Psicologia Delle Disabilità PDF
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Summary
Questo documento fornisce una panoramica sulla psicologia delle disabilità, soffermandosi sulle diverse prospettive. Vengono illustrate le definizioni di menomazione, disabilità e handicap secondo l'OMS, e viene descritto l'ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health). Il documento tratta anche l'importanza dei test psicodiagnostici nell'ambito della valutazione e l'utilizzo di test computerizzati.
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PSICOLOGIA DELLE DISABILITÀ: Vi sono 3 falsi sinonimi in questo ambito, ma ben definiti dall'OMS negli anni 80: 1. Menomazione: si intende l’anomalia a carico di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica. (Sia temporaneo, come un braccio rotto, che permanente, nasc...
PSICOLOGIA DELLE DISABILITÀ: Vi sono 3 falsi sinonimi in questo ambito, ma ben definiti dall'OMS negli anni 80: 1. Menomazione: si intende l’anomalia a carico di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica. (Sia temporaneo, come un braccio rotto, che permanente, nascere senza un braccio o con un disturbo specifico dell’apprendimento) 2. Disabilità: si intende la diminuzione della capacità di svolgere una determinata attività “normale”. Può essere transitoria o permanente, reversibile o irreversibile, progressiva o regressiva 3. Handicap: era la condizione di svantaggio vissuto, cosa che nel tempo può cambiare ed è influenzato anche dalla cultura, dal sesso e dall’età di chi vive una determinata disabilità Le barriere possono essere: 1. Fisiche 2. Psicologiche: avere difficoltà a comunicare con altri individui 3. Sociali: ostacoli causati dal rapporto della cultura in cui si vive con una particolare disabilità o menomazione (da esempio la tendenza all’esclusione sociale di una persona solo perché affetta da sindrome di down) Il termine handicap viene definito come inadeguato ma tale definizione bisogna espanderla anche nel senso comune, specialmente nell’ambito scolastico dove uno studente “h” ha quindi un’etichetta non positiva. L'importante in psicologia è di valorizzare, quindi, se è importante prendere coscienza dei limiti di ogni individuo (non solo a causa di disabilità), è molto più importante aiutare ogni soggetto a scoprire le proprie potenzialità. Ciò però è possibile solo se si è in una relazione di fiducia, molto difficile per il paziente se crede che lo psicologo (aka noi) lo veda ed etichetta come solo “affetto da una disabilità” ICF: A partire dalla classification of functioning, disability and health (icf; oms, 2001) assume centralità la descrizione del funzionamento in tutte le «condizioni di salute» (piuttosto che le singole etichette diagnostiche). Il termine disabilità viene usato come termine ombrello reciproco del termine funzionamento. Infatti, sono proprio il funzionamento e le sue eventuali limitazioni in specifici ambiti di attività che l’icf si propone di descrivere, sulla base di parametri e definizioni condivisi a livello internazionale L'icf ha un’applicazione universale, riguarda tutte le persone non solo quelle con disabilità perchè prende in considerazione il funzionamento umano e le sue restrizioni. Considera le varie dimensioni in interazione reciproca e non più collegate in modo unidirezionale, oltre a considerare il contesto come insieme di fattori ambientali fattori personali che interagiscono a tutti i livelli. L’icf si organizza in 2 parti, divise in 2 componenti: E si struttura così: Ogni componente può essere espressa in termini positivi o negativi e vi è un'organizzazione gerarchica che va dal contesto più generale al termine più specifico (funzioni mentali ==> funzioni mentali globali ==> funzioni mentali specifiche) Per ciascun dominio vanno applicati dei qualificatori, che servono a esprimere l’estensione o la qualità di un livello di salute o di una condizione problematica. Per tradurre la valutazione in uno o più codici condivisibili a livello internazionale si utilizza un sistema alfanumerico, con le lettere che corrispondono alle componenti e i numeri, organizzati gerarchicamente, che si riferiscono alle categorie sottostanti. In tal modo è possibile scegliere il livello di dettaglio da utilizzare nella valutazione. ICF italiano è diviso in 3 parti: 1. Contiene i codici relativi alle funzioni e alle strutture corporee 2. Contiene i codici selezionati per attività e partecipazione 3. Contiene i codici relativi ai fattori ambientali Vi è poi uno spazio aperto per descrivere i fattori personali che sono parte integrante della descrizione del contesto ma non prevedono una vera e propria codificazione. Tra gli strumenti realizzati per facilitare l’uso dell’icf nella pratica clinica, bisogna citare i core set: protocolli standardizzati a livello internazionale, composti da una lista di categorie dell’icf che sono comuni o rilevanti per la maggior parte di pazienti con quella condizione di salute specifica o che utilizzano una medesima offerta riabilitativa (forma breve o completa reperibile online: www.Icf-core-sets.Org) (obiettivo uso core sets: creare un profilo di funzionamento che rappresenta l’esperienza complessiva vissuta dalla persona in relazione alla sua condizione di salute e che può rappresentare un punto di partenza per la programmazione e/o la valutazione di interventi) DIAGNOSI DI SVILIPPO: Valutazione sistematica delle caratteristiche della persona e della loro reciproca integrazione, con l’obiettivo di descrivere la situazione attuale e valutare il potenziale evolutivo La diagnosi di sviluppo fa riferimento a strumenti e concetti della psicologia dello sviluppo, ma anche della psicologia clinica infantile, della neuropsicologia dello sviluppo e della psichiatria dell’infanzia. Si propone di descrivere aree di stabilità e di cambiamento e di identificare gli strumenti adatti a valutare diverse caratteristiche e attitudini individuali lungo tutto il corso della vita. A cosa serve? Considerare la disabilità come un processo evolutivo permette di comprendere l’influenza che lo sviluppo stesso ha sull’esito del disturbo e di impostare un intervento più precocemente possibile fini di prevenire o ridurre la disabilità. Il normale icf era inadeguato, così è nato il icf-c (x kids e adolescenti): nasce con l’intento di documentare e descrivere con un linguaggio internazionale le limitazioni e il funzionamento in età evolutiva. Tenta di costituire un superamento della classificazione tradizionale, basata sulle categorie di minorazione fisica, psichica, sensoriale, comportamentale e motoria. Inoltre, contestualizza lo sviluppo del bambino nel contesto familiare e integra i qualificatori dell’icf ricorrendo al concetto di ritardo o sfasamento nella comparsa di funzioni, nell’esecuzione di attività, mettendo l’accento sulla natura dinamica e in fieri dei cambiamenti USO DEI TEST: È molto utile per l’anamnesi (ovvero la raccolta di dati ed informazioni forniti dai pazienti stessi o da chi per loro, come i genitori per i minori dai quali si può arrivare ad altri esperti che seguono o hanno seguito il paziente). Parlare con i genitori insieme non è sempre facile o possibile, ma è importante parlare con entrambi anche separatamente in quanto i 2 non sempre hanno la stessa idea e visione del figlio e per noi è fondamentale raccogliere più informazioni possibili sul paziente, anche della sua “storia clinica” in modo da ricostruire un’immagine il più completa possibile sul paziente e della sua storia. Ovviamente il test non basta, bisogna integrare con altri possibili fattori che influenzano, come i professori o altri possibili medici che lo hanno seguito (logopedista ad esempio). Prima ancora del test, è importante il dialogo clinico, ovvero interagire a tu per tu con il paziente per poter capire anche come il bambino/a sta vivendo e come gli è stata presentata la situazione (alle volte le prestazioni negative sono dovute ad ansia da prestazione e non a difficoltà cognitive vere e proprie) (es.: ad alcuni bambini i genitori possono avergli detto “ti portiamo dallo psicologo perché hai un problema” e ciò porta tanta responsabilità e peso al bambino/ragazzo). I risultati di quest’ultimo e del test vanno riferiti ai genitori, ma tasi informazioni possono essere spiegate a grandi linee senza entrare nel dettaglio se il bambino richiede di mantenere segrete certe informazioni (scelta da rispettare per l’obbligo di segreto professionale). La comunicazione è FONDAMENTALE non solo per il paziente ma anche per i genitori che potrebbero non essere pronti a sentire la diagnosi (non è facile sentirsi dire “tuo figlio ha X sindrome”). Per fare ciò, è importante la diagnosi non diventi un’etichetta indelebile, ma una visione della persona con una certificazione di alcuni limiti CHE NON DEVONO MINARE l’AUTOSTIMA DEL PAZIENTE (come l’etichetta che si riceve spesso fa dato che si può pensare “ho questa sindrome, non sono all’altezza”). L’uso dei test psicodiagnostici oscilla fra due estremi entrambi rischiosi: - Fiducia acritica: test come “radiografia” della mente umana. In altre parole, non bisogna fidarsi ciecamente dei test ma bisogna sempre integrare le informazioni con ciò che noi osserviamo del bambino - Sfiducia pregiudiziale: perché la mente e i suoi prodotti non possono essere quantificabili. Ciò è sbagliato perché i test sono fondamentali per la diagnosi di alcune problematiche invisibili all’osservazione umana. I problemi e le proposte dell’uso dei test: - Insufficiente riconoscimento dell’importanza dei test - Basso prestigio della ricerca sui test rispetto a quella sperimentale - Limitata riconoscibilità degli strumenti in una comunità scientifica che si basa sull’inglese - Scarsità di fondi per la standardizzazione dei test - Inadeguatezza dei campioni di standardizzazione - Problemi per strumenti mirati a specifiche popolazioni - Necessità di standard non irrealistici che eviterebbero critiche o sfiducia ingiustificata agli strumenti psicometrici - Problemi relativi alla preparazione di chi deve utilizzare i test - Condizionamenti degli editori (AIP convenzioni per collaborazione per standardizzazione e uso corretto test) - Uso (e insegnamento) test riguardante i non psicologi: si informa gli altri professionisti su cosa sono i test, cosa misurano (NON insegnare i dettagli della somministrazione, dello scoring, dell’interpretazione dei risultati) Fondamentali per un test sono: - Attendibilità: Ripetibilità alle stesse condizioni in tempi e luoghi diversi - Validità: Un test è valido se rileva tutto, e solo, ciò che tramite esso si intende rilevare, e chi lo esegue comprende e accetta gli scopi della rilevazione Test basati sull’osservazione comportamentale: - È difficile usare test nei primi anni di sviluppo e con deficit cognitivi ed emotivi, importanti anche in fasi d’età successivi - In questi casi serve una valutazione supportata da osservazioni - Alcuni test psicometrici messi a punto basandosi esclusivamente su procedure osservative Esempi: Test computerizzati e assessment a distanza: tra opportunità e rischi: Nel 2022, L’International Test Commission + Association of Test Publishers ha diffuso le linee guida per la valutazione basata sulle tecnologie, per fornire ampie e dettagliate indicazioni sulle migliori pratiche per la progettazione e l’uso delle valutazioni digitali, lo scoring e la sintesi diagnostica, assicurando al tempo stesso la validità, l’equità, l’accessibilità, la sicurezza e la privacy di queste modalità di assessment psicometrico. Quando i test utilizzano i computer anche per somministrare i test oltre che per assegnarne i risultati, si discute del fatto he l’uso del mezzo tecnologico sostituisce in modo significativo l’interazione tra psicologo e utenti. Per quanto riguarda aspetti non verbali, che sono complementari alla misurazione psicometrica delle abilità e dei tratti di personalità e utili per la comprensione complessiva