 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 67 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Il femore è l'osso più lungo e pesante del corpo umano, si articola distalmente con la tibia, l'osso della gamba, con cui va a formare l'articolazione del ginocchio. Anche il femore presenta sulla sua superficie punti di attacco per muscoli e legamenti. Il femore distalmente si articola con la rotula, un voluminoso osso sesamoide che si forma all'interno del tendine del quadricipite femorale, muscolo estensore del ginocchio. Le funzioni della rotula, sono quelle di proteggere la superficie anteriore dell'articolazione del ginocchio e rendere più vantaggiosa la leva articolare per il muscolo quadricipite femorale. A livello dell'articolazione del ginocchio sono concessi i movimenti di flessione, estensione e leggera rotazione. Dal punto di vista strutturale, il ginocchio è costituito da due articolazioni comprese all'interno della capsula articolare: quella tra tibia e femore e quella tra rotula e femore. Tra le superfici articolari di tibia e femore, sono presenti due formazioni fibrocartilaginee, i menischi laterale e mediale che: fungono da ammortizzatori, adattano le superfici articolari durante i movimenti e forniscono stabilità. I principali legamenti che stabilizzano il ginocchio sono: il crociato anteriore: che limita lo scivolamento anteriore della tibia rispetto al femore; il crociato posteriore: che limita lo scivolamento posteriore della tibia rispetto al femore; il legamento collaterale mediale: che rinforza la superficie mediale del ginocchio; il legamento collaterale laterale: che rinforza la superficie laterale del ginocchio. 68 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 69 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER La gamba è costituita dalle ossa della tibia medialmente e del perone lateralmente, i condili mediale e laterale prossimali della tibia, si articolano con i condili mediale e laterale distali del femore. Il margine laterale della diafisi tibiale, da origine ad una guaina di collagene, la membrana interossea che si estende fino al margine mediale del perone, connettendo in questo modo le due ossa della gamba. La porzione distale della gamba, è costituita dai due malleoli, mediale per la superficie inferiore della tibia e laterale per la superficie inferiore del perone. La tibia forma un'articolazione a cerniera con l'astragalo, l'osso prossimale della caviglia su cui viene trasferito il peso del corpo. A livello della caviglia, formata dalle articolazioni tra: tibia, perone e astragalo, sono concessi limitati movimenti di flessione dorsale e di flessione plantare. Il piede è costituito in primo luogo dalle sette ossa del tarso: astragalo, calcagno, cuboide, navicolare e le tre ossa cuneiformi. L'osso cuboide e le tre ossa cuneiformi, si articolano con le cinque ossa metatarsali che formano il metatarso. Le ossa delle dita o falangi che si articolano con il metatarso, presentano la stessa organizzazione anatomica di quelle della mano. 70 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 71 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 10.5 LE LEVE I movimenti dell'apparato locomotore, avvengono secondo un sistema di leve, in cui è presente: un fulcro, una resistenza da vincere e una forza che si contrappone a quest'ultima. Una leva è una macchina semplice che consente di svolgere un lavoro applicando una forza minore, sfruttando la presenza di un braccio. Una leva è vantaggiosa quando il braccio della potenza è maggiore rispetto a quello della resistenza. Il sistema è in equilibrio quando il prodotto tra forza della potenza e il suo braccio è equivalente al prodotto tra forza e braccio della resistenza: Fp∙Bp = Fr∙Br. Esistono tre tipi di leve: leva di primo genere: il fulcro è posto tra potenza e resistenza, (può essere vantaggiosa o svantaggiosa); leva di secondo genere: la resistenza è posta tra fulcro e potenza, (è sempre vantaggiosa); leva di terzo genere: la potenza è posta tra fulcro e resistenza, (è sempre svantaggiosa). Nel corpo umano la maggior parte delle leve sono svantaggiose, un esempio di leva vantaggiosa di secondo genere, è a livello della caviglia, dove il fulcro è l'avampiede a livello del metatarso, la resistenza è data dal peso corporeo e la forza è data dai muscoli della loggia posteriore della gamba che permettono la flessione plantare della caviglia. 72 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 73 10. L'APPARATO LOCOMOTORE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 13. CONCETTI DI BASE IN PALESTRA Allenamento aerobico L’allenamento aerobico viene svolto solitamente utilizzando i simulatori cardio, ad un'intensità moderata per un tempo di lavoro prolungato. In queste condizioni la risintesi dell'ATP può avvenire attraverso i processi ossidativi. Allenamento anaerobico Un esercizio svolto ad alta intensità per breve tempo viene definito anaerobico. In queste condizioni la risintesi dell'ATP, avviene attraverso il meccanismo anaerobico lattacido che provoca un accumulo di acido lattico nei muscoli, limitando la durata della prestazione fisica ad alta intensità. Cedimento muscolare In palestra solitamente si svolgono gli esercizi con sovraccarichi cercando di raggiungere il cosiddetto cedimento