Modelli Teorici di Psicologia Clinica PDF

Summary

Questo documento presenta modelli teorici in psicologia clinica, fornendo una panoramica degli argomenti trattati nel corso di Kleinbub. Vengono discussi vari approcci come la psicoanalisi, il comportamentismo e la terapia cognitivo-comportamentale, insieme a una breve cronostoria dei modelli e un'analisi dei loro punti di forza e di debolezza. Il testo è rivolto a studenti interessati alla psicologia clinica.

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Modelli teorici in Psicologia Clinica Programma Prof Kleinbub In questo corso si tratteranno modelli di intervento in psicologia clinica, con particolare attenzione agli assi che attraversano i vari modelli. Argomenti 1 – Kleinbub 1. EBT & Common Factors Model 2. Freud & relazioni oggettuali...

Modelli teorici in Psicologia Clinica Programma Prof Kleinbub In questo corso si tratteranno modelli di intervento in psicologia clinica, con particolare attenzione agli assi che attraversano i vari modelli. Argomenti 1 – Kleinbub 1. EBT & Common Factors Model 2. Freud & relazioni oggettuali (Freud, Klein, Bion, Winnicott); 3. Modificazioni al modello strutturale (Anna Freud); 4. Sviluppi successivi (Kohut, Kernberg); 5. Analisi transazionale – interazionismo simbolico (Berne, Salvini); 6. Attaccamento, Mentalizzazione; Epistemic Trust (Bowlby, Fonagy, Talia); 7. Psicologia dei costrutti personali (Kelly); 8. Modelli familiari epistemici + Gestalt (Haley-Lewin); 9. Interpersonal Short Term Dynamic Psychotherapy (Davanloo); 10. La psicoterapia incentrata sul cliente (Rogers). La prima parte verterà sulla Psicologia Dinamica e sulla Psicoanalisi; mentre i modelli presentati nella seconda parte sono quelli con cui avremo più a che fare nella nostra carriera da psicologi, ci saranno utili per la scelta della Scuola di Psicoterapia, per interagire coi colleghi di altri modelli e leggere articoli scientifici. Alcune note: - teoria dell’attaccamento intesa non come meccanismo legato alla protezione fisica, ma in chiave più attuale: meccanismo legato alle capacità di apprendimento da parte del bambino verso il genitore (legato ad aspetto di mentalizzazione e fiducia epistemica); - Psicologia dei costrutti personali è una delle declinazioni del costrutto filosofico del costruttivismo. - modelli familiari epistemici + Gestalt: stanno insieme solo per ragioni logistiche, non teoriche. - ISTDP: tecnica di psicoterapia dinamica a breve termine, presenta la possibilità di riflettere sull’interazione “qui ed ora” con focus sul terapeuta e sulle emozioni che si evolvono in quella specifica relazione. Ha degli aspetti innovativi, anche se non è famoso o diffuso. Argomenti 2 - Rossi 1. La prima ondata: il comportamentismo (Skinner, Pavlov); 2. La seconda ondata: la REBT (Ellis); 3. La seconda ondata: la terapia cognitivista (Beck); 4. La terza ondata: la MCT (Wells); 5. La terza ondata: l’ACT (Hayes); 6. La terza ondata: la Schema Therapy (Young); 7. La terza ondata: la DBT (Linehan); 8. L’integrazione della psicoterapia: il modello di Fonagy e Target (Fonagy); 9. Psicologia della salute e modello breve focale integrato (Zapparoli); 10. Breve strategica (Nardone). 1 Sono programmati alcuni co-teachings: esperti verranno a parlare del loro modello. Alcune note: - REBT è una Terapia Cognitivo-Comportamentale incentrata sulle emozioni; - Beck sostiene le colonne portanti del movimento CBT – che ad oggi prende più o meno il 50% degli interventi psicoterapici - si è staccato da Psicodinamica e Psicoanalisi. - Terza ondata costituiscono gli approcci nuovi, sono terapie meta-cognitive che principalmente si occupano di ansia e depressione. - psicologia della salute e modello breve focale integrato: consiste in 12 sedute di terapia psicodinamica e psicoanalitica molto forte che viene integrata con CBT → grande critica: non è pane nè pesce, vedremo come è un modello estremamente versatile perchè permette di tarare l’intervento sul paziente a prescindere dal tipo di paziente. -modello breve strategico di Nardone: uno dei modelli che solitamente viene tralasciato perchè sta chiuso nella nicchia, è differente dal modello dinamico e dalla CBT, dà una luce diversa. Perchè CBT? Tutta questa letteratura (tranne Pavlov e Skinner) arriva comunque dalla Terapia Psicodinamica, ad esempio Beck: si stacca dalla Dinamica e fonda la Seconda Ondata; Young teorizza la Schema Therapy, avendo fortissime influenze dalla terapia transazionale (tanto da essere considerata l’evoluzione CBT di questo modello). Qualunque cosa andremo a fare ci saranno sempre degli orientamenti teorici: da una parte influenzati dalla dinamica dall’altra influenzati dalla CBT: sta a noi scegliere l’orientamento migliore per noi. Obiettivi didattici Capire cos’è un modello e qual è la sua utilità: modello come strumento operativo; Sviluppare una prospettiva critica ed eclettica nei confronti delle teorie: l’efficacia è derivata dalla capacità del terapeuta di fornire al paziente quello di cui lui ha bisogno. Implica capacità di muoversi tra modelli, cioè saper traslare tra un’interpretazione di un approccio e di un altro in base alle necessità del paziente; Conoscenza dei principali modelli: è necessario sapere come muoversi, avere una buona mappa mentale della letteratura per sapere cosa si è evoluto da cosa e quando, quali sono i tipi di influenza. C’è una grande pluralità di idee, bisogna conoscere i pochi concentti principali che le attraversano; Analizzare i punti di forza e di debolezza; Consapevolezza dei contesti storico-socio-culturali; Capacità di riferimento alla ricerca empirica: bisogna fondare la nostra conoscenza non sulla tradizione ma sul senso scientifico, integrando la teoria - che però non è sufficiente. 2 Breve cronostoria dei modelli Introduzione storica: è importante capire cosa è successo e quando. Quelli che verranno presentati sono land marks dello sviluppo della nostra disciplina. La nostra professione, o quanto meno l’idea di modellizzare la questione spirituale (in senso greco), attinge all’alba dei tempi. o Preistoria, sciamanesimo: La ricerca di “come la nostra psiche si interfaccia nel mondo” è stata gestita attraverso pratiche tradizionali con persone che di queste pratiche avevano autorità: tra sciamano e psiconalista la differenza non è tanta. o 1.500 AC, psichiatria egiziana: Gli antici egizi avevano concezioni di demenza, di depressione ecc. e avevano delle strategie di trattamento neurochirurgiche: idea di poter manipolare il cervello per poter psichicamente modificare il comportamento, ma anche erano a conoscenza dell’efficacia della suggestione per il trattamento di queste particolari vulnerabilità e sofferenze. Loro parlavano di “magia”, noi di “psicologia”. o 500 AC, loso a buddhista: È un land mark importante - anche se ci tocca marginalmente da un punto di vista occidentale – perché la filosofia buddhista già da molto tempo si occupava di che cosa fare con la sofferenza dell’essere umano. La loro risposta è evoluta in lavorare sul problema dell’attaccamento: identificazione con altri oggetti, persone ed emozioni come possibile fonte di sofferenza e dunque una successiva disidentificazione (da loro denominata: “illuminazione”) per la sanità mentale. Parallelismo che è stato cavalcato da alcuni esponenti della CBT contemporanea. o 400 AC, umori ippocratici; o 300 AC, filosofia taoista: la filosofia taoista (Occidentale) non ha avuto la stessa forza dei Buddhisti ma anche loro si sono posti la questione:” le emozioni e gli organi non saranno forse collegati in qualche modo?”. Si sono dati la risposta producendo “Yin e Yang”: ricerca di equilibrio tra tutti aspetti dicotomici come corpo e spirito, ecc. Hanno portato ad una profonda considerazione della salute mentale e di come questa si modella. Quando parliamo di modelli, parliamo di modi che abbiamo per concepire e per pensare all’essere umano. L’idea di concepire l’essere umano come un sistema in cui ci sono energie positive ed energie negative che vanno equilibrate ha ancora un grande successo oggi: dai libri venduti ai video su YouTube → sono teorie che vanno a toccare qualche corda di particolare sensibilità dell’essere umano e sono ancora contemporanee. o 170 AC, Galeno: sulla diagnosi e cura delle passioni del tempo; o 900, autori persiani: igiene mentale, psicoterapia: un millennio dopo si fanno spazio una serie di autori persiani, che introducono la prima idea di igiene mentale e di trattamento mentale. 3 fi fi o 1700, Gassner, Mesmer, Puységur, Pussin Si inizia a ragionare sull’idea di una possibile influenza che un uomo ha sull’altro. Mesmer consolida alcune conoscenze tradizionali legate a ipnotismo, fascinazione e suggestione dando a queste tecniche nomi declinati nel modo in cui le persone di quegli anni vedevano il mondo: erano in voga le prime scoperte scientifiche ed ecco che il magnetismo diventa la metafora attraverso cui Mesmer racconta l’influenza suggestiva di una persona su un’altra. o Primo ‘800, Pinel e Faria, Kerner sviluppano ulteriormente l’idea con i concetti del magnetismo animale. o Secondo ‘800, Charcot e Janet o 1900, Freud e la nascita della psicoanalisi Sulla scorta dei lavori di osservazione di Charcot e Janet, Freud - Interpretazione dei sogni - inizio del movimento psicoanalitico con tutte le conseguenze culturali che ne sono derivate. o 1913, Moreno, la terapia dei gruppi e psicodramma + Jung fonda psicologia Analitica Questi autori già a inizio secolo avevano idee fertili su cosa e da dove provenissero i problemi della natura umana. Forse anche leggeri dal non avere sovra-strutture e pre-costrutti erano in grado di andare molto vicini al fenomeno e di stare in contatto con il problema “salute mentale”. Che fosse una questione relazionale Moreno ce l’aveva già molto chiaro. Negli stessi anni Jung, che poco prima aveva inziato una relazione epistolare e professionale con Freud, si separa dal maestro e prende la sua strada preoccupandosi della questione archetipica e dell’inconscio collettivo. o 1933 – W. Reich fonda il movimento psicocorporeo Pochissimo tempo dopo (20, 30 anni) Reich: integra ragionamenti di una nuova epistemologia che stavano avendo avvento in quei momenti. Sono gli anni in cui inizia la diatriba tra la seduzione sessualizzante del linguaggio freudiano, i modelli dicotomici (corpo-mente) e i modelli integrativi (fenomenologia, Merlot Conti → il corpo è un ragionamento inevitabile nel ragionamento psichico). Sulla base di queste osservazioni, Reich inizia a descrivere come “la carica corporea abbia un effetto non trascurabile sulla psiche”, sia che la prendiamo da un punto di vista sessuale sia che la prendiamo da un punto di vista di embodiment. Reich fonda il movimento psico-corporeo, il quale avrà fine psico-scientifica: teoria sulle particelle orgasmatiche che dovrebbero passare da persona a persona, costruendo anche macchinari per la raccolta di queste particelle. Non ha avuto buon seguito, se non dai discepoli che hanno mantenuto la parte più originale. o A. Hofmann sintetizza l’LSD Hoffman sintetizza LSD per la prima volta, dopo un trip con la moglie e ne scrive i risultati/diari. Questo landmark corrisponde ad uno spartiacque: dobbiamo pensare a quale era la forma della mente 4 nelle idee di Freud, di Charcot o dello sciamano e a come l’idea di mente è stata sempre aderente alle conoscenze e alle tecnologie dell’epoca. Per Frued, che vive nell’apice delle macchine a vapore, la mente è un boiler ad alta pressione che quando apri una valvola c’è uno sfogo; oggi la mente è una rete dove le informazioni passano. I modi in cui vediamo la mente umana è intrecciato a come vediamo il resto del mondo e quello che facciamo. Il fatto che Hofmann scopre che con questa molecola si riesce a creare esperienza e a generare tutta una serie di fenomeni percettivi, che