del soggetto in esame, l’interazione psicologo-utente è necessaria per la valutazione Computerized Adaptive Testing (CAT): rende i test “su misura” e quindi più appropriati e precisi. Nell’uso di testing adattivi computerizzati sono emerse alcune criticità: - Complessità richiesta per lo sviluppo del sistema esperto, anche a causa delle grandi dimensioni richieste per il campione di standardizzazione preliminare - Il test ha una durata diversa a seconda della distanza iniziale del soggetto dal punto di soglia (durata maggiore: affaticamento) => Possibile soluzione: soglie mobili con intelligenza artificiale Il testing a distanza presenta dei problemi aperti: - Può essere garantita la sicurezza e il copyright del materiale dei test? - Le procedure di somministrazione online sono assimilabili alle modalità standard in presenza? - Come si somministrano delle prove che valutano la velocità e la correttezza nella lettura o per quanto riguarda la manipolazione motoria? - Le piattaforme su cui inserire il test online vanno programmate in maniera specifica? Se sì, con quali caratteristiche di usabilità e accettabilità? - Esistono norme ad hoc per la modalità di somministrazione a distanza - Possono essere controllati gli aspetti relazionali, come la possibile ansia da prestazione o semplicemente per fornire assistenza in caso di segni di disagio? - Come gestire i problemi specifici con bambini (mantenimento dell’attenzione senza poter tenere conto di potenziali distrattori o aiuti da parte dei famigliari)? In conclusione, se da un lato può essere essenziale per mantenere la continuità dell’intervento in condizioni di emergenza o comunque difficili, dall’altro pone problemi di usabilità e accettabilità come tutte le tecnologie applicate alla psicologia, e questi vanno verificati nelle prassi dei professionisti psicologi L’INTERVENTO: Anche l’intervento presenta, come la diagnosi e la definizione di disabilità, delle complessità. Infatti, Situazioni diverse per tipologia e gravità richiedono interventi anche in ambiti diversi Dunque, vi sono 5 elementi indispensabili per un qualsiasi intervento: LA DISABILITÀ UDITIVA Con la legge 95 del 2006 si cambia la concezione da “sordomuto” a “sordo prelinguale” e si passa dall’idea che ci sia un impedimento nell’acquisizione del linguaggio verbale all’idea che ci sia una difficoltà in quest’ambito legata alla compromissione della funzione uditiva ENS (Ente Nazionale Sordomuti) diventa, dopo questa legge l’Ente Nazionale per la protezione dei sordi = ONLUS Vi sono vari tipi di sordità: 1. sordità trasmissive: interessano le parti dell'apparato uditivo deputate alla trasmissione del suono (orecchio esterno e orecchio medio): le onde sonore arrivano parzialmente distorte all'orecchio interno. 2. sordità percettive: suddivise in neurosensoriali e centrali: la trasmissione delle onde sonore avviene normalmente. È compromessa la trasformazione di tali vibrazioni in percezione uditiva. La perdita uditiva può essere da lieve a gravissima. 3. sordità miste: si sommano anomalie nella trasmissione e nella percezione del suono (sia zone periferiche che centrali dell'apparato uditivo). I parametri per valutare la capacità uditiva sono: - Intensità: data dall’ampiezza di pressione dell’onda sonora (si misura in decibel) - Altezza: data dalla frequenza della pressione dell’onda sonora (si misura in hertz; Hz: numero di cicli al secondo). L’orecchio umano percepisce da 20 a 20000 Hz. lo sviluppo affettivo e sociale di bambini con disabilità uditiva: I neonati sordi non hanno la capacità di reagire selettivamente alla voce materna fin dai primi giorni di vita e questo elemento risulta un fattore importante nello stabilirsi del legame di attaccamento. questi però possono sfruttare altre fonti d’informazione, es. l’odore, per identificare le figure familiari La scarsa reattività iniziale del bambino sordo potrebbe essere frustrante per i genitori udenti che, non immaginando la causa di tale atteggiamento, possono sentirsi rifiutati dal figlio La successiva scoperta della sordità potrebbe aggravare la situazione aggiungendo stress del dover affrontare una situazione difficile, che spesso richiede una ristrutturazione complessiva dell’organizzazione familiare => INTERVENTO: FONDAMENTALE PRESA IN CARICO DELL’INTERO NUCLEO FAMILIARE Problematiche meno rilevanti in diadi madre-bambino entrambi sordi=> instaurarsi di una precoce comunicazione attraverso il canale visuo-gestuale Venne fatta a riguardo una ricerca da Lederberg e Mobley (1990) su 41 coppie di madri udenti e bambini audiolesi e 41 coppie di madri e bambini udenti (età bimbi tra i 18 e i 25 mesi). I parametri in esame erano: - Quantità interazioni: minori in presenza di bambino sordo - Qualità comunicazione: positiva e reciproca in entrambe le diadi - Legame attaccamento: non ci sono differenze tra i due gruppi Altri studi negli anni 90 riscontrano la tendenza, soprattutto materna, a una maggiore intrusività e direttività data dal cercare di richiamare e condividere l’attenzione del bambino. Attualmente, soprattutto grazie all’utilizzo di ausili acustici sofisticati ed efficaci, tale rischio è minimizzato e ciò consente di evidenziare meglio la sensibilità e la responsività dei genitori rispetto alle iniziative comunicative dei loro figli A livello di relazione extrafamiliari, i problemi comunicativi tra coetanei possono essere superati quando si sviluppa una conoscenza reciproca con i compagni di gioco e si sviluppa. Non sempre ciò è semplice sia per iperprotezione da parte dei genitori di un bambino sordo sia per rischio di esclusione sociale Lo sviluppo cognitivo di un bambino con disabilità uditiva: I primi studi descrivevano le persone con sordità come individui concreti, con scarso accesso al pensiero astratto. Già Rosenstein (1961) critica l’uso di termini concreto e astratto per descrivere il pensiero dei sordi. Le ricerche infatti, controllando per i fattori linguistici, non evidenziano differenze rispetto agli udenti nelle capacità concettuali, né difficoltà specifiche nel pensiero astratto (Lederberg at al., 2000; Moores, 2017). A livello di memoria, Bambini non udenti e udenti possono ricordare egualmente bene le informazioni, anche se possono differire nel modo in cui le elaborano e le immagazzinano (Marschark e Hauser, 2012). Le differenze principali sembrano legate non tanto al fatto di non sentire, quanto alle differenti esperienze linguistiche: - adulti e bambini che hanno un linguaggio dei segni fluente tendono a mostrare una migliore memoria visuo-spaziale; - individui sia udenti sia con sordità̀ educati oralmente evidenziano migliori risultati nei compiti di memoria sequenziali, come il digit span. Riguardo la teoria della mente, I bambini udenti e i bambini con sordità figli di genitori sordi solitamente hanno prestazioni migliori di bambini con sordità figli di genitori udenti, MA le differenze nella comprensione della falsa credenza tra sordi e udenti scompaiono quando i due gruppi sono appaiati per le competenze sintattiche che consentono un uso ricorsivo delle subordinate (Maria sa che Giovanni crede che i cioccolatini siano nella tazza: Tardif et al., 2007) La ricerca sulla teoria della mente nelle persone con sordità prelinguale mette in evidenza il forte legame tra linguaggio, competenze mentalistiche e contesti di sviluppo (Marchetti, Liverta Sempio & Lecciso, 2006). Inoltre, Rieffe & Meerum Terwogt (2000) mostrano che bambini con disabilità uditiva con madri udenti parlano delle credenze altrui tanto quanto i coetanei udenti e parlano anche più spesso dei desideri. I bambini con sordità al pari degli udenti rispondono meglio a richieste di spiegazione del comportamento sulla base della falsa credenze (“perché Sally ha guardato nella scatola?”) rispetto a quelle di predizione del comportamento (“dove Sally cercherà la biglia?”) e migliorano con training orientati alla spiegazione dei comportamenti inefficaci (Peterson e Wellman, 2018). Discorso simile si può fare con il pensiero astratto, apprendibile dai sordi con le fiabe ed altre tecniche di insegnamento. A livello di sviluppo del linguaggio, Le conseguenze dirette della sordità riguardano lo sviluppo linguistico: il linguaggio orale nelle ipoacusie gravi e profonde non viene appreso per semplice esposizione: - Le vocalizzazioni iniziali sono presenti tanto nei bambini udenti quanto nei bambini sordi fino ai sei mesi; - La lallazione canonica, caratterizzata da una maggiore somiglianza con la produzione verbale successiva, non emergerebbe spontaneamente nei bambini con sordità prelinguale. - Successivamente, le consonanti più difficili e le strutture sillabiche più complesse sarebbero prodotte in modo differente da bambini sordi e bambini udenti Sviluppo delle varie parti del linguaggio: FONOLOGIA: L’inventario fonetico limitato, la semplificazione dei cluster consonantici e la cancellazione delle consonanti finali, unitamente a un eloquio talvolta frettoloso e al mancato rispetto dei tempi nella pronuncia delle vocali, in alcuni casi rendono l’eloquio dei sordi poco intelligibile. LESSICO: Non ci sono differenze qualitative nelle strutture lessicali del sordo se non quelle dovute a minor esperienza con gli item lessicali MORFOLOGIA: Difficoltà morfologiche (es. morfemi liberi, brevi e non accentati come gli articoli sono difficili da percepire e riprodurre) STRUTTURA FRASALE: Tendenza a usare frasi brevi, semplici, talvolta incomplete, con struttura tendenzialmente lineare (soggetto-verbo-complemento) SVILUPPO PRAGMATICO: I sordi si esprimono con intenzioni comunicative adeguate alla loro età, anche se talvolta con modalità meno sofisticate. Il livello di intelligibilità e di comprensione linguistica incidono sull’andamento della conversazione. Inoltre, un livello troppo elevato di semplificazione e di controllo tende a ridurre la lunghezza e la frequenza dei contributi conversazionali del bambino sordo COMPETENZE NARRATIVE: Bambini con sordità tra 6 e 11 anni son capaci di raccontare storie coerenti a livello di contenuto e di usare strategie a livello di macrostruttura narrativa, ma come gruppo hanno difficoltà nell’uso a livello di microstruttura narrativa (utilizzo di morfemi grammaticali e di meccanismi linguistici di coesione). Il linguaggio fondamentale per i sordi è ovviamente la lingua dei segni (diversa da lingua e lingua, NON è universale), composta da 8 configurazione divise in due parti: 1. Manuali - Configurazione (forma mano) - Luogo, ovvero la zona del corpo in cui il segno è fatto - Orientamento palmo. - Movimento mano. 2.Non manuali - Espressioni del viso. - Componenti labiali, il labiale però non viene sempre utilizzato ma certamente può facilitare la comprensione. - Direzione sguardo. - Metafore visive, ogni forma della mano contiene infatti una metafora di significato Altra tecnica fondamentale per la lingua dei segni è l’impersonamento (ad esempio rappresentare un figlio che parla alla mamma guardando dal basso verso l’alto) Non solo i sordi utilizzano la lingua dei sordi, vi sono infatti anche gli insegnanti e chi ha genitori sordi e i muti e molti altri esempi, inoltre coloro che conoscono questa lingua fanno parte della comunità dei SEGNANTI, non dei SORDI L’intervento: Punti cruciali per un buon intervento riabilitativo sono: - Intervenire precocemente con un programma educativo e riabilitativo idoneo tramite tecnologie adeguate - Prestare attenzione agli aspetti fonologici e prosordici, che sono alla base delle difficoltà linguistiche dei bambini colpiti da ipoacusia profonda - Promuovere utilizzo lessico ricco e variegato, per un buon sviluppo cognitivo e della teoria della mente è fondamentale l’apprendimento di un lessico meno concreto (come il linguaggio delle emozioni) - Impiegare strategie per lo sviluppo della memoria - Promuovere l’autoregolazione I principali metodi di intervento sono: 1. Metodo bimodale L’educazione bimodale si pone come obiettivo