muscolare. Raggiungere tale soglia, sembra essere più produttivo per indurre una risposta adattiva di supercompensazione, che rende l'organismo più pronto nello svolgimento di un esercizio di pari intensità. Tipi di contrazione muscolare La contrazione isotonica o dinamica, è composta da due fasi, una concentrica o positiva che corrisponde all’accorciamento muscolare ed una eccentrica o negativa che corrisponde all’allungamento muscolare. La contrazione isometrica, è un tipo di contrazione in cui il muscolo sviluppa tensione senza però modificare la sua lunghezza. La contrazione isotonica è da preferire a quella isometrica, per la sua maggior efficacia neuromuscolare. Esercizio Con gli esercizi in palestra si coinvolgono più gruppi muscolari in sinergia. Negli esercizi in cui con il movimento si coinvolge una sola articolazione, definiti monoarticolari, il numero di gruppi muscolari chiamati in causa è inferiore, rispetto agli esercizi, definiti pluriarticolari che coinvolgono due o più articolazioni. Un esempio di esercizio monoarticolare è il curl in piedi con i manubri. Un esercizio pluriarticolare che coinvolge due articolazioni, sono ad esempio le distensioni su panca piana. Un esercizio pluriarticolare che coinvolge più di due articolazioni, ad esempio è lo squat. 102 13. CONCETTI DI BASE IN PALESTRA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Recupero tra le serie E' importante tra una serie e l'altra di lavoro compiere una pausa di recupero, in modo da ripristinare le riserve energetiche per poter eseguire l'esercizio con la stessa intensità. A seconda dell'obiettivo allenante che si vuole ottenere, i tempi di recupero tra le serie possono variare da un minimo di 1' ad un massimo di 8'. Respirazione Durante l'attività fisica è molto importante controllare gli atti respiratori, nell'allenamento svolto con sovraccarichi, per contribuire alla regolazione dei valori pressori, è consigliabile espirare nella fase di massimo sforzo, quella concentrica ed inspirare nella fase eccentrica. Negli esercizi come ad esempio lo squat, o le alzate laterali, in cui nella fase concentrica vi è un espansione toracica, la respirazione può avvenire in maniera opposta rispetto a quella convenzionale, questo ha l'obiettivo di seguire la meccanica respiratoria nel corso dell'esercizio. Ripetizioni In palestra ogni serie di lavoro è costituita da un numero variabile di ripetizioni a seconda dell'obiettivo allenante che si vuole ottenere, oscillando da un minimo di 4, ad un massimo di 25 per serie. Ogni ripetizione è costituita da una fase detta concentrica, in cui i muscoli coinvolti dal movimento si accorciano e una fase detta eccentrica in cui gli stessi muscoli tornano alla posizione di allungamento. Riscaldamento muscolare E' consigliabile all'inizio dell'attività fisica compiere un riscaldamento generale che consiste nell'eseguire degli esercizi di moderata intensità per pochi minuti, al fine di accelerare il metabolismo, aumentare la frequenza cardiaca e la temperatura corporea. Oltre ad eseguire questo genere di riscaldamento è necessario effettuare prima di un esercizio che si intende compiere ad alta intensità, una fase preparatoria, in cui si seguono tre serie di avvicinamento utilizzando dei carichi di lavoro crescenti, senza arrivare mai all'affaticamento muscolare. Questa fase preparatoria, è molto importante per migliorare l'efficienza neuromuscolare e limitare il rischio di infortuni. 103 13. CONCETTI DI BASE IN PALESTRA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Scheda di allenamento La scheda di allenamento, comprende tutti gli esercizi che si intendono svolgere durante la seduta di allenamento. Le schede di allenamento sono di solito composte da circa 25 serie allenanti. Le schede di allenamento possono essere in full body, dove in ogni seduta si coinvolgono tutti i gruppi muscolari; o in split-routine, dove in ogni seduta si coinvolgono solo un certo numero di gruppi muscolari, con dei volumi di lavoro maggiori. Le schede in full body possono essere indicate per i principianti, mentre quelle in split-routine per i soggetti allenati. Serie Una serie è composta dal numero di ripetizioni che vengono eseguite consecutivamente, fino a raggiungere il numero previsto, o la soglia del cedimento muscolare. Tra una serie e l'altra di lavoro, per ripristinare i livelli energetici necessari allo svolgimento della successiva, si esegue una pausa che varia in funzione dell'obiettivo che si vuole raggiungere. Stretching Lo stretching, rappresenta una pratica che ha come finalità quella di allungare i muscoli. È particolarmente indicato eseguire degli esercizi di stretching alla fine della seduta di allenamento per riportare i muscoli sollecitati alla loro lunghezza fisiologica. Sembra secondo alcuni studi deleterio per la performance, eseguire degli esercizi di stretching statico prima della seduta di allenamento, in quanto potrebbero favorire l'attivazione di alcuni meccanismi di controllo della tensione muscolare, limitando l'efficienza neuromuscolare. 