Secondo Mito Escatologico - Fedone PDF
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Questo documento contiene un estratto del *Secondo Mito Escatologico* dal dialogo *Fedone* di Platone. Il testo discute il percorso delle anime dopo la morte e la natura dell'aldilà. Si parla di luoghi ed elementi tipici del mito dell'oltretomba, come i fiumi dell'Ade e il Tartaro.
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## SECONDO MITO ESCATOLOGICO ### Le anime dopo la morte - “Ma, amici miei - disse -, su questo conviene riflettere: se l'anima è immortale, bisogna aver cura di essa, non solo per questo tempo della nostra vita, ma anche per la totalità del tempo, e considerare che il pericolo, ora, sembrerebbe te...
## SECONDO MITO ESCATOLOGICO ### Le anime dopo la morte - “Ma, amici miei - disse -, su questo conviene riflettere: se l'anima è immortale, bisogna aver cura di essa, non solo per questo tempo della nostra vita, ma anche per la totalità del tempo, e considerare che il pericolo, ora, sembrerebbe terribile, se non si ha cura di essa.” - “Infatti, se la morte fosse totale liberazione da tutto, sarebbe un bel guadagno davvero per i malvagi liberarsi, quando muoiono, dal corpo, e, nello stesso tempo, liberarsi, insieme con l'anima, anche delle loro malvagità! Ma ora, dal momento che ci è risultato che l'anima è immortale, non le rimane nessun altro modo per sottrarsi ai mali e salvarsi, se non diventare buona e saggia quanto più è possibile. Infatti l'anima se ne va all'Ade, non portando niente'altro con sé se non la sua formazione spirituale e il modo in cui ha vissuto, le quali cose, come si racconta, sono per i morti di grandissima utilità o di grandissimo danno, fin dal momento in cui incominciano il viaggio nell'altro mondo. - “E si racconta questo: subito dopo che uno è morto, il suo dèmone, quello cui fu affidato in custodia dalla sorte durante la vita, si accinge a condurlo verso un certo luogo, da dove le anime, dopo essersi raccolte e aver subito il giudizio, partono per il loro viaggio nell'Ade, con quella guida alla quale fu affidato il compito di accompagnare colà quelli che vengono di qua. Poi, dopo che hanno ricevuto tutto ciò che esse debbono ricevere, e dopo essere rimaste tutto il tempo in cui debbono rimanere, un'altra guida le accompagna nuovamente di qua, dopo molti e lunghi cicli di tempo. E la via non è davvero come afferma il Telefo di Eschilo: egli dice, infatti, che una semplice via all'Ade conduce. - “Ma a me non pare né che sia semplice né che sia una sola. Se no, non ci sarebbe bisogno di guide, perché nessuno mai sbaglierebbe la via, se essa fosse davvero una sola!” - “Invece, sembra che la via sia disseminata di bivî e di trivî; e to lo affermo arguendolo dai nostri riti sacri e dai nostri sacrifici.” - “Dunque, l'anima temperata e saggia segue la propria guida, e non è all'oscuro dei luoghi che la circondano, invece, quella che è avida del corpo, come già vi dicevo prima, è tratta per lungo tempo verso il corpo e verso il mondo visibile, e, dopo molti contrasti e molte sofferenze, trascinata a viva forza e con gran fatica dal demone che le fu assegnato, va via.” - “E, una volta giunta dove sono anche le altre, l'anima che si sia macchiata di impurità o di qualche colpa del genere, o che si sia contaminata di ingiuste uccisioni o di altre azioni malvagie che sono a queste sorelle e fatte da anime sorelle, resta sola, abbandonata e fuggita da tutti, e nessuno vuole esserle compagno né guida. E così va vagando, travagliata, in uno stato di totale incertezza, fino a che non siano passati quei tempi, compiuti i quali dalla necessità viene portata nella dimora che a essa conviene. Quell'anima, invece, che ha vissuto la vita nella purezza e nella misura, avendo ottenuto come compagni e come guide gli dèi, se ne va nel luogo che a lei si addice. ### La terra e le parti di essa che noi abitiamo - "Nella terra, poi, ci sono molti e meravigliosi luoghi; ed essa non sembra essere, né per natura né per grandezza, quale è immaginata da coloro che sono soliti parlarne, come io fui persuaso da un tale.” - "Che intendi dire - domandò Simmia -, Socrate? Anch'io ho udito molte cose intorno alla terra, ma non queste che hanno persuaso te; perciò io le udrei molto volentieri.” - “Certamente, Simmia; e non mi pare che ci sia bisogno dell'arte di Glauco, per esporre queste cose di cui mi son persuaso; invece, il dimostrare