Tecnologie Biochimiche e Cellulari PDF

Summary

These notes explain cell culture techniques, including protocols for cryopreservation and thawing, as well as different types of cell lines and their properties. Basic concepts of cell culture, including indicators like pH and cell growth, are also discussed.

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LEZ. 1 CELLULE IN COLTURA Le cellule per essere utilizzate devono essere estratte da tessuti attraverso la rottura della matrice. Questa operazione è effettuata con agenti chimici come EDTA o enzimi (tripsina o collagenasi). Si può ottenere una popolazione cellulare omogenea attraverso la marcatura...

LEZ. 1 CELLULE IN COLTURA Le cellule per essere utilizzate devono essere estratte da tessuti attraverso la rottura della matrice. Questa operazione è effettuata con agenti chimici come EDTA o enzimi (tripsina o collagenasi). Si può ottenere una popolazione cellulare omogenea attraverso la marcatura con antigeni specifici o separazione attraverso citofluorimetro a flusso che le separa attraverso un sistema chiamato cell sorting. - Colture primarie: preparate direttamente da tessuto - Colture secondario: quando sono diluite più volte e congelate Senescenza cellulare replicativa: le cellule smettono di replicarsi e vanno incontro a morte Le cellule si possono rendere immortalizzate in modo che siano indotte a proliferare in modo continuo. FIBROBLASTI Dopo 20-30 replicazioni muoiono in quanto perdono la telomerasi (allunga i telomeri), a quel punto si può aggiungere il gene che produce la telomerasi e determinare la replicazione indefinita. Shock da coltura: le cellule smettono di replicare in coltura nonostante i telomeri allungati Per le cellule per le quali non è sufficiente allungare i telomeri si vanno ad aggiungere degli oncogeni che inducono ad una proliferazione incontrollata delle cellule (l’ambiente fisiologico non è riproducibile). A volte si utilizzano cellule di roditori che non spengono la produzione delle telomerasi. Da cellule cancerose si possono generare linee cellulari trasformate che possono crescere in modo continuo in sospensione o in adesione. Proprietà simili possono essere indotte anche a partire da cellule normali trasformate da virus o agenti chimici. Le prime cellule in colture furono le cellule Hela, cellule di un tumore della cervice. Le colture cellule possono essere conservate anche a lungo congelandole (crioconservazione) utilizzando l’azoto liquido alla temperatura di -196°C. La crioconservazione avviene in appositi bidoni di stoccaggio. PROTOCOLLO DI CRIOCONSERVAZIONE 1. Raccogliere le cellule quando sono in fase di crescita logaritmica 2. Conta cellulare 3. Centrifuga 4. Sospendere le cellule nella soluzione di congelamento caratterizzate da FBS (siero bovino fetale) e DMSO ( dimetil solfossido) 5. Dividere in due criovials 6. Inizio del processo di congelamento in modo graduale SCONGELAMENTO 1. Scongelare le criovial nel bagnetto a 37°C 2. Pulire la vial con alcool assoluto 3. Aprire la vial sotto cappa sterile e trasferire il contenuto in una falcon che può contenere 3-5 ml di terreno di coltura 4. Centrifuga 1000 giri/min per togliere DMSO 5. Aspirare il surnatante 6. Risospendere il precipitato (pellet) in terreno fresco 7. Seminare in nuove piastre Le cellule devono essere passate o diluite cioè prelevate e trasferite in una nuova fiasca aggiungendo nuovo terreno. Plasticheria: piastre che possono contenere un numero diverso di pozzetti, fiasche, pipette, vials/tubi e scraper (strumenti utilizzati per staccare le cellule che crescono in adesione in modo meccanico dalle piastre. Le cellule possono essere staccate anche in modo chimico grazie alla tripsina. Ci sono diversi metodi per passare le cellule a seconda che queste siano - in sospensione, disgregare le cellule, prelevare e diluire - In adesione, eliminare il terreno, lavarle con una soluzione di PBS, staccarle, aggiungere il siero se è stata utilizzata la tripsina, aggiungere nuovo terreno per ripristinare il volume e infine, prelevarne una parte e metterle in una nuova fiasca con nuovo terreno. Gli incubatori mantengono temperatura a 37°C, concentrazione di CO2 al 5% Alcune cellule necessitano di collagene per aderire EMEM (eagle’s minimal essential medium) = terreno di coltura costituito da sali minerali, glucosio, aa e vitamine + proteine del siero RPMI: utilizzato per la colture delle cellule eritroleucemiche Il rosso fenolo è un indicatore di pH ed è molto utile per monitorare l’andamento della crescita delle cellule. - Colore rosso con pH fisiologico (7,2-7,3) - Colore giallo con pH acido (6,7-6,8) questo significa che le colture ha proliferato molto ed è ora di passarle - Colore viola con pH basico (7,5-7,6) questo indica che le cellule sono metabolicamente attive Altri additivi sono il siero fetale bovino e pen-strep ossia soluzione di penicillina e streptomicina (antibiotici necessari per prevenire contaminazioni). LEZ. 2 Le cellule possono essere trattate in studio. I terreni spesso contengono degli aditivi che conferiscono colore che può variare ad esempio a causa del pH. Il trattamento si basa sull’aggiunta di piccole molecole in diverse concentrazioni in base allo studio, un esempio sono potenziali farmaci per la cura di malattie genetiche o neoplastiche. Bisogna ricordare di lasciare almeno un pozzetto senza trattamento per poter effettuare i controlli negativi. Si possono fare: - Screening di molecole bioattive di origine naturale o sintetiche - Ricerca di nuovi farmaci - Studio di trascrittoma/proteoma/secretoma (molecole escrete dalle cellule nel mezzo di coltura) - Studio su proliferazione cellulare e apoptosi cellulare Dopo un periodo di incubazione con trattamento vengono fatte analisi. Metodo per il trattamento e l’analisi delle colture cellulari: 1. Semina delle cellule; le cellule vanno inizialmente contante in modo da poter preparare un MIX ossia una miscela che contiene cellule, terreno e siero ed infine la MIX va distribuita nei pozzetti 2. Trattamento; 3. Incubazione; finito il periodo di incubazione le cellule vanno poste sotto cappa. 