Psicologia del Pensiero e Ragionamento PDF
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Il documento presenta un'analisi della psicologia del pensiero e del ragionamento, mettendo in evidenza come le euristiche e il processo decisionale umano siano influenzati da vari fattori. Si discutono le teorie dello sviluppo cognitivo e come la razionalità umana sia limitata. Il testo discute anche delle emozioni, della comunicazione e dei processi cognitivi.
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➔ Money priming - Si chiede di produrre una frase di 4 parole con una lista di 5 (es. alto, uno, stipendio, tavolo, molto). Si può manipolare il contenuto semantico di queste parole e dunque si possono utilizzare parole che hanno a che fare col concetto di denaro - Oppure si possono utilizzare prime...
➔ Money priming - Si chiede di produrre una frase di 4 parole con una lista di 5 (es. alto, uno, stipendio, tavolo, molto). Si può manipolare il contenuto semantico di queste parole e dunque si possono utilizzare parole che hanno a che fare col concetto di denaro - Oppure si possono utilizzare prime più subdoli: ad esempio posso far fare un compito al pc mettendo come sfondo il Monopoli, o il simbolo del dollaro. Dopodiché si misurano una serie di comportamenti del soggetto (confrontando con soggetti di un gruppo di controllo) tramite compiti svolti subito dopo l’attivazione → si osserva che chi ha avuto un prime incentrato sul denaro tende ad avere comportamenti più individualistici, un minore coinvolgimento con gli altri, una maggiore indipendenza e minore altruismo. --> Sono quindi evidenti gli effetti sul comportamento di una cultura centrata sul denaro. Per il cognitivista l’uomo è dotato di notevole libero arbitrio, però ci sono fenomeni che si rifanno ad automatismi (come il priming e le forme di condizionamento classico e operante), che ci fanno capire come il nostro comportamento possa essere influenzato da ciò che succede nell’ambiente. PENSIERO E RAGIONAMENTO Pensare e ragionare sono le attività più tipicamente umane - con le specie più volute condividiamo una serie di funzionalità che hanno a che fare con attività anche di tipo cognitivo, ma quando si parla di pensiero e ragionamento, si tratta di caratteristiche tipicamente umane. Uno dei temi che da sempre appassiona, riguarda il tema della razionalità umana: siamo razionali? Dalla tradizione filosofica deriva, e ha permeato per molto tempo nell’impostazione psicologica, l’idea di un essere umano fondamentalmente razionale, che smette di esserlo quando i termini della situazione problematica che sta affrontando comportano un eccessivo carico cognitivo. Da questo tipo di impostazione deriva l’idea che possediamo regole della logica (dalla logica aristotelica - dei sillogismi): abbiamo un sistema di regole formali utili per ragionare e pensare. → In realtà siamo individui a razionalità estremamente limitata, ma questo non significa che il nostro modo di ragionare non sia sistematico: ci sono delle regole che governano il modo in cui ragioniamo e pensiamo, solo che non sono quelle della logica. Tra i processi che governano il pensiero ci sono le euristiche di pensiero = software naturali di cui siamo dotati, risultato dell’evoluzione per selezione naturale → se fanno parte del repertorio naturale di ragionamento, significa che ci hanno permesso essere vitali. Le euristiche possono provocare bias cognitivi (= errori di giudizio, tendenze sistematiche a sbagliare), ma sono estremamente funzionali, perché permettono di spendere poche energie ed arrivare a risolvere problemi, prendere decisioni ed emettere giudizi in modo rapido. L’idea che siamo razionali prevede il fatto che la normale maturazione dello sviluppo cognitivo ci porti ad avere un sistema di regole formali che derivano dalla logica formale → l’idea è che siccome siamo riusciti a formare il sistema formale di regole, allora ragioniamo in quel modo – ma è profondamente sbagliato; è come dire che siccome siamo riusciti a costruire gli arei, allora sappiamo volare. La logica, il calcolo della probabilità o il metodo scientifico, sono semplicemente strumenti che ci siamo costruiti, ma questo non modifica la nostra natura: abbiamo creato gli strumenti concettuali per andare al di là dei nostri limiti del pensiero. 