che sono anche vere, questo richiede un'arte più difficile dell'arte di Glauco. D'altra parte, io non ne sarei, forse, neppure capace; e, se anche lo sapessi fare, credo che la vita che ancora mi resta non bastasse, Simmia, alla lunghezza del racconto di tutte queste cose. Tuttavia, nulla vieta che io ti esponga come immagino che sia la configurazione della terra e i luoghi di essa.” - “Ma questo - disse Simmia - basta.” - “Io, dunque, mi sono persuaso, in primo luogo, se la terra sta nel mezzo del cielo ed è rotonda, non le occorre né l'aria per non cadere, né altra necessità del genere, ma che a trattenerla è sufficiente l'uguaglianza del cielo con se medesimo in ogni sua parte e il perfetto equilibrio della terra medesima. Infatti, un oggetto equilibrato, librato nel mezzo di qualcosa uguale a esso, non potrà inclinare da nessun lato né di più né di meno, ma, essendo uniforme, resterà fermo senza inclinarsi. Questa, dunque, è la prima cosa egli disse - della quale mi sono persuaso.” - “E hai certamente ragione”, disse Simmia. - “Inoltre - egli soggiunse – essa è qualcosa di straordinariamente grande, e noi abitiamo in una piccola parte che va dal fiume Fasi alle Colonne di Eracle, stando intorno alle rive del mare come rane o formiche intorno a uno stagno. E ci sono molti altri uomini che abitano altrove, in molte altre regioni simili a questa. Infatti, intorno alla terra ci sono numerose cavità di ogni forma e di ogni grandezza, entro le quali si sono riversate insieme l'acqua, l'aria e la nebbia. Ma la terra, in se stessa, è pura e si trova nel cielo puro, dove si trovano anche gli astri; e questo cielo, la maggior parte di coloro che sogliono trattare di queste cose chiamano etere. E l'aria, la nebbia e l'acqua sono sedimenti dell'etere e sempre si riversano insieme nelle cavità della terra. - “Pur abitando nelle cavità della terra, noi non ce ne accorgiamo e siamo convinti di abitare sulla superficie della terra, come se uno, abitando nel mezzo della profondità del mare, credesse di abitare sopra la superficie del mare, e, vedendo attraverso l'acqua il sole e gli altri astri, credesse che il mare fosse cielo e, per sua infingardaggine e debolezza, non essendo mai arrivato all'estremo lembo del mare, non avesse mai visto, trattosi fuori dall'acqua e levato il capo verso questa regione, quanto questa sia più pura e più bella di quella dove egli abita, né avesse mai sentito dire questo da qualcuno che l'avesse già vista, - “Ora, proprio questo è ciò che succede anche a noi: abitando giù in una delle cavità della terra, crediamo di abitare sopra la terra, e chiamiamo l'aria cielo, come se proprio questo fosse il cielo attraverso il quale si muovano gli astri. E la nostra situazione è la stessa: per debolezza e infingardaggine noi non siamo capaci di attraversare l'aria e giungere fino alla estrema superficie di essa. Infatti, se qualcuno giungesse agli estremi confini dell'aria, o se, con le ali, riuscisse volare fino lassù, levando il viso fuori dell'aria, vedrebbe le cose di là, così come i pesci, levando il capo fuori dell'acqua, vedono le cose di qua; e se la sua natura fosse capace di sostenere una tale visione, conoscerebbe che il vero cielo, la vera luce e la vera terra sono quelli. Infatti, questa nostra terra e le pietre e ogni luogo di quaggiù, sono rovinate e corrose, così come lo sono le cose del mare per effetto della salsedine, e nel mare non cresce niente di buono e, in generale, in esso nulla è perfetto, ma vi sono rocce e arene e immense distese di melme e pantani in tutti quei luoghi in cui vi sia anche terra: cose che, per nessuna ragione, sono degne di venir comparate con le bellezze che ci sono quassù. E le bellezze di lassù, a loro volta, apparirebbero assai più belle di quelle di quaggiù. Se dunque è bello narrare un mito, Simmia, vale la pena ascoltare come siano le cose che si trovano alla superficie della terra, immediatamente al di sotto del cielo.” - E Simmia disse: “E noi ascolteremo questo mito molto volentieri, Socrate.” ### Le parti superiori della terra - “Si racconta dunque, cari amici – disse -, in primo luogo, che, se la terra si guardasse dall'alto, avrebbe lo stesso aspetto delle palle di cuoio fatte di dodici spicchi, variopinta e distinta in colori svariati, rispetto ai quali i colori usati quaggiù dai nostri pittori non sono che immagini. E la terra, lassù, è tutta di tali colori, molto più