Laboratorio di Psicologia Clinica (Nuovo Programma) - Il Modello ABC - PDF

Summary

This document provides an overview of the ABC model in clinical psychology, outlining its components and exploring the relationship between activating events (A), beliefs (B), and consequences (C). A case study of a student named Simone is also presented, illustrating real-world application of the model. The document appears to be course material on psychology.

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LABORATORIO DI PSICOLOGIA CLINICA (NUOVO PROGRAMMA) IL MODELLO ABC Università degli studi Guglielmo Marconi Corso: Scienze e Tecniche Psicologiche L-24 Matricola 0029528 Aurora Vegliante...

LABORATORIO DI PSICOLOGIA CLINICA (NUOVO PROGRAMMA) IL MODELLO ABC Università degli studi Guglielmo Marconi Corso: Scienze e Tecniche Psicologiche L-24 Matricola 0029528 Aurora Vegliante 1 LABORATORIO DI PSICOLOGIA CLINICA (NUOVO PROGRAMMA) IL MODELLO ABC Il modello ABC è stato elaborato da Albert Ellis (1962), uno dei fondatori del cognitivismo clinico. Ellis evidenziò, partendo dalle esperienze cliniche e dai racconti dei pazienti, il ruolo del dialogo interno nel determinare gli stati emotivi. Secondo tale modello, quando accade un evento attivante (A) le persone danno un’interpretazione e una valutazione più o meno funzionale di ciò che è successo attraverso i pensieri (B), dai quali conseguentemente scaturiscono emozioni e comportamenti (C). Nell’evento attivante A andremo a descrivere cosa è successo, nei pensieri B descriveremo cosa abbiamo pensato e nel C le emozioni che abbiamo provato e come mi sono comportato. Esempio: Evento attivante (A): sento un forte rumore Pensieri (B): potrebbero essere i ladri Emozioni e comportamenti (C): ansia, cerco un riparo, tachicardia ecc. Cambiando il pensiero cambiano emozioni e comportamenti, mentre l’evento non è cambiabile, e noi, attraverso i pensieri, possiamo arrivare ad accedere al profilo interno, ovvero il modello di funzionamento della persona. Un altro esempio può essere: Evento attivante (A): sento il cuore che mi batte molto forte Pensieri (B): sto per avere un infarto Emozioni e comportamenti (C): ansia, tachicardia, metto la mano sul cuore, cerco aiuto. In questo caso l’evento attivante è un evento interno, non dovuto a qualcuno o qualcosa ma a noi stessi, di conseguenza questo ci porta ad avere quel tipo di pensiero, in questo caso a pensare di avere un infarto, questa interpretazione però è dettata dal mondo di pensare di quella persona, dalle sue credenze, dalle sue esperienze di vita e dalle sue regole interne. In questo caso a questo pensiero corrisponde un’emozione di ansia, in quanto c’è una minaccia futura che potrebbe accadere, che non è certa, ed è proprio questa incertezza che fa scaturire questa emozione. Da tutto questo avremo la messa in atto di alcuni comportamenti protettivi come posare la mano sul cuore o cercare qualcuno che lo possa aiutare. Possiamo osservare come tutte le emozioni hanno principalmente due dimensioni, la prima è l’intensità, un valore personale che si può attribuire ad un’emozione e che misura quanto questa sia intensa, nella clinica viene espressa con un valore che va da 1-1o. Ad uno stesso pensiero infatti può corrispondere un’emozione con differenti valori di intensità, e cambiando quest’ultima può cambiare anche l’intensità fisiologica. La seconda dimensione è la durata, che rappresenta il tempo nel quale provo l’emozione, in quanto tutte le emozioni hanno un inizio e una fine 2 (es. l’ansia ha una durata di circa 45 minuti se non viene mantenuta e questo è importante perché se le emozioni durano di più vuol dire che noi stiamo agendo in maniera disfunzionale per mantenerle ad esempio rimuginandoci sopra o chiedendo rassicurazioni). Riprendendo l’esempio di prima che aveva come evento attivante (A) il sentire il cuore battere molto forte, aggiungendo la dimensione dell’intensità avremo per esempio nel C un ansia 8 (il valore numerico indica infatti l’intensità dell’ansia). CASO CLINICO SIMONE Il caso di Simone è un esempio clinico del modello ABC e riassume le varie tappe di somministrazione di tale modello mostrandone anche l’utilità clinica. Simone è un ragazzo maschio di 23 anni, vive a Roma e frequenta il primo anno di laurea magistrale in economia. Simone si presenta presso lo studio puntuale e con fare timoroso. Riferisce subito che ala prima volta che va in psicoterapia. Durante il primo colloquio mostra un ottimo eloquio, ha una postura fiera e sembra sicuro di sé anche se, quando parla dello studio e del rapporto con i suoi genitori, si rattristisce e non riesce a tenere lo sguardo, quasi vergognandosi. Egli riferisce inoltre di avere grandi problemi all’università, per esempio non riesce più a dare esami di tipo orale mentre negli scritti eccelle, a casa ha difficoltà a parlare con i genitori con i quali entra spesso in conflitto, ha problemi a prendere sonno e si sveglia molto presto la mattina, passa tutta la giornata a studiare in casa ma nel fine settimana si dedica agli amici e alla ragazza ed è molto spaventato da quello che succede, non riesce infatti a capire quello che prova e si sente molto confuso. Durante i primi colloqui ricostruiamo la storia di vita di Simone: viene da una famiglia che presenta degli alti standard dove i problemi personali non vanno mostrati riferisce infatti che “l’apparire per i miei genitori è tutto”. Il padre di Simone è dipendente dalla cocaina, ma quest’informazione gli è stata a suo dire nascosta finché lui non ha osservato il padre che ne faceva uso. La madre di Simone per mantenere la «facciata della buona famiglia» non ha divorziato con il marito anche se ha scoperto che era stata tradita ripetutamente. Simone ha molta difficoltà a capire le emozioni che prova, riferisce un caos di emozioni e di pensieri e si focalizza molto sulle sensazioni fisiche che lo portano a spaventarsi. Gli esami orali sono le situazioni che teme di più, ma non riesce a spiegarsi cosa provi: riferisce di provare un caos interno, di sentirsi confuso e minacciato; ha forti mal di pancia prima e durante l’esame; durante il suo svolgimento perde di vista l’argomento e si impappina con le parole chiedendo scusa al prof. e a volte sottraendosi all’esame stesso. Le prime sedute sono dedicate a comprendere meglio le problematiche di Simone. Con lo scopo di capire meglio il suo funzionamento e per aumentare il monitoraggio sui propri stati emotivi, dalla terza seduta decido di condividere con lui il modello ABC. Per introdurre il modello ABC ho scelto di utilizzare una seduta per spiegarglielo per poi andare a esplorare con lui le emozioni principali in modo da dargli degli strumenti per riconoscerle. Ho condiviso con Simone lo schema del modello. Gli ho spiegato cosa inserire e successivamente siamo partiti da un’emozione che aveva 3 provato (C). Poi abbiamo osservato e trascritto l’evento attivante (A) ed infine abbiamo osservato i pensieri e le credenze ad esso correlati (B). Nel suo caso avevamo: Emozioni e comportamenti (C): ansia 6, potrei fare l’esame un altro giorno, devo studiare più nello specifico. evento attivante (A): studio per l’esame. Pensieri (B): prenderò un brutto voto. Per somministrare e lavorare con gli ABC di norma partiamo dall’emozione (C), andiamo ad osservare l’evento (A) che l’ha attivata, per poi monitorare il pensiero (B). Lo scopo dell’ABC è quello di monitorarsi durante tutta la settimana e non solo durante la seduta, questo aumenterà l’osservazione del suo stato interno. Quindi, nello scrivere il modello ABC partiamo sempre prima dall’emozione C, poi da A e infine da B, nell’interpretazione invece l’ordine è indifferente. La consegna nel caso di Simone è stata quella di compilare diversi ABC con lo scopo di esercitarsi a riconoscere le varie parti di un suo episodio emotivo, durante le prime sedute anche positivo, e osservare la settimana successiva le dinamiche emerse dagli episodi da lui riportati, affinando l’uso del modello. Alcuni esempi degli ABC di Simone: A (2) B (3) C (1) Evento attivante Pensieri Emozioni e comportamenti L’esame scritto va molto Ho raggiunto un ottimo Gioia 8 bene risultato Chiamo subito la mia ragazza (spinta all’azione) A B C Pensieri Emozioni e comportamenti Evento attivante litigo con mio padre rispetto sta perdendo la fiducia in tristezza 7 al mio ritardo negli studi me stesso vorrei piangere, mi chiudo in camera Nelle sedute successive con Simone abbiamo lavorato sul saper conoscere le emozioni: dargli un nome, capire l’attivazione fisiologica e la spinta all’azione che ci danno. Una volta che è stato in grado di riconoscere il proprio funzionamento (circa 3/4 sedute) abbiamo ricreato il profilo interno del suo funzionamento e dedicato le sedute successive a lavorare su di esso per poi continuare la terapia. Il paziente infatti deve essere in grado di capire i propri meccanismi ricorsivi e come funziona la sua mente per poi capire come intervenire nel gestire determinate 4 situazioni. Quindi il profilo interno è fondamentale per iniziare il vero e proprio percorso terapeutico, e concludere così la fase anamnestica. Lo psicanalista Alber Ellis (1962) aveva osservato l’importanza dei pensieri dei pazienti partendo da un vero e proprio diario, osservando diversi pazienti vide come di settimana in settimana cambiavano le emozioni che i pazienti riportavano, grazie a questo si soffermò sull’importanza che avevano i pensieri dei pazienti nel determinare le emozioni. Per fare questo partì proprio da una vera e propria osservazione clinica sul vissuto dei propri pazienti e da lì, notando che emozioni uguali o diverse venivano esperite da persone differenti in modalità differenti andò a osservare qual era la differenza tra questi pazienti e pose quindi la sua lente d’ingrandimento sui pensieri che questi facevano, iniziando a delineare il modello ABC (all’evento A facciamo un pensiero B ed esperiamo un’emozione C). Tutto questo portò alla rivoluzione cognitiva (i cui esponenti principali sono stati Denber, Miller, Primbram), ossia la scoperta del ruolo fondamentale che il nostro pensiero ha nell’interpretare gli eventi e nel determinare le emozioni. Quindi le nostre emozioni sono determinate dal nostro pensiero che interpreta gli eventi in maniera differente, uno stesso evento può essere interpretato da persone differenti in modalità differenti e quindi queste persone esperiranno emozioni differenti o le stesse ma con intensità differente. Ellis ha introdotto una prospettiva diversa da quelle adottate fino a quel momento che avrebbe cambiato il modo di fare terapia. Il modello ABC implica l’individuare le modalità disfunzionali del pensiero (B), per poi tramite un lavoro terapeutico poterle modificare e quindi portare a una diversa modulazione delle emozioni e dei comportamenti disfunzionali (C). L’obiettivo è: una volta identificati i pensieri (B) quello di modulare i comportamenti disfunzionali (c) attraverso la modifica del pensiero (B). Prima va identificato il pensiero disfunzionale B e poi, tramite diverse tecniche psicoterapeutiche si può arrivare a cambiare questo modo di pensiero arrivando a provare un’emozione diversa C oppure mettendo in atto comportamenti differenti, tutto ciò lasciando lo stesso evento A intatto. E’ infatti praticamente impossibile cambiare gli eventi, mentre è invece possibile cambiare la nostra risposta emotiva, partendo dai nostri pensieri in merito a quell’evento. Epitteto, un filosofo stoico, disse che non sono gli eventi a farci soffrire, ma le nostre interpretazioni di quegli eventi, il modello ABC infatti non è altro che la trasposizione attuale di un procedimento che veniva attuato dagli stoici, ossia separare i nostri giudizi soggettivi dagli eventi. MODELLO ABC Il modello ABC può essere utilizzato per due scopi principali. Il primo è in fase di Assessment, ossia le fasi iniziali della terapia nelle quali si va a delineare il profilo interno del paziente, per poter osservare i possibili pensieri disfunzionali. Un altro 5 scopo per il quale può essere utilizzato è durante la terapia per poter lavorare sui pensieri disfunzionali. Il modello ABC si basa su tre parti: A: quando accade un evento. B: le persone danno un’interpretazione e una valutazione di ciò che è successo, che può essere più o meno funzionale. C: le interpretazioni portano a conseguenze emotive con relativa intensità (1-10) e comportamentali (azione o spinta all’azione). Passi per compilare il modello ABC: 1. Partire da un’emozione che abbiamo provato e trascriverla, dandogli un’intensità (1-10) e associando ad essa i comportamenti messi in atto (C). 2. Osservare e trascrivere l’evento attivante (A) 3. Osservare e trascrivere i pensieri e le credenze ad esso correlati (B) A B C EVENTO ATTIVANTE PENSIERI EMOZIONI E COMPORTAMENTI Sento un forte rumore Potrebbero essere i ladri Ansia (8) cerco un riparo, il cuore mi batte forte ecc. Ho provato ansia (8) e il cuore mi batteva forte (C), perché ho sentito un rumore forte (A), questo mi ha procurato il pensiero che potrebbero esserci i ladri (B). Nella fase di lettura posso leggere prima l’evento A, poi il pensiero B e infine l’emozione C, mentre nella fase di compilazione partiremo da C per poi continuare con A e finire con B. MODELLO ABC IN PARALLELO In questo modello uno stesso evento (A) può portare ad esperire più emozioni (C). Se all’evento (A) corrispondono più emozioni (C) vorrà dire che saranno presenti n pensieri (B) dove n rappresenta il numero di emozioni provate. Inoltre, ogni pensiero sarà correlato ad una sola emozione esperita (se abbiamo due emozioni abbiamo due pensieri differenti, tre emozioni tre pensieri ecc.) A B C EVENTO ATTIVANTE PENSIERI EMOZIONI E COMPORTAMENTI Marco rompe volontariamente la Non si doveva permettere!! Rabbia (8), vorrei dargli uno lampada schia o! Chiamo la mamma! 