72 Questa idea di razionalità ha permeato per molti anni molta della psicologia del pensiero e del ragionamento. Piaget ha sviluppato una teoria dello sviluppo cognitivo che prevede 4 fasi differenti, che avvengono normalmente, qualora qualsiasi bambino sia esposto in un ambiente di riferimento normale, con altri umani. Si tratta di tappe di maturazione geneticamente predeterminate: - 0-2 anni = fase senso-motoria → il bambino realizza i confini del sé rispetto al resto del mondo, realizza che un oggetto può esistere anche se in quel momento i suoi sensi non lo registrano. - 2-7 anni = fase pre-operazionale → il bambino arriva ad un livello molto elevato di utilizzo del linguaggio, che fornisce capacità simboliche di rappresentazione e ragionamento. Rappresentazione del mondo che non deriva solo dall’esperienza percettiva, ma che è arricchita dal linguaggio e dalla capacità di catalogare informazioni che ne consegue. - 7-12 anni = operazioni concrete → il bambino riesce a ragionare in modo logico sugli aspetti più concreti del mondo e raggiunge alcune capacità come la conservazione di numeri, massa, peso. - 12+ anni = operazioni formali → capacità di ragionare anche in modo astratto, sempre attraverso gli strumenti della logica. In fasi successive avviene l’acquisizione di regole logiche, si tratta di uno sviluppo cognitivo che avviene naturalmente, premesso che ci sia un ambiente normale in cui il bambino si sviluppa. Da qui derivano le cosiddette TEORIE NORMATIVE (O CLASSICHE) DELLA DECISIONE: 1. Prima di prendere delle decisioni, ci rappresentiamo in modo completo la situazione problematica, compresa di tutte le opzioni, tutte le azioni e gli esiti completi di ogni scelta che possiamo fare. 2. Siamo sensibili rispetto alle distinzioni tra le opzioni 3. Scegliamo in modo razionale con un fine preciso 4. Fine: massima utilità soggettiva → IN REALTÀ non ci rappresentiamo tutte le situazioni problematiche in modo completo ed esaustivo, non ci rappresentiamo tutte le possibili opzioni ed esiti, non siamo algoritmici nel prendere decisioni, cerchiamo la massima utilità soggettiva, ma su rappresentazioni imparziali, incomplete Esempio: Ai partecipanti viene chiesto di dire parole che si possono comporre con le seguenti lettere: RNAGMEIA (= Germania, mangiare) - Se si dovesse programmare un computer per risolvere il problema si utilizzerebbe una strategia algoritmica (l’algoritmo porta sempre ad una soluzione giusta): produrrebbe tutte le stringhe possibili date queste lettere e le confronterebbe con un vocabolario per trovare un match → 8 lettere = (8x7x6x5x4x3x2) = 40320 possibilità - La memoria di lavoro non ha nemmeno lontanamente la capacità di compiere questa elaborazione, e scriverle tutte sarebbe un processo troppo lungo. Quando il problema richiede troppe risorse computazionali non possiamo essere algoritmici (e smettiamo di esserlo in fretta ) --> molto spesso i problemi prevedono una serie di possibilità che eccedono le nostre capacità cognitive. 73 Per risolvere questo problema si ricorre alle euristiche (scorciatoie di pensiero utilizzate per rendere la situazione problematica, e la realtà in generale, più digeribile dal nostro sistema di elaborazione delle informazioni): non ha senso creare stringhe con più consonanti vicine, inoltre molte parole finiscono per ARE → restringendo il campo a 5 fattoriali le possibilità diventano meno di 120. Con l’utilizzo delle euristiche, il più delle volte arriviamo ad una soluzione, ma non è detto. Le euristiche sono un compromesso – non portano sempre ad una soluzione. Talvolta, anche coi problemi semplici tendiamo ad arrivare alle conclusioni in modo automatico. Esempio: una palla ed una mazza costano 1,10 € in totale. La mazza costa 1€ in più della palla. Quanti centesimi costa la palla? (risposta automatica = 10 centesimi / risposta corretta = 5 centesimi) Quando una soluzione si presenta in modo automatico, senza sforzo, allora è in azione il pensiero euristico; che il più delle volte suggerisce risposte corrette. ➔ Focalizzazione e presa di decisione tra due alternative esplicite Esempio: scegliere tra due luoghi di villeggiatura Luogo A: descritto con forti pregi e forti difetti: belle spiagge, molto sole, difficile da raggiungere, costoso Luogo B: descritto senza forti pregi e forti difetti: spiagge discrete, hotel nella media, non troppa gente Si