6 - Struttura e Regime di Variazione dei Costi di Produzione PDF

Summary

This document analyzes the structure and variation of production costs in the short term. It defines different types of costs (fixed, variable, total) and explores the concept of average and marginal costs. The analysis also includes the concept of break-even point and its graphical representation.

Full Transcript

Struttura dei costi di produzione La struttura dei costi di produzione si riferisce al breve periodo, un intervallo di tempo breve da non consentire all'impresa di variare la quantità impiegata dei suoi fattori. Nel lungo periodo, tutti i fattori produttivi sono variabili e la loro quantità è lascia...

Struttura dei costi di produzione La struttura dei costi di produzione si riferisce al breve periodo, un intervallo di tempo breve da non consentire all'impresa di variare la quantità impiegata dei suoi fattori. Nel lungo periodo, tutti i fattori produttivi sono variabili e la loro quantità è lasciata alla discrezione dell'imprenditore. Nelle industrie in cui la quantità dei fattori fissi non è rilevante, il breve periodo può riferirsi ad un breve intervallo di tempo. Per altre industrie, invece, il breve periodo può essere misurato in anni. Definizione di alcuni concetti di costo I costi totali fissi sono le passività totali che l'impresa deve sostenere nell'unità di tempo per i fattori fissi. Poiché la quantità di tali fattori è costante, il costo totale fisso sarà indipendente dalla quantità prodotta. I costi totali variabili sono i costi totali che l'impresa deve sostenere per acquistare i fattori variabili. Essi aumentano al crescere della produzione dell'impresa, perché livelli produttivi più elevati richiedono fattori variabili in quantità maggiore. I costi totali variabili aumentano con la quantità prodotta, ma ad un tasso decrescente. Superato un certo punto, i rendimenti marginali del fattore variabile diventano decrescenti e i costi totali variabili aumentano ad un tasso via via maggiore. Questa proprietà dei costi totali variabili deriva dalla legge dei rendimenti marginali decrescenti. I costi totali sono la somma dei costi totali fissi e dei costi totali variabili. Ci sono tre funzioni del costo medio, che corrispondono alle tre funzioni del costo totale.  Il costo medio fisso è dato dal rapporto tra il costo totale fisso e la quantità prodotta. Il costo medio fisso diminuisce al crescere della quantità prodotta.  Il costo medio variabile è dato dal rapporto tra il costo totale variabile e la quantità prodotta.  Il costo medio totale è il rapporto tra il costo totale e la quantità prodotta. Il costo medio totale è pari alla somma del costo medio fisso e del costo medio variabile e ciò facilita la comprensione della forma della sua funzione. Per i livelli produttivi in corrispondenza dei quali le curve del costo medio fisso e variabile hanno entrambe andamento decrescente, il costo medio totale è decrescente. Il costo marginale è l'incremento del costo totale conseguente ad un incremento unitario nella quantità prodotta. Se 𝐶(𝑄) è il costo totale corrispondente ad una produzione di 𝑄 unità, il costo marginale nell'intervallo compreso tra 𝑄 e (𝑄 − 1) unità prodotte è 𝐶(𝑄) − 𝐶(𝑄 − 1). Il costo marginale assumere il comportamento rinvenuto nella legge dei rendimenti marginali decrescenti. Se ∆𝐶𝑇𝑉 e ∆𝐶𝑇𝐹 rappresentano l’incremento del costo totale variabile e fisso, il ∆𝐶𝑇𝑉 + ∆𝐶𝑇𝐹 costo marginale è pari a ∆𝑄. Ma poiché i costi fissi sono costanti, il costo ∆𝐶𝑇𝑉 marginale è pari a ∆𝑄. Se il prezzo del fattore variabile è un dato per l'impresa, ∆𝐶𝑇𝑉 = 𝑃(∆𝐼) che rappresenta la variazione nella quantità impiegata del fattore variabile conseguente ad un incremento pari a ∆𝑄 nella produzione. Il costo marginale è pari a ∆𝐼 𝐼 𝑀𝐶 = 𝑃 =𝑃 ∆𝑄 𝑃𝑀𝑎 dove 𝑃𝑀𝑎 rappresenta il prodotto marginale del fattore variabile. l'unico punto in cui 𝐴𝐶 = 𝑀𝐶 o (o 𝐶𝑀𝑉) è corrispondente al punto di minimo della curva dei costi medi. Sylos Labini ha formulato una funzione dei costi data da 𝐶 = 𝑣𝑞 + 𝑘, dove 𝑣 sono i costi variabili, 𝑞 la quantità prodotta e 𝑘 i costi fissi. Fino al pieno utilizzo della capacità produttiva il costo medio di produzione è decrescente, mentre il costo marginale è costante ed uguale al costo variabile. L'analisi del "break even point" La variabilità dei costi di produzione nel breve periodo dipende dal peso dei costi variabili e fissi. Se tutti i costi sono variabili, la variabilità del costo è nulla mentre se tutti i costi sono fissi, la variabilità del costo medio di produzione sarà molto grande. Ciò può essere esaminato nel il grafico dei ricavi e dei costi (break even) di un'impresa. Questo