Psicologia dello Sviluppo PDF
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Questo documento è un'introduzione alla psicologia dello sviluppo, affrontando temi come l'infanzia, l'adolescenza, l'età adulta e l'età anziana. Il testo esplora le prospettive storiche su questo argomento, le diverse teorie e i processi biologici, cognitivi e socio-emotivi che la contraddistinguono.
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PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO CAPITOLO 1> INTRODUZIONE Giovanni Pascoli, poeta del Decadentismo italiano, ebbe un’infanzia felice nella campagna romagnola, segnata però da una serie di lutti familiari a partire dall’assassinio del padre. Questi traumi influenzarono profondamente la sua opera, incentra...
PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO CAPITOLO 1> INTRODUZIONE Giovanni Pascoli, poeta del Decadentismo italiano, ebbe un’infanzia felice nella campagna romagnola, segnata però da una serie di lutti familiari a partire dall’assassinio del padre. Questi traumi influenzarono profondamente la sua opera, incentrata sul concetto del “fanciullino” e sull’importanza delle emozioni pure dell’infanzia. Un contrasto significativo emerge nella storia di Erika De Nardo, autrice con il fidanzato Omar di un duplice omicidio nel 2001, che solleva interrogativi su come l’infanzia e le esperienze influenzino lo sviluppo personale. 1.1 Lo sviluppo infantile – ieri e oggi Lo sviluppo di un individuo è il processo di cambiamento che inizia con il concepimento e prosegue per tutta la vita, comprendendo sia fasi di crescita sia di declino. Oggi si adotta il concetto di “ciclo di vita” (life-span), che considera lo sviluppo un processo continuo dall’infanzia alla vecchiaia. Sebbene lo sviluppo infantile sia oggi al centro dell’attenzione, storicamente l’interesse verso questo tema è stato discontinuo. 1.1.1 Prospettive storiche sull’infanzia Nel Medioevo l’infanzia non era considerata una fase distinta della vita, e i bambini erano spesso trattati come “adulti in miniatura”. Lo storico Philippe Ariès, analizzando fonti artistiche e letterarie, concluse che prima del 1600 i bambini non avevano uno status speciale, sebbene questa visione sia stata contestata. In ogni epoca, filosofi e pensatori hanno speculato sullo sviluppo infantile, proponendo diverse teorie che hanno influenzato il modo di vedere i bambini. Tra le principali prospettive storiche: 1.Peccato originale (Medioevo): i bambini erano considerati intrinsecamente malvagi e l’educazione mirava alla loro redenzione. 2.Tabula rasa (John Locke, XVII secolo): i bambini erano visti come “tavolette vuote” su cui le esperienze potevano imprimere qualsiasi caratteristica. Locke sottolineava l’importanza dell’educazione e delle interazioni con i genitori. 3.Bontà innata (Jean-Jacques Rousseau, XVIII secolo): i bambini erano ritenuti naturalmente buoni e dovevano essere lasciati crescere liberamente con minimi interventi da parte degli adulti. Oggi l’infanzia è considerata una fase ricca di eventi che plasmano la vita adulta, distinta per caratteristiche e necessità specifiche. I bambini acquisiscono competenze e capacità cruciali per il loro futuro, e il loro benessere è protetto da leggi sul lavoro minorile, sistemi di giustizia dedicati e strutture di supporto. L’infanzia è valorizzata come un momento unico di crescita e sviluppo, su cui la società investe molte risorse per garantire educazione e cura adeguate. 1.1.2 Lo studio moderno dello sviluppo L’era moderna dello studio dello sviluppo infantile inizia alla fine del XIX secolo, quando l’approccio alla psicologia umana si evolve da puramente filosofico a sperimentale. Questo cambiamento deriva dall’influenza delle scienze naturali, che promuovono osservazioni ed esperimenti sistematici. Nonostante le iniziali esitazioni etiche e metodologiche, studiosi come Alfred Binet e G. Stanley Hall introducono metodi innovativi per studiare i bambini, come test cognitivi e questionari, gettando le basi della scienza dello sviluppo infantile. Negli anni Venti, nascono centri di ricerca che approfondiscono vari aspetti del comportamento infantile, come gioco, socializzazione, paure e aggressività. Arnold Gesell contribuisce con l’uso della cupola fotografica per osservare i bambini senza interferire, focalizzandosi sulla precisione delle registrazioni. Parallelamente, la teoria evoluzionistica di Darwin ispira l’idea che lo sviluppo sia legato a processi biologici di maturazione. Gesell, influenzato da Darwin, sostiene che alcune capacità emergano naturalmente con l’età, mentre Hall propone che lo sviluppo infantile avvenga in fasi con caratteristiche e motivazioni specifiche. L’era moderna introduce nuovi concetti sullo sviluppo, considerando l’intero ciclo di vita, non solo l’infanzia e l’adolescenza. Viene riconosciuta l’adultità emergente come fase evolutiva, e l’allungamento della vita modifica la percezione della vecchiaia, evidenziando aspetti di sviluppo anche nell’età adulta e anziana. Infine, i progressi metodologici e tecnologici, come le tecniche di imaging cerebrale, ampliano le possibilità di studio e comprensione dello sviluppo umano. 1.1.3 L’immagine dell’infanzia e la cura del bambino I ricercatori s'interessano di molti temi relativi allo sviluppo divenuti dei topic della società contemporanea, come l'adozione di comportamenti a rischio, l'abuso di droghe, gli stili di parenting e le pratiche educative, le discriminazioni razziali e di genere sessuale. Salute e benessere Lo stile di vita e le condizioni psicologiche influenzano il benessere individuale. La salute è un tema integrato nello studio dello sviluppo infantile, evidenziando l’importanza di analizzare il ruolo di fattori fisici e psicologici nella crescita dei bambini. Parenting Il parenting efficace richiede tempo e un ambiente sicuro, supportivo e stimolante, che consente ai bambini di sviluppare appieno il loro potenziale. Strategie educative e stili genitoriali si trasmettono di generazione in generazione, sia nelle pratiche positive che in quelle negative. Una maggiore comprensione dello sviluppo infantile può migliorare le capacità genitoriali. Educazione L’educazione è fondamentale per il progresso sociale ed economico di una nazione. Oltre allo sviluppo cognitivo, si pone l’attenzione sull’interezza del bambino, includendo gli aspetti socio-emozionali e fisici. Temi attuali includono l’inclusione scolastica e l’efficacia della didattica a distanza, messa in primo piano durante la pandemia di COVID-19. Contesti socio-culturali e diversità Lo sviluppo infantile è fortemente influenzato dal contesto socio-culturale, con cui ci si riferisce ai luoghi nei quali avviene lo sviluppo e che comprende cultura, etnia, status socio-economico e genere. Cultura: Modella i comportamenti e le credenze, influenzando lo sviluppo attraverso tradizioni e interazioni generazionali. Gli studi cross-culturali confrontano gli sviluppi tra diverse culture per individuare elementi universali o specifici. Etnia: Basata su eredità culturali e nazionali, include differenze interne ai gruppi. Pregiudizi e discriminazioni etniche, soprattutto verso i giovani, sono temi di particolare preoccupazione. Status socio-economico (SES): Influisce sullo sviluppo tramite disuguaglianze legate a educazione, risorse economiche e potere sociale, creando opportunità diverse tra gli individui. Genere: Determina caratteristiche e comportamenti associati al fatto di essere maschio o femmina. Il genere influenza identità, relazioni sociali e aspirazioni, modellato dalla cultura di appartenenza. Questo insieme di fattori mostra come il benessere e lo sviluppo dei bambini siano influenzati da un complesso intreccio di variabili individuali e socio-culturali. 1.2 Processi e periodi di sviluppo Lo sviluppo umano combina caratteristiche comuni a tutti gli individui, aspetti condivisi da alcuni e tratti unici. Gli psicologi dello sviluppo studiano sia ciò che accomuna gli esseri umani, come il camminare a un anno, l’uso della fantasia da piccoli e l’indipendenza nell’adolescenza, sia ciò che li rende distinti. L’obiettivo è comprendere le tappe e i fattori che guidano il percorso universale dello sviluppo. 1.2.1 Processi biologici, cognitivi e socio-emotivi Lo sviluppo umano è guidato dall’interazione di tre processi principali: biologici, cognitivi e socio- emotivi. I processi biologici riguardano cambiamenti fisici, come lo sviluppo cerebrale, la crescita corporea e i cambiamenti ormonali. I processi cognitivi includono trasformazioni nel pensiero, nell’intelligenza e nel linguaggio, come il memorizzare, risolvere problemi o immaginare. I processi socio-emotivi si riferiscono ai cambiamenti nelle relazioni, emozioni e personalità, come la gioia, l’aggressività o lo sviluppo della sicurezza di sé. I processi biologici, cognitivi e socio-emotivi sono strettamente interconnessi e si influenzano reciprocamente. Ad esempio, il sorriso di un bambino in risposta alla carezza della madre coinvolge processi biologici (capacità fisica di percepire e rispondere), cognitivi (comprensione delle intenzioni) e socio-emotivi (espressione di emozioni positive e costruzione di relazioni). Due campi di studio emergenti approfondiscono queste connessioni: Neuroscienze cognitive dello sviluppo, che analizzano i legami tra processi cognitivi e sviluppo cerebrale. Neuroscienze sociali dello sviluppo, che esaminano le relazioni tra processi socio-emotivi e cervello. La scoperta dei neuroni specchio da parte di ricercatori italiani ha rivoluzionato lo studio dello sviluppo infantile. Questi neuroni, attivi sia durante l’azione sia nella sua osservazione, spiegano fenomeni come immaginazione, riconoscimento delle emozioni e empatia. I processi biologici, cognitivi e socio-emotivi sono spesso bidirezionali: si influenzano reciprocamente, rendendo necessaria una visione integrata dello sviluppo umano come processo unitario e interdipendente. 1.2.2 Periodi evolutivi Lo sviluppo infantile viene comunemente suddiviso in periodi temporali distinti, ognuno dei quali rappresenta fasi evolutive specifiche. Questi periodi sono: 1.Periodo prenatale: Va dal concepimento alla nascita, della durata di circa 9 mesi. Durante questo periodo, una singola cellula si sviluppa in un organismo con cervello e capacità comportamentali. 2.Prima infanzia (dalla nascita ai 18-24 mesi): Inizia con un periodo di totale dipendenza dagli adulti, dove si sviluppano competenze psicologiche come la capacità di parlare, coordinare sensazioni e azioni, e pensare simbolicamente. 3.Seconda infanzia (dai 2 ai 5-6 anni): Durante questo periodo, i bambini diventano più autosufficienti, imparano abilità necessarie per la scuola e trascorrono molto tempo a giocare con i coetanei. 4.Fanciullezza (dai 6 agli 11 anni): I bambini acquisiscono competenze come leggere, scrivere e contare, e si confrontano con il mondo esterno e la propria cultura, sviluppando l’autocontrollo e il desiderio di risultati. 5.Adolescenza (dai 10-12 ai 18-19 anni): Segnata da rapidi cambiamenti fisici e dall’emergere del desiderio di indipendenza, l’adolescenza comporta anche il pensiero astratto e logico, con un focus sulla ricerca dell’identità. Oggi, gli studiosi considerano lo sviluppo come un processo che continua per tutta la vita, includendo l’età adulta e la vecchiaia. Dopo l’adolescenza, esiste un periodo chiamato adultità emergente (dai 18 ai 25-30 anni), caratterizzato dall’esplorazione dell’identità e dall’instabilità, in cui la persona non è ancora adulta ma non è più adolescente. L’età adulta si estende generalmente dai 30 ai 55 anni, suddivisa in diverse fasi che includono il matrimonio, la genitorialità e la realizzazione lavorativa. Le differenze culturali giocano un ruolo importante, come ad esempio la durata dell’adultità emergente in Europa del Sud rispetto ai Paesi del Nord. Il periodo dell’età anziana inizia generalmente dopo i 55 anni, suddiviso in giovani anziani (56-65 anni), anziani medi (66-75 anni), vecchi (76-85 anni) e grandi vecchi (>86 anni). La pensione segna l’inizio di questa fase, che comporta cambiamenti fisici e una possibile riduzione delle capacità cognitive, come la memoria e l’attenzione. Tuttavia, l’esercizio fisico e una buona forma fisica possono mitigare questi effetti. Emotivamente, l’età avanzata può essere segnata dalla perdita di familiari e amici, dalla solitudine e dalla consapevolezza della limitatezza del futuro, che possono portare alla depressione. Tuttavia, molte persone anziane riescono a rimanere positive, ridefinendo le priorità e apprezzando il presente. In generale, lo sviluppo di un individuo è il risultato di un’interazione continua tra processi biologici, cognitivi e socio-emotivi. 