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Questo documento introduce la psicologia dello sviluppo, discutendo le questioni chiave come la contrapposizione tra natura e cultura nello sviluppo del bambino. Vengono presentate le teorie di Locke e Rousseau, focalizzandosi sulle influenze sociali e ambientali sulla formazione dell'individuo. Il testo approfondisce le teorie stadiali e quelle dello sviluppo continuo, evidenziando le differenze e i punti di forza e debolezza di ciascuna.

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PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO CHE COS’E’ LA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO (CAP 1) Una questione chiave della disciplina è costituita dalla contrapposizione natura cultura; tale questione si fonda sull’interrogativo “il bambino nasce con abilità proprie che sviluppa naturalmente nel tempo a prescindere dall’...

PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO CHE COS’E’ LA PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO (CAP 1) Una questione chiave della disciplina è costituita dalla contrapposizione natura cultura; tale questione si fonda sull’interrogativo “il bambino nasce con abilità proprie che sviluppa naturalmente nel tempo a prescindere dall’ambiente, oppure necessita dello scambio con il mondo esterno perché queste vengano fuori?”. Fino ai primi anni del 900 si aveva la concezione che il bambino fosse un adulto in miniatura, e non un individuo in formazione; per arrivare alla concezione attuale di infanzia un ruolo fondamentale è stato giocato da John Locke e da Jean Jacques Rousseau, i quali hanno contribuito a gettare le fondamenta del sistema educativo moderno. John Locke (1632-1704) I suoi scritÝ descrivono l’influenza che la società esercita sulla persona; essi hanno avuto un ruolo determinante nello sviluppo delle leggi e dei sistemi governativi europei. Il saggio “sull’intelletto umano” del 1690 fornisce un importante contributo alla dicotomia natura/cultura. In quanto empirista riteneva che per arrivare a stabilire qualsiasi verità ci si dovesse afÏdare all’osservazione ed all’esperienza. È solo attraverso l’interazione umana ed il contatto con l’ambiente che l’individuo impara ad esistere Jean Jacques Rousseau (1712-1778) Profondamente influenzato dalla filosofia lockiana, egli arrivò a concordare con Locke sul fatto che norme e valori sociali costituissero un fattore fondamentale nella formazione della persona, la quale avviene attraverso l’esperienza ed il contatto con gli altri. Nonostante l’influenza di pensiero, Rousseau mantiene una concezione contrapposta rispetto a quella di Locke, sulla condizione umana al momento della nascita. Per Locke l’essere umano al momento della nascita è una tabula rasa che deve essere riempita in una forma socialmente accettabile. Rousseau invece ritiene che il bambino al momento della nascita sia un buon selvaggio caratterizzato da bontà purezza ed innocenza, elementi che vengono poi corrotÝ al momento dell’entrata in società. Egli riteneva che la società fosse un elemento dannoso per la formazione del bambino. Natura cultura c’è un'altra strada? Attualmente è diffusa la concezione che né cultura né natura prese da sole possono essere pienamente responsabili dello sviluppo fisico emotivo e cognitivo del bambino; sebbene alcuni studiosi hanno la tendenza ad uno o all’altro dei due poli della discussione, la maggior parte di essi prende in considerazione la possibilità di un’interazione fra le due forze. L’importanza delle prime esperienze. La psicologia dello sviluppo è interessata soprattutto a stabilire ciò che siamo e non siamo in grado di fare nelle diverse fasi della vita. Una delle domande chiave derivante dall’importanza data alle prime esperienze è se l’individuo continua a svilupparsi socialmente, emotivamente e cognitivamente durante l’età adulta o se possiamo considerarlo sostanzialmente formato dopo la prima infanzia. La psicologia dello sviluppo se pur concentrata sull’infanzia (intesa come periodo evolutivo più importante per la formazione) riconosce sempre di più l’età adulta come periodo di cambiamento e sviluppo. Piaget elaborò una teoria dello sviluppo cognitivo che copriva il periodo dalla nascita agli ultimi anni dell’adolescenza; Erickson sosteneva invece, nella sua teoria dello sviluppo psicosociale, che lo sviluppo dell’individuo si estendeva dalla nascita fino agli ultimi anni dell’età adulta avanzata. Entrambi concordavano sul fatto che durante la prima infanzia si apprendono le capacità fondamentali per la vita futura. Per la psicologia dello sviluppo le prime esperienze sono importanti nel modellare l’uomo e nell’aiutarlo alla piena concezione del proprio sé, in età adulta. COS’E’ UNA TEORIA (CAP 3) Una teoria consiste in un insieme di affermazioni interconnesse che servono a descrivere strutture, meccanismi o processi non direttamente osservabili, a metterli in relazione tra loro e con eventi osservabili. È un sistema organico di ipotesi, principi generali, leggi, tutÝ tendenti a spiegare un fenomeno o una serie di fenomeni. Una buona teoria comincia col descrivere o definire il suo oggetto di indagine che è invariabilmente un comportamento. Dal punto di vista logico, vi dev'essere una coerenza interna; dal punto di vista empirico, non dev'essere contraddetta da osservazioni scientifiche. Definire il comportamento che sta al centro della teoria è molto importante; senza una precisa descrizione di tale comportamento, è impossibile sviluppare una teoria efÏcace. Fatto questo, una teoria deve cercare di spiegare tale comportamento. Spesso l'approccio teorico dipende dal comportamento in analisi. La scelta di una teoria o prospetÝva teorica dovrebbe essere sempre il risultato di una valutazione critica dei punti di forza e di debolezza della teoria stessa nelle fasi di descrizione e spiegazione del comportamento. Tale valutazione si basa sulla capacita della teoria di prevedere il comportamento. Le teorie sono strumenti utili a strutturare la nostra comprensione del comportamento umano, ma non sono necessariamente affermazioni esatte; sono infatÝ otÝme al fine di comprendere una situazione nella maggior parte dei casi ma, in particolare quando si analizza il comportamento umano, esistono situazioni per le quali la teoria non risulta totalmente calzante. Dev'essere quindi chiara, verificabile, parsimoniosa. PROSPETTIVA TEORICHE La maggior parte delle teorie dello sviluppo sono riconducibili alla famiglia delle teorie stadiali o a quelle delle teorie dello sviluppo continuo. ❖ TEORIE STADIALI Le teorie stadiali tendono a considerare lo sviluppo della competenza secondo un modello comportamentale, concepito sulla base dell'osservazione di un comportamento e sulla valutazione di quello che la maggior parte dei bambini è in grado di fare nelle diverse età. Un esempio è la teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget, che descrive ciò che un bambino dovrebbe essere in grado di fare a tre, sei, dodici mesi e così via. Piaget ha sviluppato la sua teoria basandosi sull'osservazione di bambini di tutte le età, impegnati nel gioco e interazioni di altro tipo. Esistono più teorie stadiali differenti, ma tutte hanno in comune alcuni elementi. In primo luogo, gli stadi sono ben delineati e descrivono abilità molto specifiche: che sia la capacità del bambino di pronunciare la lettera “b”, oppure quella dell'adolescente di considerare gli effetÝ di una situazione ipotetica, la teoria definirà con chiarezza la competenza di cui si sta trattando. In secondo luogo, le teorie prevedono che il bambino, appena entrato nello stadio, non sia in grado di portare a termine il suo problema; che sviluppi la competenza in un certo arco di tempo e, infine, che completi quello stadio nel momento in cui dimostra piena familiarità con la competenza in questione. In terzo luogo, si assume che ogni stadio venga completato rispettando le fasi previste dalla teoria, senza possibilità di saltarne alcuna. Infine si ritiene che ogni bambino debba passare per i diversi stadi nelle fasce di età indicate dalla teoria. Il maggiore punto di forza delle teorie stadiali consiste nel fatto che lo sviluppo di ciascun comportamento è descritto con massima precisione secondo “norme” specifiche per ogni età. Dal punto di vista psicologico, è utile sapere che un ambino si sta sviluppando in modo “normale”, ma è forse più utile sapere quando un bambino non si sta sviluppando al ritmo degli altri. Dal punto di vista educativo, è utile anche riconoscere il momento in cui i bambini sono pronti a imparare la matematica, e quando è il caso di introdurre lo studio della poesia. Ma le teorie stadiali presentano anche punti di debolezza. Presentano regole piuttosto rigide, in merito a ciò che è lo sviluppo “normale”, ma non badano minimamente alle caratteristiche individuali di sviluppo. Mettono a tema lo sviluppo come un processo lineare, che va per tappe; tuttavia spesso la realtà è meno netta. Un bambino può mostrare maggiori competenze nell'atÝvità ludica in quanto ha appreso giochi complessi dai fratelli maggiori. ❖ SVILUPPO CONTINUO La prospetÝva dello sviluppo continuo si basa su quattro assunti: lo sviluppo dura tutta la vita, è multidimensionale, è plastico ed è aperto alle influenze e alle molteplicità di elementi, prevedibili e imprevedibili. Secondo la prospetÝva dello sviluppo continuo non smetÝamo mai di crescere. Il nostro sviluppo emotivo, per esempio, prende avvio dal momento in cui nascono i primi attaccamenti guidati dal bisogno di cibo, calore, sicurezza, passa per i legami di amicizia nella fanciullezza, fino a giungere, in età adulta, alla costruzione di relazioni a lungo termine, emotivamente complete. Questa prospetÝva considera che lo sviluppo abbia luogo in più sfere e si svolga in più direzioni: può riguardare la sfera fisica, quella emotiva e quella cognitiva. Una parte dello sviluppo, poi, è progressiva (acquisire + info), un'altra è regressiva (per es. si può decidere di interrompere lo studio delle lingue per concentrarsi di più sulle scienze comportamentali). A mano a mano che cresciamo, il nostro processo decisionale diventa sempre più complesso, così che, nelle quotidiane atÝvità di problem solving, si abbandona via via la tendenza a semplificare. Inoltre, nella prospetÝva continua, lo sviluppo è molto flessibile: può presentar “impennate” o, al contrario, periodi di “magra” in cui procede a poco a poco o si stabilizza. Sullo sviluppo incidono molti elementi: influenze legate all'età si possono riscontrare nel periodo in cui si comincia ad andare a scuola, si impara a guidare. In ciascuno di questi momenti si viene a far parte di uno specifico gruppo sociale. Questa prospetÝva prende in considerazione ance gruppi “di tipo storico”. Nella prospetÝva continua, lo sviluppo può anche essere condizionato da fattori definibili come “influenze non normative”: influenze che agiscono su di un individuo o su di un piccolo gruppo di individui ma che non possono essere previste o il cui effetto non può essere stabilito in anticipo. L'approccio continuo suggerisce infine che le diverse influenze collaborino le une con le altre. ProspetÝva psicoanalitica dello sviluppo Gli assunti fondamentali della prospetÝva psicoanalitica sono: Nella mente nulla avviene per caso, i fenomeni mentali non possono mancare di connessione con ciò che li ha preceduti. La coscienza è un attributo eccezionale dei processi psichici. Esistono tre livelli di coscienza: conscio, preconscio, inconscio. L'inconscio è fondamentale per capire il comportamento umano. L'inconscio è la sede de nostri impulsi istintuali, che perseguono la massimizzazione della nostra capacità di sopravvivere. Entro i primi cinque o sei anni di vita, il nucleo della nostra struttura mentale è definito e non potrà essere modificato successivamente. FREUD Sigmund Freud nasce nel 1856 in una piccola città della Cecoslovacchia, da una famiglia di origini ebraiche; la famiglia si trasferì a Vienna dove Freud venne profondamente influenzato dal clima antisemita di quel tempo. La sua prospetÝva psicoanalitica è un insieme di ipotesi riguardanti lo sviluppo ed il funzionamento mentale degli individui. Egli cerco di spiegare il funzionamento normale della mente attraverso studi su persone psicologicamente disturbate, questo perché riteneva