è basato sul rapporto tra costi fissi e costi variabili. I costi di produzione sono rappresentati da una retta orizzontale, costi che non variano al variare della quantità prodotta, e da una retta inclinata dei costi variabili, che crescono al crescere della produzione, sono rappresentati da una resta inclinata. Da queste due rette dei costi si ricava la retta dei costi totali che è parallela a quella dei costi variabili, ma parte dalla quota in cui i costi fissi intercettano l'asse delle ordinate. La posizione di break even si raggiunge quando la retta dei costi totali interseca quella dei ricavi. Se il valore dei costi fissi fosse elevato e quello dei costi variabili fosse basso la diminuzione delle quantità prodotte avremmo ingenti perdite. Gli incrementi delle quantità prodotte oltre il break even producono invece effetti opposti. Un'impresa può servirsene per determinare l'effetto sui profitti di una riduzione attesa nelle vendite o per determinare quante unità di un dato prodotto deve vendere perché il suo bilancio sia in pareggio. Altri concetti di costo (opportunità, "sunk costs") Il costo opportunità di usare una qualunque risorsa per un determinato scopo è il beneficio che si sarebbe potuto trarre dall'impiego di quella risorsa nel miglior uso possibile alternativo. I costi opportunità indicano la convenienza o meno a proseguire una determinata attività. Un costo irrecuperabile è un investimento in un bene capitale che non ha usi alternativi, ossia un costo sostenuto per acquisire un fattore produttivo che avrà un costo opportunità nullo. I costi, inclusi quelli fissi, che non si devono pagare in caso di interruzione di un'attività sono definiti costi evitabili. Il regime dei costi di produzione (lungo periodo) Nel lungo periodo, tutti i fattori sono variabili. Non ci sono funzioni del costo fisso di lungo periodo, perché non esistono fattori fissi. La funzione del costo medio di lungo periodo mostra il costo unitario minimo corrispondente ad ogni livello produttivo. Tale funzione è tangente a ciascuna delle curve del costo medio di breve periodo nel punto in cui gli impianti ai quali esse si riferiscono sono a livelli di produzione ottimale ma non è tangente a quelle di breve periodo nei loro punti di minimo, a meno che non sia orizzontale. Nel tratto in cui è decrescente, 𝐿𝐿′ è tangente alle funzioni di breve periodo a sinistra del loro punto di minimo, mentre, nel tratto in cui è crescente, è tangente a tali funzioni alla destra del loro punto di minimo. In corrispondenza di ogni livello produttivo, il costo totale e medio di lungo periodo è minimo quando tutti i fattori sono combinati in modo che il prodotto marginale di ogni euro investito in un fattore sia pari a quello di ogni euro investito negli altri. Nel caso in cui l'impresa usi la combinazione tra i fattori che assicura il miglior costo, è possibile raggiungere la funzione del costo medio di lungo periodo. La funzione dei costi medi di lungo periodo ha la caratteristica forma ad 𝐿 quindi la funzione è decrescente per un lungo intervallo per poi rimanere costante per un tratto di lunghezza variabile fino al comparire delle diseconomie di scala. La pendenza della curva esprime il vantaggio che si acquisisce in termini di costo medio unitario di produzione. Se la pendenza è accentuata nella fase iniziale, le imprese grandi saranno più efficienti delle imprese più piccole mentre se la pendenza non fosse accentuata, non ci sarebbe alcun vantaggio a passare da una dimensione d'impresa piccola a una grande. Il punto in cui la curva smette di decrescere identifica quella che viene definita la dimensione ottima minima (𝐷𝑜𝑚) dell'industria presa in considerazione. Se la produzione è realizzata su scale elevate della 𝐷𝑜𝑚, non ci sarebbe alcun guadagno in riduzione dei costi e la scelta avverrebbe in condizioni di indifferenza. Da una funzione dei costi di lungo periodo deriva la tendenziale concentrazione del settore. L'informazione sulla 𝐷𝑜𝑚 rispetto alla dimensione del mercato consente di rilevare le barriere all'entrata nel settore. La relazione che intercorre tra il costo totale di lungo periodo e la quantità prodotta prende il nome di funzione del costo totale di lungo periodo. La funzione del costo marginale di lungo periodo mostra la relazione tra la quantità prodotta e il costo risultante dalla produzione dell'ultima unità addizionale. Il costo marginale di lungo periodo è minore, uguale e maggiore del costo medio di lungo periodo nel tratto in cui quest'ultimo è decrescente, minimo e crescente. Le economie di scala Le economie di scala indicano i vantaggi di costo che si ottengono all'aumentare della