Psicologia - Disturbi dello Sviluppo 4.4 PDF
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Meriam Hassine
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Questi appunti di psicologia descrivono la teoria differenziale dello sviluppo emotivo, le emozioni primarie e secondarie, e la competenza emotiva. Vengono inoltre analizzati gli approcci di Bowlby e Plutchik e l'importanza delle interazioni sociali nello sviluppo infantile.
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Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.4 La teoria differenziale si differenzia dalla teoria della differenziazione per l'importanza attribuita alle componenti innate, specialmente per quanto riguarda le emozioni primarie, che sono considerate universalmente predeterminate e compaiono quando assumono...
Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.4 La teoria differenziale si differenzia dalla teoria della differenziazione per l'importanza attribuita alle componenti innate, specialmente per quanto riguarda le emozioni primarie, che sono considerate universalmente predeterminate e compaiono quando assumono un valore adattivo. Secondo Izard, ci sono tre livelli di sviluppo emotivo. Il primo livello, che va fino ai due-tre mesi di vita, è caratterizzato da esperienze sensoriali-affettive, in cui l'espressione delle emozioni serve a comunicare i bisogni e a stabilire l'attaccamento con la madre. Nel secondo livello, intorno al terzo o quarto mese di vita, si verificano processi percettivo- affettivi, con una maggiore attenzione al mondo esterno e l'espressione di emozioni come la gioia, la sorpresa, la paura e la rabbia. Al terzo livello, intorno ai nove mesi, si sviluppano processi cognitivo-affettivi e emerge una consapevolezza più marcata di sé stessi. Gli studiosi non sono concordi sui tempi precisi di comparsa delle emozioni, ma ci sono alcuni punti di convergenza. Per esempio, il sorriso endogeno, il trasalimento e lo sconforto sono presenti fin dalla nascita, mentre il sorriso al volto umano, noto come sorriso sociale, appare attorno al secondo o terzo mese di vita. Altre emozioni come la gioia, la rabbia, la paura e la tristezza si sviluppano tra i tre e i nove mesi di vita, mentre emozioni più complesse come la colpa e il disprezzo emergono dopo il primo anno di vita. Le emozioni sociali, che coinvolgono una consapevolezza di sé e degli altri, compaiono intorno al secondo anno di vita, insieme a sentimenti come la gelosia, l'imbarazzo e l'invidia. La competenza emotiva comprende la consapevolezza dei propri stati emotivi, il riconoscimento delle emozioni altrui e la capacità di gestire e regolare le proprie emozioni. La comprensione delle emozioni altrui emerge precocemente nei bambini, con evidenze che mostrano una sensibilità alle espressioni emotive delle madri già a dieci settimane di vita. Con il passare del tempo, i bambini sviluppano una comprensione sempre più sofisticata delle emozioni altrui, che li porta a essere in grado di consolare gli altri e a considerare le diverse prospettive emotive delle persone in situazioni diverse. La regolazione emotiva è la capacità di controllare o attenuare il proprio stato emotivo per adattarsi alle situazioni sociali. I neonati dipendono dagli stimoli esterni per regolare le proprie emozioni, ma con il tempo iniziano a sviluppare capacità di autoregolazione. Questo processo inizia verso gli otto-nove mesi di età e comporta diverse forme di controllo emotivo, che includono il controllo del corpo, l'espressione emotiva e la gestione del tempo delle reazioni emotive. È interessante notare come i bambini sviluppino la capacità di mascherare le proprie emozioni fin da molto giovani, iniziando già a tre anni e diventando sempre più abili nel controllo emotivo intorno ai sei anni. Questo suggerisce che la consapevolezza e il controllo delle emozioni sono abilità che si sviluppano precocemente nel corso dello sviluppo. Le teorie di Plutchik e Darwin offrono prospettive complementari sull'emozione. Secondo Plutchik, l'emozione è una catena di eventi complessi che comprende la percezione dello stimolo, la valutazione cognitiva, l'esperienza soggettiva, l'eccitazione fisiologica e infine il