1.2.3 Effetti di coorte Lo sviluppo di un individuo non dipende solo dai periodi evolutivi, ma anche dalle esperienze condivise con il gruppo di persone nate nello stesso periodo storico. Le esperienze comuni, come crescere nella stessa città o durante eventi storici significativi, influenzano il percorso di sviluppo e possono produrre differenze tra coorti (gruppi di persone nate nello stesso periodo). Ad esempio, gli adulti cresciuti durante la Grande Depressione o la Seconda Guerra Mondiale potrebbero avere opportunità educative e status economici diversi rispetto a quelli cresciuti durante il boom economico degli anni ’90 o nei giorni nostri. Gli effetti di coorte, legati al tempo di nascita o generazione, non sono influenzati dall’età effettiva. Un esempio recente di coorte è quella dei millennial, la generazione nata dopo il 1980. Questa generazione si distingue per una maggiore diversità etnica e per un forte legame con la tecnologia. La crescente diversità etnica ha reso molti millennial più tolleranti e di mentalità più aperta rispetto alle generazioni precedenti. Inoltre, i millennial sono caratterizzati da un uso straordinario di media e tecnologia, un cambiamento significativo rispetto alle generazioni precedenti. 1.3 Questioni relative allo sviluppo. 1.3.1 Natura e cultura La contrapposizione tra natura e cultura riguarda il dibattito su quale sia la principale influenza nello sviluppo umano, se l’eredità biologica (natura) o le esperienze ambientali (cultura). Gli studiosi della “natura” sostengono che lo sviluppo dipenda principalmente dalla genetica, evidenziando comportamenti comuni e tappe di crescita stabilite geneticamente, come il cammino e l’apprendimento del linguaggio. Tuttavia, ambienti estremi possono rallentare lo sviluppo. D’altra parte, i sostenitori della “cultura” sottolineano l’importanza dell’ambiente, come la nutrizione, l’educazione e le interazioni sociali, che influenzano aspetti come le capacità cognitive e le modalità di relazione. Un bambino cresciuto in contesti diversi, come il Bangladesh e Denver, avrà esperienze e abilità differenti, nonostante il patrimonio genetico comune. Recenti studi nelle neuroscienze dello sviluppo, come quelli sui neuroni specchio, supportano l’idea che i fenomeni cognitivi ed emotivi abbiano una base biologica, ma questa non spiega completamente il comportamento umano. Pertanto, la questione natura-cultura non dovrebbe essere ridotta a posizioni deterministiche: lo sviluppo è il risultato dell’interazione tra fattori biologici e ambientali. 1.3.2 Continuità e discontinuità Il dibattito continuità-discontinuità riguarda se lo sviluppo avviene in modo graduale e cumulativo (continuità) o attraverso fasi distinte (discontinuità). Gli studiosi che enfatizzano l’aspetto culturale tendono a vedere lo sviluppo come un processo continuo, simile al germoglio che cresce in una quercia, dove anche eventi apparentemente improvvisi, come la prima parola di un bambino, sono il risultato di un lungo processo. Al contrario, chi sottolinea gli aspetti naturali e ereditari dello sviluppo vede lo sviluppo come una serie di fasi separate, come il passaggio del bruco alla farfalla, con cambiamenti qualitativi piuttosto che quantitativi. Un esempio di discontinuità è il passaggio del bambino dalla fase in cui non è in grado di pensare in modo astratto a una fase in cui può farlo, rappresentando un cambiamento evolutivo qualitativo. 1.3.3 Le prime esperienze e le esperienze successive. Il dibattito prime esperienze-esperienze successive esplora l’importanza delle prime esperienze nell’infanzia rispetto a quelle successive nello sviluppo. Chi sostiene l’importanza delle prime esperienze crede che eventi precoci siano cruciali e difficili da superare, poiché rappresentano un modello iniziale per il bambino. D’altro canto, chi enfatizza le esperienze successive considera lo sviluppo come un processo continuo, in cui anche esperienze positive posteriori possono superare le difficoltà iniziali. Storicamente, molte teorie, come quelle di Platone e dei pastori del XIX secolo, hanno dato grande valore alle prime esperienze, mentre altri studiosi moderni ritengono che il bambino sia malleabile per tutta la vita e che le esperienze successive siano altrettanto, se non più, influenti. Ad esempio, Jerome Kagan ha dimostrato che anche i bambini con un temperamento inibito possono modificare il loro comportamento grazie a esperienze successive. Inoltre, le opinioni culturali variano: nelle culture occidentali è prevalente l’idea che le prime esperienze siano determinanti, mentre in molte culture asiatiche si ritiene che le esperienze più rilevanti avvengano intorno ai sei-sette anni, quando si sviluppano capacità cognitive più avanzate. 1.3.4 Valutazioni sulle questioni legate allo sviluppo Molti studiosi riconoscono che non è saggio adottare posizioni estremiste riguardo a temi come natura e cultura, continuità e discontinuità, o prime esperienze ed esperienze successive. Lo sviluppo umano è influenzato da tutti questi fattori, che giocano un ruolo importante lungo tutta la vita. Tuttavia, continua a esserci dibattito su quanto ciascuno di questi aspetti incida sullo sviluppo. In aggiunta, un nuovo dibattito riguarda la questione se lo sviluppo sia dominio-generale o dominio- specifico. Nel primo caso, lo sviluppo è visto come un processo che coinvolge uniformemente tutto il sistema cognitivo, mentre nel secondo caso si considera che diverse aree della conoscenza si sviluppino in modi e tempi diversi. Queste teorie riflettono concezioni diverse della mente: nel caso del dominio-generale, la mente è paragonata a una mela omogenea, mentre nel caso del dominio- specifico, è paragonata a un’arancia, con i suoi spicchi rappresentanti i diversi ambiti cognitivi. 1.4 Teorie dello sviluppo Nel capitolo successivo si esplorerà come la costruzione di teorie sia centrale nello studio scientifico dei bambini. Le teorie guidano la ricerca, formulando ipotesi che vengono testate per valutare la “bontà” della teoria. Le teorie e le ipotesi sono in relazione bidirezionale: le teorie generano ipotesi, e i risultati delle ricerche sulle ipotesi rafforzano o mettono in discussione le teorie. Diverse teorie cercano di spiegare lo sviluppo infantile, e questo paragrafo introduce cinque approcci principali: psicanalitico, cognitivo, comportamentale e socio-cognitivo, etologico ed ecologico. Ogni approccio offre un contributo unico alla comprensione dello sviluppo, e sebbene possano divergere su alcuni aspetti, i loro principi sono spesso complementari. Insieme, queste teorie forniscono una visione completa dello sviluppo infantile, integrando i processi biologici, cognitivi e socio-emotivi. Ogni approccio affronta diversamente le questioni relative alla continuità o discontinuità dello sviluppo, alle influenze biologiche o ambientali, e all’importanza delle esperienze precoci o successive. 1.4.1 Teorie psicanalitiche La teoria psicanalitica descrive lo sviluppo come un processo principalmente inconscio, influenzato dalle emozioni. Secondo i teorici psicanalitici, i comportamenti sono solo manifestazioni superficiali e per comprendere appieno lo sviluppo è necessario analizzare i significati simbolici dei comportamenti e i meccanismi profondi della mente. La teoria sottolinea anche l’importanza delle prime esperienze con i genitori, che influenzano in modo significativo lo sviluppo. La teoria di Freud Freud, attraverso l’analisi dei suoi pazienti, giunse alla conclusione che i loro problemi derivassero da esperienze vissute nei primi anni di vita. Secondo Freud, lo sviluppo infantile avviene attraverso cinque fasi psico-sessuali: orale, anale, fallica, di latenza e genitale. La personalità adulta è determinata da come vengono risolti i conflitti tra le varie fonti di piacere e le esigenze della realtà. Se il bisogno di piacere non è soddisfatto o è eccessivamente soddisfatto in una fase, si può verificare una fissazione a quella fase. Particolarmente significativa è la fase fallica, in cui si sviluppa il complesso di Edipo, un desiderio inconscio di sostituirsi al genitore dello stesso sesso e conquistare l’affetto del genitore di sesso opposto. Questo conflitto si risolve quando il bambino, intorno ai 5-6 anni, si rende conto delle conseguenze sociali e si identifica con il genitore dello stesso sesso. La teoria freudiana è stata rivisitata da molti teorici, alcuni dei quali hanno criticato l’enfasi eccessiva sugli istinti sessuali, concentrandosi maggiormente sulle esperienze culturali come determinanti dello sviluppo. Sebbene l’inconscio rimanga un concetto centrale, molti psicanalisti contemporanei attribuiscono maggiore importanza al pensiero cosciente rispetto a quanto Freud avesse suggerito. La teoria psicosociale di Erikson Erik Erikson, psicoanalista che ha ampliato la teoria di Freud, afferma che lo sviluppo umano non è solo determinato da fattori sessuali, come sostenuto da Freud, ma anche da fattori sociali. Secondo Erikson, l’individuo attraversa otto fasi psicosociali nel corso della vita, ognuna delle quali presenta una “crisi” che l’individuo deve affrontare per progredire verso una crescita sana. Le fasi sono: 1.Fiducia di base/Sfiducia di base (0-1 anno): il bambino sviluppa fiducia nell’ambiente se i bisogni fisici e affettivi sono soddisfatti, creando un senso di sicurezza verso il mondo. 2.Autonomia/Vergogna e dubbio (1-3 anni): il bambino acquisisce consapevolezza della propria indipendenza. Se non supportato, può sviluppare vergogna e dubbi sulle proprie capacità. 3.Iniziativa/Senso di colpa (3-6 anni): in età prescolare, il bambino inizia a prendere iniziative e a sperimentare la responsabilità. Un eccessivo senso di colpa può sorgere se non supportato. 4.Industriosità/Senso d’inferiorità (6-12 anni): durante la scuola primaria, il bambino si dedica al miglioramento delle proprie competenze. Se fallisce, può sviluppare un senso di inferiorità. 5.Identità/Diffusione di identità (adolescenza): l’adolescente esplora e definisce la propria identità. La confusione nell’identità può derivare dalla pressione sociale o dall’incapacità di esplorare diverse possibilità. 6.Intimità/Isolamento (adulta giovane): l’adulto giovane affronta la sfida di formare relazioni intime. Il successo porta a connessioni profonde, mentre il fallimento può portare a isolamento. 7.Generatività/Stagnazione (adulta matura): nella maturità, l’individuo cerca di contribuire alla crescita delle future generazioni. Se non riesce, sperimenta stagnazione e insoddisfazione. 8.Integrità/Disperazione (vecchiaia): riflettendo sulla vita, l’individuo che ha risolto positivamente le crisi precedenti percepisce una vita soddisfacente (integrità), mentre chi ha fallito può provare disperazione. Erikson considera le crisi non come catastrofi, ma come opportunità di crescita. Ogni fase ha un impatto sulla formazione della personalità e sulla capacità dell’individuo di affrontare le sfide della vita. Valutazioni sulle teorie psicanalitiche Le teorie psicanalitiche si concentrano sui processi socio-emotivi dello sviluppo, evidenziando l’importanza delle prime esperienze, delle relazioni familiari e dell’inconscio. Tuttavia, sono criticate per la mancanza di supporto scientifico, l’eccessiva enfasi sulla sessualità e un’immagine negativa dei bambini, soprattutto nella teoria freudiana. La teoria di Piaget sullo sviluppo cognitivo La teoria di Piaget sostiene che i bambini costruiscono attivamente la loro visione del mondo attraversando quattro stadi cognitivi. I processi di base sono l’organizzazione (organizzare esperienze) e l’adattamento (includere nuove idee). Piaget afferma che la cognizione cambia qualitativamente in ogni stadio. Ogni stadio è qualitativamente diverso dal precedente e dal successivo. Piaget adotta una prospettiva dominio-generale, secondo cui i cambiamenti evolutivi non sono specifici di un singolo ambito cognitivo, ma interessano l’intera struttura cognitiva. Di conseguenza, i progressi nei diversi domini dell’attività cognitiva riflettono modalità simili di avanzamento, coerenti con lo stadio di sviluppo raggiunto. Le fasi sono: 1.Stadio sensomotorio (0-2 anni): il bambino esplora il mondo coordinando esperienze sensoriali e azioni fisiche. 