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These notes are from a psychology clinic lecture covering the biopsychosocial model of health, life skills, health literacy, and community health actions. The lecture details different models of understanding health, focusing on social, cultural, and psychological factors impacting health outcomes. There is discussion of how health literacy and community involvement can improve health.
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PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 1): 11/11/2024 SBOBINATORE: Chiara Parrinello, Sergio Bica IL MODELLO BIOPSICOSOCIALE Il modello biopsicosociale si sviluppa e prende origine dopo aver sorpassato il modello unico per eccellenza che era quello biomedico, dove si pensava che la causa delle malattie fosse...
PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 1): 11/11/2024 SBOBINATORE: Chiara Parrinello, Sergio Bica IL MODELLO BIOPSICOSOCIALE Il modello biopsicosociale si sviluppa e prende origine dopo aver sorpassato il modello unico per eccellenza che era quello biomedico, dove si pensava che la causa delle malattie fosse solo di tipo organico. Il modello biopsicosociale considera la malattia non solo come un insieme di fattori organici ma anche di fattori socioculturali, psicologici che vanno ad influenzare la patologia in un soggetto, questo modello possiamo dunque definirlo come una strategia di approccio alle persone che attribuisce il risultato della malattia a questo intreccio di fattori biologici, genetici, biochimici, sociali, culturali, psicologici (il tono dell’umore, il comportamento). Ad esempio, in un soggetto che scopre di avere una forma tumorale il tono dell’umore, l’essere positivo va ad influenzare il decorso della malattia. Con il modello biopsicosociale diamo una definizione di salute, la salute è benessere fisico e mentale, assenza di malattia, tranquillità, equilibrio che incide sull’umore, il sistema immunitario lavora in modo diverso rispetto a quando siamo stressati (lo stress come fattore sociale va ad incidere sulla patologia), lavorativamente parlando il benessere organizzativo, la motivazione, la partecipazione incide anche sul benessere personale, tutto è interconnesso, questo è il focus del modello biopsicosociale. È fondamentale la definizione di salute che viene data nel 1948 dall'Organizzazione Mondiale della Sanità che viene definita come “stato di completo benessere fisico, sociale e mentale” e non solo come assenza di malattia e infermità. La salute, quindi, non è una condizione astratta perché è data da questo intreccio su una dimensione sociale, culturale, economica. L’attenzione alla salute è un diritto umano fondamentale. Il riconoscimento di tutti questi fattori porta a un miglioramento dello stile di vita individuale e sociale. LE LIFE SKILLS Le life skill sono le capacità di adottare un comportamento positivo e adattivo che permette agli individui di affrontare in modo efficace le necessità e le sfide quotidiane. Sono abilità interpersonali, cognitive e fisiche che rendono le persone capaci di controllare e indirizzare la propria esistenza e di sviluppare la capacità di convivere nel proprio ambiente riuscendo a modificarlo, perché da una parte abbiamo delle capacità innate ma dall’altro abbiamo delle conoscenze e competenze trasversali che apprendiamo e mettiamo in atto, attraverso lo studio, il confronto (life skills e problem solving sono interconnessi, perché il problem solving sono le strategie che vengono messe in atto per risolvere un problema, ma queste strategie le applichiamo quando ci rendiamo conto di quali competenze prendere dal nostro bagaglio). ALFABETIZZAZIONE ALLA SALUTE L’alfabetizzazione alla salute sono quelle abilità cognitive e sociali che determinano la motivazione e la capacità degli individui di accedere alle informazioni, di comprenderle e di utilizzarle in modo da promuovere e mantenere una buona salute. Implica il raggiungimento di un livello di conoscenze, di abilità personali e di fiducia in sé stessi tale da poter agire per miglioramento della salute sia individuale che collettiva attraverso la modifica degli stili di vita e delle condizioni di vita. Un esempio è la nostra università in quanto apprendiamo delle conoscenze che poi utilizzeremo per divulgarle e promuovere la salute, ma anche la nostra professione è un esempio perché entreremo in contatto e ascolteremo il paziente. La salute comprende molte discipline, tra cui come stiamo vedendo la psicologia clinica, ma possiamo aggiungere anche la sociologia, l’educazione fisica, la psicologia della salute. L’alfabetizzazione alla salute è quindi un aspetto fondamentale per promuovere l’empowerment, ovvero le strategie di energia positiva per raggiungere un obiettivo sia attraverso le conoscenze e competenze individuali sia con l’aiuto degli altri, il lavoro di gruppo aiuta a sviluppare strategie di empowerment perché c’è un intreccio tra le nostre competenze e quelle degli altri. L’alfabetizzazione alla salute dipende da due livelli più bassi: un livello basso di scolarità incide sulla salute limitando lo sviluppo personale, sociale e culturale, per esempio noi sappiamo che fare il bagno ai bambini subito dopo aver mangiato può bloccare la digestione, per chi ha una conoscenza rispetto a questa teoria di riferimento la applica però poi ci sono delle persone che magari non hanno studiato e non danno molta importanza a questa teoria e non la applicano, questo incide sulle conoscenze relative all’alfabetizzazione alla salute. LE AZIONI DELLA COMUNITÄ ALLA SALUTE Consistono negli sforzi collettivi compiuti dalle comunità per incrementare il controllo sui determinanti di salute e di conseguenza per migliorare la salute. La carta di Ottawa sottolinea l’importanza di un'azione della comunità concreta ed efficace nello stabilire le priorità per la salute, nel prendere decisioni, nel pianificare e nell’incrementare strategie al fine di migliorare la salute. Un esempio è lo screening che promuove e incide sulla salute e sul benessere, o anche le campagne vaccinali. Il concetto di empowerment di comunità è strettamente correlato alla definizione di azioni della comunità per la salute, quindi una comunità basata sull’empowerment è una comunità nella quale gli individui e le organizzazioni utilizzano le proprie abilità e risorse tutti insieme in uno sforzo collettivo per la risoluzione di un problem solving, un obiettivo comune per affrontare le proprie priorità di salute e soddisfare di conseguenza i bisogni sia individuali che collettivi della comunità. Nell’ambito della promozione della salute possiamo definire l’empowerment come il processo attraverso il quale le persone acquisiscono un maggiore controllo rispetto alle decisioni e alle azioni che riguardano la propria salute. Il controllo incide positivamente sulla salute, ma a volte il controllo in quelle persone che tendono a fare le cose in modo preciso, che tendono a controllare tutto, è un fattore personale che va ad influenzare negativamente alcune patologie come la depressione o l’ansia. Il controllo è una strategia che noi mettiamo in atto per contenere la nostra ansia, però può essere una caratteristica che incide negativamente sul benessere collettivo perché può destabilizzare le altre persone (ad esempio una dottoressa che controlla continuamente il lavoro degli infermieri può mettere in dubbio le certezze che hanno quegli infermieri, influenza negativamente sulla sua sicurezza personale o meglio dire professionale). L’empowerment per la salute è un processo sociale, culturale, psicologico, politico attraverso il quale gli individui e i gruppi sociali sono in grado di esprimere i propri bisogni e preoccupazioni, quindi individuare le strategie per essere coinvolti nel processo decisionale e intraprendere azioni di carattere politico, sociale e culturale che consentono loro di soddisfare tali bisogni. C'è differenza fra l’empowerment individuale e l’empowerment comunitario, perché nell’empowerment individuale c’è l’analisi delle capacità del singolo individuo di prendere le decisioni, di sviluppare le strategie e quindi sono loro che prendono il controllo della propria situazione personale facendo delle scelte. COPORTAMENTI A RISCHIO I comportamenti a rischio sono forme specifiche di comportamento per le quali è dimostrata l’associazione con una maggiore suscettibilità ad una determinata malattia o disturbo. Riuscire a produrre dei cambiamenti in un comportamento a rischio è uno dei principali obiettivi della prevenzione delle malattie e per raggiungere questi obiettivi si è ricorsi all’educazione alla salute. L’educazione alla salute ha fallito la propria missione per quanto riguarda i comportamenti a rischio? Da una parte c’è l’attenzione a sviluppare delle strategie e delle