il raggiungimento di una buona competenza linguistica orale da parte del bambino sordo, utilizzando un supporto segnico dell’insegnamento della lingua vocale La lingua dei segni viene utilizzata come supporto alla lingua parlata: non viene usata la lingua dei segni vera e propria (In Italia: LIS) ma l’ITALIANO SEGNATO ESATTO (ISE): il lessico è quello della LIS ma l’ordine delle parole segue le regole dell’italiano. Per i termini non presenti nella lingua dei segni (es. articoli, preposizioni), si fa uso di un alfabeto manuale (dattilologia) o del cued speech, un sistema di supporto alla labiolettura. Spesso in logopedia viene usato l’ITALIANO SEGNATO: segue con i segni l’ordine delle parole italiane, omettendo le parole funzione Punti di debolezza del metodo bimodale: i bimbi sono esposti a una varietà di codice molto vasta (LIS, ISE e italiano segnato) e rappresenterebbe un grosso carico 2. Educazione bilingue, ovvero i bambini sordi esposti a 2 lingue: - LINGUA DEI SEGNI: darebbe al bambino la possibilità di dispiegare la sua facoltà di linguaggio nella modalità integra visivo-gestuale in modo spontaneo e senza alcun insegnamento di tipo formale - LINGUA VOCALE PARLATA dai genitori: per comunicare con gli udenti della propria comunità Diverso da METODO BIMODALE => in questo caso le 2 lingue vengono utilizzate separatamente (associazione 1 LINGUA - 1 INTERLOCUTORE) l’ Insegnamento della lingua parlata avviene DOPO il consolidamento lingua dei segni). Problematiche aperte su questo metodo: - Difficile creare un “bilinguismo naturale” - Come insegnare la lingua vocale? Ancora non chiaro 3. Metodo orale classico: Obiettivo: fornire al bambino sordo una competenza linguistica il più possibile vicina a quella degli udenti. Presupposti principali: - Diagnosi molto precoce (primi mesi di vita) - Tempestiva protesizzazione - Tempestivo intervento riabilitativo - Assidua partecipazione della madre al programma riabilitativo Secondo questo metodo di insegnamento del linguaggio, programmato a partire dai primi mesi, si basa principalmente su: - Allenamento acustico tramite strumenti e dai 2 anni cercando di far indovinare al bambino una proposta vocale con la bocca “nascosta” - Labiolettura, aiutando a far capire la bambino come e perché concentrarsi sui movimenti e le forme delle labbra per comprendere una parola o frase (come leggere il labiale) - Tattolettura (appoggiando la mano su gola, guance e naso per registrare a livello tattile le vibrazioni) - Esercizi di respiro e soffio Impostazione dell’articolazione (grazie a specchio comprendere il modo e il punto esatto di articolazione di ciascun fonema) - Associazione parola con oggetto e dal secondo anno con immagine Uso precoce dalla lettura (dal 2 anno) Punti di debolezza metodo: programmazione molto rigorosa e spesso scarsa corrispondenza tra tappe previste e modalità normali di evoluzione del linguaggio. 4. Metodo-verbotonale: Metodo ideato dall’equipe di Petar Guberina, si basa sul principio che il residuo uditivo possa essere utilizzato nella riabilitazione, sia attraverso particolari apparecchi che venivano usati quando la tecnologia protesica era molto rudimentale (SUVAG), sia con l’uso di apposite cuffie che consentono ai bambini di accedere a un’amplificazione selettiva delle frequenze residue, sia grazie alle protesi acustiche. Alla sua realizzazione concorrono: Questo metodi integra Lezioni individuali + lezioni di gruppo (incrementano socializzazione e comunicazione) 5. Il Metodo di Zora Drežančić: e trasversalmente l’uso delle tecnologie informatiche: DISABILITÀ VISIVA: Il parametro principale per valutare la capacità visiva è l’acuità visiva (visus): capacità di distinguere a una distanza data determinate forme, o di discriminare 2 punti vicini. Visus = 10/10 = visione normale Un altro parametro importante è il campo visivo: ampiezza della scena visibile quando lo sguardo è fisso davanti a sé. I deficit visivi possono essere causati da: - Riduzione acuità: deficit nella visione centrale - Riduzione campo visivo: deficit nella visione periferica Esistono 2 criteri di classificazione dei deficit visivi: Suddivisione anatomica: - Sistema focale: deputato alla ricognizione di forma, grandezza e localizzazione - Sistema periferico: campo di rilevazione e riguarda il movimento Epoca di insorgenza: può essere: - Congenita, ovvero presente sin dalla nascita - Acquisita I principali fattori causali delle compromissioni visive in età infantile sono: - PATOLOGIA CONGENITA: trasmissione genetica di alterazioni organiche e fattori prenatali extragenetici (es. infezioni) - CAUSE PERINATALI: anossia, prematurità e relativi trattamenti, diabete materno - CAUSE POST-NATALI: Infezioni virali, fattori immunitari, degenerativi e tramatici (es. meningiti), tumori, diabete Nel descrivere lo sviluppo è importante tener conto delle seguenti distinzioni: - Cecità totale e congenita - Ipovisione e/o perdita della vista in epoche successive. Circa il 45% dei non vedenti presenta questa condizione dalla nascita. Le aree di sviluppo direttamente colpite dalla cecità sono: blind- specific (es: abilità locomotorie e di motricità fine) e aree di sviluppo influenzate in modo indiretto dalla menomazione visiva blind-not specific (es: controllo posturale, sviluppo sociale ed emotivo, sviluppo linguistico). Lo sviluppo motorio: Nei bambini non vedenti la deprivazione sensoriale incide sulla motricità e sulle conoscenze spaziali che conseguentemente si realizzano più lentamente e con maggiore difficoltà. Quest’area di sviluppo si struttura in tempi diversi rispetto ai normodotati, determinando ritardi anche gravi La cecità ha degli effetti indiretti sull’individuo, quest’ultimi sono: 1. Minore elicitazione dell’attività motoria in assenza di stimoli visivi 2. Minori stimolazioni sociali iniziali 3. Maggiore insicurezza nel comportamento esploratorio 4. Ritardo nella costruzione del reale in senso piagetiano. 5. Ritardo nello sviluppo sensomotorio Il linguaggio da usare: Si parla di disabilità visiva e di tutte le altre tipologie solo a causa della società e dei suoi costrutti e pregiudizi, altrimenti esisterebbero solo “chi vede meglio e chi peggio” e così via. Il termine stesso di non vedente (o udente eccetera) è paradossalmente peggio di dire cieco perché, anche grammaticalmente, accentua il deficit dell’individuo. Una prima sfida, specialmente per gli acquisiti, è di accettare la disabilità, però, anche quando sono state imparate le tecniche principali, il quotidiano rimane una sfida da non sottovalutare. Il quotidiano è difficile anche a causa (ad esempio a Genova) di numerose BARRIERE sia architettoniche sia a causa di una scarsa collaborazione, non in tutti i casi, da parte della società (persona che un cieco gli chiede se il semaforo è rosso o verde non risponde e mette la mano nel portafoglio temendo sia una scusa per derubarlo) In quanto psicologo, è importante (in generale) l’individualità del paziente che ho davanti e, se quest’ultimo ha una disabilità, NON BISOGNA PROVARE PIETÀ MA, come con ogni individuo, EMPATIA. La maggior parte delle persone con disabilità visiva, anche a causa di una legge di pochi anni fa, finita la scuola studiano solo per diventare centralinisti (in quanto percorso “facilitato”) anche se, in alcuni casi, non è neanche il lavoro che vorrebbero fare. Questa condizione surreale e discriminatoria è causata anche dall’alto tasso di pregiudizio nel mondo del lavoro nei confronti degli ipovedenti. Lo sviluppo cognitivo: In questo senso vi è: Ritardo importante in alcune operazioni infralogiche: 1. I ciechi dalla nascita hanno più a lungo rappresentazioni sbagliate dei cambiamenti spaziali dovuti a spostamenti propri o degli oggetti 2. Essi risolvono più tardivamente problemi di conservazione della sostanza e del peso Ritardo moderato in operazioni logico-matematiche che implicano la manipolazione di oggetti concreti: 1. Classificazione di forme geometriche 2. Seriazione di bastoncini Discriminazioni percettive (forma, grandezza , localizzazione) più tardive nei non vedenti dalla nascita. Lo sviluppo affettivo e sociale: Il bambino con deficit visivo alla nascita è capace di emettere vocalizzi e di sorridere circa alla stessa età degli altri bambini, rispondendo alla voce e alle stimolazioni corporee. Tuttavia, non è ovviamente in grado di stabilire un contatto visivo con gli altri. In molti casi, si verifica un ritardo di alcuni mesi in alcune tappe fondamentali (es. capacità di discriminare le figure familiari dagli estranei) ==> Processo di separazione-individuazione può risultare ritardato In seguito ad uno studio longitudinale di Als e colleghi (1980) riguardante diadi mamma – bimbo con o senza disabilità: - Come principale differenza è emerso un maggior impegno che il contenimento del bambino cieco, prima, e il coinvolgimento interattivo, poi, richiedono alla madre. - È emerso anche un uso più marcato di contatto, avvolgimento fisico, voce e maggiore consapevolezza - rispetto alle altre madri - del proprio comportamento, degli obiettivi e dei risultati. In una rassegna di Masini e Antonietti (1987) è emerso che: - Esiste una competenza espressiva di base che consente anche a individui ciechi dalla nascita di decodificare e codificare le emozioni di base - Per le emozioni più complesse, i fattori di apprendimento sociale sembrano rilevanti nel compensare le mancate esperienze visive, che in molti casi determinano nel non vedente un repertorio espressivo più limitato Lo sviluppo del linguaggio: Fino a 6-7 mesi non sono state riscontrate differenze nelle vocalizzazioni fra bambini con deficit visivo e bambini vedenti nell'acquisizione prime parole, in letteratura i risultati non sono univoci ma solo alcuni riscontrano ritardi in bambini non vedenti Bambini non vedenti: a rischio nell’acquisizione dei primi vocaboli Le Madri di bambini non vedenti supportano la comunicazione preverbale e stimolano l’esplorazione e la conoscenza di oggetti, in modo da favorire lo sviluppo linguistico dei bambini non vedenti Nello sviluppo di frasi di 2/3 parole vi è un ritardo in bambini non vedenti a causa della discrepanza fra input linguistico e i dati esperienziali. Ritardo però temporaneo e destinato a colmarsi intorno a 3 anni un fenomeno celebre è l’ Iperverbalismo: bambini ipovedenti tenderebbero a ripetere molti termini o strutture frasali che sente dall’adulto senza accedere completamente al significato Pluridisabilità: Non è la semplice somma di più limitazioni compresenti nella stessa persona ma è la continua interazione tra varie patologie, limitazioni e disabilità all’interno di un complesso sistema dove agiscono anche numerosi fattori esterni ed interni. La pluridisabilità può, in base alla gravità, essere classificata in: - Pluridisabilità lieve - Pluridisabilità media - Pluridisabilità grave. La gravità della pluridisabilità in un soggetto viene definita in base a numerose valutazioni effettuate in varie aree: - Funzionalità visiva: abilità oculomotorie, acuità visiva, campo visivo, sensibilità al contrasto ecc... - Abilità cognitive - Valutazione abilità senso-percettive - Valutazione abilità comunicative e linguistiche - Valutazione abilità neuromotorie - Valutazione autonomie - Valutazione ICF L'Intervento: Vi sono alcuni strumenti, anche digitali, per l’ausilio nel quotidiano o per il potenziamento dell’efficienza visiva. Questi strumenti, sono ora accessibili anche ai totalmente ciechi grazie all’alfabeto Braille. Nel dettaglio, questi strumenti sono: l’intervento educativo: Nei vari aspetti una buona app: - Disegni e immagini: contorni ben definiti, dettagli pochi ed essenziali - Organizzazione dello schermo: schermata organizzata e poco affollata. Sfondi neutri o poco confusivi per dare risalto ai soggetti in primo piano - Colori: Privilegiare i “contrasti di colore”, ad esempio il bianco e nero, l’uso di colori “saturi” - Testi e scritte: a caratteri grandi oppure regolabili dall’utilizzatore. Font tipo verdana o arial - Video o immagini in movimento: moto fluido, meglio se con sottofondo sonoro. - Possibilità di attivare/disattivare il sonoro. - Evitare lampeggiamenti, abbagliamenti, apparizioni repentine di elementi, scritte che scorrono rapidamente sullo schermo - Come Interazione: Gesti: Privilegiare l’uso di gesti semplici (tap, swipe). Feedback: Effetti sonori a rinforzo delle azioni sia positive che errate DISABILITÀ MOTORIA: I disturbi motori sono classificabili in: 1. disturbo della funzione motoria da danno dell’apparato esecutore (danno periferico): Degenerazione progressiva delle fibre muscolari e delle fibre nervose fino a una totale compromissione dell’attività motoria che può essere anche seguita da morte a causa di complicazioni agli apparati cardiocircolatorio e respiratorio (es. Sindrome di Duchenne: oltre a problemi motori si hanno complicazioni all’apparato circolatorio e respiratorio). L'esordio ed il decorso variano in base alla gravità e le forme più gravi possono portare ad un decesso in 1 / 2 di vita. Non esiste un trattamento farmacologico efficace tale da far regredire o bloccare il disturbo. L'unica forma di trattamento è la fisioterapia, che consiste nel prolungare l’efficienza muscolare impedendo il precoce costituirsi di deformità secondarie. 