2.Stadio preoperatorio (2-7 anni): il bambino inizia a rappresentare il mondo con parole e immagini, ma non ha ancora la capacità di eseguire operazioni mentali. 3.Stadio operatorio concreto (7-11 anni): il bambino sviluppa il pensiero logico applicabile a situazioni concrete, ma non a concetti astratti. 4.Stadio operatorio formale (11-15 anni e oltre): il pensiero diventa più astratto e logico, permettendo di immaginare possibilità future e risolvere problemi in modo sistematico. La teoria cognitiva socio-culturale di Vygotskij Lev Vygotskij, come Piaget, sostiene che i bambini costruiscono attivamente le loro conoscenze, ma attribuisce un ruolo più importante alle interazioni sociali e culturali. La sua teoria cognitiva socio- culturale evidenzia come la cultura e le interazioni sociali influenzino lo sviluppo cognitivo. Vygotskij ritiene che lo sviluppo di memoria, attenzione e ragionamento dipenda dall’apprendimento degli strumenti culturali, come il linguaggio e i sistemi matematici. L’interazione con adulti o pari più competenti è fondamentale, poiché i bambini apprendono a usare strumenti per adattarsi e avere successo nella loro cultura. La conoscenza, secondo Vygotskij, non è solo interna all’individuo, ma è costruita attraverso interazioni sociali e culturali. Sebbene inizialmente ignorate in America, le teorie di Piaget e Vygotskij hanno avuto un grande impatto sugli educatori e psicologi a partire dagli anni Sessanta. La teoria dell’elaborazione delle informazioni La teoria dell’elaborazione delle informazioni, influenzata principalmente dallo sviluppo dei computer, stabilisce analogie tra hardware e cervello, e tra software e processi cognitivi. Essa descrive il pensiero come manipolazione, controllo e utilizzo strategico delle informazioni, senza suddividere lo sviluppo in stadi, a differenza di Piaget. Secondo Siegler, pensare equivale a elaborare informazioni attraverso percezione, codifica, immagazzinamento e richiamo, enfatizzando l’importanza dell’apprendimento di strategie efficaci per lo sviluppo cognitivo. Valutazioni sulle teorie cognitive Le teorie cognitive sono apprezzate per l’immagine positiva dello sviluppo e per l’accento sulla costruzione attiva della conoscenza. Tuttavia, vengono criticate per il dubbio sulla rigidità degli stadi di Piaget e per la scarsa considerazione delle differenze individuali nello sviluppo cognitivo. 1.4.3 Teorie comportamentiste e socio-cognitive La teoria comportamentista, sviluppata da Pavlov e Watson, sostiene che lo sviluppo consiste in comportamenti osservabili appresi attraverso l’esperienza e l’interazione con l’ambiente. Questo approccio, focalizzato su ciò che è misurabile e osservabile, enfatizza la continuità nello sviluppo, escludendo la divisione in stadi. Le principali versioni includono il condizionamento classico di Pavlov, il condizionamento operante di Skinner e la teoria socio-cognitiva di Bandura. Il condizionamento classico di Pavlov Ivan Pavlov scoprì il condizionamento classico osservando che i cani potevano associare uno stimolo neutro, come un campanello, a uno stimolo che provoca una reazione automatica, come il cibo, fino a rispondere al solo stimolo neutro. John Watson dimostrò che il condizionamento classico si applica anche agli esseri umani: il piccolo Albert sviluppò la paura di un ratto bianco associandolo a un forte rumore. Questo principio spiega molte paure apprese, come quelle legate a esperienze dolorose o traumatiche. Il condizionamento operante di Skinner Nel condizionamento operante di Skinner le conseguenze di un comportamento influenzano la probabilità che esso si ripeta. Un comportamento seguito da una gratificazione è più probabile che si ripresenti rispetto a uno seguito da una punizione. Skinner riteneva che gratificazioni e punizioni giocassero un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’individuo. Secondo lui, un bambino può sviluppare caratteristiche come la timidezza in risposta alle sue esperienze ambientali, ma potrebbe imparare a godere delle interazioni sociali se l’ambiente cambia. Skinner considerava il comportamento, e non i pensieri o i sentimenti, l’aspetto centrale dello sviluppo, sottolineando che i cambiamenti nello sviluppo sono determinati da rinforzi e punizioni. La teoria socio-cognitiva di Bandura La teoria socio-cognitiva, sviluppata da Albert Bandura, sostiene che comportamento, ambiente e cognizione siano fattori cruciali nello sviluppo. Bandura enfatizza il legame tra i processi cognitivi, l’ambiente e il comportamento, con un focus sull’apprendimento osservativo, cioè l’apprendimento che avviene osservando gli altri. Ad esempio, un bambino che vede il padre comportarsi in modo aggressivo potrebbe ripetere lo stesso comportamento. Bandura sostiene che le persone acquisiscono comportamenti, pensieri ed emozioni osservando gli altri, e queste osservazioni sono fondamentali nello sviluppo infantile. Nel suo modello, Bandura evidenzia l’interazione tra comportamento, cognizione e ambiente: le attività cognitive influenzano il comportamento e l’ambiente, mentre l’ambiente può modificare i processi cognitivi e viceversa. Un esempio di fattore cognitivo sono le strategie, mentre un esempio di fattore personale è la percezione del controllo sul proprio successo. Valutazioni sulle teorie comportamentiste e socio-cognitive Le teorie comportamentiste e socio-cognitive hanno contribuito con l’enfasi sulla ricerca scientifica e sull’importanza dei determinanti ambientali del comportamento. La teoria socio-cognitiva di Bandura, in particolare, mette in evidenza le interazioni reciproche tra comportamento, ambiente e fattori cognitivi della persona. Tuttavia, le critiche principali includono il fatto che l’approccio di Skinner non considera la cognizione e non presta abbastanza attenzione ai cambiamenti evolutivi e ai fondamenti biologici del comportamento. 1.4.4 La teoria etologica A metà del XX secolo, gli psicologi dello sviluppo iniziarono a considerare le basi biologiche dello sviluppo, grazie agli studi pionieristici degli zoologi europei nel campo dell’etologia. La teoria etologica sostiene che il comportamento è fortemente influenzato dalla biologia e dall’evoluzione, e che esistono periodi critici o sensibili durante i quali esperienze specifiche possono avere un impatto duraturo sugli individui. Konrad Lorenz (1903-1989) condusse esperimenti sulle oche selvatiche, osservando che i pulcini, subito dopo la schiusa, seguivano il primo oggetto in movimento che vedevano, che poteva essere la madre o lo stesso Lorenz, dimostrando il fenomeno dell’imprinting. Questo processo di apprendimento innato e rapido avviene in un periodo critico e produce un attaccamento verso l’oggetto osservato. La ricerca etologica ha spinto gli psicologi a riconoscere l’importanza delle basi biologiche nello sviluppo. Tuttavia, la teoria etologica classica aveva dei limiti, soprattutto nel simulare studi sugli esseri umani e nell’eccessivo rigore del concetto di periodo critico, considerato troppo rigido. Più recentemente, la prospettiva etologica si è evoluta, proponendo l’idea di un periodo sensibile più esteso. Un importante contributo a questa evoluzione è stato dato da John Bowlby, che applicò la teoria etologica allo sviluppo umano. Bowlby sosteneva che l’attaccamento nei primi anni di vita avesse un ruolo fondamentale nello sviluppo emotivo e sociale dell’individuo. Un attaccamento sicuro nel primo anno favorisce la crescita di un individuo emotivamente maturo e capace di stabilire relazioni sociali positive. Al contrario, un attaccamento insicuro può portare a difficoltà nelle relazioni e nella gestione delle emozioni. Secondo Bowlby, il primo anno di vita rappresenta un periodo sensibile cruciale per lo sviluppo delle relazioni sociali. Valutazioni sulla teoria etologica La teoria etologica ha contribuito a focalizzare l’attenzione sulle basi biologiche ed evoluzionistiche dello sviluppo, utilizzando osservazioni accurate in contesti naturali. Tuttavia, i critici sostengono che venga data troppa enfasi alle basi biologiche e che i concetti di periodo critico e sensibile siano ancora troppo rigidi. 1.4.5 La teoria ecologica La teoria ecologica di Urie Bronfenbrenner si concentra sull’influenza dei contesti ambientali nello sviluppo, a differenza della teoria etologica che mette in evidenza i fattori biologici. Secondo Bronfenbrenner, lo sviluppo è influenzato da cinque sistemi ambientali: 1.Microsistema: i contesti in cui l’individuo vive, come la famiglia, i coetanei, la scuola, e il lavoro. Qui avvengono le interazioni dirette con agenti sociali come genitori e insegnanti. 2.Mesosistema: le relazioni tra i microsistemi, ad esempio, le interazioni tra la famiglia e la scuola o tra la scuola e la chiesa. 3.Esosistema: l’influenza di esperienze in contesti sociali in cui l’individuo non ha un ruolo attivo, come le esperienze lavorative che possono influenzare la vita familiare. 4.Macrosistema: la cultura in cui l’individuo vive, comprendente credenze, stili di comportamento e tradizioni tramandate di generazione in generazione. 5.Cronosistema: i cambiamenti nel tempo causati da eventi ambientali e transizioni nella vita, come il divorzio o le modifiche culturali e sociali, come l’aumento delle opportunità professionali per le donne. Bronfenbrenner ha successivamente ampliato la sua teoria includendo anche le influenze biologiche, descrivendola come una teoria bioecologica, pur mantenendo l’importanza dei contesti ecologici nell’influenzare lo sviluppo. Valutazioni sulla teoria ecologica La teoria ecologica di Bronfenbrenner è apprezzata per l’analisi dei sistemi ambientali e delle loro connessioni, evidenziando l’influenza di contesti sociali come famiglia, scuola e lavoro sullo sviluppo. Le critiche principali riguardano la scarsa attenzione alle basi biologiche e ai fattori cognitivi dello sviluppo. 1.4.6 Un approccio teorico eclettico Nessuna teoria da sola può spiegare completamente lo sviluppo infantile, ma ciascuna contribuisce in modo significativo. La teoria psicanalitica spiega l’inconscio, quella di Erikson descrive i cambiamenti nell’arco della vita, mentre Piaget, Vygotskij e le teorie sull’elaborazione delle informazioni offrono una visione completa dello sviluppo cognitivo. Le teorie comportamentista, sociocognitiva ed ecologica sono efficaci nell’analizzare l’influenza ambientale. La teoria etologica sottolinea il ruolo della biologia e dei periodi sensibili. Un approccio teorico eclettico, che combina i punti di forza di ciascuna teoria, è più utile per comprendere la realtà dello sviluppo. 1.4.7 Sviluppo, educazione…inclusione La psicologia dello sviluppo applicata all’educazione adotta un approccio eclettico che integra le teorie più convincenti, con l’obiettivo di migliorare il benessere e l’inclusione nelle scuole. La promozione dell’inclusione va oltre l’assenza di disabilità, cercando di garantire che ogni individuo si senta a proprio agio e partecipi attivamente nell’apprendimento. L’inclusione si differenzia dall’integrazione, poiché quest’ultima richiede l’adattamento dell’individuo alla cultura dominante, mentre l’inclusione promuove un rapporto equo tra persona e ambiente. La cultura dell’inclusione sta cambiando anche il linguaggio, ad esempio usando termini come “bambino con autismo” anziché “bambino autistico”, per non ridurre la persona alla sua condizione. Questo libro adotta un linguaggio inclusivo, evitando espressioni che sottolineano limiti, e suggerisce ai lettori di prestare attenzione anche al linguaggio nel contesto educativo e psicologico. CAPITOLO 2> LO STUDIO SCIENTIFICO DELLO SVILUPPO INFANTILE Le teorie dello sviluppo differiscono per via della varietà di idee a cui i teorici sono esposti durante la formazione e delle loro esperienze di vita. Erik Erikson e Jean Piaget, due figure chiave nello studio dello sviluppo, offrono un esempio di come esperienze personali possano influenzare la teoria. Erik Erikson (1902-1994), nato in Germania da genitori danesi, visse un’infanzia segnata dall’assenza del padre biologico e dall’adozione del cognome del patrigno. Erikson, poco attratto dall’istruzione convenzionale, vagabondò per l’Europa in cerca di sé stesso, esperienza che influì profondamente sulla sua futura teoria dello sviluppo dell’identità. Jean Piaget (1896-1980), nato in Svizzera, crebbe in un ambiente intellettuale influenzato dal padre sistematico e dalla madre, brillante ma soggetta a crisi nevrotiche. Piaget abbandonò presto il gioco per dedicarsi a lavori più seri, sviluppando un interesse per lo studio della normalità e del funzionamento intellettivo piuttosto che per gli aspetti inconsci della mente. Questi elementi ispirarono la sua teoria sullo sviluppo cognitivo. Le differenze tra Erikson e Piaget mostrano come il vissuto personale influenzi la direzione teorica. Erikson enfatizzò il processo di ricerca di sé e l’identità, mentre Piaget si focalizzò sullo sviluppo cognitivo sistematico. 