che tali disturbi non avessero origini fisiche ma da contenuti psichici, perciò era necessario analizzare la mente dei pazienti disturbati per arrivare a capire le origini dei loro sintomi. I suoi primi studi si concentrano sull’isteria femminile una patologia i cui sintomi erano paralisi degli arti, cecità momentanea, perdita di coscienza e della capacità di parlare. Alla base della teoria psicoanalitica vi sono il determinismo psichico ed il secondo attributo sopra elencato. Secondo la prospetÝva freudiana, i contenuti psichici possono essere presenti a tre livelli; conscio preconscio ed inconscio. Freud inoltre ipotizza che la mente sia composta da tre istanze psichiche strettamente connesse l’una all’altra, che vengono distinte sulla base delle loro funzioni, esse sono: - ES presente alla nascita, in cui trovano posto i primi impulsi primari (bisogni alimentari bisogni di calore e conforto, bisogni sessuali) - IO si sviluppa nel corso dell’infanzia fino all’adolescenza. Esso corrisponde al processo decisionale ed è costituito dal complesso delle funzioni collegate alle relazioni fra individuo ed il proprio ambiente - SUPER-IO comprende i precetÝ morali e le aspirazioni ideali; si costruisce nel corso dello sviluppo attraverso l’interiorizzazione delle norme morali che iniziano ad essere introiettate intorno ai 5 anni. Secondo Freud i primi 5/6 anni di vita sono fondamentali per la formazione dell’individuo. In base alla prospetÝva freudiana, l’individuo è spinto ad agire dalla forza motrice della libido della ricerca della soddisfazione delle pulsioni sessuali e da quelle aggressive. La pulsione sessuale da origine alla componente del comportamento dominata dal piacere; mentre la pulsione aggressiva da origine alla componente distrutÝva. La prospetÝva freudiana è una prospetÝva stadiale che procede per fasi che pongono al centro la soddisfazione sessuale, per cui è denominata teoria dello sviluppo psico-sessuale; mentre nell’adulto è il rapporto sessuale con l’altro a procurare piacere fisico, nei bambini l’interesse è rivolto ad aree diverse del proprio corpo a seconda delle diverse età, si hanno così diverse fasi di sviluppo psicosessuale: 1) Fase orale (0-18 mesi) in cui l’area che produce piacere è la bocca fonte delle soddisfazioni legate alle funzioni alimentari2) 2) Fase anale (18- 36 mesi) in cui assumono importanza le sensazioni legate al trattenere ed espellere le feci3) 3) Fase fallica (3- 5 anni) in cui i genitali sono le fonti di piacere; verso la fine di questa fase si presenta il complesso edipico, in cui l’interesse sessuale non è rivolto al proprio corpo ma si dirige verso l’una o l’altra delle figure parentali facendo sperimentare la conflittualità, gelosia e sensi di colpa. Tale fase si conclude da un lato con la formazione del super io e dall’altro con la rinuncia provvisoria alle esperienze sessuali 4) Fase di latenza (6- 10/11 anni) in cui il bambino rivolge tutÝ i suoi interessi al mondo esterno 5) Fase genitale (11 anni in poi) in cui gli interessi sessuali riemergono con la maturazione puberale e si rivolgono alle persone al di fuori del contesto familiare. Con la crescita del bambino e con l’aumentare della consapevolezza delle norme sociali che regolano il comportamento, il lavoro dell’IO diviene sempre più faticoso; il suo ruolo è quello di appagare l’ES (impulsi biologici) soddisfacendo allo stesso tempo le necessità del SUPER-IO ( regole sociali del comportamento); quando l’IO riesce a trovare un equilibrio tra ES e SUPER-IO l’individuo si sente soddisfatto , in caso contrario si produce uno stato d’ansia ad un livello più o meno tollerabile. Freud riteneva che alti livelli di ansia provocavano nei pazienti manifestazioni sintomatiche per le quali non esistevano cause apparenti. Se i pazienti non erano in grado di fronteggiare l’ansia causata da fatÝ recenti o accaduti molto tempo prima, cercavano di fronteggiare il conflitto tra IO, ES e SUPER-IO attraverso meccanismi di difesa (MdD). I MdD consistono in strategie usate da bambini ed adulti, per fronteggiare le difÏcoltà della vita quotidiana. Raramente la ricerca empirica indaga tale tematica della fanciullezza; lo scopo di questa ricerca è studiarne lo sviluppo in bambini dai 4 agli 8 anni. È molto importante indagare lo sviluppo e l’applicazione di tali meccanismi, in quanto essi possono dimostrarsi utili nella comprensione delle risposte infantili di fronte a situazioni psicologiche difÏcili. Tali meccanismi sono inconsci e servono a mitigare/evitare una situazione di ansia. La figlia di Freud, ANNA, ritenne che i singoli meccanismi di difesa si presentano in epoche diverse dello sviluppo infantile. Tali meccanismi operano inconsciamente, l’individuo può essere consapevole della loro esistenza ma non delle loro origini. La classificazione di tali meccanismi è diversa a seconda dei punti di vista teorici degli autori. in psicologia con MdD si intendono tutÝ i meccanismi psichici, consci e inconsci, messi in atto dall'individuo per proteggersi da situazioni ambientali, esistenziali e relazionali dolorose o potenzialmente pericolose, esso entra in azione con modalità al di fuori della sfera della coscienza: di fronte a una situazione che genera eccessiva angoscia, per esempio, l'Io ricorre a varie strategie per fronteggiare l'estrema portata ansiosa dell'evento, con lo scopo preminente di escludere dalla coscienza ciò che è ritenuto inaccettabile e pericoloso. Raramente i meccanismi di difesa intervengono separatamente: nella maggior parte dei casi sono combinati per fronteggiare l'evento o l'effetto sotto più profili. Un meccanismo di difesa è una funzione propria dell'Io attraverso la quale questo si protegge da eccessive richieste libidiche o da esperienze di pulsioni troppo intense che non è in grado di fronteggiare direttamente. Il padre dei MdD è Sigmund Freud, nonostante siano stati numerosi gli studiosi che hanno indirizzato le proprie ricerche su di essi. Nella teoria psicoanalitica i meccanismi di difesa sono funzioni di un Io stabile, dal momento che servono a gestire le comuni richieste pulsionali (ambientali o interne, operate da istanze psichiche) in rapporto all'altrettanto comune coscienza morale o alle individuali capacità di fronteggiare reazioni affetÝve (sia considerate "positive" che "negative"). Si tratta perciò di funzioni fondamentali per l'adattamento. ERIKSON Otto fasi: 1. Fiducia/sfiducia: (dalla nascita fino ai dodici mesi) Secondo Erikson, nella primissima fase della vita è necessario imparare a fidarsi sia di noi stessi che degli altri. Se riceviamo regolarmente cure e attenzioni, impariamo ad avere fiducia negli altri. Senza fare esperienza, il bambino non può imparare ad avere fiducia nel fatto che i genitori saranno presenti quando sarà necessario, pertanto non può sviluppare un senso di soddisfazione e sicurezza. Senza conoscere la sfiducia, il ns bambino non potrebbe calibrare il suo sentimento di fiducia, o diventerebbe vulnerabile e disattento rispetto ai pericoli a cui è esposto nel mondo esterno. 2. Autonomia/vergogna: (dai dodici mesi ai tre anni) Durante questa fase, l'infante è pronto a controllare le proprie azioni. Lo sviluppo è quindi dominato dall'addestramento all'uso del vasino ed è anche sostenuto dalla capacità di controllo dell'apprendimento. Il genitore incomincia quindi a fissare regole di comportamento. Attraverso questo processo il bambino impara a sentire vergogna circa alcuni modi in cui desidera agire, divenendo sensibile al bisogno di tenere un comportamento che sia in accordo con le regole della società o con le sue norme sociali. Egli deve affrontare una crisi che consiste nello sviluppo di indipendenza e autonomia rispetto ai genitori. La risoluzione della crisi porterà allo sviluppo della volontà. 3. Spirito di iniziativa/senso di colpa: (tre ai sei anni) i bambini iniziano ad introdurre un elemento di competitività nelle proprie azioni; questa fase dimostra il bisogno di iniziativa del bambino. Il gioco diventa maggiormente orientato all'obietÝvo e più animato, e questo richiede all'adulto di imporre dei limiti. Questo causa una terza crisi: il senso di colpa in quanto si trova a bilanciare il proprio desiderio, con la richiesta contrastante dell'adulto. 4. Industriosità/senso di inferiorità: (dai sei anni alla pubertà) Gli anni che precedono la pubertà, sono gli anni dell'apprendimento; al bambino sono trasmesse le competenze necessarie per prepararsi alla vita adulta e dipendente. In questa fase, la crisi deriva dalle interazioni con il dispensatore di queste competenze. Il problema sorge quando anziché ricevere un elogio si è ridicolizzati per lo scarso risultato: ne deriva un senso di inferiorità. È ottenendo il giusto bilanciamento tra industriosità e senso di inferiorità che sviluppiamo un senso di competenza. 5. Identità/dispersione: (adolescenza) Periodo di intensa energia e di forti stimoli. Il focus dell'energia adolescenziale è indirizzato a tutÝ gli aspetÝ della vita. Gli adolescenti puntano a raggiungere un senso di identità più definito, più complesso di quanto sentito finora. Gli adolescenti devono affrontare la creazione di un'identità basata su un nuovo Sé fisico, un nuovo Sé sessuale e un Sé che è molto più preoccupato di prima per cose del mondo come la fede religiosa e l'appartenenza politica. L'adolescente cambia talmente in fretta che l'unico modo per far fronte all'improvvisa perdita del vecchio Sé è cercare di identificarsi con gli altri. La crisi della dispersione si basa sul fatto che il giovane può non essere in grado di assimilare queste scelte nella sua identità e avvertire di essere andato fuori strada o che la vita gli sta passando davanti. Lavorando allo sviluppo del proprio senso di identità e alla riduzione della percezione della dispersione, il giovane costruisce la sua abilità a prendere decisioni con conseguenze a lungo termine; con questa nuova competenza svilupperà la caratteristica della fedeltà 6. Intimità/isolamento: (prima età adulta) I giovani adulti spostano la loro attenzione sulla ricerca dell'intimità con un'altra persona. Solo in età adulta, quando il senso di Sé è forte e l'identità certa, può iniziare a svilupparsi una relazione che promuove l'intimità e lascia esprimere gli elementi di forza e di debolezza di chi ne è coinvolto. La crisi ce affrontano i giovani adulti è quella dell'isolamento; tuttavia, con il tempo, giovani adulti riescono a mantenere con successo relazioni intime gratificanti. La caratteristica di cui fanno esperienza è l'amore. 7. Generatività/stagnazione: (seconda età adulta) Lo scopo della seconda età adulta si focalizza sulla cura e l'educazione, in particolare dei figli. Non basta avere figli per essere generativi; i figli devono essere allevati e bisogna rinunciare ad alcune delle proprie necessità per soddisfare le loro. Se non si dà agli altri, l'adulto diventa stagnante e assorbito da sé. Questi ruoli richiedono di spostare l'obietÝvo dei propri sforzi da sé alla cura degli altri. 