104 13. CONCETTI DI BASE IN PALESTRA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 14. IL CARDIOTRAINING Un fattore assolutamente importante che ogni istruttore e personal trainer deve avere ben chiaro, è quello che alla base della programmazione dell'allenamento dei cliente in palestra, come obiettivo principale, ci deve essere il benessere psicofisico. Questo concetto è molto importante e forse ancora poco compreso da molti tecnici del settore nella programmazione del cardiotraining che lo considerano un allenamento da far svolgere solo ad alcune tipologie di clienti che hanno come obiettivo il dimagrimento; proposto molto spesso senza che ci sia una programmazione adeguata. Un buono stato di salute è garantito da un'adeguata efficienza dell'apparato cardiovascolare che attraverso la sua pompa, il cuore e il sistema vascolare, ha il compito di trasportare il sangue e le sostanze nutritive in tutto il corpo. L'apparato cardiovascolare è caratterizzato dalla capacità di poter lavorare a lungo, il muscolo cardiaco si adatta molto bene alle condizioni in cui vi è un'aumentata richiesta funzionale, come durante l'attività fisica, elevando il suo livello di rendimento rispetto alla condizione di riposo. Lo stile di vita moderno basato su ritmi frenetici, cattiva alimentazione, sedentarietà e alti livelli di stress psichici, mette invece a dura prova l'apparato cardiovascolare che mal si adatta a questo genere di condizioni. Un costante allenamento, correlato ad una corretta alimentazione e uno stile di vita sano, può ridurre di molto i rischi di sviluppare delle patologie cardiovascolari che rappresentano una delle principali cause di morte nel mondo. L'attività fisica, deve prevedere un carico di lavoro supplementare per l'organismo rispetto alla condizione di riposo, in grado di favorire gli adattamenti morfo-funzionali necessari per elevare l'efficienza cardio-respiratoria, rendendola in questo modo adeguata alle nuove richieste funzionali. Le attività fisiche da prediligere, sono tutte quelle in cui si riesce ad impegnare in sinergia molti distretti muscolari, per un tempo di lavoro prolungato, come: camminare, correre, andare in bicicletta, ecc.. Il cardiotraining se ben strutturato e eseguito con costanza può indurre importanti adattamenti: aumento di volume delle fibre muscolari di tipo I; aumento del numero e delle dimensioni dei mitocondri; maggior efficienza dell'organismo di mobilizzare ed ossidare i grassi e di utilizzare i carboidrati; miglior capillarizzazione muscolare; aumento dei livelli di ematocrito; miglioramento della capacità di captare-trasportare-utilizzare l'ossigeno; aumento della dimensione del cuore, (ipertrofia eccentrica); diminuzione della frequenza cardiaca a riposo; 105 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER aumento della gittata cardiaca a riposo e sotto sforzo; riduzione della pressione arteriosa; aumento della capacita ventilatoria. 106 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 14.1 CALCOLARE LA FREQUENZA CARDIACA MASSIMA TEORICA Il tempo compiuto dal cuore per effettuare un ciclo cardiaco è compreso in 0,8-0,9 secondi, in condizioni di riposo considerando una FC di 70 bpm; il ciclo cardiaco è composto, da una fase di riempimento delle cavità cardiache, detta diastole e da una fase di svuotamento, detta sistole. Il range di frequenza cardiaca, considerato fisiologico, è molto variabile e di solito compreso tra i 40 e i 100 bpm. Il range di frequenza cardiaca, può variare in funzione: del sesso, le donne hanno infatti tendenzialmente una FC più alta, degli stati emotivi, del grado di allenamento dell'individuo, delle condizioni ambientali, ecc.. Negli atleti di endurance, si possono riscontrare dei valori di FC molto bassi anche fino a 35 bpm. La frequenza cardiaca massimale, si raggiunge nel corso di uno sforzo fisico massimale, il valore teorico, può essere calcolato con buona precisione con dei metodi indiretti, attraverso l'utilizzo di formule standard universalmente riconosciute. Le più conosciute e utilizzate sono quella di Cooper e di Tanaka. Formula di Cooper: FCmax teorica = 220 – età Formula di Tanaka: FCmax teorica = 210 – (0.7 x età) Ricavare la frequenza cardiaca massima teorica, è molto importante per programmare il cardiotraining, dato che in questo modo si ottiene un valore, su cui si possono basare i carichi di lavoro allenanti. Un altro modo, probabilmente più preciso per gli sportivi per calcolare la frequenza cardiaca massima teorica, è utilizzare la formula della riserva di frequenza cardiaca (HRR), o formula di Karvonen. Questa formula è più precisa per gli individui allenati, perché che tiene conto della frequenza cardiaca a riposo. 107 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Formula di Karvonen: HRR = FCmax (con formula di Cooper) - FCriposo FClavoro = (HRR x % di lavoro) + FCriposo Esempio di calcolo della frequenza cardiaca di lavoro con la formula di Cooper in un soggetto di 30 anni: FCmax teorica = 220 – età = 220 - 30 = 190 bpm FClavoro = FCmax x 60% = 190 x 0,6 = 114 bpm Esempio di calcolo della frequenza cardiaca di lavoro con la formula di Tanaka e coll. in un soggetto di 30 anni: FCmax teorica = 210 – (0,7 x età) = 210 – (0,7 x 30) = 189 bpm FClavoro = FCmax x 60% = 189 x 0,6 = 113 bpm 14.2 RILEVAZIONE DELLA FREQUENZA CARDIACA Per rilevare la frequenza cardiaca durante un allenamento si utilizza il cardiofrequenzimetro, uno strumento ormai di largo uso, composto da una cintura toracica, collegata senza fili ad un trasmettitore ad orologio