Codice Deontologico Assistente Sociale PDF
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2020
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Documento che riporta il codice deontologico per gli assistenti sociali. Si concentra sui diritti e doveri dei professionisti nel servizio sociale e le responsabilità verso le persone, le comunità e la società. Questo codice deontologico include nove titoli e si ispira a principi etici del servizio sociale.
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IL CODICE DEONTOLOGICO È un documento contenente norme riguardanti i diritti e i doveri di una specifica attività professionale. È stato il primo atto ufficiale del Consiglio nazionale dell’ordine degli a.s. (CNOAS, istituito nel 1996) emanato nel 1998 (ultima edizione approvata nel 2020). Si trat...
IL CODICE DEONTOLOGICO È un documento contenente norme riguardanti i diritti e i doveri di una specifica attività professionale. È stato il primo atto ufficiale del Consiglio nazionale dell’ordine degli a.s. (CNOAS, istituito nel 1996) emanato nel 1998 (ultima edizione approvata nel 2020). Si tratta di un documento vincolante per il professionista, a cui si deve riferire nello svolgimento del processo di aiuto alle persone, ai gruppi, alle famiglie e alle comunità. È uno strumento di guida e orientamento per il professionista nelle scelte di comportamento, nel fornire i criteri per affrontare i dilemmi etici e deontologici. È incentrato sulle responsabilità dell’a.s. Vari fattori hanno spinto l’Ordine ad attribuire priorità all’elaborazione del codice deontologico, pur non essendo un obbligo imposto dalla legge: o Il codice era l’ultimo requisito necessario per qualificarsi a tutti gli effetti come professione. o Strumento di regolamentazione e di salvaguardia della professione e dell’intervento professionale. o Importante messo di tutela delle persone, garanzia del rispetto di diritti dell’utente. o Il c.d. rafforza la professione e l’unione dei professionisti (genera senso d’identità). Il codice deontologico si compone di nove titoli: 1. Definizioni generali e ambito di applicazione. 2. Principi generali della professione. 3. Doveri e responsabilità generali dei professionisti. 4. Responsabilità dell’assistente sociale verso la persona: 1) Capo I – rispetto dei diritti della persona. 2) Capo II – riservatezza e segreto professionale. 5. Responsabilità dell’assistente sociale nei confronti della società. 6. Responsabilità vero i colleghi e altri professionisti. 7. Responsabilità nell’esercizio delle professioni: 1) Capo I – esercizio della professione in regime subordinato. 2) Capo II – esercizio della professione in ruoli dirigenziali, apicali o di coordinamento. 3) Capo III – esercizio della professione in Società tra professionisti, in Società multi professionali e in regime di libera professione. 4) Capo IV – esercizio della professione nel ruolo di consulente tecnico d’ufficio o di parte. 8. Responsabilità vero la professione: 1) Capo I – rapporto con l’Ordine professionale. 2) Capo II - assistenti sociali eletti nei Consigli dell’Ordine e nominati nel Consiglio di Disciplina. 3) Capo III – azione disciplinare nei confronti degli iscritti. 9. Norme finali. Il codice valorizza esplicitamente le capacità e le risorse di tutti gli individui e delle comunità con l’a.s. opera. Riflette l’impulso morale di tutta la professione, che si impegna a perseguire la giustizia sociale e a riconoscere la dignità intrinseca di ogni essere umano. 1 NUOVO CODICE DEONTOLOGICO. Ci sono tre differenze importanti tra il vecchio CD e quello nuovo: 1. La scelta di sostituire il termine UTENTE, per coloro che si rivolgono all’a.s., con PERSONA. Il CD deve portare con sé nuove terminologie per la comprensione dello stesso da parte di tutti. 2. Ci sono più articoli, e di conseguenza più titoli. 7 titoli – 69 articoli → 9 titoli – 86 articoli. Si cerca di prendere in considerazione tutte le realtà vicine al servizio sociale. Inoltre, è importante adeguare il cd ai mutamenti del contesto, in quanto gli stessi sono caratteristiche propria della professione. SAPER MUTARE. 3. C’è una maggiore attenzione ai dettagli. Infatti, è stato aggiunto il preambolo dove si analizza il processo di costruzione ed i principi della professione vengono declinati in tutti gli ambiti con i quali l’a.s. interagisce. INTRODUZIONE LEGISLATIVA. Dichiarazioni universali dei diritti umani: Convezioni: Sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne. Internazionale sui diritti economici sociali e culturali. Internazionale sui diritti civili e politici. Sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Sui diritti delle persone con disabilità. relativa allo status dei rifugiati. Internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie e agli Standard internazionali del lavoro. Dichiarazione ONU sui diritti dei popoli indigeni. Definizione internazionale di servizio sociale (2014). “Il servizio sociale è una professione basata sulla pratica e una disciplina accademica che promuove il cambiamento sociale e lo sviluppo, la coesione e l’emancipazione sociale, nonché la liberazione delle persone. Principi di giustizia sociale, diritti umani, responsabilità collettiva e rispetto delle diversità sono fondamentali per il servizio sociale. Sostenuto dalle teorie del servizio sociale, delle scienze sociali, umanistiche e dai saperi indigeni, il servizio sociale coinvolge persone e strutture per affrontare le sfide della vita e per migliorarne il benessere”. Dichiarazione di principi etici del Servizio Sociale mondiale (2018). Definizione di salute. “stato di totale benessere fisico, mentale e sociale non semplicemente l’assenza di malattie o infermità”. Trattati e le convenzioni dell’UE. Costituzione della Repubblica Italiana: Art. 2 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, e conomica e sociale”. Art. 3 “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Art. 4 “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzi one che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. Art. 10 “L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge”. 2 Art. 33 “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”. Art. 41 “L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Legge 84/1993 “ordinamento della professione di assistente sociale e istituzione dell’albo professionale”. PREAMBOLO. Non esistente nel codice deontologico vecchio. Nel quale troviamo: ▪ La cornice identitaria della professione. ▪ Descrizione delle principali specificità e caratteristiche costitutive. ▪ Introduzione alla lettura e alla comprensione del testo, esplicando le scelte linguistiche e di contenuto che sono state fatte. I capoversi presenti non costituiscono norma deontologica. All’inizio del testo vengono rimarcate le prime caratteristiche costitutive della professione, ovvero il riconoscimento dell’utilità sociale, la funzione di servizio alla persona, alle comunità e alla società collettiva. Tutto ciò si esplicita attraverso i mandati (professionale, sociale e istituzionale) della professione. Tutti i professionisti devono tutelare la professione e riconoscerla come risorsa. La professione si basa sui principi fondamentali della Costituzione (art. 2-3-4). Inoltre, la professione ha un ruolo importante nel sistema di welfare è qui che vengono tutelati i diritti delle persone ed inoltre contribuisce all’efficacia dei sistemi istituzionali. Prima di fare proprie le norme deontologiche, l’a.s. deve innanzitutto acquisire i VALORI UMANISTICI (lealtà, trasparenza, fiducia, disponibilità ed impegno). Inoltre, deve riconoscere che l’altro si presenta come protagonista della propria vita e delle proprie scelte, ma che presenta carenze informative che ledono i suoi diritti → capacità di autodeterminarsi. È così che l’a.s. dev’essere visto come lui che accompagna a scelte consapevoli. Il professionista deve essere DINAMICO e RIFLESSIVO, ciò significa: Capace di ragionare intorno al sapere, Raggiungere il miglio benessere possibile. Interrogarsi sul concetto di qualità di vita e ridefinendo di conseguenza le proprie competenze. È importante la FORMAZIONE CONTINUA durante tutta la sua carriera, dato che questo dovere corrisponde ad una virtù etica e deontologica da coltivare. La professione ha la necessità di essere aggiornata costantemente. (art. 24). CONTINUI MUTAMENTI → AGGIORNARSI/FORMAZIONE CONTINUA. IMPORTANTE: SAPER CAMBIARE E SAPER DIVENIRE. Il dovere di conservare l’AUTONOMIA PROFESSIONALE è obbligo sancito dalla legge 84/1993 art. 1, nel quale si sottolinea che l’a.s. non debba essere condizionato da fenomeni esterni. Anche per questo motivo si è voluto sottolineare che l’atto firma costituisce responsabilità e professionalità. Inoltre, viene evidenziato/introdotto un nuovo concetto: la CREDIBILITA’ della professione, attraverso: 3 o Il rispetto delle norme contenute nel cd. o La corretta condotta professionale. o La dimostrazione di essere all’altezza del ruolo professionale. I DILEMMI ETICI (art. 14) sono connaturato all’esercizio della professione, per questo motivo è necessaria una continua pratica riflessiva e dialogo interiore. In questo senso il cd ha il compito di orientare e stimolare la riflessività. L’errore più grande che un a.s. può fare è quello di lavorare senza dubbi. Infine, viene sottolineato che vengono eliminate le persone utente e cliente sostituendole con persona. in modo da valorizzare e riconoscere chi si rivolge al servizio, non legandola più alla mera attivazione di una prestazione. No concetto di consumatore. In conclusione, le principali novità sono: ▪ Ispirazione dalla Dichiarazione dei principi etici del s.s. ▪ Emergenti dilemmi etici connessi al mutamento della società. ▪ Responsabilità disciplinare anche nell’uso della e-technology. 4 TITOLO I – DEFINIZIONI GENERALI E AMBITO DI APPLICAZIONE. (art. 1-3) 1. Il Codice Deontologico è costituito dai principi e dalle regole che l’assistente sociale iscritto all’albo professionale deve conoscere, osservare e contribuire a diffondere. Il cd contiene tutte le norme deontologiche alle quali ogni assistente sociale è chiamato a rispondere in termini di osservanza, di rispetto e di diffusione. 2. La conoscenza e il rispetto del Codice sono vincolanti per l’esercizio della professione in tutte le forme in cui essa è esercitata; la non conoscenza delle norme in esso contenute non esime dalla responsabilità disciplinare. La non conoscenza non esime dalla responsabilità disciplinare. 3. I principi, i valori e le regole contenute nel Codice orientano le scelte di comportamento dei professionisti in tutti gli ambiti, a tutti i livelli di responsabilità attribuita, anche quando gli interventi professionali siano effettuati a distanza, via internet o con qualunque altro dispositivo elettronico o telematico. Le norme si applicano ad ogni contesto di pratica del servizio sociale. 5 TITOLO II – PRINCIPI GENERALI DELLA PROFESSIONE. (art. 4-13) Si ritrovano i principi generali strettamente connessi alle teorie di s.s., alla teorizzazione pratica e alle teorie sociologiche. 4. L’esercizio della professione si basa su fondamenti etici e scientifici, sulla disciplina accademica, sulla pratica, sull’autonomia tecnico-professionale e sull’indipendenza di giudizio. L’assistente sociale non partecipa ad iniziative lesive di queste dimensioni. Vengono enunciati i fondamenti su cui si costituisce la competenza professionale: Etica. Sapere tecnico scientifica. Autonomia tecnico-professionale. (si ritrova poi nell’art. 18) Saper fare e saper essere. 