non erano frutto di piante sacre o della suggestione di un’ipnotista, è un evento che ha scombussolato la visione del mondo e ha dato forte input a ricerche neurologiche e neuroscientifiche. Alla base c’è l’idea che possiamo modificare a livello neuro-trasmettitoriale l’esperienza che facciamo in modo potente: c’è del buono in questo approccio. Inoltre, Hofmann sta venendo vendicato dalla storia del proibizionismo che lo ha visto relegato ad una trivia del passato, perchè, principalmente in America e Germania, la terapia psichedelica sta tornando come una grandissima ondata: è l’idea di usare lo strumento di un farmaco o una sostanza psicotropica al fine di agevolare/accelerare l’innesco di una serie di cambiamenti psicologici attraverso l’accompagnamento di uno psicoterapeuta -sciamano tradizionale. Non siamo tornati alla preistoria: capiamo in che modo diverse sostanze alterano il cervello e in che modo questo permette all’essere umano di aprirsi al cambiamento. Questi modelli iniziano questi anni, si fermano per ragioni storiche, ricominciano nel 2018. o 1951 - Carl Rogers’ counseling and psychtherapy Fondamentale autore della ricerca in psicoterapia e della pratica psicoterapeutica, introduce l’idea che per essere un buon terapeuta bisogna essere empatici ed essere col paziente in una relazione genuina. o 1953 – Skinner, terapia comportamentale È in corso un tripudio di teorie, un fermento che ha portato ad un sacco di idee. Studi su stimolo-risposta e condizionamento per cercare di cambiare il comportamento delle persone (Pavlov) sono precedenti → almeno anni ’20; però è nel ‘53 che Skinner sancisce il fatto che questi strumenti sono utilizzabili in senso psicoterapeutico. o 1967 – Beck avvia terapia cognitivo-comportamentale Beck, depressione: forse c’è anche una componente del pensiero che influenza questi comportamenti e quindi si aggiunge ai discorsi comportamentisti, e dunque cognitivisti. o 1983 – Mitchell, svolta relazionale psicoanalisi Viene a volte considerata una rivoluzione copernicana → cambia prospettiva: introduce la psicoanalisi (che fino ad allora era un movimento teorico-clinico mosso da considerazione teoriche degli analisti) alla ricerca scientifica: ricerche su madre-bambino, considerazioni etologiche che descrivono come umani interagiscono, porta relazione al centro dell’osservazione psicoanalitica. o 2004 – Hayes, terza ondata cognitivismo data canonica dell’inizio della terza ondata del cognitivismo. Forte tentativo di integrazione di varie prospettive moderne. 5 Quali modelli esistono oggi? Secondo Nortoph esistono più di 500 modelli, dalla terapia coi lama alla terapia nuda, insieme a centinaia di vere terapie, alcune diversissime altre solo con alcune sfumature. Se volessimo soddisfare l’obiettivo di trattare i “Modelli teorici in Psicologia Clinica” non ci basterebbe un corso di laurea perchè sono centinaia. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che solo una piccolissima parte di questi modelli è un modello manualizzato di terapia, cioè un modello che ha a disposizione un manuale di istruzioni dove è scritto precisamente cosa fare in una data condizione. Se abbiamo un manuale sappiamo che se il paziente mi dice una cosa noi ne dobbiamo fare un’altra → siamo sicuri che il mio comportamento/intervento clinico rientra all’interno di quel modello. Ma se quel manuale non lo possediamo (motion focused therapist) e il paziente ci dice quella stessa cosa come facciamo ad essere quel tipo di terapeuta se non abbiamo un manuale che ci dice cosa fare? Faremo del nostro meglio, ma faremo in realtà quello che ci pare. Come facciamo ad essere sicuri che i terapeuti usano il loro stesso modello? Non possiamo esserlo → è un grande problema per la ricerca in psicoterapia: come facciamo a sapere se gli psicodinamici sono più efficaci dei mindfulness se queste persone poi vanno a braccetto. Quando ascoltiamo le interviste: il terapeuta CBT più duro dice “eh sì qui il paziente stava proiettando” → si usano le teorie più utili in base alla persona. L’approccio più comune è quello di integrare, ma così questo 500 diventa 500 alla 500 → ciascuno applica, declina ed interpreta: potremmo dire che i modelli non esistono o quantomeno che i modelli sono un pò difficili da definire. Principali orientamenti teorici degli psicoterapeuti in US, 2000/10 Gli psicoterapeuti si dividono tra clinici, counselor, social workers e counselor/psicologi. Psicologi clinici: la maggior parte sono CBT, vediamo una prevalenza anche per l’approccio ecclective integrative → modelli di psicoterapia che esplicitamente si pongono come obiettivo il mettere insieme diversi 6 approcci: acquazzone con più o meno fortuna clinica. Comportamentisti duri: 10%, vicini a psicodinamici. Psicodinamici uniti con psicoanalisiti: arrivano al 15%. Rogersiani e person-centered: non raggiungono 1%, trovano più fortuna in counseling. Social workers usano di più approcci integrativi o altri sistemi specifici loro. Di tutti questi 500 modelli stiamo parlando di percentuali di utilizzo/applicazione veramente piccole: fa sì che nel momento in cui andiamo a fare ricerca su questi modelli studiamo fenomeni che sono abbastanza di nicchia: psicologia costruttivista è estremamente interessante, ma resta nel dominio delle piccole ricerche. In Europa, 2010 Sondaggio su terapeuti europei: distribuzione diversa da quella americana. Orientamento psicoanalitico: 30% (Francia, Italia, Austria: ultimi balaustri al mondo); Approcci umanistici: 40%, approccio rogersiano principalmente, ma anche Fromm e altri che hanno concezione dell’identità dell’essere umano come elemento cruciale della sua salute mentale; CBT: 20%; Family Therapy: 10%. Dal 2010 a oggi. Le linee guida NICE (sviluppato dal Sistema Nazionale Britannico): hanno iniziato a premere su idea che una psicoterapia per essere finanziata dal Sistema Sanitario Nazionale non può essere una roba che fa l’1% dei terapeuti (art therapy a cavallo), ma deve avere un’evidenza scientifica forte. Quindi gli unici risultati emersi da questo sforzo sono legati alla CBT: hanno creato un circolo vizioso di finanziamento e ricerca su questi approcci che ha portato ad una crescita esponenziale del fenomeno dell’adozione di questo approccio. Se facessimo oggi questo sondaggio la CBT è molto più in rigore. L’Italia ha maggiore diversità teorica. Orientarsi per una scelta di una scuola di psicoterapia: come primo modo di ragionare → andare sul sito del Miur. Dobbiamo scegliere, solo in Veneto ce ne sono 25. Vorremmo scegliere quella del modello migliore: qual è il modello migliore? Nell’ultimo decennio: ha iniziato a svilupparsi il concentto di evidence-based. Evidence Based Treatment & Common Factors Model Sulla spinta del Sistema Nazionale Britannico si è andati a dire: è il modello vero quello per cui ho maggiore evidenza empirica. È interessante perchè siamo un’istituzione scientifica e la scienza dovrebbe essere la nostra lanterna. L’intento è nobile. 7 Possiamo ridefinire l’idea di evidence based nelle parole dell’APA: “quella terapia basata sui migliori risultati di ricerca possibili che integrino le competenze cliniche del terapeuta con il contesto del paziente: la sua cultura, le sue caratteristiche individuali e le sue preferenze personali”. Tutte queste iniziative hanno prodotto considerazioni molto vaghe, come in questo caso, perchè il compito è difficile e i risultati non sono ancora consolidati. EBT (evidence based treatment): piramide della ricerca scientifica “La migliore ricerca disponibile” - che ha la più grande forza dell’evidenza - è stata variamente classificatata nella piramide della ricerca scientifica. La lettura parte dal fondo in cui risiedono le opinioni grigie, man mano salendo troviamo case reports (studi su casi singoli), cross-sectional studies (gruppi), case-control studies, cohort studies. In cima randomized control trials → studio in cui abbiamo due o più gruppi: un gruppo a cui viene somministrato il trattamento psicoanalitico, un altro il trattamento CBT e un terzo gruppo che funge da controllo (gli facciamo parlare solo con infermiere); il terpeuta che capita ad ogni individuo è deciso a caso. L’idea che sta dietro è quella di dire che, siccome potrebbero esserci delle differenze (compounds), si randomizza tutto cercando di controllarle. Tutt’oggi è considerato il gold standard della ricerca in psicoterapia, derivato da un’intuizione medica: in medicina funziona molto bene perchè è un modo per riuscire ad avere obiettività sulla differenza dell’efficacia tra due diversi trattamenti. “Horse races” Un randomized control trial sarà sempre uno studio che avrà i suoi limiti e le sue caratteristiche osservative. I grandi metodi statistici che possediamo oggi ci permettono di mettere molti studi nella statistica e - provando a 8 far emergere effetto blindato di queste ricerche – attraverso una meta-analisi si può avere una riposta che condensa e accumula la forza dell’evidenza di decine o centinaia di randomized control trials. Dati questi strumenti, gli terapeuti si sono presi a scazzottate. La ricerca in terapia è stata chiamata “horse- race”: i proponenti della scuola 1 hanno provato a vedere se funzionavano meglio della scuola 2 e hanno cominciato a fare meta-analisi cercando di vedere effetto differenziale (Effect-Size, ES)di un trattamento rispetto ad un altro. Un ES standardizza la differenza tra le medie: 100 pazienti sono terapia Psicodinamica sono migliorati mediamente 10, 100 pazienti con terapia CBT sono migliorati mediamente 8, ES:10-8. Risultati di queste meta-analisi (sono centinaia questi studi): Leichsenring & Leibling, 2003 on Personality disorders: - 14 Studies PDT (last follow-up = 1.5y) → ES = 1.46; - 11 Studies CBT (last follow-up = 13 w) → ES = 1.0 Comparison of pre and last follow-up. → terapia psicodinamica ha un Effect Size superiore alla CBT. Quando compariamo dinamica e CBT dobbiamo rifarci alle influenze: tra i due approcci c’è 0.46 di differenza. Se facciamo altro studio magari risulta -0.56 → CBT più efficace della psicodinamica. Driessen et al., 2010 on Depression - STPP → ES = 1.34 - Vs OT → ES = -0.3 → Dinamico breve: 1.34, da ritenersi soddisfatti. Steinert et al., 2017 on PTSD - 23 RCTs; - PDT vs CBT → ES = -0.153. → non c’è differenza tra dinamica e CBT. Interpretazione ES Questa è una rappresentazione visiva di questi effect-size. Possiamo vedere cosa significa un effect size basso, medio e alto (in base ai cut off). A partire da queste statistiche: posso calcolare quante persone devo rintracciare 9 affinché il mio trattamento abbia un effetto più grande rispetto a quello che mi posso aspettare nel passaggio del tempo. Se facciamo questa ricerca dal 1930 fino al 2024, con randomized control trials e lo strumento statistico del caso, otteniamo l’equivalenza di efficacia nei vari trattamenti. Il consensus scientifico è stato di attestare che ogni scuola di terapia mediamente e tendenzialmente ha la stessa efficacia misurabile. Questo è già un primo livello di risposta quantitativo di ricerca: non importa che scuola scegliamo. Tutti i trattamenti hanno un effetto. Le meta-analisi tendono ad evidenziare un effetto significativo della terapia tra 0.3 ed 1.5 (1.5 sarebbe veramente bello, mentre 0.3 underwhelming). Risultati generici: come funzionano anti-depressivi (invece di andare in terapia vado solo da uno psichiatria: che speranze ho di guarire?): risultati 0.3-0.17. Studi comparativi: combinazione di terapia + psico-farmaco (trattamento integrato) tende ad avere un effetto parziale (relativo) da 0.25 a 0.5. Questo problema del fatto che i vari modelli hanno la stessa efficacia non è un problema nuovo. STPP e CBT/BT sembrano essere metodi ugualmente efficaci nel trattamento della depressione. L’MBT non differiva dalla CBT tradizionale o dalle terapie