8. Integrità dell'Io/disperazione: (vecchiaia) Per gli adulti più anziani comincia un viaggio di riflessione sul proprio passato, per una riconciliazione del passato con il presente e il futuro. Se l'anziano avverte di aver raggiunto ciò che si era prefisso ed è riuscito a soddisfare i propri bisogni, ha maggiori probabilità di mantenere l'integrità dell'Io e di godere del fatto che la sua vita si sia svolta nel modo desiderato. Gli adulti che non possono farlo, hanno maggiori possibilità di provare disperazione delusione. La riflessione positiva e lo sviluppo di una forte integrità dell'Io, sono premiati con la caratteristica personale della saggezza. GESELL La prospetÝva biologica dello sviluppo sostiene che tutÝ i cambiamenti fisici e psicologici si verificano inquanto biologicamente e geneticamente predefiniti. Il ruolo della natura è dominante in questa prospetÝva. Gesell riteneva che il bambino fosse il prodotto dell'ambiente, ma anche che il suo sviluppo fosse geneticamente determinato. Questa teoria descrive lo sviluppo del bambino come costituito da un insieme di fasi definite dal suo bagaglio biologico. TutÝ i bambini seguono la stessa linea di sviluppo, ma lo fanno in tempi diversi. La ragione di ciò risiede nel patrimonio genetico individuale; Gesell credeva che, essendo il ritmo individuale di sviluppo predeterminato dai geni, non si potessero anticipare i tempi di sviluppo. Egli sosteneva che i genitori dovrebbero rispondere alle necessità dei bambini solo nel momento in cui si presentano, senza forzarli a seguire i tempi della famiglia. Questo significava che i nuovi genitori dovevano nutrire il bambino quando era lui a chiederlo, lasciando analogamente che fosse lui a decidere quando giocare e dormire. Si potrebbe pensare che uno stile genitoriale basato sulle richieste del figlio renda i bambini molto viziato: ciò accadrebbe se tale stile educativo fosse mantenuto per tutta l'infanzia. L'applicazione di questo stile dev'essere mantenuto solo nei primi mesi di vita: come il bambino cresce fisicamente, così la sua ricerca di soddisfazione immediata diminuisce. Il neonato non è in grado di aspettare il cibo e piange fino a quando non lo può avere; in seguito, i bisogni diventeranno meno intensi e imparerà a far fronte al differimento della gratificazione. LORENZ Lorenz fu fortemente affascinato dall'etologia e dal comportamento innato, ovvero il complesso di abilità con cui nasciamo e che quindi non dovremo imparare. Secondo gli etologi, un gran numero di schemi comportamentali che riscontriamo negli animali sono istintivi e svolgono diverse funzioni. Gli istinti sono considerati specie-specifici e ciascuna specie li declina attraverso un segnale peculiare, che può essere compreso solo dai membri della stessa specie. TutÝ gli istinti sono mossi da una particolare motivazione o pulsione e tutÝ hanno valore di sopravvivenza. Lorenz è noto soprattutto per gli studi sull'imprinting. Lo stimolo può essere la presenza di un altro animale che genera un legame, una relazione di cura tra genitore e figlio. Per gli orfani, spesso è un altro animale adulto ad assumere con successo il ruolo del genitore: il piccolo gli si lega e lo segue. Lorenz ha proposto l'esistenza di un periodo critico per il verificarsi dell'imprinting, oltre il quale esso non si può più realizzare, impedendo di conseguenza il legame. BOWLBY Teoria dell’attaccamento. Bowlby applicò la medesima analisi di Lorenz agli uomini, rilevando che anche loro imprimono istintivamente nelle proprie menti la figura del primo essere che vedono nascendo (caregiver). Gli infanti hanno una predisposizione biologica all'attaccamento verso la madre non solo per ragioni di sopravvivenza fisica, ma anche per ragioni emotive. Sia Bowlby che Lorenz consideravano che ci fosse un periodo critico anche per l'atÝvarsi dell'imprinting o la formazione di un legame con il genitore o il caregiver. Mentre Lorenz però riteneva che i momenti immediatamente successivi al parto fossero i più importanti, Bowlby sosteneva che, negli esseri umani, il periodo critico per una sana crescita emotiva richiedesse l'estensione della forte necessità di legame o attaccamento a un genitore o caregiver dai sei mesi ai tre anni di età. Secondo Bowlby l'esistenza di un legame emotivo forte è essenziale per rendere i bambini emotivamente stabili e felici. In mancanza di questo legame, il bambino sperimenta uno stato di deprivazione materna e rimane danneggiato per sempre. La prima fase è la fase di pre-attaccamento. Fino al compimento dei due mesi, l'infante risponde socialmente a chiunque, senza mostrare preferenze. È solo nella seconda fase, quella del primo attaccamento, che il bambino impara a distinguere la madre dal resto degli adulti. Tuttavia il bambino non crea un legame reale fino agli otto mesi, fase dell'attaccamento, dove mostra una preferenza più forte per la madre e piange se essa lascia la stanza. Quest'angoscia di separazione può essere riscontrata chiaramente nel momento in cui il genitore di allontana dopo aver lasciato il ambino all'asilo. Sempre durante la fase di attaccamento, gli infanti mandano alle persone che non conoscono segnali di difÏdenza. L'angoscia dell'estraneo è normale e può essere frequente nelle interazioni comune. Superati i due-tre anni di età, il bambino diventa consapevole del fatto che l'attaccamento è bilaterale: Bowlby parla di fase della partnership, e descrive il processo attraverso cui il bambino impara che anche gli altri hanno dei bisogni. In questa fase è molto più probabile che nell'atÝvità ludica sia compresa la collaborazione e che, se incoraggiati, i bambini condividano oggetÝ. Così scoprono che le relazioni non consistono semplicemente nel ricevere qualsiasi cosa di cui si abbia bisogno da chiunque, ma considerano di poter loro stessi prestare aiuto ricavando soddisfazione dal reciproco “dare e avere”. TIPI DI ATTACCAMENTO Attaccamento di tipo A, attaccamento evitante: se l'infante mostra scarsi o nulli segnali di nostalgia del genitore, lo ignora atÝvamente e lo evita (attaccamento insicuro-evitante). Attaccamento di tipo B, attaccamento sicuro: quando la madre non è presente nella stanza, mostrano segnali di tristezza o ansia. Al suo ritorno si ricongiungono e riprendono a giocare. Attaccamento di tipo C, attaccamento ambivalente: se l'infante è turbato quando la madre è fuori dalla stanza, e non può essere tranquillizzato da lei al suo ritorno (attaccamento insicuro- ambivalente). Attaccamento di tipo D, attaccamento disorganizzato: se l'infante mostra comportamenti di ricongiungimento che non possono essere inclusi in nessuna delle precedenti categorie SKINNER Il condizionamento operante. Skinner ha sostenuto che i comportamenti possono essere incoraggiati attraverso l'uso efÏcace di ricompense e punizioni. Qualunque cosa rinforzi la petizione di un comportamento rappresenta una ricompensa. Questo rinforzo del comportamento è raggiungibile attraverso mezzi positivi o negativi: un rinforzo positivo può essere un sorriso; un rinforzo negativo è qualcosa che allontana, come un disagio o un dispiacere. Una punizione invece, è causata da un comportamento ed è volta a provocarne l'interruzione: può esprimersi in molti modi, ma spesso consiste nella mancanza di un premio. Quando i genitori persuadono i propri bambini a soddisfare una loro richiesta, stanno utilizzando tecniche di condizionamento operante. I genitori fanno largo uso di rinforzi positivi in tutÝ i tipi di situazione. Il condizionamento operante è un metodo molto efÏcace per manipolare il comportamento dei bambini. Alcune tecniche del condizionamento operante son usate per modellare, nel corso del tempo, un comportamento più complesso. Tuttavia, capita di sbagliare tecnica. Per esempio, un bambino che non riceve attenzione e chiama ripetutamente il padre. Dopo un po' cede e risponde al figlio. Egli pensa che, non rispondendo immediatamente al figlio, gli insegnerà ad attendere una risposta. Purtroppo, tale applicazione è sbagliata; ciò che il padre ha insegnato al figlio è che, dopo un po' di richieste insistenti, il padre arriverà. Forse il padre poteva usare un metodo alternativo di cambiamento comportamentale: quello dell'estinzione. L'estinzione di un comportamento è il risultato di ripetuti mancati rinforzi. PIAGET Teoria dello sviluppo cognitivo. La teoria dello sviluppo cognitivo di Piaget è stata quella che ha maggiormente influenzato le teorie del cambiamento evolutivo. Ci ha fornito una spiegazione sistematica alle trasformazioni che avvengono in ogni età nelle modalità che il pensiero usa per dar senso alle trasformazioni dell'ambiente. La sua teoria spiega sistematicamente in quale modo il bambino acquisisce la propria conoscenza nelle diverse fasi dello sviluppo fino all'ingresso nell'età adulta. Tale spiegazione è chiamata epistemologia genetica. La teoria dello sviluppo cognitivo può essere divisa in quattro stadi principali: STADIO 1: INTELLIGENZA SENSOMOTORIA (DALLA NASCITA AI DUE ANNI) Sottostadio 1: uso dei riflessi (nascita-primo mese) La prima abilità dell'infante è l'abilità di suzione. Il neonato compie un moto di suzione indirizzato al seno materno, al proprio dito, ecc. Successivamente nel primo mese, sembra cercare atÝvamente l'opportunità di nutrirsi. Sottostadio 2: reazioni circolari motorie (da uno a quattro mesi) Qui l'infante inizia a ripetere le azioni, prima per caso, poi le ripeterà in modo sempre più frequente (schemi d'azione). L'azione diventa più coordinata. Sottostadio 3: reazioni circolari secondarie (dai quattro ai dieci mesi) Il comportamento inizia a mostrare connessioni con gli eventi ambientali. Qui, i bambini iniziano a scalciare e osservano come ciò metta in disordine le coperte, oppure osservano che, se scuotono un giocattolo, i campanelli tintinnano. Questo sotto stadio coincide con lo sviluppo del sorriso. Le azioni vengono ripetute in relazione alla loro conseguenza sulla realtà. Sottostadio 4: coordinazione degli schemi secondari (dagli otto ai dodici mesi) Avendo appreso la connessione tra azione e reazione, egli inizia a combinare differenti azioni in un comportamento orientato a un obietÝvo. Entro i dodici mesi, Piaget sostiene che il bambino coordina il proprio comportamento per raggiungere ciò che desidera. Sottostadio 5: reazioni circolari terziarie (dai dodici ai diciotto mesi) In questo periodo il bambino inizia a sperimentare lo schema appreso. Questo sottostadio descrivibile come esplorazione, da parte del bambino, degli elementi del loro mondo. Nei primi mesi di pensiero preoperatorio, il bambino comprende il fenomeno della permanenza dell'oggetto; nell'ultima parte del primo anno di vita, egli usa specifici schemi per individuare un giocattolo nascosto sotto un panno. Nei precedenti sottostadi, se il giocattolo è coperto dal panno, il bambino perderà interesse per il giocattolo, credendo non esista più. Sottostadio 6: inizio della rappresentazione mentale (diciotto mesi-due anni) Ora che sanno che l'oggetto continua ad esistere anche se nascosto, i bambini iniziano a formarsi le immagini mentali dei percorsi da intraprendere per ottenere quello che vogliono e, per raggiungerlo, saliranno e scenderanno da ovunque si trovino. Si sviluppa la capacità di rappresentativa; i bambini cominciano a mettere insieme le parole; decidono cosa voglio mangiare, ecc. STADIO 2: PENSIERO PREOPERATORIO (DAI DUE AI SETTE ANNI) Il pensiero di questo stadio è chiamato da Piaget pensiero prelogico o intuitivo a causa dei limiti presenti nel suo funzionamento. Esso è caratterizzato dalla presenza dell'atÝvità rappresentativa espressa sotto forma di imitazione differita, gioco simbolico e linguaggio. In questo periodo si osserva un rapido aumento delle abilità del bambino nei giochi di immaginazione e nell'uso dei simboli. A partire dai due anni, i bambini si impegnano spesso in comportamenti di imitazione differita: un gioco che rappresenta la vita reale. L'imitazione differita costituisce una parte importante dello sviluppo e riflette l'abilità del bambino di osservare e di imitare ciò che succede nel mondo che lo circonda e di riproporlo a distanza di tempo. Piaget dà anche importanza al gioco simbolico in cui il bambino utilizza un oggetto attribuendogli un significato immaginario. I bambini che attraversano lo stadio preoperatorio sono caratterizzati dalla presenza di un pensiero egocentrico, interpretano il mondo dalla propria prospetÝva e trovano difÏcile capire il punto di vista di un'altra persona. Piaget ha dimostrato questo egocentrismo con il famoso esperimento delle tre montagne (Piaget e Inhelder). Dopo aver costruito un modellino tridimensionale di tre montagne, diverse per forma e per dimensione, P. e I. hanno collocato su uno dei lati una bambola, chiedendo al bambino di posizionarsi sul lato opposto. Continuano poi col chiedergli di descrivere la scena dal punto di vista della bambola e di scegliere tra una serie di immagini quella che rappresentava le montagne secondo lui viste dalla bambola. Un'altra caratteristica di questo stadio dello sviluppo è l'iniziale incapacità dei bambini di completare esercizi di conservazione. Durante lo stadio del pensiero preoperatorio, le abilità cognitive del bambino progrediscono notevolmente in questi cinque anni di sviluppo. STADIO 3: PENSIERO OPERATORIO CONCRETO (DAI SETTE AGLI UNDICI ANNI) Ai sette anni il bambino entra nello stadio definito pensiero operatorio concreto, momento in cui acquisisce una nuova struttura cognitiva: le operazioni intellettuali. Riconosce la conservazione della sostanza e concepisce l'azione di modificazione della stessa come reversibile. Esso è dominato dall'apprendimento dell'utilizzo