Biochimica Applicata (2° Lezione) PDF
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2024
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This document is a lecture note on applied biochemistry focusing on cell culture. It covers topics including cell culture techniques, different cell types, and cell lines. The note also details the importance of cell culture in various fields, including pharmacology.
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BIOCHIMICA APPLICATA 2° LEZIONE 01/10/2024 COLTURE CELLULARI Una coltura cellulare è un modello in vitro nel quale le cellule sono separate dal resto dell’organismo e nasce per minimizzare le variazioni sistemiche nell’animale e nell’uomo. Le cellule estratte dall’organismo di origine possono esser...
BIOCHIMICA APPLICATA 2° LEZIONE 01/10/2024 COLTURE CELLULARI Una coltura cellulare è un modello in vitro nel quale le cellule sono separate dal resto dell’organismo e nasce per minimizzare le variazioni sistemiche nell’animale e nell’uomo. Le cellule estratte dall’organismo di origine possono essere cresciute e propagate in vitro: in adesione, in sospensione (di solito le cellule risultano tondeggianti come quelle del midollo osseo e si utilizzano delle flasc), in matrice (cellule particolari che per crescere devono attaccarsi a una matrice), libere o organizzate. Le colture cellulari possono essere utilizzate in campo: - Farmacologico: vengono utilizzate per “provare” i farmaci, quindi per screening di sostanze, per valutare l’attività proliferativa e per studiare il meccanismo d’azione dei farmaci - Tossicologico: per la valutazione della tossicità cellulare dei farmaci (deve agire su determinate cellule e non su altre) - Meccanismi molecolari - Cosmetico: per “provare” trucchi - Ricerca biomedica: per lo studio delle basi molecolari (genetiche, biochimiche) di patologie infettive, genetiche…, per l’identificazione di marcatori diagnostici/prognostici, per l’identificazione di target terapeutici e per la progettazione di test e vaccini, strategie terapeutiche e farmaci - Diagnostica - Terapia: per lo sviluppo di nuovi farmaci, terapia cellulare e tissutale in medicina rigenerativa (trapianto di pelle, cartilagine, midollo osseo), terapia genica (per curare malattie genetiche come la SMA “curata” con la spinraza), terapia per la riproduzione assistita - Biotecnologie industriali: per la sintesi di prodotti ad uso farmaceutico (insulina), alimentare (con la carne coltivata derivante da miociti messi in piastra e coltivati) ALLESTIMENTO Le cellule utilizzate nelle culture cellulari possono essere prese da tessuti: - Con elevata proliferazione - Normali con elevato contenuto di cellule staminali/progenitrici: ematopoietico - Tumorali - Con scarsa attività proliferativa: connettivali, ghiandole, pancreas (molto difficile fare colture) CELLULE UTILIZZATE - Fibroblasti (derivanti da tessuto connettivo): sono cellule isolate con una forma allungata e crescono in adesione - HeLa (cellule epiteliali): sono cellule confluenti che crescono in adesione. Le cellule HeLa sono la prima linea cellulare in coltura continua (la cui propagazione è indefinita) ottenuta da un ricercatore nel 1951. È una coltura cellulare di origine tumorale derivante da Henrietta Lacks, paziente affetta da carcinoma cervicale uterino da cui sono state isolate. Il ricercatore, coltivando queste cellule, nota che proliferavano in modo indefinito e le invia a tutti i laboratori del mondo - Ematopoietiche: sono cellule tondeggianti che crescono in sospensione TIPI COLTURA CELLULARE PRIMARIA Colture composte da cellule che derivano da un espianto di tessuto o organo e possono duplicarsi solo per un numero limitati di passaggi (numero finito di divisioni), poi vanno incontro a degenerazione e morte. Le cellule vengono ottenute da frammenti di tessuti espiantati (da adulti o embrioni) o da organi freschi provenienti da organismi morti, alcune di queste sopravvivono per pochi giorni senza mai moltiplicarsi (globuli rossi), altre per settimane senza mai dividersi (cellule nervose), mentre altre crescono e si moltiplicano (fibroblasti). Quando una coltura primaria subisce la prima subcoltivazione si parla di linea cellulare che può subire un processo di invecchiamento e perdere le proprie capacità replicative e le proprie caratteristiche, oppure essere stabilizzata quindi perde le proprie caratteristiche (come inibizione da contatto) ed essere coltivabile all’infinito PROCESSO 1. Lavaggio della cute con acqua sterile 2. Disinfezione con etanolo 3. Prelievo del frammento 4. Separazione del derma dagli altri tessuti 5. Disgregazione tessuto: - Meccanica: con forbici da dissezione - Enzimatica: con enzimi proteolitici (per il fegato la collagenasi) - Chimica: agenti chelanti 6. I frammenti vengono posti nella petri o nella flasks 7. Viene aggiunto il terreno di coltura appropriato 8. Controllo al microscopio ottico o eventuali analisi biochimiche: ogni 2 giorni deve essere fatto il passaggio di cellule e la conta. La conta cellule viene fatta con la camera di Burker che è un reticolo che viene visto al microscopio e aiuta la conta LINEA CELLULARE Sono composte da cellule derivanti da un tumore o da una cultura primaria e immortalizzate con agenti chimici o virali, in grado di crescere in modo infinito PASSAGGIO CELLULE Il passaggio di cellule (adese) consiste in una serie di passaggi per poter dividere le cellule e viene fatto a intervalli regolari. Avviene nel seguente modo: 1. Aspirare il terreno (medium) 2. Lavare la petri con il tampone sterile (PBS): viene fatto questo passaggio perché il terreno in cui sono presenti le cellule contiene un inibitore della tripsina. Non viene mai utilizzata la fisiologica ma si usa la PBS tamponata con fosfato 3. Aggiungere la tripsina: enzima che digerisce la matrice extracellulare e quindi separa le cellule 4. Incubazione a 37 °C: perché la tripsina è un enzima che agisce a questa temperatura 5. Aggiungere agenti chelanti (EDTA): eliminano gli ioni (Ca e Mg) utilizzati per attaccare le cellule a una rete di proteine che permettono l’adesione alla petri. L’adesione è un requisito fondamentale per permettere la proliferazione delle cellule che crescono in monostrato ed è mediata da recettori cellulari di superficie. Le piastre adatte a questo fenomeno sono in polistirene trattato con radiazioni ad alta energia ionizzante o scariche elettriche per renderle idrofile e cariche negativamente. In questo modo il polistirene lega stabilmente la fibronectina e la vitronectina presenti nel siero che permettono l’adesione di diversi tipi di cellule 6. Diluire il terreno fresco: per inibire l’effetto della tripsina 7. Centrifugo: ottengo un pellet di cellule 8. Aspiro il surnatante 9. Riprendere il pellet di cellule con il terreno fresco 10. Semino nelle piastre utilizzando la pipetta e la fiasca inclinate a 45°: le cellule non devono essere troppo diluite perché non crescono, ma neanche troppo concentrate perché non riescono a crescere visto che si verifica un’inibizione da contatto per mancanza di nutrienti e problemi di scambi gassosi 11. Conta delle cellule: tramite la camera di burker che è un reticolo in cui, tramite il microscopio, si contano le cellule per un certo numero di quadrati e si moltiplicano per i restanti CRESCITA CELLULARE Monostrato: tipo di coltura in cui le cellule aderiscono alla superficie della petri Confluenza: quando le cellule hanno occupato l’intera superficie del contenitore Queste cellule possono essere adese e in questo caso vengono passate con tripsina e EDTA Sospensione: le cellule crescono sospese nel terreno di coltura. Si trovano principalmente nelle Flask e vengono prelevate con una pipetta, trasferite in una eppendorf e pellettate Possono essere utilizzati degli agenti per permettere il differenziamento delle cellule. Ad esempio i monociti crescono in sospensione, mentre i macrofagi in adesione (i macrofagi derivano dal differenziamento dei monociti) MANTENIMENTO INCUBATORE Le colture vengono messe nell’incubatore per mantenere la temperatura e per creare un ambiente in cui il livello di umidità sia alla giusta percentuale per evitare che l’acqua nel terreno evapori provocando un aumento della pressione osmotica. Le condizioni in cui si trova l’incubatore sono: temperatura di 37 °C, un’umidità del 90% (per limitare l’evaporazione dell’acqua nei terreni per evitare un aumento della pressione osmotica) e una % di CO2 nell’aria del 5%. TERRENO DI COLTURA (MEDIUM) Il terreno di coltura è il veicolo per le sostanze nutritive e per i metaboliti tossici e può essere naturale (non esistono più) o sintetico (può essere completo o non completo). Il medium non completo è quello che si compra e viene utilizzato per fare il medium completo attraverso l’aggiunta di siero fetale bovino (5-10%), antibiotici (penicillina), glutammina e altre sostanze (come il glucosio), una volta pronto viene conservato a 4 °C. I più utilizzati sono il DMEM, l’RPMI e l’F12. Il terreno di coltura è costituito da: - Sali: danno una certa pressione osmotica, che non deve essere ne ipertonica per impedire che l’acqua fuoriesca e la cellula si disidrati, ne ipotonica per impedire che la cellula si gonfi d’acqua e provochi la lisi cellulare) - Ioni organici: molte reazioni hanno bisogno di ioni per avvenire - Metaboliti essenziali: come aminoacidi (nella forma L e in concentrazione tra 0,1 e 0,2 mM), vitamine (in concentrazione 1µM), glucosio (in concentrazione tra 5 e 10 mM) - pH fisiologico tra 7,2 e 7,4 - Siero (dei feti bovini): è un materiale la cui composizione è parzialmente indefinita e contiene fattori che stimolano la crescita e l’adesione cellulare. Prima dell’utilizzo deve essere disattivato in stufa a 56 °C per 30 minuti per eliminare delle proteine del completamento che potrebbe interferire con la crescita delle cellule. Se non è presente, sono necessari ormoni e fattori di crescita - Antibiotici: vanno aggiunti sempre (in alcuni casi no) e servono per sopprimere la crescita batterica - Rosso fenolo: è un indicatore di pH perché il pH deve essere circa 7,4. Il terreno può assumere una colorazione: Gialla: le cellule stanno proliferando quindi producono CO2 che acidifica il terreno (pH=6,5) Rosa: il pH è tra 7,0 e 7,4 Viola: le cellule non sono metabolicamente attive o la regolazione della CO2 è errata CONSERVAZIONE Le cellule vengono conservate per anni in azoto a -196 °C (crioconservazione) e per congelarle e non danneggiarle viene messo il DMSO (come crioconservante per proteggere le cellule dai danni di congelamento) e un’alta concentrazione di siero. Quando devono essere usate, si scongelano rapidamente immergendole in un bagno a 37 °C e si elimina subito il DMSO diluendo il terreno. CONTAMINAZIONI Le colture cellulari possono essere contaminate da: - Lieviti: sono visibili solo al microscopio - Muffe: sono visibili a occhio nudo