Riassunto Completo Costituzionale 2 - PDF

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Università degli Studi di Torino

Alice Marmotti

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Italian Constitution Constitutional Law Political Theory History of Italy

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This document provides a summary of Italian Constitutional Law, analyzing the concept of dominion and the role of political forces in shaping the Constitution. It examines the relationship between formal and material constitutions and the historical context of Italy's foundational documents.

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movimento del lavoro. Le costituzioni europee erano state infatti attuate sotto il terrore della guerra nucleare e stipulate per dimostrare che il modo migliore per tutelare il lavoro era lo Stato costituzionale. Il fatto che questa realtà sia oggi completamente assente è in realt...

movimento del lavoro. Le costituzioni europee erano state infatti attuate sotto il terrore della guerra nucleare e stipulate per dimostrare che il modo migliore per tutelare il lavoro era lo Stato costituzionale. Il fatto che questa realtà sia oggi completamente assente è in realtà opinabile: basti pensare che le diverse modalità di contrasto della Grande depressione del 1929 (nel mondo anglosassone con Roosevelt ed europeo con politiche di riarmo e statualismo nazifascista), mettendo in luce due diversi modi di concepire Stato ed economia, provocarono la Guerra del 1939 nella quale cercarono l’uscita dalle loro crisi interne. Lo stesso pensiero economico – politico che portò la grande crisi coincide con quello che ha provocato la crisi del 2007 – 2008 e le stesse conseguenze potrebbero riverificarsi (la corsa agli armamenti non è affatto finita). Ma che cosa abbiamo in più degli uomini che tentarono di opporsi alla crisi negli anni ‘30 e di portare nuove basi negli anni ’40? Abbiamo l’esperienza che è stata possibile grazie a costoro e che ci ha permesso di intravedere delle nuove soluzioni; abbiamo un quadro di riferimento rinvenibile nelle linee portanti della Costituzione e una cultura a cui conformarci. CAPITOLO 1 DAL GRUPPO POLITICO ALLA COSTITUZIONE IN SENSO MATERIALE [PT. 1] Per parlare del diritto costituzionale bisogna prima di tutto analizzare il concetto di DOMINIO. Il dominio è alla base di ogni società umana dove gli esseri non sono tutti veramente liberi e uguali: esistono oppressori e oppressi; anche se la democrazia tenta di attenuare ciò non può cancellarlo. DOMINIO = qualsiasi forma di potere, di qualsiasi soggetto nei confronti di qualsiasi altro, attraverso qualsiasi mezzo e per qualsiasi scopo. Possiamo notare come ogni materia di diritto fa riferimento a un campo di attività umane (es. il diritto commerciale si occupa del commercio, il diritto di famiglia dei rapporti affettivi e sessuali): il diritto dà forma a un pezzo di realtà (spontaneamente sorta). Col tempo, tuttavia, si è un po' persa la differenza tra nucleo originario e forma impressa dal diritto à oggi il mercato non sembra essere più spontaneo bensì il risultato artificiale della regolamentazione; non dobbiamo però dimenticarci che è il diritto commerciale a esistere grazie al mercato e non il contrario. Lo stesso è capitato per il diritto costituzionale che spesso è stato definito come l’insieme di norme inserite in un documento che chiamiamo Costituzione, ma tale definizione è superficiale e non mette in luce il reale campo di attività umane a cui tale diritto fa riferimento: esso pretende di dare forma a quel fenomeno sociale che è il dominio. Tramite regolazione e limitazione del dominio sorgono concetti di libertà, uguaglianza, distribuzione delle ricchezze (etc.) che concorrono a trasformarlo in un potere legittimo. Ma come può la Costituzione in pochi articoli regolare questo vasto fenomeno? Se infatti con FORZE DOMINANTI indichiamo un insieme di soggetti che esercitano un dominio con qualsiasi mezzo e scopo, il riferimento è particolarmente ampio poiché ci si può riferire anche al dominio illecito (mafia), familiare, religioso etc. Bisogna qua distinguere tra forze genericamente dominanti e politicamente dominanti: la Costituzione soddisfa la sua pretesa di regolare ogni forma di dominio partendo dal disciplinare il dominio politico à attraverso la regolazione della classe politica va poi a ingabbiare ogni altra bestia. Il dominio politico si differenzia dal generico poiché esso è esercitato all’interno di un gruppo politico (dipende quindi dal contesto; attualmente lo Stato). 2 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino DEFINIZIONE DI COMUNITÀ POLITICA DI MAX WEBER La comunità politica persegue contenuti differenti (oltre a quelli di natura economica) e ha come scopo regolare le relazioni tra soggetti interni ed esterni alla comunità. Essa mira così, mediante la coercizione fisica, al mantenimento di un dominio ordinato su territorio e soggetti. Quando il suo operato da occasionale, diventa stabile si trasforma in un’associazioni istituzionale a carattere continuativo in grado di far precedere all’uso della forza la predisposizione delle regole (rende subito conoscibili le regole così ognuno può prevedere le conseguenze delle sue azioni). Grazie a ciò il suo agire non è più visto come mero esercizio della forza, bensì come legittimo e giuridico poiché subentra laddove il sistema di regole preposto lo prevede. Da tale concezione origina il concetto di ordinamento giuridico, mentre l’idea di Stato necessita in aggiunta dell’esistenza di un legame che spinge l’individuo a morire per gli interessi della comunità e che si riassume nel concetto di nazione (prendere parte responsabilmente ai doveri della comunità). DUNQUE: è grazie a tali forze politiche (e alle loro volontà) che si dà voce e vita alle parole impresse nella Costituzione, rendendola capace di non essere più solo un pezzo di carta. È naturale chiedersi chi siano queste forze politiche che compongono la classe politica. Subentra qua la TEORIA DELLA COSTITUZIONE IN SENSO MATERIALE (di Lassalle e Mortati): la costituzione in senso formale (documento) sarebbe l’esplicitazione di una serie di principi diversi e conflittuali già prima radicati in parti diverse del popolo che, tramite il compromesso costituente, divengono effettivi nella società intera. La CLASSE POLITICA è quindi composta da forze politiche diverse portatrici di tali principi e che, tramite una sorta di armistizio/compromesso, danno vita alla Costituzione à ponendo una serie di regole/obblighi per i loro comportamenti futuri (si entra così nel campo delle regole, del diritto, del dover essere), inscrivendo così l’ordine da loro prescelto. E solo con una Costituzione in senso materiale (forze politiche che attivamente fanno vivere e sorreggono i principi formali) che la Costituzione in senso formale sussiste (essa dovrà quindi rispecchiare gli interessi della classe dominante). FERDINAND LASSALLE COSTANTINO MORTATI - COSTITUZIONE REALE = che è la legge a fondamento di un Era membro dell’Assemblea costituente, introduce: Paese, sulla quale si basano le altre leggi e che consiste nella trascrizione dei reali rapporti effettivi tra le forze sociali di - COSTITUZIONE IN SENSO MATERIALE = (“Costituzione reale”) dominio operanti in una data società (incarnazioni della à corrisponde all’assetto che ordina la società, deciso da forze volontà del popolo in un dato momento storico). Quindi non politicamente dominanti che impongono la loro visione. Prima guida, ma descrive soltanto un assetto che si è formato essa corrispondeva al Partito fascista; poi con l’Assemblea autonomamente. costituente vi sono più visioni del mondo ed è l’equilibrio che si forma che si definisce costituzione materiale (che resta lì ® visione pessimistica, perché si pensa che l’attività finché tutte le forze hanno interesse a mantenerlo). politica non possa essere regolata e che il diritto costituzionale non sia né il diritto sul dominio né - COSTITUZIONE FORMALE = raccolta di più documenti scritti autonomo. con le norme supreme nella gerarchia delle fonti ed esplicative dell’ordine stabilito dalle forze politiche dominanti (che trova - COSTITUZIONE SOLTANTO SCRITTA = se non corrisponde alla appunto fondamento nella costituzione materiale). Di solito le realtà (effettivi rapporti tra forze sociali e i loro interessi), non si attribuisce quindi una funzione strumentale di ha valore à deve essere intonata con la Costituzione reale. rafforzamento delle posizioni di potere dominanti. 3 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino STORIA NEL NOSTRO PAESE Dall’8 settembre del 1943 (armistizio e resa dell’Italia agli alleati) fino al 2 giugno del 1946 (referendum e nascita dell’Assemblea costituzionale) accade che i partiti antifascisti (precedentemente privi di peso politico) fondano il CLN; nonostante i modelli di società diversi si accordano (nell’Assemblea costituente) “sotto il velo dell’ignoranza” (J. Rawls, ossia assumendo un atteggiamento disinteressato verso le convenienze future) perché questo era l’unico modo per raggiungere un’equità. La Costituzione, tuttavia, più che un compromesso è stata un armistizio: non si è rinunciato alla propria ideologia, ma si è deciso di stabilire delle regole (per iscritto). Dunque, il contenuto indefettibile della costituzione armistiziale è la parte dedicata ai principi formali (procedure e forme di governo/Stato), poiché il resto è composto dai principi materiali (diritti e valori) espressi in realtà con enunciati altamente indeterminati (essendo la sintesi di molteplici visioni diverse). D’altronde poi tutte le questioni identitarie vengono tralasciate perché non se ne sarebbe venuto a capo (fini ultimi non negoziabili). IL DIRITTO: REGOLARITÀ, REGOLE, REGOLE GIURIDICHE [PT. 2] Ci sono casi in cui il concetto di legge viene a prendere il significato di regolarità, laddove si osservi un costante ripetersi di un atto/fatto che porta a ritenere che si verificherà sempre; in realtà concettualmente bisogna considerare che ogni regolarità può essere soggetta a falsificazione. Dunque, la proposizione “il fatto X è causa del fatto Y” non introduce un nesso di necessità assoluto bensì un rapporto di causalità fragile poiché soggetto anche a venir meno (es. se prendi questa medicina, guarisci; non c’è certezza). Ogni singolo essere vivente vive in società e segue determinate regolarità comportamentali diverse da specie a specie, così anche l’uomo che segue però anche delle regole che si pone in modo cosciente. Questo arbitrio è ciò che lo diversifica dagli altri esseri: l’uomo ha coscienza e libertà che gli permettono di comprendere e giudicare le azioni à capacità di giudizio che permette all’uomo di formulare regole (es. uccidere non è bene). Le regole che l’uomo pone in seguito a giudizi sono dei doveri/prescrizioni. In generale, le società umane sono disciplinate da diversi ordini di regole derivanti dalla natura, dai costumi, dalla morale, dalla religione etc. il diritto è uno dei sistemi. CHI STABILISCE LE REGOLE GIUSNATURALISMO GIUSPOSITIVISMO Le regole fondamentali del diritto sono iscritte nella Il diritto non è mai un fatto naturale bensì artificiale e natura dell’uomo, che grazie alla sua mente è in grado culturale perché è costruito dall’uomo che lo pone di comprendere il disegno divino o la legge intrinseca del dentro una società. mondo naturale. I due pensieri sono d’accordo su un fatto: affinché possa esistere una società umana e necessaria l’imposizione di un diritto positivo per evitare l’anarchia. In ogni caso, noi ci concentreremo sulla concezione positivista di Hans Kelsen che introduce la TEORIA PURA DEL DIRITTO tentando di liberarlo da ogni elemento esterno per conferirgli un carattere proprio basato sulla validità degli ordinamenti giuridici. 