della logica per risolvere problemi reali. Imparerà inoltre a categorizzare gli oggetÝ: se si prova a chiedere ai bambini di disporsi in ordine di altezza, essi si posizioneranno rapidamente dal più asso al più alto, secondo un processo chiamato seriazione. Impara inoltre a distribuire gli oggetÝ in categorie basate su caratteristiche simili: questa capacità è conosciuta come classificazione, e permette di formulare giudizi sugli oggetÝ. Iniziano inoltre a utilizzare abilità matematiche complesse. La capacità di comprendere che gli effetÝ di un'operazione possono essere annullati da un'operazione inversa è conosciuta come reversibilità. STADIO 4: OPERAZIONI FORMALI (DAGLI UNDICI ANNI ALL'ETÀ ADULTA) L'ultimo stadio di sviluppo consiste nel passaggio dalla capacità di considerare i concetÝ concreti, alla capacità di considerare i concetÝ astratÝ, cioè di risolvere problemi puramente ipotetici. Piaget ha denominato le competenze fondamentali di questo stadio pensiero ipotetico-dedutÝvo o delle operazioni formali, momento in cui si ritrovano il pensiero logico e il ragionamento dedutÝvo, il pensiero astratto e la risoluzione sistematica dei problemi. Pensiero formale o ipotetico-dedutÝvo: In questo stadio, il giovane impara che si possono usare le lettere per rappresentare i numeri mancanti e la reversibilità. Le competenze algebriche non sono possibili finché il bambino non raggiunge questo stadio, poiché richiedono l'utilizzo della logica dedutÝva, ovvero la capacità di usare un principio generale per determinare un risultato specifico. Pensiero astratto: Se prima il bambino era in grado di valutare la soluzione di un problema solo in base alla propria esperienza o tuttalpiù doveva sforzarsi di assumere la prospetÝva di un'altra persona, ora è capace di considerare risultati e possibili conseguenze di azioni di cui non ha esperienza diretta. Sviluppare questo tipo di competenza è importante per la pianificazione a lungo termine. Risoluzione sistematica dei problemi: In questa fase, il giovane ha sviluppato la capacità di risolvere il problema sistematicamente, in modo logico. I bambini che si trovano in questa fase, nello stadio delle operazioni formali, affrontano il compito in modo sistematico, modificando una variabile alla volta. VYGOTSKIY Lo sviluppo storico-culturale. Contemporaneo di Piaget, fu fortemente influenzato dal contesto socio-politico in cui visse, ovvero l'Unione Sovietica uscita dalla Rivoluzione di Ottobre, con la necessità quindi di confrontarsi con il marxismo e con la costruzione di una nuova società. La teoria storico-culturale dello sviluppo vede l'adattamento umano come il risultato della modificazione atÝva della natura da parte dell'uomo. L'individuo interagisce con l'ambiente fisico e umano attraverso l'uso di strumenti materiali (dagli attrezzi alle macchine più sofisticate) e di strumenti psicologici (linguaggio, misurazione, calcolo). L'uomo condivide con gli animali le atÝvità psichiche inferiori, quali il comportamento istintivo, la comunicazione basata su suoni e movimenti. Le funzioni psichiche superiori sono le capacità possedute dall'uomo non presenti nel mondo animale, come per esempio il ragionamento, la volontà, il pensiero logico, ecc. Per Vygotskij le funzioni psichiche superiori che caratterizzano il funzionamento psicologico dell'uomo sono il risultato dello sviluppo storico delle società umane. La teoria elaborata da Vygotskij suggerisce che lo sviluppo infantile sia il risultato di una componente biologica e delle interazioni sociali. Senza il contatto con gli altri, l'individuo non procederebbe oltre schemi di pensiero molto primitivi. Vygotskij introdusse il concetto di scaffolding (“impalcatura”), che descrive come adulti e bambini più grandi aiutino il bambino a migliorare le proprie abilità. Egli ritiene che ognuno di noi migliori operando nella zona dello sviluppo prossimale: ci troviamo nella zona di sviluppo prossimale quando giudichiamo che un compito sia difÏcile da portare a termine ma che saremmo in grado di farlo con l'aiuto di un genitore BRONFENBRENNER La teoria bio-ecologica. Questa teoria mette al centro della sua formulazione l'influenza degli altri e dell'ambiente sociale sullo sviluppo dell'individuo. Essa descrive l'influenza sociale come una serie di circoli concentrici al centro dei quali si trova l'individuo. Quella di Bronfenbrenner fu descritta come una teoria ecologica, fondata sulla socializzazione quale potente fattore di sviluppo del bambino. Egli pone al centro del suo modello il bambino, inserito in un microsistema di atÝvità e interazioni quotidiane. Le relazioni tra genitori e bambino sono bidirezionali: il microsistema può essere influenzato anche dalla natura del bambino e dalla qualità delle relazioni dei genitori. Analogamente, se i genitori sono contenti della loro relazione, rispondono meglio al bambino, generando un'interazione positiva. Bronfenbrenner ha postulato legami tra ciascuno degli elementi del microsistema, che egli definiva mesosistema. Se il microsistema del bambino è composto dai genitori, da un vicino e dai bambini che frequentano la scuola, allora il bambino non è influenzato solo da ciascuna di queste persone, ma dal modo in cui queste interagiscono. Con la crescita del bambino, acquisisce maggiore importanza per il suo sviluppo l'esosistema. Esso è costituito da una struttura formale costituita dai dirigenti sanitari e dai sistemi di welfare locali. L'esosistema può anche includere l'unità familiare nel suo complesso. Infine, il macrosistema descrive i valori culturali, le norme, le leggi, i costumi e altri elementi sociali che orientano lo sviluppo del bambino. SVILUPPO PRENATALE E INFANZIA (CAP 5) A tutte le età lo sviluppo umano dipende dalla stretta interazione fra due insiemi di elementi potentissimi: la natura (processi controllati dai nostri geni) e la cultura (info ricevute dall'ambiente e dall'esperienza) IN CHE MODO L'AMBIENTE INFLUENZA LO SVILUPPO? I fattori ambientali che influenzano il primo sviluppo sono gli stimoli fisici, cognitivi, linguistici, sociali ed emotivi a cui ogni bambino va incontro. L'ambiente fisico include inoltre i fattori nutrizionali, i quali hanno effetto sullo sviluppo delle capacità cognitive e percetÝve; e anche l'ambiente culturale, sociale e interpersonale del bambino fornisce esperienze che influenzano molti aspetÝ del primo sviluppo. Nella vita prenatale, l'ambiente umano è il condotto attraverso cui il mondo esterno incide sullo sviluppo del nascituro. La dieta o le abitudini materne possono influenzare la crescita fisica di un bambino e informazioni sensoriali possono permettere all'ambiente uterino e stimolare la crescita di organi e sistemi sensoriali che forniscono il contenuto dei primi ricordi e del primo apprendimento. IN CHE MODO I GENI INFLUENZANO IL PRIMO SVILUPPO? I geni sono sequenze di materiale biochimico, chiamato DNA (acido desossiribonucleico), reperibili in tutte le cellule del corpo dell'encefalo, di cui influenzano la crescita e il funzionamento. Ciascun gene ha il suo DNA, che fornisce il programma biochimico utile a una corretta costruzione e riproduzione della cellula. In tutte le cellule umane ci sono ventitré paia di cromosomi e, complessivamente, esistono decine di migliaia di geni lungo tutÝ questi cromosomi. I geni sono trasmessi dal genitore al bambino e, ogni cellula umana, generalmente, presenta due varianti (alleli) di ogni gene. Questo perché i cromosomi lavorano in coppia, pertanto esistono due varianti dello stesso gene. Gli alleli possono essere uguali o differenti: ciascuna differenza porta ad una mescolanza o alla dominanza di un allelo sull'altro. Tutte le cellule hanno lo stesso insieme di geni, ma per ogni cellula, soltanto alcuni di esse devono essere atÝvati, e solo al momento giusto. Assicurarsi che i geni corretÝ siano atÝvi nelle cellule è compito dei geni “regolatori” o “capi”, che controllano dove e quando i geni “costruttori” o “operai” svolgono il proprio lavoro. È probabile che la maggior parte delle funzioni psicologiche implichino molti geni e complesse interazioni genetico- ambientali. È importante sottolineare la differenza tra genotipo (importanza genetica di base) e fenotipo (espressione del gene nello sviluppo reale). Il fenotipo può essere diverso dal genotipo a causa dell'influenza dell'ambiente, che può modificare, o inibire, la funzione dei geni. IN CHE MODO INTERAGISCONO GENI E AMBIENTE NEL PRIMO SVILUPPO? Nello sviluppo natura e cultura sono entrambe necessarie, e interagiscono in modi diretÝ e indiretÝ. Un esempio della reciproca interazione è rappresentato dai casi di fenilchetonuria (PKU), condizione in cui un gene difettoso pregiudica la capacità di elaborare le proteine, con effetÝ devastanti sullo sviluppo del cervello, che tuttavia può essere tenuta sotto controllo limitando l'assunzione di proteine. Da una parte, la cultura (esperienza) può atÝvare o disatÝvare la natura (geni), infatÝ l'atÝvazione diretta, o la disatÝvazione dei geni attraverso fattori ambientali (chiamati effetÝ “epigenetici”), è stata dimostrata in molti studi sugli animali. Molti geni sono inatÝvi ed entrano in funzione solo grazie a particolari stimoli ambientali. I geni possono alterare gli effetÝ dell'ambiente. Gli individui con varianti differenti (alleli) dello stesso gene possono reagire in maniera differente alle stesse esperienze; in altre parole, i geni possono limitare o filtrare gli effetÝ dell'esperienza. La relazione tra geni e ambiente è pertanto molto stretta, come risulta evidente nello sviluppo dell'attaccamento durante l'infanzia. Natura e cultura sono legate in modo più o meno ininterrotto per dare una direzione al corso e alla struttura del primo sviluppo, e questa reciproca relazione assume una varietà di possibili forme. I geni e l'ambiente possono interagire direttamente, come nei processi epigenetici, o in modo indiretto. La linea di divisione tra gli effetÝ dei geni e quelli dell'ambiente può essere impercetÝbile, poiché le due forze risultano intrecciate nel contribuire allo sviluppo umano. Sviluppo fisico prenatale Il viaggio di quaranta setÝmane, che dallo zigote conduce alle strutture e ai sistemi complessi che formano il neonato umano, comprende una serie di tappe e procede sotto l'influenza di forze sia genetiche sia ambientale. Ci sono tre fasi principali nella vita prenatale: il periodo germinale (0-2 setÝmane); il periodo embrionale (3-8 setÝmane); il periodo fetale (9-40 setÝmane). Sviluppo prenatale del cervello Il cervello (encefalo) umano consiste di miliardi di minuscole cellule chiamate neuroni, che si trasmettono reciprocamente segnali in reti organizzate. La parte superiore dei neuroni, o corpo cellulare, è piena di diramazioni, chiamate dendriti; la parte inferiore, invece, è detta assone, e le estensioni radiciformi sono dette terminali. Stimolati, i neuroni emettono una piccola scarica o impulso (“potenziale d'azione”) che dalla parte superiore si dirige verso i terminali. Questo impulso passa da un neurone all'altro attraverso piccolissimi interstizi chiamati sinapsi. Per agevolare il passaggio del messaggio attraverso le sinapsi, sono necessarie sostanze chimiche chiamate neurotrasmetÝtori. Tali connessioni permettono reti complesse di atÝvità neurale, che sono alla base delle funzioni dell'encefalo e del SN. Le più antiche regioni del rombencefalo (porzione posteriore del cervello che comprende il cervelletto e la parte del cervello che continua con il midollo spinale) sono responsabili elle funzioni fondamentali di sopravvivenza, degli stati di allerta e del corretto apprendimento dei movimenti. Mentre il mesencefalo è responsabile della rapida risposta ai segnali sensoriali. Il prosencefalo (porzione anteriore del cervello che si sviluppa dalla parte anteriore del tubo neurale) presenta strutture interne, quali l'ippocampo, adibite alla memoria di lavoro e ad aspetÝ dell'elaborazione delle emozioni, la corteccia, destinato all'analisi percetÝva, cognitiva ed emozionale. La corteccia è divisa in quattro lobi: frontale, parietale, occipitale, temporale. Nelle differenti regioni della corteccia, si può riscontrare una certa misura di specializzazione delle funzioni. L'encefalo inizia molto presto a svilupparsi in utero. Lo schema fondamentale e la tabella di marcia sono sotto il controllo dei