37°C, 95% umidità 5% CO2 4. Analisi; controlli negativi in pozzetti che contengono la MIX di cellule non trattate e controlli positivi nei pozzetti con cellule trattate Si effettuano studi a scalare larga durante il primo esperimento dove non si conosce con precisione le proporzioni di trattamento da aggiungere mentre successivamente si effettuano studi a scalare più fine. Le analisi possono essere effettuate su proliferazione cellulare, vitalità cellulare, apoptosi, ciclo cellulare, espressione genica e proteica. CONTA DELLE CELLULE Serve sia all’inizio di ciascun esperimento per valutare quante cellule sono presenti in coltura e decidere quante cellule aggiungere in ogni pozzetto che alla fine per valutare l’effetto antiproliferativo di un farmaco in studio. La conta può essere manuale o attraverso contatori automatici Citometri a flusso: contatori di cellule utili anche per definire la morfologia cellulare, classificare e dividere diverse sottopopolazioni cellulari. Un tempo la conta manuale veniva fatta utilizzando microscopi ottici con la camera di burker che è un vetrino particolare che ha una specie di smerigliatura che è rappresentata da dei riquadri incisi nel vetro che possono facilitare l’operatore nel conteggio manuale. Camera di burker: si contano le cellule presenti in un riquadro e tutte le cellule presenti su due lati su quattro del riquadro, successivamente bisogna moltiplicare per 10000 per avere il numero di cellule in un ml (se messi 10 micron di soluzione). Bisogna effettuare la conta su almeno tre riquadri differenti. I contacellule automatici sfruttano l’utilizzo di strumenti che sono in grado di contare in modo automatico le cellule. Contacellule automatici: la sospensione cellulare viene inserita all’interno di un baker insieme a due elettrodi uno a carica negativa (capillare) che ha una piccola apertura immersa nella soluzione che può essere regolata a seconda della dimensione delle cellule che devono essere aspirate all’interno del capillare. Il secondo elettrodo ha carica positiva e insieme servono per determinare una piccola differenza di potenziale. L'analisi comincia quando viene attivata la pompa che è in grado di aspirare una piccola quantità di cellule all’interno del capillare, a questo punto le cellule aumentano la resistenza all’interno del sistema e lo strumento è in grado di percepire la variazione di voltaggio che è proporzionale alla dimensione delle cellule e alla frequenza. Anche quando si utilizzano i contatori automatici è sempre bene effettuare più conteggi. Ci sono nuovi modelli che sono dotati anche di campionatori così come esistono dei contatori automatici a micropipetta che sono in grado di contare le cellule prelevando piccoli volumi di sospensione. LEZ. 3 BIOLOGIA MOLECOLARE DEL CANCRO APOPTOSI Processo di morte cellulare programmata altamente regolato che controlla il numero delle cellule andando ad eliminare quelle danneggiate. Ha un ruolo importante nella soppressione dei tumori infatti molti farmaci antitumorali hanno come meccanismo di azione l’innesco dei meccanismi di apoptosi cellulare. Una regolazione alterata dei processi di differenziazione e apoptosi può dare origine ai tumori. L'apoptosi può essere definita come un suicidio cellulare organizzato, preciso, accurato e lascia dietro di sè poche tracce della cellula stessa in quanto viene fagocitata dai macrofagi e dalle cellule circostanti. Durante l’apoptosi si ha la formazione di corpi apoptotici e la cellula viene poi eliminata per fagocitosi. Farmaci antitumorali che inducono apoptosi nelle cellule cancerogene riescono a bloccarne totalmente o parzialmente la crescita cellulare. CANCRO malattia che colpisce una persona su tre. È costituito da una famiglia di malattie caratterizzate da crescita cellulare incontrollata e sregolata e dall’invasione e dalla diffusione di cellule cancerose dal sito d’origine (sito primario) ad altri distretti dell’organismo. La famiglia di malattie è costituita da più di 100 tipologie conosciute e le cause sono di diverso tipo. (-->ES. Luce UV, fumo..). Classificazione: - Carcinomi, ricoprono circa l’85% dei tumori e colpiscono le cellule epiteliali - Sarcomi, meno frequenti e colpiscono cellule del mesoderma, connettivo, cartilagine, osso e muscolo - Adenocarcinomi, colpiscono tessuto ghiandolare. Esistono 6 caratteristiche tipiche delle cellule cancerose: 1. Proliferazione incontrollata causata dalla sottrazione ai segnali di crescita 2. Autonomia dai segnali di crescita 3. Capacità di dare origine a metastasi 4. Potenziale replicativo illimitato 5. Attorno alla massa avviene facilmente angiogenesi (processo di formazione di nuovi vasi sanguigni) 6. Evadono dall’apoptosi Vi sono differenze tra tumori benigni e maligni: il tumore maligno può dare origine a metastasi mentre quello benigno non metastatizza nonostante sia costituito da una massa crescente. La pericolosità di un tumore benigno deriva dalla posizione in cui si trova che può, ad esempio, andare ad ostruire vasi sanguigni. Il cancro viene considerata una malattia genetica a livello cellulare. Il DNA delle cellule tumorali contiene alterazioni che possono essere puntiformi (cambiamenti di una singola coppia di basi) oppure aberrazioni cromosomiche come delezioni o traslocazioni. La trasformazione di una cellula in cellula cancerogena deriva da un accumulo di alterazioni che sono appunto alla base della carcinogenesi. Quasi tutte le mutazioni causa di cancro avvengono nelle cellule somatiche; solo le alterazioni del DNA dello sperma e delle cellule (mutazioni germinali) uovo sono trasmesse alla progenie. Le mutazioni somatiche non sono trasmesse alle future generazioni ma sono trasmesse alle cellule figlie dopo la divisione cellulare e sono determinate da agenti esogeni. Le mutazioni germinali sono dovute a fattori endogeni come errori durante la replicazione (più frequenti nelle cellule spermatiche rispetto agli oociti) o danno ossidativo (si creano radicali liberi come ossigeno che portano a mutazioni del DNA) e fattori esogeni come esposizione a sostanze chimiche pericolose o radiazioni ionizzanti. I fattori che regolano il numero totale di cellule in un individuo sono proliferazione cellulare, apoptosi e differenziamento terminale; le mutazioni che alterano queste funzioni influenzano l’equilibrio del numero di cellule. Geni mutati che sono in grado di contribuire alla carcinogenesi: - Protoncogeni, geni normali che possono essere attivati con una mutazione o grazie ad aumentata trascrizione per divenire così oncogeni - Oncogeni, gene mutato che produce la rispettiva proteina in modo più abbondante o più attiva - Geni soppressori (oncosoppressori), codificano per proteine che sono coinvolte nell’inibizione