con display. L'utilizzo del cardiofrequenzimetro, è utile nelle prime sedute di allenamento per selezionare il giusto carico di lavoro in funzione della frequenza cardiaca e per monitorare nel tempo i miglioramenti. E' possibile rilevare la frequenza cardiaca manualmente, tramite la palpazione, le sedi in cui questa misurazione è più semplice, sono a livello dell'arteria radiale e carotidea. Per effettuare la rilevazione, si pongono le punte delle due dita, indice e medio in corrispondenza dell'arteria, esercitando una leggera pressione. Il numero di pulsazioni deve essere monitorato per 15-30 secondi, statisticamente sembra essere più accurata la misurazione sui 30 secondi e rapportarla sul minuto. La rilevazione manuale, può essere difficile e forse poco attendibile nel corso di un allenamento, è però utile per rilevare la FC a riposo che come visto in precedenza è un dato richiesto nella formula di Karvonen. La frequenza cardiaca a riposo, deve essere rilevata alla mattina 5-10 minuti dopo che ci si è svegliati, rimanendo in posizione supina durante la rilevazione, in condizioni di tranquillità. Per individuare il valore medio di FC a riposo, è necessario effettuare delle rilevazioni per qualche giorno. 108 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Con un allenamento costante, la FC a riposo diminuisce, indice di maggior efficienza cardiovascolare, al contrario, nelle condizioni in cui il recupero fisico è incompleto, i valori medi di FC a riposo aumentano. È inoltre possibile monitorare l'entità dello sforzo imposto dal carico di lavoro, basandosi sui livelli di fatica. Il cliente durante l'allenamento, deve valutare l'intensità dell'esercizio, utilizzando la scala dei livelli di fatica, redatta da Borg nel 1982, in cui i livelli vanno da 6 a 19. Si può utilizzare la scala di Borg, per insegnare al cliente come svolgere la seduta di allenamento, basandosi sulle sensazioni correlate ai valori espressi in tabella. SCALA DEI LIVELLI DI FATICA DI BORG 6 7 leggerissimo 8 9 molto leggero 10 11 discretamente leggero 12 13 leggermente faticoso 14 15 faticoso 16 17 molto faticoso 18 19 faticosissimo 109 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 14.3 MASSIMA CAPACITA' AEROBICA (VO2max) Il VO2max o massima potenza aerobica, rappresenta la quantità massima di ossigeno che l’organismo è in grado di captare-trasportare-utilizzare, quindi dall'entrata nei polmoni fino all'arrivo ai tessuti. Rappresenta un indicatore importante dell'efficienza fisica generale dell'individuo, in particolare della capacità di produrre e utilizzare energia, attraverso il sistema aerobico a livello muscolare. Il VO2max viene espresso generalmente in rapporto al peso corporeo ml/kg/min. Le donne hanno un VO2max più basso rispetto agli uomini, questo dovuto alla diversa concentrazione di emoglobina nel sangue e alla minore massa muscolare. Oltre al sesso, anche l'età gioca un ruolo importante nei valori medi di VO2max riscontrabili nella popolazione media, si stima infatti che un soggetto di 25-30 anni che non svolge un allenamento regolare, possa avere un decadimento di circa il 10-15% ogni 10 anni, dei valori medi di VO2max. L’aumento fisiologico della gittata cardiaca, durante il lavoro muscolare, è strettamente connesso col carico lavorativo e quindi con il consumo di ossigeno, tra soggetti sedentari e allenati vi è poca differenza nel consumo di ossigeno in condizioni di riposo, cosa che cambia durante l'attività fisica, dove il VO2max nei soggetti allenati può essere anche di molto più alto rispetto ai soggetti sedentari. Nei praticanti di attività di endurance, sono stati riscontrati dei valori di VO2max anche di 70-80 ml/kg/min, valori significativamente più elevati, rispetto a quelli medi attorno ai 35-45 ml/kg/min, riscontrati in soggetti adulti sani che non praticano attività fisica. Per calcolare il VO2max con elevata precisione si utilizzano dei metodi diretti in laboratorio, dove con apposite attrezzature è possibile misurare la quantità di ossigeno consumata dal soggetto in esame. Sono comunque altrettanto validi, i metodi indiretti basati sul rilevamento della frequenza cardiaca, durante carichi di lavoro crescenti, è infatti stato dimostrato come l'aumento della FC sia strettamente correlato con l'aumento nel consumo di ossigeno. La maggior parte dei test indiretti sono massimali, per questo motivo potenzialmente pericolosi, è stato evidenziato infatti un aumento delle possibilità che si verifichino delle tachicardie ventricolari e sopraventricolari, quando la FC raggiunge dei livelli tra il 90-100% di quella massimale. Per questo motivo l'American College of Sports Medicine e altri comitati scientifici internazionali, raccomandano l'interruzione dei test quando si raggiunge l'85% della frequenza cardiaca massima teorica. 