chiede a due gruppi diversi dove vuoi andare? o dove non vuoi andare? Risultati = il più volte si risponde alla domanda con il luogo A A seconda di come viene posta la domanda, poniamo il problema sotto una determinata luce e tendenzialmente le persone utilizzano questo punto di vista per arrivare a scegliere = altro esempio di irrazionalità in problemi semplici. Esempio: Sei il responsabile di un ufficio crediti e devi decidere se assegnare un mutuo ad un primario (posto fisso e buon stipendio = abbastanza appetibile). - Scopri che ha un debito sulla carta di credito di 5 mila euro = 70% rifiuta il credito – 30% concede il credito - Scopri che ha un debito ma non sai se di 5 o 20 mila euro. Avrai la risposta domani. = 2% concede – 23% rifiuta – 75% aspetta il giorno dopo → Quando siamo in condizioni di incertezza, se ne abbiamo la possibilità, dilazioniamo la scelta (non scegliamo). - Il giorno dopo scopri che il debito è di 5 mila euro = 54% concede – 21% rifiuta (percentuali sul 75% che aspetta il giorno dopo) Dunque, la percentuale di persone a concedere il prestito nel secondo caso è del 56%, a fronte del 30% del primo caso (nella stessa situazione di 5 mila euro di debito) → a seconda del sistema di riferimento i 5 mila euro possono essere visti come un debito importante, oppure come uno molto meno significativo – “poteva andare molto peggio”. È questo il motivo per cui, quando possibile, negli ambienti di lavoro si fissano regole a priori che gli operatori devono applicare. Effetto disgiunzione= anche in problemi semplici con poche opzioni di scelta, se sono in condizioni di incertezza tendo a dilazionare la risposta. Esempio del viaggio dopo l’esame: se si conosce il risultato (indipendentemente da quale sia) si prenota, mentre in casi di incertezza riguardo all’esito si rimanda la decisione. 74 Focalizzazione = tendenza sistematica a fissarci su alcune rappresentazioni di un problema e non su altre → di solito ci concentriamo su quelle che vengono esplicitate, Pseudodiagnosticità = tendiamo a trascurare alcune informazioni utili per una diagnosi – e/o ad esaltarne alcune meno utili. PROBLEMA DELLA MALATTIA ASIATICA – introdotto da Kahneman e Tversky. Si immagini che gli USA si stiano preparando ad affrontare un’insolita malattia asiatica a causa della quale ci si aspetta debbano morire 600 persone. Vengono proposti 2 programmi alternativi per combatterla. Si assume che le stime scientifiche esatte delle conseguenze dei programmi siano le seguenti. Formulazione 1 (espressa in termini di guadagno) Programma A: 200 persone di salveranno Programma B: 1/3 di probabilità di salvare 600 persone e 2/3 che nessuno si salvi. → tendenza a scegliere A (opzione certa: 72% dei casi) Formulazione 2 (espressa in termine di perdite) Programma C: 400 persone moriranno Programma D: 1/3 di probabilità che nessuno muoia e 2/3 di probabilità che muoiano 600 persone. → tendenza a scegliere D (opzione rischiosa: 78% dei casi) La nostra propensione al rischio cambia radicalmente a seconda di come ci vengono poste le informazioni. Nella prima formulazione sono avverso al rischio, quando invece le informazioni sono descritte in termini di perdite, si diventa più propensi a rischiare, per evitare la certezza di morte. Kahneman ha scoperto una nostra caratteristica incredibilmente trasversale che ha una valenza applicativa incredibilmente forte → siamo avversi alla perdita, che ha infatti molta più valenza da un punto di vista cognitivo rispetto al guadagno (da 1 volta e mezzo a 2 volte e mezzo in più). Scelte individuali o che possono coinvolgere stati (quali il rifiutarsi a lungo di chiudere una relazione infelice o di ritirare delle milizie in guerra anche se si sta perdendo, etc.) possono essere spiegate in modo non razionale - ma sistematico, considerando il concetto di avversione alla perdita. Punto di riferimento esplicito delle due formulazioni: - Formulazione 1 = ogni vita salvata è un guadagno - Formulazione 2 = il punto di riferimento è la situazione attuale in cui nessuno è morto; ogni eventuale morto costituisce una perdita. Kahneman e Tversky hanno individuato TRE EURISTICHE PRINCIPALI (in realtà ne esistono anche altre) - Euristica di ancoraggio e aggiustamento - Euristica della disponibilità - Euristica della rappresentatività + Euristica di tipo emotivo – affettivo Euristiche = scorciatoie mentali che vengono messe in atto inconsapevolmente, dunque difficili da evitare, utilizzate per prendere delle decisioni o emettere giudizi in situazioni in cui non si hanno informazioni certe. 