5. L’assistente sociale fa propri i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana. Riconosce il valore, la dignità intrinseca e l’unicità di tutte le persone e ne promuove i diritti civili, politici, economici, sociali, culturali e ambientali così come previsti nelle disposizioni e nelle Convenzioni internazionali. Il codice traduce in norme di comportamento i principi fondamentali della Costituzione e delle Convenzioni Internazionali. Riconosce il valore, la dignità intrinseca e l’unicità di tutte le persone. E promuove i diritti civili, politici, economici, sociali, culturali e ambientali. Rispetto dei diritti universali della persona. 6. L’assistente sociale afferma i principi della difesa del bene comune, della giustizia e dell’equità sociale e, nel promuovere la cultura della sussidiarietà, della prevenzione e della salute, opera affinché le persone creino relazioni di reciprocità all’interno delle comunità alle quali appartengono. L’a.s.: Contribuisce alla realizzazione del bene comune. Assume la responsabilità di curare i legami. Si pone come guida relazionale perché le persone creino relazioni di reciprocità. 7. L’assistente sociale riconosce il ruolo politico e sociale della professione e lo esercita agendo con o per conto della persona e delle comunità, entro i limiti dei principi etici della professione. La comunità professionale ha la responsabilità di esercitare un ruolo politico e sociale (competenza professionale) al fine di garantire interventi e politiche più eque. Il ruolo politico è agito da: organi di rappresentanza della professione e ogni singolo iscritto nell’accompagnamento alle persone e nella programmazione dei servizi. 8. L’assistente sociale riconosce la centralità e l’unicità della persona in ogni intervento; considera ogni individuo anche dal punto di vista biologico, psicologico, sociale, culturale e spirituale, in rapporto al suo contesto di vita e di relazione. È richiesto ad ogni a.s. di strutturare gli interventi professionali secondo un APPROCCIO OLISTICO alla persona, tenendo conto di ogni peculiarità. Considerare la persona nel suo insieme e di conseguenza adottare percorsi multidimensionali. 6 9. L’assistente sociale svolge la propria azione professionale senza fare discriminazioni e riconoscendo le differenze di età, di genere, di stato civile, di orientamento e identità sessuale, di etnia, di cittadinanza, di religione, di condizione sociale e giuridica, di ideologia politica, di funzionamento psichico o fisico, di salute e qualsiasi altra differenza che caratterizzi la persona, i gruppi o le comunità. Consapevole delle proprie convinzioni e appartenenze personali, non esprime giudizi di valore sulla persona in base alle sue caratteristiche o orientamenti e non impone il proprio sistema di valori. L’a.s. svolge la propria azione professionale senza fare discriminazioni di nessun genere e garantisce durante l’attività un punto di vista esclusivamente professionale e in conformità con i principi etici. In questo articolo, rispetto al cd precedente, è stato aggiunto anche nessuna discriminazione verso “orientamento sessuale ed identità sessuale”. Per attuare questo articolo è importante conoscersi. Conoscere le proprie convenzioni, valori e saperle lasciare da parte nel caso in cui siano in contrasto con l’agire professionale. 10. L’assistente sociale riconosce le famiglie, nelle loro diverse e molteplici forme ed espressioni, nonché i rapporti elettivi di ciascuna persona, come luogo privilegiato di relazioni significative. Negli anni ci sono state diverse definizioni di famiglia. Concetto che pian piano si è evoluto insieme alla società. In questo nuovo codice, avviene un riconoscimento e una promozione della famiglia, in quando l’a.s. deve riconoscere e privilegiare i rapporti elettivi di ciascuna persona. Famiglia = luogo privilegiato di relazioni significative. 11. L’assistente sociale promuove opportunità per il miglioramento delle condizioni di vita della persona, delle famiglie, dei gruppi, delle comunità e delle loro diverse aggregazioni sociali; ne valorizza autonomia, soggettività e capacità di assunzione di responsabilità, sostenendole nell’uso delle risorse proprie e della società, per prevenire e affrontare situazioni di bisogno o di disagio e favorire processi di inclusione. È importante “promuovere attività per…”. La professione ha la capacità di costruire un tessuto sociale solidale e accogliente attraverso: Azioni di coordinamento della polis. Sostegno delle reti territoriali. Programmazione e pianificazione. Associazionismo e reti informali/spontanee. Importante per poter favorire l’inclusione sociale. 12. L’assistente sociale, nell’esercizio della professione, previene e contrasta tutte le forme di violenza e di discriminazione. Novità rispetto al codice precedente. Responsabilità etica di prevenire e contrastare la violenza e la discriminazione in ogni sua forma, attraverso: controllo/vigilanza, prevenzione e riconoscimento di tradizioni culturali. Si rispecchia nel mandato sociale. 13. L’assistente sociale concorre alla produzione di modelli di sviluppo rispettosi dell’ambiente, della sostenibilità ecologica e della sopravvivenza sociale, consapevole delle difficoltà nel rapporto tra l’essere umano e l’ambiente. L’a.s. agisce anche a tutela e sostegno dell’ambiente per consentire ad ogni individuo di poter godere delle fondamentali interconnessioni tra uomo e ambiente. Sostenibilità ecologica. 7 TITOLO III – DOVERI E RESPONSABILITA’ GENERALI DEI PROFESSIONISTI. (art. 14-25) Ricomprende i doveri e le responsabilità generali riferite: All’auto-responsabilità, il professionista verso sé stesso e la comunità professionale. All’etero-responsabilità, il professionista verso la persona, aggregazioni e società. Novità più importanti sono: ✓ Responsabilità e doveri in alcuni aspetti della prassi professionale. ✓ Responsabilità nell’uso della e-technology (art. 21). ✓ Divieto di esercitare a titolo gratuito (art. 23). 14. I dilemmi etici sono connaturati all’esercizio della professione. L’assistente sociale li individua e li affronta evidenziando i valori ed i principi in contrasto. Le scelte professionali che ne risultano sono la sintesi della valutazione delle norme, del sapere scientifico, dell’esperienza professionale e sono comunque indirizzate al rispetto della libertà, dell’autodeterminazione e a conseguire il minor svantaggio per le persone coinvolte. Il professionista orienta la propria condotta alla massima trasparenza circa le ragioni delle proprie scelte e documenta, motivandolo, il processo decisionale. Come già accennato nel preambolo, i dilemmi etici sono sempre presenti nella pratica professionale. Pertanto, è richiesto ad ogni a.s. di: Individuare i valori e principi in contrasto. Adottare un pensiero riflessivo e complesso per poter prendere una decisione. Saper motivare in ogni suo aspetto il processo decisionale. Dilemma → valutazione di norme + sapere scientifico + esperienza → scelta professionale → trasparenza. 15. L’assistente sociale mette a disposizione della persona le proprie conoscenze, competenze, strumenti e abilità professionali, costantemente aggiornati, al fine di conseguire la massima efficacia negli interventi. Intrattiene il rapporto professionale solo fino a quando la situazione lo richieda o le norme di riferimento lo prescrivano. Ex art. 18 del vecchio cd. Sancisce il dovere di mettere a disposizione della persona una competenza professionale sempre aggiornata, per raggiungere la massima efficacia. Infatti, si chiude il processo di aiuto quando è possibile una valutazione in termini di efficacia (cambiamento/autonomia) o le norme lo richiedono. 16. L’assistente sociale ricerca la collaborazione di altri colleghi o altri professionisti e percorsi di supervisione professionale ogni volta che lo valuti opportuno. Disciplina la ricerca della collaborazione con altri colleghi per giungere anche ad una valutazione multiprofessionale integrata. Collaborazione intesa anche nel sostenersi l’uno con l’altro. Attraverso il confronto e il sostegno si può avere un punto di vista differente. Ciò può avvenire anche attraverso la supervisione. 17. L’assistente sociale informa i soggetti coinvolti del proprio mandato professionale e delle sue implicazioni, anche quando l’intervento professionale si svolga in un contesto di controllo o di tutela disposto dall’Autorità Giudiziaria, o in forza dell’adempimento di norme di legge. È dovere dell’a.s. informare le persone del mandato professionale, in qualsiasi contesto (volontario o coatto), in modo tale da: 8 ▪ Valorizzare la relazione di aiuto fondata su stima, fiducie e collaborazione. ▪ Riconoscere il ruolo attivo della persona nel processo di aiuto. 18. L’assistente sociale afferma e difende la propria autonomia di giudizio, tecnica ed intellettuale da pressioni e condizionamenti di qualunque natura in tutte le proprie azioni e interventi professionali. Responsabilità di affermare e difendere sempre la propria autonomia tecnico-professionale e di giudizio, senza lasciarsi condizionare da fattori esterni. Il dovere di difesa, che si può attuare attraverso il contratto o le norme vigenti. 19. L’assistente sociale si adopera affinché l’azione professionale si realizzi in condizioni e in tempi idonei a garantire la dignità, la tutela e i diritti della persona, anche in funzione del livello di responsabilità che egli ricopre. Non accetta condizioni di lavoro che comportino azioni incompatibili con i principi e i valori del Codice, che siano in contrasto con il mandato sociale e professionale o che possano compromettere la qualità e gli obiettivi degli interventi. Evidenzia due tipologie di responsabilità nell’enunciazione del termine adoperarsi: I. Garantire l’azione professionale e gli interventi in condizioni e tempo adeguati. II. Assumere la responsabilità di segnalare disfunzioni organizzative, e di conseguenza anche dialogare e contribuire a modelli di riorganizzazione. 20. L’assistente sociale riconosce i confini tra vita privata e professionale ed evita commistioni che possano interferire con l’attività professionale o arrecare danno all’immagine della professione. Non intrattiene relazioni di natura sentimentale o sessuale con i destinatari degli interventi cui sia preposto o comunque coinvolto in senso lato. Obbligo di mantenere in netta separazione vita privata e vita professionale. Di conseguenza, non sono ammesse relazioni sentimentali, sessuali e significative. Si può collegare all’art. 9, conoscere i propri confini. 21. L’assistente sociale agisce in coerenza con i principi etici e i valori della professione, mantenendo un comportamento consono all’integrità, al prestigio e alla dignità della professione stessa, anche nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa e, in particolare, dei social network e dei social media. È dovere dell’a.s. agire nel rispetto dei principi etici e valori professionali e garantire un comportamento a tutela dell’integrità e dell’immagine della professione, anche nell’uso dell’e-technology. Per fare ciò è importante che il professionista interiorizzi i valori e i principi della professione. 