e possono essere causate dall’incubatore - Batteri: sono visibili solo al microscopio e rendono il terreno torbido - Micoplasmi: possono essere rilevabili solo con un test specifico FONTI DI CONTAMINAZIONE 1. Terreno di coltura 2. Materiale 3. Operatore 4. Incubatore 5. Tessuto di partenza 6. Cappa a flusso laminare: Non è una cappa chimica (non si usano ne agenti chimici ne composti infiammabile o fiamme libere) ma è una cappa che viene utilizzata in ambito biologico per proteggere l’operatore e l’ambiente circostante da agenti biologici eliminando le contaminazioni e lavorando in condizioni di sterilità. L’aria passa attraverso dei filtri HEPA (efficienza tra 99,97% e 99,999% per particelle di diametro di 0,3 µm) dall’alto verso il basso e per questo motivo non bisogna lasciare molto materiale sulla superficie perché si andrebbe a inibire il flusso. Come si lavora sotto cappa: - Prima di iniziare: si spruzza il materiale con etanolo e poi si inserisce sotto cappa - Durante: non toccare le pipette con le mani o con i guanti dopo averle tolte dall’involucro e non portare fuori dalla cappa bottiglie aperte - Termine: pulire la cappa con etanolo, spegnere il flusso laminare, chiudere la cappa e attivare il ciclo di UV per sterilizzare le superfici TEST DI VITALITÀ CELLULARE E CITOTOSSICITÀ La citotossicità è la proprietà di una sostanza di produrre a livello cellulare effetti tossici che si manifestano sottoforma di modificazione dalla normale morfologia e funzionalità cellulare. I test di citotossicità rappresentano un “metodo di valutazione” dei danni biologici provocati dalle sostanze e i più diffusi sono: - Trypan blue: è un colorante utilizzato nella determinazione della vitalità cellulare in quanto viene internalizzato solo dalle cellule morte - MTT: è un saggio colorimetrico per valutare la citotossicità di farmaci o sostante chimicamente attive tramite l’utilizzo dello spettrofotometro. Consiste nella misurazione dell’attività dell’enzima mitocondriale succinato deidrogenasi che riduce l’MTT (giallo) a formazano (azzurro) ed è un è attivo solo nelle cellule vive - LDH: è un saggio colorimetrico che serve a valutare la presenza dell’enzima lattato deidrogensi che è un enzima che normalmente si torva nel citoplasma delle cellule, ma in caso di danno alla parete cellulare viene riversato nel mezzo di coltura NON SONO DA SAPERE VANTAGGI - Fonte continua di materiale omogeneo - Buone condizioni di crescita - Riduzione nell’utilizzo di animali - Riduzione di costi - Possibilità di conservazione per un lungo periodo - Controllo semplice e veloce della vitalità cellulare SVANTAGGI - Sistemi semplificati rispetto a un organismo pluricellulare - Condizioni di esposizione diverse da quelle in vivo - Le sostanze possono interagire con i componenti del terreno (siero) BIOBANCHE Raccolgono, conservano e distribuiscono il materiale biologico (linee cellulari) utile alla ricerca. Le più famose sono l’ATTC e l’european collection of cell culture che forniscono anche la scheda con tutte le informazioni per coltivare le cellule. ALTRI TIPI Sono colture in 3D che costituiscono il punto di legame tra la coltura cellulare e i modelli in vivo. Le colture d’organo (o istotipiche) sono piccole porzioni di organo o di tessuto coltivate in vitro con vita breve in quanto i nutrienti contenuti nel terreno e l’ossigeno non riescono a raggiungere in maniera efficace le porzioni più interne. Queste porzioni vengono messe in “matrici” e, attraverso dei microfluidi che vengono fatti passare all’interno, viene analizzata la tossicità dei farmaci attraverso la produzione di determinati metaboliti. Le colture istotipiche vengono ottenute isolando le cellule e poi riaggregandole utilizzando scaffold artificiali in modo da creare una struttura simile al tessuto. Le co-colture sono sistemi che contengono due tipi cellulari diversi in modo da aumentare la complessità del modello in vitro. Gli organoidi derivano da cellule staminali (o da cellule tumorali in quanto sono cellule con proprietà rigenerative simili alle cellule staminali) coltivate in vitro che spontaneamente si autoorganizzano spazialmente in modo simile agli organi veri presentando delle caratteristiche comuni ad esso (senza la stessa vascolarizzazione o innervazione). La produzione di queste strutture segue procedure standardizzate ed è stata possibile grazie alla scoperta dei meccanismi molecolari di differenziamento dei tessuti stessi. Queste strutture non possono essere fatte per qualsiasi tessuto e sono molto utili perché possono essere trapianti nell’uomo, per la rilevazione di mutazioni genetiche che forniscono specifiche sensibilità per determinati farmaci e per la rigenerazione cellulare. Esempio: del fegato si può fare, una coltura primaria (si utilizzano degli enzimi che vanno a distruggere le interazioni cellula-cellula in modo tale da ottenere gli epatociti che poi verranno messi in piastra e coltivati, hanno una vita di circa 2 settimane), una coltura d’organo (è costituito da un piccolo pezzo di fegato, quindi, contiene diversi tipi cellulari oltre agli epatociti come cellule epiteliali, i macrofagi del fegato…). 3° LEZIONE 02/10/2024 ISOLAMENTO METABOLITI Per l’isolamento dei metaboliti: 1. Distruzione cellule/tessuti 2. Solubilizzazione proteine: viene fatto con un lysis buffer 3. Eliminazione dei contaminanti 4. Quantificazione: spettrofotometria DISTRUZIONE CELLULE E TESSUTI Può avvenire tramite metodi non meccanici o meccanici. NON MECCANICI - Lysis buffer: contiene Sali: provocano uno shock osmotico attraverso l’utilizzo di soluzioni ipertoniche/ipotoniche su cellule prive di parete. Per l’isolamento di molti organelli bisogna utilizzare soluzioni iso- osmotiche per prevenire danni dovuti a stress osmotici Detergenti: permettono la rottura della membrana e possono essere non ionici (NP-40 e Triton X-100 che sono più blandi), zwitterionici, anionici (SDS che denatura le proteine e viene utilizzato per solubilizzare le proteine da caricare nell’elettroforesi), cationici Tamponi Inibitori delle proteasi Altri additivi: EDTA - Freezing and thawing: consiste in cicli di congelamento (in ghiaccio secco con formazione di cristalli di ghiaccio che portano alla disgregazione e alla rottura di parete e membrana) e scongelamento (a 37 °C) in modo tale da avere uno shock termico che provoca la lisi delle membrane. - Enzimi litici: possono essere utilizzati sia per distruggere i tessuti sia all’interno della cellula. In quest’ultimo caso abbiamo ad esempio la DNAasi che taglia il DNA in modo tale da ottenere solo le proteine. La lipasi e la proteasi vengono utilizzati per le cellule eucariote, mentre il lisozima per cellule batteriche LABORATORIO: 1. Aggiungere del lysis buffer: sul pellet cellulare viene messo un lysis buffer contenente acqua, detergenti e Sali (fino a 100 mM) in modo tale da rompere le membrane plasmatiche 2. Centrifugare: otteniamo un pellet di nuclei e il surnatante contenente l’estratto citoplasmatico 3. Aggiungere il secondo lysis buffer: contiene sempre acqua, detergenti e Sali (450 mM) MECCANICI - Sonicazione: si basa sull’uso di onde meccaniche. Esistono diversi tipi di sonicatori, alcuni usano delle sonde, altri usano il movimento dell’acqua dovuto alle onde. Il Cobaris è l’ultima generazione che fornisce risultati più precisi - French press: viene utilizzata solo per cellule batteriche - Pestello e mortaio: vengono utilizzati per tessuti duri come le ossa in modo tale da rompere l’osso e ottenere il midollo osseo prelevabile con un pipettatore - Omogenizzatori: vengono utilizzati sia per tessuti molli e sono ad esempio il glass-bead, potter elvehjem e potter dounce (pipettatori di vetro con stantuffi che vengono girati e rompono il tessuto), sia per tessuti resistenti come il polytron. La loro efficienza dipende dal numero di colpi, velocità di rotazione, clearance e dalla quantità di materiale - Centrifugazione: è il metodo più semplice e consiste nella centrifugazione sequenziale dell’omogenato per ottenere serie di pellet che contengono materiale caratterizzato da velocità di sedimentazione decrescenti che dipende dalle dimensioni e dalla densità delle particelle, dalla densità del medium, dalla viscosità del liquido e dalla forza centrifuga. Esistono diversi tipi di centrifuga come la supercentrifuga e l’ultracentrifuga ESEMPIO: 1000 giri x 10 min: pellet (nuclei e mitocondri pesanti) e surnatante (proteine citoplasmatiche). Il surnatante viene poi ricentrifugato 3000 giri x 10 min: pellet (mitocondri pesanti) e surnatante (proteine citoplasmatiche). Il surnatante viene poi ricentrifugato 10.000 giri x 20 min: pellet (lisosomi e perossisomi) e surnatante. Il surnatante viene poi ricentrifugato 100.000 giri x 40 minuti: pellet e surnatante (componenti solubili del citoplasma) L’efficacia della separazione deve essere confermata con metodi biochimici PROTEINE 1. Distruzione del tessuto e lisi cellulare 2. Solubilizzazione proteine 3. Eliminazione interferenti 4. Quantificazione DISTRUZIONE TESSUTO E LISI CELLULARE Questa operazione viene fatta su ghiaccio (anche con azoto liquido) in modo tale da ridurre al minimo l’azione delle proteasi e vengono utilizzati i metodi meccanici e non meccanici descritti sopra. Il lysis buffer utilizzato dipende dalle proteine da isolare e dalle cellule da cui si estraggono, mentre la sua quantità dipende dal numero di cellule o dalla grandezza del tessuto. Esistono buffer più delicati come quelli contenenti l’NP-40 che è un detergente non ionico (per isolamento proteine citoplasmatiche solubili) o più aggressivi come il RIPA che contiene più detergenti. Ad esempio, i tessuti più piccoli vengono prima ghiacciati e poi omogenizzati con diversi metodi (sonicazione), mentre i tessuti più grandi vengono omogenizzati con frullatori utilizzando del PBS e successivamente viene aggiunto un lysis buffer e centrifugato. In caso di cellule: - In sospensione: centrifugare le cellule a 2000 g per pellettarle, aggiungere PBS e un lyisis buffer (lisa le membrane) come il RIPA che contiene anche EDTA utile per coordinare Ca e Mg. - In piastra: eliminare il terreno, lavare con PBS e aggiungere RIPA. SOLUBILIZZAZIONE PROTEINE La solubilizzazione delle proteine serve per rompere le interazioni tra le proteine e impedirne l’aggregazione e la precipitazione per una migliore elettroforesi e quantificazione. La solubilizzazione avviene direttamente con l’aggiunta del lysis buffer in quanto ha un determinato pH, Sali (influenzano la solubilizzazione) e: - Detergenti - Agenti riducenti (tiolici): rompono i legami disolfuro che si creano nella/tra proteina/e in modo tale da ottenere la forma più ridotta. Il β-mercapto-etanolo (TOSSICO) è volatile e viene utilizzato in eccesso per spostare verso destra l’equilibrio che si crea un equilibrio tra i tioli e i disolfuri liberi. Il DTT è meno volatile e viene utilizzato