75 - Euristica di ancoraggio e aggiustamento ESPERIMENTO classico (di Kahneman) che lo dimostra: Ai soggetti viene dato un problema la cui risposta era sconosciuta: stimare la percentuale di nazioni africane che fanno parte delle Nazioni Unite. Mentre il soggetto ragiona, viene girata una ruota della fortuna che si può bloccare solo in due posizioni (una con numero basso: 10, oppure un numero alto: 65). Il numero che esce, nonostante non sia in alcun modo legato al compito (ed i soggetti se sono consapevoli), condiziona mediamente la stima che viene emessa. Risultati: se esce 10 risulta una stima del 25%, mentre se esce 65 risulta una stima del 45%. Quando dobbiamo emettere giudizi, fare stime o ragionamenti, utilizziamo stimoli che non hanno a che fare col problema. Questo tipo di risultato è stato ottenuto anche con problemi diversi, in cui però rimane la richiesta di stimare un valore. Anche l’esempio dell’ufficio crediti dimostra la presenza di questa euristica: si creano delle ancore numeriche. - Euristica della disponibilità Consiste nel giudicare “la frequenza di una classe o la probabilità di un evento in base alla facilità con la quale esemplari o casi possono venire in mente”. Disponibilità = facilità di recupero di casi dalla memoria Se il recupero dalla memoria è veloce e senza intoppi, allora la categoria viene considerata automaticamente ampia. Esempio: considerata la lettera R, è più probabile che compaia in una parola del vocabolario in inglese: - In prima posizione - In terza posizione (risposta esatta) 2/3 del campione fornisce la risposta 1, poiché il dato più facile da recuperare assume anche la frequenza più elevata. Si tratta di un potente strumento per semplificare la realtà ed arrivare alle soluzioni. Produce giudizi solitamente accurati, perché di solito gli eventi più probabili sono anche quelli che è più facile rievocare. Esempio: ci sono più Fiat o più Maserati? Rievoco/immagino più Fiat → stima corretta. Errore sistematico (bias): si verifica quando un caso è facilmente recuperabile / immaginabile per ragioni diverse dalla sua frequenza → perché il fatto che è stato coinvolto in un’esperienza recente, oppure per la sua salienza (è più saliente una morte in un incidente aereo che in un incidente domestico, anche se la seconda è più comune). - Euristica della rappresentatività Alcune situazioni sono per noi più rappresentative di altre, dunque tendiamo ad utilizzare questa euristica anche quando sarebbe razionale usare altre informazioni. Esempio: una persona è alta due metri, legge la Settimana Enigmistica e non fuma. Qual è la sua professione: avvocato o giocatore di pallacanestro? → un mondo indeterminato non ci piace, dunque tendiamo a saltare alle conclusioni tramite le euristiche (che talvolta possono portarci a distorsioni) = è un giocatore di pallacanestro. Questa valutazione non tiene conto delle frequenze di base: sono numericamente maggiori gli avvocati. 76 Altro esempio: problema di Linda (vedi slide capitolo 8) È utilizzata per rispondere a domande come: - qual è la probabilità che l’oggetto A appartiene alla classe B? - qual è la probabilità che l’evento A origini dal processo B? La probabilità è valutata in base al grado in cui A è rappresentativo di B. = se A è altamente rappresentativo di B, allora la probabilità che A abbia origine da B sarà giudicata elevata. → Perché le persone impiegano le euristiche? - Secondo Simon, si usano perché non disponiamo delle capacità computazionali e di ricerca necessarie per un comportamento “razionale” (razionalità limitata) = la potenza di calcolo che dovremmo avere per risolvere in modo algoritmico e razionale un problema, non è sufficiente → tuttavia si applicano anche a problemi con due sole opzioni. - Secondo Kahneman e Tversky, le euristiche sono basate su valutazioni naturali eseguite automaticamente e non intenzionalmente. Suggeriscono la risposta anche in problemi semplici. Kahneman parla esplicitamente di sistema 1 di pensiero (= pensiero euristico intuitivo ed automatico, che richiede poche energie) e sistema 2 di pensiero (= ragionamento che richiede tempo, risorse