2. disturbo della funzione motoria in seguito a danno (che può essere specifico o aspecifico) del sistema nervoso centrale (danno centrale): - Nel danno specifico, il disturbo è una diretta conseguenza di un danno alle aree deputate alla motricità - Nel danno aspecifico, il quadro della sintomatologia comprende anche deficit cognitivo e componente motoria diventa secondaria. Un esempio di disabilità motoria è la paralisi cerebrale infantile (PCI): Fa riferimento a un gruppo di disturbi permanenti dello sviluppo del movimento della postura che determinano una limitazione dell’attività attribuibile a un danno permanente (non progressivo) che si è verificato nell’encefalo nel corso dello sviluppo cerebrale del feto, del neonato, o del lattante. I disturbi motori della PCI sono spesso accompagnati da disturbi sensitivi, sensoriali, percettivi, cognitivi, comunicativi, comportamentali, da epilessia e da problemi muscoloscheletrici secondari. la PCI è una condizione dovuta ad alterazioni del sistema nervoso centrale per cause pre- (feto), peri- (neonato) e post-natali (lattante), prima che se ne completi la crescita e lo sviluppo, estremamente eterogenea in termini di eziologia, tipo e gravità del disturbo stesso (tra le cause principali, chi nasce prima della 28a settimana). Per diagnosticarla, serve trovare una lesione entro il 1o anno di vita Le cause: La PCI è classificabile in varie forme: - Forme spastiche: caratterizzate da Ipertonia e sono dovute al prevalente interessamento della “via cortico-spinale”, deputata alla motilità volontaria. Sono distinte in: Le forme spastiche più celebri sono: - Forme atassiche: - Forme discinetiche: Per la valutazione della disabilità motoria, SIMFER e SINPIA (2013) suggeriscono la descrizione di un profilo funzionale del paziente attraverso l’utilizzo di un sistema multiassiale composto da 9 assi: - Motricità - Anamnesi lesionale - Anamnesi riabilitativa - Complessità Complicanze - Famiglia (di nostra competenza) - Servizi di riabilitazione - Comunità infantile (di nostra competenza) - Qualità della vita (di nostra competenza) lo sviluppo psicologico: gli aspetti relazionali: interventi: Nel “manifesto della riabilitazione del bambino” del Gruppo Italiano Paralisi Cerebrali Infantili ha stabilito un approccio riabilitativo basato su 6 aspetti: 1. Intervento precoce 2. Intervento interdisciplinare 3. Intervento intensivo (allenamento quotidiano) 4. Approccio centrato sulla famiglia 5. Approccio centrato sul bambino 6. Attenzione al contesto DISABILITÀ INTELLETTIVA: Gli assunti che bisogna considerare per applicare la definizione di disabilità intellettiva sono: “il costrutto di disabilità intellettiva si è sviluppato nella prospettiva ecologica che enfatizza l’interazione tra la persona e l’ambiente e riconosce la possibilità di migliorare il funzionamento umano attraverso l’applicazione sistematica di sostegni individualizzati”... “La disabilità non è semplicemente la derivazione del ritardo e non è insita nella persona, ma il risultato dell’interazione tra il soggetto e l’ambiente” Per poter formulare la diagnosi di disabilità intellettiva devono essere soddisfatti 3 criteri: 1. deficit funzioni intellettive 2. deficit del funzionamento adattivo 3. insorgenza deficit intellettivi e adattivi nell’età evolutiva Le cause: Due celebri esempi di disabilità intellettiva sono la SINDROME DI WILLIAMS e la SINDROME DI DOWN: Sindrome di Williams: Sindrome di Down: Da questo confronto ne deduciamo che: - raramente si fa riferimento a un livello di sviluppo normale - Alcune caratteristiche sono soggette a cambiamenti nel tempo e quindi non sono in assoluto tipiche di una sindrome, ma legate a una determinata tappa evolutiva. le differenze riscontrate non vanno quindi interpretate in modo statico e definitivo - l’influenza degli aspetti genetici sullo sviluppo degli individui non è lineare, quindi lo sviluppo stesso è la chiave per comprendere i disturbi evolutivi - Il “fenotipo comportamentale” (ossia l’insieme delle concrete modalità con cui il disturbo si manifesta) si forma a partire dalle caratteristiche iniziali di una sindrome e dalle reazioni che queste innescano nell’individuo e nel suo ambiente di vita - I punti di forza e di debolezza riscontrabili nella tarda fanciullezza o in età adulta derivano spesso da percorsi NON lineari, dove alcune abilità tardano a comparire per poi stabilizzarsi, o viceversa tendono a deteriorarsi in età adulta, mentre altre ancora si sviluppano e si consolidano seguendo percorsi fortemente anomali. - Nonostante le conoscenze acquisite sulle caratteristiche e i profili cognitivi di alcune sindromi, è bene tener presente la complessità dei numerosi quadri nosologici noti e non noti che possono stare alla base dei deficit cognitivi Funzionamento intellettivo limite (FIL): DSM-5 (2013) e DSM-5-TR (2022) (manuali per la diagnosi di disturbi intellettuali utilizzati in ambito psicologico) collocano il FIL tra le “altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica” e danno maggior importanza a conseguenti difficoltà nell’ambiente di vita reale piuttosto che al semplice QI. Tale categoria può essere utilizzata quando il funzionamento intellettivo borderline diventi oggetto di attenzione clinica, oppure abbia un impatto sul trattamento o sulla prognosi, e si sottolinea l’importanza di un’attenta valutazione che differenzi il FIL dalla DISABILITA’ INTELLETTIVA LIEVE Differentemente, ICD-11 (2018) (manuali per la diagnosi di disturbi intellettuali utilizzati in ambito medico) non riferisce una collocazione specifica per la diagnosi di FIL Si tratta quindi di una condizione complessa, caratterizzata da una grande variabilità, che identifica persone che presentano limiti intellettivi con QI compresi tra una o due dev.st. sotto la media e problemi adattivi che, pur non precludendo un inserimento nella vita normale, rendono difficile rispondere a tutte le richieste della scuola e dell’ambiente. In questo caso è importante una valutazione clinica che tenga in considerazione QI + adattamento con strumenti specifici. Gli individui con FIL possono incontrare difficoltà negli ambienti scolastici e di vita, ma possono acquisire piena autonomia e trovare un inserimento sociale se aiutati da esperti. Questi vengono distinti in: 1. FIL “NATURALI”: non dovuti a cause biologiche o ambientali 2. FIL per cause biologiche o genetiche (es. sindrome Prader Willi) 3. FIL associato ad altri disturbi (es. a Disturbo Spettro Autistico o ADHD) 4. FIL associato a condizioni psicopatologiche (es schizofrenia) 5. FIL associato a situazioni di svantaggio socio-culturale e povertà DIAGNOSI: vi sono varie tipologia di diagnosi: Diagnosi Medica: Diagnosi Psicometrica/Psicologica: Rimane un passaggio importante la valutazione del QUOZIENTE INTELLETTIVO (QI), anche se ha perso la sua centralità Tradizionalmente, si valutano come significativamente compromessi sul piano intellettivo quegli individui in cui QI è di due o più ds sotto la media della popolazione (Media = 100; ds = 15) => Nella media tra 85 e 115 Secondo il DSM-5 il FIL si collocherebbe tra 71 e 85, salvo i margini di variabilità per l’errore standard e la necessità di tener conto anche dell’adattamento Esempi di diagnosi psicometriche/psicologiche (Ambedue misurano il livello di funzionamento dell’individuo) sono: - Test di sviluppo (Scale Bayley): lo scopo principale è di fornire informazioni sullo stato di sviluppo del bambino e stabilire il raggiungimento delle tappe fondamentali. Non assumono che la misura dell’abilità in un determinato momento predica quella in un tempo successivo, poiché le strutture sottostanti cambiano qualitativamente nel tempo - Test di intelligenza (Scale Wechsler): lo scopo principale è la valutazione delle abilità cognitive. Considerano la distribuzione delle abilità descritta dalla curva normale e assumono che, in condizioni di normalità si possa predire la differenza tra il livello di abilità in un momento T1 e quello in un momento T2. La WISC-IV misura 4 fattori: Nello specifico: - ICV: misura formazione concetto verbale ed indaga l’abilità di ascoltare una domanda, attingere alle informazioni possedute, ragionare e dare una risposta e l’abilità di ragionare su info precedentemente apprese. L'ICV è un buon predittore della preparazione nel campo scolastico è dell’orientamento al successo ed è influenzato dall’background, dall’educazione e dalle condizioni culturali - IRP: misura il ragionamento fluido ed indaga l’abilità di ragionare utilizzando stimoli visivi, di manipolare materiali completi e la capacità di esaminare un problema, sfruttare abilità visuo-motorie e visuo-spaziali, organizzare pensieri, creare soluzioni e verificarle L'IRP indica la capacità di apprendere attraverso l’azione e di sentirsi a proprio agio nelle situazioni nuovi ed inaspettate - IML: misura la capacità di memorizzare nuove info immagazzinarle e rielaborarle. indaga la capacità di concentrarsi (attenzione) e manipolare info per arrivare a dei risultati. L'IML è collegato all’attenzione e agli apprendimenti scolastici ed è influenzato dall’ansia - IVE: indaga l’abilità di focalizzare l’attenzione, la rapidità di analisi, la capacità di discriminazione e la capacità di ordinare sequenzialmente le info visive. L'IVE è collegato alla memoria di lavoro ed è sensibile alla motivazione, alla difficoltà di lavorare sotto pressione per tempo e alla coordinazione motoria Oltre al QI, risulta importante indagare il livello di ADATTAMENTO dell’individuo. Esempi: Diagnosi Clinica: Nelle indicazioni diagnostiche del DSM-5 si prevede, soprattutto per l’età infantile, che un giudizio clinico del funzionamento intellettivo affianchi costantemente le valutazioni standardizzate Il giudizio di un clinico (con esperienza pratica nel campo della disabilità intellettiva e familiarità con la persona disabile e il suo background): - serve soprattutto a mettere in luce i diversi aspetti anche qualitativi della diagnosi e a connetterli con l’intervento - è indispensabile per per l’assessment del contesto che solitamente non utilizza procedure standardizzate INTERVENTO: Alcuni punti chiave: Presa in carico globale Programmazione individualizzata Approccio multidisciplinare Percorso terapeutico consapevole Integrazione di diverse figure professionali (es. neuropsichiatra infantile, psicologo, TNPEE, logopedista, educatore ecc.). l’équipe riabilitativa ha il compito di - globalità: garantire una gestione unitaria e complessiva dell’intervento - specificità: realizzare il progetto terapeutico attraverso programmi selettivi e mirati (= programmazione