110 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 14.4 IL CONCETTO DI SOGLIA ANAEROBICA E AEROBICA La soglia anaerobica rappresenta l’intensità dell’esercizio, o di consumo di ossigeno, in corrispondenza della quale il metabolismo anaerobico subisce un'intensificazione. Un esercizio svolto in soglia anaerobica, porta un accumulo importante di acido lattico a livello muscolare e nel sangue, limitando in questo modo la durata della prestazione. L'attività fisica svolta in soglia aerobica, può essere protratta nel tempo, dato che l'apporto di ossigeno ventilato è sufficiente a smaltire l'acido lattico dai muscoli; l'acido lattico viene poi utilizzato come combustibile metabolico nel ciclo di Krebs, o riconvertito a glucosio e glicogeno. Determinare con esattezza la soglia anaerobica, è sicuramente molto importante per gli atleti che svolgono attività di endurance, per ottimizzare la programmare degli allenamenti e per adeguare il ritmo di gara. Superare questo valore soglia, porterebbe in breve tempo uno squilibrio tra la produzione e la metabolizzazione del lattato a livello muscolare, alterando in questo modo il livello della prestazione atletica. Tra soggetti allenati e non allenati, c'è una notevole differenza nei valori di soglia anaerobica, dato che questa, può essere molto elevata con l'allenamento; questo è il motivo per il quale gli atleti effettuano delle misurazioni periodiche dei valori di soglia anaerobica. Il metodo più accurato, però più invasivo per misurarla, consiste nell'effettuare il prelievo di una goccia di sangue venoso, durante dei test basati su carichi di lavoro crescenti, utilizzando un apparecchio che in tempo reale, misura i livelli di acido lattico nel sangue. Esistono diversi test da campo, in grado di misurare la soglia anaerobica, senza effettuare la misurazione del lattato nel sangue, uno tra i più conosciuti è quello di Conconi, anche se attualmente non è più molto considerato dalla letteratura scientifica mondiale. È un test massimale, quindi non applicabile in palestra che può essere svolto su: tapis roulant, cyclette, step, ecc.., in cui progressivamente si aumenta il carico di lavoro, mantenendo monitorata la frequenza cardiaca. Conconi con il suo test, evidenziò come la frequenza cardiaca si elevi linearmente, con l'aumento progressivo del carico di lavoro fino ad un certo punto, definito punto di deflessione, oltre il quale la frequenza cardiaca non aumenta più in maniera lineare con il carico di lavoro. Anche se esiste una buona correlazione, tra il punto di deflessione e la soglia anaerobica, questo test negli ultimi anni è stato molto criticato per la sua attendibilità. 111 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER In ogni caso al di là del test utilizzato, la soglia anaerobica può essere misurata con accuratezza, solo con il prelievo venoso del lattato, durante l'attività fisica. La soglia anaerobica, secondo gli studi svolti da Mader, nel corso di un test in cui il carico viene aumentato progressivamente, deve essere fissata a 4 mmol/l di lattato. Sempre Mader, sottolinea come durante il test progressivo, gli aumenti del carico di lavoro debbano avvenire ogni 5-10 minuti, per rendere attendibile la prova. Qui sotto viene riportata la relazione tra la concentrazione di lattato nel sangue e l'intensità dell'esercizio: Allenamento a bassa intensità: in cui la concentrazione di lattato arriva a circa 1-1.5 mmol/l, non superando di molto i livelli basali, con la FC che arriva a circa il 65-75% di quella massimale. Allenamento in soglia aerobica: in cui la concentrazione di lattato arriva a circa 2 mmol/l, valore ancora tollerabile dai sistemi tampone dell'organismo che riescono a smaltirlo efficacemente, con la FC che arriva a circa il 75-80% di quella massimale. Allenamento in soglia anaerobica: in cui la concentrazione di lattato raggiunge il valore di 4 mmol/l, in questo caso l'acido lattico non viene smaltito con la stessa velocità con cui viene accumulato, con la FC che arriva a circa l'85-92% di quella massimale. 112 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Il tempo di smaltimento dell'acido lattico nel sangue, risente in primo luogo del grado di allenamento del soggetto, individui allenati hanno un tempo di smaltimento del lattato inferiore, rispetto a quelli non allenati. In alcuni studi effettuati, si è riscontrato come un esercizio a bassa intensità a circa 50-60% della FCmax, eseguito dopo un'attività intensa, possa velocizzare lo smaltimento del lattato nel sangue. 113 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 14.5 CARDIOTRAINING E RELATIVO UTILIZZO DEI NUTRIENTI Durante l'attività fisica, la richiesta di energia cresce rispetto alla condizione di riposo, per assolvere a questa aumentata richiesta, l'organismo deve adeguare l'attività dell'apparato cardiovascolare e respiratorio, per rendere disponibile più ossigeno ai tessuti, in modo da permettere alle cellule di ossidare più efficacemente i substrati energetici. I nutrienti che sono utilizzati a scopo energetico, in proporzioni diverse in base all'attività che si sta svolgendo, sono per lo più i glucidi e i lipidi. Durante la condizione di riposo seduti ad esempio, si utilizzano a scopo energetico per il per il 60% i lipidi, per il 35% i glucidi, e in tracce le proteine. Durante un'attività fisica leggera-moderata, come camminare veloce, in cui la frequenza cardiaca arriva al 65-70% di quella massimale, si utilizzano a scopo energetico per il 55% i lipidi, per il 40% i glucidi, e in tracce le proteine. Quando si svolge un'attività fisica massimale, come degli sprint di velocità, si arriva ad utilizzare per il 95% i glucidi a scopo energetico. Le proteine, forniscono un contributo energetico molto limitato in tutte le attività, il loro utilizzo cresce durante gli esercizi molto protratti nel tempo, o in condizioni di digiuno prolungato. Il Dott. Arcelli ha elaborato alcune formule utili per stimare il consumo calorico e di lipidi durante l'attività fisica di corsa e camminata, qui sotto riportate: PER LA CORSA (Kg peso corporeo x Km percorsi) / 20 = consumo di lipidi in grammi 0,9 x Kg peso corporeo x Km percorsi = consumo energetico in Kcal PER LA CAMMINATA (kg peso corporeo x km percorsi) / 35 = consumo di lipidi in grammi 0,5 x kg peso corporeo x Km percorsi = consumo energetico in Kcal Le formule possono essere ritenute attendibili per i soggetti allenati, se l'esercizio che si sta svolgendo è moderato, dove quindi la FC si attesta a circa il 70-75% di quella massimale. 