della crescita e della formazione dei tumori (la proteina p53 promuove l’espressione di proteine coinvolte nella riparazione del DNA). I fattori che influenzano la carcinogenesi sono l’ambiente, vita riproduttiva, dieta, fumo e altro come la fisiologia personale e altre malattie. NB: le donne senza figli sono più inclini a sviluppare patologie neoplastiche. Dal 1930 ad oggi si è evidenziato un incremento delle patologie tumorali a carico di polmoni e bronchi. Esistono diverse strategie terapeutiche utilizzate contro il cancro come chirurgia, chemioterapia e radioterapia e l’utilizzo di nuovi farmaci biologici per diminuire gli effetti collaterali e aumentare la selettività. Indice terapeutico: differenza tra dose massima tollerata (MTD) e la dose minima efficace La conoscenza del genoma umano e del proteoma ha permesso di comprendere le differenze tra cellule normali e cellule cancerose e quindi si può avere sviluppo di chemioterapici sempre più mirati. L’APOPTOSI L'apoptosi è un meccanismo fisiologico che viene contrapposto alla necrosi che avviene in condizioni patologiche e durante questa avviene un riversamento del contenuto cellulare nello spazio circostante e si va incontro ad infiammazione. L'apoptosi viene innescata attraverso due vie diverse: - Via estrinseca (segnali extra-cellulari); è mediata da recettori di morte di membrana come il ligando FAS o il fattore di necrosi tumorale TNF. Quando i recettori sono legati subiscono un processo di trasformazione per trasdurre il segnale. Il cambiamento espone i domini di morte e permettono a proteine adattatrici come le FAD di legarsi. Con la trasduzione del segnale si attiva la pro-caspasi 8 (caspasi iniziatrice) che inizia la cascata delle caspasi esecutrici auto attivandosi. La distruzione è determinata dalla proteolisi delle proteine bersaglio. - Via intrinseca (segnali intra-cellulari); è mediata dai mitocondri. L'evento centrale è la fuoriuscita del citocromo C dallo spazio intermembrana dei mitocondri al citosol, fuoriesce anche la caspasi 9 che è iniziatrice. Sono molto importanti la famiglia delle proteine BCL2 che promuovono l’apertura dei canali mitocondriali per permettere la fuoriuscita di fattori apoptotici. Le due vie posso essere attivate e l’una non esclude l’altra. Le caspasi sono molecole proteiche caratteristiche di questi processi, sono proteasi quindi enzimi specifici che agiscono tagliando le proteine intracellulari a livello di residui di aspartato; hanno un ruolo chiave in entrambe le vie. Le due vie convergono all’attivazione delle caspasi a valle e a livello della formazione apoptosoma (assemblaggio di pro-caspasi 9, apaf1 e citocromo C). LEZ. 4 Tecniche utilizzate per lo studio dell’apoptosi e sviluppo di farmaci pro-apoptotici. DeadEND colorimetric TUNEL system o Tunel test Inizialmente i frammenti di DNA che si formano a seguito di processo di apoptosi vengono legati all’estremità 3’OH da nucleotidi biotinilati, questa reazione è catalizzata dall’enzima TdT. Successivamente la biotina viene legata dalla streptavindina legata a perossidasi. Le cellule possono essere così osservate al microscopio ottico per contare quante cellule sono andate in apoptosi. Annexin V assay =Saggio dell’annessina 5. durante le ultime fasi dell’apoptosi la fosfatidil serina (fosfolipide) che normalmente si trova all’interno del citoplasma la si trova al di fuori della cellula. La fosfatidil serina si lega all’annessina 5 che, grazie ai kit per questo test, è resa fluorescente. Questo test prevede l’utilizzo del citometro a flusso La prima reazione è tra la fosfatidil serina e l’annessina 5 che, resa fluorescente, viene aggiunta al preparato di cellule. Successivamente avviene la reazione tra il propidio ioduro e il DNA che può avvenire solo nelle cellule morte e nella fase tardiva dell’apoptosi. Esistono derivati sintetici in grado di far iniziare l’apoptosi come, ad esempio, i derivati del cisplatino e il cisplatino stesso. LEZ. 5 Le cellule utilizzate in laboratorio possono essere ottenute da tessuti mediante la degradazione della matrice extra-cellulare. In laboratorio vengono utilizzate K562 (sospensione), cellule eritro-leucemiche e cellule IB3-1 (adesione), cellule ottenute da paziente con fibrosi cistiche. LEZ. 6 Materiale di approfondimento di “cellule in coltura” LEZ. 7 THALASSEMIA E ANEMIA FALCIFORME Emoglobina: molecola necessaria per il trasporto dell’ossigeno all’interno del sangue, macromolecola costituita da 4 catene, uguali a due a due, ognuna delle quali contiene il gruppo prostetico eme. L'emoglobina A è sempre affiancata da emoglobina A2 che contiene due catene alpha e due catene delta. Esistono anche emoglobine embrionali, che sono tre: Gower I, Portland e Gower II ed emoglobina fetale che è sempre espressa durante la gestazione ed è costituita da due alpha e due gamma. Switch emoglobinico: le emoglobine sono espresse in fasi definite della vita. Ad un tratto diminuisce la produzione della gamma globine e aumenta la produzione delle beta globine. Una delle differenze tra emoglobina fetale e adulta è la sostituzione di un residuo di istidina con una serina. Il legame tra emoglobina e ossigeno ha proprietà allosteriche quindi vi è un cambio di conformazione dopo il primo legame. BCL11A e KLF1 richiamano il locus control region (LCR) sui geni delta e beta globinici. BCL11A è utilizzato come target terapeutico perchè agisce come silenziatore dell’espressione delle gamma globine. - Talassemie: patologie genetiche dovute a mutazioni nel gene della beta o alfa globina - Emoglobinopatia C: mutazione che causa la sostituzione di un acido glutammico con una lisina in posizione 6 - Emoglobinopatia E:mutazione che causa la sostituzione di un acido glutammico con una lisina in posizione 26 - Emoglobinopatia S: anemia falciforme: mutazione glutammico-valina in posizione 6 Emoglobinopatie: difetti qualitativi Talassemie: difetti quantitativi BETA-TALASSEMIA Malattia genetica determinata da mutazioni a carico del gene che codifica per la globina beta. Può essere determinata da più di 350 mutazioni diverse che possono essere puntiformi o delezioni. Beta+= il paziente è in grado, in concentrazione bassa, di produrre un po’ di emoglobina Beta0=il paziente non è in grado di produrre emoglobina adulta (morbo di Cooley) Le mutazioni più frequenti sono quelle che alterano lo splicing, che alterano la traduzione dell’mRNA, che alterano le modificazioni