ed è condizionato da quanto siamo scolarizzati). Abbiamo una capacità tipicamente umana che è non solo quella di rappresentare la realtà (in modo imperfetto), ma anche di rappresentarci quello che gli altri si rappresentano della realtà = capacità ricorsiva di creare una rappresentazione di un’altra rappresentazione. La mia rappresentazione della realtà può contenere anche le rappresentazioni degli altri della realtà (esempio: un insegnante ha un’ampia rappresentazione dell’università, ma sapendo che noi ne abbiamo una molto più scarsa, ci ha spiegato come funziona) Si tratta di una capacità che inizia a svilupparsi in modo automatico nel bambino intorno ai 5 anni, prima non ha la capacità di rappresentarsi il fatto che gli altri possano avere rappresentazioni diverse. Esempio: poniamo un ambiente in cui si trovano un bambino, un adulto, un orsetto, due scatole ed una palla. Si mostra al bambino l’orsetto che mette la palla in una scatola, poi Teddy viene portato via; intanto la palla viene messa nell’altra scatola (Teddy non può saperlo). Se si chiede ad un bambino sotto i 5 anni di età di dire dove l’orsetto pensa che sia la palla, egli indicherà la seconda scatola. Quando il bambino sviluppa la capacità di teorizzare sulla mente dell’altro, dirà invece che Teddy pensa che la palla sia nella prima scatola. → Da qui discendono una serie di implicazioni importanti: - Può esserci una comunicazione senza l’utilizzo di questa capacità, ma è di tipo rudimentale: ad esempio, talvolta si dà per scontato che una persona abbia una rappresentazione della realtà che io ho già. - La comunicazione umana nasce quando il modello del modello contiene i contenuti di una mente altrui. - Razionalità umana = compromesso tra prestazioni non ottimali nel rappresentarci la realtà e capacità di costruire modelli di modelli. 77 Degna di nota è anche l’euristica di tipo emotivo-affettivo – proposta da Kahneman Di fronte ad una scelta, tra i vari criteri utilizzati c’è quello emotivo affettivo. Esempio: devo comprare una macchina e non mi piacciono le decappottabili, dunque non le considero nemmeno, ho tagliato una parte della scelta su base emotiva. È interessante notare come certi pazienti neuropsicologici (=che hanno acquisito lesioni al sistema nervoso centrale) con lesioni frontali limbiche perdono la capacità di valutazioni di tipo emotivo= diventano più freddi. Questo può far pensare che ciò semplifichi il processo di presa delle decisioni; tuttavia in problemi con molte alternative di scelta (es. comprare una macchina), possono arrivare alla paralisi decisionale, perché comparano razionalmente tutte le alternative. → Le euristiche, dunque, sono fondamentali, perché permettono di semplificare la realtà e prendere una decisione all’interno di un modo ridotto. INTELLIGENZE Quanto le intelligenze sono determinate da aspetti genetici oppure da aspetti ambientali? Tema estremamente dibattuto, e storicamente utilizzato in modo scorretto. Il dibattito fu introdotto in modo sistematico nella seconda metà dell’800 da Galton, secondo il quale c’era una prevalenza importante degli aspetti ereditari: in base alle sue ricerche, persone che riescono ad affermarsi (e quindi hanno presumibilmente un QI più alto), sono figli di persone affermate. Il problema fondamentale è che se si vogliono differenziare le quote di abilità cognitive che derivano da aspetti costituzionali e quelle che derivano da aspetti ambientali, diventa difficile dividerli, poiché molto spesso l’ambiente è favorevole in certe situazioni sociali e familiari in cui si rintracciano aspetti costituzionali che vanno nello stesso senso. Studi che hanno indagato l’argomento in modo meno strumentale e più scientifico hanno valutato la prestazione in compiti intellettivi in gemelli omozigoti ed eterozigoti, ed in fratelli normali: si prendono gruppi di gemelli e si osserva se i punteggi ottenuti sono correlati tra loro, risulta che nei gemelli omozigoti c’è una correlazione maggiore rispetto a quelli eterozigoti ed ai fratelli normali. --> anche in questo caso è stato criticato il fatto che tendenzialmente per i gemelli omozigoti l’ambiente è più simile, nel senso che vengono trattati di più nello stesso modo rispetto agli altri tipi di fratelli. Alcuni studi hanno verificato invece cosa succedeva in fratelli gemelli o meno che sono