2.1 L’importanza della ricerca sullo sviluppo infantile Lo sviluppo infantile è una scienza non per l’oggetto di studio, ma per il metodo con cui viene studiato. Sebbene possa sembrare meno “esatto” rispetto a discipline come fisica o chimica, utilizza un approccio scientifico sistematico, oggettivo e verificabile, che minimizza l’influenza di opinioni personali. Attraverso il metodo scientifico, i ricercatori affrontano questioni complesse, come l’efficacia di cure speciali per bambini trascurati o l’impatto di un mentore scolastico sui risultati accademici. Questo metodo si basa su quattro fasi principali: 1) concettualizzazione del problema; 2) raccolta dei dati; 3) analisi dei dati; 4) formulazione delle conclusioni. Tale approccio consente di rispondere a domande cruciali sullo sviluppo infantile in modo rigoroso e affidabile. 2.1.1 I metodo pseudo-scientifici e pre-scientifici La scienza si basa su metodi rigorosi per comprendere il mondo reale, sviluppando ipotesi o teorie sottoposte a verifica sistematica. Questo approccio deve soddisfare criteri fondamentali: determinismo, empirismo, integrazione teorica, dinamismo, dimensione pubblica e evoluzione paradigmatica. La scienza si distingue per il metodo utilizzato, non per l’oggetto di studio. Il metodo scientifico, comune a tutte le discipline (scienze fisiche, biologiche e umane), si basa su una logica universale e include tecniche specifiche che variano in base al campo d’indagine e allo stadio della ricerca. Nelle scienze umane, accanto al metodo scientifico, si usano metodi pre-scientifici o pseudo-scientifici come intuizione, esperienza e autorità, che non rispettano i principi della scienza. Questi metodi possono essere utili per formulare domande, ma non offrono risultati verificabili. Per esempio, credenze come le superstizioni o generalizzazioni basate sull’esperienza personale possono portare a errori di giudizio. L’esperienza personale e le affermazioni di autorità, pur influenti, devono essere sottoposte a verifica scientifica. La scienza dello sviluppo infantile cerca di distinguere fatti e opinioni attraverso un’analisi rigorosa, promuovendo uno scetticismo costruttivo verso metodi non scientifici e garantendo una base solida per l’avanzamento delle conoscenze. 2.1.2 L’approccio basato sulla ricerca scientifica La ricerca scientifica utilizza il metodo scientifico, un approccio sistematico che garantisce informazioni accurate e si sviluppa attraverso diverse fasi. Queste includono la concettualizzazione del problema, la raccolta dei dati, l’analisi, il confronto con altre ricerche e la revisione delle teorie e dei risultati. La concettualizzazione del problema richiede l’identificazione di un tema specifico da indagare. Per farlo, si ricorre spesso a teorie esistenti, definite come insiemi coerenti di idee che spiegano un fenomeno e permettono previsioni. Si formulano quindi ipotesi, supposizioni verificabili che orientano la ricerca. È fondamentale restringere ulteriormente la questione per definire esattamente ciò che si intende studiare e come. La formulazione del problema può avvenire per deduzione, partendo da teorie preesistenti, o per induzione, basandosi sull’osservazione preliminare, detta osservazione di riconoscimento, utile soprattutto in ambiti nuovi e poco esplorati. Le ipotesi teoriche vengono poi trasformate in ipotesi operazionali, cioè, definite in termini concreti e misurabili. Nella fase di raccolta dei dati, i ricercatori scelgono il disegno di ricerca più adatto al problema, considerando il grado di validità desiderato, come la validità ecologica o quella interna. I dati raccolti vengono successivamente analizzati con metodi statistici per trarre conclusioni e determinare se i risultati osservati sono significativi o frutto del caso. Infine, i risultati vengono confrontati con altre ricerche e utilizzati per confermare, rivedere o respingere le teorie iniziali. Il processo di ricerca è ciclico: le teorie ispirano nuove ricerche, che a loro volta influenzano e modificano le teorie stesse. 2.1.3 Le validità della ricerca scientifica La validità di una ricerca dipende dal livello di controllo esercitato dal ricercatore sulle condizioni e sui metodi di osservazione. Esistono diversi tipi di validità, ciascuno con caratteristiche specifiche, da privilegiare a seconda dell’oggetto di studio. La validità interna riguarda la capacità della ricerca di dimostrare una relazione causale tra la variabile manipolata (indipendente) e quella misurata (dipendente). Una ricerca è valida internamente quando tutte le possibili variabili intervenienti sono state controllate. Minacce comuni alla validità interna includono selezione non casuale del campione, effetti di maturazione (cambiamenti naturali nel tempo nei soggetti) e mortalità del campione (abbandono dei partecipanti). La validità esterna si riferisce alla possibilità di generalizzare i risultati a contesti o popolazioni diverse. È strettamente legata alla rappresentatività del campione e ai metodi di raccolta dei dati. Un campione troppo specifico o non rappresentativo limita la generalizzabilità dei risultati, compromettendo la validità esterna. La validità di costrutto riguarda la coerenza tra i risultati ottenuti e la teoria di riferimento. Una ricerca ha validità di costrutto quando i risultati non possono essere spiegati da teorie diverse da quella utilizzata. Questa validità può essere compromessa da una definizione ambigua del fenomeno in esame. La validità ecologica concerne la corrispondenza tra il contesto della ricerca e la realtà a cui si vuole applicare. In generale, ambienti altamente controllati, come il laboratorio, possono limitare la spontaneità dei comportamenti osservati, riducendo la validità ecologica. Tuttavia, non è il laboratorio in sé a costituire una minaccia, ma piuttosto il modo in cui viene strutturato e gestito. Infine, il carattere scientifico della ricerca minimizza i bias, garantendo risultati replicabili e generalizzabili. Tuttavia, il rispetto di principi etici universali è fondamentale per mantenere l’integrità della ricerca. 2.2 Descrivere e/o spiegare lo sviluppo Lo sviluppo infantile è un argomento complesso e multifattoriale, per cui nessuna teoria è sufficiente a spiegarlo interamente. Le teorie contribuiscono ciascuna con elementi complementari, fornendo una visione complessiva e ricca dello sviluppo. Un approccio eclettico seleziona aspetti convincenti da diverse teorie, basandosi sulla ricerca scientifica, che permette di modificare e adattare le teorie alla luce di nuovi dati. 2.2.1 Disegni di ricerca Le teorie influenzano direttamente i metodi di ricerca utilizzati, poiché ogni approccio teorico si associa a specifiche modalità di indagine. Il disegno di ricerca rappresenta la struttura della ricerca e definisce le disposizioni necessarie per rispondere al problema investigato o verificare le predizioni formulate. Esso include decisioni riguardanti il trattamento dei partecipanti, il controllo delle variabili, la raccolta e analisi dei dati, influenzando la validità della ricerca. Ad esempio, se si vuole indagare se i figli di genitori permissivi siano più indisciplinati, il metodo di raccolta dati dipenderà dall’obiettivo: descrivere un fenomeno, esplorarne le relazioni o identificarne cause ed effetti. In tale scenario, potrebbe essere utile osservare e confrontare i comportamenti di genitori permissivi e severi. La scelta di un disegno di ricerca appropriato è cruciale e può essere descrittivo, correlazionale o sperimentale, a seconda della natura dell’indagine. 2.2.2 La ricerca descrittiva La ricerca descrittiva si concentra sull’osservazione e registrazione dei comportamenti senza identificare cause. Tra i metodi più comuni c’è l’osservazione naturalistica, caratterizzata dalla non intrusività e dall’assenza di manipolazione delle variabili. Questo approccio garantisce la naturalità dei comportamenti osservati, poiché i soggetti agiscono nel loro ambiente naturale senza sentirsi osservati. 2.2.3 La ricerca correlazionale La ricerca correlazionale analizza l’intensità della relazione tra due o più variabili, fornendo strumenti per prevedere un evento in base a un altro. Il coefficiente di correlazione, variabile da -1.00 a +1.00, misura questa associazione: valori positivi indicano relazioni dirette, negativi, relazioni inverse, mentre 0 segnala l’assenza di correlazione. Tuttavia, correlazione non implica causalità; fattori esterni possono influenzare i risultati, rendendo necessaria un’interpretazione cauta dei dati. 2.2.4 La ricerca sperimentale La ricerca sperimentale, o vero esperimento, permette di studiare le relazioni di causa ed effetto. Lo sperimentatore manipola uno o più fattori ritenuti influenti sul comportamento, mantenendo costanti le altre variabili, e assegna i soggetti in modo casuale alle condizioni sperimentali. Se il comportamento cambia in seguito alla manipolazione, il fattore modificato è identificato come la causa del cambiamento. A differenza dei metodi descrittivi e correlazionali, la ricerca sperimentale consente di stabilire con certezza relazioni causali. Variabili dipendenti e indipendenti Gli esperimenti si basano su due tipi di variabili: le variabili indipendenti, manipolate dallo sperimentatore per valutare il loro effetto, e le variabili dipendenti, che rappresentano i cambiamenti osservati in risposta a tali manipolazioni. Per esempio, in uno studio sull’influenza dell’esercizio aerobico in gravidanza sui ritmi di sonno e respirazione dei neonati, l’esercizio è la variabile indipendente, mentre i ritmi osservati nei neonati sono le variabili dipendenti. La validità interna è garantita da due elementi chiave: l’uso di un gruppo di controllo e l’assegnazione casuale dei soggetti alle diverse condizioni sperimentali. Gruppo sperimentale e gruppo di controllo Gli esperimenti includono uno o più gruppi sperimentali e di controllo. Il gruppo sperimentale è sottoposto alla manipolazione della variabile indipendente, mentre il gruppo di controllo serve come termine di paragone, trattato in modo analogo ma senza subire la manipolazione. L’assegnazione casuale dei partecipanti ai gruppi riduce il rischio che differenze preesistenti influenzino i risultati. Ad esempio, in uno studio sull’esercizio aerobico in gravidanza, il gruppo sperimentale svolge esercizi specifici, mentre il gruppo di controllo non li pratica. Questo approccio permette di isolare gli effetti della manipolazione sulla variabile dipendente. Quasi-esperimento Un quasi-esperimento è un piano di ricerca in cui lo sperimentatore non ha un controllo completo sulle condizioni. Ad esempio, se si vuole studiare l’effetto della statura sulle prestazioni, il ricercatore deve fare affidamento sulla variabilità naturale della statura, senza poter manipolare direttamente questa variabile. I quasi-esperimenti, come la ricerca sul campo o la ricerca-azione, possono presentare problemi di validità interna, poiché i gruppi di soggetti sono preesistenti e potrebbero non essere equivalenti. Tuttavia, essi tendono ad avere una validità ecologica più alta, dato che si svolgono in contesti naturali. 