22. L’assistente sociale non usa la propria posizione per ottenere vantaggi personali, anche nella forma di beni materiali; valuta l’opportunità di accettare doni simbolici o di modico valore nell’ambito in cui si svolge l’intervento. Non abusare della propria posizione di potere, vista la relazione basata sulla fiducia, e non accettare doni di modico valoro. 23. L’esercizio della professione in forma gratuita non è ammesso. Sono fatti salvi casi eccezionali, interventi pro bono chiaramente verificabili e l’esercizio volontario della professione nell’ambito di organizzazioni giuridicamente riconosciute o di tirocini gratuiti svolti sotto la supervisione di un collega. Non è consentita la forma gratuita di esercizio, in quanto il nostro lavoro non è volontariato. Importante per tutelare il prestigio e l’immagine della professione (art. 21) e per evitare meccanismi di concorrenza sleale. 24. L’assistente sociale è tenuto alla propria formazione continua al fine di garantire prestazioni qualificate, adeguate al progresso teorico, scientifico, culturale, metodologico e tecnologico. A tal fine, contribuisce alla ricerca, alla divulgazione della propria esperienza, anche fornendo elementi per la definizione di evidenze scientifiche. Il professionista si adopera, inoltre, affinché si sviluppi la cultura della supervisione professionale. 9 La formazione continua è un obbligo di legge disciplinato dal codice e una responsabilità etica. (art. 15) 25. La corretta rendicontazione della formazione continua, per il tramite dei canali messi a disposizione dal Consiglio dell’Ordine, costituisce obbligo deontologico per l’assistente sociale. Obbligo deontologico della corretta rendicontazione della formazione continua. Sito CNOAS. 10 TITOLO IV – RESPONSABILITA’ DELL’A.S. VERSO LA PERSONA. (art. 26-38) Particolare attenzione all’autodeterminazione, condivisione dei progetti di aiuto e trasparenza dei percorsi. CAPO I – RISPETTO DEI DIRITTI DELLA PERSONA (art. 26-31) 26. L’assistente sociale riconosce la persona come soggetto capace di autodeterminarsi e di agire attivamente; impegna la propria competenza per instaurare una relazione di fiducia e per promuovere le potenzialità, l’autonomia e il diritto della persona ad assumere le proprie scelte e decisioni, nel rispetto dei diritti e degli interessi legittimi degli altri. Alla base del lavoro dell’a.s. ci deve essere la convinzione che la persona che si presenta al servizio è un soggetto capace di autodeterminarsi e di agire attivamente. Quindi, la persona ha delle risorse e delle capacità che devono essere conosciute e valorizzate per rendere la persona autonoma. Vi dev’essere un processo valutativo condiviso, in modo tale che anche la persona impari a riconoscersi. Questo processo avviene all’interno della relazione di fiducia. 27. L’assistente sociale riconosce che la capacità di autodeterminarsi della persona può essere ridotta a causa di condizioni individuali, socio-culturali, ambientale o giuridiche. In queste situazioni, promuove le condizioni per raggiungere il miglior grado di autodeterminazione possibile e, quando ciò non sia realizzabile, si adopera per l’adeguata segnalazione all’Autorità Giudiziaria, affinché siano attivati gli opportuni interventi di protezione e di tutela. L’a.s. si trova di fronte persone a cui, a causa di fattori esterni, la loro capacitò di autodeterminarsi viene a mancare, oppure nell’azione dell’autodeterminazione provochi danni a sé stesso o a terzi. È compito dell’a.s. capire quale sia la situazione. Queste sono le circostanze nelle quali l’assistente sociale si chiede quale sia il confine del diritto della persona di autodeterminarsi e la necessità di porre in essere azioni di tutela in suo favore. L’obiettivo primario dev’essere quello di raggiungere il miglior grado di autodeterminazione possibile per la persona. Quando l’aggancio con la persona o vi sia una grave esigenza di tutela è necessario che l’a.s. segnali all’A.G. 28. L’assistente sociale si adopera per contrastare situazioni di violenza, trascuratezza, sfruttamento e oppressione nei confronti di persone di minore età o in condizioni di impedimento fisico, psicologico, di fragilità, anche quando esse appaiano consenzienti, fermi restando gli obblighi di segnalazione o denuncia all’autorità competente previsti dalla legge. Disciplina quei casi in cui l’a.s. è tenuto a tutelare e a segnalare/denunciare. Ovvero tutte le forme di violenza verso a persone incapaci di agire o minori di età. Anche se consenzienti. A favore di tutti questi soggetti, l’assistente sociale si attiva per contrastare, attuali o potenziali situazioni di violenza, trascuratezza, sfruttamento e oppressione. In un’ottica però tridimensionale dell’intervento, quindi che ricomprende anche il contesto sociale e organizzativo , assistente sociale deve essere in grado di leggere, a partire dalla presa in carico delle situazioni individuali, una domanda collettiva che evidenzi la presenza di un determinato territorio di condizioni favorenti di situazioni di abuso, sfruttamento, violenza e che quindi renda necessaria un’azione professionale volta a rimuoverne le cause e a porre in essere azioni preventive di promozione del benessere sociale. 29. La natura fiduciaria della relazione con la persona impone all’assistente sociale di agire con la massima trasparenza. Il professionista informa la persona sui suoi diritti e doveri, sugli impegni reciproci, sui programmi e sugli strumenti 11 dell’azione professionale, sulle risorse impiegate o necessarie e sulle conseguenze prevedibili degli interventi tenendo in opportuna considerazione le caratteristiche culturali e le capacità di comprensione e di discernimento dell’interlocutore. Resta fermo il generale obbligo di segretezza in tutti i casi previsti dalla legge. MASSIMA TRASPARENZA CON LA PERSONA. La relazione di fiducia si deve basare sulla totale condivisione delle informazioni. Per fare ciò, ovviamente, è importante la comunicazione. Per questo motivo, l’a.s. deve partire dalle caratteristiche della persone per comprendere quali siano le abilità/strategie per poter comunicare al meglio 30. L’assistente sociale si adopera per condividere con la persona il progetto e gli interventi che, prevedibilmente, saranno necessari nel percorso di aiuto. Il professionista può prescindere dall’acquisizione dell’assenso agli interventi nelle situazioni in cui gli stessi siano indifferibili, quando prevalgano le esigenze di protezione della persona, in forza di provvedimenti dell’Autorità Giudiziaria e in tutti gli altri casi previsti dalle norme vigenti. La persona è soggetta attiva nel percorso di aiuto. Per questo la condivisione è alla base di ogni valutazione ed è sempre ricercata. È importante precisare, che l’assenso al percorso di aiuto può venire meno qualora vi siano provvedimenti dell’A.G. Sarà compito dell’a.s. di trasformare la situazione coatta a consensuale/volontaria. 31. L’assistente sociale che, nell’esercizio delle proprie funzioni, incorra in una omissione o in un errore che possano danneggiare la persona, informa l’interessato ed attua ogni opportuna azione professionale di riparazione. L’a.s. può incorrere in errori o omissioni. Per questo bisogna saper gestire la situazione informando l’interessato e attuando azioni professionali per riparare. In qualsiasi caso, l’a.s. si assume la responsabilità professionale, personale ed etica. CAPO II – SEGRETO PROFESSIONALE E RISERVATEZZA (art. 32-38) 32. La riservatezza e il segreto professionale costituiscono un diritto primario della persona e un obbligo per il professionista, anche nell’ambito di pubblicazioni scientifiche o di materiali ad uso didattico, nelle ricerche e nella costituzione di banche dati, nei limiti previsti dalle normative vigenti. Nel lavoro con i gruppi, l’assistente sociale si adopera per impegnare i partecipanti al rispetto della riservatezza. La riservatezza e il segreto professionale sono: Diritto primario della persona. Obbligo per il professionista. È importante garantire l’anonimato, sempre quando si tratti di minori. 33. L’assistente sociale informa la persona sui limiti e le eventuali deroghe al segreto professionale e all’obbligo di riservatezza, in particolare in riferimento alle seguenti fattispecie: a. rischio di grave danno alla persona o a terzi, in particolare minorenni, incapaci o persone impedite a causa delle condizioni fisiche, psichiche o ambientali; b. richiesta scritta e motivata dei legali rappresentanti del minorenne o dell’incapace, nell’esclusivo interesse degli stessi; c. formale espressione di volontà dell’interessato o del suo legale rappresentante, informato delle conseguenze della rivelazione; d. rischio grave per l’incolumità dell’assistente sociale; e. esercizio del proprio diritto di difesa nei procedimenti giudiziari, disciplinari o sanzionatori comunque denominati. Ci sono limiti e deroghe per questo obbligo: 12 ▪ Rischio di grave danno alla persona o a terzi. ▪ Formale espressione di volontà dell’interessato. ▪ Formale espressione del legale rappresentante della persona, deve essere scritta nel caso di minori o incapaci. ▪ Rischio grave per l’a.s. ▪ Esercizio del proprio diritto di difesa nei procedimenti giudiziari, disciplinari o sanzionatori. 34. Il professionista informa coloro con i quali collabora o instaura rapporti di supervisione, o che possono accedere a informazioni riservate, dell’obbligo di riservatezza e del segreto professionale. Richiede il consenso dell’interessato a trasmettere le informazioni che lo riguardano in tutti i casi previsti dalla legge. Nel rapporto con Enti, colleghi ed altri professionisti, l’assistente sociale fornisce unicamente dati e informazioni strettamente indispensabili alla definizione dell’intervento. L’assistente sociale, inoltre, acquisisce il consenso della persona alla presenza di tirocinanti e terzi durante l’intervento. Vi dev’essere il consenso dell’interessato per trasmette informazioni. Se si informa un’altra persona che però non ha lo stesso obbligo dell’a.s., è dovere dell’operatore informarla. Possono essere trasmesse esclusivamente informazioni necessarie per il progetto. Qualora vi sia un tirocinante, l’a.s. deve chiedere il consenso prima e non in presenza del tirocinante. 35. L’assistente sociale agevola la persona, o i suoi legali rappresentanti, nell’accesso alla documentazione che la riguarda, nel rispetto delle norme in materia. Il professionista assicura che siano protette le eventuali informazioni relative a terzi e quelle che potrebbero danneggiare gli interessati. Si adopera, inoltre, affinché l’eventuale accesso di altri soggetti ai documenti amministrativi o professionali rispetti i criteri e le limitazioni prescritte dalla normativa vigente. L’accesso alla documentazione è un diritto della persona. L’a.s. ha l’obbligo di facilitare la trasmissione e di proteggere le informazioni relative a terzi. La tutela di questo diritto è un punto cardine per la relazione di aiuto. 