post-trascrizionali, che alterano la poliadenilazione e che alterano la trascrizione del gene. L'assenza delle catene beta globiniche causano iperemolisi periferica, emolisi e eritropoiesi inefficace. L'anemia determina un aumento dei livelli di eritropoietina, aumento dell’assorbimento del ferro e un'ipossia tissutale. Sintomi: - Spossatezza - Vertigini - Bassa pressione - Pallore - Palpitazioni - Tachicardia - Splenomegalia - Osteoporosi - Alterazioni del tessuto osseo causate dall’iperproliferazione del midollo osseo che tenta di compensare la mancanza di Hb e questo causa un aumento del volume del cranio. La diagnosi viene effettuata grazie all’esame emocromocitometrico, separazione identificazione e quantificazione dei vari tipi di Hb prodotti e analisi genetiche. La terapia si basa si trasfusioni e chelanti del ferro, trapianto di midollo osseo, terapia genica e riattivazione dell’emoglobina fetale. LEZ. 8 Per diagnostica si intende un complesso di tecniche atte a determinare la natura e la sede di una malattia della base dei sintomi. Si basa sulla medicina di laboratorio e sulla biologia molecolare attuando una diagnostica molecolare che permette di indagare segnali sempre più fini. La diagnostica molecolare si focalizza sulla ricerca di segnali molecolari precisi e utilizza tecniche per identificare e quantificare biomarcatori. La diagnosi di emoglobinopatie viene effettuata su tre livelli. Le analisi di terzo livello si basano su un'analisi del DNA. Microcitemia: maggior numero di globuli rossi ma con minori dimensioni HPLC: strumento cromatografico utilizzato per studiare le globine del sangue e per la preparazione di molecole di qualsiasi tipo. Quello utilizzato per le globine viene chiamato “a scambio ionico” CE: elettroforesi capillare Deferoxamina, deferiprone e ICL679: farmaci ferro chelanti con lo scopo di rimuovere l’eccesso di ferro accumulato nei tessuti. I modelli sperimentali sono screening in vitro, con utilizzo di cellule eritrocitemiche, validazione ex vivo con l’utilizzo di precursori eritroidi e studio in vivo grazie a topi trangenici umanizzati e studi clinici. Cellule k562: cellule eritroleucemiche con bassi livelli basali di emoglobina embriofetale. Metodo Fibach: coltura in 7 giorni dei precursori eritroidi che proliferano, vengono selezionati e poi viene aggiunta eritropoietina. HU: idrossiurea, farmaco approvato per la terapia di talassemia e anemia falciforme. Inibisce la sintesi di DNA in quanto interferisce con ioni metallici nei siti catalitici di enzimi e promuove l’espressione genica. Grazie al meccanismo geni gamma-globinici possono venire espressi da cellule midollari anche durante la vita adulta. Ci sono studi clinici attivi al momento su rapamicina e resveratrolo. LEZ. 9 Approfondimento su esame emocromocitometrico: esempio di analisi cellulare e molecolare nell’ambito della diagnostica: analisi del sangue. LEZ. 10 TECNICHE E METODI BIOCHIMICI PER L’ESTRAZIONE DI PROTEINE DA CAMPIONI BIOLOGICI I materiali biologici possono essere, ad esempio, cellule in coltura, tessuti o resecati chirurgici. Una volta estratte e purificate le proteine gli obiettivi possono essere diversi come stabilire la sequenza amminoacidica e come questa determini la funzione delle proteine oppure comprendere i meccanismi di legame dei substrati o ricercare proteine di interesse. Per studiare una proteina è necessario separarla da altri componenti cellulari e questo avviene secondo vari fattori come solubilità, carica... ESTRAZIONE Per essere purificate le proteine vanno prima estratte. Vengono purificate attraverso diversi processi di frazionamento e separazione. Le proprietà chimico-fisiche di una proteina vengono sfruttate per separarle. I metodi di rottura delle cellule sono diversi e possono essere meccanici o chimici a seconda della natura della membrana. Prima tappa: LISI delle cellule attraversato la preparazione di un omogenato ottenuto con diversi metodi che permettono di rompere le membrane cellulari. - Meccanica: si può utilizzare un omogeneizzatore che fa ottenere un omogenato che può essere frazionato grazie ad un’ultracentrifuga che modifica velocità e tempi di centrifugazione; viene aumentata via via la forza centrifuga (il materiale più denso precipita prima). - Osmotica: la rottura delle membrane è ottenuta esponendo le cellule ad una soluzione acquosa con concentrazione salina non fisiologica (-->ES: eritrociti) - Chimica: rottura delle membrane attraverso l’utilizzo di agenti chimici presenti in un buffer di lisi che 1. converte le proteine in singole conformazioni, 2.cancella gli step ossidativi, 3.previene le aggregazioni proteiche, 4.solubizza le proteine idrofobe 5.disattiva le proteasi. - Utilizzo di ultrasuoni: rottura delle membrane esponendo le cellule ad ultrasuoni Seconda tappa: frazionamento della miscela per CENTRIFUGAZIONE - Classica: rottura completa delle membrane e ottenimento delle proteine totali - Differenziale: utilizzo di centrifughe sequenziali per ottenere frazionamento subcellulare. Microsomi: artefatti derivati dalla centrifugazione e derivanti dal RE Gli omogenati cellulari vengono centrifugati a diverse velocità e la separazione dei componenti cellulari avviene in base alle dimensioni e alla densità. Sedimentazione di velocità, i componenti subcellulari si depongono a velocità diverse una volta che vengono stratificati sulla superficie di una soluzione salina diluita. La soluzione contiene un gradiente moderato e continuo di saccarosio al 5-20%. La raccolta può essere fatta dal basso perforando la provetta. Sedimentazione all’equilibrio, i componenti sono divisi sulla base della loro densità di galleggiamento. Saccarosio al 20-70% e i componenti si fermano dove la sua densità è uguale a quella del saccarosio. La lisi meccanica può essere effettuata anche sfruttando sbalzi di temperatura. La purificazione delle proteine dipende molto dalla natura delle proteine stesse: - Extracellulari, rimosse per filtrazione o centrifugazione - Di membrana, separati con variazioni di pH o con detergenti - Intracellulari, sono estratte con metodi che prevedono la rottura delle cellule con i metodi visti Le miscele proteiche possono essere frazionate in base alla carica, dimensione, polarità, specificità o solubilità. PRECIPITAZIONE FRAZIONATA DELLE PROTEINE - Precipitazione al punto isoelettrico; il PI è il valore di pH al quale le proteine hanno carica netta uguale a zero - Salting