comportamento manifestato. Questo modello evidenzia l'interconnessione tra i processi mentali, fisiologici e comportamentali che caratterizzano le emozioni. Darwin, d'altra parte, sottolinea il ruolo adattivo delle emozioni nel permettere una reazione rapida agli stimoli ambientali. Le sue ipotesi riguardano anche la base innata delle emozioni e la capacità di riconoscere le espressioni facciali delle emozioni, suggerendo che queste capacità siano parte del patrimonio biologico umano. Le emozioni possono essere considerate un linguaggio attraverso il quale comunichiamo con gli altri e con noi stessi. La classificazione delle emozioni in primarie e secondarie riflette la loro importanza evolutiva e la complessità delle nostre risposte emotive. Le emozioni primarie, come la paura, la gioia, la rabbia, la tristezza, la sorpresa, l'interesse e il disgusto, sono universali e condivise tra le culture umane, mentre le emozioni secondarie, come la gelosia, l'imbarazzo, l'orgoglio, la vergogna e il senso di colpa, richiedono una certa capacità cognitiva e sociale per emergere. Questa distinzione suggerisce che le emozioni sono un aspetto fondamentale dell'esperienza umana e della nostra capacità di comprendere e interagire con il mondo che ci circonda. L'approccio di Bowlby allo sviluppo dell'attaccamento evidenzia l'importanza fondamentale del legame tra il bambino e il caregiver primario, di solito la madre. Tuttavia, è stato criticato per aver enfatizzato troppo il ruolo della figura materna e per aver trascurato l'importanza di altri caregiver nella vita del bambino, come il padre o i nonni. Inoltre, alcuni hanno contestato l'idea che il legame di attaccamento sia il prototipo di tutte le relazioni affettive e sociali future, sottolineando invece la complessità e la diversità delle relazioni umane. Nelle prime fasi dello sviluppo, l'interazione tra il bambino e i genitori è cruciale per fornire protezione, sicurezza e supporto emotivo al bambino. Questo coinvolge non solo il sostentamento materiale, ma anche la creazione di un ambiente emotivamente sicuro in cui il bambino possa esplorare e interagire con il mondo circostante. Dal punto di vista dell'interazione, emergono importanti capacità sociali nei primi mesi di vita, come la regolazione dell'attenzione congiunta e la sensibilità alle interazioni faccia a faccia. Queste interazioni piacevoli non solo promuovono il legame tra il bambino e il caregiver, ma contribuiscono anche allo sviluppo delle abilità sociali del bambino. Verso i cinque-sei mesi, l'interazione si amplia ulteriormente con l'attenzione del bambino verso gli oggetti manipolati e l'ambiente circostante. In questa fase, emerge una relazione asimmetrica tra il bambino e l'adulto, poiché il caregiver guida l'interazione e fornisce supporto al bambino nel suo esplorare il mondo. Questo equilibrio di guida e supporto è essenziale per facilitare lo sviluppo sociale ed emotivo del bambino e per promuovere un attaccamento sicuro e salutare. Le interazioni tra il bambino e il caregiver diventano sempre più ricche e complesse tra gli 8 e i 10 mesi, basate sulla reciprocità e sull'intenzionalità. Durante questo periodo, il bambino inizia a manifestare la paura degli estranei e dimostra di riconoscere e distinguere persone diverse da quelle familiari. Si sviluppa anche il legame di attaccamento con più persone, sebbene il legame con il padre diventi più evidente intorno ai 16 mesi. Tra gli 8 e i 10 mesi, le interazioni diventano più simmetriche e il bambino acquisisce il concetto di dialogo, comprendendo la reciprocità e l'intenzionalità. La reciprocità si riferisce alla consapevolezza che un dialogo deve coinvolgere entrambi i partner e che i ruoli possono essere integrati e intercambiabili. L'intenzionalità conferisce al comportamento infantile una caratteristica distintiva, con il bambino che dimostra interesse verso gli altri coetanei come esseri distinti dagli adulti. Tra i 2 e i 3 anni, il linguaggio assume un ruolo fondamentale nelle interazioni sociali, diventando un veicolo primario di interazione. Durante questo periodo, i bambini dimostrano una maggiore autonomia rispetto agli adulti e le relazioni con i coetanei si manifestano attraverso interazioni speculari, sebbene meno coordinate rispetto alle interazioni con gli adulti. Le interazioni con i pari sono spesso brevi, isolate e passive, con i bambini che si imitano a vicenda come se fossero di fronte a uno specchio. Tuttavia, con il tempo, aumentano le interazioni attraverso gli oggetti e iniziano a emergere le prime forme di interrogazioni complementari reciproche, dove i bambini ordinano le azioni in modo primitivo ma sempre più coordinato. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.5 Durante il periodo dai 3 ai 6 anni, si osserva un esplosione delle competenze sociali del bambino, sia nell'interazione con i genitori che con i pari. Riguardo alla relazione con i genitori, si nota un aumento progressivo dell'imitazione e della comprensione dei diversi ruoli sociali, evidenziato soprattutto nei giochi di finzione in cui il bambino assume ruoli diversi. Questi giochi sono divertenti per il bambino poiché gli permettono di sperimentare ruoli diversi e di comprendere meglio il mondo che lo circonda. Intorno ai 3-4 anni, il bambino inizia a comprendere che parlare con un adulto e parlare con un coetaneo richiedono adattamenti diversi in termini di lessico e formulazione linguistica. Inoltre, il bambino trascorre sempre più tempo con i coetanei, sperimentando ruoli complementari e dando vita alle prime amicizie concrete, basate sul giocare insieme e condividere interessi e azioni comuni. Nella relazione con i fratelli, si osserva che essi diventano dei partner relazionali significativi per il bambino. I fratelli partecipano e contribuiscono al sistema familiare e, a differenza dei genitori, instaurano relazioni più orizzontali con il bambino. Questo porta a interazioni sia positive che conflittuali, caratterizzate da una forte connotazione affettiva e da una costante alternanza tra micro-conflitti e momenti di vicinanza affettiva e gioco. Tra i 6 e gli 11 anni, il bambino acquisisce una maggiore comprensione delle competenze sociali riguardo agli adulti. Inizia a comprendere l'autorità degli adulti in maniera più critica e sviluppa una progressiva comprensione del loro ruolo nel gestire le regole. Per quanto riguarda i coetanei, il gioco diventa un momento fondamentale di sviluppo sociale, con l'instaurarsi di nuovi giochi e regole che permettono al bambino di esercitarsi nella competizione e nella cooperazione. Il concetto di amicizia assume un valore emozionale più profondo, con l'amico visto come una persona in grado di aiutare in caso di bisogno. Il comportamento prosociale, caratterizzato da azioni di aiuto, condivisione e conforto verso gli altri, mostra i suoi precursori fin dalla nascita con l'emergere del concetto di empatia globale. Nei primi anni di vita, intorno al secondo anno, si manifestano i primi comportamenti prosociali con i tentativi di prendersi cura degli altri, come ad esempio cercare di confortare una persona triste. Durante l'età prescolare, lo sviluppo della prosocialità viene incoraggiato dall'invito a mettersi nei panni degli altri, portando all'emergere di comportamenti di aiuto e condivisione, sia a livello materiale che emotivo. Nel corso dello sviluppo, questi comportamenti diventano sempre più sofisticati e adattati al contesto. D'altra parte, il comportamento aggressivo è volto a infliggere danni agli altri. Già nei primi anni di vita, si osservano precursori di comportamenti aggressivi come la rabbia manifestata verso oggetti o persone. Durante l'età prescolare, emergono le prime aggressioni fisiche e verbali intenzionali. Alla scuola primaria, compaiono anche forme di aggressione indiretta come il pettegolezzo e l'esclusione dal gruppo. Passando allo sviluppo della comunicazione verbale e non verbale, possiamo individuare diversi segnali non verbali che contribuiscono alla comunicazione sociale, come il contatto fisico, la vicinanza, l'orientamento, l'aspetto esteriore, la postura, i gesti, lo sguardo e altri aspetti non linguistici del parlato. Questi segnali possono essere suddivisi in categorie che riguardano il controllo della situazione sociale, il sostegno della comunicazione verbale e la sostituzione dell'eloquio. Inoltre, il linguaggio verbale presenta caratteristiche