36. L’assistente sociale ha facoltà di astenersi dal rendere testimonianza e non può essere obbligato a deporre su quanto gli è stato confidato o ha conosciuto nell’esercizio della professione, salvo i casi previsti dalla legge. L’a.s. può astenersi dal rendere testimonianza, tranne nelle situazioni in cui il giudice lo imponga (art. 366 c.p.) In alcuni casi si viene a creare un conflitto tra segreto professionale e obbligo di denuncia dei reati perseguibili d’ufficio. (art. 331-332 c.p.p.) 37. L’assistente sociale, oltre a ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, è tenuto al rispetto della riservatezza e del segreto professionale nei rapporti con la stampa, con gli altri mezzi di diffusione e di comunicazione di massa, e nell’utilizzo dei social network. In ogni caso, assicura l’anonimato dei minorenni e delle persone con ridotte capacità. L’a.s. pone attenzione nell’utilizzo delle nuove tecnologie per non infrangere la riservatezza e il segreto professionale. Questo articolo appare piuttosto evidente in questo momento storico causato COVID 19 visto il forte incremento nell’utilizzo delle videochiamate. 38. Gli obblighi in materia di riservatezza e segreto professionale permangono anche quando l’assistente sociale sia stato cancellato dall’Albo o sospeso dall’esercizio della professione. Tali obblighi si applicano ugualmente alle situazioni nelle quali il rapporto professionale si è concluso, anche a seguito del decesso della persona. 13 Obbligo di riservatezza e segreto professionale permangono anche: o Cancellazione o sospensione dall’albo. o Rapporto professionale concluso. o Decesso della persona. 14 TITOLO V – RESPONSABILITA’ DELL’A.S. NEI CONFRONTI DELLA SOCIETA’. (art. 39-42) Si evidenzia il maggior livello di responsabilità di chi esercita la funzione di coordinamento, in quanto ha maggiori possibilità di incidere nelle politiche sociali. Importante valorizzare e conoscere i bisogni e le risorse della società. 39. L’assistente sociale contribuisce a promuovere, sviluppare e sostenere politiche sociali integrate, finalizzate al miglioramento del benessere sociale e della qualità di vita dei membri delle comunità, con particolare riferimento a coloro che sono maggiormente esposti a situazioni di fragilità, vulnerabilità o a rischio di emarginazione, tenuto conto del livello di responsabilità che egli ricopre e in funzione degli effetti che la propria attività può produrre. Le politiche sociali integrate sono essenziali per rispondere ai bisogni di disagio e prevenzione. L’a.s. deve stimolare e potenziare le risorse e le abilità per arrivare all’autonomia. Per questo i servizi del territorio sono essenziali. La gestione e l’organizzazione dei servizi avviene attraverso: o Progettazione di servizi per la comunità. o Partecipazione all’organizzazione: piano di zona (art. 19 328/2000) o Definizione di protocolli e convenzioni tra enti pubblici e privati. 40. L’assistente sociale non può prescindere da una approfondita conoscenza della realtà territoriale in cui opera e da una adeguata considerazione del contesto storico e culturale e dei relativi valori. Ricerca la collaborazione dei soggetti attivi in campo sociale, socio-sanitario e sanitario per obiettivi e azioni comuni che rispondano in maniera integrata ai bisogni della comunità, orientando il lavoro a pratiche riflessive e sussidiarie. Per operare in questo ambito, l’a.s. deve conoscere la realtà territoriale. Dopodiché per una collaborazione integrata è essenziale lo strumento del piano di zona. L'assistente sociale riconosce sistemi valoriali che non siano in contrasto con quello professionale e opera per promuovere lo sviluppo delle comunità, delle loro potenzialità e delle loro autonome. L’assistente sociale favorisce la creazione di nuove forme di collaborazione e cooperazione tra erogatori dei servizi sia pubblici che privati, corpi sociali di cittadini che, attraverso una rinnovata relazionalità, collaborano attivamente per lo sviluppo del welfare sussidiario, inteso innanzitutto come welfare delle responsabilità. Il piano di zona, che uno dei principali strumenti di programmazione disciplinare dalla legge 328/2000, art 19, rappresenta lo strumento di costruzione di un Welfare partecipato attraverso cui i comuni associati, insieme alle Aziende Sanitarie e agli altri soggetti del terzo e quarto settore, a partire dalla conoscenza delle realtà locali individuano obiettivi e azioni comuni e condivise. Il ruolo dell'assistente sociale e quello di favorire la relazione tra cittadini e sistema di servizi leggere i bisogni contestualizzandoli, individuare delle priorità e promuovere la partecipazione locale, coordinando le diverse fasi del processo programmatorio. L’elaborazione del piano di zona può diventare inoltre u importante spazio di promozione della responsabilità sociale della cittadinanza, attraverso un coinvolgimento attivo della stessa nei processi decisionali che la riguardano. L’a.s.: Favorisce la relazione/comunicazione tra cittadino e sistema di servizi. Legge i bisogni e li contestualizza. Promuove la partecipazione locale. 15 41. L’assistente sociale favorisce l’accesso alle risorse, concorre al loro uso responsabile e contribuisce a ridurre lo svantaggio legato alla loro scarsa o mancata conoscenza. Parimenti favorisce la corretta e diffusa informazione sui servizi e sulle prestazioni erogate dal sistema in cui opera e, più in generale, dal sistema di welfare locale, regionale e nazionale, comunque articolato. L’a.s. deve favorire l’uguaglianza sostanziale delle persone, attraverso la creazione della condizioni che consentano la conoscenza e l’accesso alle risorse territoriali per tutti i cittadini. Individuano così modalità comunicative che consentano a tutti i cittadini di conoscere i servizi. 42. L’assistente sociale mette a disposizione delle autorità competenti la propria professionalità per programmi e interventi diretti al superamento dello stato di crisi in caso di catastrofi o di maxi-emergenze. Nei diversi ambiti in cui opera, o come volontario adeguatamente formato all’interno delle organizzazioni di Protezione Civile, il professionista contribuisce al supporto di persone e comunità e al ripristino delle condizioni di normalità. Un altro articolo da tenere in considerazione in questo momento storico. In caso di catastrofi o maxi-emergenze, l’a.s. opera per la realizzazione di programmi ed interventi che rispondano ai bisogni primari, e allo stesso tempo attiva interventi psico-sociali: ascolto empatico, sostegno, guida ed accompagnamento. Importante collaborazione con protezione civile (APROC) e volontariato. 16 TITOLO VI – RESPONSABILITA’ DELL’A.S. NEI CONFRONTI DEI COLLEGHI ED ALTRI PROFESSIONISTI. (art. 43- 48) I professionisti sanno definire, contestualizzare e collocare nei contesti di confronto e di scambio con altri professionisti la giusta dimensione operativa, di ruolo, di valutazione e di responsabilità personal e della comunità professione di appartenenza. Con questa nuova versione del cd si vuole sottolineare che ogni singolo professionista deve essere pienamente consapevole che il riconoscimento del proprio ruolo scaturisce anche dal saper definire le competenze specifiche e la dimensione della valutazione tecnica, proteggendo la propria autonomia di giudizio o condizionamento. (art. 4-18). 43. L’assistente sociale che stabilisce un rapporto di lavoro con colleghi, altri professionisti ed organizzazioni pubbliche o private definisce le proprie responsabilità, così come il proprio ambito professionale, e richiede il rispetto delle norme del Codice. Il rapporto con i colleghi e gli altri professionisti è improntato a correttezza, lealtà e spirito di collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze e autonomie. Il lavoro professionale comporta che si concretizzino sempre delle interrelazioni con altri a.s. o altri professionisti, di vario genere. Per questo motivo è importante il riconoscimento reciproco delle competenze, saperi, attribuzioni di compiti, le capacità di valutazione, di mando operativo e di rendere esplicite le attribuzioni di prevalenza e quelle di potestà decisionale. L’a.s. deve valorizzare il proprio ruolo e non rinuncia ai suoi mandati. 44. Il professionista non registra né divulga conversazioni con i colleghi senza i loro consenso, ad eccezione delle situazioni disciplinate tra le cause di giustificazione previste dall’ordinamento giuridico. In caso di diffusione di audio/ video conferenze, è necessario il consenso di tutti i partecipanti. Nelle comunicazioni a distanza, l’assistente sociale rende nota agli interlocutori l’eventuale partecipazione di terzi. Gli stessi obblighi si applicano anche alla corrispondenza. La possibilità di incontro e di lavoro non si limitano alla solo presenza di persona in un contesto fisico, ma anche in luoghi o contesti differenti con l’utilizzo di comunicazione tecnologiche o digitali. Anche in questi casi la condivisione dell’informazioni o la registrazione devono essere preceduta dal consenso degli interessati. 45. L’assistente sociale sostiene e supporta nello svolgimento della professione i colleghi, in particolare i neo iscritti e coloro che, nell’ambito della propria attività, vedano compromessa la propria autonomia e la possibilità di rispettare le norme deontologiche. Il codice intende dare valore alla costante evoluzione della comunità professionale nel riconoscersi all’interno di un sistema di principi e valori condivisi. Ai professionisti più esperti, forti dell’esperienza acquisita nel tempo e nella conoscenza del contesto, compete sostenere i colleghi con minore esperienza e o da poco inseriti nel gruppo di lavoro. I colleghi che hanno già affrontato situazioni difficili possono essere di supporto a chi vive in contesti di maggior esposizione o rischio individuale. Il codice promuove una dimensione di comunità professionale solidale che valorizza la connettività fra i singoli professionisti. In questo modo si può arrivare ad una crescita esperienziale. 46. L’assistente sociale si adopera per la corretta allocazione delle responsabilità all’interno del sistema organizzativo in cui opera, per quanto di propria competenza. A questo scopo mette a disposizione ogni informazione ed elemento utile all’esercizio di tale responsabilità da parte di chi ne è titolare. 17 È in capo a ciascun professionista esercitare all’interno di un sistema plurale di lavoro, indipendente dal regime contrattuale, il prodigarsi affinché siano evidenti e definiti i livelli di responsabilità, chiarite le modalità di operatività e circoscritti i contesti, anche al fine di contrastare ingerenze di ruolo, di gerarchia e di funzione o di conoscenza che possono limitare o alterare la visione del singolo professionista. 