114 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 14.6 PROGRAMMAZIONE DEL CARDIOTRAINING Il cardiotraining deve essere programmato tenendo conto di diversi fattori, tra cui: l'età; il grado di allenamento; il tipo di attrezzatura che si vuole far utilizzare: tapis roulant, cyclette, step, ecc..; l'obiettivo che si vuole far ottenere; il carico di lavoro per ogni seduta di allenamento; la durata della seduta; la frequenza delle sedute nell'arco della settimana. La seduta di allenamento, deve prevedere una prima fase di riscaldamento, momento molto importante in cui si passa dalla condizioni di riposo, a quella di allenamento che deve durare circa 5-10 minuti. Un adeguato riscaldamento è necessario: per far si che avvenga gradualmente l'adeguamento cardio-respiratorio; per aumentare la temperatura corporea; per preparare le articolazioni al carico di lavoro allenante. La fase successiva a quella di riscaldamento è quella allenante, dove l'esercizio viene svolto con il carico di lavoro, per il tempo previsto dal programma. La seduta di allenamento nella sua parte conclusiva, deve prevedere una fase di defaticamento, della durata di circa 5-10 minuti, utile per riportare l'organismo vicino alla condizione prima dell'allenamento; una fase di defaticamento più lunga, di 15 minuti, può essere molto utile come recupero attivo, per smaltire più velocemente il lattato dopo un esercizio intenso. L'intensità dell'esercizio deve oscillare tra il 55% e l'85% della frequenza cardiaca massima teorica, secondo l'American College of Sports Medicine, per essere efficace e allo stesso tempo sicura. La durata della fase allenante deve essere di 15 minuti per i soggetti non allenati, per arrivare a 45-60 minuti continuativi di esercizio per i soggetti allenati. Nella scelta del simulatore cardio, bisogna tenere conto della postura soggettiva e del livello di impegno fisico che l'attrezzatura impone. La frequenza settimanale di allenamento, deve tenere conto del tempo a disposizione del soggetto e delle ulteriori attività fisiche svolte. 115 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Di seguito vengono riportate alcune periodizzazioni tipo che rispettano i principi generali della programmazione del cardiotraining: PROGRAMMAZIONE TIPO PER UN SOGGETTO NON ALLENATO SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 55-60 15' 2° 55-60 15' 3° 55-60 20' 4° 60-65 20' 5° 60-65 25' SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 65-70 20' 2° 65-70 25' 3° 70-75 30' 4° 70-75 35' 5° 70-75 40' SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 75-80 25' 2° 75-80 35' 3° 80-85 35' 4° 80-85 45' 5° 80-85 60' 116 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER PROGRAMMAZIONE TIPO PER UN SOGGETTO ALLENATO SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 60-65 20' 2° 60-65 30' 3° 60-65 40' 4° 60-65 50' 5° 60-65 60' SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 70-75 20' 2° 70-75 30' 3° 70-75 40' 4° 70-75 50' 5° 70-75 60' SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 80-85 30' 2° 80-85 40' 3° 80-85 50' 4° 80-85 60' 5° 80-85 60' 117 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER PROGRAMMAZIONE TIPO PER UN SOGGETTO ALLENATO BASATA SUL LAVORO AD INTERVALLI Programma 1: rapporto lavoro/recupero 1/1 SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 65/85 14' 2° 65/85 18' 3° 65/85 22' 4° 65/85 26' Programma 2: rapporto lavoro/recupero 2/1 SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 65/85 15' 2° 65/85 18' 3° 65/85 21' 4° 65/85 24' Programma 3: rapporto lavoro/recupero 3/1 SETTIMANA % FCmax teorica DURATA 1° 65/85 16' 2° 65/85 20' 3° 65/85 24' 4° 65/85 28' 118 14. IL CARDIOT RAINING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 15. L'ALLENAMENTO MUSCOLARE IL CONCETTO DI ADATTAMENTO FUNZIONALE IN PALESTRA Ancora oggi, in molte palestre gli istruttori e i personal trainer, elaborano programmi di allenamento per i propri clienti, basandoli sulle proprie teorie personali, senza che ci sia alla base un approccio scientifico. I programmi di allenamento, devono invece essere strutturati e periodizzati tenendo conto delle tante evidenze scientifiche che ormai possono essere alla portata di tutti. Se ben programmato, un allenamento con sovraccarichi può portare al miglioramento dei livelli di forza massima, veloce, resistente, ecc.., oltre ad indurre degli adattamenti di tipo morfologico nella struttura muscolare. Gli adattamenti che si ottengono, sono funzionali allo stimolo che l'allenamento produce, la condizione essenziale comune a tutti gli esercizi svolti, è che questi siano in grado sottoporre i muscoli ad un sovraccarico allenante. Lo stimolo dato dall'allenamento, provoca nell'immediato una perdita di equilibrio nell'organismo, in particolare dell'efficienza neuromuscolare. Nei giorni successivi all'allenamento l'organismo mette in atto tutti i meccanismi fisiologici alla base della risposta adattiva di compensazione (recupero delle capacità fisiche), e successivamente di supercompensazione, condizione nella quale si raggiunge un livello di capacità fisica più elevata rispetto alla condizione iniziale. 