stati adottati da famiglie differenti, soprattutto nel caso in cui gli ambienti di queste siano diversi (perché appartenenti a classi socio-economiche differenti ad esempio) → anche in questi casi si è osservato che la correlazione dei punteggi intellettivi è rimasta abbastanza alta nei gemelli omozigoti. Dunque, si pensa che il patrimonio genetico conti almeno per un 50% - alcuni studi parlano del 75%. C’è da tenere presente però che si tratta di studi basati su valutazioni intellettive misurante tramite QI, ma molto spesso gli strumenti utilizzati per misurare sono culturalmente specificati, non producono misurazioni oggettive. Concezione fattoriale dell’intelligenza = le evidenze empiriche più rilevanti considerano l’intelligenza come un insieme di abilità in parte ben distinguibili tra loro. 78 Non ha senso parlare di intelligenza come di un aspetto unitario, perché per ciascuna di queste variabilità un individuo può avere prestazioni più o meno buone Esempio: nei bambini della scuola primaria alcuni possono essere più portati per le materie umanistiche ed avere meno propensione ad avere a che fare con la matematica o viceversa. Ci sono dunque vari tipi di fattori, che sono stati osservati tramite tecniche statistiche, che analizzano la correlazione tra punteggi in una batteria di prove che indagano le varie abilità intellettive. → Secondo Spearman (1927) l’intelligenza è costituita da: - fattore generale (fattore g) - un insieme di fattori specifici responsabili dell’esecuzione di una specifica abilità mentale (fattore s) Per questo motivo un soggetto potrebbe manifestare un livello elevato di abilità su uno o più fattori specifici ma manifestare una bassa abilità su altri fattori. → Teoria delle intelligenze multiple di Gardner (1983) Evoluzione moderna dell’approccio fattoriale allo studio dell’intelligenza: teoria delle intelligenze multiple 1. Intelligenza logico-matematica, abilità implicata nel confronto e nella valutazione di oggetti concreti o astratti, nell'individuare relazioni e principi. 2. Intelligenza linguistica, abilità che si esprime nell'uso del linguaggio e delle parole, nella padronanza dei termini linguistici e nella capacità di adattarli alla natura del compito. 3. Intelligenza spaziale, abilità nel percepire e rappresentare gli oggetti visivi, manipolandoli idealmente, anche in loro assenza. 4. Intelligenza musicale, abilità che si rivela nella composizione e nell'analisi di brani musicali, nonché nella capacità di discriminare con precisione altezza dei suoni, timbri e ritmi. 5. Intelligenza cinestetica, abilità che si rivela nel controllo e nel coordinamento dei movimenti del corpo e nella manipolazione degli oggetti per fini funzionali o espressivi. 6. Intelligenza interpersonale, abilità di interpretare le emozioni, le motivazioni e gli stati d'animo degli altri. 7. Intelligenza intrapersonale, abilità di comprendere le proprie emozioni e di incanalarle in forme socialmente accettabili. I vari tipi di intelligenza sono stati identificati tramite tecniche statistiche. Questo modello si rifà ad una concezione modulare della mente; si assume che: - Le diverse abilità della mente si riferiscano a dei moduli costituiti da insiemi di processi mentali - I moduli funzionano indipendentemente gli uni dagli altri - Le abilità coinvolte nelle 7 aree sono governate da aree cerebrali (in parte) differenti che hanno diversa storia evolutiva La teoria delle intelligenze multiple comporta che i diversi tipi di intelligenza siano presenti in tutti gli esseri umani e che la differenza tra caratteristiche intellettive e prestazioni vada ricercata unicamente nelle rispettive combinazioni. 79 LA MISURAZIONE DELL’INTELLIGENZA I primi studi sistematici per la misurazione dell’intelligenza si devono a Binet (1904), al quale era stato commissionato il compito di individuare i bambini con difficoltà scolastiche (prima che emergessero, per poter creare programmi specifici). - Predispose una serie di test che potevano essere eseguiti dalla maggior parte dei bambini di una precisa “età cronologica” (EC) - Età mentale (EM): un bambino di 5 anni di EC ha una EM di 5 anni se ha superato tutte le prove che sono state risolte dalla maggioranza dei bambini di 5 anni L’approccio di Binet fu adattato da un gruppo di psicologi dell’Università di Stanford per mettere a