47. L’assistente sociale segnala al Consiglio Territoriale di Disciplina le condizioni soggettive, le omissioni o i comportamenti dei colleghi contrari alle norme deontologiche, all’ordinamento professionale o che configurino forme di oppressione istituzionale. Con l’iscrizione all’ordine, il professionista non solo rispetta valori, norme e comportamenti, ma anche garantisce una vigilanza diretta ed indiretta estesa a tutti gli altri iscritti. Segnalare un comportamento contrario ai principi del cd. Presso ogni Consiglio regionale dell’Ordine (CNOAS) è istituito il Consiglio Territoriale di Disciplina, un organismo autonomo, cui è affidato il compito di gestire le segnalazioni a rilievo etico-deontologico, disciplinare a carico degli iscritti. I segnalanti possono essere anche cittadini, enti e A.G. 48. L’assistente sociale si impegna nella supervisione didattica nei confronti dei tirocinanti, nei limiti dell’organizzazione in cui opera. Il professionista, in questo ambito, agisce per: a. favorire la migliore integrazione del tirocinante nel proprio gruppo di lavoro; b. salvaguardare il tirocinante da situazioni che possano minacciarne la sicurezza; c. rinforzare nel tirocinante la consapevolezza del valore delle norme deontologiche, dell’Ordine e della partecipazione alla vita della comunità professionale; d. stimolare nel tirocinante lo sviluppo del senso critico, impegnandosi a condividere le proprie valutazioni. I percorsi di formazione universitaria prevedono azioni di accompagnamento e di confronto esperiti da colleghi esperti che assumono il ruolo di supervisore di tirocinio. Il tirocinio è una fase di sperimentazione e di approfondimento. Il codice vuole dare rilievo a questo specifico compito riconosce che il supervisore svolge una funzione attiva e rilevante per l’università. Nel codice si vuole conferire a questo compito sostegno, di valutazione e di verifica personale e sia di rilievo alla responsabilità connessa a tale compito. 18 TITOLO VII – RESPONSABILITA’ NELL’ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE. (art. 49-69) Pur riconoscendo che la professione ha riferimento e applicazioni simili o sovrapponibili nei differenti contesti di lavoro, si evidenziano alcuni aspetti peculiari che connotano l’esercizio dell’attività professionale in relazione alla dimensione contrattuale o di mandato. CAPO I – IN REGIME SUBORDINATO (art. 49-54) In Italia la professione di a.s. si è sempre connotata per una preponderante presenza percentuale di lavoro dipendente (negli enti e negli apparati di pubblico, nei sistemi aziendali e nelle strutture private, nei contesti cooperativi). In quasi tutti questi ambiti il professionista risponde ad una pluralità di mandati e lo stesso è chiamato ad osservare comportamenti e direttive articolato in relazione alla dimensione contrattuale, locale o collettiva. L’attività professionale subordinata evidenzia che ciascun professionista risponde al proprio datore di lavoro con le connotazioni derivanti da differenti CCNL e non solo o non tanto in quanto a.s. La normativa e le ricadute operative che si applicano di volta in volta all’addetto, al funzionario, all’impiegato devono essere chiare a ciascun professionista affinché siano identificabili le condizioni di sovrapposizione o di affiancamento fra i principi del Codice e quelli riferibili alla tipologia di incardinamento lavorativo. 49. L’assistente sociale che esercita la professione in forma subordinata richiede al proprio datore di lavoro il corretto inquadramento giuridico delle proprie funzioni, e condizioni di esercizio della professione che tutelino il segreto professionale e il segreto d’ufficio e garantiscano l’adempimento dell’obbligo formativo. Disporre di un contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato riferibile ad un CCNL, non garantisce, in qualunque circostanza – territorio – dimensione operativa, che siano applicati in maniera specifica – completa – puntuale, tutte le previsioni normative e giuslavorative, collettive che siano. Sono diverso agli aspetti di conformità operativa di cui un professionista deve essere a conoscenza e consapevole, affinché siano esperiti funzioni e compiti attinenti e che i livelli di responsabilità siano pertinenti. Il professionista si adopera a che, chi di dovere, crei e mantenga le condizioni per le quali un a.s. possa assolvere ai compiti di tutela delle informazioni gestite ad esempio per quando riguarda la valutazione della fruibilità degli spazi, dell’accessibilità agli uffici, dell’adeguata conservazione documentale. Il professionista si adopera affinché la sua professionalità non risenta di mancate conoscenze o informazioni. 50. L’assistente sociale contribuisce all’appropriatezza, all’efficacia e all’efficienza, all’economicità, all’equità e alla qualità degli interventi nonché al miglioramento delle politiche e delle procedure della propria organizzazione di lavoro. Contribuisce, in funzione delle proprie attribuzioni e responsabilità, alle azioni di pianificazione e programmazione, anche mettendo a disposizione i dati e le evidenze relative alla propria attività professionale. L’a.s., grazie alla conoscenza del territorio di riferimento, delle connessioni delle reti umane, dell’evoluzione della risposta individuale, di gruppo e di comunità ai progetti impostati, ai servizi operanti e alle prestazioni fornite, è in grado di essere risorsa altamente qualificata per chi è titolare di funzioni di programmazione e di elaborazione strategica e politica. L’a.s. collabora a definire progetti di comunità e a dare un senso di lettura di esito a diversi livelli di analisi. 51. L’assistente sociale segnala al proprio Ente di appartenenza l’eccessivo carico di lavoro, se sussiste il rischio che risulti compromesso il corretto svolgimento della professione in relazione anche alla tutela e alla salvaguardia dei diritti della persona. La segnalazione, precisa e circostanziata, è resa in forma scritta. 19 Per un corretto esercizio di un’attività professionale appare indispensabile che sia garantita la possibilità di una gestione equilibrata delle situazioni, dei progetti e delle competenze attribuite. Il tempo è un elemento cardine di riferimento per consentire l’accoglimento, la valutazione, la gestione, l’elaborazione, la contrattazione, il rendiconto e l’analisi di risultato di quanto si sta facendo. L’ambiente ed il contesto di lavoro non consono, le interferenze e le ingerenze, l’attribuzione di situazioni complesse e/o numericamente rilevanti, una non adeguata organizzazione concorrono insieme ad altri fattori ad indurre una condizione di stress, di preoccupazione, di allarme e di concitazione al fare. → rischio di burnout. Occorre saper riconoscere questi fattori e queste variabili per costruire percorsi e modalità che migliorino i vissuti personali e le capacità di valutazione ponderata. 52. L’assistente sociale è tenuto a segnalare al proprio datore di lavoro, per iscritto e con puntuale motivazione, le condizioni o le direttive incompatibili con il corretto esercizio della professione, ferma restando la potestà organizzativa generale del datore di lavoro. L’organizzazione degli uffici, la consistenza degli organici, l’entità dei servizi da rendere all’utenza, le condizioni ambientali in cui il personale si trova ad operare e la predisposizione di turni di lavoro sono circostanze che influiscono in maniera rilevante sulla condizione di lavoro. Le scelte organizzative hanno ricadute significative sulla quotidianità e occorre porre attenzione sugli elementi che possono condurre a condizioni di stress continuativo, elemento che può avere un impatto anche sull’adeguatezza della prestazione professionale. Sempre evidenti e depositate le circostanze che possono alterare in maniera rilevante l’attività professionale quali: l’inadeguatezza della programmazione delle attività aziendali, le pressioni piscologiche, gli eccessivi o immotivati rimproveri, un ambiente di lavoro conflittuale. 53. L’assistente sociale chiede al proprio datore di lavoro, con istanza motivata, di essere sollevato dall’incarico, fornendo ogni elemento utile alla continuità del processo di aiuto nel caso in cui l’interesse prevalente della persona lo esiga o quando, per gravi motivi, venga meno la relazione di fiducia o, ancora, qualora sussista un grave rischio per l’incolumità del professionista. Il rapporto professionale che lega il cittadino all’a.s. anche qualora sia connaturato da elementi di obbligo di intervento non può prescindere dalla sussistenza della dimensione del rispetto, della dimensione di fiducia e di riservatezza e del riconoscimento del diritto alla tutela individuale. La peculiarità del lavoro sociale possono indurre al manifestarsi di condizioni grave e/o perdurante tensione, fronteggiamento, accusa, sfida o minaccia nei confronti dell’a.s. Le condizioni di ostacolo o di preclusione alla continuità del rapporto devono essere tempestivamente e validamente rappresentate, affinché l’organizzazione provveda a adottare i provvedimenti di tutela del lavoratore e a valutare la modalità di gestione della situazione critica con l’obiettivo di garantire le parti in causa. 54. Nel rapporto gerarchico tra assistenti sociali, che deve essere improntato al rispetto delle reciproche attribuzioni, si configura anche una responsabilità verso la professione. Nelle organizzazioni di lavoro è ricorrente la condizioni in cui gli a.s. ricoprono funzioni con ruoli differenti e gerarchicamente ordinati. La differenziazione dei ruoli e delle responsabilità è funzionale a definire gli ambiti operativi e di programmazione gestionale ed aziendale. La distinzione di funzioni e il conferimento di posizioni gerarchiche riconosciute non limita l’espressione individuale, la valutazione tecnica e i pareri rispetto all’organizzazione del servizio. Gli a.s. riconoscono i livelli 20 di responsabilità differenti e gestiscono il confronto e l’espressione dei differenti parare nell’alveo di una dimensione di rispetto reciproco. CAPO II – IN RUOLI DIRIGENZIALI, APICALI O DI COORDINAMENTO. (art. 55) Nella nuova versione del codice si vuole dare rilievo al ruolo e alla funzione di coordinamento, di gestione dei gruppi di lavoro, della responsabilità organizzativa e gestionale, alle figure apicali e dirigenziali assegnate ai professionisti a.s. L’ordine è espressione di una pluralità di dimensioni professionali e l’assunzione di ruoli intermedi, posizioni organizzative, attribuzioni apicali o dirigenziali configura la centralità dell’azione professionale nei differenti contesti. Il conferimento di ruoli e posizioni gerarchicamente rilevanti non annulla l’essere a.s. all’interno dell’organizzazione di lavoro, ma è espressione del riconoscimento delle capacità di taluni professionisti che possono concorrere al benessere dei gruppi di lavoro, delle organizzazioni e delle comunità. 