conoscenze e quindi a educare gli individui dicendo ad esempio che il fumo fa male, dall’altra parte però c’è una prevalenza di alcuni individui di attuare dei comportamenti a rischio anche conoscendo i rischi, quindi potremmo dire che il comportamento a rischio, nell’ottica della promozione alla salute, può essere visto come una risposta o come un meccanismo che fa fronte a determinate condizioni di vita. Potremmo dire che l’educazione alla salute è l’insieme delle opportunità di apprendimento consapevolmente costruite che comprendono alcune forme di comunicazione finalizzate a migliorare la salute (?), chiaramente noi aumentiamo le conoscenze, le competenze, le nostre life skills. L’educazione alla salute quindi non si deve occupare soltanto di dare informazioni ma anche di fornire le motivazioni, abilità e autoefficacia necessarie per intraprendere azioni volte a promuovere e migliorare la salute. L’educazione alla salute comprende le formazioni riguardanti le condizioni sociali, economiche ed ambientali che hanno un impatto sulla salute, così come i fattori individuali e comportamentali di rischio, e quindi comprende la comunicazione delle informazioni riguardanti le condizioni sociali nonché l’utilizzo del sistema sanitario. Un esempio di educazione alla salute sono i progetti di prevenzione che vengono fatti nelle scuole, ad esempio un progetto sulle dipendenze, ma non hanno molti risultati perché non riescono a coinvolgere i ragazzi, potremmo dire che per poter portare frutto le parole chiavi sono motivazione e partecipazione che sviluppano l’autoefficacia. INDICATORI DI SALUTE Gli indicatori di salute sono una caratteristica di un individuo (riferito ad una comunità di appartenenza) che può essere diretto o indiretto, e possono essere utilizzati per descrivere uno o più aspetti della salute. Gli indicatori possono essere usati per definire un problema di salute e vanno a definire le differenze di salute, di conseguenza gli indicatori ci aiutano ad individuare quanto gli obiettivi siano stati raggiunti o meno. OSPEDALI CHE PROMUOVONO LA SALUTE Le realtà che promuovono la salute e il benessere sociale, quindi collettivo, sono quelle aziende dove c’è un modello organizzativo e si promuove la partecipazione e la motivazione di ogni singolo componente dentro la struttura di riferimento. Ad esempio, gli operatori dentro un ospedale possono andare incontro a fenomeni di burnout, e l’azienda dovrebbe occuparsi di andare a stimolare la motivazione di ogni singolo dipendente. Negli ospedali che promuovono la salute, non soltanto promuovono la salute dei propri pazienti ma anche quelli dei propri collaboratori, quindi ci sarà l’attenzione del paziente, ma anche verso il collega e il team. MODELLO BIO-PSICOSOCIALE – “George Libman Engel e Jonh Romano” Inizialmente vi fu una rivoluzione del modello BIOMEDICO, che era alla base del concetto di salute come presenza/assenza di malattia, quindi c’era molto il dualismo mente/corpo. Questo filone del modello BIOMEDICO è stato sostituito e attenzionato da George Libman Engel e da John Romano con il modello BIO-PSICOSOCIALE, dando attenzione alla malattia costituita non soltanto da fattori genetici e biologici, ma anche da fattori psicologici, sociali e culturali. Ognuno di noi è costituito da una funzione cognitiva, ma anche da una funzione emotiva. Di conseguenze i fattori sociali culturali ed emotivi incidono nel ruolo della malattia. Per quanto riguarda l’analisi della nostra psiche, dipende molto dalla rappresentazione che ognuno di noi ha di sé stesso, anche il pensiero che altre persone fanno su noi stessi può influenzare sull’individuo positivamente o negativamente, perciò possiamo affermare che ogni persona è una realtà biopsicosociale perché possiamo considerare la persona come intreccio di dimensione biologica, psicologica e sociale. L’elemento fondamentale è che ognuno di noi si definisce anche in base all’interconnessione del soggetto rispetto a dove vive. CONCETTO DI BENESSERE Il benessere risiede non soltanto nell’organismo (come caratteristica biologica), ma anche rispetto alle proprie qualità, alla presenza o meno delle relazioni interpersonali, alla capacità di problem solving. Quindi facendo un esempio dove la dimensione psicologica incide nello stato di salute e di malattia attraverso il fattore biologico, attraverso il comportamento personale, stile di vita, ma anche la possibilità che avere dei determinati comportamenti possano incidere o meno nel verificarsi nell’incidenza di una certa malattia. MODELLO DELLE CREDENZE DI CONTROLLO Il modello delle credenze di controllo consiste rispetto al fatto di modelli dove il soggetto può ritenere di avere un controllo o meno sulla propria salute con una probabilità che mettere in atto determinati comportamenti di protezione possano avere un’incidenza sulla presenza o meno di sviluppare la malattia, ad esempio ci sono soggetti che non fumano e che sviluppano delle malattie tumorali. Questo soggetto che ha sempre avuto un controllo nell’evitare di assumere questo tipo di dipendenza, poi alla fine non ha concluso nulla perché ha sviluppato ugualmente quella forma tumorale. Questo tipo di modello avviene quando il soggetto ritiene di poter avere un controllo sulla propria saluta, ma chiaramente questo non è possibile, perché ci sono una serie di fattori che vanno ad incidere sull’insorgenza di una patologia. Possiamo avere due tipi di controllo, un controllo interno (ad esempio: io non fumo, quindi ritengo di controllare il mio apparato respiratorio) e un controllo esterno (ad esempio: io mi affido ai protocolli del sistema sanitario nazionale). C’è un terzo tipo di controllo che è legato alla fortuna o al caso, che attribuibile a tutto (ad esempio: io non ho mai fumato e andrò incontro ad una malattia tumorale). MODELLO DELLE CREDENZE DI SALUTE Ora vediamo in particolar modo la probabilità con cui una persona adotta un comportamento viene ritenuto rilevante per l’incidenza o meno della propria salute, quindi la gravità percepita in termini di rischio di mortalità (conseguenze sociale attribuibile ad una determinata patologia), il rischio personale di poter contrarre una patologia, la percezione dei benefici (possono scaturire un comportamento preventivo, come ad esempio autopalpazione e/o screening), promozione di sensibilizzazione ai fattori di rischio. L’autore principale di riferimento del modello delle credenze di salute è Becker. PRINCIPALI TEORIE PSICOLOGICHE SUI COMPORTAMENTI RILEVANTI DELLA SALUTE Alla base di tutto c’è attenzione sulla branca psicologica e della salute, che va ad analizzare l’insieme dei fattori sociali, cognitivi ed emotivi che influiscono più o meno sul mantenimento della salute, quindi sulla possibilità o meno di una formazione di una patologia e di conseguenza sulle risposte del paziente e della sua famiglia rispetto alla malattia. Avere una famiglia vicina può incidere molto sul benessere di un paziente, quindi ci agganciamo al concetto di rappresentazione mentale della malattia. RAPPRESENTAZIONE MENTALE DELLA MALATTIA: Il presupposto fondamentale su cui si fonda il modello teorico è che tutti i comportamenti siano legati a delle concezioni implicite delle persone relative alla malattia. Le rappresentazioni della malattia sono importanti perché influenzano le reazioni delle persone ai sintomi, diagnosi e informazioni riguardanti la malattia. Le rappresentazioni mentali della malattia sono l’idea che ci siamo fatti, quindi è una nostra rappresentazione, ognuno di noi si fa una rappresentazione. Ad esempio, un paziente ipocondriaco a una rappresentazione diversa rispetto al resto di pazienti. 5 ASPETTI FONDAMENTALI CHE SONO DIETRO ALLA RAPPRESENTAZIONE MENTALE → 1. IDENTITA’: quello che io penso riguardo ad una patologia e al quadro sintomatologico connesso. Quello che io penso, ne scaturisce l’identità della patologia. 2. CAUSA: sono le credenze relative al motivo che si ritiene responsabile della malattia o meglio quelle che io credo possano essere le cause; 3. DECORSO TEMPORALE: ovvero la cornice temporale. Ad esempio: “quanto dura questa malattia?” 