punto un test conosciuto come “Stanford-Binet” → Quoziente di intelligenza (QI) = EM/EC x 100 --> Limite connesso all’utilizzo del concetto di “età mentale” La semplice differenza tra EM e EC non consentiva di valutare correttamente: un ritardo di 2 anni a un'età di 5 anni, poteva denunciare un ritardo intellettivo molto grave, lo stesso ritardo ad un’età di 12 anni poteva essere considerato di minore gravità. --> Altro limite: che senso ha parlare di EC e EM per gli adulti (dai 16 anni)? Bambini: EC=8, EM=12 bimbo piuttosto intelligente Adulti: EC=40, EM=60 adulto intelligente come il bimbo? QI di rapporto identico. Per risolvere il problema, negli adulti si misura il QI di deviazione: si compara la prestazione individuale con la prestazione media dell’intera popolazione. Assunto: distribuzione normale dei punteggi. Curva gaussiana che descrive la distribuzione dei punteggi di QI. La curva mostra come la maggior parte delle persone si trovano sul punteggio medio 100, infatti man mano che ci si allontana da esso ci sono molti meno casi. Il punteggio medio di intelligenza è stabilito a 100 punti e la deviazione standard è stabilita a 15 punti. Ciò significa che circa due terzi della popolazione avrà punteggi di intelligenza compresi tra 85 e 115 punti. Lo stesso numero di individui sono sopra e sotto alla media. Più un punteggio è distante dalla media, meno numerosi saranno gli individui che posseggono quel livello di intelligenza. Storicamente i ricercatori si sono occupati di misurare il QI anche in modo strumentale e non senza critiche; oggi viene utilizzato a scopi scientifici e può essere considerato (insieme ad altri fattori) uno strumento utile in vari ambiti applicativi. 80 LINGUAGGIO E COMUNICAZIONE COMSKY E LA GRAMMATICA GENERATIVA-TRASFORMAZIONALE Chomsky ha sottolineato l’importanza dei processi cognitivi innati che fanno parte del nostro patrimonio genetico e che sono alla base del linguaggio. Il particolare Chomsky propone l’esistenza di un meccanismo innato in grado di favorire l’acquisizione del linguaggio → LAD (Language Acquisition Device). Il LAD contiene i principi della grammatica universale: principi generali di tutte le lingue naturali che consentono ai bambini di scoprire le strutture linguistiche corrette della propria comunità linguistica. Questo dispositivo va pensato come essenzialmente indifferenziato alla nascita, un dispositivo in grado di essere “settato” per apprendere ogni linguaggio naturale. Quando un bambino viene esposto fin dalla nascita ad uno o più linguaggi naturali, questo meccanismo si specifica; dopodiché diventa molto più difficile riuscire ad estrarre automaticamente dal parlato nuove regole di produzione del linguaggio di un’altra lingua. Questo spiegherebbe perché da bambini è possibile apprendere ogni linguaggio naturale umano, ma da adulti diventa particolarmente complicato, poiché questo meccanismo innato di acquisizione del linguaggio è indifferenziato all’inizio, poi viene specificato in base a quale o quali linguaggi naturali il bambino è sottoposto dalla nascita in avanti. Chomsky distingue tra competenza linguistica ed esecuzione linguistica: - COMPETENZA LINGUISTICA Conoscenza implicita delle regole che mettono in relazione suoni e significati, permette di generare e comprendere frasi corrette ed evitare la produzione di quelle errate (grande contributo dei linguisti) - ESECUZIONE LINGUISTICA Capacità effettiva di usare il linguaggio, che dipende da molti fattori cognitivi, situazionali, socio-culturali (grande contributo degli psicologi). La maturazione cognitiva, l’attenzione, la memoria, la rappresentazione delle conoscenze del parlante influenzano la produzione di una frase grammaticalmente complessa. La teoria psicolinguistica di Chomsky viene chiamata anche grammatica generativa-trasformazionale. Questa teoria si sviluppa attorno a quattro nozioni principali legate alla grammatica generativa- trasformazionale: - Struttura superficiale - Struttura profonda - Regole di struttura sintagmatica (o regole di riscrittura) - Regole trasformazionali Struttura superficiale = sequenza di suoni che può essere segmentata in parole dotate di significato Struttura profonda = forma sottostante alla struttura superficiale contenente le informazioni necessarie alla trasmissione del significato Regole di struttura sintagmatica = consentono di trasformare un costituente frasale in altri costituenti, come ad esempio la frase in costituenti più semplici come i sintagmi Regole trasformazionali = consentono di trasformare una struttura in un’altra struttura mantenendo il significato, come ad esempio la trasformazione della forma attiva di una frase nella sua forma passiva. 