comportamentali. Il paradosso dell’equivalenza I risultati delle prime meta analisi hanno fornito risultati importanti ma confondenti: le risposte erano che, apparentemente, la psicoterapia funziona meglio dei trattamenti farmacologici ma non si trova differenza tra i modelli → secondo questa meta-analisi tutti i modelli di intervento hanno più o meno lo stesso rate di efficacia. Questa è una questione posta già negli anni ‘30, ed è stato chiamato in vari modi: il paradosso dell’equivalenza o paradosso del Dodo (ne “Il Paese delle Meraviglie” il dodo per asciugarsi propone a tutti gli animali e ad Alice di fare una corsa, tutti avrebbero vinto perché tutti si sarebbero asciugati) → tutti partecipano alla corsa come modelli e ricevono la stessa efficacia (lo stesso premio: asciugarsi). Negli anni ‘70 l’idea si consolida perchè non è una risposta piacevole per nessuno: se dico che c’è conflitto mi porta a diverse conclusioni rispetto a dire che ci sono tecniche maladattive. Si pone un problema epistemologico → non sono compatibili, non sono la stessa teoria. Quando abbiamo gli stessi risultati da interventi che partono da teorie diverse: siamo in situazione di conflitto in cui non sappiamo cosa stiamo facendo. Da un lato: teorie cliniche sono problematiche → tutte le teorie sono ugualmente valide, ma anche ugualmente false. Dall’altro: l’equivalenza la basiamo sulla nostra capacità di osservazione scientifica, con tutti i problemi che la ricerca implica → ci è utile per dire: stiamo sbagliando a misurare l’intervento clinico. Il problema va affrontato con queste due prospettive: teorie ugualmente false o vere e la questione della ricerca. C’è un certo grado di verità in entrambe queste prospettive. Nel paradosso dell’equivalenza si evidenzia come i tentativi di indagare la superiorità di un trattamento psicologico rispetto ad un altro sono falliti. Il “modello medico” Il modo con cui abbiamo sempre cercato di studiare gli interventi psicologici è attraverso l’occhio dell’osservatore, che tradizionalmente è medico. Il modello medico, da cui ci evolviamo, prevede che in psicologia ci siano costrutti analoghi a quelli della medicina. Un criterio dato per scontato: che le terapie abbiano degli ingredienti psicoattivi così come potrebbe avere una pillola o una pianta → somministrare una dose di psicoanalisi consentirebbe di avere un effetto sull’organismo magari proporzionale alla dose della 10 psicoanalisi somministrata; mentre somministrare una dose di CBT sarebbe andare a lavorare con un altro principio. Questo tipo di pensiero ha dato origine a un sacco di pensieri sull’esplorazione di quali siano i principi attivi (più tecnicamente chiamati: fattori specifici) di ogni modello: dose responce studies → studi dose-risposta su quanti millilitri (sedute) di terapia ti devo dare per ottenere un determinato effetto. Questo tipo di ragionamento ha portato a focus sulla tecnica: quali sono azioni e pratiche che mi fanno diventare un bravo terapeuta? Se sono psicodinamico e credo nel fattore specifico della psicodinamica farò attenzione alle tecniche specifiche del mio modello: quanto sono neutrale, quanto sono potenti le mie interpretazioni ecc.. Quindi: più sono in grado di implementare le tecniche specifiche del modello più sono efficace e capace di manualizzare (rendere a manuale) la terapia nel modo da rendere più aderente possibile l’azione terapeutica al modello teorico per studiarlo in isolamento e per massimizzarne efficacia. Per tanto tempo l’occhio dello scienziato è stato influenzato da un modello epistemologico: il modo con cui è stata guardata la psicoterapia è stato influenzato da alcuni principi di salienza, come i concetti di dose, ingrediente e tecnica → tenendo al pari questi elementi le terapie funzionano bene ugualmente. Se non sappiamo ancora quale modello è il più efficace, è perchè la domanda è molto difficile. Quante sedute mi posso aspettare prima che il mio paziente abbia il grosso del cambiamento possibile? Ci possiamo aspettare che mano a mano che sto in terapia la mia qualità di vita migliora e poi piano piano continua a migliorare meno gradualmente (plateau). Risolvo prima i problemi che mi hanno portato in terapia, risolti questi si tenderà a raggiungere un pò di plateau e a raggiungere dei cambiamenti graduali. Studi convergono su 8/12 sedute. Storicamente la scienza, come discorso della società occidentale, e la psicoterapia, come pratica della società occidentale, si muovono su due strade non parallele, dobbiamo fare discrimine tra gli approcci: 8 sedute per uno psicoanalista equivalgono ad un “buongiorno”. È un aspetto relativo. La questione numero di sedute non è una questione morale, ma di gestione (erogazione della psicoterapia ha un costo gravoso, o sull’individuo o sul pubblico). 11 Il modello dei fattori comuni Il modello medico ha fatto da padrone per la gran parte del secolo scorso ed è stato solo verso gli anni ‘80 e ‘90 che la frustrazione data dal paradosso dell’equivalenza ha portato a modelli alternativi: modello dei fattori comuni → non è una vera e propria terapia ma è di osservazione della psicoterapia. È comune: a cavallo fra i diversi approcci. Le ricerche che hanno contributo maggiormente allo sviluppo dei fattori comuni hanno esplorato, attraverso trials, l’effetto marginale delle singole componenti. Emerge che la percentuale di varianza dell’efficacia del trattamento è l’8%, a questo si aggiungono le caratteristiche individuali del terapeuta (skill, genere, colore della pelle, attitudine) effetto: 7% → ci spiega solo il 15% dell’effetto della psicoterapia. La parte che le fa da padrona: “inaspettate variazioni” → il 40% delle fluttuazione e del cambiamento dei nostri pazienti non è spiegato da cose che noi siamo in grado di misurare; il 30% dalle cose che fa il paziente o in terapia o fuori (si è sposato, ha fatto un viaggio, era particolarmente resiliente). Il 70% non lo possiamo controllare. Tra gli aspetti che possiamo controllare e rappresenta la maggior parte di varianza è la relazione terapeutica 12% → non è qualificata all’interno di uno specifico modello: questa deve essere la parte che effettivamente ci spiega il paradosso dell’equivalenza. Se CBT fa compito a casa e dinamico fa interpretazione del sogno → tutti e due come minimo devono avere una buona relazione con il paziente: le caratteristiche relazionali devono attraversare i modelli e spiegano efficacia della terapia. Alcuni principi fondamentali dei fattori comuni: Psicoterapia È una pratica complessa che interagisce in modo non sempre prevedibile con la vita quotidiana delle persone. La complessità umana è incredibile, siamo strutture complesse che mettono insieme corpi, significati e culture. Sarebbe arrogante pensare di avere un controllo deterministico sulla vita dei pazienti. La psicoterapia dunque è una pratica complessa che interagisce con una persona complessa (individuo che ha la sua collocazione nel mondo), e questo è solo parzialmente influenzabile dalle sedute. In un’ora alla settimana non possiamo pensare di influenzare la vita dei nostri pazienti del 95%. campo condiviso di attività Noi facciamo un’attività col paziente che è molto simile fra i vari modelli: ci parliamo in una stanza → si evince che l’effetto collettivo di queste pratiche sia analogo: il grosso di quello che viene fatto è condiviso (campo condiviso di attività). “modello contestuale” - 3 percorsi terapeutici All’interno dell’idea dei fattori comuni ci sono stati diversi tentativi da parte di diversi autori di teorizzazione e di modellizzazione. Tra gli sforzi si ricorda il “modello contestuale” → indica la presenza di 3 fondamentali percorsi terapeutici. Quello che noi facciamo col paziente in seduta funziona attraverso tre principali traiettorie potenzialmente indipendenti che insieme contribuiscono allo sviluppo. Queste 3 traiettorie partono da un comune presupposto: il paziente e il terapeuta devono prima creare un buon legame di base → per potersi dire delle cose si deve creare un canale di comunicazione, caratterizzato da fiducia. 1. “Real relationship” Costrutto sviluppato da Gelso (2007): va a descrivere una qualità della relazione, necessaria a priori, il fatto che sia “real”. Corrisponde ad una relazione in cui siamo genuini con l’altro, la differenza tra l’essere personaggi in uno spettacolo e quella di essere persone che si incontrano. Avere, cioè, un incontro che non è necessariamente 12 mediato dai ruoli del contesto ma quella di due persone che portano se stessi nell’incontro, indipendentemente dal ruolo, conoscendosi. È estremamente difficile da realizzare: immaginano di entrare in una relazione intima in cui c’è il rischio di essere toccati psicologicamente, seduta dopo seduta. 2. Idea che una grandissima parte del cambiamento agito dalla terapia sia a carico delle aspettative e delle speranze del paziente (razionale, strategie, abilitare al cambiamento, orizzonte): Questo punto implica il calibrarsi per non restare deluso e la capacità di potersi immaginare diversamente: se sono depresso e qualcuno mi offre la possibilità di pensarmi in modi diversi, magari mi voglio ancora buttare dalla finestra ma mi permette di averlo come possibilità almeno. - razionale: rappresenta aspetti del perchè si è sviluppato un disturbo psicopatologico; - strategie: aspettative del paziente rispetto a quello che lui fa per restare o uscire dalla sofferenza; - cambiamento e orizzonte: immaginarsi potenziali strategie di modifica di se stessi e possibili outcome positivi. 3. Ingrediente specifico: specifica tecnica/interpretazione usata Con idea che l’effetto benefico di questo intervento non sia afferibile all’intervento stesso ma che sia il medium attraverso cui si incanala la relazione. Non è cosa facciamo, ma il fatto che lo facciamo insieme che mi permette di entrare in relazione con l’altro e mi permette di cambiare aspettative e percezione del mondo. L’obiettivo è quello di agire sulle aspettative e sulle azioni salubri: idea di andare a modificare il modo con cui paziente pensa. Numerosi modelli di common factors: Tabella che sintetizza lista di questi possibili fattori comuni, che sono gli elementi pratici in cui si declinano questi percorsi concettuali. 13 Si divide in aspetti supportivi, di apprendimento (tecniche attraverso cui il paziente può imparare a cambiare) e di azione: tratti che, indipendentemente dal modello danno un tono all’ambiente. apprendimento → l’obiettivo di un trattamento è sicuramente quello di attuare un cambiamento o una remissione sintomatologica o un raggiungimento di un obiettivo lavorativo, però difficilmente saremo soddisfatti di un cambiamento del genere fine a sè stesso (altrimenti si va dallo psichiatra e basta). Ci aspettiamo che l’intervento psicologico ottenga quel risultato attraverso la mediazione di un processo di apprendimento, che permetterà alla persona di imparare nuove strategie e modalità di vedere il mondo. azioni: strategie che clinico mette in atto per ottenere le cose precedenti (strategie di regolazione comportamentale e.g.). Quale di queste è quantomeno supportata dalla ricerca? Abbiamo diversi risultati che sono frutti di diverse domande con diverse limitazioni. 