6 ff Era un oggetto per me molto Tristezza (9), piango, raccolgo i importante pezzi della lampada Risulta importante notare anche che potrebbe verificarsi la presenza di un pensiero (B) molto complesso il quale potrebbe essere scisso in più pensieri, per questo è importante partire sempre dalle emozioni. MODELLO ABC PRIMARIO E SECONDARIO Si parla di ABC secondario quando l’emozione o il comportamento (C) diventa un nuovo evento attivante (A1). Quindi, il nuovo evento attivante (A1) seguirà il pensiero (B1) e il comportamento (C1). Questo può dar vita ad una serie di emozioni e comportamenti correlati tra loro. A B C EVENTO ATTIVANTE PENSIERI EMOZIONI E COMPORTAMENTI Il professore mi boccia all’esame Non mi merito di essere bocciata, Rabbia (10) poteva farmi un’altra domanda Esco dall’aula senza salutare A1 B1 C1 Rabbia (10) Provare rabbia verso Senso di colpa (10) un’istituzione è moralmente Devo scusarmi con il prof sbagliato In questo caso l’emozione esperita C diventa un nuovo evento A1, in questo caso un evento interno alla persona e attivante. Questa emozione di rabbia mi fa fare un nuovo pensiero B1, che mi porta ad esperire una nuova emozione C1 ossia il senso di colpa. Se il comportamento o la tendenza all’azione di C1 divenissero un nuovo evento avremo A2, B2 e C2 e così via. LADDERING Il Laddering è una tecnica che può essere utilizzata per esplorare meglio il problema presentato. Consiste nell’accertamento dei problemi presentati e del significato negativo degli eventi temuti. Questa tecnica ha origine da Kelly, grazie alla sua teoria dei costrutti personali. Secondo questa tecnica il pensiero disfunzionale va indagato in termini di significato negato attribuito agli eventi che potrebbero captare. L’enfasi è posta sul significato soggettivo attribuito dal paziente agli eventi. Esso è infatti una specie di zoom che permette di entrare dentro al paziente e capire che significato attribuisce lui ai diversi eventi. Il modello ABC può essere una buona base per applicare questa tecnica, infatti possiamo partire dai pensieri (B) per poi indagare il significato negativo che il paziente attribuisce ad essi. 7 Riprendendo l’esempio di prima, se dovessimo applicare il laddering andremo a chiedere al paziente “come mai per te provare rabbia verso un’istituzione è moralmente sbagliato?” “Che significato dai ad una persona che prova rabbia verso un’istituzione?” ecc. EMOZIONI E ATTIVAZIONE FISIOLOGICA Possiamo considerare le emozioni come rapide reazioni che avvengono quando l’organismo elabora uno stimolo significativo e hanno la funzione di adattarsi a un cambiamento. Possiamo considerare l’umore come uno stato emotivo diffuso, con un lento innesco non legato a specifici oggetti o stimoli. Possiamo considerare l’affetto come un costrutto complesso formato sia da emozioni sia dall’umore e che riguarda lo stato generale dell’individuo. Le emozioni si attivano in risposta ad uno stimolo (A) che può essere interno o esterno. Esterno: sento un forte rumore/vedo qualcosa o qualcuno Interno: anticipo un confronto con la mia vicina di casa (rabbia anticipatoria). Affinché si inneschi un’emozione è necessario prestare attenzione a uno stimolo significativo. Questa situazione viene valutata sulla base degli scopi dell’individuo, questa fase di valutazione viene chiamata appraisal. Gli scopi sono rappresentazioni che si basano sui valori, sul contesto culturale, sulle caratteristiche attuali della situazione, sulle norme sociali, sulla fase di vita e sulla personalità (tutto ciò che è contenuto nel pensiero B). Gli scopi e il processo di valutazione ossia l’appraisal sono osservabili nel pensiero B. Una volta che la situazione è stata valutata rilevante per gli scopi dell’individuo, essa attiva una risposta emotiva (C). Tale risposta emotiva comprende diversi comportamenti che coinvolgono più sistemi: esperienziale, comportamentale, centrale e periferico. Riassumendo, per determinare un’emozione avremo un evento significativo per l’individuo che viene interpretato attraverso i suoi scopi e che ci porta quindi a esperire un’emozione o attuare un comportamento. Le componenti di un’emozione dunque sono: l’esperienza soggettiva(come una persona vive l’evento), gli ingredienti cognitivi (valutazione appraisal), la reazione fisiologica (come l’aumento del battito cardiaco), l’espressione facciale (come un sorriso), il comportamento e la tendenza all’azione (scappare, ridere, ecc.). Tutte le emozioni sono transitorie, hanno una durata ovvero un inizio e una fine e possono essere provate in maniera più o meno intensa, ciò dipende dalla valutazione che fa l’individuo. 8 LE EMOZIONI GIOIA La gioia è un’emozione di base che si attiva con la percezione di raggiungere uno scopo o un bene o dalla percezione di avvicinarsi allo stesso (ad esempio ritrovare qualcosa che si è perso, ottenere qualcosa, cessazione di uno stato doloroso, ricevere un complimento, incontrare qualcuno che non vediamo da tanto) La gioia presenta numerosi pattern di comportamento come ad esempio accelerazione della frequenza cardiaca, aumento del tono muscolare e della conduttanza cutanea (sudore) e irregolarità della respirazione. Il feeling interno è caratterizzato da una sensazione di pienezza, appagamento e disposizione all’azione in termini di consumare o costruire. Ogni sensazione sperimentata viene percepita come positiva. L’espressione facciale ha come segno distintivo il sorriso (espressione percepita come universale). Si può inoltre notare che quando siamo felici siamo più sensibili alla rabbia. Tra le funzioni della gioia troviamo una maggiore velocità nel prendere le decisioni, migliori risultati nella risoluzione dei problemi (con aumento della capacità inventiva), e dal punto di vista sociale una tendenza ad intraprendere attività che comportano sforzi fisici o mentali e ad incrementare relazioni consolidate o nuove. Abbiamo detto che la gioia si manifesta quando si assume che un proprio scopo è stato raggiunto. A livello cognitivo, la persona che esperisce gioia è portata ad avere una valutazione positiva di se stessa, quindi ad avere più autostima, e anche ad essere più propositiva e ad avere maggiori prospettive riguardo alle azioni passate e future. EUFORIA L’euforia è uno stato emotivo attivato dalla percezione di una grande potenzialità personale in assenza di uno specifico piano di realizzazione (ad esempio nella fase di innamoramento, io sono innamorato di una persona, non ancora fidanzato, e mi sento euforico, pieno di energia, anche se non ho ancora raggiunto l’obiettivo né ho un piano per raggiungerlo). A livello fisiologico presenta diversi pattern, come energia traboccante, infaticabilità, agitazione, sensazione di poter fare qualsiasi cosa con l’urgenza di farlo. Spesso anche essa, come la gioia, è accompagnata da una maggiore sensibilità alla rabbia, poiché la persona che la esperisce sente di avere maggior diritto personale. 