geni: circa il 40% dei geni “capi” del genoma umano è coinvolto esclusivamente nella crescita e nel controllo del funzionamento dell'encefalo; l'altro 60% ne è coinvolto solo parzialmente. Tuttavia, anche l'ambiente prenatale può avere un impatto sul primo sviluppo dell'encefalo. Durante il periodo embrionale, il disco embrionale diventa una struttura cellulare a tre strati: uno esteriore (ectoderma), uno centrale (mesoderma) e uno interiore (endoderma). L'ectoderma, alla fine, formerà la pelle, i capelli e il sistema nervoso. Durante la terza o la quarta setÝmana, lo sviluppo del sistema nervoso inizia sul serio. Entro il diciottesimo giorno, l'ectoderma riceve segnali chimici dallo strato inferiore, che portano alla crescita di uno spesso piatto neurale. Le cellule presenti in esso continuano a moltiplicarsi rapidamente, seppure a velocità uniforme. Dall'inizio della quarta setÝmana, le pieghe formano un arco sopra il solco, avvolgendosi per formare una struttura a forma di tubo, il tubo neurale, precursore dell'encefalo e del midollo spinale. Dopo la chiusura del tubo, alla quarta setÝmana, lo sviluppo neurale procede in maniera convulsa, attraversando diverse fasi. La prima fase coincide con la neurogenesi: rapida e fitta produzione di neuroni all'interno del tubo neurale. I neuroni non si possono auto riprodurre ma sono composti da altre cellule del tubo neurale, che si dividono velocemente per formare altre cellule le quali, a loro volta, sotto il controllo dei geni, diventano neuroni. Questa frenetica proliferazione di neuroni si rispecchia nella corrispondente crescita dell'encefalo. La produzione di neuroni cessa generalmente alla nascita. La seconda fase è la migrazione neuronale, durante la quale i neuroni procedono verso differenti luoghi dell'encefalo e del SN, entrambi in formazione. Attraverso un processo di trazioni e di spinte che avviene sotto il controllo di fattori genetici e biochimici, i neuroni si muovono lungo sotÝli filamenti. La migrazione dei neuroni, in verità, inizia dopo la definitiva chiusura delle estremità del tubo neurale. Se la migrazione, per qualsiasi motivo, viene interrotta, le funzioni cerebrali possono risultare danneggiate (dislessia, autismo). La terza fase, inizia quando i geni modificano ulteriormente le cellule appena arrivate per specializzarle ai loro futuri ruoli nelle regioni e nei sistemi encefalici. Durante il processo di differenziazione delle cellule dell'embrione, si verificano altre due fasi. Una di queste è la sinaptogenesi: lo sviluppo di potenziali connessioni o sinapsi tra i neuroni emergenti, dovuto alla crescita delle estensioni o ramificazioni nella parte superiore del neurone, i dendriti, e nella parte inferiore, i terminali. Inoltre, inizia la mielinizzazione, che consiste nella copertura degli assoni con una sostanza lipidica e isolante, finalizzata a migliorarne l'efÏcienza; questo processo aumenta in modo considerevole dopo la nascita, tramite l'utilizzo del cervello. Durante il periodo prenatale, l'encefalo presenta una notevole eccedenza di sinapsi. Ciò porta alla fase o all'aspetto finale dello sviluppo neurale, che include la “potatura” di connessioni e la rivalità tra neuroni per i neuroni bersaglio. Questo processo di costruzione e sfoltimento delle sinapsi non si conclude in utero, ma continua decisamente anche dopo la nascita, in risposta a stimoli che provengono dall'apprendimento e dall'esperienza. Le principali strutture dell'encefalo sono presenti nel periodo fetale, tra la nona e la decima setÝmana, e la crescita della massa encefalica è l'aspetto più importante dello sviluppo successivo. Non tutte le regioni dell'encefalo si sviluppano allo stesso ritmo e, persino all'interno della corteccia cerebrale, vengono seguite differenti tabelle di marcia a seconda delle aree. Queste discrepanze continuano anche dopo la nascita. Abilità e comportamenti prenatali Una delle capacità umane fondamentali è quella di percepire e rispondere a uno stimolo esterno. Il rapido sviluppo dell'encefalo e del sistema nervoso argomenta a favore della precoce apparizione delle capacità sensoriali e delle risposte comportamentali. Al termine del periodo embrionale è già presente la capacità di reagire ad una stimolazione esterna; in principio attraverso semplici “riflessi” (che non coinvolgono il cervello) e poi, in seguito, attraverso risposte sempre più legate al controllo cerebrale. I cinque sistemi sensoriali principali, vista, udito, tatto, gusto, olfatto, iniziano a svilupparsi nell'embrione. Ciascuno di questi canali coinvolge i ricettori del corpo così come le vie neurali specializzate e le regioni cerebrali. TATTO, GUSTO E OLFATTO DEL FETO Il primo canale sensoriale che si sviluppa è il gusto. Durante i processi diagnostici intrauterini, si è constatato che, dopo 8-9 setÝmane, il feto si muove se viene toccato nella regione della bocca e che, entro le 12 setÝmane, si aggrappa a ogni cosa sfiori le dita. Anche il gusto e l'olfatto si sviluppano presto nella fase fetale. È più probabile che il feto ingerisca una sostanza dolce presente nel liquido amniotico di una sostanza sgradevole, il che suggerisce l'innata preferenza per i sapori non amari. UDITO DEL FETO Dopo circa 20 setÝmane, anche il sistema uditivo entra in funzione, sebbene l'orecchio e le regioni uditive del cervello non siano ancora mature: il feto risponde ai suoni forti e può mostrare un “sussulto di riflesso”. Dopo 22 setÝmane, il feto mostra una reazione più sofisticata, orientandosi in direzione dei suoni o ascoltandoli. Il feto è capace di cogliere semplici associazioni come l'unione di un suono con uno stimolo tatÝle, ma è anche in grado di ricordare complesse strutture sonore provenienti dal mondo esterno. Molti suoni naturali entrano nell'ambiente uterino; il feto non solo li sente, ma ne apprende la natura o li ricorda. VISTA DEL FETO Il meno sviluppato dei canali sensoriali nella vita prenatale è la vista. D'altra parte, la scarsa luce del mondo uterino non è la situazione otÝmale per la visione; è un aspetto positivo, poiché se il feto sviluppasse una buona vista, si abituerebbe ad una luce molto bassa, e arrivare male equipaggiato per affrontare la luce intensa esterna. Durante il quarto mese, l principali parti dell'occhio sono sviluppate, sebbene la retina non si sia ancora del tutto formata e, il mese successivo, le cellule si specializzano lungo le vie visive preposte per i colori e il dettaglio spaziale. Nella vita del feto, sono atÝve le abilità fondamentali legate alla sensazione, alla percezione, al ricordo, all'apprendimento; il compito di rilevare, elaborare e trattenere le informazioni provenienti dal mondo esterno, inizia ancora prima della nascita. Rischi per lo sviluppo prenatale: teratogeni ambientali ed errori genetici Non tutto lo sviluppo prenatale procede senza intoppi. Circa il 3% dei neonati presenta qualche malformazione congenita, cioè un problema presente fin dalla nascita. Le malformazioni congenite sono dovute a fattori ambientali nocivi o dannosi, conosciuti come teratogeni, o a fallimenti dei processi genetici. TERATOGENI AMBIENTALI Il periodo embrionale è quello più vulnerabile agli effetÝ dei teratogeni, poiché coincide con la fase di formazione di tutÝ gli organi e di tutte le strutture fondamentali, inclusi il sistema nervoso e l'encefalo: per questo motivo le influenze teratogene possono essere particolarmente distrutÝve. Al contrario, l'effetto degli agenti teratogeni è scarso nel periodo germinale. Nel periodo fetale, gli effetÝ sono meno gravi che nel periodo embrionale; tuttavia, gli organi di senso, specialmente gli occhi, e il sistema nervoso centrale continuano a esservi esposti, fino alla nascita. La maggior parte degli agenti teratogeni è legata a condizioni o comportamenti materni, o deriva da fattori ambientali più estesi (es. radiazioni). DENUTRIZIONE Molti nutrienti sono essenziali per un sano sviluppo prenatale; particolarmente grave sembra la mancanza di acido folico (vitamina B9), in quanto elemento essenziale per la produzione del materiale genetico usato nella formazione delle nuove cellule. USO DI DROGA DA PARTE DELLA MADRE Le droghe legali possono avere effetÝ sul nascituro, tanto quanto quelle illegali. Alcune tazze di caffè al giorno, per il loro contenuto di caffeina, possono avere conseguenze dannose per il bambino, come la crescita insufÏciente e l'alta eccitabilità. Le droghe legali più facilmente reperibili sono l'alcool e la nicotina; le prove circa gli effetÝ delle droghe illegali come la cocaina non sono altrettanto certe, perché il loro uso può essere collegato a ulteriori fattori di rischio come la povertà e l'utilizzo di altre droghe nocive per il nascituro. MALATTIE DELLA MADRE Esistono molti virus teratogeni. Quello della rosolia ha effetÝ particolarmente distrutÝvi nei primi mesi di vita prenatale, quando può pregiudicare lo sviluppo di occhi e orecchie. STATO PSICOLOGICO DELLA MADRE Non è solo lo stato fisico della madre ad avere conseguenze sullo sviluppo prenatale; le ha anche il suo stato emotivo. Lo stress e l'ansia producono alti livelli di cortisolo, collegati a problemi di crescita e a problemi cognitivi postnatali. Lo stress materno può influire sullo sviluppo prenatale in due modi diretÝ: attraverso gli effetÝ degli ormoni sui circuiti cerebrali in fase di sviluppo del bambino, o influenzando l'atÝvità dei geni dell'embrione o del feto. TOSSINE AMBIENTALI Anche le sostanze inquinanti e le tossine presenti nell'ambiente naturale possono avere effetÝ sul nascituro, sebbene le prove al riguardo siano talvolta controverse. Esistono molti teratogeni ambientali ma, come osservato, una percentuale maggiore di problemi nello sviluppo prenatale è dovuta a processi genetici difettosi. Vista in età infantile La vista coinvolge l'atÝvità di speciali ricettori del corpo e di canali speciali del SN, che ci rendono capaci di rilevare gli stimoli dell'ambiente. La percezione è il processo aggiuntivo, che fornisce un'impressione più coerente e completa della natura dello stimolo. I cinque sistemi sensoriali, operano dalla nascita. Decenni di ricerche hanno rovesciato le precedenti visioni e confermato che, pur sviluppandosi e perfezionandosi dopo la nascita, la percezione è atÝva e, in larga misura, coerente anche nei neonati, e struttura il flusso di stimoli che giunge dal mondo esterno. La sensazione e la percezione visiva si basano sulla risposta del SN alla luce emessa o riflessa dagli oggetÝ. Tra le principali componenti del sistema visivo, troviamo i bulbi oculari, per catturare la luce; il cristallino, per mettere a fuoco tramite “accomodazione”; la retina, che riveste l'interno del bulbo oculare; la corteccia visiva (occipitale), che possiede gruppi ordinati di neuroni per l'analisi dei segnali visivi. I neonati possiedono questo fondamentale apparato visivo, sebbene alcune componenti non siano ancora formate al primo anno di età, e alcune proseguano lo sviluppo durante la fanciullezza. I coni visivi non si trovano ancora in quella che sarà la loro collocazione definitiva nella fovea, e il cristallino non è per ora in grado di mettere a fuoco da una serie di distanze. Il cervello e il cristallino devono cooperare ai fini della corretta focalizzazione, e perché la collaborazione funzioni senza problemi servono alcuni mesi di pratica. La capacità dell'infante di vedere piccoli dettagli (acutezza visiva) è stata sottoposta a valutazione. Il limite dell'acutezza è rappresentato dalla riga con le lettere che non si riesce a leggere con chiarezza. L'acutezza infantile non può essere misurata dalla tabella di Snellen: può essere però misurata, in maniera analoga, attraverso il metodo della preferenza visiva, basato sull'idea che i bambini preferiscano guardare qualcosa piuttosto che non guardare nulla. Esistono due procedure della preferenza visiva: l'abituazione-recupero e la familiarizzazione. Il metodo dell'abituazione è usato con neonati di pochi giorni di vita e lo stimolo a cui il bambino dev'essere abituato viene presentato per un tempo variabile. Nel metodo della familiarizzazione invece, lo stimolo viene presentato per un periodo di tempo stabilito dallo sperimentatore I neonati possiedono, almeno in parte, una visione funzionale dei colori. Appena venuti alla luce, i bambini, percepiscono tonalità verdi, gialle e rosse, purché