a basse concentrazioni perché durante la reazione di riduzione del disolfuro la sua struttura viene alterata per formare una struttura ad anello - Agenti caotropici: ad esempio l’urea viene utilizzata ad alte concentrazioni e rompe i legami a idrogeno e le interazioni idrofobiche nella/tra proteina/e (quindi la struttura secondaria) portando in soluzione le proteine ELIMINAZIONE INTERFERENTI Le sostanze che interferiscono con l’SDS-PAGE, ovvero un metodo di separazione delle proteine in base alle loro dimensioni, sono: - Sali: causano bande sfocate e restringimenti di corsie del gel verso il fondo. Per rimuoverli si può: Diluire: attraverso l’aggiunta di acqua e si può fare solo se la concentrazione di proteine è elevata) Dialisi: sono delle membrane che trattengono il campione e fanno passare i Sali Precipitazione delle proteine (con TCA): questo metodo non viene utilizzato perché solitamente si hanno poche proteine e con questo metodo se ne perderebbero Cromatografia ad esclusione - Detergenti - Denaturanti o solventi organici - DNA (maggiormente): per eliminarlo si possono usare enzimi (DNAasi), si può fare un’ultrafiltrazione (con spermidina, ma si perdono anche proteine) e un’interruzione meccanica (uso di sonde ultrasoniche e mulini a sfere) CONSERVAZIONE Una volta isolate, le proteine vanno o conservate in ghiaccio o storate a -80 °C perché si degradano facilmente ACIDI NUCLEICI DNA È una molecola molto stabile, infatti, può essere estratta sia da organismi morti che da organismi vivi, dalla saliva, dai capelli, dalle ossa… ESTRAZIONE Mediante queste estrazioni si può ottenere solo il DNA genomico (il DNA plasmidico si estrae con una cromatografia a scambio ionico) che si può trovare in fase: - Liquida: Estrazione organica con fenolo-cloroformio: si basa sul fatto che il fenolo denatura le proteine del campione, mentre il cloroformio solubilizza i lipidi e rimuove l’eccesso di fenolo. PROCEDIMENTO -> Aggiungere una soluzione di fenolo-cloroformio-alcol isoamilico (opzionale, serve come anti-schiuma) a pH di 7; centrifugare il campione e si ottiene una fase organica (sotto) con le proteine denaturate e una fase acquosa (sopra) con il DNA; la fase acquosa viene trasferita in una nuova Eppendorf e trattata con etanolo freddo/isopropanolo e sale (fa precipitare il DNA); centrifugo e elimino il surnatante; lavare con etanolo al 70%, asciugare e risospendo il DNA con acqua o con un buffer acquoso (TE: tris EDTA) VANTAGGI-> purifica tutti i tipi di DNA ed è la migliore estrazione se si hanno piccole quantità di DNA perché riesce a purificare tutto il DNA separandolo da proteine e lipidi SVANTAGGI-> c’è bisogno di una cappa chimica (fenolo-cloroformio è tossico), è lenta e laboriosa quindi quando ci sono tanti campioni non viene fatta Estrazione non organica con una proteinasi K e dei sali: PROCEDIMENTO -> aggiungere al campione il lysis buffer che contiene detergenti (SDS) e chelanti (EDTA per inibire le nucleasi); aggiungere la proteinasi K (degrada le proteine); incubare a 55-60 °C per attivare l’azione degli enzimi; aggiungere una soluzione salina (ammonio acetato) per favorire la precipitazione delle proteine; aggiungere etanolo per far precipitare il DNA; lavare con etanolo al 70%, asciugare e risospendere in acqua o in TE VANTAGGI-> grandi quantità di DNA Possono essere aggiunti anche dei Sali per facilitare la precipitazione - Solida: Colonnine: sono dei kit basati sul fatto che gli acidi nucleici si leghino per adsorbimento a una fase (colonna di silice) a seconda del pH e della concentrazione dei Sali presenti nel buffer PROCEDIMENTO -> 1. Lisi cellulare: aggiunta del lysis buffer che permette la rottura delle cellule e la liberazione del DNA, delle proteine e altri componenti in soluzione 2. Elevati livelli di Sali: aggiunta di un tampone contenente Sali caotropici che diminuiscono la solubilità del DNA rendendolo più affine alla silice 3. Legame alla silice: i gruppi fosfato del DNA cariche negativamente interagiscono con i gruppi OH della silice 4. Centrifuga: il DNA rimane nella colonnina, mentre sotto rimangono i contaminanti (proteine, lipidi, sali) che devono essere eliminati 5. Lavaggio: aggiunta di tamponi a base di etanolo o Sali per rimuovere i contaminanti 6. Eluizione: abbassando la concentrazione dei Sali o cambiando il pH (aggiungendo acqua), il DNA viene rilasciato dalla silice VANTAGGI -> metodo più utilizzato perché si ottiene il DNA molto puro, veloce SVANTAGGI –> un po’ di DNA viene perso perché non tutto si lega alla silice, se si hanno tanti campioni c’è il rischio di contaminare le colonnine Beads magnetiche: vengono utilizzate in genomica (sequenziamento di DNA) perché è un modo semplice e veloce per purificare il DNA in piccole tracce. Queste beats contengono o anticorpi per il DNA o silice PROCEDIMENTO-> 1. Aggiungere il lysis buffer al campione e la proteinasi K 2. Aggiungere le beats: le quali legano il DNA e in presenza di un campo magnetico si spostano verso un lato della provetta 3. Eliminare il liquido rimanente che conterrà i contaminanti 4. Lavaggi: con un buffer a base di etanolo per rimuovere le impurità 5. Eluizione: Aggiungere acqua o tampone acquoso: per permettere il rilascio del DNA dalle beats VANTAGGI -> è rapida (si utilizzano contenitori da 96 tubi), può essere automatizzata, il DNA risulta molto puro, è eccellente per campioni liquidi SVANTAGGI -> è molto costoso, il campione deve essere già pronto per essere messo nei tubi da 96 Chelex: resina a scambio ionico CONSERVAZIONE Una volta isolato, il DNA deve essere conservato per evitare che si degradi chimicamente o che entri in contatto con nucleasi e il metodo di conservazione dipende dal tipo di DNA e dal suo uso. Può essere conservato a -20 °C, -80 °C, -196 °C, asciutto (si fa adsorbire su un pezzo di carta) o a temperatura ambiente, anche se il suo continuo congelamento e scongelamento lo può danneggiare. - Conservazione di media durata: a -20 °C o a -80 °C usando condizioni basiche (tris EDTA) oppure precipitato sotto etanolo che dovrà essere eliminato prima dell’uso del DNA. Le condizioni acide causano l’idrolisi del DNA - Conservazione a lunga durata (non la chiede): viene utilizzata per alcuni tipi di DNA e prevede una conservazione in azoto QUANTIFICAZIONE Esistono diversi metodi: - Nanodrop: è uno spettrofotometro - Elettroforesi - Fluorescenza - Bioanalyzer: è una elettroforesi capillare RNA È una molecola molto fragile ESTRAZIONE Il tessuto deve essere omogenizzato per rompere le cellule e rilasciare il DNA, ma il problema principale è la possibile presenza di diversi tipi di cellule per questo motivo bisogna fare attenzione al tipo e alle dimensioni del tessuto. Avviene con gli stessi metodi di estrazione del DNA: - Organica (sacchi): PROCEDIMENTO -> omogenizzare il campione in una soluzione di acido guanidinio tiocianato (è un agente caotropico che denatura le proteine come quelle che degradano l’RNA ovvero l’RNAasi e le proteine ribosomiali)-fenolo-cloroformio (TRIzol) avente pH acido (4) che favorisce la presenza di DNA nella fase organica e di RNA nella fase acquosa; dopo centrifugazione si ottiene una fase acquosa (sopra) contenente l’RNA, una fase intermedia contenente le proteine denaturate e una fase organica (sotto) contenente il DNA; trasferire la fase acquosa in una nuova Eppendorf e aggiungere etanolo/isopropanolo per favorire la precipitazione e centrifugare; eliminare il surnatante e lavare con etanolo a 75% e centrifugare; rimuovere l’etanolo e risospendere l’RNA con acqua VANTAGGI -> si bloccano subito le RNAasi SVANTAGGI -> molto laborioso, serve una cappa chimica e non può essere automatizzato - Non organica - Colonnine: anche queste colonnine contengono la silice PROCEDIMENTO -> lisare e omogenizzare il campione con il lysis buffer contenente il guanidinio isocianato; aggiungere etanolo; trasferire in una provetta con la colonnina; centrifugre; lavare e centrifugare; eluire - Magnetic beads: è lo stesso procedimento del DNA. Viene utilizzato soprattutto in trascrittomica per isolare l’mRNA e visto che questo non è il più abbondante (ma l’rRNA) bisogna estrarlo in qualche modo. Alle beats vengono attaccate delle code di poli T che si andranno a legare alle code poli A prensenti sull’mRNA CONSERVAZIONE Aggiungere degli inibitori delle RNAasi e conservarlo a -80 °C QUANTIFICAZIONE TECNICHE SPETTROSCOPICHE Si basa su radiazioni elettromagnetiche che sono composte da onde magnetiche e onde elettriche che oscillano perpendicolari le une rispetto alle altre. Lo spettro elettromagnetico è suddiviso in regioni in base alla lunghezza dell’onda e alla frequenza: maggiore è la frequenza e quindi l’energia, minore sarà la lunghezza d’onda (raggi gamma e raggi X che sono mutageni) mentre minore è la frequenza e quindi l’energia, maggiore sarà la lunghezza d’onda (microonde). Visto che il DNA assorbe a 260 nm, noi consideriamo: - Spettrofotometria: che tiene conto dello spettro UV (100-400 nm) posto tra i raggi X e il visibile e dello spettro visibile (400-700 nm) posto tra l’UV e l’infrarosso - Spettroscopia di fluorescenza SPETTROFOTOMETRIA È lo studio quantitativo di uno spettro elettromagnetico perché permette di misurare la concentrazione di biomolecole dalla quale si ricavano i parametri cinetici che sono alla base dello studio degli enzimi ed è basata sullo scambio di energia che si verifica tra l’energia radiante e la materia. La trasmittanza è il rapporto tra la luce trasmessa e la luce incidente e il suo valore è compreso tra 0 (tutta la luce viene assorbita) e 100 (luce trasmessa uguale a quella incidente). La trasmittanza dipende sia dallo UV o dal visibile sia dal materiale delle cuvette usate (quarzo, vetro, plastica…). La legge di Lambert-Beer dice che l’assorbanza è direttamente proporzionale alla concentrazione della soluzione ed uguale al logaritmo dell’inverso della trasmittanza o ad a (costante di assorbimento in L/cm x mol) x b (cammino ottico/lunghezza cuvetta in cm) x c (concentrazione analita quindi proteine/acidi nucleici in mol/L). Se l’assorbanza è uguale a 2 vuol dire che il campione è molto concentrato e che la luce trasmessa è 100 volte meno intensa di quella incidente quindi deve essere diluito. Lo spettro di assorbimento è un grafico della misura dell’assorbanza in funzione della lunghezza d’onda della luce incidente ed è caratterizzato dalla posizione dei vari picchi e dall’intensità del picco (assorbanza massima). Il solvente ideale dovrebbe sciogliere tutti i composti nel campione ed essere trasparente alla lunghezza d’onda che stiamo considerando, ad esempio l’acqua distillata che non è adatta per i composti organici (che in biochimica non usiamo), gli altri solventi assorbono nell’UV e sotto una certa lunghezza d’onda assorbono troppo per consentire misure sul campione, mentre i solventi volatili devono essere utilizzati