4. CONSEGUENZA: ad esempio il domandarsi a cosa porterà quella determinata malattia; 5. CURA: quello che faccio io per contrastare la patologia, e di conseguenza le aspettative che io ho utilizzando un determinato tipo di protocollo. REAZIONI EMOTIVE Le reazioni emotive sono la conseguenza di quello che abbiamo detto prima. Diversi studi hanno dimostrato l’incidenza negativa che alcune persone hanno quando possiedono delle rappresentazioni mentali negative, perché le rappresentazioni mentali negative su alcune patologie possono andare ad insinuarsi in uno stato ansioso, cambiamento dell’umore, che chiaramente vanno ad inserirsi in un quadro dove è già presente una patologia. Quando si va a conoscenza di una certa malattia, soltanto ognuno di noi può realmente sapere cosa sta provando, però l’atteggiamento ad essere positivi e cercare sempre speranza va ad incidere positivamente sull’arco temporale. Per una rappresentazione mentale migliore, è fondamente che gli infermieri adottino delle strategie per andare a promuovere e coinvolgere il paziente ad una partecipazione attiva nell’attivare un protocollo di cura. MODELLO DELLE CREDENZE SULLA SALUTE E TEORIA DELLA MOTIVAZIONE A PROTEGGERSI La probabilità di adottare un determinato tipo di comportamento, di conseguenza evita dei problemi di salute dipende non soltanto dalla credenza, ma anche dalla percezione dell’effettiva minaccia alla salute e dalla valutazione personale rispetto all’azione corretta, quindi possiamo dire che una corretta informazione va sviluppare due strategie: la valutazione dei rischi e dei pericoli (che può portare a sviluppo di dipendenza e/o patologia) e il tipo di valutazione che riguarda il sostegno. L’AUTOEFFICACIA Un altro modello fondamentale e quello relativo al concetto di autoefficacia, cioè quanto ognuno di noi attiva la percezione di sapere affrontare determinate situazioni specifiche attraverso quello che è il problem solving, quindi l’attuare determinate strategie va a far si che il soggetto vada ad attivare uno specifico cambiamento. LA TEORIA DEL COMPORTAMENTO PIANIFICATO Quando alcuni elementi che determinano un comportamento adottato, hanno dentro di loro intenzione di mettere in atto quel particolare tipo di comportamento, sono determinati dagli atteggiamenti e dalle norme soggettive. STADI DEL CAMBIAMENTO E COMPITI DELL’INFERMIERE Il processo di cambiamento rispetto alla pianificazione/motivazione che il soggetto produce nel raggiungimento di un obiettivo ha sei stadi che determinano il cambiamento → 1. PRE-CONTEMPLAZIONE→ un soggetto sa che il fumo fa male ma fuma lo stesso; 2. CONTEMPLAZIONE→ soggetto sa che il fumo fa male, vorrebbe smettere, ma continua a fumare; 3. DETERMINAZIONE→ soggetto ha una reale motivazione di smettere di fumare, e si informa sulle strategie possibili per smettere; 4. AZIONE→ soggetto mette in campo la possibilità di smettere di fumare e ci prova; 5. MANTENIMENTO→ nella fase di mantenimento viene messa in evidenza la cornice temporale, ad esempio il tempo in cui il soggetto ha smesso di fumare; 6. RICADUTA→ anche a distanza di un determinato tempo, il soggetto può avere delle ricadute, quindi ricomincia a fumare. PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 2): 18/11/2024 SBOBINATORE: Giulia Spera LA PERSONALITÄ Cos' è la personalità? → Insieme delle caratteristiche psichiche e delle modalità comportamentali che definiscono il nucleo delle differenze individuali. Il primo a parlare di personalità fu Ippocrate che definì 4 tipi personali, in base all' umore presente nel corpo → Melanconico, associate a persone riflessive e che hanno una predisposizione all'emotività e, a volte, a una certa malinconia o tristezza; le caratteristiche principali del carattere melanconico sono la sensibilità emotiva, introversione e tendenza alla riflessione Collerico, associata a persone che si arrabbiano facilmente, impazienti e impulsive Flemmatico, associata a persone calme, equilibrate e pacifiche. Le persone flemmatiche sono considerate riflessive e tranquille Sanguigno, associata a persone che sono vivaci, ottimiste e socievoli. È una personalità caratterizzata da energia e grande apertura verso gli altri Il termine latino personalitate deriva dal greco "prosepon" e dall’etrusco phersu, fu Cicerone a definirla come la dignità di un essere umano oppure come la maschera teatrale indossata dagli attori (persona=maschera). Tecniche d’indagine e diagnosi della personalità → In quegli anni si diffusero queste tecniche d'indagine e diagnosi con lo scopo di comprendere i tratti, le caratteristiche e i processi psicologici di un individuo e esploravano tre vie di accesso alla personalità. L'osservazione esterna, costituita dall'insieme degli elementi biografici, fisiologici e anatomici. L'auto interpretazione, mediante il quale l’individuo riflette su sé stesso, sulle proprie emozioni e comportamenti. Può avvalersi di questionari (big five personalità test). L'analisi fenomenologica, approccio per comprendere meglio l'esperienza soggettiva degli individui (Analisi dei sogni e visioni del mondo possono essere collegate all'analisi fenomenologica). Il primo psicologo che parlò della struttura della personalità fu HANS EYSENK, quest'ultimo affermò che la personalità era il risultato di fattori biologici e genetici che influenzano il comportamento. MA COME SI SVILUPPA LA PERSONALITÀ? Lo sviluppo della personalità è in continua evoluzione, le varie fasi possono essere distinte in → Prima infanzia, dai 0 ai 3 anni, dove il bambino deve ricevere le cure materne necessarie, per evitare l'insorgenza di ansia e insicurezza. Questa prima fase è influenzata da interazioni ambientali e fattori genetici Svezzamento (intorno ai 6 mesi di vita), durante questa fase il bambino comincia a passare dall'alimentazione quasi esclusivamente a base di latte a una dieta che incluse cibi solidi. Tutto ciò implica l'adattamento del bambino a nuovi sapori L' indipendenza consente al bambino di acquisire capacità di base per fare da sé Poi abbiamo la "fase del no" dove il bambino prova piacere nell'opporsi ai genitori e a seguire i conflitti con i genitori dello stesso sesso Successivamente abbiamo la prima socializzazione, che avviene grazie all'ingresso nella scuola. Il bambino acquisisce le norme, i valori, i comportamenti e costruisce la propria identità sociale Fase della pubertà, rappresenta il periodo di transizione tra l'infanzia e l'adolescenza. Si verificano cambiamenti fisici, ormonali, psicologici ed emotivi Adolescenza, è quel periodo caratterizzato dalla ricerca dell'identità, dal desiderio di indipendenza e dal confronto con i propri coetanei. Gli amici diventano un punto di riferimento cruciale per l’integrazione sociale. Durante l'adolescenza inizia la difficoltà con la propria immagine corporea o il mettere in dubbio le proprie capacità, tutte queste cose possono manifestarsi come insicurezze e scarsa autostima. È presenta una forte opposizione al mondo degli adulti Formazione dell'identità, rappresenta lo sviluppo della consapevolezza di sé e dove matura l'indipendenza di pensiero. Implica la scoperta e l'integrazione di vari aspetti, come la propria personalità, i valori e le aspirazioni Età adulta, segue l'adolescenza e prosegue fino alla vecchiaia. In questa fase il soggetto cerca di realizzare il suo progetto di vita, viene definita il più possibile la sua identità e avviene il distacco dal nucleo familiare PASSAGGI FONDAMENTALI NELLA FASE DELLO SVILUPPO Il "sé" è ciò che ci consente di definire noi stessi e la realtà che ci circonda. Durante i primi anni di vita il bambino s'identifica con i suoi simili, rappresenta il momento delle prime esperienze e prende il nome di Sé pre-simbolico (dai primi mesi di vita ai 6 anni). L'identità di una persona è interrelata con gli altri, che influenzano lo sviluppo. Infatti, si sviluppa il sé che si aggancia all'altro. Una volta attuata la crescita interiore si sviluppa il se spirituale (il soggetto prende concetto dell’appartenenza culturale). Questi concetti permettono di sviluppare autostima, al contrario depressione già a 3-5 anni. A 3 anni il bambino conosce alcune emozioni, a 4 riesce ad associarle alle situazioni. Si sviluppano due emozioni: emozioni esposte ed autocoscienti. Emozioni esposte: emozioni che vengono manifestate e quindi visibili esternamente attraverso espressioni facciali o linguaggio del corpo (gioia) Emozioni auto- coscienti: legate alla consapevolezza di sé, non vengono mostrate come ad esempio la vergogna La vergogna è una sensazione pervasiva che spinge a nascondere un proprio errore, al contrario, il senso di colpa si presenta solo in alcune situazioni, in presenza di un errore riparabile e si correla con l'empatia. Il senso di colpa è uno stato mentale dovuto ad errori ritenuti irreparabili, può essere → Positivo, motivante per correggere gli errori. Può favorire la crescita personale e il miglioramento delle relazioni Negativo, non permette crescita personale e diventa come un qualcosa che impedisce all' individuo di andare avanti Cronico, persistente che può intaccare la vita di una persona per lunghi periodi di tempo Predisposizione, la tendenza di una persona a provare sensibilità di colpa in maniere frequente rispetto ad altre Il senso di colpa cronico si correla con aggressività e depressione. Lo sviluppo del senso morale e dell'empatia può essere facilitato dalle influenze del contesto familiare, in parallelo la deresponsabilizzazione ha diversi modi di agire → Svalutazione della gravità della