9 Può manifestarsi in seguito a episodi di innamoramento, successo, assunzione di sostanze, aumento dell’umore stagionale. TRISTEZZA La tristezza è un’emozione di base che si attiva dopo vissuti di perdita, delusione o fallimento di uno scopo importante. (Quindi mentre nella gioia abbiamo il raggiungimento di un obiettivo, qui abbiamo la perdita, il fallimento di uno scopo) E’ un’emozione universale infatti sia la sua espressione facciale che quella vocale sono riconosciute in culture molto diverse. La tristezza è caratterizzata da un’espressione facciale mesta (afflitta, malinconica), postura accasciata, occhi bagnati di lacrime o pianto, singhiozzo, nodo alla gola. Il feeling interno è quello di un dolore intimamente sofferto e una diffusa e cupa malinconia, disposizione a lamentarsi, insonnia, inappetenza. A livello comportamentale la tristezza porta l’individuo a isolarsi fino al rifiuto dei rapporti sociali, all’apatia e all’assenza di voler intraprendere nuove attività o relazioni. Porta infine l’individuo a esprimere una difficoltà nello svolgere le attività quotidiane e di routine. Quando siamo tristi avremo una diminuzione del livello energetico, con una riduzione del tono dell’umore, ci sentiamo molto più stanchi, uno dei paradossi della tristezza infatti è proprio l’anedonia, ovvero la mancanza di voglia di fare cose che potrebbero non renderci più tristi (ad esempio se sono a casa e mi propongono di uscire, anche se so che questo può farmi stare meglio, dico di no). Più siamo tristi, più stiamo in casa e abbiamo in generale meno stimoli esterni, più ci sentiamo meno energici. A livello evolutivo la tristezza è funzionale in termini di appartenenza ad un gruppo e sopravvivenza della specie a condizione che venga raggiunto lo stato di accettazione della perdita, e suscita inoltre l’accudimento da parte degli altri significativi (quindi la tristezza stessa porta all’accettazione della perdita del proprio scopo, aiuta a formare un gruppo e suscita l’accudimento da parte degli altri). Riuscire a staccarsi da un legame perso può portare allo sviluppo e alla crescita personale tramite la creazione di nuovi legami sociali e il coinvolgimento in nuovi ruoli o attività. La tristezza è l’emozione della perdita, la persona che la esperisce si focalizza sugli aspetti negativi dell’evento, sperimenta impotenza verso di essi e prova pessimismo verso il futuro (triade cognitiva di Beck). Essa è data inoltre dalla sensazione di impotenza del non poter più avere l’oggetto perduto o di cancellare la perdita. 10 RABBIA La rabbia rappresenta un’emozione primaria rilevabile sia negli animali sia nei bambini molto piccoli. La parola chiave della rabbia è l’ingiustizia percepita rispetto il soddisfacimento di uno scopo o di un desiderio e nella rappresentazione di un danno o di una costrizione. La rabbia è l’emozione che più spesso si cerca di inibire o di controllare, ciò dipende dalla cultura, dall’educazione e dal nucleo familiare di origine. La funzione di inibizione della rabbia ha una funzione sociale particolarmente utile per chi ne può trarre vantaggio (es. genitori, professori, forze dell’ordine). Le espressioni mimiche (Ekman, Oster) associate a tale emozione sono aggrottare le sopracciglia, digrignare i denti, stringere le labbra e far lampeggiare gli occhi. L’intero corpo è attivato dall’esperienza della rabbia attivando un irrigidimento muscolare, una sensazione diffusa di calore, un aumento della pressione e della frequenza cardiaca. Tali reazioni sono date da una predisposizione all’azione di attacco o di difesa da un attacco. Oltre ai motivi legati alla sopravvivenza (aspetto rilevante sopratutto nel regno animale), negli esseri umani la rabbia è legata ala protezione di uno scopo di giustizia ovvero alla correzione di ciò che è sbagliato e quindi all’affermazione dei propri diritti. Quindi noi agiamo per combattere un’ingiustizia, un torto. La percezione del torto subito però è molto personale. Averill (1982) identifica 3 funzioni della rabbia: 1. “Malevola” che include scopi relativi alla rottura relazionale e alla vendetta; 2. “Costruttiva” ha come scopo la modifica del comportamento dell’altro per affermare la propria libertà e indipendenza; 3. “Esplosiva” che interessa la manifestazione della rabbia ovvero del proprio stato emotivo. Gli ingredienti della rabbia sono la rappresentazione di un danno valutato come ingiusto, ci si arrabbia dunque per qualcosa che è percepito come un torto. L’intensità della rabbia varia dunque a seconda della percezione dell’ingiustizia e della gravità del danno. Più il torto subito è grave e più la mia intensità della rabbia sarà elevata. Una peculiarità della rabbia è il rimuginare sul fatto accaduto, che sia esso sul passato, sul presente o sul futuro. Il rimuginare legato alla rabbia parte dal presente, per poi arrivare al passato (ad esempio se mi arrabbio con qualcuno per un torto che mi ha fatto, io sono arrabbiata nel presente, ma continuando a rimuginarci sopra inizierò a pensare a tutti i torti che mi ha fatto quella persona 11 anche nel passato). Rimuginando la rabbia si incrementa, facendone aumentare l’intensità. A volte può tornare utile calmierare la rabbia, ossia lasciarla sfogare per passare da una rabbia esplosiva ad una più costruttiva, attraverso diverse tecniche tra cui per esempio il contare fino a 10, fare una passeggiata ecc. DISGUSTO Il disgusto è stato considerato un’emozione di base fin da Darwin (1872). Sembra essere un’emozione fortemente fisica che sorveglia i confini del sé corporeo. Allport (1955) osservava che la nostra saliva non ci suscita disgusto finché è nella nostra bocca e diventa invece disgustosa quando si trova fuori da essa. Anche il disgusto ha una funzione evolutiva molto importante, pensiamo ad esempio quando mangiamo qualcosa che ci ha fatto stare male, il corpo se ne ricorda e tramite l’emozione del disgusto ci teniamo lontani da quella sostanza. Anche per i bambini è molto importante perché li consente di tenersi lontano da sostanze che potrebbero essere potenzialmente nocive. Il disgusto, come tutte le emozioni di base, mostra caratteristiche ben specifiche: un’espressione facciale tipica (Ekman 1975), un’attivazione comportamentale che porta il soggetto che esperisce il disgusto ad allontanarsi o ad allontanare da sé la sostanza disgustosa. La manifestazione fisiologica comprende nausea, un incremento della risposta psicogalvanica, bradicardia e salivazione. Il feeling interno è caratterizzato dalla repulsione. Il superamento del confine del sé corporeo da parte di una sostanza disgustosa (entrare in contatto con essa oppure ingerirla) implica una contaminazione del sé e di conseguenza uno svilimento del medesimo. Ci si sente disgustosi, come se ci contaminassimo, se si perdono quegli elementi fisici corporei che supponiamo essere necessari per identificarci con il nostro gruppo di appartenenza ovvero ci riterremmo indegni di far parte di quel gruppo (ad esempio, vado in un posto tutto sudato o sporco di qualcosa). Il disgusto è l’emozione in risposta a qualcosa o qualcuno visto come contaminante. Possiamo distinguere due categorie di disgusto: - il disgusto fisico, che ha lo scopo di proteggerci da qualsiasi sostanza possa risultare dannosa alla nostra salute, per questo porta una reazione di allontanamento; - Il disgusto morale, che è simile a quello fisico ma è attivato dalla trasgressione di norme socio-morali e si può dividere in due sottotipi: quello che si manifesta in alcuni comportamenti sessuali immorali (incesto, pedofilia ecc.) e con comportamenti immorali non sessuali (ingannare, rubare, uccidere ecc.), in questo caso la mia spinta all’azione è quella di volermi allontanare da questo tipo 12 di persona, che trovo disgustosa a livello morale. Inoltre, più io mi sento disgustoso a