individualizzata) - efficienza: erogare tempestivamente tali programmi - efficacia: mantenere per il tempo necessario i programmi - Erogare i programmi più precocemente possibile per influenzare più possibile favorevolmente lo sviluppo cerebrale del bambino in un periodo che si ritiene ancora di elevata plasticità La presa in carico deve organizzare i propri interventi tenendo in considerazione 3 assi principali: Gli obiettivi generali del trattamento sono: - Facilitare la conoscenza al bambino stesso attivata da fattori esterni (legati all’ambiente) e interni (riguardano direttamente il bambino). - Il materiale proposto non deve avere caratteristiche di livello troppo inferiore rispetto alle capacità del bambino, ma neppure troppo al di sopra, e fornire oltre a nozioni nuove anche elementi conosciuti e rassicuranti => importante integrazione fattori esterni ed interni (es. fiducia nelle proprie capacità può essere facilitata da un ambiente realisticamente gratificante, cioè che lo gratifichi solo quando realmente lo merita). - Promuovere competenze specifiche attraverso trattamenti specifici - Favorire il trasferimento delle competenze apprese in ambito terapeutico a contesti extra-terapeutici => punto cruciale trattamento!!!! Difficoltà in generalizzazione competenze apprese - Promuovere la motivazione all’apprendimento Tipologia interventi: Posso essere divisi in Ma anche, più nello specifico, in: Trattamento psicomotorio: Solitamente bambini con DI presentano precocemente un ritardo nello sviluppo psicomotorio, deficit nelle abilità attentive e di interazione con l’ambiente. Dunque, è importante attivare precocemente un trattamento psicomotorio con il terapista della neuro e psicomotricità (TNPEE) che propone sotto forma di gioco tecniche e metodi riabilitativi specifici. L'obiettivo è di favorire il potenziamento di abilità Motorie, Prassiche, Cognitive, Relazionali ed Emotive-comportamentali. Il TNPEE fornisce strumenti e strategie adeguate per sostenere l’apprendimento e l’autonomia personale sia in ambiente domestico che sociale Trattamento cognitivo: il Compito del clinico è di individuare, attraverso valutazioni mirate e specifiche, i punti di forza e di debolezza di ogni individuo, per definire un profilo di funzionamento e delineare gli obiettivi di trattamento. Risulta fondamentale mettere in atto un trattamento metacognitivo, volto a potenziare gli aspetti di consapevolezza e di controllo del proprio funzionamento cognitivo. Dunque l’intervento dev’essere orientato da un lato a favorire una progressione delle competenze e delle strutture di pensiero e centrato su abilità specificamente carenti, attraverso l’esposizione a situazioni problema; Dall’altro a favorire un miglior utilizzo delle risorse disponibili. Il trattamento cognitivo si divide in: - L’intervento cognitivo strutturale: ha come scopo la progressione delle strutture di pensiero attraverso l’esposizione a situazioni-problema adeguate per il livello raggiunto dal bambino, favorendo il passaggio a stadi di sviluppo e forme di organizzazione della conoscenza più evoluti - il trattamento metacognitivo: ha l’obiettivo di favorire la riflessione sul processo mentale attraverso il quale si arriva alla soluzione, per stimolare il bambino a diventare consapevole degli aspetti intellettivi del funzionamento mentale, ma anche delle emozioni che lo accompagnano e dei comportamenti in cui esso si esprime. Questo trattamento può agire su 4 livelli interconnessi: 1 Le conoscenze sul funzionamento cognitivo in generale (teoria della mente) 2 Autoconsapevolezza proprio funzionamento cognitivo in relazione a propri punti di forza e di debolezza 3 Uso di strategie di autoregolazione cognitiva 4 Variabili psicologiche di mediazione (es. definiscono immagine di sé, autostima, motivazione) Ciò che risulta fondamentale non è tanto l’apprendimento dei contenuti, passivo e ipocritico, quanto lo sviluppo di capacità di ragionamento, di generalizzazione e di gestione delle problematiche proposte. Dunque, nella gestione del trattamento risulta importante: - Lavorare su pochi obiettivi alla volta - Utilizzare esperienze personali e di vita quotidiana per favorire il trasferimento dell’apprendimento e fornire al bambino un aggancio concreto con la realtà - Ricorrere a materiale concreto o trasformare il problema in esperienza diretta - Adeguare il lavoro proposto ai tempi e agli interessi del bambino per evitare situazioni di stress eccessivo - Fornire al bambino uno schema costante per l’analisi del compito e per la sua risoluzione - cambiare, dopo un’adeguata stabilizzazione dell’abilità, le condizioni all’interno delle quali si attua il programma terapeutico (per es. cambiando il materiale didattico pur mantenendo lo stesso obiettivo) - Stimolare il bambino a esplicitare verbalmente il proprio pensiero - Non fornire risposte dirette al quesito posto ma aiutare il soggetto guidandolo verso una soluzione autonoma - Tradurre il legame logico esistente fra gli elementi del problema in una regola che possa essere generalizzata a una categoria di esperienze simili - Ripresentare problemi già risolti per consolidare le acquisizioni e sostenere i sentimenti di padronanza rispetto a un compito - Mostrare interessamento costante per i pensieri, le idee, il lavoro e i risultati ottenuti dalla persona con DI - Sottolineare la relazione tra stati d’animo, abilità e risultati ottenuti - Incoraggiare all’autonomia nella gestione del compito - Favorire l’analisi dei risultati sia positivi sia negativi e trovare insieme soluzioni alternative Uno dei passaggi più difficili è insegnare ai bambini a utilizzare al massimo le capacità cognitive che dispongono. È Importante lavorare sull’attribuzione a sé di successi e insuccessi (no attribuzione esterna) e sull’importanza dell’impegno personale nella risoluzione di un compito, nell’acquisizione della consapevolezza che alcune capacità possono migliorare nel tempo Intervento sull’autonomia: L’obiettivo è di promuovere l’autonomia della persona per sé stessa, consapevole dei propri processi mentali e delle proprie possibilità di relazione. In questa tipologia sono utili gli interventi connessi alla vita reale e le attività devono essere connesse a richieste cognitive e finalizzazione del loro utilizzo, ciò tramite un Training su capacità di adattamento in ottica metacognitiva L’Intervento deve essere finalizzato alla crescita della capacità di adattamento e autonomia attraverso lo sviluppo della conoscenza metacognitiva e di un uso strategico e consapevole dei processi cognitivi implicati, privilegiando la consapevolezza alla mera esecuzione. In questo intervento, l’operatore assume un ruolo di sostegno e di stimolo, attiva la capacità di soffermarsi su ciò che sta accadendo, di pianificare le operazioni necessarie per svolgere un compito (piuttosto che rispondere ad un bisogno specifico o avere una funzione sostitutiva) al fine di ridurre progressivamente la propria azione diretta Le aree di intervento posso essere molteplici: - Cura della persona - Attività domestiche - Gestione del denaro - Uso dei servizi e della mobilità - Sviluppo rete relazionale - Conoscenze opportunità presenti sul territorio per il tempo libero presa in carico della famiglia: La nascita di un bambino con disabilità è un evento spesso inatteso e traumatico, che genera vissuti complessi che investono ogni dimensione della vita familiare. Ciò perché: - si crea una discrepanza tra il bambino “ideale” costruito durante l’attesa e il bambino “imperfetto” che la realtà presenta - Si apre una “ferita narcisistica” che mette in discussione il proprio valore individuale di procreatore e in alcuni casi anche la validità della relazione di coppia e familiare Sono purtroppo comuni i vissuti di rabbia, ansia, senso di inadeguatezza, insicurezza, colpa, vergogna, preoccupazione per sé e per il bambino ecc. Per questo, l’adattamento alla disabilità è un processo complesso che dura tutta la vita e riguarda cambiamenti che avvengono a più livelli della vita familiare. In questo processo, la famiglia dev’essere considerata protagonista di un processo di adattamento oltre che vittima di una situazione stressante, per immetterla a pieno titolo nel processo terapeutico e riabilitativo. Vi sono vari tipi di intervento di “presa in carico della famiglia”: - Psicoterapia familiare (per costruzione miglior equilibrio familiare, potenziare risorse) - Supporto a funzione educativa - Consulenze per gestione di specifiche problematiche di tipo educativo o psico-sociale L’ADHD: L'ADHD è un Disturbo del neurosviluppo caratterizzato da livelli tali di disattenzione, disorganizzazione e/o iperattività-impulsività da compromettere il funzionamento individuale. Il DSM-5 definisce i criteri per la diagnosi del DDAI (Disturbo DisAttenzione ed Iperattività) indicando la presenza di 6 o più manifestazioni (per adolescenti +17 o adulti almeno 5 sintomi) riconducibile a disattenzione, iperattività ed impulsività Queste manifestazioni che interferiscono l’attività sociale dell’individuo si presentano prima dei 12 anni ed in diversi contesti, come casa, scuola, lavoro. L'ICD 10 prevede la possibilità di diagnosticare il disturbo ipercinetico (codice F90) quando sono presenti: 6 manifestazioni di disattenzione / 3 manifestazioni di iperattività / 3 manifestazioni di impulsività I gruppi con DDAI combinato e con disturbo ipercinetico differirebbero dagli altri individui con DDAI disattento e iperattività soprattutto per lo scarso controllo inibitorio, ovvero difficoltà di controllarsi Vi sono 2 caratteristiche per classificare le manifestazioni: specificatori manifestazioni: - manifestazione combinata: se entrambi i criteri per la disattenzione e per l’iperattività/impulsività sono soddisfatti negli ultimi 6 mesi - manifestazione con disattenzione predominante: se negli ultimi 6 mesi è soddisfatto solo il criterio di disattenzione, ma non iperatt./impulsività - manifestazione con iperattivita’/impulsivita’ predominanti: se negli ultimi 6 mesi è soddisfatto solo il criterio dell’iperattività/impulsività, ma non il criterio della disattenzione specificatori gravità: lieve: sono presenti sintomi necessari alla diagnosi e pochi altri. il livello di compromissione del funzionamento sociale o lavorativo è minore moderata: sono presenti sintomi o compromissione funzionale compresi tra lievi e gravi grave: oltre i sintomi richiesti per porre la diagnosi, sono presenti molti o diversi sintomi particolarmente gravi le difficoltà: Le manifestazioni in età precoce: DDAI ha esordio precoce, con manifestazioni prevalentemente riconducibili a iperattività e scarso controllo degli impulsi. L’iperattività/impulsività a livelli clinicamente non rilevanti è una caratteristica piuttosto diffusa nei bambini nel periodo prescolare: - Prima dei 3 anni: bambini sono capaci di seguire le istruzioni per iniziare un compito, ma hanno difficoltà nelle condotte inibitorie; sono molto dipendenti dagli stimoli esterni e faticano a modulare il comportamento in relazione a regole o a obiettivi individuali - Tra i 3-4 anni: aumento significativo nelle capacità di controllo inibitorio - Inizio scuola primaria: l’ambiente e le attività proposte contribuiscono a favorire la modulazione dell’eccesso di attività motoria e il controllo degli impulsi Sonuga-Barke et al. (2005) hanno distinto 4 sottotipi: 1- tipo 1 oppositivita’ emergente: bassi livelli di iperattività associati a bassa tolleranza da parte dell’ambiente familiare; presenti relazioni conflittuali genitori-bambino e uno stile educativo coercitivo; no rischio ddai, si rischio problemi comportamentali di tipo oppositivo 2- tipo 2 insorgenza tardiva ddai: moderata iperattività prescolare gestita dal contesto familiare ed educativo nel corso del periodo prescolare. con l’ingresso a scuola, le capacità di autoregolazione del bambino sono insufficienti per permettere un adattamento alle richieste del contesto scolastico. forma