2015 → vediamo insieme due dati: effect size → quanto ciascun effetto comune è potente nel cambiare il paziente; Larghezza della barretta: quanti studi l’hanno studiato. A farla da padrone è il consenso sugli obiettivi: il contratto → sembrerebbe essere il fattore che spiega la maggior parte del cambiamento, con una quantità di studi bassi. Seguono empatia ed alleanza. Solo alla fine: fattori specifici come la differenza di trattamento, la competenza stimata da parte del paziente rispetto al terapeuta, l’aderenza al protocollo e altri ingredienti specifici con un impatto praticamente =0. La III Task Force Interdivisionale dell’APA 14 Co-sponsorizzato dalla Society for the Advancement of Psychotherapy (APA Division 29) e dalla Society for Counseling Psychology (APA Division 17); Revisione della letteratura; Consenso teorico attraverso il coinvolgimento di eminenti studiosi e professionisti; Commissione di nuove meta-analisi; Il comitato direttivo di 10 persone ha esaminato e valutato in modo indipendente la forza probatori. CRITERI numero di studi empirici; coerenza dei risultati empirici, indipendenza degli studi di supporto; Entità dell'associazione tra l'elemento di relazione e l'evidenza, l'esistenza di un nesso di causalità la validità ecologica o esterna della ricerca. CATEGORIE DI RISULTATI Efficacia dimostrabile (ci interessa questo); probabilmente efficace; Ricerche promettenti ma insufficienti per giudicare; importante ma non ancora indagato; non efficace. Risultato: alleanza predice la maggior parte dell’outcome (siamo sempre nel 12%). Elementi importanti sono: alleanza e collaborazione, consenso sugli obiettivi, coesione gruppale, empatia e atteggiamento positivo (costrutto rogersiano). Il resto è abbastanza sotto-studiato, compresa la “real relationship” che è solo “probabilmente efficace”. Cosa non funziona? Bassa alleanza; bassi livelli di coesione nella terapia di gruppo; abbandono e fallimento del trattamento; bassa collaborazione (basso consenso, bassa empatia, bassa positività); non cercare o essere ricettivi a metodi formali per fornire al cliente un feedback sui progressi e sulle relazioni; ignorare le rotture delle alleanze; inconsapevolezza del controtransfert; terapeuti incongruenti; trattamenti discreditati; sessioni prive di emozioni; 15 confrontazioni; processi negativi; assunzioni non adeguate; terapeuta–centrismo; rigidità; l'arroganza culturale → NEW L’APA, alla luce di tutto questo, ha tracciato delle raccomandazioni ai professionisti: 1. fare della creazione e della coltivazione della relazione terapeutica un obiettivo primario del trattamento. Ciò è particolarmente vero per gli elementi relazionali che si sono dimostrati e probabilmente efficaci. (qualunque cosa significa per il nostro modello teorico) 2. valutare i comportamenti relazionali (ad esempio, alleanza, empatia e coesione) rispetto ai punteggi di cutoff sulle misure cliniche più diffuse. Parrebbe che usare misure standardizzate per valutare aspetti relazionali può fornirci un feedback utile 3. adattare la psicoterapia (= cambiare il modello) a quelle specifiche caratteristiche transdiagnositche del cliente in modi che si sono rivelati dimostrabili e probabilmente efficaci (non chiarissimo). 4. Valutare regolarmente e sintonizzare in modo reattivo la psicoterapia con la identità culturale del paziente, 5. Monitorare regolarmente la soddisfazione dei pazienti per la relazione terapeutica, il comfort con gli sforzi di reattività e la risposta al trattamento. Tale monitoraggio porta a maggiori opportunità di ristabilire la collaborazione, migliorare la relazione, modificare le strategie tecniche e indagare i fattori esterni alla terapia che possono ostacolarne gli effetti. Attraverso la verifica di punteggi di cut-off miglioro il mio esame di realtà per come stia andando il trattamento e costruisco una maggiore alleanza. 6. utilizzare contemporaneamente relazioni basate sull'evidenza e trattamenti basati sull'evidenza adattati all'intero paziente. → si può trarre che ci sono alcuni aspetti della relazione terapeutica su cui abbiamo molta fiducia (alleanza terapeutica) e altri su cui ne abbiamo meno (l’espressione emotiva o la self disclosure) Adattamento culturale dei trattamenti basati sull’evidenza Modello contestuale: > spiegazione data per il disagio del paziente e le azioni terapeutiche devono essere accettabili per il paziente; Accettazione: > coerenza del trattamento con le convinzioni del paziente; L'EBT culturalmente adattato è più efficace per i membri del gruppo culturale per il quale è stato progettato il trattamento adattato; Adattamenti: linguaggio, congruenza culturale del terapeuta e del paziente, rituali culturali e spiegazioni adattate al "mito" del gruppo (ES: d=0.32, n=21). È molto importante: criteri diagnostici, metafore che descrivono la sintomatologia o che descrivono possibili strategie di cambiamento, modelli di funzionamento della mente → non possono funzionare allo stesso modo con persone di culture diverse. C’è l’idea che tutto quello che facciamo, metafore che usiamo e le spiegazioni che usiamo devono essere adottate al linguaggio del paziente, influenzato dalla sua cultura. Possiamo credere al paradosso dell’equivalenza? Non c’è una risposta definitiva, c’è bisogno di grande forza dell’evidenza. Non abbiamo risposte: teniamo aperte le porte. Possiamo separare chiaramente i fattori comuni da quelli specifici? Alcune delle forze dei fattori comuni diventano anche delle debolezze: è importante la qualità della relazione, 16 ma proprio perchè la relazione è mediata da tecniche è proprio la tecnica che dobbiamo misurare. Cane che si morde la coda. La relazione non esiste al di fuori di ciò che il terapeuta fa in termini di metodo. Confrontiamo queste cose con dato recente: molto spesso in molti studi c’è elevata correlazione tra fattori comuni e specifici (de Felice, 2019)→ più uso quelli specifici, più uso quelli comuni: proprio perchè la relazione terapeutica è costellata da tecniche di azione. Alcuni autori stanno sollevando la possibilità che questa distinzione sia una falsa dicotomia. In particolare ci sono anche ragioni statistiche che ci portano a dubitare della forza di questo movimento (Kleinbub ce lo riporta perchè l’idea dei fattori comuni ha influenzato grandemente la ricerca e l’insegnamento della psicoterapia → dobbiamo avere una idea critica). Alta eterogeneità 2022: critica abbastanza importante basata sull’alta eterogeneità. Sebbene mediamente l’efficacia sia la stessa, diversi studi che fanno il confronto trovano ES molto diversi. C’è una grande deviazione standard tra gli studi: una grande eterogeneità tra i tipi di confronto. Ad esempio: il confronto tra la CBT e altre terapie trova una eterogeneità al 70% → c’è una grande fluttuazione dei risultati attraverso questi studi. Possiamo fidarci di RCT e meta-analisi? L’idea che con un determinato numero di campioni (pazienti) riusciamo a controllare quel 70% di varianza individuale è un’idea ambiziosa → studi simulazione: possiamo stimare che per calcolare un ES come quello che stiamo osservando (cioè almeno quello minimo che mi permette di dire che il mio paziente è migliorato un pò, intorno allo 0.2) avremmo bisogno di 548 pazienti nel nostro trial (274 in ogni condizione). All’aumentare dell’ES la numerosità diminuisce perchè mi basta vederne uno. La dimensione media del campione negli studi sulla depressione per CBT: 52 → posso essere in grado di studiare solo effetti che sono molto più grandi di quelli che invece stiamo osservando. Essendo i nostri studi sotto-dimensionati rispetto agli studi che pensiamo di osservare, la nostra fiducia in queste ricerche deve essere relativa. Elevato rischio di bias. Un totale di 13 (24%) delle 55 sovvenzioni del National Institutes of Health degli Stati Uniti sui trattamenti psicologici non hanno portato a pubblicazioni. Abbiamo osservato che tra i confronti tra la terapia e la 17 condizioni di controllo, l'aggiunta di studi non pubblicati a studi pubblicati ha ridotto la dimensione dell'effetto psicoterapico del 25%. Risultato: effetti delle terapie sovrastimati. RCT: - effectiveness vs efficace (pragmatic vs explanatory trials); - pazienti polisintomatici e complessi venivano esclusi; - trattamenti di fedeltà/bone fide. Definizione del cambiamento in termini sintomatici premia alcuni modelli; Manuali di terapia > forzatura sulla pratica; Problemi non riportati; Risultato: effetti delle terapie sovrastimati. How effective are therapies? 18 Rassegna del 2022: possiamo osservare l’efficacia combinata di tutte le meta-analisi disponibili ad oggi per i diversi disturbi. Per ciascun disturbo nella prima riga vediamo l’intervento farmacologico, nella seconda riga l’intervento psicoterapico. > Per la depressione maggiore: farmacologia e psicoterapia allineati ad un valore all’incirca di 0.3 come effect- size. > (A parte il DOC: su cui abbiamo grande incertezza, ma grande efficacia) la psicoterapia ha lo stesso rate di efficacia del trattamento farmacologico e un ES mediano intorno allo 0.3. Ripensare agli ES ❖ d=0.2 è piccolo? ❖ Nel ridurre la depressione? ❖ Nel ridurre i tentativi di suicidio? Spiegazioni alternative ❖ Molte strade portano a Roma (DeRubeis et al., 2005); ❖ Collapse of galaxies (tutto fa la media in RCT); ❖ Prove insufficienti se le terapie hanno effetti comparabili. Vedremo come, al netto di questi problemi statistici, conoscere un modello e sapere come utilizzarlo è un elemento imprescindibile per avere una qualsiasi sorta di efficacia. Sgraviamoci dal peso di quale sia il modello migliore e addentriamoci nel vedere quali sono i modi attraverso cui i modelli ci permettono di agire, perchè senza non siamo niente. Cos’è un modello e qual è il senso di usare un modello? Parlando spontaneamente “modello” è qualcosa a cui tendere, di desiderabile. A qualcuno potrebbe venire in mente il modello di regressione - cui l’obiettivo non è quello di esasperare una qualità ma di fare previsioni -, oppure modelli template o modellare ecc. Questi usi del linguaggio comune della parola “modello” ci vanno a sintetizzare l’idea che sta dietro → modulus (misura): ci permette di misurare ma ci dà anche esempio di come procedere. Un modello rappresenta, però, qualcosa di più radicale, integrato col processo cognitivo e percettivo, quindi fondamentale nel sense making (significazione) → tutto il processo che facciamo per pensare. Un modello può essere un generatore di senso → i modelli abilitano alla costruzione del percetto e in quanto tali diventano generativi del mondo. Questo processo è triviale dei fenomeni semplici: se ci chiediamo di ricostruire una metà di un oggetto coperta da una mano, noi abbiamo una costruzione di quell’oggetto e quindi siamo abbastanza bravi a costruire il percetto anche se non è un buon percetto (perché è coperto). Quando lavoriamo con fenomeni più complessi (mente umana, psicopatologia, storia di vita) la questione è più spinosa. Esempio ottico “Illusione di Gregory” Quando siamo di fronte ad uno stimolo ambiguo o complesso come un paziente, cosa devo fare? Da uno spazio di confusione/possibilità devo provare a costruire un oggetto. Quando guardiamo un fenomeno possiamo trovare una caratteristica e costruire una forma che riconosciamo: trovo un modello. Critica: non sto descrivendo tutto e allora provo a trovare un altro modello che ne descriva l’interezza → posso dire che è migliore? Se descriviamo “modello” come possibilità di descrivere oggetto in uno spazio indefinito posso dire qual è il modello che mi consente di lavorare meglio o peggio. Il problema dei modelli è che sono meccanismi seduttivi, una volta che abbiamo trovato il modello (nell’esempio dell’illusione ottica: una volta che abbiamo trovato l’immagine che più si avvicina a quello che stavamo cercando) il nostro cervello è soddisfatto: ho risolto il problema e non ci devo più pensare. Non è detto 19 sia il modo migliore. Se provassimo a cambiare prospettiva sul fenomeno (giriamo l’illusione ottica): riusciamo a vedere la stessa cosa? È ancora buono il nostro modello? Il nostro cervello continua a fare questo gioco: c’è un modello che risolve la faccenda, me ne innamoro e continuo ad usarlo per vedere il fenomeno. Avviene a prescindere dal fatto che il modello che abbiamo usato fosse il modello vero o no (non c’è nessun cane, il nostro modello era soddisfatto di vedere quello). Quello che facciamo quando usiamo un modello è di usare conoscenza per