con cuvette chiuse gli altri solventi. Lo spettrofotometro è costituito da una sorgente luminosa (xeno per spettro UV-visibile, tungsteno per il visibile, deuterio per l’UV), monocromatore, cella per il campione, cella di riferimento, fotomoltiplicatore e recorder. ACIDI NUCLEICI Le basi azotate degli acidi nucleici assorbono parte della luce che viene emessa dalla sorgente luminosa a una lunghezza d’onda pari a 260 nm. Per capire quantitativamente quanto acido nucleico c’è si assume in modo empirico che il DNA a doppia elica abbia un’assorbanza di 1 quando all’interno della provetta la sua concentrazione sia pari a 50 µg/ml, mentre l’RNA o il DNA a singola elica abbia un’assorbanza di 1 quando la sua concentrazione è di 40 µg/ml. In uno spettro di assorbimento dovremmo avere il picco più alto a 260 nm, mentre gli altri picchi (230 per i Sali o 280 nm per le proteine) devono essere più bassi e indicano la presenza di impurezze (proteine e fenolo). Lo spettrofotometro inoltre fornisce il rapporto A 260/280 che per il DNA puro deve essere circa 1,8, mentre per l’RNA deve essere circa 2, valori più bassi sono sintomo di degradazione. In base alla quantità di campione vengono utilizzati spettrofotometri differenti: - Well da 96: se abbiamo tanto campione, in 200 µL di acqua si aggiungono 2 µL del campione - Nanodrop: si utilizza una piccola quantità di campione (1 µL) e il range di concentrazione va da 2 a 27,500 ng/µL per DNA a singola elica. VANTAGGI -> si utilizzano piccoli volumi, il risultato è rapido. SVANTAGGI -> non si può isolare un campione che ha una concentrazione inferiore a 2ng/µL, non distingue tra DNA a singola e a doppia elica PROTEINE [INTRODUZIONE ANALISI QUANTITATIVA La colorimetria è un’analisi quantitativa che deve essere: - Specifica: non ci devono essere interferenze con altre sostanze (solo le proteine devono reagire). Per le proteine non è così perché molti lysis buffer contengono l’SDS che è il reagente che interferisce con la colorazione di Bredford - Riproducibile: bisogna confrontare i risultati ottenuti rifacendo lo stesso metodo analitico con strumenti, operatori e tempi diversi - Ci deve essere un limite di determinazione: la più piccola quantità di analita deve essere misurata ad un livello stabilito di confidenza statistica. Se le proteine totali risultano maggiori rispetto all’ultimo punto della curva di calibrazione, bisogna diluire il campione per riportare la concentrazione dentro la curva In un’analisi quantitativa la risposta derivante dalla miscela in esame viene confrontata con quella ottenuta da una miscela di composizione uguale, ma avente una concentrazione nota dell’analita (proteine) da determinare (riferimento). Questo è reso possibile grazie a una funzione matematica che correla il segnale (Y: risposta strumentale) alla concentrazione (X) ovvero la curva di calibrazione. Per una corretta costruzione della curva di calibrazione è necessario: - Definire la concentrazione degli standard: gli standard si preparano a partire da una soluzione standard a concentrazione nota con una serie di diluizioni seriali - Stabilire l’intervallo di concentrazione - Definire il numero di campioni di riferimento: minore è il numero di campione e minore sarà la precisione La concentrazione dell’analita viene determinata tramite interpolazione nella regione lineare della curva di calibrazione.] 1. Preparazione del campione: Assicurarsi che il campione non sia troppo concentrato per il metodo di separazione scelto, se lo è diluirlo 2. Scelta del metodo di analisi: esistono principalmente 3 metodi: - Basato sull’assorbanza UV: Fotometria diretta: la maggior parte delle proteine risultano incolori nel visibile perché il legame peptidico e gli amminoacidi aromatici (triptofano, tirosina e fenilalanina), che sono i principali cromofori delle proteine, assorbono nell’UV. Alcune proteine però, legano gruppi prostetici (eme, FAD, NADH, PLP) che assorbono nel visibile quindi possono essere vista. Non viene utilizzata spesso perché si dovrebbe considerare la percentuale di a.a che assorbono quindi non è molto preciso. - Colorimetrico: si basa sul fatto che l’analita si lega a un cromoforo (molecole o parti di molecole, in questo caso i reagenti) il quale assorbe a una data lunghezza d’onda e il cambiamento di colore è proporzionale alla concentrazione delle proteine nel campione. Saggio di Bredford: consiste nella reazione con il reagente coomassie brilliant blu e le proteine (amminoacidi basici) portando alla formazione di un complesso blu che assorbe a 595 nm. USATO: reagente stabile e ha una buona sensibilità Metodo di Lowry: consiste nella reazione con un reagente e le proteine portando alla formazione di un complesso blu che assorbe a 660 nm. NON USATO: il reagente interferisce con tris EDTA presente nella maggior parte dei buffer Metodo del biureto: consiste nella reazione con un reagente e le proteine (in ambiente basico i legami peptidici delle proteine riducono il rame 2+ a rame 1+) portando alla formazione di un complesso blu che assorbe a 540 nm. NON USATO: scarsamente sensibile BCA: consiste nella reazione con un reagente e le proteine (in ambiente basico i legami peptidici delle proteine riducono il rame 2+ a rame 1+) portando alla formazione di un complesso viola che assorbe a 562 nm - Precipitazione con TCA: non viene utilizzata molto spesso perché le proteine di solito sono poche e con questo metodo se ne perdono 3. Preparazione curva di calibrazione: viene utilizzata una proteina di riferimento (BSA) con la quale si preparano delle soluzioni standard a concentrazioni note e misurare l’assorbanza di ciascuno standard per tracciare la curva 4. Trattamento del campione: aggiungere il reagente al campione e, tramite lo spettrofotometro, misurare la lunghezza d’onda 5. Calcolo della concentrazione: confrontare l’assorbanza del campione con la curva di calibrazione per determinare la concentrazione e se si è fatta una diluizione, moltiplicare il valore ottenuto per il fattore di diluizione METABOLITI Vengono analizzati con lo spettrometro di massa, ma se non ce lo abbaimo si utilizzano dei kit basati su determinate reazioni che adesso vedremo: - Colesterolo: gli esteri del colesterolo vengono converti in colesterolo che a sua volta viene convertito in un’altra forma del colesterolo + acqua ossigenata che viene convertita in una molecola che assorbe a 500 nm - Trigliceridi: viene prodotta la stessa molecola del colesterolo che assorbe a 500 nm - Glucosio: viene fatto reagire con uno specifico reagente con il quale produce un complesso che assorbe a 630 nm - Fosfato inorganico: viene fatto reagire con il molibdeno blu e forma un complesso che assorbe a 600-700 nm - Acido urico: viene fatto reagire con un reagente con il quale forma l’allantoina che assorbe a 650 nm ATTIVITÀ ENZIMATICA Per misurare l’attività enzimatica bisogna andare a valutare il substrato (deve diminuire) o il prodotto (che deve aumentare) o il cofattore (conversione) i quali assorbono nel visibile o nell’UV. In spettrofotometria, l’unità di attività enzimatica è proporzionale alla differenza di assorbanza tra l’ultimo e il primo punto, al percorso ottico della cuvetta di 1 cm, alla stechiometria della reazione e dal volume totale della miscela di dosaggio in una cuvetta, mentre è inversamente proporzionale al coefficiente di estinzione e al volume del campione nella miscela di reazione. In realtà tutti questi valori sono fissi e vengono raggruppati nel fattore di correzione e quindi l’unità di attività enzimatica è proporzionale alla differenza dell’assorbanza e al fattore di correzione. -> PROBABILMENTE NON CHIEDE Quando voglio misurare l’attività enzimatica allo spettrofotometro faccio due letture: una all’inizio e una alla fine (quando va a plateau), la differenza tra i due indica la misura dell’attività enzimatica. IMPORTANTE -> la misurazione più utilizzata è la conversione di un cofattore come il NADH che assorbe a 260 nm e a 340 nm, mentre il NAD+ che assorbe a 260 nm. Viene utilizzata per la misurazione del glucosio perché la conversione del glucosio-6-fosfato a 6-fosfogluconato prevede anche la conversione del NADP+ a NADPH (che è uguale al NADH), dell’alanina transaminasi perché converte il piruvato e il NADH in lattato e NAD quindi una diminuzione di NADH è proporzionale all’attività dell’ALT. PRIMO ESERCIZIO SPETTROSCOPIA DI FLUORESCENZA La fluorescenza è l’emissione di luce dovuta all’eccitazione di un elettrone da un livello energetico maggiore a uno minore. L’emissione delle radiazioni fluorescenti avviene a lunghezze d’onda maggiori rispetto alle radiazioni assorbite e la differenza di energia tra radiazioni assorbite ed emessa viene dissipata sottoforma di calore. La fluorescenza è quindi un fenomeno di emissione in cui si misura la trasmissione energetica all’interno della molecola, rilevando la radiazione emessa piuttosto che quella assorbita. È un metodo molto sensibile perché permette di misurare sostanze presenti in tracce (concentrazione minore di 2 ng) e sostanze che assorbono la luce ma non sono fluorescenti (distingue DNA da RNA). Lo spettro di fluorescenza possiede due spettri, uno di eccitazione e uno di emissione. Lo spettrofluorimetro ha la stessa composizione dello spettrofotometro, l’unica differenza è che ha una λ di eccitazione e una di emissione che dobbiamo impostare noi. Un esempio è il QuBIT. Questa spettroscopia può essere utilizzata per analisi quantitative e può essere intrinseca, se vengono utilizzate molecole fluorescenti o estrinseca, se vengono utilizzate molecole non fluorescenti trattate con fluorofori o con sonde fluorescenti. I fluorofori sono agenti fluorescenti come l’etidio bromuro che non viene più utilizzato perché è tossico visto che è un intercalante del DNA e i fluorescent dye che, ad esempio, non si legano al DNA a singola elica o all’RNA, ma si legano solo al DNA a doppia elica. I vantaggi dei fluorescent dye sono la sensibilità e la possibilità di essere automatizzati, ma hanno anche degli svantaggi in quanto serve un fluorimetro/kit e ci vuole più tempo per prepararli. TECNICHE ELETTROFORETICHE L’elettroforesi è una tecnica di separazione che sfrutta la migrazione differenziale di particelle cariche (acidi nucleici e proteine hanno una carica negativa) sotto l’influenza di un campo elettrico. Esistono diversi tipi di elettroforesi ma noi vedremo: - Zonale: può essere su strato sottile o su gel di agarosio (per acidi nucleici) o di poliacrilammide (per proteine). Il gel di poliacrilammide può essere per focalizzazione isoelettrica (non la facciamo) oppure può essere in presenza di SDS - Capillare Si utilizzano sia per analisi qualitative (per lo più) che quantitative PRINCIPI GENERALI Se una forza elettromotrice prodotta da un generatore di corrente viene applicata a due elettrodi immersi in un mezzo fluido conduttore all’interno di