meno pervasiva strettamente associata a difficoltà scolastiche 3- tipo 3 ddai limitato al periodo prescolare: elevati livelli di iperattività con molti elementi tipici del ddai. la presenza di caratteristiche positive nel contesto familiare ed educativo agiscono come fattori protettivi per l’insorgenza di problemi scolastici e comportamenti oppositivi o antisociali 4- tipo 4 insorgenza precoce e cronica di ddai: elevati livelli di iperattività associati a caratteristiche temperamenti oppositive. associazione tra questi due fattori aumenta la probabilità che il disturbo si cronicizzi e conduca a interazioni disturbate adulto-bambino Come si indaga in età prescolare l’ADHD? Tramite 2 tipi di questionari: 1. IPDDAI per docenti 2. IPDDAG per genitori Perché risulta importante indagare i sintomi ADHD precocemente? - Individuazione e controllo di alcuni comportamenti difficili sin dal loro nascere - Predisposizione di un ambiente facilitante - Maggiore sensibilità allo sviluppo di eventuali altre difficoltà associate (es. DOP, DC) - Evitamento di situazioni spiacevoli o frustranti per il bambino IPDDAI e IPDDAG sono scale di osservazione per docenti e genitori il cui scopo è quello di uno SCREENING per i bambini in età prescolare. Le due scale sono composte da 18 item: 7 item disattenzione, 7 item iperattività e 4 item fattori di rischio. L’osservatore deve segnare su una scala Likert a 4 punti (da 0 a 3) la frequenza di ogni comportamento descritto nei vari item. Tutti gli item esprimono comportamenti sintomatici per cui un punteggio alto corrisponde a una maggiore problematicità. Nel dettaglio, IPDDAI: La prevalenza del disturbo: Reale e Bonati (2018) riportano che il 2,9% della popolazione italiana presenti DDAI Faraone e Laarson (2019) riportano che l’ereditabilità media stimata attraverso 37 studi su gemelli su misure di disattenzione e iperattività è pari al 74% => Molto probabile che un bambino presenti DDAI se ha un familiare con tale disturbo Più della metà degli individui con DDAI manifestano altri disturbi: - Individui con DDAI-disattento presentano soprattutto sintomi internalizzanti es. ansia e depressione - Individui con DDAI-iperattivo/impulsivo presentano soprattutto sintomi esternalizzanti - Individui con DDAI-combinato possono presentare sia sintomi internalizzanti che esternalizzanti o entrambi Le cause: 1. Punto di vista neurobiologico, 4 aree cerebrali coinvolte: - Corteccia prefrontale - Gangli alla base - Cervelletto - Corpo calloso 2. Neurotrasmettitori: - Alterazione dopamina - Mancata regolazione del sistema noradrenergico => modula il funzionamento di numerose aree cerebrali coinvolte nei meccanismi di vigilanza, allerta e attenzione e favorisce il mantenimento degli stati di attivazione, l’inibizione delle risposte automatiche e la memoria di lavoro 3. Predisposizione ereditaria: vi è una relazione tra presenza di DDAI in un bambino e presenza di casi di psicopatologie varie e DDAI nei genitori dei bambini - Dal 10% al 35% di bambini con genitori o familiari con DDAI che sviluppano essi stessi DDAI Fattori che, combinandosi, possono favorire l’insorgenza di DDAI (specialmente in periodo prenatale o perinatale): - ritardi nella crescita intrauterina - peso alla nascita al di sotto dei limiti della norma - asfissia perinatale - assunzione di sostanze tossiche In generale, la comprensione delle cause per disturbi come il DDAI segue un APPROCCIO PROBABILISTICO MULTIFATTORIALI, in cui fattori di rischio e fattori di protezione si combinano a livello Diagnosi: La diagnosi di ADHD è in ogni caso essenzialmente clinica e si basa sull’osservazione clinica e sulla raccolta di informazioni fornite da fonti multiple e diversificate quali genitori, insegnanti, educatori. Il disturbo va sempre differenziato dalla vivacità dei bambini normali, dalle condizioni legate esclusivamente a contesti sociali svantaggiati, ad esperienze traumatiche (abuso, neglect), ad atteggiamenti educativi incongrui ed a modelli sociali o familiari fortemente caratterizzati da impulsività. Il consenso e la cooperazione dei genitori sono, d’altra parte, cruciali per la valutazione del bambino in generale, in funzione della comprensione del bambino e degli interventi psico-educativi e terapeutici. Quando si sospetta che un bambino possa essere considerato come affetto da disturbo da deficit attentivo con iperattività occorre (Hill and Taylor 2001): 1. Raccogliere informazioni da fonti multiple (genitori insegnanti, educatori) utilizzando interviste semi-strutturate e/o questionari standardizzati sui diversi aspetti del comportamento e del funzionamento sociale del bambino; CONNERS: Le scale Conners: Indagano comportamenti psicopatologici o problematici di bambini e adolescenti, con una focalizzazione sull’ADHD e una valutazione ad ampio spettro di disturbi e/o difficoltà che possono verificarsi in comorbilità, come: problemi di condotta, di apprendimento, d’ansia, di depressione, familiari e sociali. Grazie alle informazioni fornite da genitori, insegnanti e ragazzi, si ottiene una panoramica generale delle difficoltà riscontrabili in molteplici aree di vita del bambino/adolescente. Esistono 3 versioni: genitori, docenti e autosomministrata (dagli 8 anni) per bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni. Possono essere di 2 forme: estesa e breve. Nel dettaglio: Queste scale, secondo la DSM-52, riportano i sintomi per i quadri di: ADHD Inattentivo ADHD Iperattivo-Impulsivo; Disturbo della condotta; Disturbo oppositivo provocatorio 2.Un colloquio (esame psichico) col bambino per verificare la presenza di altri disturbi associati; anche in questo caso, le scale standardizzate di autovalutazione del bambino (ansia, depressione etc.) possono essere utili. Es.: NB! le scale di valutazione completate da genitori, insegnanti e dallo stesso bambino/adolescente, non consentono di formulare una diagnosi clinica: sono strumenti preziosi come complemento diagnostico per una valutazione quantitativa, per valutare l’andamento clinico o la risposta ai trattamenti. 3. Valutare le capacità cognitive e l'apprendimento scolastico; valutare in maniera oggettiva le capacità attentive, di pianificazione delle attività e di autocontrollo. Talvolta può essere utile valutare la possibile presenza di disturbi del linguaggio; NB! Non vi è un protocollo di analisi e valutazione delle funzionalità cognitiva validato, tale da consentire lo studio e la comparazione dei profili rilevati, tuttavia è consigliabile accertare il livello intellettivo del bambino come strumenti quali: WISC- IV (o Matrici di Raven) per indagare QI ^ Test per la valutazione delle capacità di inibizione e controllo dell’impulsività ^ Prove standardizzate per verificare lo stato degli apprendimenti Sono a disposizione alcune batterie validate sulla popolazione italiana che consentono l’esame neuropsicologico delle abilità più frequentemente compromesse nel DDAI. Fra queste, i test per la valutazione dell’attenzione e delle funzioni esecutive come per esempio la Scala Nepsy-II e la Batteria BIA 4. Effettuare l'esame medico e neurologico, valutando la presenza di eventuali patologie associate e gli effetti di eventuali altre terapie in atto. L'INTERVENTO: Deve considerare una serie di variabili: - Età bambino/adolescente - Livello di maturità - Gravità disturbo - Aree specifiche che coinvolge Risulta necessario un APPROCCIO MULTIMODALE al trattamento del DDAI, che presuppone il coinvolgimento di Famiglia e Scuola (in reciproca relazione). Gli Obiettivi e metodi messi in atto per il trattamento devono avere un senso ed essere motivanti per gli individui. Nel contesto clinico: 1. Il parent training: Programmi rivolti ai genitori per sviluppare le loro capacità educative e di conseguenza migliorare la relazione con i propri figli Il parent training consente ai genitori una ristrutturazione cognitiva del proprio ruolo, insegna loro a identificare e modificare gli antecedenti e le conseguenze dei comportamenti del bambino, a riconoscere e tenere sotto controllo i comportamenti difficili, a incoraggiare i comportamenti prosociali tramite lodi, attenzioni e ricompense tangibili, a scoraggiare i comportamenti indesiderati tramite l’ignorare pianificato, la diminuzione dei privilegi o delle ricompense o l’interruzione di ogni rinforzo positivo (time-out). È un Intervento indiretto che consente di ridurre significativamente i sintomi del DDAI e di abbassare i livelli di stress familiare 2. La terapia cognitiva: Intervento rivolto in modo diretto al miglioramento di alcune abilità che si dimostrano carenti nei bambini iperattivi Esempi: Capacità attentiva, Problem-solving e Auto-valutazione. Shapiro et al. (1998): importanza di interventi compositi e diversificati per rispondere alla complessità e all’articolazione delle manifestazioni che accompagnano il disturbo Alcuni esempi - ICT del metodo Benso: L’ICT (Integrated Cognitive Training) del Metodo Benso propone una serie di attività studiate e costruite ad hoc negli anni per sollecitare e potenziare le diverse funzioni esecutive e attentive (FEA) e abilità modulari. Il Metodo Benso è un metodo “aperto” (o “meta-metodo”) che, a partire da paradigmi che hanno radici nelle neuroscienze cognitive, è frutto dell’intersecarsi di conoscenze in continuo rinnovamento e di prassi integrate. questo metodo è “integrato” in quanto prevede l’integrazione di esercizi attentivi e modulari (es. sulla lettura), avendo cura dell’aspetto attentivo-motivazionale ed emotivo del soggetto. Per questi motivi, è necessario ed è ancora più importante l’intervento UMANO (un esempio di esercizio è anche il gioco “Uno”, utilizzando le carte per fargli separare le carte per colore o tra numero/simbolo; nominare una ) - Programma FEREA: è un programma clinico, di presa in carico dei bambini e ragazzi dai 3 ai 18 anni con difficoltà di autoregolazione e funzioni esecutive, dei loro genitori e dei loro insegnanti ed educatori. Prevede un Percorso multimodale , personalizzato e transdiagnostico, che coinvolge le Funzioni Esecutive del singolo insieme alle sue Relazioni, Emozioni e all’Ambiente in cui vive. Integra le metodologie dei training sulle Funzioni Esecutive con quelle del parent e teacher training e si avvale dei principi della gamification e dell’edutainment. Il nucleo fondamentale di FEREA è il gioco e la relazione, come mezzi per stimolare i processi cognitivi tramite la motivazione e il piacere di apprendere, grazie anche alla creazione di relazioni empatiche e supportive tra bambini, ragazzi, genitori e insegnanti. 