peculiari, come l'uso del canale uditivo, la possibilità di localizzare la fonte del suono, la sua temporaneità, la reciprocità, la specializzazione, l'arbitrarietà, la discrezione e la capacità di creare messaggi nuovi e creativi. Le funzioni del linguaggio verbale includono l'espressione, la comunicazione, la regolazione del comportamento, l'autoregolazione e la funzione cognitiva che favorisce l'analisi, la sintesi, l'astrazione e la ristrutturazione del pensiero. È interessante notare come diversi approcci teorici abbiano contribuito alla comprensione dello sviluppo linguistico nei bambini. L'approccio ambientalista di Skinner, ad esempio, ha sottolineato l'importanza dell'imitazione e dell'associazione stimolo-risposta nel processo di apprendimento del linguaggio. Al contrario, Chomsky ha avanzato l'idea innatista secondo cui ogni individuo possiede un'innata capacità di acquisire linguaggio, consentendo ai bambini di produrre e comprendere frasi complesse che non hanno mai udito prima. L'orientamento interattivo cognitivista, invece, considera non solo il linguaggio in sé, ma anche l'interazione linguistica tra il bambino e l'adulto, concentrandosi sugli aspetti pragmatici e sugli obiettivi che le persone cercano di raggiungere attraverso il linguaggio. L'approccio della trasmissione culturale, infine, riconosce sia il ruolo delle componenti innate che quello dell'interazione con l'ambiente sociale e culturale. Nel primo anno di vita, i segnali emessi dai bambini possono essere espressioni di bisogni senza uno scopo comunicativo chiaro. Gli adulti devono interpretare tali segnali per capire se indicano un disagio o un benessere. Intorno agli 8-9 mesi, i comportamenti dei bambini diventano più facilmente interpretabili, e intorno agli 11-12 mesi possono manifestare comportamenti comunicativi consapevoli e intenzionali. Le prime interazioni linguistiche del bambino includono richieste e dichiarazioni. Le richieste mostrano che il bambino ha uno scopo e sa come attivare l'adulto, utilizzando gesti come l'indicazione e la vocalizzazione. La comprensione linguistica del bambino inizia con il sorriso e i suoni, poi passa alla fissazione della persona che parla e all'aumento della produzione verbale. Intorno ai 9 mesi, il bambino può indicare oggetti, e intorno ai 12 mesi può iniziare a comprendere frasi più complesse. La produzione linguistica del bambino attraversa diverse fasi, dalle prime vocalizzazioni al rapido sviluppo del vocabolario e della comprensione semantica. Le vocalizzazioni del bambino iniziano con il pianto, che è presente sin dalla nascita e funge da segnale di bisogno. Intorno al secondo mese di vita, il bambino inizia a emettere vocalizzazioni vere e proprie, indipendenti dal pianto, grazie ai processi maturativi. Anche se non sono intenzionali, questi suoni hanno una funzione comunicativa, come suggerito da Volterra, Camaioni e Bates. Le prime vocalizzazioni sono seguite dalle lallazioni, che possono essere divise in due fasi. Nella prima fase, compaiono cantilene e primi collegamenti tra consonanti e vocali. Nella seconda fase, il bambino produce sillabe più complesse e ripete suoni vocalici e consonantici, dando vita alla cosiddetta lallazione canonica o ripetuta. Tra gli 8 e i 17 mesi, la maggior parte dei bambini inizia a produrre le prime parole, passando dalle lallazioni alla produzione lessicale. Le prime parole sono associate a oggetti o persone specifiche e rappresentano un significato preciso. Intorno ai 18 mesi, il bambino espande rapidamente il suo vocabolario, con l'esplosione del vocabolario, e inizia a utilizzare i primi verbi riferiti ad azioni chiaramente percepibili. Nel corso del secondo anno di vita, il bambino inizia a comprendere il significato di frasi più complesse e a costruire un sistema fonologico, producendo fonemi che si differenziano sempre più sottilmente tra di loro. Lo sviluppo semantico vede il bambino affrontare la sottoestensione, in cui una parola viene usata per un solo elemento, e la sovraestensione semantica, in cui una parola viene usata per definire più realtà. Queste fasi mostrano il rapido sviluppo delle capacità linguistiche del bambino nei primi anni di vita. Meriam Hassine