dimensione della capacità produttiva e della produzione. Un'impresa realizza economie di scala quando il costo medio unitario di produzione diminuisce all'aumentare della "produttività". La presenza di economie di scala rilevanti in un settore influenza il suo grado di concentrazione. Le economie di scala si associano alla presenza di rendimenti di scala crescenti. Mentre i rendimenti di scala si riferiscono alla relazione tra variazione degli input di produzione e variazione dell’output, per le economie di scala la relazione è tra dimensione e costo medio unitario di produzione. Le economie di saturazione sono dovute al fatto che il costo medio unitario diminuisce all'aumentare della quantità prodotta, in quanto i costi fissi si ripartiscono su un numero maggiore di unità di prodotto. L'esistenza di economie di scala segnala che una maggiore dimensione consente un uso più efficiente delle risorse coinvolte nel processo produttivo. In presenza di economie di scala, il sussistere di diseconomie da mancata saturazione esprime l'incapacità dell'impresa di sfruttare le economie di scala. Le determinanti delle economie di scala Le economie di scala possono derivare dalla presenza di rendimenti di scala crescenti, nonché da fattori connessi con il grado di controllo del mercato, correlati con la scala di produzione. Una delle prime cause fu individuata da Adam Smith, il quale poneva in evidenza i vantaggi della divisione del lavoro manifatturiera, sia in senso statico che dinamico. Grandi volumi di produzione permettono una maggiore divisione del lavoro che aumenta la produttività delle risorse umane impiegate e delle macchine, per mezzo della specializza- zione delle mansioni e dei processi. L’indivisibilità dei fattori produttivi dà luogo al "principio dei multipli", secondo cui, se un'impresa utilizza diversi macchinari indivisibili, deve scegliere come livello di produzione minimo, il minimo comune multiplo della produzione dei vari macchinari. Quando un processo è realizzato con più fattori produttivi che non sono divisibili all'infinito, l'aumento della dimensione determina una riduzione dei costi di produzione. Economie di scala a livello di prodotto La lavorazione di componenti in metalli può richiedere lo stesso tipo di operazioni meccaniche ma un diverso assetto del layout degli impianti per poter produrre il prodotto nella varietà di forme e dimensioni richieste. L'introduzione di macchine automatiche permette lotti di produzione più ampi. Le economie di scala specifiche hanno un'importante dimensione dinamica poiché, nell'esecuzione di operazioni complicate, l'abilità degli operai cresce con l'esperienza. Economie a livello di impianto A livello di impianto, le economie di scala derivano dall'aumento delle dimensioni delle singole unità di produzione. La produzione di un impianto tende ad essere proporzionale al suo volume, a parità di altre condizioni, mentre il costo dell'investimento necessaria per costruire l'unità addizionale in questione sarà proporzionale alla superficie occupata dagli impianti. In questi casi i tecnici applicano la regola empirica dei due terzi, in base alla quale se l'area di una superficie varia con un rapporto di 2/3 rispetto alla variazione del suo volume, anche il costo di costruzione di una unità produttiva aumenterà di 2/3 rispetto alla crescita della propria capacità produttiva, almeno entro dati limiti dimensionali. Riguardo le economie delle riserve di capacità, in un impianto le cui dimensioni consentono di utilizzare solo una macchina specializzata deve esistere una macchina di riserva per evitare interruzioni per guasti accidentali. Economie multi-impianto e a livello di impresa Le economie derivanti dalla specializzazione e dalle riserve di capacità possono valere anche nel caso della gestione di numerosi stabilimenti da parte di una singola impresa. Allo stesso modo, in caso di impreviste fluttuazioni della domanda servita da uno stabilimento, può farvi fronte l'impianto con capacità in eccesso. In molte circostanze è più conveniente disporre di più impianti disseminati sul territorio. La concentrazione di quantità di capacità produttiva in singole aree può provocare difficoltà di reperimento della forza lavoro necessaria e aumenti del costo. Gli impianti con linee produttive più delimitate sono più facili da gestire, e permettono di sfruttare pienamente le economie specifiche di ciascun prodotto. Le economie di scala possono avere luogo a livello d'impresa o di gruppo. Queste includono i vantaggi  Nell'approvvigionamento di materie prime.  Nella promozione delle vendite.  Nella raccolta del capitale.  