colpa Confronto con colpe peggiori Trasferimento della colpa sulla vittima Ad esempio, a 2 anni, il bambino, comincia a rispettare le regole e comincia di conseguenza a presentare il rifiuto e tutto ciò avvia una dinamica di opposizione. A 4-5 la personalità del bambino è egoista, a 6-7 anni comincia a sviluppare un senso morale unidirezionale e rigido incentrato ad esempio nell'egualitarismo. A 9 anni la posizione del bambino diventa meno rigida e si segue un modello di equità ASSUNTI DI BASE Sono concetti che vanno a costituire la base di un sistema di pensiero. Secondo ALLPORT, ogni soggetto, ha assunti ovvero tratti che caratterizzano la personalità di ogni individuo e le personalità; i tratti caratterizzano i comportamenti delle persone. APPROCCIO IDIOGRAFICO Rappresenta un metodo di studio della psicologia che si concentra sull'analisi approfondita di un singolo individuo, sull'unicità o piccoli gruppi di individui, delinea l'individuo come insieme di tratti che delineano la personalità. A differenza dell'approccio nomotetico (ideato da ALLPORT), che cerca di identificare principi che si applicano a grandi gruppi di persone e non all' individuo. HANS EYSENK definisce la struttura della personalità come comportamenti strutturati gerarchicamente con tratti ampi e sovraordinati, infatti sviluppa una struttura gerarchica dove i tratti più specifici si trovano sotto i tratti più ampi e sovraordinati. Invece, FREUD parla di pulsioni con approccio psicodinamico. Quest’approccio si concentra sull'influenza dei processi inconsci, infatti vengono distinte due dimensioni: conscia e inconscia. La personalità di FREUD si distingue in → ES, la parte più inconscia della psiche, si basa sul principio di piacere che cerca il soddisfacimento immediato IO, media i desideri impulsivi e le restrizioni sociali operando secondo il principio di realtà SUPER-IO, spesso associato alla coscienza e al giudizio morale FREUD introduce il concetto di pulsione, di vita o di morte. Proprio per questo possiamo dire che lui lega il concetto di bisogno ai meccanismi psichici di base e a lui si deve la teoria sullo sviluppo psicosessuale che prevede 5 fasi. Fase orale, (0-18 mesi) il piacere e la soddisfazione derivano dall'uso della bocca --> allattamento Fase anale, (18-3 anni) il bambino prende controllo degli sfinteri Fase fallica (3-6 anni, complesso di Edipo) il bambino sviluppa desideri sessuali nei confronti del genitore di sesso opposto. TEORIE SULLA PERSONALITÀ Erik Erikson, ha modificato e ampliato la teoria si FREUD aggiungendo la dimensione psicosociale a quella psicosessuale. Lui infatti sosteneva che la personalità si sviluppa attraverso una serie di stati psicosociali. Invece, secondo CARL GUSTAV JUNG, le caratteristiche personali sono riconducibili a forme innate. Si distacca da Freud, e per lui la personalità si basa sull'idea che un individuo non sia solo il risultato di impulsi e conflitti inconsci ma sia in continua evoluzione, alla ricerca dell’equilibrio. Tra i primi autori che studiarono la personalità umana in termini di tratto, troviamo la figura di ALLPORT. Egli sviluppo un approccio nomotetico per studiare la personalità, un altro psicologo che studio la personalità in termini di tratti fu RAYMOND CATTE. Lui, attraverso la tecnica statistica dell'analisi fattoriale, identificò 16 tratti di personalità di base e sviluppo un questionario di personalità (16PF). Il suo lavoro ha fornito un'importante base per ulteriori sviluppi, come il modello BiG fIVE. Un altro psicologo che ha sviluppato teorie sulla personalità è BANDURA, attraverso la teoria dell’apprendimento sociale. Lui ha ampliato l'idea di CATTEL focalizzandosi sugli aspetti cognitivi (approccio comportamentista). L'ultima teoria che va a definire la personalità è la teoria dei big five, 5 grandi dimensioni che coprano una vasta gamma di comportamenti → Estroversione Gradevolezza Coscienziosità Nevroticismo Apertura all'esperienza EFFICACIA DELLA PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE Quando si parla di assistenza infermieristica, si parla di un insieme di variabili che vanno dai contenuti tecnici all'organizzazione del servizio. “Prendere in carico il paziente” significa assisterlo e farsi carico anche dei problemi emotivi e quindi fornire un riferimento continuo. Non è efficace seguire un paziente e non fornirgli tecniche o dare informazioni, e qui entra in gioco la figura del case manager. Quest'ultimo può essere un infermiere. PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 3): 21/11/2024 SBOBINATORE: Romita Rungasamy LA COMUNICAZIONE L’aspetto legato alla comunicazione è molto importante soprattutto nei contesti di cura perché getta le basi per quello che è il rispetto per il paziente e il rispetto nelle operazioni svolte dal sanitario. Attraverso una comunicazione efficiente cerchiamo di entrare in contatto con il paziente su un piano cognitivo. *Alcuni studi dimostrano che i medici interrompono i loro pazienti prima che siano trascorsi una ventina di secondi dall’inizio dell’esposizione del problema, ed è chiaro che ciò non è una buona comunicazione. Comunicare → è mettere insieme una serie di elementi, e per far sì che si possa comunicare deve essere presente dall’altra parte un interlocutore che ascolta, quindi alla base di un processo comunicativo c’è un’interazione tra due o più persone. La comunicazione è mettere insieme sia un piano cognitivo che un piano emotivo, quindi noi trasmettiamo i nostri pensieri, i nostri modi di fare, le nostre credenze, i nostri valori, le nostre conoscenze ma anche gli stati d'animo e quindi entriamo anche attraverso la nostra dimensione emotiva quindi con le nostre situazioni, con le nostre emozioni e con i nostri stati d'animo. È chiaro che noi dovremmo cercare nei concetti di cura di far sì che i nostri stati d'animo e i nostri problemi siano un po' più lasciate fuori, però dal momento che siamo esseri umani non è sempre semplice far ciò, e quindi magari ci capiterà di arrivare al lavoro, in una giornata qualsiasi, dove avremo uno stato d’animo particolarmente pesante e non dobbiamo metterci una maschera in più, ma dobbiamo far sì che il nostro stato d'animo non vada ad interferire con le nostre attività, cioè con la nostra efficacia lavorativa. La comunicazione interpersonale è sicuramente lo strumento principale che differenzia un essere umano da un vegetale, ed è il mezzo attraverso il quale l'uomo riesce ad esprimere il proprio punto di vista ma anche le proprie emozioni. La comunicazione interpersonale può essere sicuramente uno scambio interattivo che può essere osservato tra due o più partecipanti che chiaramente ha un fine, cioè noi diciamo una determinata cosa quando vogliamo raggiungere un obiettivo e/o colpire la attenzione dell'altro. Tendenzialmente, la comunicazione deve essere intenzionale, avere un fine e uno scopo. Vengono utilizzate una serie di modalità che sono legate a quello che noi diciamo ma anche a come lo diciamo, per esempio uno stesso contenuto, a seconda del tono che abbiamo, cambia il significato. Utilizzeremo anche dei termini legati all'essere più gentili e pacati, e ciò fa sì che il messaggio arrivi all’interlocutore in modo più profondo. I sei elementi che sono fondamentali nel processo comunicativo → Emittente → colui che manda il messaggio Ricevente → colui che riceve il messaggio Contenuto della comunicazione → quello che voglia comunicare Stile comunicativo → ognuno di noi ne ha uno proprio e lo utilizza secondo contesti variabili; Sicuramente lo stile può essere quello che utilizziamo all'interno di comunicazioni familiari, quello che utilizziamo al lavoro, con persone che non conosciamo, quello che “attiviamo” quando veniamo in contatto con persone che ci fanno antipatia, che non ci piacciono. Mezzo attraverso il quale il contenuto arriva all’interlocutore → verbale, non verbale e paraverbale Il contesto → chiaramente il contenuto viene differenziato anche nei momenti in cui noi diciamo che una cosa è dove ci troviamo, quindi il campo all'interno del avviene in questo stile comunicativo tra due o tre persone Esistono tre tipi di comunicazione → Verbale Paraverbale (comprende tutti i toni e le velocità con la quale noi comunichiamo un certo contenuto e permette all’interlocutore di riceve sia meglio che peggio il nostro messaggio; anche la quantità di parole può sviare l'effettivo e l'efficacia dello stile comunicativo utilizzato) Non verbale Il teorico per eccellenza della comunicazione è Paul Watzlawick che tratta degli “Assiomi della comunicazione” e lui fa riferimento alla teoria filosofica del costruttivismo. Gli assiomi della comunicazione sono alcune proprietà semplici della comunicazione che chiaramente hanno delle implicazioni interpersonali importanti. Gli assiomi sono → 1. “Non si può non comunicare” → Chiunque si trova in una situazione sociale è comunque la sorgente di un flusso informativo indipendentemente dalla propria intenzionalità, dall'efficacia del dato comunicativo o della comprensione reciproca. Se si ammette che ogni atto, gesto, silenzio, pausa che facciamo, ma anche la nostra stessa presenza, come ci poniamo, TUTTO fornisce un messaggio all’interlocutore. Es. la stessa postura e/o atteggiamento ci fornisce delle informazioni importanti, per cui non solo le parole sono i mezzi esclusivi per comunicare. 