un contenitore (la cella elettroforetica), in esso verrà generato un campo elettrico. Il campo elettrico agirà su ogni specie chimica ionica (proteine e acidi nucleici) immersa applicando una forza (o potenziale elettrico) che la spinge verso l’elettrodo, o polo elettrico, di segno opposto, in modo proporzionale sia al valore del campo elettrico (E) sia alla carica dello ione stesso (q). La presenza del mezzo (poliacrilammide o agarosio) produce anche una forza contraria a questo movimento (o resistenza frizionale) che dipende sia dalla natura del fluido in cui ha luogo il movimento sia dal tipo di molecola in movimento. La mobilità elettroforetica è la capacità di un dato analita di migrare nel gel ed è uguale alla velocità/campo elettrico. I fattori che influenzano la mobilità della specie ionica sono: - Carica della molecola (q): maggiore è la carica e maggiore sarà la mobilità - Gradiente del potenziale del campo elettrico: è dato dalla differenza di potenziale tra i due elettrodi diviso la distanza in cm tra i due. Maggiore sono i Volt e maggiore sarà la migrazione - Resistenza di attrito del mezzo: dipende dalle dimensioni (più sono grandi, più sono lente) e dalla forma (più sono globulari, più sono veloci) della molecola da separare (proteine o acidi nucleici) e dalla viscosità e dalla natura del buffer. Minore è la percentuale di agarosio/poliacrilammide e maggiore sarà la migrazione La velocità elettroforetica è direttamente proporzionale al campo elettrico e alla carica e inversamente proporzionale alla forza frizionale, quindi a parità di campo elettrico e di forza frizionale, la velocità di migrazione dipende dalla carica elettrica ZONALE DIFFERENZA CON CELLA GALVANICA GALVANICA ELETTROFORETICA Anodo Negativo Positivo Catodo Positivo Negativo Nelle celle elettrochimiche, l’anodo è l’elettrodo dove avviene una semireazione di ossidazione (perdita di elettroni): - Galvanica: spontanea e produce elettroni -> anodo negativo - Elettroforetica (rosso): forzata sottraendo elettroni -> anodo positivo. Viene messo in basso Mentre il catodo è l’elettrodo dove avviene una semireazione di riduzione (acquisto di elettroni): - Galvanica: spontanea e consuma elettroni-> catodo positivo - Elettroforetica (nero): forzata somministrando elettroni attraverso la corrente -> catodo negativo. Viene messo in alto Don’t PANIC: Positive is Anode, Negative Is Cathode APPARECCHIATURA Comprende: Alimentatore Cella elettroforetica L’alimentatore ha potenza fino a 3000 V, converte la corrente da alternata a continua e serve a mantenere costante o la tensione o l’intensità di corrente. Solitamente viene mantenuta costante la tensione perché durante la corsa il supporto si scalda e quindi può aumentare la resistenza e, mantenendo costante la tensione, l’intensità diminuisce compensando il surriscaldamento. In alcuni apparati la temperatura può essere abbassata con il ghiaccio o con un sistema di raffreddamento. La cella elettroforetica può essere a sviluppo orizzontale (contiene l’agarosio e serve per gli acidi nucleici) o verticale (contiene la poliacrilamide e serve per le proteine) ed è costituita da: - Specie ionica con una carica q: acidi nucleici o proteine - Elettrodi: anodo e catodo la cui differenza genera un campo elettrico che dipende dalla distanza degli elettrodi - Gel: è costituito da: Matrice: è una rete tridimensionale con pori e può essere di: Agarosio Poliacrilamide Buffer di corsa (tampone): è la soluzione in cui è dissolta la matrice ed è costituita da ioni conduttori (permette il passaggio della corrente applicata) e tampone (mantiene il pH costante durante la corsa). Possiede quindi una forza ionica che influenza la mobilità elettroforetica del soluto e la forma della banda (con un’elevata forza ionica la banda si assottiglia, ma aumenta la temperatura) ELETTROFORESI SU GEL DI AGAROSIO (ACIDI NUCLEICI) 1. Preparazione del campione: Estrazione proteine/acidi nucleici Quantificazione Aggiunta del loading buffer: contiene colorante tracciante (blu bromofenolo, orange G o xilene cianolo) per vedere quando la molecola è migrata in modo tale da spegnere l’alimentatore, glicerolo e saccarosio (permette la precipitazione del DNA), acqua ed EDTA 2. Preparazione del supporto: Il gel d’agarosio è un polisaccaride naturale che si estrae dalle alghe ed è costituito da un’unità fondamentale che è un disaccaride. Il gel d’agarosio viene preparato tra lo 0,5-2% e ciò dipende dalla grandezza dei campioni, se abbiamo un DNA da PCR “piccolo” (100-200-300 pb) prepareremo un gel più concentrato quindi al 2%, se abbiamo un DNA genomico “grande” prepareremo un gel meno concentrato quindi allo 0,5%. La preparazione del gel viene fatta per transizione termica: Pesare agarosio Aggiungere il buffer di corsa e si forma una soluzione bianca Scaldare la soluzione che diventerà trasparente Lasciar raffreddare Aggiungere un colorante intercalante del DNA: si lega al DNA e, visto che assorbe nell’UV, viene utilizzato per visualizzarlo sotto la lampada UV e quantificarlo visto che l’intensità è proporzionale alla quantità di campione. Non viene utilizzato l’etidio bromuro (500-590 nm) perché è tossico, ma viene utilizzato il SYBR safe Versare la soluzione nel contenitore e aggiungere il pettine per la creazione dei pozzetti Lasciar solidificare e posizionare il gel nella vasca della cella elettroforetica Riempire la vasca con il buffer di corsa fino a coprire il gel: tris-acetato o tris-borato contenente EDTA Rimuovere il pettine 3. Caricamento: nel primo pozzetto di mette il marker, mentre negli altri i campioni 4. Migrazione elettroforetica: il DNA migra dal polo negativo (catodo nero) al polo positivo (anodo rosso) in base alle dimensioni (maggiori sono le dimensioni e minore sarà la velocità di corsa e quindi rimangono verso il polo negativo) 5. Rivelazione: viene visualizzato con la lampada UV DNA genomico (): in ogni colonna appare una banda RNA: appare solo l’RNA ribosomiale perché è il più abbondante a differenza dell’mRNA e in ogni colonna appaiono due bande, una per il 28S e una per il 18S. 1 e 4 colonna: RNA ribosomiale (ratio di 2) 2 colonna: RNA ribosomiale contaminato con DNA genomico, aggiungere DNAasi 3 colonna: RNA degradato quindi avrà una ratio di quasi 0 per presenza di RNAasi ELETTROFORESI SU GEL DI POLIACRILAMIDE (PROTEINE) La polimerizzazione radicalica di monomeri di acrilamide porta a catene polimeriche molto lunghe la cui tridimensionalità è determinata dall’aggiunta di un agente polimerizzante (bis-acrilamide) che permette la formazione di legami covalenti trasversali tra le catene lineari. L’acrilamide è neurotossica, si accumula e può essere assorbita attraverso i guanti, dopo la polimerizzazione la tossicità è dovuta a residui non polimerizzati. La poliacrilamide viene preparata tra 5-15% e ciò dipende dalla grandezza dei campioni, se abbiamo degli istoni che sono “piccoli” (10-15 kDalton) prepareremo un gel più concentrato quindi al 15%, se abbiamo un RNA polimerasi che è “grande” (220 kD) prepareremo un gel meno concentrato quindi allo 5%. Attualmente esistono dei gel definiti “a gradiente” con una percentuale mista (4-12%) in modo tale da avere un effetto setacciante in maniera differenziale così da poter vedere sia le proteine più piccole che quelle più grandi. Si può anche agire sulla temperatura e sulla concentrazione in modo tale da cambiare la porosità e quindi migliorare la separazione (maggiore è la concentrazione di poliacrilamide e minore sarà la porosità e quindi maggiore sarà l’effetto di setacciamento). La preparazione del gel viene fatta per polimerizzazione radicalica: - Alla soluzione di monomeri di acrilamide e bis-acrilamide aggiungere il TEMED che è il catalizzatore della polimerizzazione - Aggiungere l’APS che è l’iniziatore della reazione di polimerizzazione perché in acqua forma dei radicali liberi (radicale solforico) che entrano nella reazione - Eliminare l’ossigeno in quanto inibisce la polimerizzazione - Dopo qualche secondo, colarlo nel gel dove inizierà la polimerizzazione SDS-PAGE L’elettroforesi in gel di poliacrilamide in presenza di sodio dodecilsolfato permette la migrazione di una proteina verso il polo positivo solo in base al loro peso molecolare e non in base alla forma. Per questo motivo vengono aggiunti l’SDS (denatura la proteina) e un agente riducente (rimuove i ponti disolfuro e sono ad esempio il β-mercaptoetanolo e il DTT) in presenza di elevate temperature in modo tale che la proteina perda la sua struttura secondaria, terziaria e quaternaria e rimanga solo con la sua struttura primaria carica negativamente. Le glicoproteine migrano in modo diverso perché la glicosilazione può impattare sulla corsa. 1. Preparazione del campione: Estrazione proteine Quantificazione Aggiunta del loading buffer (laemmli buffer): è un tampone a pH di 6,8 contenente SDS, il DTT, un colorante tracciante (blu bromofenolo) per vedere quando la molecola è migrata e il glicerolo (permette la precipitazione del DNA) Riscaldare il campione 2. Preparazione del supporto: sono presenti 2 gel: Stacking (1-2 cm): Bassa concentrazione di acrilamide (5-6%): in modo tale da avere grandi pori visto che le proteine non migrano in base al loro peso molecolare ma si impaccano tutte sulla linea di partenza (linea blu) Tampone di Trsi-HCl a pH di 6,8: una volta applicato il campo elettrico gli ioni Cl- e il complesso proteina-SDS si muovono velocemente, mentre la glicina (6,7 è il suo punto isoelettrico) è praticamente ferma perché non è carica, consentendo l’impaccamento Running: Alta concentrazione di acrilamide (5-6%): in modo tale da avere piccoli pori visto che le proteine devono migrare in base al loro peso molecolare Tampone di Trsi-HCl a pH di 8,8: una volta applicato il campo elettrico la glicina si muove velocemente, mentre il complesso proteina-SDS si può separare in base alle dimensioni molecolari. 