costruire l’oggetto di cui andiamo a parlare. Che ci sia un modello vero o meno è del tutto secondario: nel caso dell’esperienza di un paziente, i tipi di oggetto che usiamo, che siano strategie maladattive o meccanismi di difesa, sono proiezioni della nostra mente su quel campo confuso di significati che faranno emergere elementi su cui andremo a lavorare. Il processo evidenziato è un processo di costruzione dell’esperienza: processo ciclico che continua interattivamente a raffinare la nostra percezione del mondo. L’esperienza pregressa ci permette di costruire modelli (abbiamo un modello di cane, questo ci permette di vedere un cane anche se è girato o coperto parzialmente). Se non avessimo mai visto un cane non avremmo potuto vedere un cane. Il processo è bottom-up: a partire dal campo indefinito di esperienza (percezione) andiamo a costruire modelli attraverso modelli che già abbiamo. Se non abbiamo mai visto il percetto che abbiamo davanti costruiamo un’esperienza fallace/deforme/non aderente, che poi eventualmente useremo per costruire un modello più specifico. Abbiamo due direzioni verso cui i modelli di aiutano: Territorio: dalla mappa al cercare di capire qual è il prossimo passo. Quando usiamo un modello facciamo una costruzione di senso, possiamo pensare alla metafora della mappa: se ho una mappa di Padova, non ho Padova ma ho una rete di significati, ho delle griglie che mi permettono di costruire delle rappresentazioni sul fenomeno, di escludere il rumore dalle cose importanti, di fare delle previsioni sulla mia esperienza. Costruire oggetti in esperienza, prevedere futuro e decidere come agire → 3 elementi fondamentali dei processi cognitivi e di modellizzazione. Avere un modello clinico è estrememamente fondamentale, a prescindere dal fatto che sia un modello vero. Quando siamo di fronte a una situazione complessa dobbiamo sapere come muoverci. Paziente ha: paura dell’abbandono, comportamenti auto-distruttivi ecc. → noi abbiamo un modello per questo che è “Disturbo Borderline di Personalità”, potremmo fare previsione del modello che abbiamo collezionato grazie all’esperienza pregressa (molto spesso gli abusi sessuali sono presenti nell’esperienza di questi pazienti). Il fatto che abbiamo un modello ci permette di esplorare quest’area nel vissuto del paziente che ci porta a vederne le caratteristiche. Lavoro opposto: riconoscimento degli oggetti paura dell’abbandono, scarso rendimento scolastico, comportamenti auto-distruttivi, comportamenti aggressivi, sensazioni di vuoto, abuso di sostanze ecc. → il fatto di avere il modello ci permette di escludere le macchie nere che non sono parte del mio modello, e costruisco l’oggetto che io conosco e arrivo a “Dsiturbo Borderline”. Una volta che sono riuscito a riconoscere l’oggetto posso fare inferenza sul modello. NOTA: necessità di cautela. Se applico il mio modello senza preoccuparmi dei possibili errori che sto facendo nell’utilizzare un modello: invece di una persona intera vedrò una diagnosi. Lo strumento del modello è uno strumento inevitabile, senza modelli non vediamo niente e non abbiamo alcun tipo di agency. Il modello plasma 20 e dà forma al nostro paziente e quello che vediamo di lui. A noi la responsabilità di usarlo in maniera aderente alla realtà e trovare un buon modello. Possibilità di fare previsioni verificabili: un modello forte deve essere in grado di dire “se A allora B:” → se mollo un oggetto, cade (è un buon modello). Mi permette di avere un controllo sul mondo: è l’obiettivo → se faccio questo intervento mi devo aspettare questo tipo di miglioramento (ovviamente possiamo aggiustare il tiro nel mentre). Non basta essere empatici per stare col paziente? La questione principale riguarda l’azione terapeutica: di fronte ad una persona che ci presenta il suo vissuto noi cosa facciamo? Cosa scegliamo di dire? Che tecnica scegliamo di mettere in atto? Possiamo guidare la nostra azione soltanto avendo idea di quale reazione innescherà. Come faccio a lavorare con paziente che mi sta antipatico (un paziente che non condivide i miei valori)? Finché ci affidiamo all’intuito possiamo fare grandi cose, però quando sfera di comfort si affievola avere un modello ci permette di procedere. Un punto fondamentale dei modelli comuni → istruzione del paziente, come forma di apprendimento che il paziente deve mettere in atto per poter migliorare la conoscenza di sé stesso. Apprendere un modello di funzionamento della mente, dà agency a noi per agire sul paziente e a lui per agire su se stesso. Esempio: paziente che prova angoscia può arrivare a pensare che quando prova quella determinata sensazione ne fa esperienza come “sono arrabbiato e non so come esprimere” → può farne qualcosa e non solo subire. Offrire teoria del modello (istruzione del paziente) è uno degli elementi fondamentali che permettono il cambiamento. In sintesi i modelli psicologici devono fare una serie di cose: 1. Descrivere il modo attraverso cui facciamo esperienza del mondo → ci descrivono processi cognitivi fondamentali, come per esempio: la percezione, la rappresentazione, l’esperienza precedente. 2. La relazione con il corpo → le menti sono dei meccanismi di funzionamento incarnate dentro corpi e sono soggette a fluttuazioni che questi corpi possono mettere in atto. Le tematiche di motivazioni al comportamento, mediazione e della costruzione dell’esperienza attraverso il corpo, sono aspetti che troveremo nella costruzione di un modello. 3. Idea dello sviluppo → ipotesi che le nostre menti non arrivano fatte alla nascita, ma ci sono sedimenti e costruzioni che danno origine alla personalità, al sé, l’attaccamento. Il modo in cui modelliamo la nostra evoluzione nel tempo ha impatto su modelli, ma anche sulla concezione della psicopatologia (così come la mente cambia nel tempo, anche la concezione sulla psicopatologia). 4. Uso del linguaggio → principale strumento che abbiamo per parlare e per pensare. Linguaggio verbale simbolico: costruiamo il senso delle nostre vite → sviluppiamo costrutti quali la psicopatologia, la sessualità. Aspetti sviluppati da alcuni modelli soprattutto, ma centrali in tutti. 5. Relazione → tutto quello che ci siamo detti fino ad adesso interagisce nel momento in cui entra in connessione con vari altri individui. Il modello psicodinamico Anche se si è usato lo stesso linguaggio nell’uso del modello, lo si è fatto con diversi significati: l’Io di Freud è diverso dall’Io di Jung → grande ricchezza ma anche confusione. Aspetti comuni che ci permettono di identificare modello come tale: 21 causalità psichica: idea che i problemi psichici siano effetto di pensieri ed emozioni sottostanti → possibilità che ci sia una relazione causale. Prospettiva evolutiva: il modello psicodinamico è tra i primi a svilupparsi in questa linea. Limiti della coscienza: la coscienza non è il 100% della vita psichica, ma rappresenta una parte estremamente limitata di quello che succede nelle nostre menti. Rappresentazioni interne delle relazioni: idea che relazioni interpersonali abbiano un ruolo centrale. In particolare, con i post Freudiani, si evidenzia che: il modo in cui le relazioni vengano introiettate/ rappresentate/modellate permette di modificare le nostre aspettative sul futuro delle nostre relazioni, della nostra felicità o dell’esito delle nostre azioni. Pattern ricorrenti: non nella struttura ma nella funzione, la mente umana tende a reiterare una serie di procedure in base al mantenimento di determinate cause (si rifà al punto 1); Onnipresenza del conflitto: idea che desideri, affetti, emozioni confliggono generando problematiche che si traducono in sofferenza. Nel modello psicodinamico il conflitto è alla base dello sviluppo della persona ed è anche il limite di questo sviluppo: elemento che limita risorse individuali e ne consegue sofferenza e vita non realizzata. Evitamento dell’angoscia: c’è una forte resistenza a soffrire, intrinseca nell’essere umano e questo darebbe il via ai meccanismi che rappresentano la struttura mentale. Complessità dei significati: la struttura mentale non può essere trivializzata e banalizzata, c’è l’idea che sia composta da discreti elementi → fa sì che interazione tra questi abbiano complessità. Intero sforzo dell’apparato psichico è orientato a gestire la conflittualità nelle diverse espressioni degli affetti (amore e odio). Il modo in cui vengono costruiti i significati e il senso non può essere ridotto. Centralità della relazione terapeutica: oggetto di importante studio. Idea di transfert e contro-transfert: analisi della relazione sempre stata il cuore del modello psicodinamico. Espressione dell’emozione: elemento cruciale del modello è l’idea che la persona vada esplorata anche nelle sue parti più disturbanti, potenzialmente minacciose, non socialmente accettabili. La natura dell’insight deve anche essere anche emotiva, lo fa a partire dal linguaggio che non ci permette di essere neutrali nell’uso di alcune parole. Aspetto tecnico per raggiungere obiettivi clinici: esplorazione di fantasie, interpretazione dei sogni e altro materiale vario presentato dal paziente. Obiettivi della terapia dinamica Incrementare le risorse e raggiungere relazioni significative ed appaganti. Migliorarne l’uso, la maturità. Tollerare limiti e avere una visione realistica di Sé. L’aspetto sintomatologico (remissione sintomatologica) è secondario. Ora le cose sono un pò cambiate, per esempio con psicodinamica breve. In generale l’ipotesi sottostante è la stessa: causalità psichica → se io ho un sintomo c’è un sistema a valle di quel sintomo che non sta funzionando o lo sta facendo in modo maladattivo, quindi è solo risolvendo questi aspetti più esistenziali che si va a risolvere il problema a monte e di conseguenza il sintomo → il sintomo quindi è una conseguenza secondaria. A livello tecnico, infatti, non sono modellizzati interventi mirati alla remissione del sintomo, ma piuttosto all’esplorazione psichica sottostante. 22 “Processo di autoriflessione, auto esplorazione e scoperta che avviene nel contesto di una riflessione profondamente autentica tra paziente e terapeuta” (Le) Psicoanalisi vs (le) PDT: Teoria vs tecnica: la differenza tra le due è più tecnica che teorica. Tutti questi interventi condividono in larga parte i costrutti teorici ma decidono di implementare l’intervento in modo diverso, magari anche con finalità diverse. Centralità dell’analisi del transfert: più propria della psicoanalisi. “Neutralità” dell’analista: più propria in psicoanalisi → idea di posizione non giudicante dell’analista nei confronti del paziente (“stance”), è un posizionamento morale che permette al paziente di esplorare parti conflittuali, spiacevoli e minacciose. Lettino, frequenza sedute, uso dominante dell’interpretazione: psicoanalisi. Selezione dei pazienti: più adeguati al trattamento → gravità dei sintomi, propensione a introspezione, capacità di elaborazione simbolica. La massima espressione di intervento psicoanalitico è orientata al trattamento di persone che hanno capacità di lavorare su questi livelli. Continuum supportivo-espressivo Intervento psicodinamico può essere calibrato sul paziente. Una possibile descrizione di questa modalità di regolazione di psicoterapia psicodinamica è quella del continuum supportivo-espressivo: → consigli ed elogi; interventi psicoeducativi; validazione empatica; incoraggiamento ad elaborare; chiarificazione; confrontazione; osservazione; interpretazione. Diversità delle PDT Grande varietà in interventi psicodinamici, possiamo distinguerli in base alla durata: psicoanalisi: 2/4 sedute alla settimana per qualche anno; Terapie psicodinamiche a lungo termine; Terapie dinamiche brevi: Terapia pulsionale (Davanloo, Malan, Sifneos), Terapia relazionale (Faibairn, Greenberg, Mitchell), Terapia integrata (Mann, Garfield, Bellack). → possono