55. Il professionista che riveste ruoli dirigenziali, apicali o di coordinamento riferiti ad altri assistenti sociali, nei limiti delle proprie attribuzioni e dell’organizzazione di lavoro, opera per: a. gestire adeguatamente le risorse umane e i carichi di lavoro, valorizzando i singoli professionisti e rispettando la loro autonomia tecnica e di giudizio, perseguendo il miglioramento delle relazioni organizzative ed evitando qualunque forma di discriminazione; b. valorizzare le funzioni del servizio sociale, concorrendo al mantenimento delle posizioni funzionali e giuridiche attribuite agli assistenti sociali all’interno dell’organizzazione di lavoro; Il professionista con funzione gerarchica superiore è consapevole che il rapporto con i colleghi del gruppo di lavoro non esime dal rispetto dei principi e dei valori del codice e concorre a valorizzare la qualità professionale degli a.s. all’interno dell’organizzazione. c. favorire le condizioni organizzative per l’applicazione delle norme deontologiche, per la formazione continua e per lo per lo sviluppo di percorsi di supervisione professionale; d. portare all’attenzione di chi ne ha la responsabilità l’esigenza di ambienti di lavoro idonei. In particolare, si adopera affinché l’organizzazione adotti e mantenga misure efficaci per la prevenzione di aggressioni ai danni degli operatori; Le figure professionali con funzioni di posizione organizzativa o apicali assicurano di favorire l’aggiornamento professionale del gruppo di lavoro, calibrando le istanze organizzative con le esigenze individuali e si preoccupano di favorire percorsi di supervisione professionale per sostenere l’équipe nella lettura dei percorsi decisionali. E al fine di prevenire azioni aggressive o di minaccia sul luogo di lavoro, si impegnano per favorire consapevolezza e analisi dei fattori critici ed elaborare procedure di tutela. e. favorire il confronto tra professionisti di aree, enti o istituzioni differenti, al fine di creare i presupposti per sinergie e progetti condivisi; f. favorire le condizioni per identificare sistemi di valutazione della qualità e delle performance equi ed efficaci e promuovendo la cultura dell’apprendimento dagli errori; g. favorire la partecipazione dei portatori di interesse ai processi di valutazione, tutte le volte che è opportuno. Il gruppo di lavoro deve essere sostenuto nei processi di miglioramento e pe il conseguimento di performance organizzative, favorendo le relazioni fra professionisti. Occorre favorire il lavoro per progetti, anche introducendo elementi di sperimentazione e di innovazione, anche frutto delle risultanze degli stimoli della formazione e dell’aggiornamento professionale, e favorire la lettura di efficacia e di esito e, qualora occorso, anche di errore. 21 CAPO III – IN SOCIETA’ TRA PROFESSIONISTI, IN SOCIETA’ MULTI-PROFESSIONALI E IN REGIME DI LIBERA PROFESSIONE. (art. 56-67) Il codice introduce, in relazione con la normativa specifica che regolamenta la professione esercitata in società professionali, alcuni elementi propri di questa forma di esercizio professionale introdotta dalla legge 183/2011 successivamente integrata dal DM giustizia 34/2013. Rientrano in queste fattispecie sia entità mono- che pluri- professionali. La normativa specifica è trasversale alle diverse professioni. Alle società tra professionisti è riservata un albo speciale istituito presso ordine regionale. Il codice da evidenza ad alcuni aspetti per i quali l’ordine può avere competenza ad intervenire, tenuto conto che comunque sia la società che il professionista risponde alla legge per lo svolgimento del proprio lavoro. 56. La Società è soggetta al regime disciplinare dell’Ordine al quale è iscritta. Il socio che è stato cancellato dal proprio Albo professionale con provvedimento definitivo è escluso dalla società, salvo che non gli sia demandato un ruolo non riconducibile all’esercizio della professione qui disciplinata. Nella società multiprofessionale viene definito un solo ordine professionale al quale la società è iscritta. I singoli professionisti, appartenenti ad eventuali ordini differenti, rispondono, come singoli, ove sussistano le condizioni di procedibilità, ai rispettivi ordini professionali. Tenuto conto che è possibile costituire società professionali multidisciplinari, ovvero società tra professionisti che esercitano attività professionali diverse tra loro, la società dovrà essere iscritto all’albo professionale relativo alla attività che viene individuata come prevalente nell’atto costitutivo o nello statuto o ancora nel contratto sociale. 57. La Società risponde per le eventuali violazioni del Codice, e può rispondere solidalmente con il socio che abbia violato il Codice adempiendo a direttive specifiche della Società stessa. Quando la violazione riguarda la Società e una pluralità di soci che rispondono a norme deontologiche differenti, la potestà disciplinare spetta agli organismi di disciplina istituiti presso i rispettivi Consigli dell’Ordine, salvo i casi previsti dalla legge. L’incarico professionale può essere conferito alla società, e la sua esecuzione compete solo ai soci professionisti in possesso dei requisiti di legge. I professionisti devono essere quelli designati dai clienti o, in mancanza di una designazione espressa, devono essere indicati per iscritto ai clienti stessi da parte della società prima dell’inizio della prestazione. I clienti devono obbligatoriamente essere informati su eventuali situazioni di conflitto di interessi anche potenziale con gli stessi che possono essere determinate non solo da questa e dai soci professionisti, ma anche dalla presenza nella società di soci finanziatori. 58. Il committente è informato su eventuali situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale, che possono essere determinate dal professionista e, per quanto riguarda le Società, dai soci professionisti e dai soci finanziatori. Il committente è inoltre informato dell’esistenza delle presenti norme deontologiche e delle eventuali implicazioni circa l’incarico. Eventuali elementi che rendono conflittale il perdurare dell’incarico o l’avvio dello stesso devono essere esplicati al cliente anche al fine di comprendere le modalità e le possibilità di incarico. Gli aspetti deontologici e gli obblighi a cui è sottoposto il professionista devono essere chiariti al committente. I professionisti possono opporre agli altri soci il segreto professionale. 22 Rimane inalterata la responsabilità disciplinare nella quali ogni singolo socio professionista può incorrere nell’esecuzione dell’incarico e che graverà anche sulla società la responsabilità per eventuali violazioni elle norme deontologiche e può essere per queste sanzionata in via disciplinare. La legge dispone l’obbligo delle società tra professionisti di stipulare polizze assicurative contro la responsabilità civile per i danni che i soci professionisti possono arrecare ai clienti o a terzi nell’esercizio dell’attività professionale. 59. Il professionista si qualifica chiaramente e utilizza i segni distintivi (marchio, ditta, insegna e nomi a dominio) del proprio studio professionale o della Società in modo da renderne perfettamente identificabile la titolarità. L’articolo pone in evidenza il diritto alla massima e adeguata informazione dovuta al cliente già al momento del conferimento dell’incarico. 60. Il professionista adegua la quantità e la qualità degli incarichi che accetta alle proprie effettive possibilità di intervento e ai mezzi di cui può disporre; per questo motivo declina gli incarichi che non può espletare con sufficiente cura e specifica competenza. Il professionista è consapevole che per uno svolgimento adeguato del proprio incarico occorre destinare le giuste risorse personali e di tempo a ciascun affidamento e conforma la quantità di clientela in carico all’effettiva possibilità di buona gestione. L’elemento tempo è una variabile strategica per garantire tempestiva di intervento e possibilità di interazione e di efficacia di risposta. Nella dimensione professionale non subordinata appare indispensabile garantire al committente la certezza che sussiste l’adeguata disponibilità a che l’incarico sia adeguatamente valutato e gestito. 61. La stipula del contratto avviene in forma scritta; lo stesso è sottoscritto dalle parti e indica gli estremi della polizza assicurativa del professionista. L’assicurazione professionale è obbligatoria e gli estremi della stessa ed ogni sua variazione devono essere tempestivamente rispostate all’ordine. Le copertura assicurative consentono di ponderare per esempio i rischi connessi alla responsabilità civile e alla tutela legale. 62. Il professionista rifiuta l’incarico e non presta la propria attività quando ritiene che possa concorrere a operazioni illecite o illegittime. Rimane in capo al singolo professionista il dovere di rifiutare incarichi o affidamenti chiaramente connessi ad attività non lecite e di interrompere ogni rapporti nel momento in cui emergano evidenze in tal senso. Rimane inalterato ogni altro dovere di segnalazione agli organi competenti nei modi e nei tempi previsti dalla legge. 63. Il professionista si avvale della collaborazione dei dipendenti di Aziende, Istituzioni ed Enti pubblici o privati per svolgere gli incarichi, esclusivamente se coloro con cui collabora sono allo scopo espressamente autorizzati dal proprio datore di lavoro e dopo aver informato il Committente. La collaborazione con altri professionisti anche appartenenti alla pubblica amministrazione è ammessa e si connota per esser ricorrente. Il professionista subordinato presta il proprio supporto se adeguatamente autorizzato dal proprio ente. 64. Il professionista che riceve un incarico congiunto concorda con i colleghi la condotta e le prestazioni da svolgere. Segnala al Consiglio Territoriale di Disciplina i comportamenti professionali dei colleghi che ritiene in contrasto con le prescrizioni del Codice. 23 È portata in evidenza la necessità per il professionista di definire il perimetro della propria e dell’altrui competenza e ruolo di azione nello svolgimento di affidamenti plurimi anche al fine di evidenziare i ruoli, gli obiettivi, le finalità e le aree di intervento. Il professionista è tenuto a coinvolgere gli organismi di vigilanza dell’ordine ogniqualvolta ritiene siano state messe in atto azioni od omissioni che possono pregiudicare l’affidamento o la professione. 65. La concorrenza si svolge unicamente secondo i principi stabiliti dall’ordinamento comunitario e nazionale. Non è ammessa alcuna condotta finalizzata ad acquisire clientela con modi non conformi al prestigio della professione. L’articolo evidenzia che nello svolgimento della professionale occorre mantenere costantemente aggiornata la conoscenza dell’evoluzione della normativa interna ed europea sotto tutti gli aspetti. Anche le modalità utilizzate per l’acquisizione di clientela seguono regole che non pregiudicano l’immagine della categoria professionale o che siano lesive dei soggetti concorrenti. Occorre pertanto evitare la messa in atto di modalità di accaparramento della clientela ad esempio facendo leva sulla fragilità di persone in situazione di grande fragilità o in momenti di particolare tensione sociale. 66. È ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto le attività, le specializzazioni, i titoli posseduti e la struttura del professionista o della Società. La pubblicità deve essere funzionale all’oggetto, veritiera e corretta e non dev’essere denigratoria nei confronti di altri professionisti o degli organi rappresentativi della professione. La pubblicità della propria attività è elemento rilevante per il professionista o la società di riferimento. La divulgazione delle proprie conoscenze e ad offrire servizi e tecniche innovative. Ne consegue che attraverso la pubblicità personale si veicolano messaggi delle competenze e del ruolo professionale dell’a.s. e per questo occorre evitare la comparazione denigratoria verso altri professionisti concorrenti e agli organi della professione. 