4 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino IL DIRITTO POSITIVO Il diritto positivo consiste nell’insieme delle regole poste dal gruppo politico in quanto utili ai propri fini (ossia al tipo di ordine che si vuole imporre) e da questo fatte rispettare con la forza (ossia con la coercizione fisica). Gli ordinamenti giuridici moderni vietano il ricorso alla violenza privata come conseguenza del monopolio dello Stato e portano a identificare la coercizione fisica come un potere legittimo minacciato dallo Stato affinché tutti i cittadini rispettino le regole giuridiche. Le regole giuridiche si differenziano dalle regole sociali perché prevedono una sanzione. La norma si presenta quindi come un giudizio ipotetico che stabilisce un nesso di imputazione tra un fatto X è una sanzione Y (se si verifica fenomeno x, allora dovrà applicarsi la sanzione Y). Da ciò emerge che i destinatari sono coloro che hanno il compito di applicare le sanzioni. Tuttavia, di recente oltre a sanzioni negative sono emerse sanzioni positive volte a premiare comportamenti virtuosi (concezione funzionale del diritto) à riconsiderare i compiti dello Stato sociale. In realtà anche qui emerge la tipica minaccia su colui che deve premiare se non provvede. PROBLEMA: non tutte le norme si presentano come giudizi ipotetici statuenti la doverosità dell’applicazione di una sanzione, ad esempio le norme costituzionali non prevedono alcuna sanzione. In realtà, esse traggono la propria validità dalla loro effettività per cui: una volta violate non sono più valide e vengono meno (è questa la sanzione) à la classe politica che le fa violare provoca la disgregazione della costituzione e della società intera. Per quanto riguarda i fini, tendenzialmente il diritto ha come ultimo obiettivo sempre quello di organizzare la forza mediante regole preventive che la legittimino. I meccanismi per cui ciò viene raggiunto tuttavia possono variare; dipende tutto dai valori di chi impugna il diritto. ® In tutte le società è possibile rintracciare un nucleo di regole con identici scopi: andare a disciplinare la posizione dei membri della società (dividendo tra gruppo dominante e moltitudine e dominata); organizzare i poteri pubblici; reprimere comportamenti pericolosi per l’ordine tramite divieti giuridici; attribuire i beni. Nel suo rapporto con la società c’è chi pensa che il diritto sia la traduzione e la garanzia di un ordine sociale già precedentemente stabilizzato; c’è invece chi pensa che esso sia la base per la costruzione dell’organizzazione sociale per porre fine alla guerra à con la presenza di una forza dominante che opera per mezzo del diritto. In ogni caso il diritto presuppone una situazione di conflitto tra parti che scelgono di rinunciare alla forza per creare regole e risolvere pacificamente: tramite il conflitto si passa dalla tradizione (si è sempre fatto così) al diritto consapevolmente statuito (à costituzione come armistizio). LA RAPPRESENTANZA POLITICA NELLO STATO COSTITUZIONALE [PT. 3] La rappresentanza politica sta alla base di tutte l’edificio statale, ma non è sinonimo di democrazia. Nel 1947 Umberto Terracini affermò che il primo compito dell’Assemblea rappresentativa italiana doveva essere dare l’esempio, ma fallirono dal momento che ad oggi è in corso una guerra contro lo Stato democratico caratterizzato da una frammentazione partitica forte. La crisi della rappresentanza dipende dal rappresentante che non si dimostra capace di unificare la frammentazione e trasformare la società smarrita in un corpo politico. Rappresentare politicamente una società non vuol dire rispecchiare qualcosa che già c’è, ma crearla e qui possono esserci due situazioni: 1. SITUAZIONE DI CAOS = bisogna rendere possibile una società che non si autodistrugga andando, tramite la rappresentanza politica, a offrire un limite alla forza dei gruppi lotta (capolavoro dei costituenti) 5 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino 2. SITUAZIONE DI SOCIETÀ DISORIENTATA = bisogna rifondare una società con legami d’interesse ed emotivi, non sfatta o formata da individui isolati ed egoisti. Compito della rappresentanza è offrire un limite alla forza individualistica attraverso la creazione di un legame sociale e un’identità collettiva. Questa è la situazione della nostra democrazia, senza popolo e con una folla impolitica: bisogna ricentrare i capisaldi della tradizione sociale e politica. DIFFERENZA NAZIONE – POPOLO La nazione ha due concezioni: quella artificialista (composta da individui che condividono stessi principi) e quella naturalista (da coloro che hanno legami di sangue, terra, lingua, tradizioni). In ogni caso essa implica la presenza di una comunità ideale dotata di identità propria e unita a prescindere dall’attività politica e dalla sovranità. Il popolo invece è tendenzialmente un agglomerato di individui che tramite la sovranità costituiscono un’unità à necessitano di questa attività. La politica rappresentativa può creare una società e fondare legami, percorrendo due strade: 1. Tramite il contratto sociale come esito tra singoli individui, fondando quindi una società posta a rivendicare diritti individuali prescritti nella coscienza diffusa e riconosciuti dei giudici. 2. Tramite una rappresentazione degli interessi parziali, ossia di soggetti dispersi che chiedono rappresentanza. COSA SIGNIFICA RAPPRESENTANZA? RAPPRESENTARE = rendere visibile a colui che si vuole rappresentare una proposta sulla vita e sui problemi. L’oggetto della rappresentanza è quindi una proposta politica che mostri una via d’uscita e funga da guida. La rappresentanza è la condizione del rappresentante, ossia di un essere al posto di un soggetto assente, e consiste in un agire volto a mettere in atto una strategia per superare l’assenza di questo soggetto titolare di un potere a cui tutti dovrebbero obbedire. Possiamo ammettere due idee di potere: - Ascendente = che risiede nell’insieme di tutti, dove la rappresentanza è volta esprimere una volontà imputata a omnes - Discendente = riconosciuto a Dio, dove la rappresentanza vuole esprimere una volontà a Lui imputata Ø La rappresentanza è una strategia contro un’assenza (insuperabile e intollerabile) di un soggetto titolare di un potere (sovrano) al quale tutti devono obbedire. La sua assenza legittima il potere del rappresentante ed è quindi una strategia di legittimazione del potere politico. Le origini risiedono nella teologia, dove il pontefice rappresenta Dio in terra, e ciò ricompare anche in altre forme di potere. In generale, il problema della rappresentanza sorge in ogni ordinamento al cui vertice sia posta un’entità astratta (assente) perché ciò rende necessario elaborare strategie per interpretare e manifestare tale entità e porre fine alla lotta per le interpretazioni (Quale Dio? Quale nazione? Quale Costituzione?). ® Veritas Jesus Christus quis interpretabitus? = Qual è la verità di Gesù Cristo? [Carl Schmitt] Hobbes sviluppa la TEORIA ATEA DELLA RAPPRESENTANZA (dove viene meno il riferimento a Dio) e la natura della rappresentanza inizia a essere individuata in un atto di rinuncia dei diritti naturali (devoluti al 6 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino (2) ARMISTIZIO CONSOLIDATO (1956 – 1965) = ci furono le prime (5) REVISIONISMO COSTITUZIONALE (1982 – 2016) = si passa da attuazioni della Costituzione (es. Corte costituzionale e Consiglio una lotta sulla Costituzione (conflitto tra interpretazioni diverse) della Magistratura), anche se il suo progetto riformatore a una lotta per la Costituzione (tra chi ne difende la validità e chi rimaneva ancora lontano. la reputa ormai superata); inizia così la riforma. (3) DISGELO (1966 – 1978) = la Costituzione inizia essere vista come Questi anni vedono il susseguirsi di Comitati e Commissioni la proposta di un modello di società e, su questa base, sorgono incaricate di esaminare e proporre riforme costituzionali e riforme (licenziamenti, pensioni, diritto di famiglia, sanità, divorzio e legge legislative; tuttavia, le varie proposte furono spesso oggetto di sui referendum). Sorge anche la strategia del compromesso storico lunghi dibattiti parlamentari che si conclusero quasi sempre con volta una collaborazione tra forze per risanare la società, che un nulla di fatto. In particolare, le proposte concernevano tuttavia fallì con il rapimento di Aldo Moro. L’Italia vive un principalmente la parte seconda della Costituzione e, addirittura periodo buio caratterizzato da terrorismo (brigate rosse), colpo con Cossiga (nel 1991), si arrivò a proporre l’elezione di una di Stato (Arma dei carabinieri con De Lorenzo), stragismo (es. nuova Assemblea costituente, ma anche questi progetti Strage di piazza Fontana), diffusione di organizzazioni segrete fallirono. (es. Loggia P2) e delinquenza finanziaria. CAPITOLO 4 LA FORMA DI STATO NELL’ORDINAMENTO COSTITUZIONALE ITALIANO La Costituzione italiana disciplina i procedimenti di produzione degli atti normativi e la forma del sistema politico à la forma dello Stato, ossia i fini politici generali da perseguire per