essere sia brevi, sia durare qualche anno. Principali assi teorici del modello psicodinamico Entriamo nel merito del modello e dei suoi autori principali. Freud: teoria pulsionale; Psicologia dell’Io: rappresenta l’evoluzione naturale della teoria freudiana a carico dei primi post- freudiani; Psicologia delle Relazioni Oggettuali: si pone il problema della rappresentazione della relazione introiettata, quindi il modo attraverso cui le relazioni sono importanti e il modo con cui la mente umana crea modelli/rappresentazioni del mondo esterno; Gruppo britannico; 23 Psicologia del Sé (espansione della teoria dinamica classica): studio di oggetto particolare, quindi del modo in cui i vari oggetti sono presenti nella rappresentazione univoca della persona. Sé come fascio di oggetti, questo modello descrive il modo in cui, a livello rappresentativo questi aspetti anche più narcisistici, vanno a interagire con il resto della struttura psichica; Psicoanalisi Relazionale; Bowlby: nasce come psicoanalista ma viene buttato fuori → adesso sta venendo rivalutato: ha previsto dei fenomeni, come l’idea che attaccamento possa essere usato come modello di intervento. Lacan: attinge al discorso costruzionista, linguistico, post-modernista (Eu, seconda metà Novecento): utilizza questi studi sul linguaggio come strumenti di costruzione sia della realtà soggettiva sia della realtà sociale e politica, per riscrivere il pensiero freudiano → da una parte per rivalorizzare il pensiero originario, ma secondo alcuni critici rappresenta un tradimento più che una traduzione, mettendo in bocca al maestro concetti che non gli appartengono. Lo studio di Lacan è principalmente sul funzionamento del linguaggio. Freud Problemi 1. linguaggio sessualizzato → contesto culturale sessualmente represso. Definire il bambino come un perverso polimorfo non ci lascia indifferenti; discutere come il bambino sia resistente a cedere feci alla madre nella fase di spannolinamento ci mette in una posizione di interrogativo morale sull’usare un linguaggio di questo tipo. Possiamo approcciarci a questa cosa dicendo che Freud è figlio del suo tempo (neo-vittoriano), che vive in una società in cui la frustrazione sessuale è all’ordine del giorno e quindi, scoprendo e descrivendo per primo questo aspetto qua usa il sesso e gli aspetti più fisici, e magari disgustosi, come lente o metafora per descrive altre cose. Oppure possiamo ipotizzare che Freud ritenga lo psicoanalista come un attore che non può restare neutrale di fronte a ciò che ha davanti: studiamo creature viventi e dobbiamo ricordarci di restare emozionati e forse per questo usa un linguaggio evocativo. Oppure aveva solo pessimo gusto. 2. teorie in continua evoluzione → studio diventa filologia. Ogni volta che studiamo Freud ci viene fornita l’evoluzione del suo pensiero → studiamo sempre la sua filologia e questo potrebbe metterci in una posizione di difficile comprensione da un lato e magari anche di antipatia. Debiti Non dobbiamo dimenticarci del debito che li dobbiamo → innovazioni che ha introdotto: diversi modi o stati di funzionamento cognitivo; Sviluppo infantile → adulto; Centralità di sesso e violenza; Intersoggettività; Cognizione-emozione. Questioni storiche: 24 alcuni dei tentativi che Freud ha messo in atto per spiegare la realtà hanno avuto fortune migliori o peggiori → isteria, modello affetto-trauma, inconscio patologico, fasi di sviluppo ecc. Non tutto può essere preservato, non tutto ha avuto la stessa fortuna. Relazione col maestro “Se incontri un Buddha per strada, uccidilo” → se incontriamo qualcuno di cui ci innamoriamo o con cui ci identifichiamo, che rappresenta per noi un maestro o una verità indiscussa: corriamo il rischio di non andare a trovare la verità che sta dietro le sue parole, e ci fermiamo solo a quelle. Oppure lo svalutiamo: detronizzarlo dal fatto che è maestro. È un modo per consigliarci di andare nel mondo, di trovare la nostra direzione, per poi tornare a Freud e con occhi più sereni leggerne i contenuti, magari dopo anni di terapia. In qualche modo Freud torna sempre fuori. In merito soprattutto alle più recenti scoperte neurobiologiche che continuano a costringerci a confrontarci con le sue teorie, magari cambiando il nome e magari uscendo anche dalla sessualità. La sua teoria contiene germe di intuizione: facciamo fatica a cacciarlo, resta un autore fertile per lo sviluppo di nuove teorie e la scoperta di nuovi fenomeni. “Gli scritti di Freud contengono molte euristiche utili per esplorare il funzionamento cerebrale globale, specialmente negli stati di coscienza non ordinari. Infatti, il modello freudiano deve le sue origini a inferenze basate su stati non vincolati, mentre l'approccio cognitivo-comportamentale è incerto in questo campo (Morcom e Fletcher, 2007). [...] Per coloro che si oppongono a Freud, che preferirebbero vedere i suoi costrutti dissolti nella pura fenomenologia e neurobiologia, opponiamo poca resistenza. La fenomenologia e la neurobiologia possono stare in piedi da sole. Il modello freudiano aggiunge un quadro per una comprensione integrata dei fenomeni psicopatologici. Una volta compreso il carattere completo degli stati non ordinari e della cognizione, questa struttura potrà dissolversi naturalmente." (Carhart - Harris & Friston, 2010)” Freud introduce e descrive tre modelli principali nella sua trattazione teorica: modello economico; Modello topografico; Modello strutturale. Rappresentano l’impalcatura complessiva del modello psicodinamico, capiamo così sia la prospettiva storica che lo stato dell’arte. Importante: non sono modelli alternativi (prima uno e poi l’altro, in successione), ma sono tre modelli diversi che colgono aspetti diversi del reale e sono compatibili l’uno con l’altro. Dobbiamo vedere in che modo i vari modelli sono interrelati per consentirci di vedere il fenomeno clinico. Uno non esclude l’altro. Modello economico modello termodinamico/biologico; Apparato psichico come sistema; Perturbazioni endogene/esogene caricano il sistema di energia libera; Obiettivo: equilibrio/omeostasi; L’evoluzione di una sana cognizione adulta → equilibrio tra le forze pressanti del processo primario e le forze contrarie del processo secondario; Trauma: sovraccarico sensoriale; 25 Angoscia come energia libera. È il primo modello teorizzato, storicamente è quello che ha avuto meno fortuna. Freud nasce come neurologo, scienziato ottocentesco, figlio di un principio illuminista per cui le scienze sono interrelate tra di loro, non c’è la fisica, la matematica e la psicologia ma la scienza che illumina (tutto interrelato). Inizia non con un modello psicologico ma con un modello termodinamico/biologico, ispirato da Helmholtz (mito personale di Freud). La struttura psichica viene descritta come un sistema termodinamico, un sistema fisico → il modello pensato da Freud è un modello in cui ci sono condizioni di equilibrio, delle perturbazioni esogene che portano a delle alterazioni, il cui conseguimento è il raggiungimento di nuovi stati di equilibrio. Potrebbero esserci anche perturbazioni endogene. In base alle perturbazioni si accumula una quantità di energia libera → accumulata in termini di energia pulsionale. Idea di restare carichi di questa energia è spiacevole, infatti qualunque sistema fisico, in uno stato di perturbazione, tende a ritrovare il suo equilibrio (così anche noi). Dobbiamo fare cose per minimizzare energia libera: ridere o agitare un pugno all’aria. Questo aspetto potremmo definirlo come: nel momento in cui siamo di fronte a stimolo per cui non abbiamo un buon modello la nostra energia libera è unbound (non vincolata, non limitata) → senso di angoscia. Per Freud l’incapacità di limitare, di minimizzare la carica sensoriale, che arriva dall'esterno, è la fonte principale di angoscia: sofferenza. Nel caso in cui questa energia libera superi determinate soglie di comprensione, gestione o limitazione → trauma, un tracollo del sistema in base ad energia sovraccaricata. Due forze all’interno di questo modello (centrali nel pensiero di F): 1. Processo primario, genera l’energia. 2. Processo secondario, preposto a dare limitazione e forma all’energia primaria. Processo primario Modalità sensoriale-percettiva; spostamento, sostituzione, condensazione; "energia libera" di Helmholtz; impulsivo, disorganizzato, incomprensibile; pensiero magico, sogno, perdita di senso del tempo, allucinatorio, euforia, grandiosità, paranoia, pensieri bizzarri, etc.; tolleranza dell’ambiguità e della contraddizione; vincolato al principio di piacere; modalità sensoriale, percettiva. La natura del processo primario è embodied/corporea: sono emozioni, sensazioni. Se ho fame è perchè il mio corpo mi sta dicendo che non sono in equilibrio e che in qualche modo devo agire. Le modalità attraverso cui opera il processo primario sono modalità che esulano dalla nostra conoscenza del mondo cosciente, sono modalità che operano attraverso la violazione di tutto ciò che per noi è pensiero. Alcuni esempi: pensiero magico, sogno, mancanza di senso del tempo, paranoia, pensiero bizzarro → tutte quelle modalità che possiamo osservare nella psicopatologia e nelle alterazioni dello stato di coscienza (stati da cui Freud parte per creare questi modelli). Idea cruciale è che non c’è una coscienza modificata, c’è un processo indipendente che nutre questa modalità di pensiero. Il processo primario parte dai bisogni del corpo e spinge 26 senza compromessi alla loro soddisfazione: principio di piacere, non stiamo lì a soffrire → idea che bisogno va soddisfatto. Spostamento, sostituzione, condensazione descrivono i meccanismi del processo primario.Tra i vari oggetti della psiche l’energia si può riversare/spostare da un oggetto all’altro, oppure un oggetto può sostituirne un altro oppure più oggetti possono condensarsi all’interno della stessa emozione. Processo secondario Forza regolatrice; pensiero logico, simbolico; principio di non contraddizione; Struttura causale e temporale; vincolato al principio di realtà. Modalità del pensiero che noi conosciamo → è una modalità logica, vige principio di non contraddizione. Vincolato al principio di realtà: se rubo il cibo dal piatto (principio di piacere: devo portare in equilibrio il mio sistema, è come se il mio cervello non sapesse nient’altro che il fatto di essere in tensione o in equilibrio) arriva forchettata. Se resto nella fantasia (parliamo di fantasia perchè il processo primario è un processo in cui la modalità non è logica o razionale, è una modalità in cui tutti gli oggetti possono essere investiti da tutte le energie → ha carattere allucinatorio: posso allucinare di aver mangiato, non importa cosa ho a disposizione. L’obiettivo è soddisfare il principio di piacere e questo può spingermi a creare una realtà magica) del mio bisogno, la soddisfazione del piacere non sarà totale, perchè non reale. Il mondo vero non lo possiamo solo allucinare. Differenza tra i due principi: tipo di relazione che si ha rispetto al dolore inevitabile di essere al mondo. ▪ nel principio di piacere: rigettare il dolore, fuga → al costo di allucinare, distorcere la realtà creo soddisfazione per stare in equilibrio. Vedere qualcosa è meglio di non vedere nulla. ▪ nel principio di realtà: accettazione del dolore, vedere una cosa che non esiste mi soddisfa solo a un certo punto, devo far qualcosa per migliorare il percetto oppure dire: “non so cosa vedo, giro la tavola, chiedo in giro” → accettazione del dolore ed empowerment. “Solo la mancanza dell’atteso soddisfacimento, la disillusione, ha avuto per conseguenza l’abbandono di questo tentativo di appagamento per via allucinatoria. L’apparato psichico ha dovuto risolversi a rappresentare a se stesso, anziché le condizioniproprie, quelle reali del mondo esterno, e a sforzarsi di modi care la realtà. Con ciò si è instaurato un nuovo principio di attività psichica: non è più stato rappresentato quanto era piacevole, ma ciò ch’era reale anche se doveva risultare spiacevole. Con questa instaurazione del principio di realtà è stato compiuto un passo denso di conseguenze.” (Freud, 1911, Opere Vol. 6 p. 454) Il modello economico e neuroscienze Il cervello ottimizza la sua rappresentazione del mondo sopprimendo gli errori di predizione tramite lo scambio di messaggi tra livelli gerarchici per ridurre al minimo l'energia libera. È un modello che sta trovando forte corrispondenza con alcuni dei più interessanti sviluppi negli ambiti delle neuroscienze. Friston, modello del cervello Bayesiano → descrive il funzionamento del cervello come gerarchia di funzioni che si occupano in modo diverso di elaborare i dati percettivi in modo via via più astratto. 