splendenti e più puri dei colori di quaggiù. Infatti, una parte di essa è purpurea e per bellezza mirabile, un'altra è del colore dell'oro, e quella parte che è bianca è più bianca del gesso e composta, i quali sono svariati e più belli di quanti noi non abbiamo mai visti. E le stesse cavità della terra in cui noi abitiamo, essendo piene di acqua e di aria, presentano una particolare qualità di colore, che risplende nella varietà degli altri colori, così che l'aspetto della terra presenta una gamma di colori continui e cangianti. - “E, in una terra che ha queste caratteristiche, crescono in modo corrispondente tutte quante le cose che crescono: alberi, fiori e frutti. E allo stesso modo anche le piante e le pietre, in maniera del tutto corrispondente, sono lisce, trasparenti e di colori più belli. E le nostre pietre preziose non sono che frammenti di esse, corniole, diaspri, smeraldi e tutte le altre cose come queste. Ma lassù non c'è niente che non sia come queste, e anche più bello di queste. E la causa di ciò sta nel fatto che quelle pietre sono pure, non corrose come quelle di qua, né rovinate dalla putredine e dalla salsedine, per effetto dei sedimenti che si riversano insieme quaggiù, le quali producono bruttezza e malattie nelle pietre, nella terra, negli animali e nelle piante. - “É la vera terra è ornata di tutte queste cose e anche d'oro e d'argento e di altri metalli preziosi, i quali sono tutti visibili e ve ne sono dovunque, in grande abbondanza, così che il vederla è una visione veramente degna dei beati. - “E ci sono molti animali e di molte specie e anche uomini. Alcuni di essi abitano all'interno della terra, altri sulle sponde dell'aria, come noi sulle sponde del mare, e altri in isole che sono accanto alla terraferma, intorno alle quali scorre l'aria. In una parola, quello che per noi e per i nostri bisogni sono l'acqua e il mare, lassù, invece, è l'aria; e quello che per noi è l'aria, per loro è l'etere. - “Le loro stagioni sono, poi, così temperate, che essi non hanno malattie e vivono molto più a lungo che non qui da noi. - “E per vista, udito, intelligenza e per tutte le altre facoltà superano noi nella stessa misura in cui per la purezza l'aria supera l'acqua, e l'etere l'aria. E vi sono anche boschi e templi sacri agli dèi, nei quali abitano veramente gli dèi. E ci sono oracoli e divinazioni e visioni e altri modi di comunicazione diretta fra loro. ### L'interno della terra - “Questa, dunque, è la natura della terra nel suo insieme, e questa la natura delle cose che stanno attorno alla terra. E dentro a essa, lungo le cavità che la circondano tutta, vi sono molti luoghi, i quali, rispetto a quello che abitiamo noi, sono, alcuni, più profondi e aperti, altri, invece, più profondi e più stretti e altri, poi, sono meno profondi e più estesi. - “E questi luoghi sono collegati fra loro da sotterranee aperture in più punti, alcune più piccole e altre più grandi; e ci sono passaggi da dove scorre molta acqua dagli uni agli altri, come da una conca a un'altra. E ci sono fiumi perenni di smisurata grandezza, di acque calde e di acque fredde, e molto fuoco e giganteschi fiumi di fuoco, e molti fiumi di liquido limo, sia più chiaro sia più melmoso, simili ai fiumi di limo che ci sono in Sicilia, che scorrono davanti alla lava, e c'è anche la medesima lava. E da questi fiumi ciascuno di quei luoghi viene riempito, secondo che, di volta in volta, in ciascuno di essi si formi la corrente. E tutte queste correnti di acqua le spinge in su e in giù una sorta di oscillazione che c'è nel seno della terra, oscillazione dovuta a una causa di particolare natura. - “Fra le voragini della terra ce n'è una, che è la più grande di tutte, e che passa attraverso tutta la terra: è quella che Omero descrive dicendo molto lontano, dove, sotto la terra / s'apre un profondissimo baratro - “E questa, in altri luoghi, egli e molti altri poeti chiamano Tartaro. Infatti, tutti i fiumi si inabissano dentro questa voragine e poi di nuovo da essa rifluiscono, e ciascuno di essi diventa poi della stessa natura della regione attraverso la quale scorre. - “La causa per cui queste fiumane laggiù si inabissano e poi di nuovo si riversano fuori, è che tutta questa massa di acque non ha un fondo né un sostegno, e oscilla e fluttua in su e in giù. E l'aria e il vento che sono intorno alla massa d'acqua fanno lo stesso. Infatti, essi seguono il movimento - “Ci