2.2.5 Disegno sperimentale a soggetto singolo Il disegno a soggetto singolo è una metodologia storicamente rilevante in psicologia, utilizzata da studiosi come Fechner, Wundt, Pavlov e Skinner. Questo approccio è utile, soprattutto in psicologia clinica e educativa, perché consente di identificare le relazioni causali tra variabili indipendenti (come trattamenti) e dipendenti (come modifiche comportamentali). È particolarmente efficace per progettare interventi riabilitativi in casi come autismo o Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Un esempio è il disegno A-B-A’, che prevede fasi di misurazione iniziale, trattamento e ritiro del trattamento per osservare i cambiamenti. Nei casi in cui il trattamento porta a un cambiamento stabile, si utilizza un disegno per serie temporali. È fondamentale un rigoroso controllo del setting per evitare interferenze e garantire la validità interna, in particolare con l’accuratezza della linea di base (baseline), che rappresenta il comportamento naturale prima del trattamento. Tuttavia, un limite di questi disegni è la difficoltà di generalizzare i risultati. 2.3 I metodi per la registrazione del cambiamento evolutivo Lo psicologo dello sviluppo esplora vari ambiti dell’individuo soggetti a cambiamenti nel tempo, come percezione, emozioni, memoria, linguaggio, pensiero e affetti. Utilizzando diversi metodi e prospettive teoriche, l’approccio comune è scientifico, volto a identificare, descrivere e spiegare i cambiamenti evolutivi, esaminando cosa si sviluppa, come avvengono i cambiamenti e quali processi li sottendono. Per rispondere a cosa si sviluppa, si possono confrontare individui di età diverse o osservare lo stesso individuo in momenti diversi della sua vita. I metodi per raccogliere i dati possono essere descrittivi, correlazionali o sperimentali, utilizzando tecniche come osservazione, misurazioni psicofisiologiche, questionari e test standardizzati. 2.3.1 Ricerca longitudinale e ricerca trasversale Gli studiosi dello sviluppo affrontano diverse sfide nella progettazione della ricerca, soprattutto quando vogliono studiare la relazione tra età e altre variabili. Un tema rilevante riguarda la durata della ricerca, che è fondamentale per misurare il cambiamento dovuto allo sviluppo. Esistono due principali approcci per studiare il cambiamento: l’approccio longitudinale e quello trasversale. Approccio longitudinale: Questo metodo prevede lo studio degli stessi individui nel corso del tempo, spesso per molti anni. Per esempio, un gruppo di bambini potrebbe essere studiato a 5, 8 e 11 anni. I vantaggi di questo approccio includono la possibilità di osservare il cambiamento e la stabilità nel lungo periodo, nonché l’importanza delle prime esperienze sullo sviluppo futuro. Tuttavia, gli studi longitudinali presentano dei limiti: sono costosi, richiedono molto tempo e rischiano di essere influenzati dalla perdita di partecipanti (attrito selettivo), che potrebbe alterare i risultati. Inoltre, i soggetti potrebbero abituarsi alle prove ripetute, confondendo l’apprendimento con il cambiamento dovuto allo sviluppo. Infine, a causa della lunga durata, gli strumenti di misurazione potrebbero diventare obsoleti. Approccio trasversale: In questo caso, soggetti di età diverse vengono studiati contemporaneamente, come in uno studio che confronta bambini di 5, 8 e 11 anni. Questo approccio è rapido e non richiede anni di osservazione, poiché i dati vengono raccolti in un periodo breve. Tuttavia, non consente di monitorare il cambiamento individuale nel tempo, né di analizzare la stabilità delle caratteristiche. Inoltre, c’è il rischio dell’effetto di coorte, in cui le differenze tra gruppi di età potrebbero essere dovute alle diverse condizioni socio-storico-culturali piuttosto che al cambiamento legato all’età. Approccio longitudinale-sequenziale: Per superare i limiti del metodo trasversale e longitudinale, alcuni ricercatori adottano un approccio longitudinale-sequenziale, che combina entrambi i metodi. In questo approccio, gruppi di età diverse vengono studiati nel tempo, consentendo di osservare sia il cambiamento individuale che il confronto tra coorti diverse. Ad esempio, si potrebbero seguire gruppi di bambini di 5 e 10 anni per 5 anni, confrontando poi i bambini di 5 anni con se stessi e con i ragazzi di 15 anni. In sintesi, ciascun approccio ha vantaggi e svantaggi, ma combinandoli è possibile ottenere una visione più completa dello sviluppo umano. 2.3.2 L’osservazione La raccolta dei dati nello studio dello sviluppo può avvenire tramite vari metodi, uno dei quali è l’osservazione scientifica. Questa richiede abilità specifiche e deve essere sistematica, con una chiara idea di cosa osservare, chi osservare, quando, dove e come registrare i dati. Le osservazioni possono essere condotte in laboratorio o in situazioni naturali. L’osservazione in laboratorio consente di controllare molti fattori che potrebbero influenzare il comportamento osservato, garantendo una maggiore sicurezza nell’interpretazione dei risultati. Tuttavia, presenta alcuni svantaggi: i partecipanti potrebbero comportarsi in modo innaturale a causa dell’ambiente controllato, e i campioni potrebbero non essere rappresentativi della popolazione generale. Inoltre, alcune dinamiche dello sviluppo infantile sono difficili da osservare in laboratorio. L’osservazione naturalistica, al contrario, avviene in ambienti reali (come case, scuole, parchi) e fornisce dati più ecologici e autentici. Tuttavia, il comportamento osservato potrebbe variare a seconda dell’ambiente, e non sempre è possibile controllare tutte le variabili. Un altro aspetto importante è il grado di strutturazione dell’osservazione. Secondo Bailey (1982), esistono 4 tipi di osservazione: 1.Ambiente naturale non strutturato: il ricercatore osserva senza intervenire, ma le variabili non possono essere controllate. 2.Ambiente naturale strutturato: l’osservatore controlla alcune variabili per uniformare la situazione e ottenere parametri di confronto. 3.Ambiente artificiale non strutturato: si svolge in un contesto controllato ma senza una struttura fissa. 4.Ambiente artificiale strutturato: il ricercatore definisce le condizioni e le variabili, rendendo l’osservazione più controllata e utile per identificare relazioni causali. 2.3.3 I questionari e le interviste Per raccogliere informazioni, un metodo rapido ed efficace è chiedere direttamente alle persone, attraverso interviste o questionari. L’intervista è un metodo in cui vengono poste domande direttamente ai partecipanti, mentre l’indagine o il questionario è una tecnica che utilizza una serie di domande standard per raccogliere informazioni riguardanti atteggiamenti, convinzioni o comportamenti. I questionari e le interviste possono essere somministrati di persona, al telefono o online. Un buon questionario deve contenere domande chiare e neutrali per evitare risposte ambigue e ottenere informazioni precise. Tuttavia, uno dei limiti principali di queste tecniche è il fenomeno dell’acquiescenza sociale, in cui i partecipanti rispondono in modo che appare socialmente accettabile piuttosto che esprimere le loro opinioni genuine. Ad esempio, un adolescente potrebbe dichiarare di non usare droghe, anche se in realtà lo fa. I questionari e le interviste presentano anche limitazioni relative al livello di sviluppo cognitivo e linguistico dei bambini. I bambini più piccoli (sotto i 3-4 anni per le interviste orali e sotto i 7-8 anni per i questionari scritti) non possiedono le capacità per comprendere o rispondere adeguatamente alle domande. Tuttavia, in questi casi, genitori o educatori, che osservano i bambini quotidianamente, possono fornire informazioni utili che potrebbero mancare a una persona estranea. I questionari a risposta chiusa sono utili per raccogliere risposte standardizzate, facili da codificare, poiché le risposte sono predefinite. Ad esempio, per una domanda sul comportamento del bambino, le risposte potrebbero essere numeriche o limitate a opzioni specifiche. Al contrario, i questionari a risposta aperta consentono risposte più articolate, utili quando le modalità di risposta non sono note o troppo numerose per essere incluse in un elenco. Tuttavia, le risposte aperte richiedono un processo di codifica più complesso per escludere le informazioni irrilevanti e facilitare l’analisi. 2.3.4 I test standardizzati I test standardizzati sono strumenti con procedure uniformi per la somministrazione e la valutazione, utilizzati per confrontare le prestazioni individuali e analizzare le differenze tra le persone. Un esempio è il test dell’intelligenza di Stanford-Binet, che permette di comparare il punteggio di un individuo con quello di altri. Questi test offrono il vantaggio di fornire informazioni sulle differenze individuali, ma presentano anche diversi limiti. Non sempre riescono a prevedere i comportamenti in situazioni reali al di fuori del test e si basano sull’idea che personalità e intelligenza siano stabili, ignorando l’influenza del contesto. Ad esempio, un bambino potrebbe ottenere punteggi diversi a seconda dell’ambiente in cui svolge il test, come l’ufficio dello psicologo scolastico o la propria casa. Inoltre, molti test sviluppati in culture occidentali possono risultare inadeguati per individui di altre culture, i quali potrebbero interpretare domande e risposte in modo diverso a causa delle loro esperienze culturali. 2.3.5 Le misurazioni psicofisiologiche Le misurazioni psicofisiologiche sono strumenti efficaci per analizzare il funzionamento del sistema nervoso centrale, autonomo ed endocrino, e il loro utilizzo è in crescita. Tra le principali tecniche di neuroimaging vi sono la risonanza magnetica funzionale (fMRI), che rileva il flusso sanguigno cerebrale per identificare le aree attive durante un compito, e i potenziali evocati (ERP), che monitorano l’attività elettrica del cervello in risposta a stimoli o comportamenti. Questi metodi, a differenza delle tecniche comportamentali, offrono due vantaggi principali: permettono di studiare le competenze cognitive dei bambini senza richiedere elevati carichi attentivi e consentono di utilizzare compiti uniformi per persone di diverse età, garantendo misure confrontabili. Tuttavia, presentano il limite di richiedere competenze specifiche per l’utilizzo dei macchinari e l’interpretazione dei dati. La crescente collaborazione tra psicologia e neuroscienze ha portato a un incremento nell’uso di queste tecniche per lo studio dello sviluppo. Norme etiche della ricerca L’American Psychological Association (APA) e l’Associazione Italiana di Psicologia (AIP) hanno sviluppato linee guida etiche per la ricerca in psicologia. Tra i principi fondamentali vi sono il consenso informato, che richiede che i partecipanti siano informati sugli aspetti della ricerca e abbiano la libertà di ritirarsi in qualsiasi momento, e la riservatezza, garantendo l’anonimato dei partecipanti e la non riconoscibilità dei dati in pubblicazioni. La ricerca non deve comportare rischi di danni permanenti o temporanei ai partecipanti, e i ricercatori sono responsabili del trattamento etico di chi vi prende parte, assicurandosi della competenza scientifica e relazionale dei collaboratori. Inoltre, nella diffusione dei risultati, è fondamentale evitare la falsificazione o distorsione dei dati e citare correttamente le fonti. Il Codice Etico dell’AIP include principi generali come lealtà, competenza e responsabilità sociale, oltre a regole specifiche su consenso, inganno, riservatezza e altri aspetti etici della ricerca. CAPITOLO 4> SVILUPPO FISICO, MOTORIO E PERCETTIVO Stevie Wonder e Andrea Bocelli sono esempi di persone non vedenti che hanno raggiunto il successo grazie al loro talento musicale, compensando la perdita della vista con un acuto sviluppo dell’udito e del tatto. Studi mostrano che i non vedenti sono più abili nel localizzare suoni e percepire il tatto. Il testo affronta anche i cambiamenti fisici e cognitivi durante la crescita, evidenziando l’importanza dello sviluppo delle capacità motorie e sensoriali per le attività quotidiane e artistiche. 4.1 Crescita e cambiamenti corporei Nel corso dell'infanzia attraversiamo molti periodi di cambiamento corporeo. 