3. Caricamento: nel primo pozzetto di mette il marker (miscela di proteine a peso molecolare noto), mentre negli altri i campioni 4. Migrazione elettroforetica: le proteine migrano dal polo negativo al polo positivo in base al loro peso molecolare (maggiore è il peso e minore sarà la velocità di corsa e quindi rimangono in alto verso il polo negativo) 5. Rivelazione: Per la rivelazione delle bande esistono metodiche: - Generali (coloranti): una volta che la corsa è terminata bisogna estrarre il gel dai due vetri e immerso in una soluzione di metanolo e acido acetico per permettere la fissazione delle proteine al gel. Successivamente si procede con: Blue coomassie: aggiungere una soluzione di coomassie brillant blu che si legherà in modo non specifico a tutte le proteine, rimuovere il colorante non legato tramite decolorazioni Nitrato d’argento: è più sensibile del blue coomassie. Viene aggiunto prima un sensibilizzante, poi il nitrato d’argento e infine uno sviluppatore di formalina e carbonato di sodio. La formaldeide riduce gli ioni d’argento formando dei precipitati marroni - Specifiche: Attività enzimatiche (zimografie): con uno zimogramma si va a vedere l’attività di enzimi particolari. Se si considerano le proteasi, il gel può contenere gelatina o caseina che fungono da substrato e quindi verranno consumati se gli enzimi possiedono attività enzimatica Immunologiche (western blot): è una tecnica semi-quantitativa perché va solo a vedere i pixel nei rettangolini. Avviene mediante l’utilizzo di anticorpi che sono costituiti da due piccole catene leggere legate tramite ponti disolfuro a due grandi catene pesanti che sono specifiche per un determinato target. Gli anticorpi monoclonali sono anticorpi prodotti dallo stesso tipo di cellula immunitaria che sono cloni di una singola cellula madre quindi sono tutti uguali. Gli anticorpi policlonali sono anticorpi che derivano da diverse linee di cellule B. PROCEDIMENTO-> 1. Una volta che la corsa è terminata bisogna estrarre il gel dai due vetri e metterlo in un’altra cella elettroforetica costituita da un catodo, una spugna, una carta imbevuta di tampone, una membrana, il gel, una carta imbevuta di tampone, una spugna e un anodo. 2. Elettrofrasferimento: accendere l’elettricità e le proteine migreranno dal gel alla membrana 3. Per verificare che questo trasferimento è avvenuto si utilizza il colorante rosso pounceau che colora tutte le proteine e va bene per qualsiasi membrana utilizzata (nitrocellulosa, PVDF) o, molto raramente, dei coloranti fluorescenti come il deep purple o il sypro ruby. 4. Blocking: immergere il gel in una soluzione diluita di proteine come la BSA o il latte scremato in polvere. Questo passaggio serve per impedire il legame tra l’anticorpo e la membrana visto che essa a un’elevata capacità di legare le proteine in generale. Se ci si dimentica del blocking, durante la rilevazione il segnale sarà più sporco 5. Aggiungere l’anticorpo primario (mouse), di solito monoclonale, specifico per una determinata proteina 6. Aggiungere l’anticorpo secondario (anti-mouse), di solito policlonale, che riconosce e si lega alla regione costante dell’anticorpo primario. L’anticorpo secondario è coniugato a un enzima (fosfatasi alcalina, perossidasi di rafano) o a un marcatore fluorescente. Gli anticorpi utilizzati non è detto che vadano bene anche per altre tecniche 7. Rilevazione: Un esempio di enzima è la perossidasi di rafano che ossida il luminolo e produce una molecola che decadendo produce un segnale luminoso visibile attraverso la chemiluminescenza. Se questo segnale non viene visto può essere amplificato con degli enhancers (fenoli) TIPI DI MEMBRANA-> possono essere costituite da nitrocellulosa o da PVDF o da nylon utilizzata solo per proteine radioattive o proteine chemioluminescenti non radioattivi. TRASFERIMENTO-> le proteine ad alto peso molecolare e a basso peso molecolare (per ovviare questo problema utilizzare glutaraldeide per la fissazione delle proteine o nitrocellulosa) vengono trasferite difficilmente FONDAMENTALE-> Può essere utilizzato un normalizzatore interno (come l’actina perché è una proteina presente in quasi tutte le cellule in abbondanza ed è espressa in modo stabile) che ci dice se i campioni sono stati caricati nello stesso modo CAPILLARE È condotta in un capillare di silice fusa VANTAGGI - Ridotti volumi di campione (nL o pL): è la tecnologia più avanzata per gli acidi nucleici perché con un gel d’agarosio bisogna avere almeno 100 ng di DNA che è molto difficile ottenere - Migliore dissipazione di calore: ciò comporta l’utilizzo di elevati voltaggi e tempi ridotti di separazione - Possibilità di accoppiamento con rivelatori ad elevata sensibilità e specificità come lo spettrometro di massa RISULTATO Per una proteina esistono dei sistemi di trasformazione dei dati analogici che forniscono grafici in cui le bande sono registrate come picchi in funzione del tempo di migrazione (elettroferogramma: sull’asse delle X c’è il tempo di migrazione, mentre sull’asse delle Y c’è l’intensità del segnale correlata alla concentrazione dell’analita). DNA RNA Per gli acidi nucleici vengono utilizzati dei bioanalyzer o il tapestation (che è un bioanalyzer più moderna) in cui ci sono delle card, che corrispondono al gel, in cui vengono iniettati 0,5 µL del campione, avviene l’elettroforesi capillare e attraverso un sistema di rilevazione le bande vengono convertite in picchi. Per quanto riguarda l’RNA, questi sistemi forniscono informazioni sulla degradazione della molecola attraverso il RIN (1 totalmente degradato, bande molto sbiadite, e 10 totalmente intatto) e l’eventuale utilizzo per una trascrittomica. PCR (Polymerase Chain Reaction) È una tecnica per amplificare specifiche sequenze di DNA (genomico, plasmidico o clonato). REAGENTI All’interno delle Eppendorf o delle well da 96 andranno messi: - DNA/RNA stampo: se all’interno c’è l’RNA non viene messa la DNA polimerasi ma viene fatta una reazione di retrotrascrizione dalla quale si ottiene il cDNA - Primers: devono avere una lunghezza adatta altrimenti si attaccherebbero ovunque sul filamento andando a trascrivere porzioni che non sono di nostro interesse. - dNTPs: ovvero i 4 nucleotidi che sono adenina, guanina, citosina e tirosina/uracile - Taq DNA polimerasi: è la polimerasi derivante dal batterio Thermus aquaticus isolato al Mushroom Spring nel parco nazionale di Yellowstone. Prima veniva utilizzata la DNA polimerasi proveniente dall’E. coli, ma si è visto che a 95°C (temperatura a cui avviene la denaturazione) si distruggeva quindi doveva essere riinserito a ogni ciclo. - MgCl2 - Buffer - Cosolventi: possono essere aggiunti o no Queste provette prima venivano inserite ciclicamente in tre bagnetti, uno a 95°C, uno a 55°C e uno a 72°C, poi questo processo è stato automizzato con l’introduzione dei termociclatori PROCESSO Avviene in 3 step: 1. Denaturazione (95°C): prevede l’apertura della doppia elica del DNA tramite riscaldamento e si ottengono due filamenti, uno sopra (5’ 3’) e uno sotto (3’5’). Avviene a una temperatura maggiore di 90 °C (92-98°C) per 30-60 secondi 2. Annealing (55°C): legame dei primer ai due filamenti all’estremità 3’. La temperatura dipende dai primers (dalla temperatura di melting) e dal DNA stampo, di solito è tra i 45 e i 65 °C per 30-65 secondi 3. Estensione (72°C): la DNA polimerasi estende l’estremità 3’ dei primer; quindi, in quello sopra va da destra a sinistra, mentre in quello sotto da sinistra a destra. Avviene a 72 °C per 30-120 secondi Questi step vengono ripetuti ciclicamente per un certo numero di volte (25-35). La temperatura di melting è la temperatura alla quale metà delle molecole di DNA a doppio filamento formate dal primer e dal suo target si denaturano separandosi in singoli filamenti, quindi, è la temperatura alla quale i primer si attaccano e si dissociano dalla molecola di DNA. Il suo valore può essere determinato dal contenuto di guanina e citosina ([4 x (n°G + n°C)] + [2 x (n°A + n°T]) e se è tra 52 e 58 °C producono i risultati migliori, se è maggiore di 65°C possono formare delle strutture secondarie (formazione di loop o forcine). Questa temperatura deve essere corretta perché se è troppo elevata i primers non si legano, se è troppo bassa si possono legare qualsiasi sequenza. PRIMERS Requisiti che devono avere i primers: - Contenuto GC non troppo elevato: tra 20-80% - Temperatura identica tra i primer - Lunghezza compresa tra 17 e 30 basi - Evitare la ripetizione della stessa base per troppo tempo: GGGG non va bene - Evitare strutture secondarie e sequenze palindromiche - Verificare che non esistano complementarità tra i due primer: perché se no si legano tra loro - L’estremità 3’ di innesco è la più critica e va scelta con cura - La temperatura di melting è fondamentale per scegliere la temperatura di annealing e deve essere 2-5 °C più bassa rispetto a quella data per garantire un’ibridazione specifica tra primer e il DNA SE NON VIENE Se la PCR non viene o abbiamo troppi frammenti (vuol dire che ha amplificato in modo aspecifico), bisogna variare i parametri: - Fisici: Temperatura e temperatura di melting Anneling Estensione - Chimici: Tipo e concentrazione dell’enzima Concentrazione di MgCl2 e di dNTP Concentrazione e sequenza dei primers Cosolventi - Protocollo: Se no si possono aggiungere uno di questi reagenti: - BSA: stabilizza gli enzimi e lega gli inibitori della PCR - DMSO: inibisce l’attività dell’enzima e abbassa la temperatura di melting (o fusione), ma riduce le strutture secondarie delle regioni ricche in GC. - Formammide: aumenta la specificità della PCR a basse temperature di denaturazione - Glicerolo: aumenta la stabilità termica della DNA polimerasi e migliora l’amplificazione delle regioni ricche di GC - Detergenti non ionici (triton): stabilizzano la DNA polimerasi, evitano la formazione di strutture secondarie e aumentano la resa di amplificazione APPLICAZIONI La PCR viene utilizzata nella ricerca di base ma anche: - Gene expression: - Genotyping: è la determinazione delle differenze genetiche presenti nei genomi di individui o popolazioni. Con la PCR si possono andare a osservare la presenza di inserzioni (la molecola peserà di più) o delezioni (la molecola peserà di meno) - Clonaggio - Mutare sequenze di DNA - NGS - Medicina forense - Applicazioni scientifiche: diagnostica media e nella medicina legale GENE EXPRESSION È il processo attraverso il quale un’informazione contenuta in un gene viene utilizzata per produrre una molecola funzionale come l’RNA. Per amplificare una molecola di mRNA viene fatta la RT-PCR che prevede prima una retrotrascrizione e poi la PCR. Il processo di retrotrascrizione prevede: 1. Per il processo di retrotrascrizione c’è bisogno di primer e nucleotidi. I primers possono essere costituiti da oligo dt complementari alla coda di adenine dell’mRNA, da primer casuali (si legano in modo casuale alla molecola di RNA quindi possono essere utilizzati per amplificare tutti i tipi di RNA e non solo l’mRNA) o da primer specifici (se si vuole amplificare un singolo gene) 2. Formazione di una molecola di DNA (cDNA) complementare all’RNA ad opera della trascrittasi inversa 3. Il filamento di RNA viene degradato. Alcune volte questo processo viene fatto direttamente dalla trascrittasi inversa Quindi i reagenti da aggiungere alla provetta sono: - RNA - Primer: oligo dr - dNPS - Trascrittasi inversa - Inibitore dell’RNasi - Buffer Questa provetta viene poi messa prima a 42°C (temperatura ottimale della tracrittasi inversa) per 30 secondi e poi a 95°C per 10 secondi (denaturare la trascrittasi inversa) Una volta ottenuto il singolo filamento di DNA, nel primo ciclo della PCR prevede la formazione di un secondo filamento di DNA complementare così da formare il DNA a doppia elica utilizzabile nella PCR tradizionale: 1. Denaturazione 2. Anealing: i