3. Il trattamento farmacologico: Questo trattamento è diretto a regolare l’attività dei sistemi dopaminergici e del sistema noradrenergico compromessi negli individui con DDAI, nel dettaglio: - METILFENIDATO => agisce su sistema dopaminergico => miglioramento controllo degli impulsi - ATOMOXETINA => migliora efficienza FE e mostra efficacia simile agli psicostimolanti con minori effetti collaterali questo trattamento con terapia farmacologica viene monitorato dall’ Istituto Superiore di Sanità con Registro Nazionale dell’ADHD ed è un trattamento da considerarsi con estrema attenzione!. Inoltre, è una terapia multimodale ed il farmaco è affiancato ad altri interventi Nel contesto scolastico: è importante: 1. Organizzazione dell’aula: gli obiettivi sono di Limitare la noia e il disturbo, Favorire le interazioni positive e di incrementare l’applicazione al compito: 2. Organizzazione del lavoro: Gli alunni con ADHD sono poco abili nel fare le stime realistiche di grandezze, tempi, quantità. Perciò bisogna abituarli a lavorare con tempi stabiliti e ciò significa aiutarli a valutare meglio e ad essere efficaci nella pianificazione e organizzazione del lavoro. Questa organizzazione è divisa in: - Gestione del tempo: attività “Orologio intelligente”: gli obiettivi sono di aiutare gli alunni a comprendere lo scorrere del tempo ( e organizzare la propria attività in base al tempo a disposizione o trascorso) e di favorire lo sviluppo di una routine nella gestione del tempo. Per fare ciò, L’insegnante con i bambini costruisce un orologio con foglietti di colore diverso che indicano il tipo di attività, durata e difficoltà. Quando ci sono difficoltà nella gestione del tempo bisogna: ^ Farsi un’idea abbastanza precisa di quale sia il tempo di “tenuta attentiva” dell’alunno ^Valutare il tempo necessario per lo svolgimento del compito e confrontarlo con la stima attentiva ^ Spezzettare i compiti lunghi con brevi pause ^ Ripartire i compiti in sequenze ^ Con l’esercizio sarà possibile allenare il bambino a mantenersi concentrato per periodi sempre più lunghi Esempio: - Riflettere sul compito: 3. Organizzazione del materiale: utile per Incrementare la capacità di organizzazione e pianificazione e di ridurre i comportamenti di disturbo (es. lamentarsi di non avere il mbjateriale, chiedere al compagno durante la lezione). In questo caso è utile: - Uso di materiale visivo: può essere utile appendere in aula un cartellone, dei materiali, assegnare quaderni con copertine di colore diverso a seconda delle materie - All’inizio dell’anno si può preparare uno schema del materiale necessario per ogni materia, in forma di cartellone o tabella da apporre sul diario - Introduzione di routine finalizzate - Applicazione di un sistema a punti 4. Stabilire e condividere una routine: Tutte le regolarità e scadenze prestabilite forniscono al bambino una cornice di supporto nella comprensione di ciò che accade intorno a lui. Gli avvenimenti che si ripetono sistematicamente aiutano il bambino a tenere presente i suoi impegni e a pianificare tempi. Esempi di routine sono - ingresso in classe - inizio della lezione - presentazione delle attività e relativi tempi di lavoro - pause concordate e fisse - attività ricreative prestabilite in momenti liberi - tempi di “decompressione” - Dettatura dei compiti ad orario stabilito Queste routine sono utili perché: 5. Attività pianificate nel tempo libero o nelle situazioni di transizione: 6. Stabilire delle regole: Stabilire delle regole chiare e conosciute da tutti aiuta il bambino a organizzare i propri spazi e tempi e a sapere in anticipo quali azioni siano da considerarsi fuori dalle norme stabilite. Le regole della classe favoriscono: La regolazione delle interazioni fra i pari e con gli adulti. L’organizzazione dei propri spazi e tempi La conoscenza in anticipo di quali azioni siano da considerarsi fuori dalle norme stabilite. Cosa è la “Token Economy”: Tecnica psico-educativa che ha come obiettivo quello di promuovere comportamenti positivi attraverso l’uso di rinforzi, ovvero conseguenze positive ad una risposta comportamentale, che hanno come effetto quello di rendere più probabile che la persona ripresenti in futuro quel tipo di risposta. Questa tecnica serve per Rinforzare tutti i piccoli e grandi successi e per Spostare l’attenzione sui successi ed evitare di rinforzare, con l’attenzione negativa, gli insuccessi. Tutto ciò si fa Attraverso i gettoni (simboli) si premia il bambino ogni volta che emette il comportamento desiderato e, A scadenze predeterminate, vengono scambiati i “token” con i premi stabiliti I rinforzi (token) posso essere di varie tipologie: La token economy in classe: I DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento): nella legge 170 del 2010 vi sono le norme in materia di disturbi dell’apprendimento in ambito scolastico. Questa legge è fondamentale perché: - garantisce il diritto all’istruzione - favorisce il successo scolastico, anche attraverso misure didattiche di supporto, garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità - riduce i disagi relazionali ed emozionali; adottare forme di verifica e di valutazione adeguate alle necessità formative degli studenti - Si incentiva la preparazione gli insegnanti e sensibilizzare i genitori nei confronti delle problematiche legate ai DSA - favorisce la diagnosi precoce e percorsi didattici riabilitativi - incrementa la comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari durante il percorso di istruzione e di formazione - assicura eguali opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale e professionale. Cosa è un DSA? La definizione è: “La presente legge riconosce la dislessia, la disgrafia, la disortografia e la discalculia quali disturbi specifici di apprendimento, di seguito denominati «DSA», che si manifestano in presenza di capacità cognitive adeguate, in assenza di patologie neurologiche e di deficit sensoriali, ma possono costituire una limitazione importante per alcune attività della vita quotidiana” nel dettaglio: Il DSM-5 Riconosce i DSA tra i disturbi del neurosviluppo come unica categoria nosografia inserita con specificato diversi per la compromissione nella lettura, nell’espressione scritta e nel calcolo Le cause: Dal punto di vista biologico: - Vi sono differenze nella morfologia cerebrale i soggetti con dislessia evolutiva: ridotto volume totale del cervello (causa o conseguenza? Non si sa…) - I dati relativi alla familiarità suggeriscono un origine genetica del disturbo. Sei cromosomi contenenti geni coinvolti nella difficoltà di lettura (cromosomi 1,2,3,6,15,18) - Il presentarsi o meno di una specifica difficoltà di apprendimento dipenderebbe dall’interazione fra caratteristiche genetiche (GENOTIPO) che influenzerebbero la presenza di alcuni fattori di rischio (es. familiarità del disturbo; ENDOFENOTIPO), alcuni fattori di protezione (es. buone abilità semantiche), che a loro volta interagirebbero con l’AMBIENTE. Il quadro delle risultanti difficoltà (FENOTIPO) sarebbe dovuto dall’interazione tra questi fattori. Apprendimento della lettura e della scrittura: Imparare a leggere: si basa sull’analizzare ciò che appare sulla pagina e riconoscere che vi sono delle lettere (grafema) Poi il processo può seguire 2 percorsi: 1. via del lettore esperto/ Via visiva semantica: si arriva rapidamente al sistema semantico (una sorta di dizionario che si trova nel magazzino di MLT e contiene i significati delle parole) tramite il lessico visivo di input, che permette di collegare direttamente la forma di ciascuna parola scritta con il suo significato e quindi di comprendere il testo. Se lettura ad alta voce: lessico fonologico di output che trasforma la parola scritta in una rappresentazione del suono ed il sistema articolatorio con cui si effettua la pronuncia 2. via del lettore alle prime armi/ via fonologica prelessicale: procede dall’identificazione delle lettere al collegamento con il suono (conversione grafema-fonema) e giunge al sistema semantico tramite il riconoscimento uditivo. È anche possibile passare dall’analisi visiva al sistema articolatorio: In questo caso si legge correttamente il testo senza capirlo, come quando ci viene presentata una lista di non-parole o davanti a parole molto difficili Uta Frith (1985) sostiene che l’accesso alla lingua scritta si organizzi attraverso stadi, legati allo sviluppo cognitivo del bambino. 1. Strategia logografica: (età prescolare) i bambini identificano la configurazione visiva globale di alcune parole (es. mamma si riconosce perché ha tante gambette) 2. Strategia alfabetica: (inizio scuola) i bambini iniziano ad abbinare singole lettere e suoni; scomposizione di parole in lettere e ricomposizione pezzetto per pezzetto; consapevolezza fonologica (capacità di identificare le componenti sonore di una lingua) e manipolarle intenzionalmente 3. Strategia ortografica: traduzione in suono del testo scritto avviene sillaba per sillaba 4. Strategia lessicale: leggere è un processo automatizzato Uta Frith (1985) sostiene che le fasi sono le stesse per l’apprendimento della scrittura ma non vanno di pari passo. Nella lettura, si arriva più precocemente a strategia logografica perché i bambini possono riconoscere parole ad alta frequenza o più salienti senza avere ancora le abilità necessarie a scriverle. Una volta consolidata la fase logografica nella lettura, essa viene applicata nella scrittura e sulla base di queste esperienze si passa alla scrittura alfabetica. A questo punto la fase alfabetica verrà estesa alla lettura che svolgerà un ruolo trainante nel conseguimento della strategia ortografica modello da leggere da sinistra a destra in quanto lettura scrittura dislessia, disgrafia, disortografia: I disturbi di lettura (dislessie) e di scrittura (disortografie e disgrafie) possono essere distinti in 1. Acquisite: I disturbi acquisiti sono generalmente la conseguenza di un insulto cerebrale che danneggia i meccanismi funzionali percettivo/linguistici maturi. Sono disturbi circoscritti, in cui una funzione subisce un danno e le possibilità di recupero dipendono dall’instaurarsi di meccanismi compensatori. Possono caratterizzarsi per le manifestazioni legate al deficit selettivo di alcuni processi/sottocomponenti come la conversione grafema-fonema, l’attivazione della conoscenza lessicale o semantica Vi sono 2 forme di dislessia acquisita: - Dislessia (disgrafia) superficiale: disordine che colpisce l’accesso o la rappresentazione della conoscenza specifica delle parole - Dislessia (disgrafia) fonologica: maggiore difficoltà a leggere stringhe di lettere senza significato (non parole) e parole non conosciute a causa di un deficit che interessa i processi di conversione grafema-fonema 2. Evolutive: la dislessia evolutiva è un disturbo specifico che riguarda l’acquisizione del codice scritto e si manifesta con difficoltà nella correttezza e nella rapidità nella lettura. Nella popolazione italiana: - Lettura ad alta voce molto stentata e lenta in presenza di QI nella norma - Possono associarsi difficoltà ortografiche nella scrittura e difficoltà con il sistema di numeri e del calcolo - Possono anche presentarsi: difficoltà nella comprensione del testo, difficoltà nel linguaggio orale, instabilità motoria e disturbi di attenzione Comprensione del testo scritto: aspetti connessi alla comprensione del testo scritto sono: Competenze linguistiche: - Ampiezza vocabolario: bagaglio lessicale povero => minor comprensione - Processi di elaborazione lessicale: divisi in velocità di accesso al lessico: rapidità con cui si associa la parola letta al suo significato profondità della rappresentazione semantica: numero di associazioni semantiche che una parola evoca” - Consapevolezza sintattica: capacità di riconoscere le strutture sintattiche di una lingua e utilizzarle in maniera appropriata Processi inferenziali: divisi in - Inferenze di collegamento: consentono di congiungere le informazioni all’interno di un testo in modo tale da sviluppare una rappresentazione coerente dei contenuti - Inferenze di integrazione: permettono di utilizzare le proprie conoscenze per colmare le mancanze del testo - Maggiori inferenze => più arduo il testo da comprendere Memoria di lavoro (1) ed inibizione (2): (1) La ML consente al lettore di mantenere attive le informazioni lette e nel contempo di integrarle e collegarle per costruire una rappresentazione mentale del testo man mano che si legge (2) L’INIBIZIONE permette di eliminare dalla memoria di lavoro sia le informazioni non importanti o ridondanti, sia le rappresentazioni mentali che non risultano più adeguate Competenze metacognitive: tali competenze sono importanti perché rendono possibile l’acquisizione di una serie di strategie per monitorare e guidare il proprio processo di comprensione. Le competenze metacognitive sono: - conoscenze metacognitive: tutte le conoscenze che uno sviluppa sul funzionamento cognitivo proprio e generale (sviluppo con esperienza) - strategie di controllo metacognitivo: effettivo uso di strategie che possano regolare, compensare e rendere più efficienti i processi cognitivi. I controllo metacognitivo consente di gestire in modo efficiente il processo di lettura e regolarlo in relazione agli scopi che l’individuo vuole raggiungere i principali manuali diagnostici (es. DSM-5) non