livello morale, più sarò portato a lavarmi (effetto Macbeth). ANSIA E PAURA La paura è uno stato di attivazione emotiva che serve a motivare l’organismo ad affrontare eventi minacciosi. E’ caratterizzata dalla sensazione soggettiva che stia per avvenire una catastrofe, un danno effettivo che mi sta capitando direttamente o indirettamente. Riguarda una minaccia che si sta svolgendo nel qui ed ora, nel presente. L’ansia è più duratura e non è necessariamente legata ad uno stimolo specifico. Riguarda una minaccia percepita come futura e incerta, quindi è legata ad un qualcosa che io penso possa succedere, ma che non sta realmente accadendo. (Ad esempio possiamo dire che ho ansia di prendere l’aereo perché penso che cada, mentre ho paura quando l’aereo sta effettivamente cadendo). L’ansia e la paura sono caratterizzate da un feeling interno di apprensione, da una tipica manifestazione facciale e da un pattern fisiologico correlato sopratutto all’adrenalina. L’adrenalina si attiva con la percezione di una minaccia e ha effetti sull’apparato cardiocircolatorio portando ad un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, e sull’apparato respiratorio con un aumento della frequenza del respiro e con una migliore ossigenazione del sangue. Più rimuginiamo e più aumentiamo le probabilità a livello mentale che quell’evento accada. L’ansia è un’emozione innescata da una minaccia a uno scopo, un desiderio, un bisogno o un valore che l’individuo ritiene essenziale o all’esistenza stessa dell’individuo. Ha una funzione protettiva che riguarda l’aiuto nell’evitamento dei pericoli e del loro fronteggiamento. Esempio: ho ansia perché ho un esame o un’interrogazione importante, provo ansia perché se questo va male un mio scopo fallirà, quindi il feeling dell’ansia mi porta per esempio a studiare, a organizzarmi, a trovare il tempo e la determinazione. L’ansia è data dall’imminenza percepita, che moltiplica la probabilità percepita che moltiplica la gravità percepita, fratto la capacità percepita di fronteggiarlo + la disponibilità percepita di aiuto esterno. IMMINENZA PERCEPITA X PROBABILITA’ PERCEPITA X GRAVITA’ PERCEPITA ANSIA= CAPACITA’ PERCEPITA DI FRONTEGGIARLO + DISPONIBILITA’ PERCEPITA DI AIUTO ESTERNO 13 Si parla di paura quando gli ingredienti della formula sono chiari e definiti nella mente della persona, ed essa si prefigura chiaramente a cosa sta andando incontro. L’ansia rispetto alla paura ha la variabile dell’incertezza, gli ingredienti sono indefiniti. L’ansia orienta i processi cognitivi in senso prudenziale, l’attenzione diventa selettiva, seleziono lo stimolo ansioso e cerco di fronteggiarlo. IL SENSO DI COLPA Il senso di colpa è un emozione che viene esperita quando si assume di aver causato, per una propria azione o omissione, un danno ad un altro individuo infrangendo così una norma morale (esempio dire una bugia, rompere qualcosa di qualcuno, rubare ecc.). Il feeling interno è contraddistinto da un senso di oppressione, una sensazione di non essere apposto, degradato e sporco, e d’angoscia per la vittima. Le disposizioni all’azione sono caratterizzate dall’aspettativa o dalla ricerca della punizione, l’evitamento delle gratificazioni, la confessione, il chiedere perdono, il voler riparare il danno fatto, l’aiutare la vittima e al prevenire ulteriori colpe. Il vantaggio evolutivo del senso di colpa sembra essere dato dalla coesione e funzionalità di gruppo, ovvero in un gruppo in cui non si provasse tale emozione avrebbe meno possibilità di sopravvivenza. Sentendosi in colpa si prevengono accuse e punizioni, in più aumenta la probabilità di sopravvivenza dei propri geni infatti tale emozione sorveglia l’altruismo, in particolare nei confronti dei consanguinei e dei legami affettivi. Tra gli ingredienti del senso di colpa troviamo: - L’assunzione di un nesso di causa tra una propria azione/omissione e un danno ad una vittima (ad una mia azione A corrisponde un danno B ad una vittima C); - Può essere sufficiente l’intenzione di causare un danno; - Il danno deve essere ritenuto immeritato; - Assunzione della libertà di poter agire in modo diverso; - Assunzione di aver trasgredito ad una propria norma di tipo morale o essere venuti meno ad un proprio dovere; - La colpa può essere legata al disgusto (effetto Macbeth: più mi sento in colpa e più mi sento disgustoso a livello fisico, e più ho la tendenza a lavarmi). Secondo Mancini (2016) il senso di colpa può essere suddiviso in due categorie: 1. Senso di colpa altruistico: contraddistinto da scopi altruistici, ovvero la colpa di aver causato un danno immeritato alla vittima; 14 2. Senso di colpa deontologico: contraddistinto dall’assunzione di aver trasgredito delle norme morali. 3. Senso di colpa del sopravvissuto: ci si sente in colpa per essere l’unica persona ad essere sopravvissuta o ad aver avuto un esito positivo rispetto a tutti gli altri. E’ osservabile per esempio in seguito a catastrofi ed è stato studiato in seguito alla seconda guerra mondiale. VERGOGNA La vergogna è un’emozione prettamente sociale che viene esperita quando si assume che lo scopo dell’immagine o dell’auto-immagine venga compromesso o minacciato, ovvero quando si teme di essere soggetti ad una valutazione negativa da parte di altri. Affinchè si provi vergogna è necessaria la presenza di altri, i quali possono essere anche immaginati. La valutazione negativa deve essere rispetto a criteri condivisi. La manifestazione della vergogna presenta alcune reazioni fisiologiche caratteristiche: rossore, tremore, sudore, balbettio e voce tremante, postura chiusa, sguardo basso e tendenza ad evitare lo sguardo altrui. La spinta all’azione caratteristica è quella della sparizione, di fuggire o nascondersi, la tendenza a farsi “piccolo piccolo”. Il paradosso è che a causa delle manifestazione fisiologiche, come ad esempio il rossore, si segnala agli altri che si è consapevoli della propria inadeguatezza o di un proprio errore, e di conseguenza le persone intorno a noi si accorgono che ci stiamo vergognando, quando noi in realtà in quel momento vorremmo solo nasconderci, fuggire, farci piccoli. La funzione della vergogna è quello di sorvegliare la buona immagine, ovvero il giudizio di essere giudicati meritevoli di appartenere ad un gruppo. Essa segnala all’individuo di non meritare di appartenere al gruppo di riferimento o il proprio rango usuale, e induce a prevenire brutte figure e a nascondere agli altri le caratteristiche di tipo negativo. Gli ingredienti cognitivi della vergogna riguardano le credenze fattuali, difatti colui che si vergogna ritiene che l’altro lo giudichi negativamente ed entrambi condividono le credenze riguardo al fatto oggetto della vergogna. La vergogna è un indicatore di come ci sentiamo nei confronti dell’altro, è un regolatore della condotta, per vergognarsi la persona deve essere valutata negativamente rispetto a qualcosa che costituisce uno scopo (es. io mi posso vergognare se sono inciampato e penso che tutti ridano di me, ma non è detto che gli altri ridano effettivamente di me). Importante è anche il ruolo della meta-vergogna, ossia il vergognarsi della propria vergogna, mi vergogno del fatto che io mi stia vergognando (es. mi vergogno di essere diventato tutto rosso). Il fatto che io mi vergogni mi porta a giudicare negativamente la mia immagine sociale e questo mi fa vergognare ulteriormente. 