raggiungere un dato modello di società, nei quali si identificano i principi fondamentali alla base di tutte le regole (scelti e selezionati attraverso l’attività costituente delle forze politiche dominanti). Si inserisce qua il concetto di costituzione in senso materiale di Mortati indicante l’ordine scelto da tali forze (conflittuali - CLN) tramite un armistizio (= Costituzione), in cui trova fondamento la costituzione in senso formale. I contenuti dell’armistizio riguardano la produzione di atti normativi (senso strutturale: forma di governo e fonti del diritto) e i fini/principi fondamentali (senso funzionale) sostenuti dalle forze politiche dominanti dell’epoca e il tutto viene sottoscritto nella costituzione formale. L’efficacia del patteggiamento dipende dal comune interesse delle forze a mantenere una pace reciproca ed evitare la guerra civile, per questo l’armistizio presenta: - CONTENUTO NECESSARIO = insieme di disposizioni che individuano i soggetti e le procedure per la produzione di diritto, volti alla risoluzione di ogni futuro conflitto; ciò mette in luce come la Costituzione odori ancora di sangue e sia stata funzionale a un mantenimento dell’ordine, più che fonte di “aspirazioni buone e ideali” come crede l’opinione diffusa. - MINIMO CONTENUTO MATERIALE = disposizioni vaghe e indeterminate recanti i fini politici non tanto comuni, quanto necessari per evitare un’autodistruzione e pacificare i conflitti tra ideologie. Tali principi fondamentali si ritrovano nei primi 12 articoli e nella prima parte (Diritti e doveri dei cittadini). ® Molte questioni sono rimaste aperte e i principi etico-politici più identitari non sono neanche entrati nel compromesso non dando possibilità di patteggiamenti; la nostra è una costituzione pluralista e parziale. PROBLEMA DEI DIRITTI FONDAMENTALI: se inizialmente erano le pretese soggettive riconosciute dal diritto oggettivo, ad oggi tale espressione si usa anche per indicare pretese non previste ma che si ritiene lo debbano essere. La TEORIA DEI DIRITTI FONDAMENTALI oggi presuppone la necessità di una costituzione in senso funzionale (che esprime il modello di società che l’ordinamento mira a realizzare), da ciò deriva che i diritti fondamentali sono quei diritti visti come presupposti per la realizzazione di tale modello. Il problema verte sull’identificazione di questi diritti che, se privati di un appiglio al diritto positivo (cost. scritta), consentirebbero a ciascuno di invocare la propria legge naturale. Per cui si è stabilito che le pretese individuali possono essere qualificate come diritti soggettivi (tutelati ed efficaci) solo su valutazione di un giudice. Qua si ricollega il 16 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino problema dell’ART. 2 che impone che la Repubblica riconosca i diritti inviolabili senza specificare quali essi siano; perciò, secondo interpretazioni si pensa che tale articolo funga da vera fonte sulla produzione di norme costituzionali fornendo copertura anche a “nuovi “diritti non menzionati espressamente, ma definiti tali da giudici attraverso la coscienza sociale del tempo. Potrebbe emergere però il problema della soggettività degli interpreti, risolto inizialmente dalla Corte di Cassazione con una regola sulla coincidenza che deve persistere tra diritto soggettivo e garanzie previste dal diritto oggettivo; poi dalla Corte costituzionale che si è posta protagonista nell’attività di co-produzione del diritto positivo (modello neo-costituzionalista). I PRINCIPI FONDAMENTALI PRINCIPIO DEMOCRATICO = “la sovranità appartiene al popolo” (ART. 1); il principio sancisce il diritto del popolo di partecipare alle supreme decisioni politiche. Si parla di popolo, non di Nazione, per sottintendere l’esistenza di un soggetto (società italiana) unito grazie alla storia e dotato di un principio d’ordine interno, anch’esso però limitato dalla Costituzione. PRINCIPIO PERSONALISTA = “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabile dell’uomo” (ART. 2); l’articolo delinea lo scopo della Repubblica: tutelare i diritti dell’uomo. Si assegna così un profilo funzionale alla Costituzione e si pone l’individuo al centro dell’organizzazione sociale e politica, titolare di diritti anteriori allo Stato. PRINCIPIO LAVORISTA = “La Repubblica è fondata sul lavoro” (ART. 1); “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro […]” (ART. 4); tale principio si lega a quello personalista indicando il lavoro come l’elemento che genera dignità umana, afferma la personalità e consente a ognuno di sdebitarsi con gli altri consociati: è il valore fondante la Repubblica. Con lavoro si intende qualsiasi attività che renda il cittadino virtuoso e gli permetta di esprimere capacità creativa (condizione che lo Stato deve promuovere), ma si intende anche un dovere nei confronti della società. PRINCIPIO SOLIDARISTA = “La Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (ART. 2); gli individui sono caricati anche di doveri altrettanto fondanti per l’esistenza dello Stato, tale principio richiama gli uomini a comportamenti collaborativi e alla limitazione delle proprie libertà naturali al fine di creare unità e ordine civile. PRINCIPIO PLURALISTA = “La Repubblica riconosce i diritti […] sia come singolo sia nelle formazioni sociali” (ART. 2); tale principio da un lato mette in luce la genesi storica della Costituzione, frutto di un compromesso armistiziale tra più forze. Dall’altro, specifica il riconoscimento sia all’uomo singolo sia nella sua socialità, implicando l’esistenza di valori e ideologie precedenti e fuori dalla Costituzione e dallo Stato. Le costituzioni armistiziali mantengono comunque il conflitto (infatti, le disposizioni costituzionali di principio sono espresse in maniera indeterminata e restano irrisolte), tuttavia lo disarmano e garantiscono un pluralismo politico andando a predisporre regole sulla produzione del diritto che obbligano chiunque voglia affermarsi a conformarsi ad esse. Inoltre, l’indeterminatezza vivifica i principi costituzionali poiché alimenta la lotta sulle interpretazioni. Il termine pluralismo è utilizzato anche per indicare la molteplicità delle fonti e delle istituzioni territoriali. PRINCIPIO INTERNAZIONALISTA = “L’ordinamento italiano si conforma alle norme del diritto internazionale” (ART. 10); “L’Italia ripudia la guerra, limita la sovranità per assicurare pace e giustizia fra Nazioni” (ART. 11); il principio esprime la necessaria apertura dell’ordinamento ai principi sanciti dal diritto internazionale, intorno ai quali si è formato tra le forze politiche un consenso generale (denominatori comuni). PRINCIPIO DI LAICITÀ = “Tutte le confessioni sono ugualmente libere di fronte alla legge di organizzarsi secondo i propri statuti” (ART. 8); “è riconosciuto il diritto di professare liberamente” (ART. 19); lo Stato italiano è laico dal momento che: a. non riconosce privilegi, tollera e tratta in ugual modo tutte le confessioni; b. prende decisioni pubbliche mantenendosi neutrale rispetto a ogni concezione religiosa o dottrina comprensiva, al fine di garantire eguali libertà etiche per tutti. 17 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA = “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge” (ART. 3 – comma 1); “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto libertà e uguaglianza” (comma 2); tale principio è il più artificiale poiché mira a qualcosa che in natura non è dato: gli uomini nascono diversi, solo un ordinamento giuridico può renderli uguali. L’uguaglianza che si raggiunge è però solo formale/potenziale, perché di fatto esistono le disuguaglianze che limitano l’esercizio effettivo dei diritti di cui si è formalmente titolari (la Repubblica deve mirare all’uguaglianza sostanziale). PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA FORMALE = “Tutti i cittadini […] sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali” (ART. 3 – comma 1); il divieto di distinzione espresso non ha come intento imporre trattamenti uguali a situazioni diverse poiché ciò non farebbe che creare disuguaglianze (es. stesso trattamento per lavoro adulto e minorile). Di per sé le differenze di natura artificiale, culturale, politica sono inaccettabili e quindi è bene riservare trattamenti uguali (es. ricchi/poveri), è innegabile però la presenza di differenze oggettive naturali che giustificano trattamenti differenziati (es. sano/malato). La valutazione circa la diversità di trattamenti è affidata al legislatore che deve però essere limitato in questa sua competenza. Alcune differenze verranno considerati accettabili dalla moralità diffusa che ammetterà trattamenti diversificati, altri invece no. Nella sua valutazione deve essere ragionevole, poiché la differenziazione di trattamento tra individui in realtà uguali comporta un’invalidità della legge. Egli dovrà mettere a confronto le fattispecie e comprendere se sussista pari ratio tra fattispecie A e B, oppure rifarsi a un’eventuale disciplina costituzionale che prevede una diversificazione per alcune categorie. QUESTIONE DI ILLEGITTIMITÀ ART. 559 à è un esempio di come il contesto storico – sociale ha condotto a soluzioni diverse su uno stesso tema (adulterio). Nella sent. 64/1961 la Corte non dichiara incostituzionale la legge che prevede trattamento più duro sulla moglie (simbolo dell’unità familiare); invece nella sent. 126/1968 afferma l’incostituzionalità alla luce del nuovo contesto che parifica la posizione di moglie e marito. PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA SOSTANZIALE = la costituzione di questo principio si basa sulla necessaria trasformazione della struttura economico sociale al fine di tutelare i deboli e consentire loro un’esistenza dignitosa e una partecipazione all’organizzazione del paese. Il principio prevede quindi azioni positive con le quali l’ordinamento interviene nella rimozione di ostacoli (es. azioni positive per realizzare la parità uomo-donna nel lavoro). CAPITOLO 5 I DIRITTI E I DOVERI DEL CITTADINO L’ART. 2 parla di “diritti inviolabili”, tale aggettivo fa riferimento al fatto che il loro contenuto essenziale non può essere modificato (neppure con una legge di revisione costituzionale) poiché esso qualifica la forma di Stato. Tali diritti sono quelli ricavabili dal testo costituzionale, nel quale spesso sono espressi in maniera indeterminata per questo è possibile effettuare su di essi una limitazione ossia determinarli nel loro contenuto così da renderne concreto