27 fi Il modo in cui i neuroni sono cablati attraverso reti neurali per i diversi livelli di astrazione sono sovrapponibili ai due processi: processo primario come connessioni bottom-up: nuclei talamici, aspetti più primitivi o sensoriali del cervello che si collegano via via fino agli strati corticali superiori, in funzione eccitaoria; Processo secondario che descrive una serie di connessioni top-down che si occupano di inibire l’attività eccitatoria dei neuroni bottom-up in una maniera del tutto analoga a quella di limitare l’energia libera di cui parla F. Friston (ha inventato l’fMRI come tecnica di analisi) riconosce che il modello di energia libera di Helmholtz è effettivamente uno dei meccanismi attraverso cui funziona il cervello. Processi bottom-up e top-down possono essere mappati in diverse aree del connettoma in modo funzionante. Studi su fase REM, stati dissociativi ecc (cose che Freud aveva identificato come modalità indipendenti del funzionamento cerebrale) effettivamente sembrerebbero essere mappati in zone del cervello che vanno in una direzione (bottom-up); mentre tutte le parti di narrazioni del se, di coscienza, di astrazione ecc. sembrerebbero meglio spiegati dalle reti che hanno un tipo di collegamento top-down. Modello topogra co Freud, nei primi anni del suo percorso, dopo aver definito il modello economico per una psicologia scientifica, si rende conto che lo stato delle neuroscienze è troppo primitivo. Si dice che non riuscirà mai a verificare le sue teorie in senso medico → se non può farlo si dice che deve passare ad una modalità di descrivere la mente umana più metaforica per poter spiegare i fenomeni che stava osservando nei pazienti. In quel periodo Freud stava osservando il fenomeno che le sue pazienti non si ricordavano cose importanti: abuso sessuale, fantasia erotica verso un genitore. Era interessato a descrivere un fenomeno che era evidente nella sua osservazione: spesso i pazienti esordivano con “ah mi sono ricordato di questo, prima non ne avevo idea” → mette Freud nella posizione di spiegare perchè queste persone non hanno accesso a informazioni importanti della loro vita. Parte dal modello economico (che continua a funzionare indipendentemente, non lo sovrascrive) → devo costruire un modello di mente umana che mi permette di allocare una serie di informazioni in uno spazio non noto → struttura tripartita. 1. mente conscia ciò di cui abbiamo consapevolezza. Freud intendeva: abbiamo coscienza di una serie di cose, ascoltare il prof è sicuramente più sotto gli occhi della nostra mente rispetto alla pressione del nostro corpo sulla sedia. È una prospettiva molto cognitiva. La coscienza è l’oggetto di questa funzione che ci descrive quello di cui siamo consapevoli, la mente veglia (il 90%). È il mondo di cui facciamo esperienza ma non è l’interezza, infatti: è discutibile che la pressione sulla sedia o altre informazioni sensoriali che eliminiamo dalla nostra percezione arrivino comunque ai nostri organi di senso, però il nostro cervello decide che non sono interessanti o importanti, e le sommerge. Questo processo fisiologico e sano viene distinto dallo strato inconscio. 2. Strato inconscio c’è una funzione analoga a quella del pre-conscio, ma patologica: elimino dalla coscienza delle cose perchè quelle cose sono inaccettabili, intollerabili, eccitatorie → perché non ho strumenti per regolarle. Il processo di eliminazione dalla mia coscienza: repressione. Obiettivo di trattamento in questa prospettiva è cognitivo: “rendere cosciente l’inconscio”. Come fa ad ottenere questo obiettivo? Cercando di analizzare i momenti in cui l’inconscio si tradisce: sogni, libere associazioni, interpretazioni di fantasie, lapsus. Laddove il processo primario trapela (siamo addormentati e non siamo in 28 fi grado di reprimere bene, oppure siamo in uno stato di coscienza alterata - sonno, effetto di droghe - oppure abbiamo un tracollo psicotico, o perchè la nostra cultura ce lo permette - allo stadio) abbiamo possibilità di far arrivare alcune informazioni dall’inconscio e di poterle interpretare. 2 aspetti importanti: lavoro del paziente: far affiorare il più possibile le informazioni, far diventare conscio l’inconscio; Lavoro del terapeuta: interpretare, coadiuvare la trasformazione di questi processi non elaborati in elaborati, che abbiano senso. Eco di Bion: era già in luce nel pensiero originale freudiano. 3. pre-conscio agisce da censore su accettazione delle cose che possono emergere o meno alla coscienza. Ci aiuta a capire come funziona questo modello. La fase intermedia (cioè quella per pre-conscio) è la fase che decide se diventiamo consapevoli o meno di determinati elementi. All’interno di questo modello c’è un’interpretazione particolare dell’angoscia. Se da un lato osserva la rimozione di memoria, dall’altra osserva che le persone vivono stati di malessere psicologico: che definisce angoscia (successivamente identificata con “ansia”). Nel modello topografico l’angoscia resta, come nel modello economico, effetto di una libido non scaricata: effetto del sovraccarico pulsionale resta presente e viene ulteriormente elaborato. Inoltre, inizia a connotare sessualmente la maggior parte delle pulsioni. Queste metafore possiamo vederle come una questione culturale ma siamo sicuri che quello che lui descrive come pulsioni sessualizzate è un modo per descrivere tutte le pulsioni? Prendiamo quello che ci serve del funzionamento emotivo, non del linguaggio. Pulsione Un processo dinamico consistente in una spinta (carica energetica, o fattore di motricità) che fa tendere organismo verso una meta. fonte in un eccitamento somatico (stato di tensione: la fame, la voglia, il fastidio, la noia, la rabbia) → è un tipo di agitazione che lui identifica nel corpo, si potrebbe dire anche emotivo, secondo alcune definizioni di emozioni. La meta è di sopprimere lo stato di tensione che regna nella fonte pulsionale: ci cerca sempre la soddisfazione di questo eccitamento. (Il modello economico è sempre presente) L’oggetto: la pulsione può raggiungere la sua meta nell’oggetto o grazie ad esso → è quella cosa che causa o incarna la pulsione: nel caso della fame l’oggetto può essere il nutrimento, o quello che il nutrimento simbolizza (ciò che permette a pulsione di manifestarsi). Obiettivo → soddisfazione delle pulsioni. Senza le pulsioni per Freud non ci sarebbe niente, non ci sarebbe vita, arte o espressione perché saremo in paradiso soddisfatti tutto il tempo. Le pulsioni sono la forza propulsiva della vita, dello sviluppo e della personalità. Senza pulsioni non c’è sviluppo di motivazione, energia. Problema: pulsioni diventano inaccettabili (fare l’amore con la mamma) → nella nostra società non è ok, sarà meglio che invece di raggiungere la soddisfazione di questo bisogno (meta) serve che io faccia qualcos’altro → le pulsioni inaccettabili vengono rimosse (repressione di queste pulsioni libidiche). Metafora della caldaia: stipa vapore da una parte, esce da un’altra. Molto dopo: introduce pulsione di morte/thanathos. Oltre al principio di piacere (pulsione libidica/eros), individua la pulsione di morte che secondo lui descrive una pulsione di agire del mondo in modo distruttivo, non costruttivo. Spiega i comportamenti aggressivi. 29 Modo per vedere il principio di piacere vs principio di realtà: è l’dea che il differente assecondamento del principio di piacere (che opera partendo dalle pulsioni, piuttosto che principio di realtà che opera a partire dal conscio) è legata alla relazione che il soggetto ha col dolore: in principio di piacere l’individuo evita dolore (per evitarlo faccio qualunque cosa); nel principio di realtà: è un fatto che nel mondo socializzato con risorse limitate il dolore è inevitabile → operazione di dare una forma, sublimare, contenere le forme di dolore che non sarebbero accettabili (invece di fare il matto scrivo una poesia). Resistenza è per Freud il concetto cardine. Osserva il fenomeno che i pazienti non ricordano episodi traumatici. Nel 1893 scrive a Breuer: “i miei malati soffrono di memoria”. Inizia a fare pensieri su forze consce e inconsce, si fa un ragionamento su quali sono i guadagni secondari (si ragionava così in termini di salute mentale: il vantaggio di essere pazzo è che sono deresponsabilizzato). Freud, invece, è interessato ai guadagni primari: posso avere dei ritorni sociali, ma quali processi mi portano ad essere mortalmente depresso, ad avere allucinazioni? È stato il primo a cercare di capire perchè i comportamenti psicopatologici potevano essere evolutivamente adattativi in una fase della vita. Questo tipo di ragionamento sarà quello che lo aiuterà a traghettare dal modello topologico a quello strutturale: esiste qualcosa che non so → il mio trauma infantile, un lapsus. Se esiste qualcosa che non so, deve innanzitutto esistere un’agenzia psichica che ha deciso che quella informazione non deve essere nota. È molto più razionale e rispettoso per la nostra natura di esseri umani dirci che sono io che non voglio sapere questa cosa → se c’è un’agenzia psichica che non vuole che io sappia quella determinata cosa, deve esserci un buon motivo. Freud parte da questo ragionamento logico sulla resistenza per sviluppare struttura triadica della mente. L’insieme degli elementi rimossi e repressi rappresenta l’inconscio (ES); agenzia psichica che non vuole sapere e che agisce la repressione e non vuole sapere (IO); il motivo per cui non vuole sapere è il processo di socializzazione → introiezione dell’altro nella forma primitiva e astratta (Super-Io). Modello strutturale Modello più maturo: che rappresenta integrazione dei modelli/teorie precedenti e sarà il modello che poi più utilizzerà e da cui prenderanno anche gli altri autori psicoanalitici. Abbiamo anche qui una struttura tripartita che sottostà alle logiche di prima: è la descrizione di una struttura funzionale/metaforica, non anatomica. L’io deve confrontarsi con diverse relazioni conflittuali (“Io devo confrontarmi..”), diventa quella parte/funzione che processa l’esperienza e che si deve relazionare con le altre parti. Obiettivo della terapia dinamica passa da un obiettivo di tipo cognitivo (accedere a informazione) a un obiettivo più morale/etico: quello di sviluppare l’Io. L’ego deve cercare di conquistare territorio, non perchè il resto della mente è cattivo ma perchè solo attraverso l’influenza dell’Io che noi possiamo realizzarci come persone e agire in maniera consapevole. Diventare persone realizzate. L’aspetto dell’Io in divenire non può prescindere dalla triangolazione tra Sé, l’Altro e aspetti che non sono accessibili al sè, ma che fanno parte di una storia precedente. “Dov’era esso, debbo divenire io”. Altro insight: l’io evolve dalla frustrazione delle pulsioni → frustrazione non è per forza negativo. Per avere pensieri sofisticati, ad avere oggetti mentali ampi, astratti e complessi è necessario partire da qualcosa di piccolo. L’idea della frustrazione delle pulsioni: introduce la possibilità stessa