Neuropsicologia Clinica PDF
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Barbara Poletti
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Questo documento fornisce un'introduzione alla neuropsicologia clinica e alla storia del campo. Si concentra sul concetto di localizzazione delle funzioni nel cervello e sull'interrelazione tra lesioni cerebrali e deficit cognitivi, usando esempi storici come Gall, Broca e Wernicke. Il documento evidenzia l'evoluzione degli studi neuropsicologici, dagli studi più precoci a quelli più moderni, e le associazioni di deficit cognitivi con lesioni cerebrali.
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Neuropsicologia clinica Barbara Poletti, PhD1,2 1Department of Neurology and Laboratory of Neurosience, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano, Italy 2Department of Oncology and Hemato-Oncology, Università degli Studi di Milano,...
Neuropsicologia clinica Barbara Poletti, PhD1,2 1Department of Neurology and Laboratory of Neurosience, IRCCS Istituto Auxologico Italiano, Milano, Italy 2Department of Oncology and Hemato-Oncology, Università degli Studi di Milano, Milano, Italy [email protected] Che cos’è la neuropsicologia? Disciplina scientifica che studia i deficit cognitivi ed emotivo-motivazionali causati da lesioni o disfunzioni del sistema nervoso centrale, in particolare della corteccia dei due emisferi cerebrali, di strutture sottocorticali (talamo, i gangli della base, l’ipotalamo e l’amigdala) e dei fasci della sostanza bianca che collegano le diverse aree corticali tra loro e con le strutture sottocorticali. OBIETTIVI: 1) NEUROPSICOLOGIA SPERIMENTALE: i deficit causati da lesioni cerebrali sono indagati con scopi euristici, per esplorare la struttura funzionale della mente e i suoi correlati neurali; 2) NEUROPSICOLOGIA CLINICA: i deficit causati da lesioni cerebrali sono indagati con finalità diagnostiche e riabilitative. Il termine «neuropsicologia» iniziò ad essere utilizzato a partire dalla seconda metà del secolo scorso e, dalle sue origini integrava conoscenze dalla neurologia e dalla psicologia. Cenni storici Nell’Ottocento la neuropsicologia acquista una base scientifica definita. Medico tedesco Franz Joseph Gall sviluppò per la prima volta nella storia della scienza, una teoria esplicita delle relazioni mente-cervello (localizzazionismo) la quale ipotizzava che: a) Il cervello è l’organo della mente; b) La mente è costituita da un numero definito di componenti distinte (facoltà); c) Le facoltà sono innate e localizzate in regioni specifiche (organi) della superficie del cervello (corteccia cerebrale); d) Le dimensioni di ciascun organo forniscono una misura dello sviluppo della facoltà lì localizzata e di quanto essa sia un elemento costitutivo del carattere di una persona; e) La corrispondenza tra lo sviluppo maggiore o minore di una particolare facoltà e il volume aumentato o diminuito della regione cerebrale a essa associata determina la comparsa di una protuberanza odi una depressione della parte di osso cranico sovrastante; f) Palpando le diverse regioni del cranio è quindi possibile determinare lo sviluppo delle facoltà mentali di un singolo individuo. Già nella prima metà dell’800 la frenologia (l’esame della conformazione del cranio come indicatore delle facoltà mentali e dei tratti del carattere) non trovò conferma scientifica. Gall ipotizzò anche l’esistenza di facoltà quali «il linguaggio», la cui base cerebrale fu determinata a metà dell’800, dando inizio alla neuropsicologia moderna. Le sue teorie furono però riprese da Jean-Baptiste Bouillaud che, studiando i pazienti con lesioni cerebrali, suggerì nel 1825 una localizzazione del linguaggio nei due lobi frontali. Le idee di Gall sono state riprese nell’ultimo trentennio da vari neuropsicologi in quanto l’idea di un’organizzazione della mente in componenti distinte, localizzate in parti diverse (diffuse) del cervello è oggi il paradigma prevalente nelle neuroscienze cognitive. Nel 1816 Paul Broca descrisse il caso di un paziente affetto da emiparesi destra, che, pur essendo in grado di comprendere il linguaggio udito e senza manifestare deficit di intelligenza, si