in e salting out; presenza di piccoli ioni a carica opposta alla proteina (controioni), a. > forza ionica = solubilizzazione = salting IN b. > controione = precipitazione = salting OUT - Precipitazione a pH estremi; si basa sulla protonazione a pH acido ossia sulla rottura dei legami che stabilizzano le strutture secondarie e terziarie con conseguente denaturazione. - Precipitazione al calore; il calore denatura le proteine - Precipitazione con solventi organici; si usano alcoli che alterano la solvatazione delle proteine. - Precipitazione con polimeri organici; competono con le molecole d’acqua e precipitano reversibilmente le proteine LEZ. 11 ELETTROFORESI È utilizzata per separare e analizzare macromolecole come acidi nucleici e proteine. Si parla di elettroforesi su gel in quanto la matrice all’interno della quale le molecole vengono separate è un gel inserito in un campo elettrico e così le molecole si spostano seguendo la corrente. I composti a peso molecolare maggiore vengono trattenute nel gel. La migrazione delle molecole dipende dalla carica, dal PM, dal campo elettrico applicato, dalla forza ionica, dal pH dal campione, dalla viscosità del mezzo e dalla temperatura del sistema. Su gel di agarosio Su cellulosa acetato Su gel di poliacrilamide IEF+SDS-PAGE (gel 2D) Elettroforesi capillare ELETTROFORESI SU GEL DI AGAROSIO È un'elettroforesi orizzontale, quindi la separazione avviene lungo il piano di lavoro e può essere utilizzata a diverse concentrazioni a seconda delle misurazioni da effettuare, generalmente per separare RNA si utilizza agarosio all’1% in TAE; viene aggiunto nel gel l’etidio bromuro per renderli visibili all’UV. 1. Preparazione del gel 2. Liquefazione del gel 3. Aggiunta di etidio bromuro 4. Colare il gel nella cella 5. Aggiunta dei campioni e avvio della corsa elettroforetica ELETTROFORESI SU CELLULOSA ACETATO È un'elettroforesi di tipo orizzontale ma usa un campo elettrico più forte (200V), ha una separazione molto migliore delle bande proteiche. Una volta terminata la corsa viene fatta una colorazione con rosso Ponceau e decolorazione con acido citrico. - Analisi di plasmaproteine - Analisi di emoglobine ELETTROFORESI SU GEL DI POLIACRILAMIDE È un’elettroforesi verticale e sfrutta un campo elettrico di 200V. La poliacrilamide viene usata a diverse concentrazioni (10-20% per separare proteine e peptidi; 6% per complessi proteici). Si utilizza il tampone TBE e vengono utilizzati catalizzatori come il TEMED e un iniziatore come AMPS. Alla fine della corsa le bande proteiche vengono colorate utilizzando diverse colorazioni. Polimerizzazione della poliacrilamide: reazione a catena con formazione di radicali liberi In molte preparazioni è utilizzato il sodio dodecil solfato che denatura e carica negativamente le proteine. Al termine, i gel, appoggiati su carta assorbente sono essiccati a 80°C per 30’, sono poi esposti ad una lastra radiografica e tenuti a -80°C e infine le lastre vengono sviluppate utilizzando liquidi di sviluppo e fissaggio. LEZ. 12 SPETTROMETRIA DI MASSA Tecnica analitica utilizzata per identificare prodotti incogniti, per analisi quantitative di composti noti e per chiarire proprietà strutturali e chimiche delle molecole con quantità di campione limitate. Uno spettrometro di massa è uno strumento usato per misurare la massa di una molecola dopo che essa è stata ionizzata grazie alla presenza di campi elettrici o elettro-magnetici. 1 Dalton: 1/12 della massa di 1 atomo di C12 Uno spettrometro di massa misura massa su carica di ioni che si formano dalla molecola in esame. La carica di uno ione è espressa come numero z di cariche elementari e il rapporto m/z è espresso in termini di Da per unità elementare di carica. Il valore di m/z coincide con la massa molecolare in Da. Se il sorgente è puro può essere introdotto per via diretta altrimenti si rende necessaria una preventiva purificazione, infatti, questo esame può essere associato a metodi di ionizzazione che possono essere ad alta energia (ionizzazione elettronica) o a bassa energia (ionizzazione chimica, bombardamento ad atomi veloci...). Rivelatore: strumento in grado di raccogliere gli ioni che collidono su una particolare superficie, qui la carica viene neutralizzata grazie al trasferimento di elettroni e si generano correnti che, amplificate, danno origine ad un segnale. IONIZZAZIONE ELETTRONICA (EI) Gli ioni vengono generati mediante bombardamento di molecole gassose da un fascio di elettroni ad alta energia. Si ottiene una miscela di ioni +, ioni - e molecole neutre. Viene scelta solo la polarità + dato che gli ioni + sono più abbondanti. IONIZZAZIONE CHIMICA (CI) Può essere utilizzata in contrapposizione alla EI. È una tecnica di ionizzazione che produce ioni attraverso un processo che prevede un trasferimento di protone. Tecniche di desorbimento: - MALDI; il campione viene solubilizzato nella matrice che cede protoni e poi viene posizionato su una superficie metallica con pozzetti in forma di goccioline. - ESI; tecnica molto utilizzata in proteomica che prevede che il campione venga fatto passare in un tubo capillare sottoposto a tensione. Analizzatore: 1. Settori magnetici ed elettrici 2. Quadrupoli: 4 poli disposti parallelamente e l’analisi dipende dal moto degli ioni risultante dall’applicazione di campi elettrici continui ed alternati. 3. Trappole ioniche: non agisce da filtro ma trattiene tutti gli ioni all’interno per successivi esperimenti. Usa campi generati da radiofrequenze e campi continui. 