primer utilizzati devono andare da un esone all’altro per garantire che l’amplificazione sia solo del cDNA (rappresenta l’RNA maturo) e non di DNA genomici contaminanti. Questo perché il DNA genomico è costituito da esoni e da introni, mentre il cDNA solo da esoni perché gli introni sono stati eliminati nel processo di splicing. Quindi se i primer sono da esone a esone, si legano solo al cDNA e non al DNA genomico 3. Estensione Quindi i reagenti da aggiungere nella provetta sono: - Buffer - cDNA - DNA polimerasi La retrotrascrizione e la PCR possono avvenire o in uno step o in due step CONTROLLI SPERIMENTALI - Controllo negativo: contiene tutti i componenti della reazione tranne la trascrittasi inversa; quindi, in questo controllo non dovrebbe avvenire la trascrittasi inversa e se dalla PCR si verifica un’amplificazione, probabilmente sarà dovuta al DNA contaminante RISULTATO Dalla PCR si ottengono gli ampliconi che corrispondono a 2n copie di molecole di DNA a doppio filamento in cui n = n° dei cicli. GEL D’AGAROSIO Per verificare che la PCR sia venuta, si può fare un’elettroforesi su gel d’agarosio che però non è un metodo quantitativo perché si possono andare a contare i pixel ma non è preciso come uno spettrofotometro. In ogni colonna ci deve essere una sola banda: 1, 2 e 4: la PCR è venuta, sono stati utilizzati primers diversi 5: la PCR non è venuta perché i primers si sono appaiati in modo aspecifico. In questo caso bisogna cambiare le condizioni per avere un solo frammento. PCR QUANTITATIVA (Q-PCR)/PCR IN TEMPO REALE (RT-PCR) Viene chiamata in questo modo perché la fluorescenza viene misurata man mano che la reazione va avanti grazie a termociclatori. La fluorescenza è data dall’introduzione di: - Coloranti fluorescenti non specifici che si intercalano al DNA a doppio filamento. SYBR green che si lega alla doppia elica di DNA ed emette fluorescenza in modo proporzionale alla quantità di DNA amplificato VANTAGGI-> costa poco, può essere utilizzato sempre SVANTAGGI -> meno specifica, nella stessa provetta non possono essere fatte reazioni diverse - Sonde: sono costituite da oligonucleotidi che si appaiano alla sequenza complementare sul DNA e rilasciano fluorescenza. Esistono due tipi di sonde: TaqMan: è una sonda oligonucleotidica legata a un fluoroforo e a un quencher (qualcosa che inibisce qualcos’altro) che si lega a specifiche sequenze di DNA durante l’annealig. Man mano che l’enzima amplifica il DNA, degrada la sonda e separa il fluoroforo e il quancher generando un segnale fluorescente. CONTRO-> costi elevati, non può essere utilizzata sempre USI -> analisi di mutazioni, quantificazione precisa del DNA STRUMENTI 1. Termociclatore per PCR 2. Modulo ottico per rilevare la fluorescenza 3. Computer per convertire i dati di fluorescenza in risultati significativi Ad oggi queste tre cose sono incorporate in un unico macchinario GRAFICO - Primi cicli: la macchina non rileva fluorescenza - Fase esponenziale: la macchina rileva fluorescenza perché la quantità di prodotto della PCR raddoppia ad ogni ciclo - Fase di plateau: i componenti della reazione vengono consumati Il Ct (treshold cycle) è il numero di cicli in cui si accumula abbastanza prodotto amplificato da produrre un segnale fluorescente rilevabile: - Più basso è il suo valore, e maggiore sarà la quantità di DNA/RNA iniziale nel campione perché il segnale è stato rilevato rapidamente. - Più alto è il suo valore, e minore sarà la quantità di DNA/RNA iniziale nel campione perché sono stati necessari più cicli per accumulare un segnale sufficiente per superare la soglia il segnale è stato rilevato rapidamente. TERMINI La PCR quantitativa può essere associata alla RT-PCR e prende il nome di qRT-PCR. Quindi: - PCR - RT-PCR: retrotrascrizione + PCR - qPCR: PCR con coloranti fluorescenti o sonde - qRT-PCR: retrotrascrizione + PCR con coloranti fluorescenti o sonde. Viene utilizzata per quantificare l’RNA ESERCIZIO QUANTIFICAZIONE ASSOLUTA CON CURVA STANDARD (non la faremo all’esame) Consiste nel confronto dei valori di CT dei campioni con una curva standard e il risultato che si ottiene è la quantità di acido nucleico per una quantità di campione QUANTIFICAZIONE RELATIVA (faremo questa all’esame) Consiste nel confronto dei valori di CT dei campioni con i valori del controllo quindi il risultato ottenuto sarà “quante volte in più o in meno rispetto a un controllo” NORMALIZZATORE Vale solo per la quantificazione relativa e serve per assicurarci che i valori ottenuti siano comparabili. Corrisponde a un gene in cui l’espressione è costante in tutti i campioni e non è impattata dal farmaco quindi ci da una misura sulla quantità di cDNA presente inizialmente e della precisione con la quale è stata fatta la misurazione. CLONAGGIO La tecnologia del DNA ricombinante o ingegneria genetica è l’insieme delle tecniche di laboratorio che consentono di isolare e tagliare brevi sequenze di DNA per trasferirle nel genoma di altre cellule modificando uno o più geni. Una di queste tecniche è proprio il clonaggio. Il clonaggio è un sistema per ottenere molte copie di un gene inserendolo in un ospite mediante l’uso di vettori molecolari. Gli “ospiti” utilizzati sono procarioti per la loro semplicità, per i costi rispetto agli eucarioti in quanto la coltivazione di queste cellule è lenta, costosa e difficilmente Il clonaggio serve per: - Studiare la funzione dei geni (trattato in questo corso) - Produrre proteine ricombinanti (trattato in un altro corso ovvero farmaci ricombinanti): è importante perché serve per la produzione di farmaci (insulina e ormone della crescita in E. Coli), di molecole (eritropoietina in cellule di insetto) e di antigeni (per la produzione di vaccini come quello per l’epatite B prodotto nel lievito). La produzione di proteine ricombinanti può avvenire all’interno di procarioti ma la maggior parte vengono prodotte negli eucarioti perché le proteine prodotte dai procarioti sono prive di modificazioni post-traduzionali. INGREDIENTI 1. Vettori: Servono per trasportare un gene in un organismo ospite e i più utilizzati sono i plasmidi batterici e i virus (molto più grandi ma noi non li tratteremo), ma ci sono anche altre molecole. I plasmidi batterici hanno dimensioni ridotte e la loro principale funzione è quella di clonare e di esprimere le proteine. Sono molecole di DNA circolare a doppio filamento extracromosomale e hanno delle caratteristiche comuni: Replicazione autonoma rispetto al DNA batterico Hanno dei geni che conferiscono un vantaggio rispetto a quelli che non li possiedono (ad esempio, resistenza agli antibiotici) Possono essere presenti in copie variabili Possono essercene più di uno Composizione: origine di replicazione, geni di resistenza agli antibiotici, siti di clonaggio e, in alcuni casi, dei geni reporter. L’origine di replicazione è una sequenza di DNA che consente al plasmide di replicarsi autonomamente. I geni di resistenza agli antibiotici vengono utilizzati come marcatori selettivi per identificare le cellule con il plasmide. I siti di clonaggio sono sequenze specifiche che vengono riconosciute dagli enzimi di restrizione per l’inserimento del gene d’interesse. I geni reporter permettono la verifica della presenza del plasmide e sono, ad esempio, il gene LacZ (permette la sintesi di una proteina che con un substrato diventa blu), la glutatione-S-transferasi (permette la sintesi di una proteina di interesse) 2. Enzimi che agiscono sul plasmide: Enzimi di restrizione (endonucleasi): enzimi che riconoscono una specifica sequenza (palindroma: sequenza letta nello stesso modo in entrambe le direzioni come GAATTC sul filamento 5’->3’ e CTTAAG sul filamento 3’->5’) di 4-8 nucleotide e che tagliano all’interno di questa producendo dei frammenti di restrizione. L’idrolisi del legame fosfodiesterico avviene tra l’ossidrile in posizione 3’ di un nucleotide e il fosfato in posizione 5’ del nucleotide adiacente e può produrre estremità sporgenti (sticky ends) o estremità piatte (blunt ends), se tagliano in mezzo alla sequenza palindromica. Il nome dell’enzima di restrizione deriva dal batterio da cui è stato isolato e richiedono un substrato (DNA lineare o circolare, quest’ultimo richiede più unità di enzimi), sequenze palindromiche sul substrato (devono esserci nucleotidi in eccesso affinchè il taglio venga bene), il buffer (con specifiche condizioni di forza ionica), una determinata temperatura (37°C) e una certa quantità di enzima. Ligasi: enzima che legano frammenti di DNA. questa reazione richiede energia (ATP) e prevede la formazione del legame fosfodiesterico (legame tra OH e PO4 di due frammenti di DNA) 3. Inserto: gene da clonare Il gene da clonare può essere preso dal genoma, dal cDNA o da piccole sequenze di RNA. Nel primo caso (genoma) possono essere selezionati anche geni non codificanti (promotori, regolatori, introni), mentre nel secondo caso (cDNA) possono essere selezionati solo geni che codificano per proteine (anche perché le sequenze non codificanti sono già state eliminate durante il processo di splicing visto che la sintesi del cDNA prevede: mRNA->cDNA). Solitamente il rapporto utilizzato tra vettore e inserto è 1:3 TAPPE 1. Isolamento di un gene da un genoma 2. “Costruzione” del vettore ricombinante con il gene di interesse: Le aziende forniscono i geni di interesse all’interno di plasmidi e, se lo vogliamo inserire in un altro plasmide che possiede altri siti (come le sequenze palindrome di EcoRI e di NotI), dovrò ricorrere alla PCR per l’introduzione di determinati siti di restrizione. PCR: prevede l’inserimento di primer specifici contenenti sia la sequenza per l’annealing (sequenza complementare al DNA target), sia la sequenza palindroma per gli enzimi di restrizione che verranno incorporati nel prodotto di PCR. Durante la PCR verrà amplificato il DNA target in cui le estremità saranno costituite dai siti di restrizione Digestione prodotto di PCR: viene trattato con gli enzimi di restrizione in modo tale che vadano a tagliare in corrispondenza dei siti di restrizione Digestione plasmide di interesse: viene trattato con gli stessi enzimi di restrizione in modo tale da avere estremità complementari Ligazione: il prodotto di PCR verrà ligato al plasmide di nostro interesse 3. Inserimento del vettore ricombinante con il gene di interesse nella cellula ospite: Questo processo può avvenire per trasformazione batterica o trasfezione in base alla cellula ospite, nel primo caso la cellula ospite è procariotica (batteri), nel secondo caso è eucariotica (mammifero in coltura). La trasformazione batterica viene fatta per verifica che la formazione del vettore ricombinante con il gene di interesse è stato fatto nel modo corretto e, in caso affermativo, per produrne tante copie utilizzabili nella trasfezione. Affinché le cellule ospiti acquisiscano il DNA esogeno devono essere competenti e per renderle competenti vengono utilizzati metodi: Chimici: aggiunta di calcio cloruro a 4 °C e successivamente si incuba a 42 °C per avere uno shock termico in modo tale da rendere più permeabile la membrana Fisici: la cellula viene sottoposta a impulso elettrico ad alta tensione -> elettroporazione Successivamente i batteri vengono coltivati in piastra con l’agar e l’antibiotico e le colonie che si ottengono dopo la crescita deriveranno dai batteri che hanno acquisito il vettore ricombinante con il gene di interesse. 