15 Questo tipo di vergogna ha anche un carattere di tipo anticipatorio, si potrebbe quasi dire che si ha l’ansia di vergognarsi. GELOSIA La gelosia generalmente riguarda una persona o un oggetto e il timore di perdere l’oggetto del proprio amore. Può essere uno stato temporaneo oppure protrarsi nel tempo. (Ad esempio io posso essere geloso quando una persona o un oggetto minaccia di farmi perdere l’oggetto del mio interesse, però devo possedere o avere almeno l’idea di possedere quell’oggetto, quindi io posso essere gelosa del ragazzo che mi piace senza starci effettivamente insieme). A livello emozionale si presenta in modo brusco e improvviso, si parla invece di sentimento di gelosia se tende invece ad essere stabile nel tempo. Si manifesta fin dai primi anni di vita e continua nel contesto sociale, scolastico e lavorativo, e assume una caratteristica più connotata nella vita di coppia dove prende il nome di “gelosia di coppia”. Da un lato abbiamo lo scopo di non perdere l’oggetto amato, dovuto al timore di poterlo perdere, dall’altro la rabbia per il torto subito o ipotizzato di tradimento. La tendenza dell’agito della gelosia è relativa al ripristinare la situazione precedente in cui si era certi dell’oggetto amato. La funzione è quella di mantenere il senso di esclusività della persona amata. A livello comportamentale da un lato porta a comportamenti di tipo di controllo, possesso e imposizione sulla persona amata; dall’altro vi sono comportamenti che tendono a danneggiare il rivale per metterlo in cattiva luce. Tra gli ingredienti cognitivi della gelosia, l’aspetto centrale è il possesso, ovvero la credenza rispetto al diritto di poter imporre o vietare determinati comportamenti o pensieri all’altro. Per provare gelosia abbiamo bisogno di tre elementi: 1. Il geloso; 2. La persona amata; 3. Il presunto/potenziale rivale Non è detto che tutti questi elementi debbano essere reali. Alcuni meccanismi di mantenimento della gelosia romantica includono l’attenzione selettiva verso i comportamenti del rivale (farò molta più attenzione a tutti gli elementi che confermano o meno la minaccia), i bias confermatori, il pensiero autoriferito (il fatto che io penso di essere geloso del mio compagno mi conferma il fatto che io sia geloso) e dicotomico (o mi ama o mi odia, o sta con me o mi tradisce) verso la persona amata. Un altro meccanismo di mantenimento è il rimuginio sugli eventi, sia passati che presenti che futuri. 16 Mentre la gelosia viene vista come un’emozione riconosciuta e accettata, l’invidia viene vista invece come un’emozione che si tende a nascondere, quasi vietata da provare. INVIDIA L’invida venne definita da Aristotele come un “dolore causato da una buona fortuna che appare presso persone a noi simili”. Essa sembra avere un’accezione negativa e sembra essere una delle emozioni che più frequentemente le persone rifiutano. Tuttavia possiamo vedere come possa avere anche un’accezione positiva e condivisibile socialmente, per esempio posso invidiare la bellezza o le abilità di qualcuno e tramite l’emulazione cercare di apprendere dalla persona invidiata. L’aspetto fondamentale che contraddistingue l’invidia è il malanimo accompagnato ad un senso di inferiorità, ma essendo considerata socialmente deplorevole spesso viene celata da chi la prova. Molto spesso la distinzione tra invidia e gelosia non è ben chiara, una differenza sostanziale sta nell’esclusività del possesso. Nell’invidia l’oggetto in gioco può appartenere a entrambi mentre nella gelosia il possesso è esclusivo. Lo scopo di chi invidia, essendo accompagnata come emozione da un senso di inferiorità, è quello di non essere inferiore ma essere al pari dell’altro. In alcuni casi essere invidiati può essere uno scopo dell’individuo, questo avviene quando l’essere invidiati aumenta il proprio status o il proprio rango garantendo all’individuo un senso di superiorità rispetto agli altri. Generalmente si prova invidia verso qualcuno che ha caratteristiche, beni o status che mancano ma che sono appetibili per chi avverte questa emozione. Tra gli ingredienti cognitivi dell’invidia abbiamo: il desiderio frustrato e ottenuto da un altro, il tentativo di minaccia del godimento del possesso altrui, un sentimento di inferiorità, malanimo, l’invidia viene infine considerata come ipocrita subdola e calcolatrice. Per tutti questi elementi l’invidia viene socialmente considerata come un’emozione da nascondere, mentre la gelosia viene vista come socialmente condivisibile. 17 IL CASO DI MARTA Marta è una ragazza di 21 anni e frequenta il secondo anno della facoltà di Giurisprudenza. In prima seduta Marta si presenta puntuale, lo sguardo basso le spalle chiuse. L’eloquio è fluido e in contrasto con la postura ma quando sopraggiungono pensieri (poi connotati come ossessivi) seguono lunghi silenzi e lo sguardo di Marta diventa fisso e perso. Durante la seduta scoppia in lunghi pianti motivati dalla tristezza per la sua condizione. Appare allarmata e spaventata. Richiede numerose rassicurazioni FAMIGLIA Madre: 50 anni; Padre: 56 anni; Fratello:15 anni; Sorella: 12 anni. Marta descrive la famiglia come molto unita; la madre e il padre sono entrambi lavoratori e fin da piccola si è trovata a dover aiutare i suoi genitori nel crescere i fratelli. La madre di Marta durante le prime sedute richiede insistentemente di poter entrare in seduta insieme alla figlia, richiesta che le viene negata. Più volte prima della seduta la mamma di Marta le ripete (con fare accusatorio) di dire tutto quello che è successo. Viene descritta da Marta come una persona che tiene eccessivamente alle regole, in casa tutto segue una regola e se qualche regola viene violata la madre reagisce in maniera molto rabbiosa facendo ricadere la colpa su di lei. Il padre è descritto come una persona simpatica, che non mostra mai quello che pensa e che dà sempre ragione alla madre anche quando, per la paziente la madre è in completo torto. DESCRIZIONE DEI PROBLEMI DEL PAZIENTE: M. riferisce di avere idee ossessive di tipo aggressivo che la pervadono tutta la giornata. Teme di poter agire l’impulso e fare del male, fino a poter uccidere qualcuno che ama (es. la sorella). I pensieri sono più intensi e ingestibili la mattina, prima di dormire e quando prova emozioni di Rabbia, Invidia e Gelosia. Passa la Giornata a ruminare sul divano, non esce più di casa. Arriva in uno stato di disregolazione emotiva intensa caratterizzata da intensa angoscia relativa ai pensieri, disperazione, ruminazione, rabbia verso sé e gli altri e un bisogno estremo di mangiare seguita da vomito, che ha funzione regolatoria della rabbia. TENTATIVI DI SOLUZIONE Attenzione focalizzata a controllare che non ci sia nulla intorno a lei che può ledere qualcuno (es. coltelli). Chiede continue rassicurazioni ai genitori e ai fratelli. Rumina (dibattimentale) chiedendosi se veramente vuole o non vuole fare del male a qualcuno. Nei momenti