2. “Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione in modo che quest’ultimo classifica il primo ed è quindi meta-comunicazione” → Si parla di meta- messaggio/meta-comunicazione quando attraverso determinati contenuti vogliamo arrivare ad un altro messaggio subdolo ed indiretto (si parla di una determinata cosa per arrivare a tutt’altro). 3. “La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i partecipanti” → È chiaro che ognuno, in base al proprio tono e alle proprie pause ci dà delle informazioni su quanto è disposto ad accettare, e quindi se sta veramente ascoltando oppure se sta semplicemente sentendo. Il passaggio tra emittente e ricevente sono tutta una serie di scambi comunicativi che avvengono e il tipo di tono, pause, e la punteggiatura che usiamo va a interferire sulla nostra sequenza comunicativa. 4. “Gli esseri umani comunicano sia in modo digitale che in modo analogico” → La comunicazione digitale ha aiutato tantissime persone con personalità introverse ad avere la possibilità di entrare in comunicazione e di arrivare anche a sviluppare relazioni interpersonali ed affettive. a. La comunicazione digitale anche se aiuta tantissimo può presentare degli ostacoli, come → Le incomprensioni (è sempre meglio riuscire a comunicare di persona proprio per evitare che ci possano essere le incomprensioni, infatti attraverso lo sguardo dell'altro, riusciamo a comprendere realmente l’interlocutore) 5. “Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari a seconda che siano basati su un'uguaglianza o sulla differenza” → Ad esempio, quando parliamo con una persona che non ha studiato, ci mettiamo a parlare con lo stesso stile dell’interlocutore per farci comprendere meglio e quindi è come se ci mettessimo nello stesso livello con la persona con la quale siamo in contatto per far sì che la persona si senta più agio e che la comunicazione si basi sul principio di uguaglianza e di reciprocità. Per cui → a. Scambio simmetrico → avviene tra interlocutori che si considerano sullo stesso piano e che svolgono funzioni comunicativi e ruoli sociali analoghi. b. Scambio complementare → incontra persone che hanno una relazione ma non sono sullo stesso piano sia per potere, piano comunicativo, status di appartenenza, ect. Nella relazione di cura, l’operatore e l’utente agiscono sia nella posizione del ruolo, definito dal contesto, che come persone con la loro particolarità e con la loro specificità. La comunicazione quindi avviene su due livelli. Il ruolo dell'operatore e dell'utente cooperano per il raggiungimento dell'obiettivo terapeutico e allo stesso tempo, le due persone (l'operatore e l'utente) vivono la relazione in modo soggettivo con le loro emozioni, convinzioni, atteggiamenti, valori personali che influenzano il successo o meno della relazione stessa. La comunicazione è quasi sempre intenzionale dove c'è sempre uno scopo per cui l'operatore inizia a comunicare ma non è detto che la comunicazione abbia un buon fine e che venga raggiunto il risultato. Si ha la fonte, cioè l’emittente, che è → Colui che ha un'intenzione nel comunicare Colui che effettivamente riesce a comunicare Colui che viene semplicemente sentito quindi non è detto che abbia capito veramente il massaggio Colui che viene compreso e quindi viene Potremmo dire che nell'ambito dei sanitari quello che è fondamentale è avere uno stile comunicativo certo e sicuro, dove si hanno comunque delle conoscenze non soltanto teoriche ma anche umane. Non sempre quello che comunichiamo viene dall'altro e non sempre quello che noi pensiamo di comunicare arriva all'altro. “La natura ci ha fornito di due orecchie e di una sola lingua perché siamo tenuti più ad ascoltare che a parlare” (Plutarco). *Pezzetto di film tratto “Alla ricerca della felicità”, “4 matrimoni e 1 funerale”, “Thank you for smoking” e “Perfetti sconosciuti” per capire i tre principali stili comportamentali nella comunicazione. Laddove noi non riusciamo a comunicare, è chiaro che si viene a creare un disagio sia per noi che per l’interlocutore. Una comunicazione efficace è importante perché genera un benessere personale ma anche un benessere relazionale, questo è un concetto molto importante. Alcuni esempi che rendono una comunicazione inefficace sia nello stile aggressivo che nello stile passivo. Sicuramente lo stile aggressivo è uno stile che non ascolta, che generalizza, che cerca di imporre il proprio punto di vista, che butta praticamente a capofitto le sue emozioni unicamente per raggiungere il proprio obiettivo, e non interessa assolutamente niente di quello che è l’impatto emotivo. Viceversa, invece lo stile passivo è di colui che sta in silenzio, fa un passo indietro, non si sente mai alla pari con l'altro e tende sempre a giustificare se è stresso, e quindi sempre in una posizione down. ASSERTIVITÀ → Essere assertivi significa sapere esprimere le tue idee e le tue emozioni con chiarezza e difendere i propri diritti, modulando quindi l’aggressività e la passività in modo da ottenere il miglior vantaggio e il miglior svantaggio nello stesso tempo, sia su sé stessi che sugli altri, a breve e a lungo termine. Per esempio, pensieri come “avrei dovuto dire così, avevo in mente di dire oppure ho fatto tutt'altro, ci sono cascato un'altra volta, devo sicuramente dire quello che in realtà invece mi ha fatto male, sono sicura che lui o lei sta sbagliando,” sono tutte situazioni nelle quali non si è deciso di essere assertivo. ll comportamento passivo è quello di una persona che mette da parte le proprie esigenze e i propri diritti, perché non riesce ad esprimere il suo punto di vista, non ha la forza, la sicurezza di esprimere il suo punto di vista e farlo valere, per cui inventa delle scuse, evita di mettersi in mostra, evita situazioni in cui deve parlare, soprattutto in contesti in cui ci sono più persone che devono ascoltarlo. Chi ha uno stile passivo sono solitamente quelle persone che non tendono a soddisfare i propri bisogni ma tendono invece a soddisfare i bisogni dell'altro, quindi si mettono completamente di lato. Il comportamento aggressivo è quello di una persona che cerca di fare in modo di far valere le proprie esigenze calpestando gli altri, e quindi il suo obiettivo è quello di raggiungere il suo scopo disinteressandosi di quello che magari può generare il suo stile. Una persona può avere più stili in base al contesto in cui si trova. Il comportamento assertivo è quello di una persona che considera estremamente importanti le proprie esigenze e fa in modo di non soddisfare i propri bisogni e non va a ledere gli interessi di altri; le persone assertive sanno chiaramente esprimere i fatti accaduti con chiarezza, usano le parole estremamente necessari, sono sicuri e spavaldi e non hanno paura di esprimere il proprio punti di vita assumendosi le responsabilità delle parole che hanno detto e poi soprattutto hanno anche la capacità di chiedere scusa. L'auto-osservazione e la consapevolezza di noi è uno strumento molto importante perché soltanto acquisendo consapevolezza possiamo modificare le nostre abitudini, i nostri stili, le nostre modalità comportamentali. È molto importante la funzionalità del timing cioè riuscire a fare le giuste domande lasciando il tempo all'altro di comprendere quello che si è detto e dire quelle determinate parole nel tempo e nel modo giusto. Tecnica del disarmo dell’aggressività → Quando un soggetto ha uno stile aggressivo molto forte e noi rispondiamo a questa persona in modo pacato, fino a quasi a dargli fastidio come se la sua rabbia e il suo tono non andassero ad inficiare. Tecnica dell’annebbiamento → è una tecnica dove andiamo ad utilizzate tante parole senza però minimamente cambiare il nostro punto di vista, facciamo finta di entrare in empatia con l’altro ma portiamo avanti sempre il nostro obiettivo. È una tecnica che stordisce l’interlocutore con un eloquio lungo. Tecnica del disco rotto → viene applicata in quelle persone che ripetono sempre le stesse cose fino a quando l’interlocutore, per sfinimento, asseconda la richiesta dell’altro. Tecnica dell’asserzione negativa → il soggetto comprende di aver sbagliato e si assume la responsabilità e fornendo delle motivazioni del suo sbaglio. Esempi di modalità comunicative connesse ai tre principali stili comportamentali → PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 4): 28/11/2024 SBOBINATORE: Simona fiumara LA COMUNICAZIONE NEL CONTESTO DI CURA Una buona comunicazione può essere uno strumento essenziale nell’erogazione di una cura efficace. Siamo passati dal concetto di compliance al concetto di aderenza in cui il paziente ha un ruolo fortemente attivo. Linee guida per trattamenti integrati → Complessità del trattamento Fattori intrapersonali (età, genere, stress, depressione, …) Fattori interpersonali (qualità della relazione medico – paziente) Fattori ambientali ad alto rischio (essere soli, sovralimentazione dei fattori associati alle emozioni, …) Il professionista deve farsi promotore della salute, a lui infatti, spetta il ruolo di rendere il paziente attivo e responsabile della sua salute (“empowerment”). Il ruolo del medico è quello di aiutare il paziente ad aiutarsi; il ruolo del paziente è quello di partecipare alla relazione. Mead e Bower nel 2000 hanno identificato 5 dimensioni fondamentali della patient-centredness → 1. La prospettiva bio-psico-sociale 2. Il paziente come persona 3. La condivisione di potere e responsabilità 4. L’alleanza terapeutica 5. Il medico come persona Stili comunicativi → Modello paternalistico: l'interazione è caratterizzata da una responsabilità assoluta del medico, che definisce obiettivi e strategie Modello informato: l'interazione è caratterizzata da una delega del controllo da medico e paziente Modello interpretativo: la responsabilità è condivisa, quindi entrano in gioco le intenzioni e le motivazioni di entrambi, e non di uno solo come nei due modelli precedenti Modello deliberativo (cooperativo): medico e paziente cooperano a costruire il significato che la malattia ha per il paziente. Il paziente è attivo nell'esprimersi e nel comprendere, e il medico non esercita un potere assoluto nell'interpretare i suoi valori. L'operatore sanitario oltre a raccogliere i dati biologici, è importante che costruisca una sorta di “Agenda del paziente” e che sappia → Quali siano i sentimenti del paziente rispetto alla malattia Indagare su quale significato il paziente attribuisca ai suoi sintomi Quali conseguenze l'iter diagnostico e terapeutico abbiano per il malato, a livello personale, familiare e sociale Indagare su che cosa il paziente si aspetti e che cosa desideri da lui *La comunicazione numerica è quando vengono usate le parole mentre la comunicazione analogica fa uso dell’umore, del tono e del modo di esprimersi. PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 7): 12/12/2024 SBOBINATORE: Simona fiumara LE EMOZIONI Le emozioni sono caratterizzate sia da indicatori verbali che non verbali e racchiudono una dimensione cognitiva, fisiologica, espressivo-motoria, motivazionale e soggettiva. L’intelligenza emotiva è la capacità di monitorare le proprie emozioni e quelle altrui, di differenziarle e usare tale informazione per guidare il proprio pensiero e le azioni. Consiste nella capacità di entrare in contatto con sé stessi e dunque di avere consapevolezza delle proprie emozioni e dei propri sentimenti ma anche di monitorare le emozioni degli altri basandosi sull’osservazione attenta del comportamento non verbale. EMOZIONI E STRESS Si definisce “stressor” l’evento o il fattore stressante ovvero lo stimolo che causa la reazione di stress dell’organismo. Tre fasi relative alla sindrome generale di adattamento → 1. Allarme 2. Resistenza 3. Esaurimento Lazarus ha detto che lo stress consiste in una transazione fra la persona e l’ambiente nella quale la situazione è valutata dall’individuo come eccedente le proprie risorse e tale da mettere in pericolo il suo benessere. Due processi principali che determinano l’entità delle esperienze di stress in una data situazione → 1. La valutazione cognitiva primaria 2. La valutazione cognitiva secondaria Il concetto di “coping” come gli sforzi della persona sul piano cognitivo e comportamentale per gestire le richieste esterne e interne poste da quelle interazioni persona-ambiente che vengano valutate come eccedenti le risorse possedute. Lazarus e Folkman (1984) hanno identificato due processi di coping → 1. Centrato sul problema ovvero le strategie con cui l’individuo intraprende azioni dirette alla soluzione del problema 2. Centrato sulle emozioni ovvero le strategie con cui l’individuo si sforza di ridurre le reazioni emotive negative (es. distogliendo la mente) Le misure in cui la situazione viene vissuta come stressante dipende anche dal possesso di risorse di coping → Di tipo fisico Di tipo psicologico Materiali e sostegno sociale La risposta di stress è dunque modulata dalle caratteristiche psicologiche della persona, sia nella fase di percezione ed elaborazione dei fattori stressanti sia nella fase di fronteggiamento dei fattori stressanti stessi. I SINTOMI DELLO STRESS La reazione di stress si articola su 4 livelli → 1. Fisiologico 2. Emozionale 3. Cognitivo 4. Comportamentale STRESS E BURNOUT Il burnout è una sintomatologia di tipo sociale caratterizzata da una progressiva perdita di idealismo, di energie e di scopi, vissuta da operatori sociali professionali e non quale risultato delle conclusioni lavorative. Si intende la progressiva perdita di motivazione di energie, di scopo. Questa sindrome del burnout si accompagna a una ‘ritirata psicologica’ del lavoro, a perdita dell’entusiasmo, di interesse e di senso di responsabilità verso il proprio lavoro. Maslach (1982) raggruppa i sintomi relativi al burnout in tre categorie di disturbi → 1. L’esaurimento emotivo: sentimento di svuotamento e annullamento dal proprio lavoro per effetto di un inaridimento emotivo nel rapporto con gli altri 2. La depersonalizzazione: atteggiamenti negativi di distacco, cinismo, freddezza e ostilità nei confronti dei pazienti 3. La ridotta realizzazione personale: percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell’autostima e la sensazione di insuccesso nel proprio lavoro L’insorgenza della sindrome segue le fasi → 1. Entusiasmo idealistico: caratterizzata dalla motivazione che ha portato alla scelta del lavoro 2. Stagnazione: l’operatore si accorge che il lavoro non soddisfa del tutto i suoi bisogni 3. Frustrazione: l’operatore non si sente più in grado di aiutare nessuno 4. Graduale disimpegno emozionale con passaggio all’apatia PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 8): 16/12/2024 SBOBINATORE: Jessica Bonafede DIFFERENZA TRA COUNSELING E RELAZIONE D’AIUTO RELAZIONE D’AIUTO: relazione tra un professionista e l’utente che viene da noi che ha un bisogno, e noi come operatori cerchiamo di mettere in atto una serie di strategia per supportare ed aiutare il paziente. COUNSELING O CONSULENZA: è invece una relazione d’aiuto specifica dove noi andiamo a risolvere un determinato problema mettendo però in atto delle competenze specifiche che ha l’operatore sanitario in questo caso ovvero quelle competenze che sono legate ad un intervento di counseling. Dunque, il counseling ha un intervento di aiuto ovvero una forma di relazione di aiuto dove vengono messe in atto da parte dell’operatore sanitario delle competenze specifiche, Mentre, una relazione d’aiuto è qualsiasi tipo di relazione che si insatura in una struttura sanitaria/reparti dove noi cerchiamo di supportare e dare sostegno all’utente. Quello che va a delineare delle linee specifiche sono le tecniche che l’operatore sanitario mette in atto. OBIETTIVI RELAZIONE D’AIUTO → Prendersi cura Sostenere Aiutare Poiché noi all’interno della struttura sanitaria abbiamo la figura di aiutare, sostenere il pz come se fosse una figura familiare alternativa ovviamente a seconda della tipologia dei pz che mi ritrovo. CARATTERISTICHE RELAZIONE D’AIUTO → Sicuramente quello di essere di supporto. Concentrarsi sui bisogni del paziente, e sviluppare quelle competenze specifiche che abbiamo sia legate alla figura dell’operatore sanitario sia a tutte queste competenze trasversali come le tecniche relative alla comunicazione, come le tecniche per entrare in empatia, le tecniche legate all’ascolto attivo. Quindi queste sono delle tecniche specifiche che l’operatore sanitario mette in atto dentro le relazioni di aiuto. Il punto fondamentale è cercare di avere un occhio di riguardo nei confronti del pz, dunque il nostro obiettivo è quello di concentrarci non solo sul problema del pz ma anche fare una fotografia del pz che ci troviamo davanti, quindi conoscere quali strategie e quali metodologie mettere in esecuzione per far si che si può entrare meglio in relazione con il pz (agganciandolo meglio). Quindi è inutile parlare con un linguaggio specifico ad un pz poiché non migliora la relazione tra di lui e noi. Quindi abbiamo da una parte l’attenzione centrata sul problema e quindi sull’esecuzione del problema, ma dall’altra abbiamo l’attenzione sulla persona per capire