gli oggetÝ siamo sufÏcientemente grandi, ma non percepiscono il colore blu. Essi inoltre distinguono i colori in base alla stessa suddivisione che vale per gli adulti; ciò è dimostrato dal fatto che i bambini di tre-quattro mesi abituati a tonalità di colore, mostrano un maggiore interesse per tonalità di colore appartenenti a categorie differenti. Un altro aspetto chiave della percezione visiva è l'utilizzo di segnali che rivelano la profondità del mondo o la sua tridimensionalità. Dagli studi sull'abituazione e sulla preferenza visiva è emerso che gli infanti cominciano a percepire il mondo in profondità a circa tre mesi. Uno dei metodi più classici per verificare la percezione visiva della profondità da parte degli infanti utilizza un apparato che dà l'illusione di profondità. La situazione sperimentale prevede di porre il bambino su di un tavolo la cui superficie è di vetro trasparente. Sulla metà del lato opposto di tale superficie viene incollato un materiale che riproduce, per esempio, il disegno a scacchi del pavimento della stanza visibile dall'altra metà del tavolino. La differenza tra il lato rivestito e quello trasparente produce una forte illusione profondità. I bambini avanzano fiduciosi, carponi, nella parte in cui gli scacchi son incollati al vetro mentre si bloccano angosciati in prossimità della parte trasparente. Negli infanti è stata confermata anche la presenza di aspetÝ più complessi della percezione visiva. I neonati percepiscono che lo stesso oggetto può apparire diverso da angolazioni o distanze differenti, cogliendone così la costanza di dimensione e forma. Gli oggetÝ presentano molte caratteristiche, come il colore, la consistenza e la dimensione; perché si formi l'impressione di un oggetto come un tutto, queste caratteristiche necessitano di essere “collegate”. Tale visione dell'oggetto come un “tutto” richiede di mettere in collegamento le informazioni provenienti da sensi differenti. Udito in età infantile Alla nascita, il sistema uditivo è maggiormente sviluppato dal sistema visivo e, una percezione uditiva coerente può emergere persino prima che il bambino veda la luce. Quindi, i neonati sono in grado di distinguere i suoni, come lo sono anche di percepire somiglianze fra i suoni e strutture sonore. L'udito dell'infante può essere verificato alla nascita attraverso le emissioni otoacustiche evocate: se l'udito funziona, un piccolissimo microfono posizionato nell'orecchio raccoglie un “feedback”. Capacità uditive più complesse sono spesso misurate con il metodo HAS. Ai bambini viene dato un succhiotto, collegato ad uno strumento che controlla la produzione di suoni. Il suono si atÝva quando la suzione del bambino cresce di intensità fino a un certo livello: se egli vuole continuare a sentire, continuerà a succhiare ad alta intensità, altrimenti l'intensità diminuirà. Gli infanti, in generale, hanno un udito meno sensibile di quello degli adulti, perciò i suoni devono essere più alti, ma ciò non vale per i suoni di alta frequenza. La sensibilità a questi ultimi diminuisce prima dell'adolescenza, e in età adulta si è meno sensibili ai suoni di alta frequenza che durante l'infanzia. I neonati mostrano un orientamento di preferenza al linguaggio e alla musica, e anche il feto sembra capace di elaborare parzialmente questi suoni, come appare evidente dalla preferenza del nascituro per la voce della madre. Perciò il neonato nasce con una predisposizione per il linguaggio e la musica, o almeno con una capacità di percepire in modo coerente gli stimoli uditivi. Tecniche di imaging cerebrale e l'utilizzo del metodo HAS hanno confermato che nella prima infanzia il bambino è estremamente sensibile agli stimoli linguistici dell'ambiente circostante. I neonati nascono con la capacità di rilevare le strutture del linguaggio. Questa importante abilità, tuttavia, si perde tra i dodici e i diciotto mesi, quando l'ambiente della lingua madre diventa dominante, e la capacità di percepire le differenze dei suoni di altre lingue si riduce. Il modellamento inizia presto: anche il pianto dei neonati ha un'intonazione modellata dalla lingua madre. Un simile schema di sviluppo si verifica anche per la percezione dei suoni musicali. Anche i neonati percepiscono in maniera coerente le caratteristiche fondamentali della musica, come il ritmo. I bambini sono inoltre più bravi degli adulti a rilevare le strutture musicali della musica straniera. La percezione musicale è, quindi, un altro esempio di come le abilità naturali possano essere modificate dall'ambiente circostante. Abilità tatÝli, gustative e olfatÝve nell'infanzia La vista e l'udito sono abilità percetÝve fondamentali, ma i neonati fanno afÏdamento anche su altri canali percetÝvi sensoriali per mettersi in relazione e apprendere dal mondo. A partire dalla fase embrionale e fetale, gli aspetÝ base della percezione tatÝle si atÝvano, e il neonato mostra chiare risposte di riflesso al tatto. I neonati, però, usano il tatto anche in maniera “aptica”, cioè per ottenere informazioni sul mondo. Attraverso i metodi dell'abituazione e della familiarizzazione, sono state indagate percezioni tatÝli più complesse. I bambini a cui viene richiesto di esplorare uno stimolo soltanto attraverso il tatto, presentano una manipolazione più intensa di fronte a un oggetto nuovo, diverso da quello familiare per consistenza, forma e rigidità. Il gusto e l'olfatto (percezione gustativa e olfatÝva) sono probabilmente necessari alla sopravvivenza fin dall'inizio della vita, tant'è che maturano presto per diminuire, come succede per la sensibilità al gusto, con l'età. I neonati reagiscono come se percepissero in modo diverso i quattro gusti base – dolce, acido, salato e amaro – attraverso differenti espressioni facciali, intensità della suzione e deglutizione della soluzione che sentono in bocca. Sembrano preferire i sapori dolci e non amano quelli amari, acidi o molto salati. Sappiamo tuttavia che il gusto è influenzato da quanto si apprende in seguito e, in questo ambito, le preferenze possono cambiare con l'età e l'esperienza. Anche l'olfatto (percezione olfatÝva) è ben sviluppato nei neonati, e serve loro per identificare nel mondo ciò che non rappresenta un pericolo e persone familiari. Nei neonati, il gusto e l'olfatto operano con chiarezza a livello dei sensi, fornendo una base importante per l'esperienza coerente di un aspetto molto importante del mondo: il cibo. Abilità motorie nell'infanzia Sebbene alla nascita, i neonati mostrino buone abilità sensopercetÝve, le loro capacità di movimento (capacità motorie) sono molto più scarse. Il controllo sulla postura del corpo, sui movimenti degli arti, delle mani e delle dita, impiega per svilupparsi, un tempo più lungo. I neonati hanno a disposizione molti movimenti riflessi e le abilità fondamentali per agire nel mondo e reagire a esso; dopo la nascita, il controllo motorio si sviluppa sia in direzione cefalo-caudale (testa- piedi), sia in direzione prossimo-distale (sezione sagittale-estremità), e ogni nuova abilità si costruisce sulla precedente e contribuisce alla successiva. Il controllo motorio è essenziale per agire sull'ambiente e rispondere a esso in modo efÏcace ma, dal punto di vista dello sviluppo, presenta una grande sfida. La padronanza del movimento del corpo e della mano coinvolge i centri cerebrali superiori e inferiori che, attraverso il midollo spinale, comunicano con i muscoli del corpo. Lo sviluppo del controllo motorio grosso e fine deriva dalla maturazione i comportamenti di azione innati; tale maturazione avviene in combinazione con gli stimoli provenienti dall'ambiente. Anche lo sviluppo motorio fine riflette l'integrazione di programmi innati e di feedback provenienti dall'esperienza e dall'apprendimento. Il centro di attenzione primario nello sviluppo motorio fine, è il controllo delle mani e delle dita, specialmente nell'atto di raggiungere e afferrare oggetÝ. Il controllo visivo dell'afferrare sembra essere presente già alla nascita, quando i neonati mostrano tentativi di “pre-afferramento”, colpendo gli oggetÝ che riescono a vedere. La presa migliora quando rientra sempre più sotto il controllo visivo. Tra i quattro e i sei mesi, si sviluppa una guida precisa da parte della vista, che permette di calibrare la presa alla dimensione e alla forma dell'oggetto. Abilità cognitive nell'infanzia: modelli e approcci generali La parola “cognizione” si riferisce ai processi di pensiero o ai processi cerebrali che vanno oltre la codificazione sensopercetÝva, consentendo un'ulteriore analisi delle informazioni. A seconda del modello teorico di cognizione, esistono differenti visioni sul modo in cui si verifica lo sviluppo cognitivo. L'azione sul mondo e l'esplorazione dello stesso, porta il bambino all'assimilazione di nuove informazioni in strutture di conoscenza preesistenti e all'accomodamento o revisione di queste ultime alla luce delle nuove informazioni. Secondo Piaget, lo sviluppo cognitivo procede attraverso quattro fasi, delle quali l'infanzia rappresenta la fase sensomotoria mentre la funzione cognitiva più elevata – le operazioni formali – non è raggiungibile fino all'adolescenza. La maggior parte degli attuali punti di vista sullo sviluppo cognitivo, si basano su modelli di elaborazioni cognitive che si collegano più strettamente alle funzioni e ai sistemi del cervello. Questi modelli atÝngono alle modalità interpretative dell'elaborazione delle informazioni, delle reti neurali e degli approcci delle neuroscienze. I modelli contemporanei della cognizione riconoscono anche degli adulti la predisposizione a fare afÏdamento su conoscenze passate, piuttosto che su astratÝ flussi di pensiero logico, e riconoscono le importanti influenze dei processi emotivi e inconsci sulla cognizione. In questi modelli, la cognizione è definita nei termini di processi fondamentali come l'attenzione, la memoria di lavoro, la memoria a lungo termine e la categorizzazione, i quali sono immediatamente connessi agli schemi delle atÝvità cerebrali piuttosto che alle “operazioni” descritte da Piaget. I processi cognitivi di più alto livello usano questi processi fondamentali per combinare le informazioni all'interno o attraverso le reti neurali del cervello. Il pensiero non è una “struttura” statica e ben definita, ma coinvolge reti di atÝvità cerebrale dinamiche, in movimento, con gruppi di neuroni che lavorano in armonia come le sezioni di una grande orchestra. Nell'attuale schema di riferimento, gli infanti sono considerati incapaci di funzioni cognitive di base e non vengono confinati all'esistenza sostanzialmente “precognitiva”, ovvero il “periodo sensomotorio”. Tale visione della cognizione durante l'infanzia è confermata da studi che usano metodi neuroscientifici capaci di rilevare l'atÝvità cerebrale infantile nello svolgimento di compiti cognitivi. I punti di vista contemporanei sulla cognizione propongono in generale la presenza nell'infante di abilità cognitive di base, il cui uso migliora nel corso della fanciullezza, grazie all'acquisizione di una base conoscitiva più estesa e interconnessa, la quale fornisce attenzione e memoria più efÏcienti e a un controllo più efÏciente dei processi cognitivi o metacognizione, dovuto a sua volta allo sviluppo, da parte del lobo frontale, della capacità di inibire le risposte irrilevanti e di promuovere una migliore attenzione, consapevolezza e organizzazione della conoscenza. L'attenzione è l'elaborazione seletÝva di uno stimolo o evento, ed è essenziale per acquisire info sul mondo. Può essere subliminale o manifesta, ed essere misurata dà risposte fisiologiche come la diminuzione del batÝto cardiaco. I neonati mostrano capacità attentive fondamentali che si adattano alle richieste della situazione. Possono essere reazioni difensive a stimoli minacciosi o reazioni di orientamento a stimoli non minacciosi come degli schemi colorati. I neonati mostrano una maggiore attenzione anche attraverso la prolungata preferenza di fissazione visiva per stimoli particolari, specialmente i visi umani. Mostrano quindi una capacità di orientamento e di attenzione seletÝva. In generale, nell'infanzia, con il crescere dell'età, l'attenzione diventa più efÏciente. A tutte le età, l'attenzione è influenzata da fattori quali la conoscenza, gli interessi e gli stati emotivi. Apprendimento e memoria in età