in cui non può controllarsi, per esempio di notte, si fa 18 legare mani e piedi dal fratello. Passa la giornata sul divano a rimuginare sul divano. Evita di vedere gli amici e di guidare. IPOTESI DIAGNOSTICA Disturbo ossessivo Compulsivo; Depressione reattiva; Disturbo alimentare NAS. Si evidenziano alcune caratteristiche del quadro Borderline di personalità. EPISODI PREGRESSI -Primo episodio: a 4 anni il disturbo era legato alla paura di ingerire i tappi e di soffocare, Marta si sentiva obbligata a tenere sotto controllo tutti i tappi presenti nella stanza, questo per evitare di strozzarsi dopo averne ingerito uno; infatti, se non vedeva più il tappo, era convinta che nel momento di distrazione poteva aver preso il tappo e quindi dopo averlo messo in bocca, rischiava di soffocare. -Secondo episodio: a 10 anni Marta sente la voce del demonio che la spinge a essere aggressiva (episodio che risulta molto confuso). Questo episodio è accaduto in concomitanza con 2 eventi molto importanti: la nascita di S., la sorella più piccola; e una violenta litigata della madre con la nonna, la cui colpa è ricaduta su Marta la quale non ricorda il motivo per cui le due donne hanno iniziato a litigare, ma ricorda chiaramente il senso di colpa legato a questa lite (“è stata colpa mia”). PROFILO INTERNO DEL DISTURBO AMABILITA’ La vita della paziente è incentrata sulla ricerca dell’amabilità, difatti Marta nel passato è stata definita dai genitori come “quella sbagliata…” e il suo progetto di vita da quel momento si è incentrato sul meritarsi di essere amata e non essere considerata quella sbagliata. Provare emozioni negative verso le persone a cui tengo le allontanerà da me; chi fallisce nei propri obiettivi verrà abbandonato; devo essere la migliore in tutto quello che faccio, per riconoscenza verso i miei genitori; io sono quella sbagliata; devo essere la migliore per non essere abbandonata; essere pazza vuol dire essere sbagliata. La disregolazione emotiva si evidenzia nelle seguenti Dimensioni: -Sensibilità (Marta riporta situazioni in cui “per lei senza motivo” viene inondata da emozioni a lei proibite, intensità maggiore a 9). -Intensità (Le emozioni riportate nella paziente risultano essere sempre molto intense “sopra il punteggio di 8”). -Durata (Le emozioni provate la pervadono durante tutta la giornata e vengono gestite in maniera negativa). 19 Marta intrattiene delle credenze catastrofiche riguardo le emozioni: è molto allarmata dal provare emozioni, che è convinta siano sbagliate e ingestibili; questo la porta a chiedere aiuto e a terrorizzarsi ogni volta che sperimenta queste emozioni. A B C Il prof mi boccia all’esame di Non mi merito di essere bocciata, Rabbia (10) diritto privato poteva farmi un’altra domanda Esco dall’aula senza neanche salutare il prof. A par B par C par Se avessi studiato di più non mi Senso di colpa (9) avrebbe bocciato, è tutta colpa mia, sono una persona cattiva A1 B1 C1 Rabbia (10) Provare rabbia verso Senso di colpa (10) un’istituzione è moralmente sbagliato A2 B2 C2 Senso di colpa (10) Questa emozione è intollerabile! Rabbia (10) STESURA DELL’ELABORATO Ricapitolando le emozioni da inserire nell’elaborato sono: - Gioia - Tristezza - Ansia - Paura - Invidia - Gelosia - Disgusto - Senso di colpa - Vergogna Per accedere alla prova finale del corso sarà necessario inviare un elaborato al docente che rientrerà nella valutazione finale. L’elaborato dovrà poi porsi come obiettivo la stesura di minimo 10 ABC con la tecnica degli ABC, ABC in parallelo, ABC primario e secondario. Nell’elaborato dovrà essere presente almeno un ABC standard, uno in parallelo e uno primario e secondario. 20 Gli ABC dovranno pervenire in un file Word, Excel o Power Point almeno 15 giorni prima di sostenere l’esame. Per fare gli ABC potranno essere utilizzati eventi di vita reale o di fantasia l’importante è focalizzarsi sulla tecnica e sul rapporto tra evento, pensiero e emozioni. Il nome del file dovrà contenere il nome, il cognome dello studente e nella prima pagina di presentazione dovrà essere indicata anche la matricola insieme a una mail di riferimento. Il file dovrà essere inviato alla mail istituzionale del docente: [email protected] Una volta ricevuto l’elaborato il docente comunicherà entro 5/7 giorni tramite mail allo studente l’avvenuta ricezione. REGOLAZIONE VS DISREGOLAZIONE Una persona che ha una regolazione emotiva è in grado di: - Inibire gli impulsi e i comportamenti inadeguati causati da emozioni positive/negative; - Organizzare le proprie azioni in modo ordinato in vista di un obiettivo (anche indipendentemente dall’umore, riconosco le mie emozioni e le controllo); - Calmare autonomamente le emozioni e l’attivazione fisiologica (emozioni forti); - Mantenere focalizzata la propria attenzione (emozioni forti) La disregolazione invece è l’incapacità, malgrado gli sforzi, di regolare o ricondurre entro la normali stimoli, le esperienze, le azioni, le risposte verbali e/o non verbali. Avere una disregolazione significa avere: - Una soglia di base connotata da alta emotività negativa (es. provo molta ansia, vergogna, tristezza); - Una sensibilità agli stimoli emotivi ( più sono sensibile ad un’emozione, più si attiverà in maniera intensa); - Reazioni particolarmente intense agli stimoli emotivi; - Un lento ritorno allo stato emotivo di partenza 21 SCHEMA SUL FUNZIONAMENTO DELLE EMOZIONI DIALECTICAL BEHAVIOR THERAPY (DBT) E’ stata elaborata e teorizzata da Marsha Linehan. E’ un protocollo ben strutturato e organizzato che si utilizza sopratutto per i pazienti con un quadro Borderline di personalità. La DBT integra i principi della mindfulness, principi di behaviorismo e di terapia cognitivo-comportamentale. Essa rappresenta il trattamento d’elezione evidence-based (basato su prove scientifiche di efficacia) per il Disturbo Borderline di Personalità. Nella disregolazione emotiva possiamo avere delle vulnerabilità genetiche (come influenze genetiche, anomalie dei sistemi cerebrali o disfunzionalità del sistema libico- frontale). Tutto questo può portare il bambino ad avere un’affettività negata, impulsività o alta sensibilità emotiva. Tutto ciò può esserci anche a livello di transazione ad alto rischio, quindi il caregiver (per esempio il genitore o chi ne fa le veci) può essere invalidato, guidare inadeguatamente l’apprendimento delle emozioni, dare un rinforzo negativo di espressioni emotive avvertire e un parenti inefficace dovuto a carenza di sintonizzazione e/ o risorse familiari insufficienti (es. tempo, denaro, supporto sociale). Tutto questo ricade sulla vulnerabilità biologica. Questi due fattori sono molto importanti per lo sviluppo di una vulnerabilità emotiva e quindi di una disregolazione emotiva. Questi deficit nel controllo degli impulsi su base biologica si associano con rinforzi comportamentali di labilità emotiva (i due fattori precedentemente citati), portando ad un aumento del rischio psicopatologico e ad un incremento della disregolaizone emotiva che porta ad un’alta sensibilità emotiva, ad una risposta intensa agli stimoli emotivi e ad un lento ritorno alla soglia di base. Da qui avremo un blocco del