come sia ovvero capire i suoi punti di forza e di debolezza. Tutto questo per finalizzare al meglio e raggiungere l’efficacia del trattamento in tutti i modi. Attraverso una relazione interpersonale noi possiamo fornire 4 tipi di aiuti → Sostegno emotivo: conoscere il pz, comprendere quali motivazioni del pz e e le sue aspettative rispetto anche alle risorse che ha il pz perchè se dobbiamo fornire supporto ad un pz oncologico che ha K polmonare e ha fumato per una vita e continua a farlo, dobbiamo per entrare in contatto con il pz dobbiamo capire quali sono le motivazioni che sono dietro a questa forma di dipendenza per provare a trovare insieme al pz le strategie per smettere per allentare il quantitativo di sigarette Informare: poiché noi in qualità di operatori sanitari dobbiamo informare il pz e quindi conoscere quasi tutti i problemi che ha il pz, così in questo modo noi dobbiamo utilizzare e mettere in atto quelle strategie comunicative per far sì che il pz abbia compreso realmente quale sia il suo problema quindi attivare delle vere tecniche di informazione. Appartenenza: ovvero l’azienda/il reparto in cui noi siamo inseriti è come una macro- famiglia allargata ed è questo che deve arrivare al pz, dove vogliamo andare a sviluppare e migliorare la relazione d’aiuto. Differenza tra psicologo e counselor (fornisce lo stesso supporto) ha un percorso più breve 3/4 con max 8 incontro. È un intervento mirato con unno specifico numero di incontri. Dove l’attività dell’operatore sanitario è quella di prendersi cura del pz. Quindi prendersi cura significa anche aiutarlo e promuovere la conoscenza del suo problema, quindi noi forniamo delle informazioni e delle strategie perché alla base dobbiamo promuovere al pz un cambiamento e quindi qua ci sta la bravura dell’operatore sanitario che fa si che si introduca un cambiamento. Per introdurre un cambiamento non per forza (esempio del pz di prima con K polmonare) l’obiettivo di farlo smettere totalmente di fumare può essere completamente attivo però lavorare e sviluppare un piano per far sì che il pz riduca il quantitativo di sigarette questo sarebbe un obiettivo molto importante. ABILITA’ DEL PROCESSO DI COUNSELING La capacità di empatia con il pz quindi attuando una relazione di empatia per far si che si instaura questa relazione empatica ci dobbiamo mettere nei panni del pz dove i il pz non deve essere giudicato da noi ma dobbiamo realmente vedere il pz nella sua totalità, quindi cercare di conoscere il pz con la sua storia, nel suo vissuto. OBIETTIVI COUNSELING Sono quelli di andare ad aiutare il soggetto a rendersi consapevole di quelle che sono le sue risorse che magari prima pensava di non avere o non conoscere, quindi noi dobbiamo essere bravi a far sviluppare le strategie per promuovere anche un processo di consapevolezza. Quindi è importante sempre comprendere chi abbiamo davanti e quindi di sapere che cosa sappiamo del pz e se il pz ha capito cosa ha voluto dire il medico, tramite ciò ci riagganciamo al concetto dell’informazione. Abbiamo la fase dell’incoraggiamento per promuovere un cambiamento se questo è possibile, questo dipende anche dal tipo di pz che abbiamo davanti ma comunque un tentativo và sempre effettuato. Dunque, l’operatore sanitario deve essere bravo ad esserci e a captare tutti quei segnali in cui il pz può sentirsi sconfortato, o che sta sviluppando una depressione del tono dell’umore. COLLOQUIO MOTIVAZIONALE Sono colloqui che vengono messi in atto nei nostri reparti dove noi ci indirizziamo verso i bisogni del pz per raggiungere l’obiettivo ovvero che il pz insieme all’operatore si impegni alla risoluzione del problema. Questi colloqui vengono definiti direttivi perchè porta il pz verso la risoluzione del problema. ELEMENTO FONDAMENTALE COLLOQUIO MOTIVAZIONALE E’ il fatto che la motivazione non è interna ma diventa relazione dunque è un processo che si instaura tra operatore sanitario e pz. Noi siamo abituati a vedere la motivazione come un fattore interno invece no, qui l’elemento fondamentale è proprio la sinergia che si instaura tra operatore e pz dunque elemento esterno. Questo permette che insieme possono dare una marcia in più al pz sulla propria motivazione al cambiamento. Non è sempre facile, certe volte ci sono pz che possono esprimere una loro motivazione al cambiamento positiva ma poi con il proprio comportamento manifestano un’altra cosa. In questo caso si parla di termine di AMBIVALENZA. DIFFERENZA TRA COLLOQUIO DI ALCUNI CASI PRECEDENTI EQUESTO MOTIVAZIONE? →L’elemento di differenza sta nel processo motivazionale che viene indotta una volontà nel pz e che si crea nella giusta relazione con l’operatore. ***LETTURA CASO CLINICO DI PAG 100 DEL LIBRO*** PSICOLOGIA CLINICA (Lezione 9): 18/12/2024 SBOBINATORE: Esdra Neri, Introduzione La malattia di per sé è un evento stressante che ognuno di noi vive in maniera diversa, bisogna tenere a mente che le persone hanno un carattere diverso e adottano, di conseguenza, meccanismi di difesa differenti, l’unica situazione in comune che tutti i pazienti devono affrontare sono le fasi d’insorgenza della malattia. La prima fase è quella dello shock iniziale, che inizia nel momento in cui l’operatore sanitario comunica al paziente la presenza della malattia, successivamente si passa a quella di elaborazione e dell’accettazione della malattia, per poi passare all’acquisizione della consapevolezza e alla riorganizzazione degli assetti della propria vita. I meccanismi di difesa I meccanismi di difesa sono processi psicologici automatici che proteggono l’individuo dall’ansia e dalla consapevolezza di pericoli o di fattori stressanti interni o esterni; spesso le persone non si accorgono dell’attivazione di questi processi. I meccanismi di difesa mediano le reazioni dell’individuo nei confronti dei conflitti emozionali e dei fattori stressanti. Qui di seguito sono descritti i meccanismi di difesa più utilizzati dai malati e dai loro familiari, spesso riscontrabili nell’interazione con l’infermiere. RIMOZIONE: Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti interni ed esterni espellendo i desideri, i pensieri, o le esperienze disturbanti dall’area della consapevolezza cosciente. Il pensiero della propria malattia diventa talmente insostenibile che il malato, a livello cosciente, agisce e pensa come se la sua malattia non esistesse, non si pone il problema. È utile se di breve durata (ad esempio nelle fasi acute o alla comunicazione di una diagnosi), ma il suo perdurare può interferire con il processo di adattamento e di consapevolizzazione. NEGAZIONE: Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti interni ed esterni rifiutandosi di riconoscere gli aspetti dolorosi della realtà esterna o dell’esperienza soggettiva, di per sé evidenti e facilmente rilevabili. È una difesa la cui caduta lascia il paziente vulnerabile di fronte a una realtà che non è pronto a sopportare, a meno che non abbia nel frattempo elaborato altri sistemi difensivi o maturato una più serena accettazione della malattia. Anche in questo caso gli effetti sono favorevoli a breve termine, ma sfavorevoli a lungo termine. Quale può essere la differenza tra il soggetto che rimuove l’evento e quello che lo nega? Nella negazione il soggetto è consapevole della sua condizione ma non l’accetta, mentre nella rimozione non è presente questa consapevolezza. PROIEZIONE: Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti interni ed esterni attribuendone erroneamente a qualcun altro i propri sentimenti, impulsi o pensieri inaccettabili. Ci potrebbe essere, da parte del malato, la ricerca di più o meno precise responsabilità dei sanitari. Il malato può ricercare nell’azione dell’infermiere, nell’incompetenza del medico o nell’inadeguatezza della struttura la vera ragione del suo male, il motivo di una mancata guarigione. Si tratta di una situazione inizialmente protettiva per il malato, ma esiste il rischio di controreazioni negative da parte degli altri soggetti coinvolti. RAZIONALIZZAZIONE: Il soggetto affronta conflitti emozionali o i fattori stressanti interni ed esterni nascondendo le vere motivazioni dei propri pensieri, azioni o sentimenti tramite l’elaborazione di spiegazioni rassicuranti e utili a sé, ma fuorvianti. REGRESSIONE: Il soggetto presenta un ritorno a una posizione antecedente a quella fino allora occupata, senza perdere i contenuti dell’evoluzione fatta fino a quel momento: sono recuperate modalità di pensiero, di espressione, di comportamento e di relazione appartenenti a un livello inferiore, dal punto di vista della strutturazione e della complessità. Si osserva un ripiegamento su se stessi, con riduzione dei contatti personali, diminuzione degli interessi e delle occupazioni, bisogno di cura e accudimento, con eleganza a infermieri e a parenti. Questo meccanismo