l’esercizio. Tale determinazione è frutto, comunque, di scelte politiche e, in certi casi, si tratta anche di bilanciarli con altri diritti in conflitto. Il risultato ottenuto viene poi sottoposto a un controllo di legittimità costituzionale operato dalla Corte costituzionale. ES. ART. 32 “Nessuno può essere obbligato al trattamento sanitario […] nel rispetto della persona umana” la definizione del concetto di “trattamento sanitario” modifica il contenuto stesso dell’articolo, poiché se esso si riferisse anche a interventi di idratazione/alimentazione riconoscerebbe il diritto eutanasia. I diritti costituzionali hanno diversa struttura (pretese contenutistiche) e funzione (fini), ma sono tutti il risultato di conquiste storiche a seguito di lotte e necessitano di interventi legislativi che ne consentano l’effettività e 18 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino non sono scritte, ma tramandate dalla memoria collettiva e rimando a una realtà superiore à l’origine del diritto risiede considerate regole giuridiche solo se richiamate in regole scritte. nell’attività degli uomini che detengono il potere politico, ossia nella POLITICA. Essa viene definita in due modi: - PATTI = anche gli accordi tra due o più soggetti che regolano questioni di comune interesse possono produrre autonomamente - attività con lo scopo di cercare un punto d’accordo e una soluzione regole giuridiche a cui le parti volontariamente scelgono di pacifica agli scontri tra gruppi sociali; sottomettersi. - attività che ha lo scopo di far prevalere gli interessi di una parte su interessi di un’altra. GLI ATTI NORMATIVI Il fatto che il diritto sia il prodotto del potere politico non significa che ogni comando politico possa essere considerato diritto. Esistono infatti delle regole giuridiche che disciplinano ciò, stabilendo: o Quali soggetti hanno potere di produrre diritto o Quali procedure o Quali sono le caratteristiche degli atti normati che enunciano diritto: - UNIVERSALITÀ (esprimere volontà di tutti) - STABILITÀ (perdurare) - VALIDITÀ FONTI DEL DIRITTO FONTI SULLA PRODUZIONE FONTI DI PRODUZIONE Atti ove sono stabilite le regole giuridiche che disciplinano la Sono ogni atto o fatto a cui è riconosciuta la capacità di produrre produzione del diritto (soggetti, procedure, atti). Esse sono diritto. Non possono entrare in contraddizione con le loro fonti necessarie per evitare il caos e far esistere il diritto come sistema sulla produzione per questioni gerarchiche. ordinato (ordinamento); vengono inserite solitamente nelle costituzioni. N.B. Potremmo inserire anche le fonti di cognizione ossia i mezzi attraverso cui viene enunciato il diritto (es. testi scritti). Il mancato rispetto delle procedure da esse impartite ha come principale effetto l’invalidità della fonte di produzione del diritto. Tali atti creativi di diritti contengono norme giuridiche à prescrizioni caratterizzate da generalità (si riferiscono a soggetti non individualmente identificati) e astrattezza (realizzabili un numero infinito di volte). NEL NOSTRO ORDINAMENTO In epoca moderna il potere politico consiste nello Stato, chi ha quindi tra le sue funzioni anche quella di produrre diritto. La legittimazione dello Stato deriva dal fatto che esso stesso si sottopone alla Costituzione, autolimitandosi e rispettando le regole sulla produzione del diritto che sono in essa contenuta, senza le quali ognuno pretenderebbe di affermare la propria legge. La Costituzione prevede una pluralità di soggetti e procedimenti come fonti del diritto, alcuni dentro lo Stato (Stato apparato composto dagli organi con il potere politico) altri fuori (Stato ordinamento/comunità); in ogni caso il nostro sistema è monista: è o la Costituzione o una legge parlamentare a creare soggetti produttori. La pluralità porta a sottrarre il monopolio allo Stato e si ispira a due principi: 29 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino § AUTONOMISTICO = la Costituzione riconosce ad alcune formazioni sociali la possibilità in capo all’ente esponenziale di produrre norme giuridiche per disciplinare i propri interessi comuni (es. associazioni o Comuni). Appare così che: - Regole prodotte dallo Stato apparato à disciplinano interessi generali essendo lui l’ente esponenziale del popolo, manifestandone la sovranità. - Regole prodotte dalle organizzazioni diverse (Stato comunità) à disciplinano interessi della formazione sociale, manifestandone l’autonomia. § INTERNAZIONALISTICO = la Costituzione riconosce come facenti parte del diritto italiano anche alcune regole prodotte al di fuori della Nazione (es. consuetudini del diritto internazionale). Il dubbio che sorge è come possa la Costituzione limitare lo Stato apparato (in modo che non invada la sfera di autonomia degli altri soggetti) e vincolare le forze politiche dominanti, essendo essa nient’altro che un pezzo di carta reso cogente solo grazie alla volontà delle forze dominanti stesse. Cosa spinge quindi le forze a sottomettersi ad essa? La risposta è che essa costituisce per loro una AUTOGARANZIA: violarla non conviene a nessuno perché comporterebbe la dissoluzione del compromesso/equilibrio che sono riuscite a stringere nonostante le divisioni e che, sebbene limitatamente, gli permette comunque di perseguire i propri interessi. Secondo la legittimazione formale del diritto, il fondamento della validità di una norma può essere soltanto un’altra norma. Una norma è valida quando è posta da un potere (considerato) legittimo, secondo la TEORIA DI WEBER sono tre le forme di legittimazione del potere possibili: a. legittimazione carismatica (potere legittimo esercitato da un soggetto con caratteri eccezionali); b. legittimazione tradizionale (si obbedisce all’autorità perché si è sempre fatto così); c. legittimazione legale-razionale (il potere è legittimato da leggi prestabilite che lo regolano). Le società divise (come quelle attuali), non avendo memoria comune, non ammettono legittimazioni tradizionali, ma solo le altre due tipologie. La legittimazione legale-razionale del diritto consiste nell’idea che esso sia autonomo e che tragga la sua validità dal rispetto delle regole che ne disciplinano la produzione (fonti sulla produzione). L’utilizzo delle procedure è prerogativa per la sua validità, lo rende individuabile e consente la realizzazione della democrazia in una società divisa perché anche il diritto prodotto dagli altri, se le rispetta, è da considerare valido à e tutto ciò a prescindere dal contenuto (è responsabilità degli uomini produrre diritto “buono”). Ø È grazie a queste regole chiare che prescrivono il diritto che il cittadino è posto nella condizione di conoscere ciò che è diritto, di sapere come comportarsi per evitare sanzioni e di prevedere i comportamenti pubblici (dovendo il potere pubblico rispettare le regole generali predefinite; no potere arbitrario). MAPPA TOPOGRAFICA DELLE FONTI DEL DIRITTO (1) COSTITUZIONE La Costituzione è sia fonte di produzione che fonte sulla produzione (es. ART. 70). Tuttavia, se la validità di una norma deriva dal rispetto delle procedure previste da un’altra norma, è logico chiedersi da quale altra norma potrebbe trarre validità la Costituzione. Lo Statuto Albertino, ad esempio, trovava la sua validità nella costituzione precedente dalla quale il re aveva tratto il potere di emanare lo Statuto stesso. Ma la nostra Costituzione sorge da una rottura col passato e si presenta all’apice nella scala delle fonti à per questo che subentra la TEORIA DELLA NORMA FONDAMENTALE di Kelsen. 30 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino La norma fondamentale ha il potere di conferire efficacia e validità all’ordinamento, essa non ha una sua fonte sulla produzione (non ha nessun’altra norma sovraordinata) e può essere identificata in due ipotesi: - Potrebbe essere quella norma presupposta (come una vocina) che ha spinto i cittadini ad affermare la necessità di sottoporsi e legittimare la Costituzione. - Potrebbe essere la consuetudine che si è sparsa tra i cittadini di rispettare la Costituzione la norma di riconoscimento dalla quale la Costituzione trae validità. (2) FONTI PRODOTTE DA STATO APPARATO e STATO ORDINAMENTO LEGGI DI REVISIONE COSTITUZIONALE e LEGGI COSTITUZIONALI: il procedimento prevede sia il Parlamento che il corpo elettorale. Ciascuna Camera approva attraverso due deliberazioni (3 mesi di distanza), la seconda a maggioranza assoluta. 1/5 della Camera, 500mila elettori o 5 Consigli regionali possono chiedere referendum sulla legge (tranne se approvata da 2/3 delle Camere). Le leggi di revisione modificano la Costituzione; mentre quelle costituzionali disciplinano una materia nuova. STATUTI delle REGIONI AD AUTONOMIA SPECIALE: possono essere modificati da leggi regionali rinforzate (nella parte dedicata alla forma di governo e al sistema elettorale regionale) attraverso l’approvazione dei Consigli o referendum. INTESE TRA STATO – CONFESSIONI RELIGIOSE: perché il Parlamento approvi una legge per la disciplina è necessario l’intesa tra rappresentanti delle confessioni e soggetti nominati dal Governo. (3) FONTI PRODOTTE DA STATO APPARATO LEGGI ORDINARIE: sono le fonti del diritto per eccellenza, approvate dalle Camere attraverso il procedimento legislativo previsto dalla Costituzione. Tali leggi possono modificare qualunque regola o atto giuridico, tranne disposizioni costituzionali e sentenze giuridiche. ATTI CON FORZA DI LEGGE: sono atti del Governo a cui la Costituzione riconosce stessa forza delle leggi sopracitate; ve ne sono di due tipi: - DECRETO LEGISLATIVO = sono creati dal Governo, delegato dal Parlamento attraverso una legge delega che dà informazioni sulla materia da disciplinare, i tempi e i criteri direttivi. Poi emanati dal Presidente della Repubblica. - DECRETO LEGGE = provvedimenti provvisori presi dal Governo in casi straordinari ed emanati dal Presidente della Repubblica; presentati poi al Parlamento che deve convertirli in legge entro 60gg oppure decadono. TRATTATI INTERNAZIONALI e LORO ATTI D’ESECUZIONE INTERNA: i trattati sono negoziati dai rappresentanti degli Stati e ratificati dal Presidente della Repubblica (autorizzato dal Parlamento in certi casi). Per dare loro esecuzione vanno approvate delle fonti interne che riadattino il diritto vigente. REGOLAMENTI DI AUTORIZZAZIONE DEGLI ORGANI COSTITUZIONALI: - REGOLAMENTI PARLAMENTARI à approvati a maggioranza assoluta da ogni Camera, disciplinano il procedimento di formazione delle leggi. - REGOLAMENTI DELLA CORTE COSTITUZIONALE à approvati dalla Corte costituzionale, disciplinano la sua organizzazione interna e i processi davanti a essa. 31 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino REGOLAMENTI DEL GOVERNO e DEI MINISTRI: sono fonti del diritto del potere esecutivo. Se prodotti dal Governo (in generale) vengono poi emanati dal Presidente della Repubblica e non possono contrastare con leggi; se prodotti da Ministri sono emanati con loro decreto, ma non in contrasto con i regolamenti del Governo. (4) FONTI PRODOTTE DA STATO ORDINAMENTO STATUTI DELLE REGIONI AD AUTONOMIA ORDINARIA: creati da cittadini e Consiglio regionale (maggioranza assoluta, due deliberazioni a distanza di 2 mesi) e disciplinano l’organizzazione interna. 