esprimeva oralmente solo con le sillabe «tan tan». L’esame anatomo-patologico post mortem del cervello del paziente rivelò lesioni nell’emisfero cerebrale di sinistra e Broca mise in relazione il disturbo del linguaggio articolato (afemia), con una lesione della parte più ventrale della terza circonvoluzione frontale. Questa scoperta può essere considerata l’atto di nascita della neuropsicologia. Principi essenziali della neuropsicologia moderna: a) La mente è costituita da componenti separate e in larga misura indipendenti; b) Queste componenti sono localizzate in diverse regioni del cervello; c) Lesioni cerebrali limitate a tali aree possono compromettere in modo selettivo le diverse componenti dell’attività mentale. Bouillaud e Broca introdussero il metodo della correlazione anatomo-clinica: la sede e l’estensione di una lesione cerebrale sono messe in relazione con i deficit delle funzioni mentali presentati dal paziente. Ciò consente sia di stabilire che la lesione di una specifica regione del cervello determina un particolare deficit, che di inferire che la funzione mentale compromessa è localizzata in quella regione. Tra il 1861 e il 1920 (periodo classico della neuropsicologia), la struttura delle funzioni mentali superiori fu concepita secondo lo schema centri-e-connessioni i centri, localizzati in regioni specifiche della corteccia cerebrale (sostanza grigia), contengono particolari rappresentazioni. Le connessioni, costituite da fasci di sostanza bianca, collegano i centri, consentendo il trasferimento dell’informazione e la trasformazione di una rappresentazione in un’altra (ricodificazione). Il modello di Wernicke si basa sull’osservazione di pazienti nei quali era compromessa principalmente la comprensione uditivo-verbale e non la produzione del linguaggio. Ipotizzava la presenza di un secondo centro localizzato nella parte posteriore del giro temporale superiore e collegato da un fascio di sostanza bianca (fascicolo arcuato) con il centro per le immagini motorie verbali (area di Broca) In questo modello i deficit neuropsicologici possono essere determinati, oltre che dalla distruzione dei centri, dall’interruzione delle connessioni tra loro afasia di conduzione Il modello di Lichtheim illustra come questi modelli possano essere «basati» o «non basati» sul cervello, a seconda che i diversi centri funzionali siano localizzabili o meno in specifiche regioni cerebrali. Differenze tra il localizzazionismo di Wernicke-Lichtheim e Gall: a) La «localizzazione» della funzione (ad esempio, il linguaggio articolato, il centro delle immagini motorie verbali) di basa su una «correlazione anatomo-clinica» tra un deficit di quella funzione e la sede della lezione; b) Le funzioni sono ipotizzate esistere sulla base dell’osservazione empirica (clinica) di un sintomo o segno (ad esempio, un deficit di produzione verbale). Il modello centri-e-connessioni fu applicato ad altri deficit cognitivi e alle corrispondenti funzioni compromesse. Ad esempio nel deficit della programmazione del movimento volontario (aprassia). Nel modello di Hugo Karl Liepmann, i gesti eseguiti con gli arti e la muscolatura bucco-facciale sono controllati dal «sensori-motorio» (termine usato dall’autore per designare le cortecce sensoriale e motoria primarie dell’emisfero di sinistra, che contengono gli engrammi cinestesico-innervatori dei gesti). Nei decenni successivi, l’approccio dei costruttori di diagrammi fu sottoposto a diverse critiche: - Da un punto di vista teorico, diversi neurologi preferirono un approccio più unitario e meno localizzazionista alle funzioni mentali. - Le connessioni erano insufficienti per spiegare aspetti complessi quali l’intenzionalità della funzione linguistica. Da un punto di vista metodologico, a partire dal secondo dopoguerra del secolo scorso, molti ricercatori osservarono che nel periodo «classico» le osservazioni empiriche erano limitate a pochi pazienti (casi singoli), non venivano esaminati i casi negativi, pazienti cerebrolesi non affetti da deficit di interesse. È possibile concludere che una determinata regione cerebrale rappresenta la base fisica di una certa funzione F non solo se la sua lezione determina