riduce il peso dell’ansia e del dolore che la malattia provoca, ponendo il malato in una posizione che favorisce la sopportazione e l’accettazione della stessa. Questi sono i meccanismi di difesa che possono essere utilizzati dalle persone nel momento in cui entra in scena il fattore malattia. I livelli di funzionamento difensivo ad alto livello adattivo Anticipazione Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti vivendo reazioni emozionali anticipate verso futuri eventi possibili, oppure anticipando le loro conseguenze e prendendo in considerazione risposte o soluzioni alternative realistiche. (Esempio: le autodiagnosi tramite internet). Afflizione Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti rivolgendosi ad altri per aiuto o supporto. Ciò comporta la possibilità di condividere i problemi con altri, e non il tentativo di scaricare su di loro la responsabilità per tali problemi. Altruismo Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti dedicandosi ad andare incontro ai bisogni del prossimo, ricevendo gratificazione o in modo sostitutivo, o tramite la risposta che riceve dagli altri. (Esempio: volontariato in quanto sei incapace di aiutare te stesso). Ironia Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti mettendo in rilievo gli aspetti divertenti o ironici del conflitto o del fattore stressante. Autoaffermazione Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti esprimendo i propri sentimenti e pensieri in modo diretto. Autosservazione Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti riflettendo sui propri pensieri, sentimenti, motivazioni, comportamenti e reagendo in modo appropriato. La differenza tra autoaffermazione e autosservazione? L’elemento differente è che primo esprimi il tuo stato d’animo mentre nel secondo tendi a tenerlo per te. Sublimazione Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti incanalando i sentimenti o gli impulsi potenzialmente maladattivi verso comportamenti socialmente apprezzati. (Questa è una tecnica che gli infermieri potrebbero usare quando i soggetti ricoverati scoprono di avere una patologia cronica grave e tendono a farli distrarre parlando dei loro di un hobby o serie ti, qualcosa che serve per togliere l’attenzione dalla malattia). Soppressione Il soggetto affronta i conflitti emozionali o i fattori stressanti evitando intenzionalmente di pensare ai problemi, ai desideri, ai sentimenti, o alle esperienze che lo disturbano. (consapevolezza + attivazione emotiva). Gli indicatori di depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress. Indici di depressione → Umore depresso per la maggior parte del giorno Facilità al pianto Verbalizzazioni di sentimenti abbandonici e/o di tristezza Verbalizzazioni a contenuto pessimistico Diminuzione di interesse o piacere per quasi tutte le attività per la maggior parte del giorno Perdita di peso Insonnia o ipersonica Agitazione o rallentamento psicomotorio Sentimenti di autosvalutazione e di colpa eccessivi o inappropriati Ridotta capacità di pensare e di concentrarsi Pensieri ricorrenti di morte e di ideazione suicidaria DISTURBO D’ANSIA Sintomi del paziente con disturbo d’ansia, il paziente tenere tutto sotto controllo, irrequietezza, agitazione, alterazione delle funzioni cognitive principali, difficoltà nell’attenzione, nella concentrazione, tensione muscolare, alterazione del ciclo veglia-sonno. DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS Le caratteristiche di un soggetto che ha subito un disturbo post-traumatico da stress: rimozione e negazione dei ricordi, flashback del trauma, paura, tensione che può portare il soggetto a rimanere bloccato, in quanto, rivive continuamente il trauma. Il paziente può risultare aggressivo, rabbioso (verso sé stessi e gli altri). COMUNICAZIONE EFFICACE È importante utilizzare la modalità di comunicazione efficace → Fornire informazioni chiare Parlare lentamente Utilizzare i diversi sistemi verbali Utilizzare un linguaggio comprensibile per il paziente Usare un linguaggio diretto Cogliere il tono dell’umore del paziente come il tono depressivo, l’ansia Gestione della rabbia LUTTO Il termine lutto deriva da lugere che significa perdere, dolersi. Il termine lutto può prendere diversi significati, come sentimento di dolore per la morte di una persona o per un'altra grave disgrazia. La perdita di una persona cara dietro ad un periodo temporale molto lungo, in relazione ad un intervento chirurgico uscito male e la paziente mostra delle complicanze. Il quadro diventa molto complesso da andare a elaborare. Dietro al lutto c’è un processo di cambiamento ed una fase di adattamento che coinvolge il vissuto relazionale e l’elaborazione emotivo-cognitiva nei confronti della morte della persona cara. Il lutto diventa sia un cambiamento nella sfera della persona ma anche delle persone che ha accanto il soggetto che sta soffrendo. Il lutto, quindi, va ad inferire con tutto il sistema familiare, sociale e nel quotidiano del soggetto. Il lutto è definibile come uno “stato psicologico conseguente alla perdita di un oggetto significativo, che ha fatto parte integrante dell’esistenza. La perdita può essere di un oggetto esterno, come la morte di una persona, la separazione geografica, l’abbandono di un luogo, o interno, come il chiudersi di una prospettiva, la perdita della propria immagine sociale, un fallimento personale e simili” (Galimberti, 1999). LUTTO TRA NORMALITA’ E PATOLOGIA Il lutto “normale” è costituito da due fasi, la prima è la disperazione ed infine la rassegnazione. Il lutto “complicato” è una forma patologica di lutto in cui la persona non riesce a elaborare la perdita e resta bloccata in uno stato di sofferenza intensa (DSM-5). LUTTO “PATOLOGICO” Caratteristiche del lutto “patologico” → Depressione e tristezza possono durare per un periodo >24 mesi Stordimento dura circa per 2-3 settimane Meccanismi di difesa come la negazione possono essere presenti per un periodo > 6 mesi Senso di colpa sproporzionato per la morte della persona cara Cambiamenti bruschi del comportamento Idee persistenti di suicidio nei casi più gravi, nel caso in cui non si riesca ad elaborare la perdita Abuso di sostanze, insonnia, fobie Questi meccanismi vengono messi in atto per cercare di lenire il dolore della perdita della persona cara. DSM IV-> Lutto patologico Sentimenti di colpa riguardanti cose diverse dalle azioni fatte o non fatte dal soggetto sopravvissuto al momento della morte Pensieri di morte diversi dal sentimento del soggetto sopravvissuto che sarebbe meglio essere morto o che avrebbe dovuto morire con la persona deceduta Pensieri eccessivi e morbosi di inutilità Marcato rallentamento psicomotorio Prolungata e intensa compromissione di funzionamento sociale Esperienze allucinatorie diverse dal pensiero di udire la voce o di vedere fuggevolmente l’immagine della persona deceduta. Principali teorie sul lutto → Freud e la psicoanalisi Il modello a 5 fasi di E. Kubler-Ross (le più importanti) La teoria biologica di Bowlby Modelli scientifici recenti MODELLO A 5 FASI DI E. KUBLER-ROSS Abbiamo 5 fasi e sono → 1. Negazione 2. Rabbia, in cui inizia la consapevolezza della perdita 3. Patteggiamento, in cui c’è un alternarsi tra la fase della disperazione, la rabbia e l’accettazione di quello che è successo 4. Acquisizione della consapevolezza piena dell’evento 5. Accettazione dell’accaduto. Quando si rimane fermi troppo allungo in una di queste fasi si vanno a strutturare delle situazioni psicopatologiche. Quando si rimane ad esempio troppo nella fase della rabbia, l’espressione della rabbia porta a tratti a un disturbo sociale o all’iperattività marcata o a condotte antisociali. Il soggetto può incorrere a commettere condotte che lo possono portare a commettere dei reati proprio per il bisogno di esternare la rabbia al di fuori (risse o situazioni dove può essere particolarmente esposto). Delle tecniche che si possono mettere in atto per poter aiutare il soggetto che sta soffrendo, sono: l’autonarrazione dove si invita il soggetto a raccontare o a scrivere cosa sta vivendo poiché attraverso l’esposizione delle scene che ha vissuto riesce a lenire e ad elaborare quanto accaduto. L’elaborazione è la fase principale per il superamento di una situazione traumatica. Mediante l’autonarrazione il soggetto può esternare emozioni come la rabbia, l’ansia, la tristezza, l’impotenza, proprio per dare un senso e un significato alla perdita della persona cara. Anche il pianto può essere uno strumento liberatorio che permette al soggetto di poter esternare le proprie emozioni. Ed infine, il disegno può essere considerata una tecnica per riuscire ad elaborare la situazione e le proprie emozioni mediante la rappresentazione grafica (in ambiente pediatrico). Anche l’uso dei colori in un disegno descrive lo stato d’animo di una persona.