4. Risonanza ciclotronica 5. Analizzatori a tempo di volo: separano gli ioni in virtù del tempo da essi impiegato a percorrere una distanza nota. È in grado di fornire dati anche relativi a biomolecole dalla massa molto elevata. Rivelatore: gli ioni vengono rivelati, dopo la loro separazione, trasformando l’energia prodotta dalla collisione degli ioni sulla superficie del rivelatore, in modo da provocare l’emissione da parte di essa di altri ioni, elettroni o fotoni che vengono misurati mediante opportuni rivelatori di luce o di carica. LEZ. 13 Analisi di emoglobinopatie: - Analisi di primo livello (esame emocromocitometrico) - Analisi di secondo livello (analisi dell’espressione globinica e analisi cromatografiche) - Analisi di terzo livello (analisi genetiche- sequenziamneto del DNA) EMOGLOBINOPATIE TALASSEMIE; patologie genetiche dovute a mutazioni nel gene della beta o alfa globina che causano assenza o scarsa produzione di Hba EMOGLOBINOPATIA C: emoglobinopatia che rappresenta una variante dell’emoglobina. È di tipo qualitativo; sostituzione di un acido glutammico con una lisina in posizione 6 nella catena globinica. EMOGLOBINOPATIA E: sostituzione di un acido glutammico con una lisina in posizione 26 EMOGLOBINOPATIA S o ANEMIA FALCIFORME: determinata da una mutazione che porta alla formazione di emoglobina S dovuta alla mutazione dell’acido glutammico in valina in posizione 6. ANEMIA FALCIFORME Patogenesi: - mutazione puntiforme a livello del gene beta dell’emoglobina adulta di tipo A - Sostituzione nell’mRNA dell’adenina con uracile - Acido glutammico in valina: crea una zona idrofobica anomala che induce le subunità beta a polimerizzare e formare fibrille. Malattia genetica autosomica recessiva che colpisce geni localizzati su cromosomi che non contengono informazioni genetiche specifiche alla caratterizzazione sessuale dell’individuo. La trasmissione è recessiva e si manifesta solo se sono alterate entrambe le copie del gene. Sintomi: - Pallore - Astenia - Anemia - Crisi dolorose - Ittero - Ritardo della crescita - Modificazioni ossee Si possono avere complicanze come l’occlusione dei capillari La terapia si basa si trasfusioni di sangue + chelanti del ferro, splenectomia, cure farmacologiche e trapianto di midollo osseo. TALASSEMIE Insieme eterogeneo di malattie genetiche autosomiche recessive dovute ad anomalie dei geni dell’emoglobine. 1. Beta-talassemia eterozigote o talassemia minore; microcitemici 2. Talassemia intermedia (Hb >8g/dL) 3. Beta-talassemia omozigote maggiore (morbo di Cooley) Sintomi: - Spossatezza - Vertigini - Bassa pressione - Pallore - Palpitazioni - Tachicardia - Ingrossamento della milza - Osteoporosi - Alterazione del tessuto osseo Le strategie terapeutiche sono basate sulla terapia convenzionale, trapianto di midollo osseo, terapia genica e riattivazione di emoglobina fetale. Farmaci ferro chelanti: rimozione dell’eccesso di ferro accumulato nei tessuti - Deferoxamina (desferal): rimuove il ferro extracellulare, viene somministrato per via sottocutanea o endovenosa ed è tossico per gli occhi, orecchie e SNC - Deferiprone (ferriprox): rimuove il ferro intracellulare, ha maggiore emivita, viene somministrato per via orale e causa neutropenia e agranulocitosi - ICL670 (exjade): ha una discreta efficacia con ridotti effetti collaterale e viene somministrato per via orale La diagnosi viene fatta grazie ad un esame emocromocitometrico con valutazione di RBC, MCV e MCH, con tecniche elettroforetiche e cromatografiche e con analisi genetiche. Induzione del differenziamento eritroide L'obiettivo è indurre con nuovi potenziali farmaci il differenziamento eritroide grazie ad induttori come l’idrossi urea, emina e il resveratrolo... Per allestire la coltura di precursori eritroidi sono necessari 20ml di sangue del paziente che vengono prelevati appena prima della trasfusione. Si utilizza FICOLL: copolimero sintetico ramificato utilizzato per preparare gradienti di densità per la separazione cellulare. CROMATOGRAFIA Il processo cromatografico è il risultato di una serie di azioni di adsorbimento e desorbimento durante il movimento dei componenti di un campione attraverso il letto stazionario e la separazione è dovuta alla differenza nei coefficienti di distribuzione dei singoli componenti del campione tra le due fasi. - CROMATOGRAFIA IN FASE LIQUIDA, metodo fisico di separazione in cui i componenti da separare si distribuiscono tra due fasi: 1. Fase stazionaria o fissa: gel di silice; polare 2. Fase mobile (gassosa o liquida): CH2Cl2, EtAc, n-esano, THF; non polare Colonne in vetro con setto poroso e rubinetto alla base, sormontate da imbuti percolatori con i solventi. Il caricamento del campione è dall’alto per adsorbimento alla fase fissa o per diluizione in solvente appropriato. - CROMATOGRAFIA SU STRATO SOTTILE (TLC) 1. Fase stazionaria stratificata su uno strato adeso ad una matrice 2. Fase mobile fatta eluire per capillarità dal basso Rilevatori: strumenti in grado di monitorare in modo continuo l’affluente della colonna per individuare la presenza degli analiti che sono stati separati. I rilevatori più comuni sono spettrofotometri ottici costituiti da un raggio luminoso che passa attraverso il liquido in uscita della colonna in una opportuna microcella a flusso. PROCESSO SEPARATIVO Se non ci fossero interazioni fra campione (soluto) e fase fissa, il soluto viaggerebbe alla stessa velocità della fase mobile, cioè quando esce il volume morto (Volume interstiziale) A causa delle interazioni il soluto esce con un certo RITARDO, cioè verrà richiesto un maggior volume per la sua eluizione (Volume di ritenzione) Le pompe di precisione usate mantengono costante la portata e permettono di risalire facilmente al V. di ritenzione, misurando il tempo intercorso tra il momento dell’introduzione e il momento in cui si vede il picco emergere dalla colonna (CROMATOGRAMMA). Questo valore è detto TEMPO DI RITENZIONE (Rt) Ritenzione relativa (fattore di separazione)= separazione di più picchi adiacenti A seconda dei diversi tipi di riempimento della colonna (fase stazionaria) si parla di: - Cromatografia di adsorbimento liquido-solido (fase normale) La migliore tecnica per la separazione di componenti con polarità diverse, il materiale adsorbente più utilizzato: gel di silice - Cromatografia di ripartizione con fasi legate (fase inversa) Liquido-solido (utile per la separazione di peptidi e proteine) - Cromatografia a scambio ionico Fase stazionaria composta da scambiatori di ioni (materiali che portano eccesso di carica elettrica bilanciata da corrente eluente con equivalente stechiometrico di carica opposta: controioni) I controioni possono essere scambiati con le molecole del campione con carica simile Riempimenti: polimeri ad alto PM o gel di silice con legati chimicamente gruppi ionici Fasi stazionarie: scambiatori di cationi o di anioni Fasi mobili: soluzioni tampone - Cromatografia ad esclusione dimensionale separazioni di polimeri in solv. organici con riempimenti sferici di tipo polistirenico: gel polimerici rigidi con dimensioni controllate (PERMEAZIONE SU GEL) - Cromatografia di affinità non si basa sulle differenze nelle proprietà fisiche delle molecole da separare, ma sfrutta le interazioni altamente specifiche delle molecole biologiche Questa tecnica prevede che il composto da purificare si