1/50 degli elettori o 1/5 del Consiglio può chiedere il referendum. LEGGI/REGOLAMANTI REGIONALI: seguendo i limiti indicati dalla Costituzione, i Consigli regionali approvano leggi che, per il principio di competenza, prevalgono nella Regione su quelle dello Stato. Insieme alle Giunte producono anche regolamenti, ma non in contrasto con le leggi regionali. STATUTI/REGOLAMENTI DEGLI ENTI LOCALI: i loro organi rappresentativi (Consigli) li creano per disciplinare l’organizzazione interna; hanno anche potere regolamentare (n. b. i Comuni). REGOLAMENTI DEGLI ENTI PUBBLICI NON TERRITORIALI: anch’essi hanno potere regolamentare, alcuni sono espressione dello Stato ordinamento, altri articolazioni dello Stato apparato (es. enti previdenziali). La Costituzione garantisce autonomia all’Università. CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO: i sindacati dei lavoratori privati e le organizzazioni dei datori di lavoro possono contrattare i loro rapporti di lavoro; diverso è per i contratti di lavoro dei dipendenti pubblici che sono il frutto di un accordo tra ARAN e sindacati del personale (sottoposti al controllo della Corte dei conti). REFERENDUM ABROGATIVO: meccanismo che limita il potere del Parlamento; 500mila elettori o 5 Consigli possono richiederlo per abrogare una legge; ciò avviene se partecipa la maggioranza degli elettori ed è favorevole. (5) FONTI FUORI STATO, MA INTEGRATE DALLA COSTITUZIONE CONSUETUDINI INTERNAZIONALI GENERALMENTE RICONOSCIUTE: sono le regole alla base del diritto internazionale che la Costituzione rende obbligatorie: leggi dello Stato non in contrasto con esse. FONTI EUROUNITARIE: atti normativi dell’Unione Europea, come i regolamenti che sono direttamente vincolanti per gli Stati membri. DIRITTO DELLA CHIESA CATTOLICA/STATUTI DELLE CONFESSIONI: la Costituzione concede che tali interessi vengono disciplinati dalle fonti interne e non dallo Stato. Vi sono una serie di fonti che regolano il rapporto tra Stato e confessioni (es. Patti Lateranensi e Intese). (6) FONTI EXTRA ORDINEM CONVENZIONI CONSUETUDINI: si impongono in forza della loro effettività, non essendo richiamate da alcuna fonte sulla produzione. Talvolta però, per integrare la disciplina, ci sono dei rinvii a tali fonti extra ordinem. 32 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino I CRITERI ORDINATORI DELLE FONTI DEL DIRITTO Le fonti di produzione hanno ciascuna una forma tipica, sono valide se rispettano il procedimento previsto dalla propria fonte sulla produzione ma, in un ordinamento a costituzione rigida, devono anche rispettare i contenuti materiali imposti dalla Costituzione. Le fonti con stessa forma hanno anche stessa forza, ma anche alcune fonti con forma diversa parificate dalla Costituzione. Per evitare disordine e necessario ordinarle secondo criteri: Ø PRINCIPIO DELLA LEX POSTERIOR e L’ABROGAZIONE Siccome le fonti di produzione sono inesauribili, nel tempo spesso si stratificano fonti dello stesso tipo; se disciplinano stessa materia emerge un’antinomia (contraddizione tra due fonti). Si ricorre al principio “lex posterior abrogat legem priorem” (criterio cronologico): si applica la fonte più recente. La fonte precedente non è considerata invalida/viziata, ma perde la sua efficacia per l’affermarsi di una nuova maggioranza politica (si applica ancora a casi precedenti). La limitazione dell’efficacia è detta ABROGAZIONE che può essere: ESPRESSA = la fonte successiva abroga esplicitamente quella precedente; TACITA = la contraddizione tra due fonti è rilevata dagli interpreti attraverso un giudizio intellettuale che è tuttavia soggettivo (alcuni rilevano antinomia, altri magari no); IMPLICITA = la nuova fonte regola l’intera materia. La prima tipologia è la più certa, ma la più frequente è quella tacita che crea spesso problemi finché la Corte di Cassazione non riporti unità interpretativa. L’abrogazione opera ex nunc, per cui la fonte abrogante non ha effetto retroattivo (solo per il futuro; ART. 11 Disp. sulla legge in gen.). La fonte abrogata produce effetti per i casi verificati sotto la sua vigenza, così da permettere ai cittadini di vivere nella consapevolezza. Tuttavia, il principio non è costituzionalizzato (si trova nelle Preleggi) e può essere quindi derogato da leggi à tranne in caso di norme penali incriminanti (divieto costituzionalizzato all’ART. 25). Ø PRINCIPIO DELLA LEX SPECIALIS e LA DEROGA L’antinomia si può risolvere anche secondo “lex specialis derogat legi generali” (criterio di specialità): si applica fonte che contiene disciplina più specifica su una materia, rispetto a quella più generale. Per cui la fonte specifica regola il caso concreto, ma quella generale continua a produrre effetti per i casi generali. Si parla di DEROGA e non di abrogazione: non perde efficacia, la fonte derogata è solo limitata nell’applicazione (se la fonte derogante è abrogata, si ri-espande). Anche qua è necessaria un’interpretazione à non sempre univoca: per alcuni una fonte è speciale e deroga una generale, per altri è una fonte generale che abroga l’altra generale. Ø PRINCIPIO DELLA LEX SUPERIOR e L’ANNULLAMENTO Se l’antinomia è tra fonti di tipo diverso essa è patologica, poiché significa che una delle due non ha rispettato le procedure previste dalle rispettive fonti sulla produzione ed è quindi da considerarsi invalida. Sono infatti le fonti sulla produzione fatte in modo che ciascuna abbia il proprio posto e si formi una relazione gerarchica tra le fonti. Il controllo della violazione delle procedure è affidato ai giudici che possono dichiarare l’illegittimità con effetto l’ANNULLAMENTO della fonte (opera anche per il passato). Al principio della lex superior si collega: o PRINCIPIO DI COSTITUZIONALITÀ à disciplina i rapporti tra Costituzione e fonti inferiori che non possono modificarla e, se entrano in contrasto con essa, la Corte costituzionale deve dichiararle invalide. 33 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino o PRINCIPIO DI LEGALITÀ à disciplina rapporti tra legge e fonti subordinate (regolamenti) da dichiarare invalidi se in contrasto (giudice amministrativo annulla, giudice ordinario disapplicare); il principio si articola in: - principio di legalità come preferenza di legge = laddove potere legislativo e regolamentare sono autonomi, ma se su una materia è presente la legge (fonte primaria) essa prevale sul regolamento che non può contraddirla; - principio di legalità in senso formale = laddove il potere normativo non è autonomo, ma serve una legge autorizzatrice perché il Governo possa creare regolamenti (tranne per alcune materie non disciplinate); - principio di legalità in senso sostanziale = in alcune materie, oltre ad autorizzare il Governo, la legge prevede anche linee guida (materie coperte da riserva di legge relativa). LA RISERVA DI LEGGE La riserva di legge è usata dalla Costituzione per regolare il concorso delle fonti nella disciplina di una materia: è una regola sulla produzione del diritto che impone che alcune materie vengono disciplinate da leggi ordinarie à si riservano al Parlamento perché si diffida dal Governo, per una questione democratica-garantista: le leggi create dal Parlamento implicano un dialogo tra maggioranza e opposizione; i regolamenti del Governo sono espressione della sola maggioranza. Possiamo distinguere: 1. RISERVA DI LEGGE FORMALE ORDINARIA = prevede per la materia una disciplina dettata da una legge in senso tecnico (che rispetta le procedure dell’ART. 70) à es. materie sul controllo del Parlamento sull’operato del Governo (es. legge delega). 2. RISERVA DI LEGGE FORMALE RINFORZATA = prevede, oltre la legge ordinaria per disciplinarla, anche aggravamenti nell’esercizio della funzione al Parlamento (diffidando da esso): o Rinforzata nella procedura à il procedimento che il Parlamento deve seguire è sottoposto a gravami (es. per l’approvazione di leggi costituzionali/di leggi che modificano il rapporto Stato – Chiesa, ART. 7 – Patti Lateranensi). Vedi ART. 138 con procedura aggravata. o Rinforzata nei contenuti à si segue il procedimento ordinario dell’ART. 70, ma ci sono dei limiti contenutistici da rispettare (o con rinvii: ART. 10 a norme internazionali; o in modo diretto: ART. 16 limiti per motivi di sanità e sicurezza). 3. RISERVA DI LEGGE (senza ulteriori specificazioni) = per la disciplina della materia è richiesta una qualsiasi fonte primaria (legge ordinaria o atti equiparati). N.B. La riserva può essere: ASSOLUTA (materia disciplinata interamente dalla fonte primaria; es. ART. 13 e ss. su diritti/doveri); RELATIVA (può intervenire un regolamento, ma deve rispettare i principi posti dalla fonte primaria). COMPLETEZZA E COERENZA DELL’ORDINAMENTO Sono due caratteristiche fondamentali affinché sussista una prevedibilità della regola da applicare ai casi e una certezza del diritto (che consente alle persone di predeterminare la legalità dei propri comportamenti). L’assenza di una regola che disciplina un caso è detta LACUNA à è plausibile tale ipotesi che può essere risanata con tecniche di eterointegrazione (rimandi a norme esterne) o autointegrazione (restando dentro l’ordinamento). La seconda è applicata nell’ordinamento italiano per colmare le lacune tecniche (assenza di norme richieste dai principi costituzionali). 