119 15. L'ALLENAMENTO MUSCOLARE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 15.1 I PRINCIPI SCIENTIFICI DELL'ALLENAMENTO La programmazione dell'allenamento, deve essere basata su principi scientifici universalmente riconosciuti. Nella stesura di un programma e nella sua periodizzazione nel tempo, bisogna considerare il fatto che ogni individuo presenta delle caratteristiche genetiche differenti, questa considerazione assolutamente logica, è alla base del principio delle differenze individuali. Lo stimolo allenante, è importante per innescare tutti i meccanismi fisiologici essenziali, per indurre una risposta adattiva di supercompensazione. Il principio della supercompensazione, alla base del miglioramento della performance atletica, è purtroppo da sempre poco considerato da tutti i tecnici che si occupano di sport. La supercompensazione, avviene solo se ci sono alcune condizioni necessarie vale a dire: che intercorra abbastanza tempo tra uno stimolo allenante e l'altro, l'alimentazione sia adeguata, il riposo notturno sia sufficiente, ecc.. Se non si raggiunge il livello di supercompensazione, la performance non migliora e nel tempo si può andare incontro alla sindrome da sovrallenamento. Il principio del sovraccarico, è legato a quello della supercompensazione, infatti presuppone che quando l'organismo ha supercompensato adeguatamente, il carico di lavoro debba crescere per essere nuovamente allenante. L'organismo conserva gli adattamenti ottenuti con l'allenamento, solo se gli stimoli sono ripetuti con una certa continuità, questo è alla base del principio della continuità del carico o reversibilità. Se un muscolo viene sottoposto ad un carico allenante, si mettono in atto degli adattamenti neuromuscolari specifici, se però gli stimoli non sono ripetuti nel tempo, gli adattamenti ottenuti verranno persi. Nei soggetti allenati il recupero di tali adattamenti, è piuttosto veloce, grazie al meccanismo della ''memoria muscolare''. Nel principio cosiddetto del SAID (Specific Adaptation to Imposed Demands), si considera il fatto che l'organismo si adatta, in funzione dello stimolo allenante a cui è sottoposto. Ad esempio, se l'obiettivo è quello di aumentare i livelli di forza massimale, bisogna strutturare un programma di allenamento con tale finalità. Per il principio della specificità, l'esercizio proposto deve essere funzionale per il miglioramento del gesto atletico. Se ad esempio, si vuole migliorare l'esplosività muscolare durante il gesto atletico, è necessario eseguire degli esercizi pliometrici che portano dei miglioramenti della forza veloce; sarà comunque poi necessario eseguire degli esercizi specifici per migliorare il gesto atletico. Il principio della GAS, o della sindrome generale di adattamento, elaborato da Hans Seyle negli anni trenta, si basa sulle tre fasi che l'organismo mette in atto, come risposta adattiva agli stimoli esterni: prima fase di allarme, in seguito allo stimolo; seconda fase di resistenza, adattamento allo stimolo; terza fase di esaurimento, corrispondente all'esaurimento delle energie necessarie per adattarsi allo stimolo. 120 15. L'ALLENAMENTO MUSCOLARE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 15.2 MECCANISMI ENERGETICI L’ATP è l’unità di scambio energetico della cellula. E’ formata da uno scheletro di adenina e ribosio a cui sono legati tre gruppi fosfato ad alta energia. Esso viene prodotto dai ribosomi e il legame scheletro-gruppi fosfato viene ''rigenerato'' dai processi metabolici. La rottura del legame del primo gruppo fosfato di una mole di ATP genera circa 7 Kcal di energia. Nel corso dell'esercizio fisico, aumenta la richiesta di energia necessaria rispetto alla condizione di riposo, per far fronte a questo, l'organismo utilizza i tre meccanismi energetici per risintetizzare la molecola di ATP. A seconda dell'attività fisica che si svolge, si utilizza uno di questi meccanismi: anaerobico durante gli sforzi elevati, aerobico durante quelli di moderata-bassa intensità. Il meccanismo anaerobico si suddivide in: alattacido e lattacido. Nelle attività molto intense di brevissima durata, o nei primi secondi dell'esercizio, si utilizza come meccanismo energetico quello anaerobico alattacido che utilizza la fosfocreatina (CP), per risintetizzare la molecola di ATP. È un sistema molto potente che permette di svolgere attività ad intensità massimale solo per 6-8 secondi, non provocando accumulo di acido lattico. Nelle attività sub-massimali che durano circa 40-60 secondi, si utilizza il meccanismo anaerobico lattacido. In questo sistema energetico, per risintetizzare l'ATP, viene utilizzato il glucosio derivante dal glicogeno, come substrato energetico. Nel meccanismo anaerobico lattacido, l'apporto di ossigeno non è sufficiente a smaltire l'acido lattico che quindi si accumula, portando in poco tempo al calo della prestazione, o alla cessazione di questa. Nelle attività a bassa intensità si utilizza come meccanismo energetico quello aerobico. In questo sistema, vengono utilizzati come substrati energetici per risintetizzare l'ATP, il glicogeno e i grassi. Nel meccanismo aerobico l'apporto di ossigeno è sufficiente per riconvertire l'acido lattico prodotto durante la glicolisi, ad acido piruvico. L'acido lattico perciò non si accumula, rendendo in questo modo possibile che l'attività fisica possa essere protratta per tempi prolungati. 