67. Il professionista deve adoperarsi affinché la riservatezza della documentazione in suo possesso sia comunque protetta anche in caso di cessazione dell’attività. La gestione della documentazione professionale si estende al di là dei tempi di trattazione del caso e deve essere disponibile per accertamenti, acquisizioni o verifiche anche postume. La corretta conservazione è a carico del professionista. CAPO IV – NEL RUOLO DEL CONSULENTE TECNICO D’UFFICIO O DI PARTE. (art. 68-69) Il codice riporta aspetti rilevanti all’assunzione dell’incarico di CTU o CTP. L’iscrizione all’albo per CTU, istituito presso ogni tribunale, prevede l’intervento dell’ordine professionale a garanzia della insussistenza di condizioni di impedimento al conferimento del mandato. I tribunali hanno la facoltà di istituire protocollo e atti disciplinari per i CTU. Altri ordini professionali al riguardo hanno introdotto testi specifici che hanno trovato composizione quali allegati al codice deontologico. Talune professioni, anche in relazione a ricorrenze numericamente rilevanti di questi affidamenti, hanno dato spazio rilevante in un capo specifico dei rispettivi testi. In questa versione del codice si da rilievo a dimensioni del lavoro professionale nel tempo progressivamente più significative potendo rivestire un ruolo di supporto tecnico dell’A.G., o di consulente di parte in una pluralità di occorrenze in materia di responsabilità familiari. 68. L’assistente sociale, in qualità di consulente tecnico d’ufficio incaricato dall’Autorità Giudiziaria, a. informa il Giudice circa i rapporti anche pregressi, di lavoro o stretta amicizia, che eventualmente sussistano con le parti in causa, affinché questi possa valutare la loro rilevanza e l’eventuale inconferibilità dell’incarico; 24 b. esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati sulla conoscenza professionale diretta, ovvero su documentazione adeguata e attendibile; c. segnala al Giudice eventuali situazioni di illecito di cui sia venuto a conoscenza nello svolgimento del proprio mandato. Il conferimento dell’incarico di CTU comporta, da parte del professionista, la consapevolezza che il proprio ruolo deve essere a garanzia di imparzialità e di insussistenza di condizioni di coinvolgimento che possano pregiudicare il riconoscimento di equidistanza da parte dei diversi soggetti coinvolti. Si evidenzia l’indifferibilità della segnalazione all’A.G. di elementi rapportabili ad atti o comportamenti illeciti di cui si è venuti a conoscenza nello svolgimento del mandato conferito. È evidenziato che il compito del CTU è particolarmente delicato e rilevante ai fini procedimentali e che pertanto, l’esito del mandato si esplicita attraverso convincimenti basati su elementi verificabili e scevri da condizionamenti. 69. L’assistente sociale, in qualità di consulente tecnico di parte incaricato da una delle parti nell’ambito di un processo civile, d. verifica preventivamente l’incompatibilità dell’incarico con altri ruoli professionali e non offre la propria prestazione professionale a una parte e, successivamente, alla controparte; e. non si serve dei mezzi di stampa, dei social network, dei social media e di ogni altro tipo di mezzi di comunicazione di massa per un uso strumentale della consulenza; f. non conserva copia di alcun documento contenente dati personali, in nessuna forma, una volta esaurito l’incarico; g. con specifico riferimento ad incarichi inerenti procedimenti che coinvolgono persone di minore età, è tenuto alla tutela del superiore interesse del minorenne. L’articolo evidenzia alcune situazioni di incompatibilità che non is estinguono al solo momento del conferimento dell’incarico, ma che riverberano effetti anche successivamente e non è ammesso accogliere incarichi dalle controparti. L’utilizzo dei social network da parte dei CTP non è precluso, ma si sottolinea che sia posta in massima cura al posizionamento della propria immagine nell’insieme digitale al fine di evitare che l’uso e la divulgazione di notizie, di riferimenti e di documenti collegati per l’espressione del proprio pensiero personale non sia rapportabile all’attività conferita. 25 TITOLO VIII – RESPONSABILITA’ VERSO LA PROFESSIONE. (art. 70-82) Si concentra sul rapporto dei professionisti con gli organi rappresentativi della professione e sulle conseguenze legate alla non osservanza delle norme deontologiche. In aggiunta all’ex codice troviamo un capo dedicato ai professionisti eletti negli organi rappresentanti della professione e nei consigli di disciplina. CAPO I – RAPPORTO CON L’ORDINE PROFESSIONALE. (art. 70-75) Professione, albo e ordine professionale. La nostra è una professione intellettuale regolamentata (cfr. art. 2229 Codice civile) e normata dallo stato perché incide su interessi e valori della collettività e, per questo motivo, è necessariamente assoggettata ad un sistema di regole e di controlli che garantiscono la qualità della prestazione professionale. Professione regolamentata (art. 1 DPR 137/2012): “l’attività o l’insieme delle attività il cui esercizio è consentito solo a seguito di iscrizione in ordini o collegi, quando l’iscrizione è subordinata al possesso di qualifiche professionali o all’accertamento delle specifiche professionalità.” La legge riconosce la necessità di una formazione specifica per esercitare la nostra professione e la necessità di essere abilitati, tramite un esame di stato che consente l’iscrizione all’albo. Norme dello Stato: L. 84/1993 istituzione della professione e dell’albo. DM Grazia e Giustizia 615/1994 regolamento per CROAS, CNOAS, elezioni, iscrizioni e cancellazioni. DPR 328/2001 due sezioni dell’albo, a seguito della riforma universitaria del 1999. DPR 169/2005 riordino del sistema elettorale. DPR 137/2012 riforma degli ordini sanitari: formazione continua e funzione disciplinare. Legislazione domestica: Regolamento elettorale. Regolamento della funzione disciplinare. Regolamento per la formazione continua. Codice deontologico. L’ordine è un ente pubblico associativo a partecipazione obbligatoria: ▪ Personalità giuridica pubblica. ▪ Poteri d’imperio sugli iscritti attribuiti dallo Stato. ▪ Sottoposti a controllo e vigilanza dallo Stato (Ministero di Giustizia). All’ordine sono attribuite le funzioni di: ▪ Certazione (tenuta dell’albo e verifica dei requisiti di iscrizione e di esercizio). ▪ Prescrittive (emanazione di norme deontologiche vincolanti per gli iscritti). ▪ Controllo (potere disciplinare e sanzionatorio). 70. È opportuno che l’iscrizione all’Albo del professionista segua il suo domicilio professionale prevalente, al fine di agevolare l’accessibilità alla funzione disciplinare da parte dei cittadini e le funzioni di controllo attribuite all’Ordine, fermo restando quanto disposto in merito dal Consiglio Nazionale dell’Ordine. La norma europea e la sua trasposizione italiana fanno coincidere la residenza e il domicilio professionale con riferimento al territorio in cui deve avvenire l’iscrizione all’albo. 26 La mobilità dei colleghi in Italia comporta una serie di difficoltà, sia in capo agli Ordini, sia in capo agli iscritti sia in capo ai cittadini che, qualora dovessero segnalare un assistente al consiglio di disciplina, dovrebbero potersi rivolgere a quello del proprio territorio. Per queste ragioni, la scelta di identificare un’opportunità deontologica, che consenta agli iscritti di valutare, in funzione della propria peculiare posizione lavorativa, il comportamento più corretto. 71. L’assistente sociale adempie a tutti gli obblighi previsti dalle norme vigenti per i professionisti e ha il dovere di collaborare con il Consiglio dell’Ordine per la realizzazione delle finalità istituzionali e per la corretta tenuta dell’Albo. La collaborazione con l’ordine è un dovere per l’a.s.; del resto le finalità stesse attribuite dalla norma all’ordine non possono essere realizzate senza la collaborazione degli iscritti. Per consentire che l’ordine possa svolgere le proprie funzioni di tutela della professione e di garanzia nei confronti dei cittadini, è indispensabile che gli iscritti adempiano a tutti gli obblighi previsti per i professionisti e collabori con l’ordine stesso, anche per la corretta tenuta dell’albo. A tal fine, obbligatoriamente: a. richiede il tempestivo trasferimento all’Albo dell’Ordine Regionale competente secondo le norme vigenti; b. adempie al pagamento della quota annuale di iscrizione entro i termini e con le modalità previste; c. si dota di una casella personale di posta elettronica certificata (P.E.C.) e la utilizza per le comunicazioni con l’Ordine; La necessità della PEC non è un’invenzione dell’ordine, e i termini previsti dalla norma di rifermento superiore che la impone a tutti i professionisti iscritti ad un albo professionale, sono ampiamente scaduti. L’inserimento del richiamo alla PEC nel codice rende, ancora più evidentemente, l’inadempimento passibile di procedimento disciplinare. d. adempie all’obbligo assicurativo come disciplinato dalle norme vigenti; DPR 137/2012 individua l’obbligo per il professionista di stipulare idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall’esercizio dell’attività professionale e stabilisce che la violazione sia illecito disciplinare. I liberi professionisti e le società che esercitano e hanno clienti hanno obbligo ad assicurarsi. e. fornisce e aggiorna regolarmente i propri dati, sia quelli previsti dalle normative vigenti, sia tutti quelli che il Consiglio dell’Ordine ritiene necessari per la costruzione, l’aggiornamento e il miglioramento continuo della banca dati dei professionisti, ivi compresa la sezione relativa alla formazione continua. È prescritto l’obbligo di aggiornare tutti i propri dati, sia quelli obbligatori per legge, sia quelli che l’ordine ritiene necessari per le proprie funzioni di controllo e per ricostruire i profili della professione, anche ai fini di rappresentarla al meglio nei confronti delle istituzioni. 72. Il professionista si adopera in ogni sede per la promozione, il rispetto e la tutela dell’immagine della comunità professionale e dei suoi organismi rappresentativi, garantendone l’integrità e il decoro anche nell’utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa e in particolare dei social network e dei social media. La parola decoro indica il sentimento, la coscienza della propria dignità, che si riflette nell’aspetto, negli atteggiamento e nell’operato. Il decoro professionale è la condotta del professionista conforme ai principi di correttezza e dignità professionale che concorre a costruire la reputazione del professionista e di tutta la comunità professionale. È la capacità dell’a.s. di realizzare un comportamento corretto che rispecchia l’etica della professione attraverso le previsioni della deontologia. 27 Il rispetto del decoro è un dovere verso le persone, la professione, gli altri professionisti e la società ed è strettamente legato al concetto di reputazione professionale, ovvero la stima e la considerazione di cui gode nel contesto in cui esiste. Vigilare sul decoro nell’esercizio professionale è un compito dell’ordine. Rispetto all’uso dei social media, i professionisti devono essere consapevoli di avere precise responsabilità sul loro corretto utilizzo, prestando particolare attenzione ai comportamenti che possono incidere sulla reputazione di tutta la professione. La dignità della professione si fonda sull’etica e comprende la dimensione dei valori della famiglia professionale e anche la dimensione dei rapporti di fiducia che si instaurano con i cittadini e gli altri professionisti, che riconoscono in quella persona una dignità professionale propria del suo essere a.s. 73. L’attività professionale esercitata in mancanza di iscrizione all’Albo si configura come esercizio abusivo della professione ed è soggetta alle relative sanzioni. L’assistente sociale deve segnalare per iscritto all’Ordine l’esercizio abusivo della professione di cui sia a conoscenza. L’esercizio abusivo della professione si configura in mancanza di iscrizione all’albo. A conferma del valore che lo stato attribuisce alle professioni regolamentate, l’esercizio abusivo è un reato punito in sede civile e penale. Rientra tra i doveri dei professionisti quello di segnalare all’ordine gli abusi di cui siano a conoscenza, proprio in forza dei doveri nei confronti della professione, del suo decorso e del suo corretto esercizio. 