Nella dotazione di risorse e competenze di tipo organizzativo-manageriale. Questi vantaggi derivano da tre motivi principali: 1. Effettivi risparmi. 2. Possibilità di stipulare contratti più favorevoli quando si acquistano grandi quantità. 3. Maggiore potere contrattuale e di ritorsione nei confronti dei fornitori in quanto grandi imprese possono minacciare azioni di integrazione nel senso verticale della produzione. Esistono economie legate alla dimensione degli investimenti pubblicitari, dovute al fatto che è necessario raggiungere una soglia minima di messaggi diffusi prima che questi esplichino la loro efficacia. I mezzi di comunicazione che forniscono spazi pubblicitari sono disposti a concedere sconti alle imprese che acquistano grandi quantità di essi. Infine, anche i costi delle attività di riparazione e post-vendita sono legati alla quantità di prodotto. Alla grande dimensione vengono associati vantaggi anche nel reperimento di risorse manageriali e organizzative specializzate e nell'innovazione tecnologica. Economie di ampiezza o di gamma Quando la produzione congiunta di due prodotti è più conveniente rispetto alla produzione separata di ciascuno dei due, si parla di economie di ampiezza o di gamma. Siamo in presenza di economie di ampiezza quando il costo di produrre congiuntamente è più basso del costo di produrle separatamente. È questa la condizione di sub-additività dei costi di produzione. Se le economie di scala rappresentano il presupposto dei processi di concentrazione, le economie di ampiezza si accompagnano a molti casi di integrazione verticale e di diversificazione. Le economie di ampiezza sono determinate dalla condivisione di:  Fattori o componenti del sistema produttivo.  Attività materiali della struttura commerciale.  Risorse immateriali in dotazione all'impresa. Questi processi produttivi realizzano congiuntamente più prodotti secondo rapporti fissi, utilizzando in maniera completa risorse materiali che rimarrebbero sottoutilizzate. Con riguardo alle strutture commerciali, sono i canali distributivi o le reti di vendita a prestarsi per la commercializzazione di più prodotti anziché di uno solo. Diseconomie di scala Tra i fattori che tendono a far crescere la curva dei costi supposta ad 𝐿 abbiamo quelli legati ai costi dei processi di coordinamento e d'informazione che aumentano con la dimensione d'impresa. Oltre una certa scala, il costo del fattore organizzativo e imprenditoriale può crescere più che proporzionalmente o la sua efficacia diminuire. Con la crescita della scala dimensionale aumenta il numero di mercati serviti dalla stessa impresa con diverse unità di business. Il coordinamento di tali unità tende ad aumentare i costi di trasporto e le difficoltà logistiche. Le fonti delle diseconomie di scala sono legate a fattori organizzativi e operativi, le economie di scala e includono anche fattori di natura tecnologica e transattiva. Un aumento nella dimensione d'impresa può risultare in economie e diseconomie di scala. Economie di scala esterne Le piccole imprese, pertanto, se non possono beneficiare delle economie dipendenti dalle loro risorse, possono profittare delle economie esterne di produzione. Marshall definisce le economie esterne come i risparmi di costo che dipendono dallo sviluppo di un'industria e che si producono grazie alla concentrazione in piccoli spazi di piccole e medie imprese, grazie alla localizzazione di un'industria. I vantaggi per le piccole imprese della “localizzazione dell’attività produttiva” derivano dai processi che si sviluppano attraverso:  Lo sviluppo di industrie ausiliarie, sia quelle che "facilitano la comunicazione fra i vari tipi di attività", sia quelle che "fabbricano strumenti particolari richiesti";  La diffusione delle conoscenze tecniche e l'educazione alle abilità e al gusto necessari all'attività produttiva;  La "circolazione delle idee".  Il facile reperimento di manodopera specializzata e la facilità con cui i lavoratori specializzati trovano impiego. Questi processi determinano una serie di vantaggi sul lato dell'offerta che costituiscono la triade marshalliana delle economie esterne: 1. Economie di specializzazione degli input produttivi; 2. Economie di specializzazione a livello di beni e servizi intermedi; 3. Trasferimenti di informazioni e competenze tecnologiche; Si aggiungono i vantaggi sul lato domanda della localizzazione dell'attività produttiva che fanno riferimento alle economie di approvvigionamento. Economie di apprendimento Le "economie di scala dinamiche" indicano le economie di apprendimento, cioè le riduzioni dei costi medi unitari generate dall'esperienza. L'esistenza di processi di apprendimento fu evidenziata nell'industria aeronautica negli anni Trenta. Si osservava che se veniva prodotto un maggior numero di singoli velivoli, il costo di produzione di ciascun velivolo diminuiva, grazie alla maggiore esperienza accumulata, portando il costo medio a diminuire. Tale fenomeno può essere rappresentato da una curva in cui in ordinata è indicato il costo di produzione e in ascissa il tasso di apprendimento, misurato con produzione o investimenti o tempo. 