leghi reversibilmente a un ligando specifico, immobilizzato su una matrice insolubile. altri metodi di eluizione includono il cambiamento delle condizioni del buffer in modo tale che la proteina modifichi il proprio stato nativo. Questo può essere raggiunto modificando il pH o aggiungendo un agente denaturante come l'urea o la guanidina. La matrice ideale per cromatografia d’affinità deve possedere le seguenti caratteristiche: 1. contenere gruppi reattivi e adatti a legare covalentemente il ligando 2. essere stabile nelle condizioni d’interazione con la macromolecola e nella successiva eluizione 3. possedere buone capacità di flusso LEZ. 14 (29/04) Proteoma: repertorio di proteine presenti in una cellula. Per la sua analisi si possono sfruttare analisi classiche e innovative. Studiare il proteoma di diverse cellule significa comprendere come opera il genoma e soprattutto in che modo l’attività disfunzionale del genoma può portare ad uno sviluppo patologico. Le nuove tecnologie in proteomica vengono utilizzate in alternativa o contemporaneamente ai metodi classici per confermare dati (utilizzo di gel bidimensionale per la separazione del pool proteico e l’analisi successiva in massa). - 2D HPLC 1. Cromatografia in colonne sequenziali: vengono utilizzate colonne cromatografiche una di seguito all’altra utilizzando principi separativi differenti. Alla fine dell’analisi vengono raccolte diverse frazioni di proteine (possono essere indirizzate direttamente allo spettrometro di massa per essere identificate). 2. PAGE seguita da cromatografia in colonna 3. Sistema cromatografico in colonna online Chip-cube: primo apparato basato su un chip caratterizzato da sistemi di microfluidica che può effettuare HPLC a nano-flussi.metodo cromatografico ridotto ad un chip che viene accoppiato ad uno spettrometro di massa. Questo chip permette di pre-purificare e arrichire proteine attraverso un chip polimerico evitando l’uso di HPLC vero e proprio. Riduce perdite e volumi morti. Permette, con tecnologia basata sulla microfluidica di pre-purificare e arricchire le proteine attraverso un chip polimerico. Questo strrumenti è accoppiabile alla spettrometria di massa dando luogo ad un sistema hpld-chip-massa caratterizzato da un sistema di ionizzazione ESI accoppiato ad un ion trap. Nel chip è possibile distinguere la componente RF-TAG che rappresenta la parte cromatografica a fase inversa e una componente HPLC chip cube mass spettronomy interface che include una fonte di ionizzazione esi direttamente presente sul chip. Possono avere anche più strati che danno più possibilità di effettuare una cromatografia di affinità e una chimica sullo stesso chip. Speciali superfici di chip possono legare proteine utilizzando interazioni antigene-anticorpo, oppure possono separarle usando chip a fase normale o fase inversa. SELDI-TOF: chip ingegnerizzato con composti chimici o biologici. Tessuti solubilizzati o fluidi biologici vengono applicati direttamente in volumi molto piccoli a queste superfici dove le proteine con affinità per la superficie funzionalizzata si legheranno. Dopo una serie di lavaggi per rimuovere le proteine non legate in modo specifico o legate debolmente, le proteine legate vengono desorbite attraverso l’uso di un laser e ionizzate per l’analisi in massa. È capace di determinare pesi molecolari di proteine superiori a 100000 Da. Possono legare proteine utilizzando interazioni antigene-anticorpo o possono separarle usando chip a fase normale o fase inversa. Dopo una serie di lavaggi per rimuovere le proteine non legate specificamente o legate debolmente, le proteine legate vengono desorbite attraverso l’uso di un laser e ionizzate per l’analisi in massa. I patterns di spettri ottenuti vengono usati per differenziare campioni di pazienti gli uni dagli altri. I Microarrays sono utilizzati moltissimo nello studio dell’espressione genica attraverso le analisi di cDNA e RNA (gene profiling) Oggi sono utilizzati anche nello screening di proteine (protein profiling) e piccole molecole I microarrays hanno permesso di ottenere informazioni dall’analisi di piccoli volumi di campione (funzionamento simile ad immunofluorescenza quindi la proteine si lega a Ab specifico e ad un altro marcato fluorescente) I macroarrays vengono utilizzate per lo studio dei bersagli per i farmaci (drug targets). Una sfida è mantenere inalterata la struttura secondaria e terziaria delle proteine; bisogna quindi fissare una proteina o un ligando all’interno della superficie dell’array nella sua forma biologicamente attiva. La maggior parte degli arrays sono costituiti da slides di vetro o silicone trattate con un’aldeide o resine epossidiche per immobilizzare la proteina Altri materiali coprenti immobilizzanti utilizzati sono l’alluminio o l’oro e polimeri idrofili o anche su gel di poliacrilammide. Gli array di proteine utilizzati per il profilo proteico vengono chiamati arrays analitici. Le proteine vengono flussate sui chip e poi legate dagli anticorpi legati al chip stesso. Infine, le proteine vengono riconosciute mediante l’aggiunta di un anticorpo secondario (anticorpo monoclonale che lega tutte le proteine del proteoma) marcato con molecole fluorescenti. LEZ. 15 (06/05) secretomica: analisi di tutte le proteine secrete da cellule in un determinato momento, in determinate condizioni. TECNOLOGIE IMMUNOCHIMICHE Gli anticorpi sono stati identificati come la componente proteica presente nel siero che, in un campo elettrico, migra più lentamente in direzione dell’anodo, chiamata frazione gamma- globulinica. Gammopatia monoclonale: particolare condizione di salute caratterizzata dall’accumulo nel midollo osseo e nel sangue di una proteina anomala chiamata paraproteina; situazione dovuta all’anomalo proliferare di celluleB. 1. RIA: metodo radioimmunologico: metodo con tracciante o marcatore (antigene o anticorpo marcato). Anticorpi specifici per l’antigene da dosare sono legati alla fase solida. Si aggiunge il siero contenente l’antigene endogeno non marcato e lo stesso antigene radiomarcato. Le molecole di antigene, marcato e no, competono per gli stessi siti di legame sugli anticorpi. Maggiore è la concentrazione di peptide nel campione, meno peptide radiomarcato si lega, così da produrre un segnale radioattivo più debole. 