la comparsa di un deficit di F in tutti i pazienti esaminati, ma anche se il deficit di F non presente in cui la regione in questione è risparmiata. Inoltre, nel periodo «classico» le prestazioni dei pazienti non erano esaminate mediante metodi quantitativi, bensì tramite osservazioni cliniche in pazienti singoli, difficilmente replicabili, in quanto i metodi di indagine comportamentale erano puramente di osservazione. A partire dagli anni ‘50 del secolo scorso, diversi neuropsicologi sostennero un approccio diverso: a) La ricerca neuropsicologica ha luogo in gruppi di pazienti, non selezionati sulla base della presenza di un particolare deficit evidente all’osservazione clinica, ma piuttosto del lato ed eventualmente della sede della lesione cerebrale; a) L’esame neuropsicologico è costituito da test standardizzati, che forniscono una misura quantitativa (punteggio) del comportamento dei pazienti; a) La presentazione dei pazienti cerebrolesi va confrontata mediante procedure statistiche con quella di un gruppo di soggetti neurologicamente indenni, paragonabili ai pazienti per tutte le variabili demografiche e neurologiche, eccezion fatta per quella di interesse. Alla fine degli anni ‘60 del secolo scorso i progressi della psicologia cognitiva con i modelli scatola-e-frecce di analisi dell’informazione hanno messo in evidenza come l’organizzazione della mente è molto articolata. Negli anni ‘80 del secolo scorso alcuni neuropsicologi hanno preso una posizione estrema (neuropsicologi «senza sindromi»): gli studi venivano condotti solo in singoli pazienti, non classificati a priori in alcun modo. Ciò rende difficile la replica delle osservazioni tra paziente e paziente e l’indagine dei correlati neurali dei deficit neuropsicologici e delle funzioni compromesse. Ciò ha avuto tre effetti: a) I processi mentali sono articolati in componenti distinte o moduli (modularità); b) Esiste una relazione tra l’organizzazione funzionale della mente e quella neurologica del cervello (corrispondenza); c) Dopo una lesione cerebrale la struttura anatomo-funzionale dei processi mentali non si riorganizza per fenomeni di plasticità, in modo da risultare qualitativamente diversa da quella esistente prima della lesione cerebrale (costanza); Associazioni, dissociazioni e il concetto di sindrome Il concetto di associazione tra sintomi e segni ha origini nella medicina clinica: un particolare insieme di segni di verifica con frequenza elevata, costituendo una sindrome. La sindrome è utile per la diagnosi, in quanto suggerisce un meccanismo patogenetico comune ai deficit associati. In neuropsicologia la sindrome suggerisce che la lesione di un’area specifica sia la causa probabile della comparsa di quei particolari deficit. DUE TIPI DI SINDROMI: SINDROME FUNZIONALE: SINDROME ANATOMICA: L’associazione tra n deficit è determinata da un unico L’associazione è determinata dal fatto che meccanismo, che altera la funzione F. Ad esempio il diverse funzioni sono localizzate in aree cerebrali deficit funzionale della MBT uditiva-verbale determina la contigue, che, quindi, possono essere lese assieme riduzione dello span di memoria e dell’effetto eventi- con frequenza. recenti nella rievocazione libera immediata, oblio in pochi secondi durante interferenza verbale. I deficit associati non possono verificarsi l’uno indipendente dall’altro, in quanto la funzione F è unitaria. Se ciò accadesse, la funzione F non sarebbe unitaria, ma vi sarebbero in realtà due o più funzioni indipendenti, con il risultato che i processi in esame sono più complessi e articolati. Questo processo è chiamato «funzionamento». SINDROME ANATOMO-FUNZIONALE o MISTA: Combina le proprietà della sindrome funzionale e di quella anatomica: due funzioni, la cui lesione determina i deficit sono localizzate in due regioni anatomicamente vicine. Se la lesione cerebrale coinvolge entrambe le aree, come spesso può accadere per ragioni di contiguità anatomica, la sindrome si manifesta nella sua interezza. Se è lesa solo una delle due aree compaiono solo alcuni deficit, e viceversa. Ciò si basa sul principio della dissociazione tra deficit. Esistono due tipi di dissociazioni: Dissociazione