4.1.1 Modelli di crescita Durante lo sviluppo prenatale e la prima infanzia, la testa è significativamente più grande rispetto al resto del corpo, e le proporzioni corporee cambiano man mano che il corpo cresce. Questo avviene seguendo due modelli: il modello cefalo-caudale e il modello prossimo-distale. Il primo descrive una crescita che parte dalla testa, con le parti superiori del corpo, come gli occhi e il cervello, che crescono più rapidamente delle parti inferiori, come la mandibola. Anche lo sviluppo sensoriale e motorio segue questo schema: i bambini sviluppano prima la vista e la capacità di usare le mani prima di imparare a camminare. Il modello prossimo-distale descrive invece una crescita che inizia dal centro del corpo e si estende verso le estremità, con il controllo muscolare del tronco che precede quello di mani e dita. 4.1.2 Prima e seconda infanzia Prima infanzia Il neonato medio occidentale alla nascita misura circa 50 cm e pesa 3,4 kg, con una variazione di peso e lunghezza tra 2,4-4,5 kg e 45-56 cm per il 95% dei bambini. Nei primi giorni, i neonati perdono il 5-7% del peso corporeo. Dopo essersi abituati a succhiare e digerire, la crescita è rapida, con un aumento di circa 150 g a settimana nel primo mese. A 4 mesi, raddoppiano il peso della nascita e, a un anno, lo triplicano, crescendo di circa 2 cm al mese. Nel secondo anno, la crescita rallenta, e a 2 anni i bambini pesano tra 11 e 14 kg, raggiungendo circa un quinto del peso adulto e un’altezza tra 81 e 89 cm. Seconda infanzia Durante la seconda infanzia, la crescita in altezza e peso dei bambini rallenta progressivamente. Le bambine sono leggermente più basse e leggere rispetto ai maschi, ma entrambi si assottigliano mentre il tronco si allunga. Alla fine del periodo prescolare, i bambini perdono l’aspetto caratteristico della testa grande rispetto al corpo e sviluppano maggiormente la parte superiore del corpo. Il grasso corporeo diminuisce lentamente, con le bambine che hanno più tessuto adiposo e i bambini più muscolatura. Le variazioni nella crescita sono in gran parte ereditarie, ma anche l’ambiente, come l’alimentazione e l’origine etnica, influiscono. Fattori come il fumo materno durante la gravidanza possono rallentare la crescita. Se un bambino è insolitamente basso, ciò può dipendere da fattori genetici, problemi fisici, carenza di ormone della crescita o difficoltà emotive. La crescita può essere trattata con terapia ormonale, specialmente se causata da disfunzioni della ghiandola pituitaria, ma problemi come malnutrizione o infezioni croniche, se trattati, permettono una crescita normale. Fanciullezza Durante la fanciullezza (6-11 anni), la crescita è lenta e costante, con un incremento di 5-7 cm all’anno e un aumento di peso di 2-3 kg annui. A 8 anni, i bambini misurano mediamente 127 cm e pesano circa 25 kg. L’aumento di peso è dovuto principalmente alla crescita dei sistemi osseo e muscolare. La forza muscolare raddoppia, e i movimenti diventano più coordinati grazie a un maggiore tono muscolare. I maschi, avendo più cellule muscolari, tendono ad essere più forti delle femmine. Le proporzioni corporee cambiano, con una riduzione relativa della circonferenza del cranio, della vita e della lunghezza delle gambe. Le ossa continuano a indurirsi, ma restano più flessibili rispetto a quelle degli adulti. 4.1.3 Pubertà La pubertà è una fase di rapida maturazione fisica che si verifica all’inizio dell’adolescenza, caratterizzata da cambiamenti ormonali e fisici. Durante questo periodo, le proporzioni corporee si m odificano e l’individuo acquisisce la capacità riproduttiva. I fattori determinanti la pubertà La pubertà, distinta dall’adolescenza, inizia generalmente tra i 10 e i 13 anni e mezzo nei ragazzi e si conclude tra i 13 e i 17 anni. È considerata l’indicatore principale dell’inizio dell’adolescenza, ma i suoi tempi di esordio e progressione variano ampiamente. Negli ultimi secoli, l’età di inizio è diminuita, come dimostra il calo dell’età media del menarca. Ciò è dovuto probabilmente ai miglioramenti in salute e alimentazione. La pubertà precoce si verifica quando i segni puberali compaiono prima degli 8 anni nelle femmine e prima dei 9 nei maschi, con una prevalenza 10 volte maggiore nelle femmine. Può essere trattata con terapie ormonali per rallentarne la progressione, poiché è associata a rischi come bassa statura, precoce maturità sessuale e comportamenti inadeguati per l’età. Eredità e fattori ambientali La pubertà è un processo programmato geneticamente, ma fattori ambientali come stress, dinamiche familiari e condizioni socioeconomiche possono influenzarne l’inizio e la durata. Studi recenti mirano a identificare i geni coinvolti nella pubertà. Esperienze come l’adozione, l’assenza del padre, maltrattamenti, conflitti familiari e bassa sensibilità materna sono associate a un esordio puberale precoce, che può generare conflitti e stress sociali. Ad esempio, l’asprezza materna è collegata a maturazione precoce e comportamenti sessuali a rischio in adolescenza. Gli ormoni La pubertà è guidata da un sistema ormonale complesso. Gli ormoni sono potenti sostanze chimiche secrete dalle ghiandole endocrine e trasportate dal sistema sanguigno. La secrezione di ormoni durante la pubertà è regolata dall’interazione tra ipotalamo, ipofisi e gonadi. L’ipotalamo controlla funzioni come alimentazione, idratazione e comportamento sessuale, mentre l’ipofisi gestisce la crescita e il funzionamento delle ghiandole endocrine. Le gonadi, ovvero testicoli nei maschi e ovaie nelle femmine, sono le ghiandole sessuali responsabili della produzione di ormoni. Gli androgeni, come il testosterone, sono predominanti nei maschi e favoriscono l’ingrandimento dei genitali, l’aumento della statura e il cambiamento della voce. Gli estrogeni, come l’estradiolo, predominano nelle femmine, contribuendo allo sviluppo del seno, dell’utero e alla maturazione ossea. Durante la pubertà, i livelli di testosterone nei ragazzi aumentano di 18 volte, mentre nelle ragazze raddoppiano; i livelli di estradiolo aumentano otto volte nelle ragazze e raddoppiano nei ragazzi. Gli ormoni influenzano lo sviluppo fisico, ma il loro impatto sul comportamento adolescenziale è limitato e mediato da fattori sociali. Le relazioni familiari, lo stress, la dieta, l’attività sessuale e la depressione possono modulare l’attività ormonale. Studi dimostrano che i fattori sociali hanno un ruolo più determinante rispetto a quelli ormonali nel comportamento adolescenziale, come evidenziato nelle differenze di depressione e rabbia tra ragazze. Lo scatto della crescita La pubertà segna un periodo di crescita rapida, il più significativo dopo la prima infanzia. Nelle ragazze, lo scatto di crescita inizia intorno ai 9 anni e raggiunge il picco a 11 anni e mezzo, mentre nei ragazzi comincia a 11 anni con un picco a 13 anni e mezzo. Durante questa fase, le ragazze crescono mediamente 8 centimetri all’anno, mentre i ragazzi circa 10. All’inizio dell’adolescenza, le ragazze tendono a essere alte quanto o più dei coetanei maschi, ma verso la fine della scuola secondaria i ragazzi superano generalmente le ragazze in altezza. Sebbene l’altezza nei primi anni di scuola fornisca un’indicazione per l’adolescenza, nel 30% dei casi non è un predittore affidabile. Lo sviluppo sessuale Durante la pubertà, i cambiamenti fisici nei ragazzi seguono un ordine preciso: aumento delle dimensioni di pene e testicoli, crescita dei primi peli pubici lisci, lievi cambiamenti della voce, prima eiaculazione, crescita dei peli pubici ricci, scatto accrescitivo, comparsa dei peli ascellari, marcati cambiamenti della voce e crescita di barba e baffi. Gli aspetti più evidenti sono l’allungamento del pene, lo sviluppo dei testicoli e la comparsa di barba e baffi. Nelle ragazze, i primi cambiamenti visibili sono lo sviluppo del seno e la crescita dei peli pubici, seguiti da quelli ascellari. Si verifica uno scatto di crescita in altezza, accompagnato da un allargamento dei fianchi rispetto alle spalle. Le prime mestruazioni (menarca) si manifestano tardivamente nel ciclo puberale, generalmente tra i 9 e i 15 anni, e nei primi anni possono essere irregolari con ovulazione non sempre presente. Verso la fine della pubertà, il seno diventa più arrotondato, ma le ragazze non subiscono cambiamenti vocali significativi come i ragazzi. L’immagine corporea Durante la pubertà, l’immagine corporea diventa una preoccupazione centrale per gli adolescenti, che sviluppano opinioni personali sull’aspetto del proprio corpo. L’ansia legata all’immagine corporea è particolarmente intensa in questa fase e tende a diminuire nella tarda adolescenza. Le ragazze, in generale, sono più insoddisfatte del loro corpo rispetto ai ragazzi, spesso a causa dell’aumento del grasso corporeo, mentre i ragazzi tendono a essere più soddisfatti grazie all’aumento della massa muscolare. Tuttavia, esistono differenze individuali, e alcune ragazze manifestano un’immagine corporea positiva più dei coetanei maschi. Sviluppo precoce e ritardato La maturazione precoce o tardiva rispetto ai coetanei influenza la percezione di sé e lo sviluppo socio- emotivo degli adolescenti. I ragazzi che maturano prima tendono ad avere una percezione di sé più positiva e maggiore successo nelle relazioni con i pari rispetto a quelli che maturano più tardi. Tuttavia, a lungo termine, i ragazzi che si sviluppano più tardi mostrano una maggiore stabilità nell’identità adulta, forse perché hanno avuto più tempo per esplorare le proprie possibilità di vita. Le ragazze che si sviluppano precocemente sono invece più vulnerabili a problemi come depressione, disturbi alimentari, dipendenza da sostanze, rapporti precoci con amici più grandi e maggiori pressioni sociali e sentimentali. Tendono inoltre a lasciare la scuola, convivere o sposarsi in giovane età. Questa vulnerabilità deriva dalla combinazione di un’immaturità sociale e cognitiva con lo sviluppo fisico precoce, che le rende più esposte a comportamenti rischiosi senza comprenderne le conseguenze a lungo termine. 4.2 Il cervello Il cervello gioca un ruolo fondamentale nei cambiamenti fisici del corpo, regolando comportamento, metabolismo, ormoni e altre funzioni fisiologiche. In passato, si pensava che il cervello fosse “cablato” geneticamente e che non subisse modifiche significative dopo l’infanzia. Tuttavia, ricerche più recenti hanno dimostrato che il cervello possiede plasticità, cioè la capacità di adattarsi e cambiare in base alle esperienze e al contesto ambientale. La visione neurocostruttivista, che è sempre più accettata, sostiene che lo sviluppo cerebrale dipende sia dai fattori biologici che dalle esperienze ambientali. Inoltre, questa teoria sottolinea che lo sviluppo del cervello è strettamente connesso con lo sviluppo cognitivo del bambino. 4.2.1 La fisiologia del cervello Il cervello è composto da diverse strutture principali, la cui componente fondamentale sono i neuroni, ovvero le cellule nervose che gestiscono l’elaborazione delle informazioni. Strutture e funzioni Il cervello, visto dall’alto, è diviso in due emisferi e la sua parte superiore, lontana dal midollo spinale, è chiamata prosencefalo, coperta dalla corteccia cerebrale. Questa corteccia, responsabile dell’80% del volume del cervello, è cruciale per funzioni come percezione, pensiero, linguaggio e altre. Ogni emisfero della corteccia è suddiviso in quattro lobi: Lobi frontali: coinvolti nei movimenti volontari, nel pensiero e nelle decisioni. Lobi occipitali: responsabili della visione. Lobi temporali: attivi nell’udito, nell’elaborazione linguistica e nella memoria. Lobi parietali: importanti per la posizione spaziale, l’attenzione e il controllo motorio. Sotto la corteccia, si trovano strutture come l’ipotalamo, la ghiandola pituitaria, l’amigdala (che regola le emozioni) e l’ippocampo (associato a memoria ed emozioni). Neuroni I neuroni elaborano informazioni attraverso strutture specifiche come i dendriti e gli assoni. I dendriti ricevono segnali da altri neuroni, muscoli e ghiandole, mentre gli assoni trasmettono informazioni lontano dal corpo cellulare. Gli assoni inviano segnali elettrici verso le diramazioni terminali, o bottoncini, che rilasciano neurotrasmettitori nelle vescicole sinaptiche. Le sinapsi permettono l’interazione tra assoni e dendriti, facilitando la comunicazione tra neuroni. Le informazioni vengono “trasportate” attraverso queste sinapsi grazie ai neurotrasmettitori, che rilasciano segnali chimici quando raggiungono l’altra parte della sinapsi. Inoltre, gli assoni sono ricoperti da una guaina di mielina, che accelera la trasmissione degli impulsi, aiutando a far viaggiare le informazioni più velocemente attraverso lunghe distanze nel sistema nervoso. Il