dell’educazione e dell’apprendimento in senso evolutivo → che quindi necessariamente deve passare dalla frustrazione di un modello precedente che abbiamo sulla percezione. Frustrazione come quella cosa che permette ad Io di espandersi: capacità di dare senso al mondo aumenta → più cose possono restare coscienti e meno hanno bisogno di essere spostate nell’ambito della paura o della meta-fisica. Nell’altra relazione, l’io deve contrastarsi con l’ingiunzione genitoriale o sociale: se società dice che omosessuali sono patologici ed immorali ed io ho pulsioni in questa direzione: genererà frustrazioni molto poco 30 gestibili andando a modificare la relazione tra ciò che è consapevole e inconsapevole in modo molto poco gestibile. Mi devo confrontare con questo tipo di cose per valutare quello che sta nel conscio e quello che devo reprimere: è il senso della relazione triangolare. La struttura tripartita Es, “esso” Io mi relaziono con esso, io cresco e imparo da esso. Esso: quella cosa là che sta là e che non la chiamo per nome. È il contenitore delle pulsioni sessuali aggressive (aderente all’inconscio). Il funzionamento dell’ES per Freud è il processo primario (serve a spiegare come funziona l’Es). Obiettivo: perseguimento del principio di piacere → trovare equilibrio. Es investe gli oggetti → ci spiega perchè alcune cose sono emotivamente cariche oppure no. Un oggetto è più investito di un altro → quando bisogna scegliere l’oggetto di una pulsione, sceglie un oggetto e lo investe in forma di energia pulsionale (catessi). Super-io, “sopra a me“ Istanza morale → una cosa che sta sopra di me, aspetto socializzatore. Qualcosa che ci soverchia e ci sovrasta, nessuno di noi esiste senza quello che sta sopra di noi e cioè lo spazio sociale → introiezione, esperienza consolidata oggettificata di questo senso di superiorità dell’alterità (genitore, società in senso più ampio). È rappresentazione psichica organizzata dalle figure di autorità genitoriale dell’infanzia (“così si fa, così non si fa”). È il nucleo della teoria delle rappresentazioni oggettuali; spiega l’origine del senso di colpa, si va ad intersecare all’aspetto di angoscia per andare a spiegare una serie di punti di sofferenza; è presente la triangolazione con l’altro reale e altro introiettato. Ich, “io” ne siamo consapevoli, l’oggetto non è coscienza in sè ma l’io si istanzia → la coscienza diventa una funzione dell’Io, è come se fosse l’organo di senso dell’io. Solo una parte di questa struttura è cosciente: → mediazione con la realtà esterna: incarna la funzione regolatoria del processo primario che abbiamo visto nel modello economico; → problem solving: ha la funzione di dialogare con le altre parti. La parte inconscia: → mediazione con le parti della realtà interne → attiva meccanismi di difesa: questa emozione la mettiamo di qua e quest’altra di là. Usa il processo secondario e persegue il principio di realtà. Controlla e contiene Es (anti-catessi): vorrei perseguire il mio impulso ma sarà meglio che sto seduto nel mio banco ad ascoltare anche gli ultimi 10 minuti di lezione. Frustrazione → astrazione. Conflitti principali dell’Io - desiderio vs ingiunzione morale; - desiderio vs realtà; - realtà interna vs realtà esterna. Tra cui: conflitti esterni vs conflitti interni/intrapsichici e conflitti esternalizzati vs internalizzati. La resistenza nel modello strutturare → ci sono tutte queste parti che hanno obiettivi differenti e che possono andare in contrasto. 31 o Resistenze dell'io: a) repressione; b) transfert; c) vantaggi secondari; o Resistenza dell'Es: coazione a ripetere; o Resistenza del Super-Io: senso di colpa. Esaminare la resistenza prima del contenuto! Transfert e controtransfert Dobbiamo attingere a ciò che ci siamo detti riguardo a processo primario e processo secondario. Ci sono contenuti che possono anche non emergere alla coscienza, per Freud questi agiscono venendo fuori in altro modo, modificando il modo con cui noi interagiamo con il mondo esterno. Il meccanismo è quello proiettivo: gli elementi repressi vengono usati per unificare (attraverso il processo primario) l’esperienza del reale → possiamo immaginarci la proiezione come questo modo di modificare il mondo esterno partendo dai nostri modelli interni (è in linea con il costruzionismo). Transfert lo spostamento dei sentimenti e dei pensieri associati ad una figura del passato del paziente sul terapeuta (padre, madre); spesso inconsapevole, almeno all’inizio; La concezione del transfert oggi: abbiamo abbandonato l’idea rigida che sia un processo unidirezionale da parte del paziente sul terapeuta e, con lo sviluppo teorico, siamo arrivati a comprendere che quello che fa il terapeuta determina il tipo di proiezioni che il paziente mette in campo. La concezione moderna del transfert è quella di un processo co-costruito attraverso cui le diverse azioni che il terapeuta fa, scatenano emozioni. Per Freud la dissociazione tra l’esperienza del “qui ed ora”, cioè l’uomo col sigaro che ho di fronte (il terapeuta) e l’oggetto proiettato (mio padre) è oggetto di sconcerto per il paziente: quando viene suggerito dal terapeuta “perchè ti stai arrabbiando con me, non sono io che ti ho fatto questa cosa?” → momento di realizzazione del processo di spostamento. Contro-transfert Già Freud aveva intuito che la disparità tra paziente e terapeuta aveva determinati limiti e, in quanto essere umano, il terapeuta stesso prova una serie di emozioni per il paziente: il contro-transfert. Le concezioni moderne: insieme dell’intera risposta emotiva del terapeuta verso il paziente. Analisi del ct rappresenta forse lo strumento più importante dell’idea che il modello psicoanalitico ha del trattamento: se io mi sento in un determinato modo con un mio paziente sicuramente io sto proiettando qualcosa, però è anche che lui sta facendo delle cose a me → capire cosa sta facendo a me e come io reagisco mi permetterà di capire come lui agisce nel suo mondo. Il controtransfert è creato congiuntamente grazie all’identificazione proiettiva → concetto fondativo per capire tanti altri aspetti del funzionamento relazionale. È stato definito in tanti modi diversi, è un meccanismo che ha tre step: Primo step: paziente proietta, cioè prende cose del mondo interno e le sposta sul mondo esterno. Esempio: “è un anno che vengo e non mi ha detto nulla che io non sapessi già, proprio come tutti gli altri che 32 hanno provato a prendersi cura di me” → questo primo step proiettivo non mi lascia indifferente come terapeuta (ho la mia autostima, la mia narrazione, le mie idee della relazione con questo paziente), potrei sentirmi ferito, attaccato, deluso. Secondo step: cercare di capire che tipo di reazione/outcome questa dinamica ha. Se mi sento arrabbiato, come posso rispondere? Allontanandomi, rispondendo in modo superficiale.. L’outcome di questa aggressione ricevuta potrebbe però essere quella di convalidare aspettative, inconsce, della paziente: una persona che è stata aggredita non spenderà tante risorse per prendersi cura della persona che le ha aggredite. Attraverso il meccanismo dell’identificazione proiettiva: abbiamo delle aspettative sul mondo, agiamo in modo tale da generare reazioni emotive che, come outcome, tenderanno a reiterare la nostra ipotesi (quella cioè proiettata). Terzo step: psicoanalista diventa consapevole del meccanismo e con interpretazione prova a suggerire al paziente una riflessione su questo meccanismo per vedere se, invece di ottenere l’outcome negativo, si risolve in maniera diversa. Questo concetto sarà fondante per lo sviluppo di una parte della teoria dell’analisi transazionale. Coazione a ripetere apparente contraddizione con principio di piacere: → sogni mostrano episodi negativi; → bambini lanciano giocattoli e piangono; → ripetizioni del represso sostituisce il ricordo. Evidente in OCD, perversioni, pattern relazionali; Prime spiegazioni: azione inefficace è comunque agency; Base per lo sviluppo AT (Berne). Spiegazioni: modello economico: eccesso di forza regolatrice; Modello topografico: tentativo di scaricare l’impulso è comunque meglio di niente; Modello strutturale: l’angoscia che ha causato la repressione si mobilita di nuovo e crea, insieme alla ripetizione dell’impulso, una ripetizione delle misure anti-istintuali. Teoria delle relazioni oggettuali “Studio delle relazioni tra persone esterne reali, e immagini e residui interni di relazioni con esse, e del significato di questi residui per il funzionamento psichico” Greenberg e Mitchell, 1983 Freud si occupa molto della pulsione, per lui la relazione col mondo è molto diretta: la mia pulsione è orientata ad un oggetto (esterno o interno). Probabilmente influenzati dalle teorie del secolo scorso, alcuni autori cominciano ad occuparsi un pò di più della natura di questi oggetti: sovrapposizione tra oggetti (in senso psicoanalitico) e la rappresentazione mentale → modi attraverso cui io costruisco immagini mentali (o residui) di qualche cosa. Grande frammentazione teoria, la definizione di “teoria delle relazioni oggettuali”, sebbene possa essere riassunta dalla grande definizione sopra riportata, può descrivere altre cose. Tre modi in cui può essere usato il termine: 33 1. Tentativi di comprendere le relazioni interpersonali presenti alla luce di quelle passate; 2. Approccio specializzato di “meta psicologia psicoanalitica” sulla costruzione di rappresentazioni mentali delle relazioni diadiche madre-bambino e lo sviluppo di questa relazione in relazioni interpersonali interne ed esterne, diadiche, triadiche e multiple. → Kernberg 3. In senso più stretto, per descrivere gli approcci specifici: a) della scuola kleiniana; b) della scuola britannica degli psicoanalisti indipendenti; c) di quei teorici che hanno cercato di integrare i concetti di queste scuole all’interno della propria teoria dello sviluppo. Lo switch logico tra il modello strutturale e il modello delle relazioni oggettuali è nella destinazione della libido: per Freud la libido è orientata alla soddisfazione del piacere; per questi nuovi autori la libido non è pleasure-seeking, ma è orientata alla costruzione dell’oggetto → con buona forma e rappresentato fedelmente (object-seeking). → questa distinzione è completamente artificiale e frutto della storia. Fairbairn (1952) ce la dice a questo modo, ma vederle come due cose diverse non è così importante. Comunque l’obiettivo della mente, in questa teoria, è quello di costruire delle buone rappresentazioni. La motivazione di base per la ricerca dell’oggetto non è riconducibile a nessuna altra forza motivazionale. Questa tendenza di costruire è così dominante che se pensiamo per esempio agli esperimenti delle macchine di privazione sensoriale (stato di totale mancanza di stimoli esterni): la necessità di costruire un oggetto è così dominante che il soggetto allucina (genera oggetti di qualunque natura). La libido è orientata a dare forma all’esperienza costruendo oggetti. Le relazioni oggettuali interiorizzate sono costruite nel corso dello sviluppo grazie all’interazione fra fattori innati (come la predisposizione innata agli affetti e le competenze cognitive) e relazioni con altri (care-givers). Le relazioni interpersonali rispecchiano relazioni oggettuali interiorizzate; la psicopatologia, in particolare la psicopatologia grave come la psicosi o il disturbo di personalità borderline o narcisistico, è concettualizzata in termini di relazioni oggettuali. Visione psicoanalitica pulsionale Pulsione orientata verso un oggetto, in questo caso del mondo esterno → ci descrive come non è solo un investimento personale, ma l’oggetto diventa parte del nostro vissuto. 34 Modello delle relazioni oggettuali Abbiamo uno spostamento: l’aspetto delle relazioni ci introduce a un mondo in cui le nostre rappresen

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