SEMPLICE: Dissociazione DOPPIA: Un paziente, o un gruppo di pazienti, ha una prestazione Un paziente, o un gruppo di pazienti, ha del compito A peggiore di quella del compito B. Può una prestazione peggiore nel compito A essere forte (la prestazione peggiore del paziente è inferiore rispetto al compito B, l’altro paziente o a quella del gruppo di controllo; mentre quella migliore è gruppo ha un comportamento opposto. Può nei limiti della norma); debole (le prestazioni del paziente a essere anch’essa forte o debole. entrambi i compiti A e B sono inferiori a quelle dei soggetti di controllo). Entrambe, sulla base del fatto che la Ciò implica che due funzioni sono prestazione del paziente è peggiore nel compito A, indipendenti. Un esempio, pazienti con suggeriscono l’esistenza di due funzioni indipendenti di disturbi di linguaggio causati da lesioni cui una selettivamente danneggiata. all’emisfero di sinistra (Broca e Wernicke). L’esame neuropsicologico L’esame neuropsicologico può avere molteplici scopi: DIAGNOSTICO: mira a fornire un quadro completo di un paziente, dando informazioni sulle sue abilità cognitive, e in alcuni casi può addirittura essere uno strumento diagnostico indispensabile; PROGNOSTICO: la valutazione può fornire indicazioni sull’esito di alcune patologie, come i traumi cranici. PIANIFICAZIONE dell’assistenza e degli interventi: molti pazienti sono inviati da altri professionisti per ottenere informazioni dettagliate sullo stato cognitivo e sulla presenza di alterazioni comportamentali e di personalità, con la richiesta di valutare come i pazienti si adeguano alla disabilità. RIABILITATIVO: valutare la necessità di un trattamento e un piano riabilitativo mirato a ripristinare o sostituire le funzioni deficitarie, individuando contemporaneamente le abilità residue. LEGALE-ASSICURATIVO: in seguito ad un atto criminale, può essere richiesto se c’è ragione di sospettare che il danno cerebrale abbia contribuito a determinare il comportamento oppure è richiesta la descrizione di uno stato. La certificazione può servire a valutare il grado di invalidità di un paziente, che può essere causata da eventi traumatici, ma anche da esiti di malattie. Ancora, può essere necessario produrre una documentazione adeguata nel caso di un processo di interdizione in presenza di un deterioramento cognitivo. Fasi della valutazione La prima visita L’obiettivo è quello di ottenere un profilo neuropsicologico per formulare un’ipotesi interpretativa sui deficit riscontrati. ❖ Raccolta dei dati anamnestici (anamnesi cognitivo-comportamentale): raccolta della storia clinica del paziente. Il motivo per cui il paziente è giusto in visita, bisogna ricostruire quando il disturbo cognitivo è iniziato e come si è evoluto; tipo di vita che il paziente conduceva prima e dopo dell’evento morboso. È importante raccogliere delle informazioni rispetto allo stato di salute dei famigliari; ❖ Colloquio con il paziente: breve conversazione che ha lo scopo di spiegare in che cosa consisterà l’esame e quali sono le finalità. Si esplorano le varie aree cognitive ponendo semplici domande sui motivi che hanno condotto il paziente alla visita. Va osservato il suo tono dell’umore, il suo comportamento, la consapevolezza rispetto alle sue difficoltà e l’eloquio; ❖ Somministrazione di test cognitivi di base (screening): ciò consiste nella misurazione obiettiva e standardizzata di un campione di comportamento, che si suppone rappresentativo della totalità. L’esame è standardizzato e rappresentativo. ❖ Colloquio con i famigliari: conoscere l’ambiente familiare del paziente e conoscere come il paziente si comporta nell’ambiente. La seconda visita Può trattarsi di un approfondimento delle funzioni deficitarie, di un controllo dell’evoluzione temporale del disturbo o dell’efficacia di un trattamento, può essere effettuata per impostare un trattamento riabilitativo oppure per porre la diagnosi definitiva (soprattutto se mil sospetto è un deterioramento cognitivo). Quando la finalità è di programmare un intervento riabilitativo, sarà opportuno somministrare prove ecologiche, che permettono di evidenziare le situazioni che creano difficoltà al paziente.