infantile Memoria e apprendimento costituiscono visioni differenti degli stessi fenomeni. La memoria è l'insieme di processi finalizzati alla conservazione delle informazioni in reti cerebrali e alla successiva capacità di recupero o riatÝvazione delle stesse attraverso riconoscimento o ricordo. La maggior parte dei modelli propone differenti fasi della memoria: la memoria sensoriale (breve persistenza di impressioni sensoriali), la memoria di lavoro (temporaneo mantenimento delle info in uno stato atÝvo) e la memoria a lungo termine (cambiamenti duraturi, biochimici, strutturali). Una delle dimostrazioni classiche della capacità di riconoscimento degli infanti è stata fornita da Friedman, che abituò i neonati a uno schema a scacchi e poi ne mostrò loro uno nuovo. I bambini rinnovarono l'interesse visivo per lo schema nuovo ma non per quello familiare. Con gli infanti non è facile studiare la rievocazione. Anche il paradigma di rinforzo accoppiato ha offerto prove sul ricordo in età infantile. In questo procedimento, la prima estremità di un nastro è attaccata alla caviglia di un bambino, la seconda ad un giocattolo mobile. Il bambino impara presto a scalciare per far muovere il giocattolo. Memoria e apprendimento sono chiaramente atÝvi alla nascita, ma c'è disaccordo sulla natura esatta della memoria iniziale. L'ippocampo, essenziale nella memoria esplicita e nel trasferimento di info dalla memoria di lavoro alla memoria a lungo termine, appare svilupparsi presto nell'infanzia. Parti dell'ippocampo e le sue connessioni con la corteccia prefrontale dell'encefalo, importanti per il consolidamento di nuovi ricordi, raggiungono la maturità funzionale solo ai 20-24 mesi. Recenti studi ottenuti con il metodo di imaging cerebrale, indicano la presenza di atÝvità nella corteccia prefrontale in bambini di tre mesi, come risposta a stimoli nuovi durante compiti di memorizzazione. Conoscenze di base e comprensione nell'infanzia La conoscenza iniziale o comprensione delle caratteristiche delle persone, proviene, in prima istanza, dai canali sensopercetÝvi. Un aspetto fondamentale della conoscenza e della comprensione, riguarda la comprensione o meno, del fatto che gli oggetÝ esistono anche quando smettono di essere percepiti dai sensi. Gli oggetÝ possono scomparire dalla vista in molti modi. Possono finire dietro o dentro altri oggetÝ oppure possono essere proiettati completamente fuori dal campo visivo. Secondo Piaget, per i bambini di età inferiore ai diciotto mesi, gli oggetÝ sono collegati alle azioni: per loro, essi non esistono in modo permanente e/o indipendentemente da queste. Gli studi in cui si richiede ai bambini di cercare oggetÝ nascosti hanno meno probabilità di confermare la presenza della comprensione della permanenza dell'oggetto. La capacità di cercare richiede un coordinamento di abilità motorie, memoria e sistemi di attenzione che è difÏcilmente raggiungibile nell'infanzia. Categorizzazione nell'infanzia La categorizzazione, che permette il raggruppamento o l'organizzazione di elementi sulla base della loro somiglianza, e i concetÝ, che sono le rappresentazioni sulle quali si basano le categorie, sono strumenti centrali per lo sviluppo della conoscenza in età infantile (e per tutta la vita). La capacità di categorizzare è un potente strumento cognitivo, che rende possibile l'organizzazione efÏciente della conoscenza. Tutte le categorie si basano sulla presenza di caratteristiche simili, e il fatto che ci siano diversi livelli di somiglianza comporta che ci siano categorie di diversa natura: categorie sovraordinate o globali, all'interno delle quali la somiglianza tra gli elementi risulta piuttosto leggera, e categorie subordinate, all'interno delle quali la somiglianza tra gli elementi è forte. Fra questi estremi, troviamo le categorie di base, i cui elementi mostrano una discreta somiglianza. La categorizzazione si verifica già nell'infanzia. Un metodo comune consiste nell'abituare o nel far familiarizzare gli infanti con elementi provenienti dalla stessa categoria, e successivamente presentare loro due nuovi elementi: uno proveniente dalla categoria familiare, l'altro da una categoria nuova. Altri metodi di studio comprendono l'osservazione di bambini più grandi che maneggiano giocattoli di “categorie differenti”. Ragionamento e problem solving nell'infanzia Attenzione, memoria e categorizzazione si sviluppano in età infantile, e collaborano a sostenere le più complesse atÝvità cognitive del cervello umano: il ragionamento e il problem solving. Il ragionamento degli adulti, assume due forme piuttosto differenti. Il ragionamento dedutÝvo è logico e fornisce una conclusione precisa; il ragionamento indutÝvo usa conoscenze e informazioni al di là di quelle a disposizione e fornisce conclusioni meno certe. Gli adulti sono capaci di ragionare in modo dedutÝvo, ma possono commettere errori nel farlo; essi spesso evitano le deduzioni logiche e si afÏdano a un ragionamento meno definito, basato sulla conoscenza. Possono risolvere un problema tramite un ragionamento analogico, impostata sulla somiglianza con un problema precedente, oppure può usare scorciatoie mentali chiamate “euristiche”, traendo conclusioni basate, per esempio, sulla rapidità con cui le soluzioni precedentemente fornite vengono in mente. L'approccio dedutÝvo è quello basato su conoscenze precedenti coinvolgenti regioni differenti del cervello: l'emisfero destro è più atÝvo nella deduzione, mentre l'emisfero sinistro nel ragionamento fondato sulla conoscenza. IL LINGUAGGIO (CAP 6) l linguaggio è uno dei sistemi di comunicazione, dato che non tutta la comunicazione si realizza attraverso il linguaggio. Il linguaggio è un sistema simbolico: ogni parola ha, cioè, un significato, rappresenta qualcosa o si riferisce a qualcos'altro. La parola specifica con cui scegliamo di rappresentare un oggetto è, fino ad un certo punto, priva di importanza. Le singole parole, tuttavia, costituiscono solo le basi di una lingua. Ci sono regole di combinazione delle parole che i bambini devono apprendere e che svolgono la funzione di collante fra le parole stesse; ci sono inoltre regole su come si possono alterare le parole al fine di costruire tempi verbali differenti o di formare i plurali. Ciò che sorprende del linguaggio è che, sebbene esistano un numero limitato di parole, vi è un numero potenzialmente infinito di modi in cui le parole stesse si possono combinare. Lo sviluppo del linguaggio ci permette di parlare del passato e del futuro. Il linguaggio è, pertanto, incredibilmente creativo e produtÝvo. Le quattro componenti del linguaggio La fonologia La fonologia è il sistema di suoni di una lingua. Essa determina quali suoni, in una lingua, possono precedere o seguire altri suoni. Nell'analisi dello sviluppo fonologico del bambino, è importante rilevare non solo l'abilità di produrre i suoni propri di una lingua, ma anche l'abilità di riconoscere e di cogliere la differenza, o distinguere, tra differenti fonemi della stessa lingua. La semantica La semantica è quella parte del linguaggio che ha a che fare con il significato di parole e frasi. Quando il lessico dei bambini si arricchisce, i bambini diventano capaci di organizzare le parole che conoscono in gruppi di parole semanticamente correlate. Per lo sviluppo del linguaggio è importante riconoscere che esistono elementi in comune nel loro significato. Anche frasi che sono grammaticalmente corrette possono non risultare precise dal punto di vista semantico, se non hanno senso. La sintassi La sintassi riguarda il modo in cui è possibile combinare le parole per creare le frasi e i sintagmi di una lingua. Anche attraverso una frase sintatÝcamente scorretta, possiamo essere in grado di inferire il significato del messaggio che qualcuno sta cercando di comunicarci. La pragmatica Essa riguarda la parte sociale del linguaggio. Determina il modo in cui esso può essere usato in maniera appropriata in contesti diversi, e il modo in cui possono essere trasmessi significati che vanno oltre le parole stesse. In che modo le prime relazioni sociali preparano gli infanti al linguaggio ALTERNANZA DEI TURNI DURANTE LA SUZIONE L'alternanza è un aspetto sociale del linguaggio, e i ricercatori hanno riscontrato prove del fatto che le prime interazioni sociali degli infanti con i caregiver possono svolgere un ruolo importante nell'educazione all'alternanza nelle conversazioni formali. Quando si nutrono, gli infanti atÝvano un ciclo caratterizzato da brevi periodi di suzione intensa intervallati da pause. Sembra che queste pause siano peculiari degli infanti umani, dal momento che non sono state rilevate nei modelli di nutrizione di altri mammiferi. Il loro scopo funzionale non è chiaro, poiché non sembra esistere alcuna ragione che le motivi. Sembra che la madre armonizzi i propri cicli di atÝvità-riposo con le sequenze di atÝvità e riposo dell'infante, rimanendo passiva durante la suzione dell'infante e inserendo il dialogo e cullando il bambino durante le pause. CICLI ALTERNATIVI Anche in altre interazioni tra infanti e caregiver esistono prove dell'esistenza degli stessi tipi di ritmi che abbiamo discusso per la nutrizione. Studi sullo sguardo madre-infante, dimostrano che i bambini si impegnano in cicli di attenzione e poi distolgono lo sguardo. Nella comunicazione tra adulti, incontrare lo sguardo di qualcuno è un invito all'interazione sociale. Gli infanti possono controllare la propria volontà di interazione distogliendo lo sguardo; le interazioni tra gli infanti e i loro caregiver sono molto stimolanti per i primi, e un eccesso di attenzione può portare a sovrastimolazione e inquietudine. Una parte fondamentale del ruolo del genitore nell'interazione è data dal comprendere le necessità del bambino. La sensibilità dei genitori può giocare agli infanti una parte importante nello sviluppo dello stile di attaccamento del bambino. DISCORSO RIVOLTO AL BAMBINO La comunicazione madre-figlio, viene denominata motherese, cioè il tipo di linguaggio che si realizza quando gli adulti parlano agli infanti. Questo tipo di discorso presenta caratteristiche peculiari che lo rendono molto diverso dal normale discorso tra adulti. Generalmente ha suoni più alti; è più lento, le parole sono articolate più chiaramente; è anche più semplice, usa proposizioni ed espressioni meno complesse. L'acquisizione dei suoni di una lingua (fonologia) può essere facilitata dall'uso del discorso rivolto al bambino, che espone gli infanti alla loro lingua in forma semplice, e può pertanto prepararli a successive forme più complesse. Ma l'esposizione a questo tipo di linguaggio non è necessaria a che il bambino sviluppi adeguatamente il linguaggio. TEORIE DELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO I teorici dell'apprendimento sociale sostengono che il linguaggio non è altro che un tipo di comportamento che apprendiamo, benché sia un comportamento verbale. Essi sottolineano il fatto che i bambini sono circondati dal linguaggio a partire dalla nascita. L'uso del motherese è un altro modo attraverso il quale l'esposizione al linguaggio dopo la nascita potrebbe fornire agli infanti la possibilità di esposizione alla lingua madre, permettendo loro di apprenderla molto presto. Nel processo di sviluppo del linguaggio, i teorici enfatizzano l'importanza dell'approvazione e del rinforzo positivo da parte dei genitori, che attuano un modellamento dello sviluppo del linguaggio del bambino, che va dai suoni, ai suoni simili alle parole, che infine diventeranno parole associate a specifici significati. Spiegazione innatista Chomsky, ha suggerito che gli esseri umani possiedono un innato dispositivo di acquisizione del linguaggio (LAD). Non crede che l'apprendimento sociale che si verifica nell'infanzia possa giustificare tutÝ i differenti aspetÝ dello sviluppo del linguaggio. Ha anche messo in evidenza la prevedibilità del modo in cui il linguaggio si sviluppa e il fatto che, anziché apprendere la sintassi direttamente dal discorso, essi sono capaci di rilevare le regolarità che esistono nel discorso quotidiano grazie ad un LAD con cui essi nascono. È possibile che il LAD rappresenti una specifica parte del cervello e, certamente, è dimostrata l'esistenza di particolari parti del cervello che sono coinvolte nel linguaggio. Broca, è stato il primo a identificare una