74. Lo svolgimento dell’attività in periodo di sospensione dall’esercizio professionale si configura come illecito disciplinare. Dell’infrazione risponde anche l’assistente sociale che abbia eventualmente reso possibile l’attività irregolare o che, essendone a conoscenza, non l’abbia segnalata all’Ordine. Allo stesso modo, l’esercizio della professione mentre si è sospesi è un gravissimo illecito disciplinare. Le eventuali sanzioni comminate ad un iscritto, devono essere comunicate al suo datore di lavoro, proprio per evitare forme di esercizio irregolari della professione, che possono danneggiare i colleghi e la credibilità della categoria professionale. 75. L’assistente sociale segnala all’Ordine le situazioni in cui è compromessa la possibilità di corretto esercizio professione in relazione alle condizioni organizzative, alle eventuali disposizioni illegittime impartite dal datore di lavoro e agli effetti delle politiche in contrasto con i principi del Codice o con la salvaguardia dei diritti della persona e della propria sicurezza. La segnalazione è resa in modo preciso, circostanziato e in forma scritta. Questo articolo individua nell’ordine uno degli interlocutori a cui porre le evidenze di situazioni che compromettono la possibilità di esercitare correttamente la professione con riferimento a diversi piani: o Condizioni organizzative. o Eventuali disposizioni illegittime da parte del datore di lavoro. o Effetti delle politiche locali che contrastino con i principi del codice. o Condizioni incompatibili con la salvaguardia dei diritti della persona e della propria sicurezza. È responsabilità del professionista fornire adeguate e precise motivazioni circa l’incompatibilità con il corretto esercizio della professione, anche per qualificare il proprio intervento e quello dell’ordine. CAPO II – ASSISTENTI SOCIALI ELETTI NEI CONSIGLI DELL’ORDINE E NOMINATI NEL CONSIGLIO DI DISCIPLINA. (art. 76-78) Questo capo approfondisce alcuni aspetti e alcune responsabilità legate al ruolo di rappresentato eletti della professione e di membri nominati nei consigli territoriali e nazione di disciplina. 28 76. L’assistente sociale chiamato a far parte del Consiglio Nazionale, Regionale o Interregionale dell’Ordine adempie all’incarico con impegno costante, correttezza, imparzialità e nell’interesse della comunità professionale ad essere parte rappresentata ed attiva nelle politiche regionali e nazionali. 77. L’assistente sociale impegnato nel Consiglio dell’Ordine Nazionale o degli Ordini Regionali o Interregionali rende conto alla comunità professionale del suo operato. Non sono definite le modalità con cui il consigliere deve rendere conto che possono essere sia in forma individuale sia in forma collegiale o, ancora, con la costituzione di gruppi di lavoro partecipati dagli iscritti o dai rappresentati dei consigli regionali. 78. Rivestire il ruolo di consigliere dell’Ordine Nazionale, Regionale o Interregionale o di consigliere di disciplina costituisce circostanza aggravante nell’eventuale procedimento disciplinare riferito al mancato rispetto dei precetti del Codice, ed in particolare di quelli riferiti ai rapporti con la professione e l’Ordine professionale. Importante che i consiglieri dell’ordine e quelli di disciplina, ancora più degli altri iscritti, rispettino le norme del codice e quelle relative al rapporto con la professione. Per questo la scelta di rendere la circostanza di rappresentare la professione sia un’aggravante nell’ambito di eventuali procedimenti disciplinari. CAPO III – AZIONE DISCIPLINARE NEI CONFRONTI DEGLI ISCRITTI. (art. 79-82) La recente riforma delle professioni ha separato la funzione disciplinare (competenza dei consigli territoriali e del consiglio nazionale di disciplina) da quelle amministrative (competenza dei consiglio regionali e nazionali dell’ordine). Definisce alcuni punti fermi rispetto alla conseguenza di illeciti disciplinari accertati e rimanda ad una puntuale regolamentazione del procedimento a cura del consiglio nazionale. 79. L’inosservanza dei precetti e degli obblighi fissati dal Codice e ogni condotta, anche omissiva, non consona al decoro o al corretto esercizio della professione comportano l’esercizio dell’azione disciplinare, nelle modalità definite dalle disposizioni di legge vigenti e normate dal Consiglio Nazionale dell’Ordine con apposito regolamento. Il codice definisce le regole di comportamento del professionista a tutela del corretto svolgimento dell’attività professionale, della professionalità dell’a.s. e dell’onorabilità dell’ordine. L’impianto del sistema sanzionatorio degli ordini è stato riformato dal DPR 137/2012 che ha separato la funzione disciplinare da quella amministrativa dell’ordine, istituendo i consigli di disciplina. Il procedimento è normato dal consiglio nazionale con un regolamento che recepisce le indicazioni delle norme che si sono stratificate. I membri del consiglio di disciplina di ogni territorio sono tanti quanti i consiglieri dell’ordine e sono nominati dal presidente del tribunale della circoscrizione in cui ha sede l’ordine, all’interno di una rosa che contiene il doppio dei nominativi rispetto ai consiglieri da individuare. 80. All’iscritto che viola le norme del Codice o che incorre nelle condotte di cui all’articolo precedente, sono comminate, in funzione della gravità del suo comportamento, le seguenti sanzioni: a. ammonizione; Richiamo sull’osservanza dei doveri del professionista e in un invito a non ripetere quando commesso. Viene inflitta nei casi di abusi o mancanze di lieve entità che non hanno leso l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione. b. censura; Dichiarazione di biasimo. È inflitta nei casi di abusi o di mancanze, che hanno leso l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione. c. sospensione dall’esercizio della professione; 29 Inibizione all’esercizio della professione ed è inflitta fino al massimo di un anno, nei casi di abusi o mancanze che arrechino grave nocumento ai destinatari dell’attività. La sospensione nei casi previsti dalla legge come sanzione accessoria nei procedimenti penali. d. radiazione dall’Albo. Cancellazione dell’iscritto dall’albo e la sua durata è la misura della gravità del comportamento tra un minimo di due anni a un massimo di cinque. 81. La mancata acquisizione dei crediti formativi necessari per l’adempimento dell’obbligo formativo comporta l’irrogazione di sanzioni disciplinari, ferma restando la competenza dei Consigli Territoriali di Disciplina in ordine alla valutazione delle eventuali circostanze esimenti. In particolare: a. la carenza di crediti formativi entro il limite massimo del venti per cento comporta l’irrogazione della sanzione della censura; b. la carenza di crediti formativi superiore al venti per cento comporta l’irrogazione della sanzione della sospensione, da calcolarsi nella misura di 0,5 giorni di sospensione per ogni credito formativo mancante, con arrotondamento in eccesso. Siamo all’iniziano del terzo triennio formativo. È stato verificato che gli iscritti inadempienti rispetto all’obbligo formativo non stati trattati in modo uniforme sul territorio nazionale ed inoltre si è riscontrata un enorme mole di procedimenti legati all’inadempimento formativo. Per questo motivo, è stato individuato, all’interno del codice, i livelli delle sanzioni per le inadempienze rispetto al debito formativo. Si tratta l’inadempimento dell’obbligo formativo come un comportamento grave, sanzionato con la censura o con la sospensione, in funzione dell’entità della carenza di crediti. 82. Il mancato pagamento della quota associativa all’Ordine per due annualità consecutive comporta l’automatica sospensione, in via amministrativa, dall’esercizio della professione fino alla regolarizzazione della posizione dell’iscritto, pervia diffida. Della sospensione è data immediata comunicazione al datore di lavoro, se presente, e all’Autorità Giudiziaria quando previsto dalla legge. Le modalità di applicazione delle disposizioni del presente articolo sono disciplinate dal Consiglio Nazionale dell’Ordine. Per la fattispecie del pagamento della quota la scelta è stata di rispristinare il modello di intervento precedente a quello previsto nell’ultimo codice, dunque permane l’obbligo deontologico al regolare pagamento, ma il sistema sanzionatorio esce dalla competenza dei consigli di disciplina e assume una veste puramente amministrativa. Il mancato pagamento per due annualità consecutive comporta la sospensione automatica, in via amministrativa dell’iscritto dall’albo fino alla regolarizzazione della posizione. 30 TITOLO IX - NORME FINALI. (art. 83-86) 83. L’assistente sociale rispetta le norme deontologiche del Paese in cui esercita, osservando le leggi che regolano l’esercizio della professione all’estero. L’assistente sociale straniero che eserciti in Italia è tenuto al possesso dei requisiti di legge e ha l’obbligo di conoscere ed osservare i precetti contenuti nel presente Codice. L’articola regole l’attività dell’a.s. italiano all’estero e quella dell’a.s. straniero in Italia. Nella prima fattispecie, il professionista è tenuto a seguire le indicazioni del codice del paese in cui si trova ad esercitare la professione. I codici a livello internazionale hanno una strutture analoga ed è in corso un progressivo processo di adattamento ai principi enunciati nello Global social work statement of etnical principles dell’IFSW del luglio del 2018 a cui anche il nostro codice si è ispirato. Per quanto riguarda l’esercizio professionale degli a.s. stranieri in Italia, i titoli accademici e professionali sono sottoposti a verifica da parte del ministero vigilante per il tramite dell’ordine e sono previste diverse misure compensative al termine del quale è decretato dal ministero il riconoscimento del titolo per poter richiedere l’iscrizione all’albo per esercitare la professione. 84. Il Consiglio Nazionale dell’Ordine si adopera per mantenere rapporti con le Organizzazioni nazionali e internazionali di servizio sociale, attraverso un confronto costruttivo sui principali aspetti dell’identità professionale e sui temi etici e sociali connaturati all’esercizio della professione. Si adopera, inoltre, per favorire l’interscambio culturale e la mobilità degli assistenti sociali a livello internazionale. Il codice riconosce la necessità di collaborare con le organizzazioni nazionali ed internazionali di servizio sociale. A livello nazionale, è stato istituito il tavolo del Patto per la Professione che riunisce il Consiglio Nazionale dell’ordine degli A.S (CNOAS), l Società Italiana di Servizio Sociale (SOCISS), l’Associazione Nazionale degli A.S (ASSNAS), la Società per la Storia del Servizio Sociale (SOSTOSS), il Sindacato Unitario Nazionale degli A.S (SUNAS) e anche l’Associazione Assistenti Sociali per la Protezione Civile(ASPROC). Sul versante internazionale, l’