34 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino CAPITOLO 12 INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO L’espressione fonti del diritto genera delle problematiche: se anticamente era plausibile separare il concetto di fonte da quella di diritto poiché si credeva che esso derivasse da realtà altre (Dio, natura); oggi fonte del diritto è la legge che in realtà è essa stessa diritto. Questa duplicità può mantenersi solo se legata al tema dell’interpretazione. Il nostro ordinamento è a diritto scritto: le fonti sono gli atti scritti con segni linguistici che vanno interpretati da un interprete per trarne un significato. Quindi la fonte è il documento scritto, il diritto è l’interpretazione di esso che contiene enunciati/disposizioni dalle quali ricavare significati (ossia norme). Il passaggio da documento a norma implica soggettività, non esiste un’interpretazione assoluta o un diritto oggettivo; tuttavia, l’interpretazione non è mai arbitraria perché deve sottostare a regole ed essere tollerata dal testo in questione à ogni testo può tollerare più interpretazioni, spetta all’interprete scegliere la norma da applicare. Ancora più complesso quando si tratta di interpretare disposizioni costituzionali (enunciati indeterminati). La natura dell’attività interpretativa ha portato due teorie: a. COGNITIVISTICA à biunivocità enunciato – norma; interpretazione come atto di scoperta del significato del testo che in esso incorporato e da portare alla luce. Ogni testo ha una sola interpretazione vera. ® Grande fiducia nella legge scritta e nel sistema parlamentare, contro il caos dell’Ancien Regime. b. SCETTICA à non biunivocità; interpretazione come attività di decisione: o Teoria più scettica = non esiste alcun significato predeterminato, quindi diritto è ciò che dicono i giudici (non è vincolante il diritto scritto) o Teoria meno scettica = non esiste un solo significato, ma neanche infiniti (il diritto scritto dà una cornice di significati possibili) L’interprete può avvalersi di una pluralità di tecniche interpretative non gerarchizzate. L’ART. 12 (preleggi) afferma che bisogna attribuire alla legge il significato fatto palese dalle parole e dall’intenzione del legislatore o bisogna rifarsi a disposizioni regolanti casi simili/materia analoga o procedere secondo i principi dell’ordinamento. Quindi le tecniche interpretative sono: 1. INTERPRETAZIONE LETTERALE = interpretazione subordinata alla cultura linguistica, ossia il significato che la parola assume nel linguaggio corrente è da attribuirle anche nel testo giuridico. 2. INTERPRETAZIONE SECONDO INTENZIONE DEL LEGISLATORE = l’analisi dell’intenzione può essere svolta in due modi: o ricercando la volontà soggettiva di quel legislatore attraverso una ricerca storica (interpretazioni storico-psicologica/originalista) o ricercando la volontà che ispirerebbe oggi il legislatore nel dettare quella norma tenendo conto delle nuove situazioni (interpretazione teleologica/evolutiva). 3. INTERPRETAZIONE ANALOGICA = se il giudice si trova davanti a un caso apparentemente senza disciplina, vigendo il divieto di non liquet, dovrà ricorrere all’analogia (= strumento di autointegrazione): o ANALOGIA LEGIS à attribuzione a un caso non regolato della stessa disciplina di un caso regolato simile, verificando che tra i due vi sia una ratio comune. o ANALOGIA IURIS à in mancanza di casi analoghi, si ricavano nuove regole per un caso imprevisto dei principi generali dell’ordinamento dello Stato e dai principi costituzionali. L’ART. 14 (preleggi) afferma che leggi eccezionali e speciali, che hanno dettato delle eccezioni nella risoluzione di casistiche rispetto alla regola generale, non posso essere applicate al di fuori delle ipotesi previste dal legislatore (divieto di estenderle attraverso l’analogia). Anche le leggi penali richiedono stretta interpretazione 35 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino (divieto di analogia e retroattività) affinché i cittadini siano a conoscenza di quali siano i comportamenti vietati. Bisogna poi distinguere tra: § INTERPRETAZIONE GIUDIZIARIA: effettuata dei giudici attraverso decisioni, vincolano solo le parti (non gli altri giudici). Importante è il ruolo della Corte di cassazione che deve assicurare “esatta applicazione” e “interpretazione uniforme”. § INTERPRETAZIONE AUTENTICA: effettuata dallo stesso legislatore che ha posto la norma (ove vi siano grandi dubbi interpretativi) attraverso una legge interpretativa che chiarifica il significato con effetto retroattivo e prevale su qualsiasi altra interpretazione di interpreti. § INTERPRETAZIONE SCIENTIFICA: effettuata dagli studiosi del diritto (dottrina) che hanno il compito di razionalizzare il sistema giuridico. CAPITOLO 13 LA FORMA DI GOVERNO DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO Il termine “governo” può indicare sia l’intera organizzazione dello Stato (Stato apparato), sia l’organo che detiene il potere esecutivo; per organo si intende un complesso di persone (o una sola come il Presidente) che svolgono attività stabilite dal diritto in un rapporto organico. La Costituzione prevede il principio della separazione dei poteri (ART. 16 – Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino) per cui il potere dello Stato è diviso in potere legislativo (al Parlamento), esecutivo (al Governo), giudiziario (alla Magistratura). Ciò per impedire la concentrazione del potere in un unico organo e garantire l’indipendenza tra i poteri (totale nei confronti del giudiziario; rapporto di fiducia tra Parlamento e Governo). Vige poi il principio della soggezione di tutti i poteri alla legge (evitare arbitrarietà): l’esecutivo dà esecuzione alla legge nelle modalità da essa previste, il giudiziario la applica secondo i criteri à cambiamenti a causa della crisi della legge. I SISTEMI ELETTORALI Un sistema elettorale è un meccanismo che trasforma i voti del corpo elettorale in seggi da assegnare a singole persone. Ogni sistema è caratterizzato da una formula elettorale (che trasforma i voti) e da un criterio di assegnazione. Il sistema elettorali va a disciplinare il procedimento attraverso cui i partiti, partecipando alla competenza elettorale, entrano a far parte degli organi istituzionali. Inoltre, persegue obiettivi: rappresentatività (rispecchiamento del pluralismo degli interessi) e governabilità (effettiva possibilità di operare all’organo collegiale) à più c’è pluralismo, meno ci sarà possibilità di operare (necessari accordi). In base all’obiettivo che prevale avremo: - SISTEMI ELETTORALI PROPORZIONALI = viene privilegiata la rappresentatività, per cui i seggi vengono distribuiti in modo che tutte le forze politiche ne ottengono in proporzione ai voti degli elettori. I sistemi politici formatesi quindi si caratterizzano di un multipartitismo, ma per far fronte alla frammentarietà: o Clausole di sbarramento (percentuali di voti minima per accedere ai seggi) o Premi di maggioranza (assegnazione di seggi in più alla forza che ha ottenuto più voti) ® COLLEGI PLURINOMINALI: nei quali ci sono in palio più seggi e le forze presentano liste con più candidati. L’assegnazione ai singoli avviene o con un sistema di preferenze (gli elettori, oltre alla lista, specificano anche il nome del candidato) o sistema delle liste bloccate (gerarchia di candidati stabilita dalla forza). - SISTEMI ELETTORALI MAGGIORITARI = privilegiata la governabilità, per cui la forza che ottiene più voti conquista l’intera posta in palio e il sistema politico presenterà un bipartitismo/bipolarismo. 36 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino ® COLLEGI UNINOMINALI: in palio vengono messi singoli seggi; si va al ballottaggio se non si raggiunge la percentuale di voti prevista (tra i primi due). Il candidato che vince ottiene seggio, quindi le forze non presentano liste, ma singole candidature. N.B. Non sempre chi ha ottenuto più seggi, ha ottenuto anche la maggioranza del consenso (es. partito A 51 seggi vincendo di poco sugli altri candidati; partito B 49 seggi con consensi altissimi). IL SISTEMA ELETTORALE NELL’ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO La Costituzione italiana non prescrive uno specifico sistema elettorale, decisione rimessa alla legislazione ordinaria. In Italia, dall’entrata della Costituzione al 1992, c’è stato un sistema di tipo proporzionale (molti partiti) finché, dopo lo scandalo di Tangentopoli, nel 1993 viene approvata la LEGGE MATTARELLA con sistema elettorale misto, prevalenza maggioritario (75% maggioritario; 25% proporzionale). Nel 2005 la LEGGE CALDEROLI con sistema proporzionale corretto da un premio di maggioranza e diverse clausole di sbarramento al fine di assicurare la formazione di maggioranze stabili in Parlamento grazie a coalizioni pre-elettorali (ciò avviene nel 2006 con vittoria del centro – sx; 2008 centro – dx). Nel 2013 però ciò non si raggiunge e si sono dovute creare delle coalizioni post elettorali (larghe intese). Nel 2014 la legge viene dichiarata parzialmente illegittima dalla sent. 1/2014 della Corte costituzionale e nel 2015 si adotta l’ITALICUM per l’elezione della Camera dei deputati, anch’essa poi dichiarata parzialmente illegittima con sent. 35/2017. Attualmente in vigore dal 2017 il ROSATELLUM con sistema elettorale misto (alcuni seggi delle Camere assegnati col maggioritario: alcuni proporzionali con soglie di sbarramento; pochi restanti dalle circoscrizioni estere). Ciò mette in luce l’incapacità delle forze di raggiungere un accordo in materia. Quindi: - LEGGE CALDEROLI (n. 270/2005) = sistema proporzionale con correttivi; per la Camera: divisione del territorio in 26 circoscrizioni (618 deputati, 12 da circoscrizione Estero); liste bloccate presentate dalle forze (voto dell’elettore alla lista e non al singolo); possibilità di creare coalizioni prima delle elezioni depositando unico programma ed eleggendo un capo (che in caso di vittoria diverrebbe Presidente del Consiglio); attribuzione dei seggi a livello nazionale con un primo conteggio provvisorio à se la lista più votata ha almeno 340 il conteggio è definitivo, altrimenti nuovo conteggio con clausole di sbarramento e assegnazione ad essa del premio di maggioranza (340 seggi a prescindere dai voti, per assicurare maggioranza parlamentare). Per il Senato: elezioni a base regionale (309 senatori, 6 da circoscrizione Estero) con assegnazioni di seggi e premi (se non si raggiunge 55%) a livello regionale. - SENT. 1/2014 = la Corte costituzionale ha dichiarato la legge Calderoli parzialmente illegittima in due punti: mancanza di una soglia minima per l’assegnazione del premio a Camera e Senato; il sistema delle liste bloccate non permette all’elettore di esprimere preferenze sul candidato. La legge elettorale di risulta ha introdotto così un sistema elettorale proporzionale puro. - LEGGE ITALICUM (n. 52/2015) = disciplina solo l’elezione della Camera dei deputati, poiché c’era la proposta che il Senato non fosse più eletto dal popolo (ma referendum l’ha bloccata). Tale legge prevede un sistema elettorale proporzionale con correttivi maggioritari: è possibile per l’elettore esprime le preferenze per i candidati, ma non per il capolista; è previsto una soglia minima per accedere al premio (40%) che se non si aggiunge prevede un ballottaggio tra le liste più votate e l’assegnazione di 340 seggi a quella vincente. - SENT. 35/2017 = la Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittima per: modalità di assegnazione del premio al secondo turno di ballottaggio (lista che vince ottiene maggioranza assoluta anche se consenso di poco maggiore dell’altra); consentito al candidato capolista eletto in più collegi di scegliere uno di essi con una valutazione opportunistica. La legge elettorale di risulta ha previsto esclusione del secondo turno di ballottaggio e un sistema di sorteggio per la collocazione del capolista. 