specifica parte dell'emisfero sinistro coinvolta nel linguaggio. Gli individui il cui linguaggio è influenzato dal danno subito in questa area sono spesso identificati come soggetÝ all'afasia di Broca. L'area di Wernicke è la più importante per la comprensione del linguaggio. Wernicke descrisse per primo i sintomi associati ai danni di quest'area. Gli individui con quest'area del cervello danneggiata sono in grado di produrre un discorso che ha lo stesso tipo di suono e di ritmo del discorso normale, ma è privo di significato. Quest'area è ritenuta importante ai fini dello sviluppo del linguaggio. La ricerca contemporanea sulle basi biologiche del linguaggio, studiando bambini che hanno subito lesioni cerebrali traumatiche, ha dato sostegno all'ipotesi dell'esistenza di un periodo critico (tra i diciotto mesi e l'inizio della pubertà). Gli adulti che subiranno una lesione, rimarranno con un disturbo permanente, mentre sui bambini hanno rilevato effetÝ di lunga durata. La capacità del cervello di recuperare il proprio funzionamento è detta plasticità. Spiegazioni interazioniste Alcune spiegazioni interazioniste dello sviluppo del linguaggio ci fanno riflettere sull'interazione fra lo sviluppo del linguaggio stesso e lo sviluppo delle abilità di cognizione e di pensiero generale. Il linguaggio è presentato come parte del processo di sviluppo cognitivo, e non dovremmo considerarlo come un aspetto evolutivo speciale o significativamente diverso. I bambini non sviluppano il linguaggio in isolamento, possiamo perciò considerare come l'input del mondo esterno collabori con le abilità innate che un bambino porta con sé venendo al mondo. Gli approcci interazionisti alla comprensione e alla spiegazione delle modalità e dei motivi per cui il linguaggio si sviluppa, ci permettono di pensare a come abilità specifiche del linguaggio possano interagire con altre abilità cognitive e con gli input del mondo sociale. Sviluppo fonologico Per usare il linguaggio, è necessario essere capaci di comprendere le parole che si sentono, oltre che di produrle in prima persona. Ascoltare e comprendere le parole che vengono pronunciate richiede abilità percetÝve di tipo uditivo. Perché gli adulti usino efÏcacemente il linguaggio, è importante che siano capaci di distinguere differenti categorie di suoni linguistici, mentre è poco utile che distinguano suoni diversi all'interno di una stessa categoria di suono linguistico. I bambini sono capaci di compiere questi tipi di distinzione tra categorie di suoni linguistici, ma non all'interno della medesima categoria di suono linguistico. Le abilità iniziali degli infanti di distinguere tra differenti fonemi si estendono oltre le lingue alle quali sono stati esposti. Le otÝme abilità di distinzione dei fonemi mostrate da individui nella prima infanzia, si restringono con la crescita. È un fenomeno interessante, poiché tendiamo ad assumere, come legge generale, che i bambini, crescendo, restringono le loro capacità di distinguere i suoni. Se tutÝ gli esseri umani ricevono il LAD in dotazione alla nascita, allora nel bambino lo sviluppo del linguaggio, qualunque sia la lingua a cui egli è esposto, dev'essere agevolato, dal momento che possiamo assumere che il LAD non conoscerà in anticipo per quale lingua predisporsi. Forse, il LAD è inizialmente fornito di capacità generali per rispondere a tutte le lingue possibili ma, quando inizia a specializzarsi in una lingua, sviluppa una capacità di ascolto e risposta ai suoni di quella lingua specifica a spese degli altri. Tra i sei e i dodici mesi, si mostra nei bambini un declino delle abilità di percezione delle differenze tra categorie di suoni appartenenti a lingue diverse dalla propria. Questa sembra essere un'area dello sviluppo in cui le abilità dei bambini sono, in realtà, considerevolmente migliori di quelle degli adulti, il che ci ricorda che comprendere lo sviluppo dei bambini è più complicato che seguire semplicemente i progressi delle loro abilità nel corso del tempo. Lo sviluppo fisico del sistema vocale dei bambini era considerato alla base dello sviluppo della vocalizzazione attraverso questi stadi, poiché gli infanti esplorano lo sviluppo delle proprie abilità in interazione con altre. Tra le prime vocalizzazioni degli infanti troviamo il rutÝno, il pianto, la tosse e lo starnuto: sono tutte prodotte in risposta a stati fisiologici o emotivi. Un infante può essere capace di comunicare un bisogno fisiologico attraverso il pianto e, nei primi due mesi di vita, ci si riferisce a queste vocalizzazioni come “riflesse”: non sono cioè considerate propriamente linguaggio. La quantità di pianto di un infante sembra diminuire dopo il secondo mese di vita, ed è allora che si verifica la maggior parte delle vocalizzazioni più simili al linguaggio. Il tubare e il ridere caratterizzano una grande parte delle vocalizzazioni degli infanti tra i due e i quattro mesi di età. Il terzo stadio è caratterizzato da ciò a cui ci si riferisce con il termine “lallazione” o “gioco vocale”, e compare tra i quattro e i sei mesi. Durante questo stadio, gli infanti padroneggiano alcuni movimenti fisici e articolazioni che sono necessari per creare i suoni e iniziano a giocare, esplorare, sperimentare. Lo stadio seguente, la lallazione canonica comprende suoni e combinazioni di suoni simili alle parole, sebbene sia improbabile che gli infanti colleghino un significato a parole che producono durante questo stadio. Segue, tra i dieci e i quindici mesi, una lallazione più complessa che è spesso indicata come “lallazione modulata”. Durante questo stadio, gli infanti iniziano a giocare e a esplorare le strutture dell'intonazione, dell'accento, dell'altezza del tono. È l'ultimo stadio prima dell'articolazione corretta e dell'uso delle parole referenziali (tra i dodici e i quindici mesi) Sviluppo semantico Quando il bambino produce le prime parole referenziali, il suo vocabolario inizia gradualmente ad arricchirsi. Questo processo è piuttosto lento nei primi tre o quattro mesi. Tuttavia, dopo che il lessico del bambino ha raggiunto tra le cinquanta e le cento parole, il processo di accrescimento del vocabolario accelera rapidamente: questo fenomeno è detto esplosione del vocabolario. L'esplosionesi realizza attorno ai diciotto mesi, ma il momento esatto varia da bambino a bambino (alcuni possono anche non manifestarla affatto). C'è una sotÝle distinzione tra l'estensione del vocabolario di un bambino e il ritmo della sua crescita lessicale. L'esplosione osservata nella crescita del vocabolario dei bambini è la prova della presenza di un “motore” diverso che alimenta il processo di acquisizione delle parole. Il marcato incremento del patrimonio lessicale che si realizza nel secondo anno di vita del bambino è conosciuto come scoperta improvvisa della denominazione. La teoria della scoperta improvvisa della denominazione suggerisce che, inizialmente, gli infanti collegano le parole a oggetÝ, atÝvità, persone o abitudini della loro vita, senza comprendere che ogni cosa ha un nome e, di conseguenza, che ogni nome si riferisce a una cosa. Un'altra caratteristica di questo periodo di crescita è lo sviluppo delle relazioni semantiche: il raggruppamento di parole sulla base della loro comune appartenenza a un gruppo a una categoria. Gopnik e Meltzoff hanno condotto ricerche sul ruolo della categorizzazione. Prestavano particolare attenzione all'esibizione di tre differenti livelli di raggruppamento. 1. Raggruppamento in una singola categoria: si verifica quando un bambino sposta sistematicamente quattro oggetÝ di un tipo e li raggruppa insieme. Non è necessario che l'altro tipo di oggetto sia stato manipolato perché si consideri avvenuto il raggruppamento nella singola categoria. 2. Tocco ripetuto di entrambi i tipi di oggetto: si verifica quando un ambino tocca i quattro oggetÝ di un tipo in successione e poi fa lo stesso con gli oggetÝ dell'altro tipo. 3. Raggruppamento in due categorie: quando un bambino sposta tutÝ gli oggetÝ dal luogo in cui si trovano originariamente e li distribuisce sistematicamente in due gruppi distinti. È il tipo di categorizzazione più elevata Sembra che lo sviluppo della comprensione delle relazioni semantiche o dell'appartenenza a una categoria sia un prerequisito necessario all'esplorazione del vocabolario osservata nei bambini a questo punto dello sviluppo. La fondamentale natura simbolica del linguaggio permette che i segni possano essere usati come forma di comunicazione da bambini e adulti sordi. Dopo l'esplosione del vocabolario, il lessico dei bambini continua ad arricchirsi, al punto che entro i sei anni di età si possiede un vocabolario di 14mila parole. Inizialmente, le parole che gli infanti producono sono soprattutto nomi comuni e verbi di azione, ma anche suoni onomatopeici e parole riferite a individui (es. papà). I nomi comuni comprendono animali, mezzi di trasporto, giocattoli e cibo. Tra i verbi di azione, troviamo “andare” e “dare”. Lo sviluppo del linguaggio permette agli infanti di interagire con il proprio ambiente ed è limitato a ciò di cui essi hanno avuto esperienza diretta. Quattro tipi di errore che i bambini commettono nell'apprendimento di parole referenziali sono: Sottoestensione Si verifica quando un bambino utilizza una parola per riferirsi soltanto a un sottogruppo della categoria di oggetÝ ai quali la parola si riferisce. Quando i bambini operano sotto una sottoestensione dell'uso di una parola, sappiamo che essi, nel processo di apprendimento, l'hanno per errore associata soltanto a un sottogruppo della categoria di oggetÝ a cui questa realtà si riferisce. Sovraestensione Essa è il contrario della sottoestensione e si verifica quando un bambino usa una parola per riferirsi ad altri oggetÝ oltre a quelli a cui il termine si riferisce. Quando un bambino sovraestendono una parola, sappiamo che, nel processo di apprendimento, l'hanno erroneamente associata a più cose rispetto alla categoria di oggetÝ a cui si riferisce. Sovrapposizione Può essere considerata come una via di mezzo tra la sottoestensione e la sovraestensione. Nell'apprendimento del significato di una parola, il bambino ha associato il termine correttamente a un sottogruppo della categoria a cui esso si riferisce ma, nel contempo, scorrettamente a referenti di altre categorie. Associazione impropria Si realizza quando le associazioni tra una parola e la sua categoria di referenti non sono corrette. I bambini possono associare le parole a esemplari specifici di categorie di oggetÝ, come quando il bambino usava una determinata parola, per esempio cagnolino, per riferirsi solo a un tipo di cane. I tipi di approfondimenti concettuali a cui i bambini giungono grazie a fenomeni come la scoperta improvvisa della denominazione o la comprensione delle relazioni semantiche, significano che lo sviluppo del linguaggio del bambino può andare oltre il suo ambiente immediato, e che riflette una comprensione più avanzata del linguaggio stesso e delle parole. I bambini possono apprendere il significato di nuove parole dai discorsi che li circondano nella vita quotidiana e non solo attraverso situazioni in cui essi hanno direttamente chiesto il significato di un oggetto. Questa modalità lascia ancora più spazio alla possibilità di errori nell'apprendimento delle parole, ma la ricerca ha anche mostrato che quanto maggiore è la quantità di linguaggio che circonda i bambini, tanto migliore è il loro vocabolario. Sviluppo sintatÝco Il periodo che precede l'associazione delle parole da parte dei bambini è conosciuto come fase monoverbale. Tuttavia, esistono prove che suggeriscono che, persino in questo periodo, i bambini condensano nelle loro parole singole significati più complessi. In questi casi le parole singole sono conosciute come olofrasi. Il problema con le possibili interpretazioni di un enunciato monoverbale è il limite a cui si può arrivare. Se dobbiamo attribuire significati più complessi alle olofrasi, dobbiamo anche fare attenzione a non sovrastimare la complessità del loro significato. Nel fare ciò, stiamo assegnando ai bambini una comprensione del linguaggio che è assai superiore alla loro abilità di produzione del linguaggio stesso. I bambini iniziano a mettere insieme le parole da quando hanno circa diciotto mesi. Slobin ha riscontra

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