comportamento, un congelamento dell’azione, un’incapacità di controllare i comportamenti dipendenti dall’umore, una difficoltà nel raggiungere obiettivi non dipendenti dall’umore e una distorsione nel processamento dell’informazione. Da tutto ciò avremo un processo ripetuto ad oltranza che ci porta un aumento del rischio a livello sociale (isolamento sociale, relazioni problematiche con i pari e genitori), cognitivi (scarsa autoefficacia, autoattacco, senso di disperazione, disorganizzazione, dissociazione), emotivi (vulnerabilità emotiva generalizzata, tristezza, vergogna, rabbia), e comportamentali (ritiro, evitamento, comportamenti impulsivi). La ripetizione di comportamenti disadattavi svolge una funzione di evitamento/ regolazione, diventando una fonte di rinforzo, fino ad avere una disregolazione emotiva pervasiva. Tutto questo ci può portare anche a scenari di outcome imprevedibili e variabili. Ricapitolando il deficit di regolazione emotiva può partire sia da una componente biologica sia da una componente più “sociale” cioè il caregiver, da come si viene cresciuti e dagli input che abbiamo. Se un individuo ha entrambe queste vulnerabilità, esse rischiano di rinforzarsi l’un altra e quindi ci portano ad una disregolazione emotiva. Quest’ultima, tramite comportamenti (congelamento dell’azione, incapacità di controllare i comportamenti dipendenti dall’umore, difficoltà nel raggiungere obiettivi non dipendenti dall’umore, distorsione nel processamento dell’informazione) si rinforza negativamente, fino a diventare pervasiva nel peggiore dei casi. ABILITA’ DI REGOLAZIONE EMOTIVA 22 1. Comprendere e denominare le emozioni: Il semplice atto di da un nome alle proprie emozioni può aiutare a regolarle (identificare). Può essere molto difficile cambiare le emozioni quando non si capisce da dove vengono o perché ci sono (comprendere). Ci sono dei motivi per cui proviamo emozioni, ne abbiamo bisogno. Tra i fattori che rendono difficile regolare le emozioni abbiamo una mancanza di abilità, conseguenze rinforzanti, umore basso, rimuginazioni/preoccupazioni, miti sulle emozioni e anche fenomeni biologici che possono interferire quando si cerca di cambiarle. Le emozioni sono risposte complesse, cambiare una parte qualsiasi del sistema può cambiare l’intera risposta. Tra i modi per descrivere le emozioni imparare a osservarle, descriverle e denominarle può aiutare a regolarle. Molti di noi hanno un modo diverso di vivere le emozioni, diversi miti o credenze. 2. Tecniche per cambiare le risposte emotive: - CONTROLLARE I FATTI Controlla se le tue reazioni emotive corrispondo ai fatti della situazione (se l’emozione che provo ha ragione di esistere, ci si basa sugli eventi, esempio provo rabbia, ma la rabbia che sto provando è coerente con l’evento in sé?). Molte emozioni e azioni sono generate dai nostri pensieri e dalle nostre interpretazioni degli eventi, non dagli eventi in sé. Evento —— Pensieri ——— Emozioni Le nostre emozioni esercitano una forte influenza si pensieri che facciamo a proposito. Esaminare i nostri pensieri e controllare i fatti può aiutarci a modificare le nostre emozioni. Evento ——- Emozione ——- Pensieri - AZIONE OPPOSTA Quando le emozioni non corrispondono ai fatti o assecondare le emozioni non è cosa efficace, agire all’opposto cambierà le tue reazioni emotive. (Esempio, voglio tirare un pugno a qualcuno, ma mi rendo conto che è sbagliato, allora cosa posso fare?). Se non riusciamo a regolarci e ci rendiamo conto che i fatti non corrispondono possiamo applicare questa tecnica. 23 EMOZIONE SPINTA ALL’AZIONE AZIONE OPPOSTA Paura fuggire/evitare avvicinarsi/non evitare Rabbia attaccare evitare con grazia / essere un po’ gentile Tristezza ritirarsi/isolarsi attivarsi Esempio: sono arrabbiato con un professore perché mi ha messo un brutto voto che penso di non meritarmi. Vorrei tirargli addosso una sedia. Vado a controllare i fatti, la rabbia è commisurata a quello che voglio fare? No, non è commisurata, posso agire oppure no? Meglio non agire, io si ritengo ingiusto che mi abbia messo un brutto voto ma non è commisurata al fatto che io gli voglia tirare addosso una sedia, quindi, cosa posso fare? Provo a fare l’azione opposta, quindi invece di attaccarlo, provo ad evitarlo con grazia o ad essere gentile con lui. - PROBLEM SOLVING Quando i fatti in sé non sono il problema, risolvere il problema ridurrà la frequenza delle emozioni. Il problem solving può essere definito come un processo cognitivo che coinvolge: a) la formazione di una rappresentazione iniziale del problema (ossia una presentazione esterna del problema viene codificata in una rappresentazione interna); b) La potenziale pianificazione di sequenze di azioni (es. strategie, procedure) per risolvere il problema; c) L’esecuzione del piano e la verifica dei risultati FUSIONE E DEFUSIONE COGNITIVA L’Acceptance Commitment Therapy (ACT) di Steven Hayes introduce il concetto di fusione e defusione. La fusione consiste nell’essere “incollati” alle proprie esperienze interiori, quali pensieri ed emozioni. Praticare la defusione significa invece non lasciarsi agganciare da questi eventi interni, ma apprendere a notare i pensieri distinguendoli dalla realtà. La defusione è quindi la risposta alla fusione cognitiva. Nella fusione penso di essere un fallito e agisco e mi identifico come tale, non riesco a capire che è solo un pensiero e mi fondo con esso, nella defusione osservo il fatto che la mia mente mi dice che sono un fallito, capiamo che questo non è un prodotto ma è solo un mio pensiero, non è la realtà. 24 TECNICHE DI DEFUSIONE DALLE IMMAGINI SPIACEVOLI (ACT) Quindi abbiamo in mente una cosa visiva - lo schermo televisivo (proietto su questo schermo il mio pensiero e immagino di cambiare canale, sono io che posso cambiare canale, quello è solo un pensiero, oppure posso trovare la giusta distanza per osservare meglio questo pensiero, né troppo vicina né troppo lontana); - I sottotitoli ( metto dei sottotitoli a quello che sto pensando, a queste immagini che siano in contrasto con l’immagine stessa, andando quasi a ridicolizzarla); - La colonna sonora ( provo a mettere una colonna sonora a quest’immagine a cui penso, che sia in contrasto con essa, per esempio su uno scenario triste metto una colonna sonora allegra, di un cartone, una serie ecc.) - Cambiare posto Sto avendo l’immagine di… TECNICHE DI DEFUSIONE DEI PENSIERI (ACT) - sto avendo il pensiero di/che… (affermare che in quel momento si sta avendo quel tipo di pensiero) - Pensieri musicali (rendo musicale un pensiero, riprendiamo la melodia di una colonna sonora, e ci cantiamo sopra il nostro pensiero) - Dai un nome alle tue storie (mi arriva un pensiero, lo identifico e gli do un nome, es. sta arrivando nuovamente la storia di “accadrà qualcosa di brutto”, giocando sempre sull’umorismo) - Ringrazia la tua mente (grazie mente per farmi pensare che.. questo ci aiuta a ricordarci che quel pensiero viene dalla nostra mente e non è la realtà) - Tecnica delle voci ridicole (prendo il pensiero e lo dico con una voce ridicola, di un cartone animato ecc.) 25

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