cervello è organizzato in circuiti neurali, che sono gruppi di neuroni specializzati nel trattamento di determinati tipi di informazioni. Un esempio di circuito neurale è quello che gestisce l’attenzione e la memoria di lavoro, un tipo di memoria a breve termine. I neuroni specchio, situati nelle aree motorie e premotorie, si attivano sia durante l’esecuzione di un’azione che, quando si osserva qualcun altro compierla. Questi neuroni sono coinvolti nell’apprendimento per imitazione e nell’empatia. La specializzazione emisferica, o lateralizzazione, si riferisce al fatto che alcune funzioni cognitive sono principalmente gestite da uno degli emisferi cerebrali. Ad esempio, l’emisfero sinistro è associato al linguaggio e alla grammatica, mentre l’emisfero destro gestisce l’umorismo e le metafore. Tuttavia, attività complesse come la lettura o l’esecuzione musicale richiedono il coinvolgimento di entrambi gli emisferi. L’idea che alcune persone siano “cervelli di sinistra” (logiche) o “cervelli di destra” (creative) è un concetto popolare ma impreciso, poiché il pensiero complesso dipende dalla comunicazione tra i due emisferi. Recenti studi hanno anche suggerito che non esiste una specializzazione emisferica per il pensiero creativo. Prima infanzia Lo sviluppo del cervello inizia in modo significativo durante il periodo prenatale e prosegue nell’infanzia, continuando anche dopo. Durante l’infanzia, il cervello è ancora in fase di sviluppo, quindi è importante proteggere il bambino da incidenti, come nel caso della sindrome del bambino scosso, che può causare danni cerebrali. Questa sindrome è frequentemente causata da padri, assistenti di nido o nuovi compagni della madre. Studiare lo sviluppo cerebrale infantile è complesso, poiché le tecnologie di imaging cerebrale non sempre offrono dettagli accurati per i bambini. L’uso della tomografia a emissione di positroni (PET) è rischioso per i bambini a causa delle radiazioni, e la risonanza magnetica (MRI) è complicata per i bambini piccoli, che non riescono a stare fermi. Tuttavia, l’elettroencefalogramma (EEG), che misura l’attività elettrica cerebrale, ha fornito informazioni cruciali sullo sviluppo del cervello. Ricercatori come Charles Nelson e John Richards hanno condotto studi sull’attività cerebrale nei bambini, usando fino a 128 elettrodi per registrare le onde cerebrali. I loro studi hanno mostrato che anche i neonati possono riconoscere la voce della madre. A nove mesi, il cervello di un bambino contiene circa 100 miliardi di neuroni, e il modo in cui questi neuroni si connettono per comunicare dipende da vari fattori biologici e ambientali. Prime esperienze e cervello L’ambiente in cui cresce un bambino può influire significativamente sullo sviluppo cerebrale. I bambini che vivono in ambienti deprivati, come gli orfani in istituti, mostrano una minore attivazione delle aree cerebrali rispetto a quelli cresciuti in ambienti stimolanti. Tuttavia, il cervello è plastico e resiliente, il che significa che gli effetti di un ambiente deprivato non sono necessariamente permanenti. Un esempio di questa plasticità è il caso di Michael Rehbein, un ragazzo che, dopo aver subito l’asportazione dell’emisfero sinistro del cervello a causa di attacchi, ha visto l’emisfero destro assumere anche funzioni come il linguaggio. La plasticità cerebrale è attivata dall’esperienza ripetuta, con piccoli impulsi elettrici che rinforzano le connessioni tra i neuroni. Le esperienze quotidiane, come sguardi, suoni e linguaggio, giocano un ruolo fondamentale nella formazione delle connessioni neurali. Prima della nascita, sono principalmente i geni a dirigere le connessioni neuronali, ma dopo la nascita, le esperienze sensoriali continuano a modellare il cervello. Nuove tecnologie hanno svelato il funzionamento del cervello, sfatando miti precedenti, come l’idea che le aree cerebrali fossero “totipotenti”. In realtà, le funzioni sono localizzate in specifiche aree cerebrali, ma l’esperienza e l’età influenzano la plasticità cerebrale. Nei bambini, la plasticità è più alta, come dimostra il caso della sordità precoce: il cervello si riorganizza, rinforzando le aree visive, e la lingua dei segni può attivare l’emisfero destro se appresa da piccoli. Cambiamenti evolutivi Alla nascita, il cervello del neonato pesa circa il 25% di quello adulto, e al secondo anno raggiunge circa il 75%. I due principali sviluppi durante i primi due anni sono la mielinizzazione e l’incremento delle connessioni dendritiche. La mielinizzazione, che riveste gli assoni con una guaina di mielina, permette la trasmissione rapida ed efficiente delle informazioni e inizia già durante il periodo prenatale, continuando dopo la nascita. Le vie visive sono completamente mielinizzate entro i primi sei mesi, mentre le vie uditive raggiungono una maturazione elevata tra i 4 e i 5 anni. Le aree associative, inclusi i centri del linguaggio, maturano prima degli 8 anni, mentre la mielinizzazione nei lobi frontali continua anche durante l’adolescenza. Nei primi due anni, aumenta notevolmente la ramificazione dendritica e la formazione delle sinapsi. Le connessioni neurali che vengono utilizzate si rinforzano, mentre quelle non utilizzate vengono eliminate tramite il processo di “potatura”. Questo processo varia tra le diverse aree cerebrali: ad esempio, le sinapsi nella corteccia visiva raggiungono il loro picco intorno al quarto mese, mentre nella corteccia prefrontale il picco si verifica dopo i 3 anni. La potatura avviene in modo differenziato, a seconda dell’area cerebrale e dell’esperienza. Sia la genetica che l’ambiente influenzano questi processi, con l’esperienza che gioca un ruolo fondamentale nel rinforzare o eliminare connessioni neurali. Alla nascita, gli emisferi cerebrali iniziano già a specializzarsi, con una maggiore attività nell’emisfero sinistro durante la produzione e l’ascolto del linguaggio. Le aree cerebrali si sviluppano in sequenza: ad esempio, la corteccia motoria si sviluppa prima della corteccia visiva primaria. I lobi frontali sono immaturi alla nascita, ma con la mielinizzazione dei neuroni in quest’area, i bambini iniziano a regolare funzioni fisiologiche come il sonno e acquisiscono maggiore controllo sui riflessi. Le abilità cognitive che richiedono un pensiero consapevole emergono solo dopo il primo anno di vita. Seconda infanzia Durante la seconda infanzia, il cervello continua a svilupparsi, permettendo ai bambini di pianificare azioni, rispondere meglio agli stimoli e progredire nel linguaggio. Sebbene la crescita cerebrale rallenti rispetto alla prima infanzia, i cambiamenti tra i 3 e i 15 anni sono notevoli. Il cervello cresce meno rapidamente, ma alcune aree del cervello possono raddoppiare in dimensioni rispetto al primo anno, seguite da una potatura delle connessioni non utilizzate. Tra i 3 e i 6 anni, la crescita maggiore avviene nei lobi frontali, cruciali per la pianificazione e l’attenzione, mentre tra i 6 anni e la pubertà riguarda i lobi parietali e temporali, legati al linguaggio e alle abilità spaziali. La corteccia prefrontale, che coordina molte funzioni cerebrali, gioca un ruolo centrale nell’organizzazione delle reti neurali e nella risoluzione dei problemi. Durante la tarda infanzia, l’attivazione cerebrale si concentra su aree più piccole e specializzate, con un processo di potatura sinaptica in quelle non utilizzate. Questo cambiamento è associato a un aumento dell’efficienza cognitiva, in particolare nel controllo cognitivo, che include la gestione dell’attenzione, l’inibizione di azioni inappropriate e la flessibilità nelle decisioni. Adolescenza Durante l’adolescenza, il cervello subisce cambiamenti strutturali significativi. Le connessioni neurali vengono “potate”, il che significa che le connessioni più utilizzate vengono rinforzate, mentre quelle non utilizzate vengono eliminate. Questo processo rende le connessioni cerebrali più selettive ed efficienti. La risonanza magnetica funzionale ha rivelato che il corpo calloso, che connette gli emisferi cerebrali, si rafforza, migliorando la capacità di elaborare informazioni. La corteccia prefrontale, coinvolta nel ragionamento, nel controllo delle emozioni e nelle decisioni, continua a svilupparsi fino all’età adulta, mentre l’amigdala, che gestisce le emozioni intense come la rabbia, matura prima. I cambiamenti cerebrali durante l’adolescenza sono studiati nell’ambito delle neuroscienze sociali dello sviluppo, che esplorano come i cambiamenti cerebrali influenzino i processi socio-emotivi. Poiché la corteccia prefrontale non è completamente sviluppata, gli adolescenti possono avere difficoltà a controllare le emozioni. Questo solleva la questione del dibattito tra natura e cultura, cercando di capire se i cambiamenti biologici nel cervello siano determinati dalle esperienze sociali o se le esperienze siano influenzate dai cambiamenti cerebrali. 4.3 Il sonno Il sonno non solo ristora il corpo, ma anche il cervello, permettendo ai neuroni di ristrutturarsi e ricostruirsi. I tipi di sonno cambiano nel corso della vita, con i cambiamenti più significativi che si verificano durante la prima infanzia. Il ciclo sonno/veglia I neonati dormono tra le 16 e le 17 ore al giorno, con cicli di sonno brevi che durano da 45 minuti a 2 ore. A partire dal mese di vita, iniziano a dormire più a lungo durante la notte, e dai 6 mesi sviluppano pattern di sonno simili a quelli degli adulti. Un comune problema del sonno nei neonati è l’insonnia notturna, spesso legata a fattori come l’eccessivo coinvolgimento genitoriale e l’ansia da separazione. Il ciclo sonno-veglia è universale, ma varia a seconda delle pratiche culturali e familiari. In alcune culture, come quella Kipsigis in Kenya, i bambini dormono con la madre e si addormentano più tardi rispetto ai bambini negli Stati Uniti. I problemi di sonno possono anche causare conflitti coniugali e sono influenzati da fattori come la depressione materna, l’introduzione precoce di cibi solidi e l’esposizione alla TV. Risvegli notturni frequenti a 1 anno possono influire sull’efficienza del sonno a 4 anni. Il sonno REM Il sonno REM (rapid eye movement) costituisce il 50% del sonno dei neonati, rispetto al 21% negli adulti. A 6 mesi, il sonno REM si riduce al 25-30%. Alcuni ricercatori suggeriscono che il sonno REM nei neonati possa servire per l’autostimolazione, favorendo la rielaborazione delle stimolazioni ricevute durante la veglia e contribuendo allo sviluppo del sistema nervoso centrale. Con la maturazione del cervello, il bisogno di sonno REM diminuisce, poiché l’infante diventa più vigile. Sebbene gli adulti associno il sonno REM ai sogni, non è possibile stabilire se i neonati sognano, poiché non possono comunicare i loro sogni prima di acquisire il linguaggio. SIDS, sindrome della morte improvvisa La Sindrome della Morte Improvvisa del Lattante (SIDS) è una condizione misteriosa in cui un neonato muore improvvisamente nel sonno, senza causa apparente. L’incidenza media nei Paesi industrializzati è di circa un caso ogni 3.000 neonati. La SIDS è meno frequente quando il neonato dorme sulla schiena anziché sulla pancia o sul fianco, poiché la posizione prona limita l’attivazione e la deglutizione. Fattori di rischio includono basso peso alla nascita, storie familiari di SIDS, apnee del sonno, fumo passivo, letti soffici e anomalie nel cervello. Inoltre, la SIDS è più comune tra bambini di bassa estrazione socio- economica e in determinate etnie, come afroamericani ed eschimesi. Il rischio è anche elevato nei bambini con scarsa produzione di serotonina, che influisce sul controllo di respiro e battito cardiaco. 4.4 Sviluppo motorio Gli adulti compiono azioni motorie complesse, come guidare o suonare uno strumento, ma nei neonati non si vedono ancora queste abilità. La domanda è come si sviluppano nel tempo. 