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 (𝑛) = 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜(1)𝑛 − 𝑘 Le economie di esperienza possono riguardare sia la produzione sia le altre attività dell'impresa. Le curve di esperienza hanno lo stesso effetto delle economie di scala, ma i due fenomeni sono distinti. Dalla presenza di curve di apprendimento deriva una legge generale dell'economia industriale. Se nel mercato esistono situazioni di concorrenza, i prezzi dei prodotti industriali devono diminuire nel tempo in termini reali, proprio per effetto delle curve di apprendimento. Il guadagno di produttività viene trasferito al mercato attraverso la riduzione dei prezzi per effetto del processo di competizione tra le imprese. I processi di apprendimento costituiscono uno dei principali fattori che rendono poco plausibili i modelli di efficienza industria-impresa basati sul ciclo di vita del prodotto. L'esistenza di marcati processi di apprendimento conferisce una forte dinamicità alle dinamiche concorrenziali dei mercati e contribuisce a spiegare perché talvolta le posizioni di dominanza siano difficilmente superabili. Misurazione dell'andamento dei costi I metodi di misurazione dei costi possono essere suddivisi in tre categorie. Un primo metodo consiste nell’associare la dimensione dell'impresa, misurata attraverso la variabile del capitale investito, con il livello di redditività sul capitale investito, ossia con il 𝑅𝑜𝑖. Se vi è una correlazione positiva tra la dimensione del capitale investito e il 𝑅𝑜𝑖 si può sospettare la presenza di economie di scala. Questa tecnica può essere applicata solo a livello di impresa perché utilizza i bilanci delle imprese. Se invece occorre misurare la presenza di economie di scala a livello di impianto si ricorre all'analisi del fabbisogno di investimento per unità di produzione rispetto a diverse alternative dimensionali. Un altro approccio alla valutazione delle economie di scala è stato sviluppato da Stigler, secondo il quale, se una particolare dimensione di stabilimento è efficiente, con il trascorrere del tempo, tutte le imprese appartenenti all'industria tenderanno ad avvicinarsi a quella dimensione. Qualsiasi dimensione di impresa che sopravvive nel tempo è efficiente ("tecnica dell'analisi della sopravvivenza"). Nel caso in cui tutte le imprese operanti in un'industria sostengano costi simili, lo studio basato sulla sopravvivenza delle imprese individua la singola dimensione efficiente. Se, invece, le imprese sostengono costi diversi o fabbricano prodotti differenti, la loro scala ottimale varierà, e tale tipo di studio potrà individuare solo la gamma delle dimensioni efficienti delle imprese. Tale metodologia è appropriata quando le variazioni nella curva dei costi dipendano solo dall'aumento dei costi. Infine, un altro metodo adatto per gli impianti è l'analisi statistica o econometrica dei costi. Al fine di determinare la pendenza della curva dei costi di lungo periodo di un impianto, si pongono in relazione i costi medi di produzione registrati per un campione ampio di impianti con statistiche che riflettono il prodotto di questi ultimi, considerando anche altre variabili. Nel caso di stime econometriche, si individueranno diverse variabili atte a misurare l'andamento dei costi nel campione indagato, in funzione del modello specificato. I modelli econometrici utilizzati per stime della presenza di economie di scala sono funzioni di costo o funzioni di produzione translogaritmiche e funzioni di costo di frontiera efficiente. La difficoltà del metodo statistico o econometrico risiede nel reperimento di dati richiesti alle imprese. Il fenomeno delle esternalità Il fenomeno delle esternalità è rappresentato dalla presenza di circostanze che influenzano il livello della produttività o dei costi di produzione malgrado esse non vengano prese in considerazione dall'imprenditore nelle proprie valutazioni decisionali. Le "esternalità" possono essere positive se esse hanno l'effetto di aumentare la produttività dei fattori o ridurre i costi, e negative nel caso contrario. Esempi di esternalità negative possono essere riferiti all'inquinamento ambientale.

Use Quizgecko on...
Browser
Browser