sono, dentro a questa cavità e intorno a essa, in tutto quel tempo che è fissato dal destino, alcune più a lungo e altre meno a lungo, sono rimandate di nuovo su nel mondo, a rinascere di nuovo in forme di esseri viventi. - “Il terzo fiume scaturisce a mezza distanza fra questi due e, poco avanti, si getta in un luogo spazioso, bruciato da molto fuoco, e forma una palude più grande del nostro mare, che ribolle d'acqua e di fango, e di qui scorre, girando torbido e melmoso intorno alla terra, e, passando per altri luoghi della terra, giunge fino alle estreme propaggini della palude Acherusiade, senza, però, mescolare le sue acque con quella; e, dopo essersi avvoltolato più volte sotto terra, si getta nel Tartaro a un livello più basso. Questo è il fiume che chiamano Piriflegetonte, e rivoli di esso sono le lave che eruttano fuori, dovunque possano trovare uno sbocco sulla superficie della terra. - “Di fronte a questo balza fuori il quarto, dapprima in un luogo terribile e selvaggio, di colore simile a pietra cerulea, come si dice. Questo è il luogo che chiamano Stigio; e Stigia chiamano anche la palude che il fiume forma, sboccando colà. Questo fiume, dopo essersi sprofondato in questo luogo e dopo aver acquistato nell'acqua orribili forze, addentrandosi giù, dentro alla terra, e avvolgendosi attorno, corre in senso contrario al Piriflegetonte, e con questo si incontra nella palude Acherusiade, dalla parte opposta, senza mescolare, neppure esso, le sue acque con le acque della palude, e, dopo aver girato in cerchio intorno al Piriflegetonte, si riversa nel Tartaro dal lato contrario. Il nome di questo fiume, come dicono i poeti, è Cocito. ### I luoghi che le anime occupano dopo la morte e la sorte di ciascuna di esse - “Così è fatto, dunque, l'aldilà. E dopo che i morti pervengono là, dove ciascuno è condotto dal suo demone, vengono giudicati, in primo luogo, quelli che sono vissuti bene e santamente e quelli che no. - “E coloro che risultano essere vissuti né bene né male, arrivati alle rive dell'Acheronte, salgono su barche che sono lì pronte per loro e su queste giungono alla palude. Qui giunti, rimangono a purificarsi e a espiare le loro colpe, se mai ne avessero commesse, e ricevono il premio delle loro buone opere, ciascuno secondo il proprio merito. - “Coloro, invece, che risultano essere insanabili per la gravità delle loro colpe, perché hanno compiuto molti e gravi sacrilegi o iniqui delitti contro le leggi o altre azioni nefande del tipo di queste, il giusto destino che a loro conviene li scaglia nel Tartaro, di dove non ritorneranno mai più. - “Invece, coloro che risultano aver commesso colpe sanabili, anche se grandi, come ad esempio coloro che sotto la spinta dell'ira hanno commesso azioni violente contro il padre o contro la madre e poi si sono pentiti di questo per tutta la vita, o che si sono macchiati di omicidio in modo simile a quelli, debbono cadere nel Tartaro, ma, dopo che sono caduti e sono rimasti un anno colà, l'onda li rigetta fuori: gli omicidi lungo il Cocito, e i violenti contro il padre o contro la madre lungo il Piriflegetonte. Dopo che sono trascinati dalla corrente fino alla palude Acherusiade, quivi mandano grida e chiamano, gli uni, quelli che essi hanno ucciso, gli altri, quelli contro i quali hanno fatto violenza, e, invocandoli, li supplicano e li pregano di permettere loro di uscire fuori dalla palude e di accoglierli. Se riescono a convincerli, escono fuori dai fiumi, e pongono fine ai loro mali; se no, di nuovo sono trascinati nel Tartaro, e di là di nuovo nei fiumi; e non cessano di subire tali patimenti, prima di aver persuaso coloro cui fecero male: infatti questa è la pena imposta loro dai giudici. - “Infine, coloro che risultano aver vissuto una vita in grande santità, subito liberati da questi luoghi sotterranei, e liberati da essi come da carceri, salgono in alto, in una pura dimora, e là abitano sulla vera terra. - “E tra questi, coloro che si sono purificati quanto occorre con l'esercizio della filosofia, vivono completamente sciolti da ogni legame col corpo per tutto il tempo futuro e vanno in abitazioni ancora più belle di queste, che non è facile descrivere, e non sarebbe sufficiente il tempo che ancora ci resta. - “Per tutte queste ragioni, Simmia, che abbiamo spiegato, bisogna fare ogni cosa per partecipare della virtù e della saggezza nella vita, perché bello è il premio e grande la speranza.