37 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino IL PARLAMENTO Il Parlamento esercita il potere sovrano, in quanto potere rappresentativo produttivo di atti normativi (espressione del potere politico). In Italia si divide in Camera di deputati e Senato della Repubblica, si parla di bicameralismo paritario o perfetto perché esse hanno stessi poteri à la separazione permette molti controlli nell’iter di approvazione delle leggi (maggiore garanzia). Le uniche differenze sono: composizione (Camera 630 eletti; Senato 315 + senatori a vita ed ex presidenti); caratteristiche dell’elettorato (Camera +18/+25; Senato +25/+40); Senato eletto a base regionale. Ci sono dei casi eccezionali in cui le Camere si riuniscono in seduta comune: elezione/giuramento del Presidente della Repubblica e sua messa in stato d’accusa; elezione di 5 membri della Corte costituzionale; elezione di 1/3 del Consiglio della Magistratura. L’ART. 60 prevede l’elezione di Camera e Senato ogni cinque anni e brevi tempistiche per l’inserimento delle nuove Camere per garantire continuità parlamentare. La durata di ogni legislatura non è prorogabile (se non da legge o stato di guerra), ma l’ART. 88 riconosce al Presidente la possibilità di sciogliere le Camere: dopo aver consultato i Presidenti, non negli ultimi 6 mesi di mandato (a meno che non siano anche gli ultimi della legislatura), atto controfirmato dal Presidente del Consiglio à non può sciogliere se è ancora presente una maggioranza parlamentare. L’ART. 67 inserisce due principi: rappresentatività della Nazione (ogni membro rappresenta tutto il popolo) e divieto del vincolo di mandato (deve agire nell’interesse di tutti, senza istruzioni vincolanti). In uno Stato di partiti ciò sempre impossibile, ma in realtà permette: il mantenimento del seggio nonostante l’abbandono dello schieramento e impone l’illiceità di comportamenti a favore di qualcuno dietro compenso. L’ART. 68 prevede che i parlamentari godano di uno status giuridico speciale e di immunità, oggetto di forti critiche perché reputati privilegi ingiustificati nonostante in origine fungevano da garanzie per l’indipendenza delle Camere. Le immunità oggi previste sono: - IRRESPONSABILITÀ à il parlamentare non può essere soggetto a sanzioni per decisioni prese o voti espressi nell’esercizio delle sue funzioni. - INVIOLABILITÀ à un giudice, per procedere a indagini limitative della libertà del parlamentare accusato di reato, deve essere autorizzato dalla Camera. Addirittura, inizialmente era prevista un’autorizzazione per sottoporre il parlamentare a procedimento, poi fu avviato un progetto di revisione dati gli scandali di Tangentopoli e gli insabbiamenti di molti reati. ORGANIZZAZIONE INTERNA PRESIDENTI delle CAMERE GRUPPI PARLAMENTARI COMMISSIONI PARLAMENTARI GIUNTE Eletti da ciascuna camera, Sono proiezione in Parlamento Sono organi permanenti che si Garantiscono l’indipendenza di direzionano i lavori senza dei partiti politici. Ogni organo occupano di materie specifiche ciascuna Camera svolgendo partecipare alle votazioni interno alla Camera è composto (es. Giustizia, Difesa, etc.). funzioni come: analisi delle (per il principio di in modo da rispecchiare la Esistono delle commissioni interpretazioni/proposte di imparzialità). Collabora con proporzione dei gruppi. Ogni speciali (non permanenti, talvolta modifica di regolamenti; l’Ufficio di Presidenza parlamentare fa parte di un bicamerali) volte a gestire autorizzazione dell’inviolabilità; (Vicepresidenti, Questori e gruppo, oppure è nel gruppo questioni di pubblico interesse controllo delle elezioni (anche se Segretari). misto. (es. commissione d’inchiesta, di poi ciascuna Camera giudica la vigilanza). validità dell’elezione di un membro). 38 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino DELIBERAZIONI PARLAMENTARI: l’ART. 64 prevede che le sedute delle Camere siano pubbliche. Le loro deliberazioni, per essere valide, devono veder presente la maggioranza dei membri (quorum di validità) e, per essere adottate, il voto (segreto o palese) favorevole della maggioranza dei presenti (maggioranza semplice); salvo che la Costituzione richieda maggioranze speciali: maggioranza assoluta (metà +1 dei membri dell’organo) o maggioranza qualificata (frazioni superiori, che implicano un coinvolgimento dell’opposizione). REGOLAMENTI PARLAMENTARI: essendo le Camere gli organi rappresentativi del popolo (titolare della sovranità), sono completamente autonome e si autogestiscono con regolamenti che disciplinano l’organizzazione e il funzionamento (es. procedure di formazione delle leggi); sottratti anche al controllo di costituzionalità. Anche la Corte costituzionale ha autonomo potere regolamentare per la sua organizzazione, ma non è costituzionalizzato (come per le Camere) poiché deriva da una legge ordinaria à apparentemente sembra quindi un potere più debole; in realtà la Corte può dichiarare incostituzionalità di leggi contrarie al regolamento da essa approvato (che quindi prevale sulla legge). LE FUNZIONI (1) FUNZIONE LEGISLATIVA LEGISLAZIONE ORDINARIA: la legge ordinaria (statale) è l’atto con cui il Parlamento esercita il potere legislativo, essa esprime la maggioranza che l’ha votata ma che vale come volontà di tutti (principio maggioritario consente al Parlamento di prendere decisioni, perché l’unanimità è impensabile). Da tempo, c’è una crisi della legge dovuta al fatto che essa viene spesso usata per soddisfare interessi e dare benefici (fenomeno delle “leggine”); acuita dalla concorrenza al Parlamento, espansione dell’UE e delle autonomie territoriali. La legge è la fonte primaria del diritto, subito dopo Costituzione (e leggi costituzionali); anche se la disciplina di alcune materie è coperta da riserva di legge, per cui è affidata a fonti particolari (es. materie di competenza regionale), oppure sono previste fonti atipiche con procedure particolari per alcune materie (es. per leggi di modifica dei Patti Lateranensi ex ART. 7). Il procedimento classico di formazione di una legge statale si trova all’ART. 70 che prevede che siano approvate (sullo stesso testo) da entrambe le Camere: a. INIZIATIVA à può proporre una legge: membro delle Camere, 50mila elettori, Consigli regionali, CNEL oppure il Governo con un disegno di legge (importante perché decisivo per la realizzazione del proprio programma), approvato prima dal Consiglio dei ministri e dal Presidente della Repubblica con decreto. b. DISCUSSIONE e DELIBERAZIONE à il Presidente della Camera stabilisce se usare: - PROCEDIMENTO NORMALE (ART. 72) = il progetto viene prima esaminato dalla commissione competente per materia in sede referente e con potere d’iniziativa (modifica). Poi presentato in Aula che, se favorevole, passa all’analisi dei singoli articoli (con possibilità di modifica) e fa votazione finale. Va sempre adottato per alcune materie (con riserva di legge d’assemblea). - PROCEDIMENTO DECENTRATO = è la commissione competente che approva direttamente la legge in sede deliberante; a meno che il Governo o 1/5 della commissione richiedono l’approvazione delle Camere. - PROCEDIMENTO MISTO = commissione in sede redigente formula e approva i singoli articoli (a volte deve consultare altre commissioni), assemblea dà approvazione finale. L’essenziale è che il progetto venga approvato sullo stesso testo dalle due Camere (se una lo modifica il progetto trona alla prima à meccanismo a navette). c. PROMULGAZIONE à il Presidente invia la legge al Presidente della Repubblica che deve promulgarla (darle efficacia) entro un mese con un decreto che attesti l’approvazione delle Camere e ne ordini la pubblicazione. Ciò per motivi di garanzia: egli controlla la regolarità del procedimento e la 39 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino costituzionalità. Può anche rifiutare di promulgare e rinviare la legge alle Camere con un messaggio; se scelgono di riapprovarla è obbligato a promulgarla. d. PUBBLICAZIONE à la legge viene pubblicata dal Ministro della Giustizia che appone su di essa il visto e il gran sigillo dello Stato; viene poi inserita nella Raccolta degli atti normativi e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale per farla conoscere ai cittadini. Entrerà in vigore il quindicesimo giorno. LEGISLAZIONE COSTITUZIONALE: il procedimento è disciplinato all’ART. 138 sia per leggi di revisione costituzionale (modifica della Costituzione) sia per altre leggi costituzionali (disciplina di nuove materie). Alcune materie sono coperte da riserva di legge costituzionale. Il fatto che la Costituzione non sia modificabile con leggi ordinarie è volto a evitare che la maggioranza di Governo prenda il controllo sulle minoranze à la legge di revisione prevede infatti una procedura aggravata richiedente una maggioranza larghissima (anche opposizione): o il progetto deve essere approvato da ciascuna Camera due volte (a distanza di tre mesi, su stesso testo in Assemblea). o nella prima deliberazione è sufficiente una maggioranza semplice, nella seconda è necessaria maggioranza qualificata (2/3 dei membri delle Camere) à se si raggiunge la legge è promulgata; sennò se si raggiunge solo la maggioranza assoluta la legge si pubblica, ma 1/5 della Camera, 500mila elettori o 5 Consigli regionali possono chiedere referendum per accertare la conformità della volontà popolare (promulgata poi se approvata dalla maggioranza di voti, a prescindere dal quorum). ® Il crescere dei sistemi