4. Moltiplicazione delle cellule ospiti: i batteri verranno fatti crescere all’interno di una beuta che contiene del brodo di coltura overnight a 37 °C 5. Estrazione e purificazione DNA plasmidico (maxi prep): viene fatta attraverso una cromatografia a scambio ionico che prevede diversi step: Pellettare i batteri: attraverso centrifugazione del contenuto della beuta Lisi batterica: attraverso una lisi alcalina Trasferimento in colonna per cromatografia: il DNA si lega alla colonna; lavare; eluire; precipitare con isopropanolo il DNA plasmidico 6. Controllo su gel elettroforesi: il DNA plasmidico viene separato in frammenti attraverso l’utilizzo di enzimi di restrizione in modo tale che sul gel si separino in base alle loro dimensioni 7. Dosaggio: mediante spettrofotometria si quantifica il DNA presente TIPI DI PLASMIDI VETTORI DI ESPRESSIONE Plasmidi che contengono geni che codificano una proteina e questa sintesi avviene in una cellula ospite GENI REPORTER Plasmidi che contengono un gene reporter ovvero un gene che codifica una proteina solo se viene attivato dalla sequenza regolatoria a monte del gene. Questa proteina è facilmente misurabile in quanto producono un segnale proporzionale all’attivazione delle sequenze regolatorie. Questi geni sono posizionati a valle delle sequenze regolatorie che sono quelle che effettivamente vengono clonate. Esistono diversi geni reporter che portano alla sintesi di β-galattosidasi (è un enzima che converte il substrato in un prodotto blu), la luciferasi (è un enzima che ossida il substrato luciferina e durante questa ossidazione viene emessa della luce che viene misurata con il luminometro; se viene prodotta tanta luce, vuol dire che si ha alta attività luciferasi e quindi la sequenza regolatoria ha attivato il gene e viceversa), fosfatasi alcalina e la GFP (proteina verde fluorescente). All’interno della stessa cellula posso trasfettare due plasmidi, uno con la luciferasi (e il gene d’interesse) e uno con la renilla che è un tipo di luciferasi (e il gene d’interesse). Quello con la luciferasi ci dice se la sequenza regolatoria è stata attivata, mentre quello con la renilla ci dice se la cellula è stata trasfettata PROTEINE DI FUSIONE Plasmidi che contengono geni che codificano una proteina che sia una fusione tra una proteina di interesse e una tag (ovvero una proteina con una funzione aggiuntiva). Tra i tag troviamo il GST (utilizzato per la purificazione della proteina d’interesse), la FLAG (utilizzato per il rilevamento della proteina mediante anticorpi) e l’His-tag. Le proteine con i tag vengono utilizzate perché possono essere purificate (attraverso una cromatografia di affinità), rivelate con western blot (se non ho un anticorpo) e immunoprecipitate. TRASFEZIONE GENICA La trasfezione genica è il trasferimento di DNA esogeno in cellule di mammifero per lo studio della funzione e dei meccanismi di controllo dei geni. Viene utilizzata per produrre proteine ricombinanti (raramente), attivare o inibire l’espressione di geni nelle cellule ospiti e per la terapia genica. INGREDIENTI 1. Cellule ospiti: non tutte le cellule possono essere trasfettate. Le linee cellulari immortalizzate, che proliferano molto facilmente, si trasfettano molto più facilemnte rispetto alle linee primarie 2. Vettori: vedi su CARATTERISTICHE La trasfezione perfetta prevede un’elevata efficienza, una bassa tossicità e che sia riproducibile in vitro e in vivo. TIPI - Transiente: viene utilizzata per esperimenti a breve termine perché il plasmide non si integra al genoma ma rimane come molecola libera quindi l’espressione dura solo per un periodo di tempo limitato (48-72 ore) e poi viene degradato. Si ottiene una popolazione cellulare disomogenea (alcune cellule avranno più plasmide delle altre). -> plasmide circolare - Stabile: viene utilizzata per esperimenti a lungo termine perché il plasmide si integra casualmente nel genoma della cellula ospite replicandosi quando il genoma dell’ospite di replica. Si ottiene una popolazione cellulare omogenea (derivano da un unico clone e quindi otteniamo molte cellule con poco plasmide). Tuttavia, la trasfezione stabile avviene raramente quindi richiede sia un’efficace somministrazione di DNA sia un modo per selezionare le cellule che hanno acquisito in DNA come, ad esempio, l’introduzione di un marcatore selezionabile (resistenza agli antibiotici) -> vettori di DNA lineari PROCESSO Il DNA è fortemente polare (ha carica negativa) e per poter attraversare la membrana cellulare che è lipofila esistono diversi metodi in base al tipo di cellula: - Chimici: Con lipidi cationici: è il metodo più utilizzato perché non è tossico, va bene per molti vettori e può essere utilizzato sia per trasfezioni transienti che stabili, ma non viene utilizzato per le cellule che sono difficili da trasfettare. La testa carica positivamente dei lipidi cationici forma dei complessi con il gruppo fosfato carico negativamente del DNA/RNA/proteine creando delle vescicole simili a liposomi. I liposomi che presentano una carica positiva interagiscono con i gruppi fosfato carichi negativamente della membrana in modo tale da essere internalizzati tramite endocitosi. Il reagente più utilizzato è la lipofectamina che contiene i lipidi cationici. VANTAGGI-> semplice, efficiente, poco tossico SVANTAGGI-> è costoso ed è condizionato dalla presenza di siero e antibiotici Calcio fosfato: Questo metodo prevede la miscelazione del DNA con cloruro di calcio in un buffer fosfato in modo tale che si generi un precipitato di calcio-fosfato-DNA che aderisce alla superficie cellulare e viene internalizzato per endocitosi VANTAGGI -> economico SVANTAGGI-> delicato per la forma e le dimensioni del precipitato e perché è influenzato da piccole variazioni di pH, l’efficienza è bassa perché vengono fatti in laboratorio, non funziona con molti tipi cellulari - Fisici: Elettroporazione: viene fatta attraverso un elettroporatore che genera dei brevi impulsi elettrici che producono dei pori sulla membrana delle cellule facilitanto l’entrata del DNA/RNA/proteine VANTAGGI-> utilizzata se la lipofectamina non funziona, non viene internalizzato attraverso l’endocitosi in cui può essere degradato l’acido nucleico SVANTAGGI-> tossico quindi bisogna dosare il voltaggio - Biologici: Infezione virale (trasduzione): non è molto facile da fare perché non in tutti i laboratori ci sono cappe per i virus, ma non è molto costoso. Le cellule packaging vengono trasfettate con dei plasmidi che contengono il gene di interesse e le proteine virali. All’interno di queste cellule viene assemblato il virus che successivamente viene raccolto, purificato e trasfettato nelle cellule ospite dove produrrà la proteina. VANTAGGI-> alta efficienza, per cellule difficili da trasfettare, può essere utilizzato per generazioni di linee cellulari stabili con l’integrazione nel genoma della cellula ospite o anche transienti SVANTAGGI -> citotossico (sto infettando una cellula con un virus), laborioso, elevati costi per quanto riguarda la sicurezza (servono cappe specifiche) SELEZIONE CELLULE TRASFETTATE La selezione delle cellule trasfettate può avvenire attraverso il riconoscimento nei vettori di: - Marcatori selezionabili: solitamente sono dei geni che conferiscono resistenza agli antibiotici quindi sulla piastra viene messo l’antibiotico in modo tale che, le cellule che hanno preso il plasmide riescano a crescere, mentre quelle che non l’hanno preso muoiano - GFP: viene introdotto nei vettori un gene che codifica per la proteina verde fluorescente; quindi, le cellule che hanno preso il plasmide a una determinata lunghezza d’onda risultano verdi, mentre le altre no FATTORI INFLUENZANTI 1. DNA da trasfettare: privo di contaminanti (proteine o RNA) e sterile 2. Tipo e salute delle cellule: le cellule devono essere vitali almeno al 90% e devono avere una confluenza perfetta (70-80%) 3. Tipo e dimensioni del vettore: più è grande, più difficilmente verrà trasfettato 4. Tipo di terreno di coltura: dipende dal tipo di cellule, alcune sono più esigenti di altre e deve essere sempre fresco. È fondamentale che all’interno del terreno ci sia il siero e non ci siano gli antibiotici. Se la trasfezione viene fatta con la lipofectamina, bisogna farla in assenza di siero in quanto può interferire con la formazione dei complessi. 5. Tipo e tempo di trasfezione: da 30 minuti a 4 ore, ma anche overnight APPLICAZIONI SILENZIAMENTO GENICO (lecture-biochimica 8) è il processo attraverso il quale viene ridotta o bloccata l’espressione di un gene specifico tramite l’utilizzo di molecole di RNA a doppio filamento (siRNA e shRNA che viene poi processato come siRNA) che vanno ad interferire con l’mRNA della proteina target: 1. Le molecole di RNA vengono introdotte nelle cellule tramite trasfezione 2. Nella cellula il complesso proteinco Dicer taglia le molecole di RNA in siRNA maturo 3. Separazione dei due filamenti di RNA 4. Uno dei due filamenti si associa al complesso proteico RISC che riconosce l’mRNA target e lo degrada SISTEMI INDUCIBILI Sono dei plasmidi o dei vettori virali che permettono di regolare l’espressione di un gene e di studiare l’espressione di geni tossici che vengono mantenuti “spenti” mentre le cellule proliferano e poi vengono accesi nel momento dell’esperimento. Esempio: sistema tet-on e tet-off. Sono dei sistemi che si basano sulla regolazione trascrizionale mediata dal fattore di trascrizione modificato tTA che si lega a specifiche sequenze di DNA che prendono il nome di TRE (sequenza responsiva della tetraciclina) che servono per controllare l’espressione di un gene target. Questi sistemi sono regolati dalla tetraciclina (Tc) o da suoi analoghi come la doxyciclina (Dox): - Tet-On: tTA si lega a TRE solo se è complessato a Tc o Dox e in questo caso attiva l’espressione del gene target - Tet-Off: tTa si lega a TRE se è assente la Tc o Dox Il gene target che vogliamo regolare deve essere aggiunto a valle della sequenza responsiva della tetraciclina NUOVI SISTEMI DI CLONAGGIO Si utilizzano quando si vogliono mettere più geni in un plasmide e sono la golden gate, la gibson assembly, la Gateway Assembly e Chaining Cloning. Sono costituiti da kit contenenti specifiche endonucleasi e ligasi. CROMATOGRAFIA La cromatografia è un metodo fisico di separazione nel quale i componenti da separare sono distribuiti tra due fasi, stazionaria (