121 15. L'ALLENAMENTO MUSCOLARE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Qui sotto la tabella mette in evidenza le differenze tra i diversi meccanismi energetici: anaerobico alattacido anaerobico lattacido aerobico sostanza utilizzata fosfocreatina glicogeno glicogeno, grassi richiesta di no no sì ossigeno accumulo di acido no sì no lattico intensità molto elevata elevata bassa durata 6-8 secondi 40-60 secondi lunghissima 15.3 IL CONCETTO DI PERIODIZZAZIONE IN PALESTRA Il concetto di periodizzazione, è fondamentale per raggiungere dei risultati apprezzabili con l'allenamento, consiste nell'organizzare fasi specifiche di lavoro in base ad una precisa strategia. La periodizzazione, prevede l'organizzazione di allenamenti con carichi di lavoro e intensità differenti, durante: ogni macrociclo che può essere della durata di 6 mesi o un anno; ogni mesociclo, solitamente della durata di un mese; ogni microciclo che corrisponde al carico di lavoro settimanale. I carichi di lavoro devono essere modulati nel corso dei vari periodi, tenendo conto di alcuni fattori importanti: Il volume di lavoro svolto in ogni seduta di allenamento, che solitamente in palestra viene calcolato in questo modo: volume=kg sollevati x n° di ripetizioni x n° di serie L'intensità che rappresenta il carico di lavoro che viene svolto nell'unità di tempo: intensità=(kg sollevati x n° di ripetizioni) / tempo La velocità di esecuzione degli esercizi. Il numero di ripetizioni effettuate. I tempi di recupero tra le serie. La frequenza delle sedute di allenamento. 122 15. L'ALLENAMENTO MUSCOLARE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 15.4 LA FORZA MUSCOLARE Per forza si intende la capacità di vincere o di opporsi ad un carico esterno grazie all'impegno muscolare. La forza muscolare può essere espressa attraverso delle contrazioni muscolari dinamiche: Isotonica: composta da due fasi, concentrica o positiva, dove la forza espressa è maggiore della resistenza da vincere; eccentrica o negativa, dove la forza espressa è inferiore alla resistenza da vincere. Pliometrica: dove con una contrazione eccentrica veloce, si evoca il riflesso da stiramento, favorendo in questo modo una rapida contrazione concentrica. Isocinetica: che avviene mediante l'utilizzo di apposite attrezzature computerizzate che sono in grado di generare sia nella fase concentrica che in quella eccentrica, una forza uguale a quella generata dall'utilizzatore. Auxotoniche: dove mediante l'utilizzo di attrezzi a resistenza elastica, l'impegno muscolare cresce durante il movimento. L'espressione di forza statica, corrisponde alla contrazione isometrica, dove il muscolo contraendosi genera una tensione, senza però che si modifichi la sua lunghezza. La scienza distingue le diverse espressioni di forza in questo modo: Forza massima isometrica: dove il muscolo contraendosi esprime una tensione senza cambiare la sua lunghezza, contro una resistenza che non può essere vinta. Eseguire un allenamento basato solo su contrazioni isometriche, si è mostrato avere pochi effetti allenanti, dato che porta: ad una progressiva perdita di coordinazione, un decremento delle proprietà elastiche del muscolo e un aumento temporaneo importante della pressione arteriosa (Barcroft, 1960). Forza massimale: che può essere espressa come concentrica, dove il massimo carico può essere spostato per una sola volta; ed eccentrica, dove il massimo carico può essere controllato durante la fase di allungamento muscolare; nella forza massimale eccentrica, il carico può raggiungere livelli del 40% superiori, rispetto a quello massimale concentrico. Nelle prime fasi di allenamento della forza massimale, avvengono degli adattamenti di tipo neurogeno, in cui: si vanno a reclutare progressivamente un maggior numero di unità motorie; migliora l'efficienza nel reclutamento temporale di un più largo numero di unità motorie; migliorano le capacità del sistema nervoso di emettere impulsi ad alta frequenza. Quest'ultimo adattamento si perde velocemente quando lo stimolo allenante non rimane costante nel tempo. (Sale, 1990). Gli adattamenti neurogeni avvengono solo nelle prime settimane di allenamento, si è evidenziato in soggetti non atleti, come l'allenamento per la forza massima possa produrre dei miglioramenti apprezzabili della componente neurogena, solo nelle prime otto settimane di svolgimento, nelle successive settimane di allenamento, 123 15. L'ALLENAMENTO MUSCOLARE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER dallo studio sono stati riscontrati dei miglioramenti princip

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