elettorali maggioritari ha permesso a forza politica di conquistare la maggioranza assoluta e spesso si è ricorso a referendum “confermativo” (come nel 2001 – revisione Titolo V). Vi sono però dei LIMITI ALLA REVISIONE COSTITUZIONALE poiché se fosse tutta modificabile allora il potere di revisione sarebbe pari al potere costituente (es. ART. 139 vieta la modifica della forma repubblicana che priverebbe il popolo della sovranità). Immodificabili sono anche l’ART. 138 e le norme che contengono principi fondamentali (essenza della Costituzione stessa, presenti tendenzialmente ai primi 12 articoli). CASO DEI PATTI LATERANENSI: L’ART. 7 afferma che il rapporto tra Stato – Chiesa è regolato dai Patti Lateranensi la cui modificazione bilaterale (con mutuo consenso tra le parti) può essere adottata con semplice legge ordinaria, anche senza il procedimento di revisione previsto dall’ART. 138 (necessario invece se lo Stato vuole intervenire unilateralmente). L’ART. 7 non costituzionalizza il contenuto dei Patti, ma solo il principio concordatario di regolamentazione dei loro rapporti. (2) FUNZIONE DI INDIRIZZO e DI CONTROLLO Si intendono le attività svolte dal Parlamento per controllare l’attività del Governo. Alcune sono svolte dai singoli parlamentari: - INTERROGAZIONE = domanda posta al Governo o a un Ministro per acquisire informazioni su argomenti previsti all’ART. 128 del Regolamento della Camera. - INTERPELLANZA = domanda posta al Governo o a un Ministro su determinati aspetti della sua politica o sulla sua condotta; trasformabile in una mozione (proposta all’Assemblea di ricercare la risoluzione di un argomento) à importante è la mozione di fiducia o sfiducia con cui il Parlamento decide sulla permanenza del Governo. Può esercitare controllo sul Governo anche tramite una Commissione parlamentare d’inchiesta o indagini conoscitive disposte dalle commissioni. Il controllo più importante può svolgerlo attraverso la legge di bilancio che elenca tutte le entrate e le spese dello Stato; approvata prima dell’anno e vincolante nelle scelte che il Governo può adottare nell’amministrazione delle risorse finanziarie. 40 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino Con la revisione dell’ART. 81 si è introdotto il principio dell’equilibrio di bilancio (eventualmente anche ricorrendo all’indebitamento). Il contenuto della legge di bilancio deve rispettare i principi presenti all’art. 5 della legge costituzionale 1/2012; inizialmente vigeva il divieto per cui non poteva apportare modifiche alle entrate o alle spese (lo faceva la legge di stabilità). IL GOVERNO Svolge la funzione esecutiva, dirigendo la politica nazionale (interna ed estera) operando con il corpo elettorale e il Parlamento. È titolare di poteri tali da orientare i lavori del Parlamento per l’approvazione di leggi che realizzino i propri obiettivi politici, ma essendo espressione della maggioranza parlamentare, sempre nel rispetto degli interessi per godere della sua fiducia. È al vertice della Pubblica Amministrazione, comandando su Ministeri, esercito e polizia, finanze, enti pubblici non territoriali e società di beni e servizi. ORGANIZZAZIONE INTERNA L’ART. 92 dice che è un organo complesso composto dal Presidente e dai Ministri che formano il Consiglio dei ministri + ulteriori organi governativi eventuali. La disciplina del Governo è lacunosa, caratterizzata da un gran numero di leggi particolari. (1) PRESIDENTE DEL CONSIGLIO L’ART. 95 lo designa come colui che promuove e coordina l’attività dei Ministri, senza assumere posizioni di supremazia. È stato così fino agli anni ’90, quando vigeva un multipartitismo forte e il Presidente rappresentava il coordinatore delle alleanze fragili, ma con l’affermarsi del sistema maggioritario è divenuto sempre di più un Primo Ministro con vari poteri (alcuni previsti da legge 400/1988): - propone al Presidente la Repubblica la lista dei Ministri da nominare - rappresenta il Governo di fronte alle Camere (espone loro il programma per chiedere la fiducia) e al Presidente della Repubblica (richiede autorizzazione per disegni di legge) - direziona la politica generale coordinando i Ministri (convoca riunioni, promuove verifiche degli uffici, istituisce Comitati e gruppi di lavoro) - promuove l’attuazione delle politiche comunitarie, informando di esse il Parlamento (2) MINISTRI Svolgono due ruoli: sono al vertice dell’amministrazione centrale dello Stato (organi burocratici) e sono membri di un collegio nel quale assumono decisioni politiche (organi costituzionali). La Costituzione prevede una riserva di legge per la determinazione di numero, attribuzioni e organizzazione dei Ministri (affidato al parlamento). I vari Ministeri hanno materie assegnate (Giustizia, Difesa, Salute, etc.). (3) CONSIGLIO DEI MINISTRI I lavori all’interno si svolgono in modo informale (¹ lavori parlamentari). La posizione di ogni ministro è di assoluta parità e ci sono delle funzioni: - determinazione della politica generale e dell’indirizzo dell’azione amministrativa; - autorizzazione al Presidente di porre la questione di fiducia alle Camere; - deliberazione di disegni di legge, decreti legislativi, decreti-legge, regolamenti governativi; - decisioni sui rapporti con Regioni ed enti locali, sulla politica estera e comunitaria 41 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino (4) ORGANI GOVERNATIVI EVENTUALI MINISTERI SENZA PORTAFOGLIO: sono Ministri che fanno parte del Consiglio, ma non sono preposti a nessun Ministero. Istituiti con deliberazione del Consiglio e svolgono funzioni loro delegate. VICE PRESIDENTI DEL CONSIGLIO: possono anche non esserci, suppliscono il Presidente in caso di assenza nell’ordinaria amministrazione (non per affari politici). VICE MINISTRI: svolgono le funzioni che gli vengono delegate e possono partecipare alle sedute del Consiglio, ma senza diritto di voto. SOTTOSEGRETARI: sono nominati dal Consiglio e svolgono le funzioni a cui vengono delegati, sono più di uno per ogni Ministero (importante è il Sottosegretario dell’Ufficio di segreteria del Consiglio). CONSIGLIO DEL GABINETTO: composto dai Ministri di maggior prestigio che trattano degli affari politici più importanti. COMITATO INTERMINISTERIALE: composti da Ministri interessati a determinati settori e dotati di proprie competenze (sottratte ai Ministeri); presieduti dal Presidente del Consiglio. Rientra anche il Consiglio Supremo di Difesa che si occupa della difesa nazionale, opera in segreto, presieduto dal Pres. Della Rep. LA FORMAZIONE DEL GOVERNO È un organo nominato (formato attraverso una nomina del Presidente della Repubblica); essendo espressione della maggioranza, è a quest’ultimo che spetta il potere di formare il Governo. La sua durata non è fissata dalla Costituzione, perché dura fintanto che ha la fiducia del Parlamento. Le dimissioni aprono una crisi di governo che induce il procedimento di formazione di uno nuovo in quattro fasi: - CONSULTAZIONI à anche dopo le dimissioni, il Governo resta in carica per il disbrigo degli affari correnti. Il Presidente della Repubblica inizia consultazioni con delegazioni dei partiti, Presidenti delle Camere ed ex Presidenti per capire quale Governo potrà ottenere la fiducia delle Camere in base alle indicazioni delle forze di maggioranza. - CONFERIMENTO DELL’INCARICO à il Presidente conferisce l’incarico di formare il Governo a un soggetto che può ricevere la fiducia delle Camere; talvolta usa un preincarico oppure un mandato esplorativo (per prendere tempo). Viene solitamente accettato con riserva: il nominato inizia trattative con i partiti che comporranno il Governo à se hanno esito negativo egli scioglie la riserva e rinuncia; con esito positivo mostra la lista dei Ministri al Presidente. - NOMINE à raggiunta la certezza che sarà formato un nuovo Governo, il Presidente della Repubblica emana un decreto di nomina del Primo Ministro, dei Ministri e sulle dimissioni del Governo uscente controfirmati dal Presidente del Consiglio. - GIURAMENTO à l’ART. 93 prevede il giuramento a conclusione del procedimento di formazione, con il quale il Governo entra effettivamente in carica. - CONFERIMENTO DELLA FIDUCIA à l’ART. 94 prevede che il Governo debba ottenere la fiducia delle Camere (anche se è già in carica nel periodo che intercorre tra esso e il giuramento). La fiducia deve essere esplicitamente concessa entro 10 giorni e votata per appello nominale (votazione palese, così ognuno rispetta le volontà del partito). Deve essere votato da entrambe le Camere separatamente e accordata a maggioranza semplice (dei presenti e non dei componenti) che facilita la formazione. LE CRISI DI GOVERNO Le Camere possono togliere la fiducia al Governo, ma ci sono dei limiti previsti dalla Costituzione à l’ART. 94 afferma che è il voto contrario a una proposta del Governo non implica obbligo di dimissioni; inoltre, la MOZIONE DI SFIDUCIA deve essere sottoscritta almeno da 1/10 dei membri delle Camere, motivata, votata per appello nominale e non messa in discussione prima di 3 giorni. 42 Alice Marmotti |Università degli Studi di Torino Dopo di che si apre una crisi parlamentare (se provocata da tali atti parlamentari). Se il Governo dà invece autonomamente le dimissioni, in un contesto di conflitto tra i partiti della coalizione di maggioranza, si parla di crisi extraparlamentare. Qua il Presidente della Repubblica può respingere le dimissioni invitando le Camere a discutere la fiducia, ma il Governo può comunque poi dimettersi immediatamente. Inoltre, può esserci anche la QUESTIONE DI FIDUCIA posta dal Presidente del Consiglio sulla votazione di un disegno di legge: con lo scopo di subordinare la permanenza del Governo all’esito positivo della votazione (una sorta di minaccia di dimissioni). Una crisi particolare si può verificare in occasione dell’elezione di nuove Camere o di un nuovo Presidente della Repubblica (è solo un atto di omaggio, dovrà respingere le dimissioni). È diverso il rimpasto ministeriale à sostituzione di Ministri (senza crisi); esiste mozione di sfiducia su singoli Ministri. FUNZIONI DEL GOVERNO Il procedimento attraverso il quale si definisce l’indirizzo dello Stato prevede delle fasi: FASE 1 = elezioni FASE 2 = costituzione degli accordi tra partiti per formare alleanze (è una fase nascosta che rappresenta la sconfitta della democrazia) FASE 3 = formazione della maggioranza parlamentare e creazione del Gover

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