2. ELISA metodo immunoenzimatico 3. BIOPLEX: metodo immunologico Dosaggio non competitivo: Anticorpi a sufficienza (in eccesso) per legare tutto l’antigene presente nel campione Ab legati a fasi fisse (biglie, micropiastre, provette) Si aggiunge il campione contenente Ag e si lascia reagire con gli Ab Si lava e si incuba con un Ab secondario marcato (che lega differenti epitopi dell’Ag): struttura a “sandwich” Si lava ancora e si misura Es: ELISA ELISA Metodo di analisi immunologica usato per rilevare la presenza di un dato antigene. Metodo diretta 1. Immissione si una soluzione dell’anticorpo primario nei pozzetti di un’apposita piastra da saggio in polistirene. Il fondo del pozzetto viene saturato con l’anticorpo che aderisce al fondo dei pozzetti per mezzo solitamente di gelatina di pesce e l’eccesso viene lavato via. 2. Aggiunta dei campioni da saggiare 3. Incubazione per consentire l’interazione molecolare 4. Lavaggio con soluzione tampone 5. Aggiunta dell’anticorpo secondario specifico coniugato con un enzima 6. Incubazione per consentire l’interazione molecolare 7. Lavaggio con soluzione tampone 8. Aggiunta di p- nitrofenilfosfato 9. Il p-nitrofenilfosfato viene convertito in p-nitrofenolo di colore giallo. 10. L'aggiunta di idrossido di sodio blocca la reazione catalizzata dall’enzima fosfatasi Metodo indiretto: ELISA indiretto è usato in diagnostica e nella ricerca 1. L'antigene è immobilizzato 2. Si aggiunge il campione biologico 3. Si effettua un’incubazione per permettere all’anticorpo di interagire con l’antigene 4. Lavaggio 5. Si aggiunge un anticorpo secondario anti-immunoglobuline coniugato con un enzima 6. Incubazione 7. Si aggiunge il substrato dell’enzima 8. Lo sviluppo del colore è indicativo della presenza dell’anticorpo -->ES di test immunologici: - Elisa per diagnosi HIV - Ricerca di marcatori nel sangue - Monitoraggio dell’infiammazione - Per diagnosi di celiachia - Covid-19 - Per diagnosi di neoplasie prostatiche LEZ. 16 (08/05) guardare approfondimento BIOPLEX (biological multiplex analysis) È un metodo di analisi immunochimico in secretomica che ha vantaggi rispetto al test ELISA come: permette di effettuare analisi in parallelo, ha costi minori, le analisi sono veloci e l’elaborazione dei dati è automatica. Applicazioni bio-mediche: - Ricerca e quantificazione di biomarcatori tumorali - Ricerca di proteine coinvolte nell’apoptosi e nella carcinogenesi - Quantificazione di citochine proinfiammatorie per la ricerca di marcatori dell’infiammazione - Quantificazione di citochine secrete da cellule bronchiali (espettorato) derivate da paziente con fibrosi cistica Le citochine sono molecole proteiche prodotte da vari tipi di cellule e secrete nel mezzo circostante in risposta ad uno stimolo ed in grado di modificare il comportamento di altre cellule inducendo nuove attività come infiammazione, crescita, differenziamento e morte. La loro azione di solito è locale (AZIONE AUTOCRINA e PARACRINA), ma talvolta hanno un effetto su tutto l'organismo (AZIONE ENDOCRINA). 4 gruppi: ematopoietine, TNF, chemochine (controllo dei virus) e interleuchine. FIBROSI CISTICA Patologia genetica a trasmissione autosomica recessiva causata da mutazioni che colpiscono il gene CFTR che porta a morte per crisi respiratoria. MUTAZIONE deltaF508 NF-kB agisce nella risposta infiammatoria, immunitaria nella tumorigenesi e nell’apoptosi. LEZ. 17 (13/05) Fasi dell’infiammazione in Fibrosi Cistica 1. Fase precoce; in età pediatrica: infiammazione sterile 2. Fasi successive: infezione e colonizzazione batterica DIAGNOSI - Diagnosi nei portatori sani: la diagnosi viene effettuata tramite test genetico. Il test dovrebbe essere effettuato dalle coppie che vogliono figli anche in casi non siano mai stati presenti casi di fibrosi cistica in famiglia Le tecniche utilizzate per la diagnosi sono analisi genetiche e analisi per la sequenza del DNA. I metodi di analisi sono diretti se la mutazione è già stata individuata o indiretti se il difetto molecolare non è noto. LEZ. 18 (15/05) Metodi diretti--> quando la mutazione è nota si disegnano e sintetizzano delle sonde specifiche fluorescenti - BIACORE I metodi indiretti sono tecniche che rilevano differenze rispetto al comportamento di un DNA normale. - Sequenziamento DNA: determinazione esatta dell’informazione genetica Liquido amniotico: generato dal plasma materno e dalle secrezioni del feto, passa attraverso la membrana fetale per osmosi e forze idrostatiche. Il fluido viene assorbito dal feto attraverso la cute ed i tessuti e dopo la 25° settimana di gestazione il fluido viene assorbito dall’intestino fetale. Si rigenera completamente e viene eliminato in parte con il riassorbimento attraverso la membrana amniotica e in parte dopo essere stato inghiottito dal tubo digerente del feto. - Amniocentesi: 1. Prelievo materiale biologico 2. Isolamento delle cellule fetali attraverso centrifugazione 3. Espansione in coltura delle cellule 4. Raccolta delle cellule 5. Estrazione DNA genomico 6. Analisi TERAPIA La terapia convenzionale si basa sull’uso di anti-infiammatori, antibiotici, correttori del difetto di CFTR e potenziatori della funzione di CFTR. Si stanno studiando nuove strategie terapeutiche basate sull’inibizione di geni che codificano per proteine pro-infiammatorie coinvolte nella fibrosi cistica. LEZ. 19 (20/05) + approfondimento ZFN, TALEN e Cas9 - Nucleasi specifiche che incidono il DNA in punti precisi - Si generano rotture del doppio filamento riparate con 2 meccanismi ricombinativi diversi 1. NHEJ 2. HR Il sistema CRISPR/Cas9 è un esempio di editing genomico e si utilizza per ottenere inattivazione genetica, correzione genetica e aggiunta di un transgene. --> ES di applicazioni: talassemia, fibrosi cistica, atassia spinocerebellare e malattie tumorali Gene therapy: addizione del gene sano Gene editing: correzione precisa, chirurgica della lesione responsabile della malattia GENE THERAPY 1. Isolamento delle cellule staminali nel sangue periferico 2. Selezione delle cellule 3. Trasduzione con un vettore lentivirale 4. Re-infusione nel midollo, dopo ablazione chemioterapica del midollo del paziente 5. Ottenimento di cellule geneticamente corrette GENE EDITING 1. Isolamneto di cellule staminali nel sangue periferico 2. Selezione delle cellule 3. Elettroporazione delle cellule ed editing con CRISPR/Cas9 delle cellule isolate 4. Re-infusione nel midollo, dopo ablazione chemioterapica del midollo del paziente 5. Ottenimento delle cellule geneticamente corrette

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