riconoscono come specifico e indipendente da altri DSA il disturbo della comprensione del testo. per questo motivo i servizi di diagnosi e cura tendono ad assimilarlo ad altri disturbi della lettura. Il calcolo e la discalculia: Imparare i numeri: Griffin e Case (1997) hanno studiato il costituirsi di una struttura concettuale dei numeri interi e le sue fasi evolutive - 5-6 anni: acquisizione concezione lineare dei numeri - 7-8 anni: comprensione decine e unità come due dimensioni distinte e con ruoli diversi - 9-10 anni: padroneggiano il sistema posizionale delle cifre e iniziano a porre le basi per la costruzione di una nuova struttura concettuale, quella dei numeri razionali (es. frazioni, decimali, percentuali) Sistema del calcolo: tale sistema è deputato all’elaborazione dei segni matematici e delle operazioni. Comprende le procedure di calcolo e il magazzino dei fatti numerici. Alcuni studi hanno evidenziato come l’esercizio rivesta una notevole importanza sull’automatizzazione dei processi che coinvolgono tale magazzino Discalculia: La diagnosi: Linee guida dalla Consensus Conference: percorso dalla diagnosi alla presa in carico e alla riabilitazione: 1. Entro la metà del primo anno della scuola primaria gli insegnanti rilevano, dopo attività di didattica adeguata, le difficoltà persistenti relative all'apprendimento -di lettura e scrittura: difficoltà nell'associazione grafema/fonema e/o fonema/grafema; mancato raggiungimento del controllo sillabico (consonante-vocale) in lettura e scrittura; eccessiva lentezza nella lettura e nella scrittura: incapacità a produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo riconoscibile: - di calcolo: difficoltà nel riconoscimento di piccole quantità; difficoltà nella lettura e/o scrittura dei numeri entro il 10; difficoltà nel calcolo orale entro la decina anche con supporto concreto. 2. In presenza di criticità relative a questi indicatori, gli insegnanti mettono in atto gli interventi mirati (attività di potenziamento specifico) descritte nelle raccomandazioni del quesito B3 (in basso a questa tabella) e ne informano le famiglie. 3. Nel caso in cui le difficoltà relative all'apprendimento di lettura e scrittura (descritte al punto 1) persistano anche dopo gli interventi attivati, gli insegnanti propongono alla famiglia la consultazione dei servizi specialistici ai fini dell'approfondimento clinico. 4. Il team specialistico multi-professionale effettua la valutazione, formula la diagnosi e definisce un progetto complessivo di intervento che comunica alle famiglie. Previo accordo con le famiglie, stabilisce i contatti con il personale scolastico ai fini di integrare programmi educativi e interventi specifici. Nell'organizzazione dei servizi, si raccomanda di tenere conto del fatto che il modello che garantisce maggiore appropriatezza e integrazione dei processi di diagnosi, presa in carico e abilitazione/riabilitazione (compresa l'inclusione scolastica ottimale) è caratterizzato dai seguenti elementi: - approccio multidisciplinare in ogni fase del percorso; - collaborazione con le persone e le agenzie che si occupano della salute e dell'educazione del soggetto con DSA (famiglia, insegnanti, scuole, clinici specialisti e pediatri) al fine di promuovere la migliore informazione e sensibilizzazione sul disturbo; - tutte le figure coinvolte sono tenute a mantenere elevato lo standard della loro capacità professionali attraverso adeguati programmi di formazione, training, aggiornamento continuo e informazione; - team clinico deve essere multi-professionale e multidisciplinare e deve includere tra le figure professionali il neuropsichiatra infantile, lo psicologo e il logopedista. Per i soggetti maggiorenni la figura del neuropsichiatra infantile viene sostituita da quella dello specialista medico formato in modo specifico sull’argomento. Si raccomanda che in presenza di difficoltà di lettura e ortografia vengano effettuati interventi precoci (fine scuola dell'infanzia, primo anno di scolarizzazione primaria), erogati prevalentemente da insegnanti formati allo scopo e mirati a ridurre il rischio di difficoltà di lettura (velocità e correttezza) e di ortografia. Le caratteristiche di questi interventi sono: - le abilità da insegnare devono essere rese esplicite; - devono essere intensivi, con sessioni individuali o in piccoli gruppi di circa 15/30 minuti l'una, possibilmente tutti i giorni e comunque non meno di due volte alla settimana, per un totale di 1-2 mesi; - devono comprendere attività per stimolare lo sviluppo delle abilità metafonologiche (per esempio segmentazione e fusione fonemica) e l'associazione tra grafemi e fonemi, esercizi per lo sviluppo del lessico e la lettura di testi. La diagnosi di DSA è formulabile a partire dall’età scolare ed è importante formulare una diagnosi differenziale che consenta di individuare con precisione i DSA e di distinguerli da altri problemi che comportano cadute nel rendimento scolastico (Shapiro, 1991): - DSA - Disturbo centrale della comunicazione - ADHD - Limitazioni intellettive - Perdita progressiva di vista o udito - Disturbi fisici cronici - Deprivazione ambientale - Problemi psichiatrici - Scarsa motivazione Come fare una diagnosi differenziale: Si parte dall’anamnesi, ovvero la raccolta delle informazioni utili per la conoscenza della storia clinica e delle condizioni generali del paziente (tramite ad esempio il colloquio con i genitori). Queste informazioni utili sono: Motivi della richiesta ==> capire il bisogno Capire perché non hanno scelto prima di intervenire Domande per capire la storia del paziente, quindi: - domande riguardanti il parto (“ci sono state complicazioni?”) ovviamente NELLE GIUSTE CONDIZIONI IN BASE ALLE DIFFICOLTÀ - quando primi passi - Ritmo sonno veglia - Quando prime parole / frasi (all’incirca ovviamente) - Pronuncia giusta o no - Relazione con famiglia e con pari - Era bambinx timidx o estroversx - Ha fatto fatica con tabelline e ad imparare a scrivere e leggere In seguito si procede con la valutazione del funzionamento intellettivo tramite: la somministrazione della WISC-IV: - In caso di QI< 70 si ESCLUDE la diagnosi di DSA - In caso di 70 < QI < 85 è una situazione controversa ==> FIL (funzionamento intellettivo limite), che non costituisce una categoria di disturbi intellettivi, ma una condizione a cui possono essere associati problemi di adattamento e nell’apprendimento. Solitamente si valutano sia componenti quantitative che qualitative (specialmente la componente emotiva) tramite Test di profitto, ovvero test che vanno a valutare il prodotto dell’apprendimento in settori specifici: lettura, scrittura, calcolo. Questi test valutano il rendimento dell’alunno su queste aree specifiche confrontandolo con le norme corrispondenti all’età e alla classe frequentata. Alcuni esempi: Altri aspetti da tenere in considerazione sono: - La motivazione: La motivazione consiste in una spinta a utilizzare le proprie competenze per apprenderne nuove, per realizzare i propri bisogni, e per rispondere a richieste esterne utili per il proprio benessere o necessarie per per ottemperare dei doveri quotidiani (es. studio) o impegnarsi produttivamente per il tempo libero (es. sport). È ben noto come una carenza di motivazione induca l’alunno a non sfruttare al meglio le proprie capacità intellettive, riducendo il rendimento negli apprendimenti. in ambito scolastico, valutazione della motivazione con AMOS (questionario Abilità e Motivazione allo studio) - 2 versioni: - Ansia da prestazione: In ambito scolastico, in cui bisogna mettere in gioco le “massime” prestazioni, è importante valutare la risposta - cognitiva ed emotiva - delle persone in situazioni in cui sono o si sentono sottoposti a una prova importante => essere sotto esame. - Autostima: dall’immagine di sé, più o meno positiva, dipende il grado di autostima, intesa come valorizzazione complessiva della propria persona, che è possibili quantificare mediante strumenti self-report - Autoefficacia: l’attribuzione al sé delle cause dei propri successi è alla base del costrutto di autoefficacia che si riferisce alla convinzione di essere capaci ad organizzare e realizzare le azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni in modo da raggiungere i risultati prefissati (es.: “La valutazione dell’autoefficacia” di Caprara) intervento: Il trattamento rivolto a persone con DSA comprende 3 tipologie di misure 1. Interventi di potenziamento delle capacità: Attività volte a promuovere lo sviluppo di capacità chiave per l’apprendimento scolastico. Spesso questi interventi si inseriscono nella programmazione didattica per il consolidamento di abilità linguistiche quali la consapevolezza fonologica, il vocabolario, le competenze grammaticali o la cognizione numerica. Tali interventi possono essere rivolti a tutti i bambini e talvolta sono impostati per essere utilizzati in età prescolare, a sostegno dello sviluppo dei precursori dell’apprendimento. 2. Interventi sulla funzione specifica: Gli interventi sulla funzione specifica sono attivati nei casi di DSA e generalmente prevedono l’abilitazione delle competenze metafonologiche, metalinguistiche, lessicali, sublessicali, grafiche e ortografiche sia in lettura sia in scrittura; per i disturbi di calcolo l’intervento è solitamente mirato al rinforzo delle abilità di calcolo. Gli strumente che si possono usare possono essere analogici o digitali. 3. Strumenti compensativi e misure dispensative: DISTURBO SPETTRO AUTISTICO: “un po' di storia”: Lo sviluppo del bambino autistico: Lo sviluppo socio-relazionale ed emotivo: Lo sviluppo comunicativo e linguistico: Vi sono carenze nello sviluppo comunicativo e linguistico in interazione con carenze nello sviluppo sociale. Il linguaggio verbale risulta completamente assente nei casi più gravi e quando si presenta, per lo più con ritardo, esso sembra caratterizzato da alcune peculiarità: - Ecolalia: il bambino tende a ripetere, in modo non funzionale agli scopi comunicativi, le parole proprie e altrui; - Uso stereotipato e pedante di alcune espressioni verbali - Uso errato di pronomi - Uso di forme linguistiche idiosincratiche - Uso parole inusuali - Neologismi - Carenze soprattutto su aspetto pragmatico: notevoli difficoltà nel riuscire a contribuire fattivamente all’andamento della conversazione - Deficit nelle capacità narrative Minor comprensione e produzione di termini mentalistici Lo sviluppo cognitivo: In questo caso vi è estrema variabilità. In alcuni casi si mescolano varie disabilità e abilità speciali (es. musica, arte) => SAVANT SYNDROME (Treffert, 2009): - Abilità accompagnate da una memoria eccezionale, che però solitamente si applica solo alla capacità speciale; - Si possono differenziare diversi livelli di abilità savant - Le abilità savant tendono a manifestarsi nel tempo, spesso gli individui passano da capacità di tipo ripetitivo o esecutivo ad attività creative vere e proprie - L’esistenza della sindrome savant sembra supportare con notevole evidenza l’importanza della plasticità cerebrale nello sviluppo Attribuire valore a tali potenzialità (queste abilità speciali), può consentire di canalizzare queste capacità verso obiettivi via via più concreti. Carenze nella teoria della mente: Bambini con Disturbo dello Spettro Autistico manifestano una serie di difficoltà nell’attribuire a se stessi e agli altri stati mentali quali desideri, intenzioni, pensieri e credenze (abilità che normalmente si manifesta intorno ai 3-4 anni) e nel prevedere e spiegare i comportamenti sulla base di queste inferenze. Questo perché: - Vi è una Generale carenza della capacità metarappresentazionale: capacità che solitamente emerge con il gioco di finzione tra i 18 mesi ed i 2 anni - I Bambini con Disturbo dello Spettro Autistico non sarebbero in grado di intraprendere il gioco di finzione, mostrano seri limiti nel comprendere, influenzare e prevedere il comportamento degli altri sulla base di ciò che