4.4.1 La teoria dei sistemi dinamici Arnold Gesell sostenne che lo sviluppo delle capacità motorie avvenisse seguendo un ordine fisso e in periodi specifici, guidato principalmente dalla maturazione genetica. Tuttavia, studi più recenti hanno messo in discussione questa visione, suggerendo che le tappe dello sviluppo motorio non siano fisse e non siano esclusivamente influenzate dai fattori ereditari. La teoria dei sistemi dinamici di Esther Thelen, sempre più influente, propone una visione alternativa: lo sviluppo motorio si realizza attraverso l’interazione di percezione e azione, che si presentano come coppie inseparabili. Secondo questa teoria, i bambini sviluppano le abilità motorie in risposta a stimoli percepiti nell’ambiente, che li motivano a esplorare e adattare i propri movimenti. Il processo di sviluppo motorio è visto come il risultato di un’interazione tra fattori diversi: la maturazione del sistema nervoso, le caratteristiche fisiche del corpo, l’obiettivo che motiva l’attività e il sostegno ambientale. La visione sistemica sottolinea che il movimento, anche se appare semplice, è il risultato di un sistema complesso di elementi che devono coordinarsi, con tempi di sviluppo diversi. Solo quando tutte le componenti del sistema sono pronte si raggiunge il risultato motorio. Lo sviluppo motorio avviene per adattamento: i bambini esplorano vari modi di muoversi per raggiungere i loro obiettivi. Ad esempio, quando un bambino è motivato a camminare o a raggiungere un oggetto, esplora vari modi di muoversi, affinando progressivamente i suoi movimenti attraverso la ripetizione e la percezione delle conseguenze. Ogni tappa, come gattonare o camminare, si acquisisce grazie a questo processo di adattamento continuo. La teoria dei sistemi dinamici suggerisce che lo sviluppo motorio non è un processo determinato passivamente dai geni, ma è attivamente creato dal bambino, che si adatta alle condizioni del corpo e dell’ambiente per raggiungere gli obiettivi desiderati. Natura, cultura e ambiente sono componenti di un sistema in continua evoluzione, che contribuiscono insieme allo sviluppo motorio. 4.4.2 I riflessi I neonati non sono completamente impotenti e sono dotati di riflessi innati che sono reazioni automatiche a stimoli esterni, utili per la sopravvivenza. Ad esempio, il riflesso di rooting permette al neonato di cercare il seno per nutrirsi, mentre il riflesso di suzione consente di alimentarsi automaticamente senza aver associato il capezzolo al cibo. Il riflesso di Moro, in risposta a un suono o movimento improvviso, rappresenta una reazione di protezione, simile a un tentativo di afferrare un sostegno in caso di caduta. Alcuni riflessi, come tossire e sbadigliare, persistono per tutta la vita, mentre altri, come il rooting e il Moro, scompaiono entro i 3-4 mesi, a mano a mano che il controllo volontario dei movimenti del bambino si sviluppa. Un esempio di questo processo è il riflesso di prensione, che si trasforma in una capacità di afferrare volontariamente oggetti verso la fine del terzo mese di vita. I riflessi, sebbene automatici, variano tra i neonati. Ad esempio, la forza e la durata della suzione possono differire, con alcuni bambini che si stancano prima di essere sazi. Questo cambiamento è legato allo sviluppo del sistema nervoso e del cervello, e le madri mostrano adattamenti anche nel loro comportamento per rispondere meglio alle esigenze del bambino. Una visione più moderna considera i riflessi non come semplici risposte meccaniche, ma come comportamenti che possono essere influenzati dal controllo del bambino. Studi hanno mostrato che i neonati, ad esempio, possono modificare la velocità di suzione in risposta a stimoli esterni, come una registrazione audio. Inoltre, il comportamento di suzione può persistere oltre il primo anno, con alcuni bambini che continuano a succhiarsi il dito anche dopo l’inizio della scuola. 4.4.3 Abilità grosso-motorie I genitori spesso raccontano con orgoglio le tappe dello sviluppo motorio dei loro bambini, come quando imparano a gattonare, sedersi da soli o fare i primi passi. Queste tappe segnano il progresso del bambino, che passa dall’incapacità di sollevare la testa a diventare in grado di correre o partecipare attivamente alla vita familiare. Questi sviluppi sono esempi di abilità grosso-motorie, che coinvolgono movimenti muscolari ampi, come camminare o muovere un braccio. Lo sviluppo della postura Lo sviluppo delle abilità grosso-motorie dipende dal controllo posturale, che è fondamentale per attività come seguire oggetti in movimento o camminare. La postura non riguarda solo stare fermi, ma è un processo dinamico che coinvolge informazioni sensoriali provenienti dalla pelle, dalle articolazioni, dai muscoli, dall’orecchio interno (equilibrio), dalla vista e dall’udito. I neonati iniziano senza controllo posturale volontario, ma in poche settimane imparano a tenere la testa dritta e sollevarla quando sono supini. Entro i 2 mesi possono sedersi con supporto, ma diventano capaci di farlo autonomamente solo intorno ai 6-7 mesi. La capacità di stare in piedi si sviluppa gradualmente, con i bambini che solitamente iniziano a sollevarsi tenendosi a un supporto intorno agli 8 mesi e molti riescono a stare in piedi da soli a 10-12 mesi. Imparare a camminare La locomozione e il controllo posturale sono strettamente legati, specialmente nel camminare eretti, che richiede la capacità di sostenersi su una sola gamba mentre l’altra viene spinta in avanti. I neonati sono in grado di eseguire movimenti alternati delle gambe già da molto piccoli, e le loro vie neurali per il controllo dei movimenti sono formate sin dalla nascita. Sebbene i bambini possano compiere movimenti simili al camminare già nei primi mesi, l’apprendimento completo del cammino richiede circa un anno, poiché è necessario sviluppare l’equilibrio su una sola gamba e la coordinazione tra il movimento e il controllo del peso. I bambini, inizialmente, muovono piccoli passi, ma con il tempo migliorano nell’equilibrio e nella forza, talvolta compiendo anche passi più lunghi. Durante l’apprendimento, i bambini apprendono anche come valutare la sicurezza degli spazi e delle superfici, come dimostrato dallo studio di Karen Adolph, che ha analizzato come i bambini affrontano discese ripide. I bambini che gattonano diventano via via più esperti nel valutare i pericoli, mentre i camminatori più esperti riescono a adattarsi meglio alle superfici in pendenza. Lo studio di Adolph sottolinea l’importanza dell’esperienza e dell’apprendimento specifico delle modalità di locomozione, come il gattonare e il camminare, nonché l’importanza dell’accoppiamento percettivo-motorio nello sviluppo delle capacità motorie. La pratica è cruciale: i bambini accumulano esperienze quotidiane di equilibrio e locomozione che li aiutano a perfezionare le loro abilità, migliorando la loro capacità di camminare attraverso milioni di passi e cadute. Il primo anno: tappe dello sviluppo motorio Il primo anno di vita è caratterizzato da importanti tappe nello sviluppo motorio, culminanti nella capacità di camminare. Queste tappe seguono una sequenza temporale che può variare di 2-4 mesi, e le esperienze individuali possono influenzare i tempi di acquisizione di queste abilità. Ad esempio, l’introduzione del consiglio di far dormire i bambini supini ha ritardato l’età in cui i bambini iniziano a gattonare. Inoltre, non tutti i bambini seguono la sequenza standard di sviluppo motorio; alcuni possono omettere il gattonare e adottare forme alternative di locomozione, come rotolarsi o passare direttamente al camminare. L’ambiente, inclusi fattori come la posizione in cui i bambini vengono tenuti, ha un ruolo significativo nell’influenzare queste conquiste motorie. Lo sviluppo nel secondo anno d’età Nel secondo anno di vita, i bambini acquisiscono maggiore indipendenza motoria, esplorando l’ambiente e interagendo con gli altri con maggiore scioltezza. La loro attività motoria è fondamentale per uno sviluppo sano, e gli esperti consigliano di limitare le restrizioni, salvo per motivi di sicurezza. Tra i 13 e i 18 mesi, i bambini imparano a tirare un giocattolo e a salire i gradini. Tra i 18 e i 24 mesi, riescono a camminare velocemente, correre goffamente, mantenere l’equilibrio mentre giocano, camminare all’indietro, calciare e lanciare una palla, e saltare sul posto. La maggior parte degli esperti è contraria alle lezioni di ginnastica strutturate per bambini, preferendo metodi di sviluppo motorio che incoraggiano attività naturali e adattate alla cultura e al contesto fisico del bambino. Variazioni culturali nella guida allo sviluppo motorio dei bambini Le madri nei Paesi in via di sviluppo stimolano maggiormente le capacità motorie dei loro bambini, attraverso pratiche come massaggi e allungamenti quotidiani. I bambini che ricevono questi stimoli raggiungono le tappe motorie prima rispetto a quelli che non li ricevono. Tuttavia, anche in culture con minori opportunità di movimento, come quella degli Algonquin del Québec, i bambini raggiungono le tappe motorie a un’età simile a quella dei bambini che hanno più libertà di movimento. Età prescolare e scolare Nel corso dell’infanzia, lo sviluppo motorio diventa sempre più fluido e sicuro. A 3 anni, i bambini si divertono con attività come correre e saltare, mentre a 4 anni diventano più avventurosi, arrampicandosi su percorsi a ostacoli. A 5 anni, il loro spirito di avventura cresce ulteriormente. Durante gli anni scolastici, le capacità motorie diventano più coordinate e diversificate, come correre, nuotare o andare in bicicletta. La prestanza fisica è legata a migliori prestazioni motorie. Tuttavia, i bambini della scuola primaria non sono ancora fisicamente maturi e necessitano di attività fisica per svilupparsi. Differenze culturali influenzano lo sviluppo motorio, come dimostra uno studio su bambini italiani, greci e norvegesi. Gli sport organizzati favoriscono lo sviluppo delle capacità motorie, ma possono anche causare stress, infortuni o distrazione dallo studio. La qualità dell’esperienza sportiva, più che la partecipazione in sé, determina i benefici per il bambino. 4.5 Sviluppo sensoriale e percettivo Le capacità percettive e motorie lavorano insieme per compiere azioni, come quando si afferra un oggetto, utilizzando informazioni sensoriali per adattare i movimenti. Le percezioni si sviluppano gradualmente nei neonati, che iniziano a vedere, sentire e percepire il mondo attraverso i sensi. La loro capacità di integrare diverse modalità sensoriali, come vista e suono, è un aspetto importante del loro sviluppo. 4.5.1 Cosa sono sensazione e percezione? I neonati e i bambini acquisiscono informazioni sensoriali per conoscere il mondo, come il tatto morbido della pelle della madre o il colore dei loro capelli. Senza i sensi (vista, udito, tatto, gusto, olfatto), saremmo isolati dal mondo. La sensazione si verifica quando i recettori sensoriali (occhi, orecchie, lingua, pelle) rilevano stimoli fisici, come onde sonore o luce. La percezione è l’interpretazione di questi stimoli: ad esempio, suoni che arrivano all’orecchio vengono interpretati come rumore o musica, mentre la luce che raggiunge la retina viene interpretata come colore o forma. 4.5.2 La teoria ecologica La ricerca sullo sviluppo percettivo nell’infanzia è stata influenzata dalla teoria ecologica di Eleanor e James J. Gibson, che sostiene che non costruiamo rappresentazioni mentali del mondo a partire dai sensi, ma percepiamo direttamente le informazioni presenti nell’ambiente. La percezione è vista come un processo orientato all’azione, che ci permette di interagire con l’ambiente e adattarci ad esso. Gli oggetti forniscono “affordance”, cioè possibilità di interazione che ci permettono di compiere azioni, come sedersi su una sedia o afferrare un oggetto. I bambini apprendono a riconoscere queste affordance man mano che sviluppano le loro capacità percettive e motorie. Lo studio della percezione infantile è complesso, poiché i bambini non sono in grado di comunicare verbalmente cosa percepiscono. Tecnica della preferenza visiva. Robert Fantz fu un pioniere nello studio della percezione visiva nei bambini. Scoprì che i neonati osservano a lungo determinati stimoli, come facce e motivi, rispetto ad altri più semplici come dischi colorati. Utilizzando una “looking chamber”, Fantz misurò i tempi di osservazione dei bambini, sviluppando la “tecnica della preferenza visiva” per analizzare la percezione visiva nei neonati. Abituazione e disabituazione. Gli scienziati studiano la percezione dei neonati anche attraverso l’abituazione, ovvero la diminuzione della risposta a uno stimolo dopo ripetute esposizioni. La disabituazione, invece, è il recupero della risposta dopo un cambiamento dello stimolo. I neonati possono abituarsi a immagini, suoni e odori, e la risposta al cambiam