81 Esempio: “Il turista straniero visita un palazzo antico” La struttura grammaticale della frase può essere descritta utilizzando le regole di riscrittura che consentono di riscrivere dei simboli in altri simboli fino ad ottenere la frase nella sua forma superficiale. “Un antico palazzo è visitato dal turista straniero” Corrisponde alla frase precedente essendo il risultato della trasformazione da una frase attiva ad una passiva. Le regole trasformazionali consentono di generare un enorme numero di frasi differenti e una quantità notevole di varietà di ciascuna frase. È grazie alle regole trasformazionali che fanno parte della nostra competenza linguistica (acquisita con la semplice esposizione al linguaggio naturale), che siamo in grado di rendere originale la nostra produzione linguistica, producendo frasi mai sentite prima. UNIVERSALI LINGUISTICI E RELATIVISMO LINGUISTICO Abbiamo due modalità principali di rappresentazione della conoscenza: - Analogica: di derivazione percettiva= le immagini mentali → rappresenta in modo analogo ciò che è presente nella realtà - Proposizionale: di derivazione verbale → arbitraria, simbolica, convenzionale, fa parte delle convenzioni di una particolare cultura o comunità linguistica (es. in italiano le lettere G, A, T, T, O rappresentano l’animale da compagnia) Il linguaggio è uno strumento potentissimo, secondo Whorf è talmente importante che a seconda delle parole utilizzate dalle diverse comunità linguistiche per definire i concetti, percepiamo e categorizziamo il mondo in modo differente → relativismo linguistico. Si parla di una sorta di primato del linguaggio rispetto al pensiero (oggi sappiamo che non è così). Universali linguistici= anche se le lingue umane possono essere molto differenti tra loro, si possono individuare sequenze di suoni che corrispondono a nomi, verbi, etc. Quesito: Le differenze linguistiche corrispondono a differenze nella modalità di percepire e pensare la realtà oppure tutti gli individui condividono la stessa esperienza anche se la descrivono in modo differente? Esempio: pioggia, pioggerellina / neve, nevischio, neve bagnata --> non abbiamo molti termini che qualificano queste precipitazioni poiché l’italiano è una lingua della zona mediterranea, dove questi fenomeni sono meno presenti rispetto ad altre zone del mondo - gli eschimesi hanno una ventina di termini per definire diversi tipi di neve. Per rispondere a questo quesito è stata studiata la denominazione dei colori. - Ricerche linguistiche interculturali hanno dimostrato che le lingue condividono la denominazione di certi colori fondamentali = esistono universali linguistici per la denominazione dei colori. - Esiste però una popolazione della Nuova Guinea che utilizza soltanto due termini per definire i colori, ossia chiaro e scuro. Tramite una serie di prove cognitive e psico-fisiologiche (verificando l’attività elettrica correlata alla denominazione dei colori) si è verificato che non c’è alcuna differenza nella capacità di percepire e discriminare i colori rispetto ai parlanti inglese. 82 ➔ La nostra capacità di percepire ed elaborare il mondo è indipendente dalle capacità linguistiche che abbiamo; il pensiero precede l’attività linguistica. Rimane il fatto che il linguaggio è uno strumento potentissimo a disposizione della mente e delle nostre capacità di ragionare e prendere decisioni, che ci dà la possibilità di elaborare il materiale astratto. Ci sono alcune prove che dimostrano che con linguaggi più semplici (ed esempio la lingua inglese), si verificano prestazioni più efficaci in prove che indagano abilità di tipo logico-matematico. COMUNICAZIONE NON VERBALE Si tratta del mezzo comunicativo più arcaico, che sostiene e completa la comunicazione verbale. Più spontaneo e naturale, meno soggetto a forme di controllo volontario. È universale: le espressioni facciali hanno una fortissima base genetica poiché le emozioni da un punto di vista evolutivo sono state molto importanti. Nel sistema vocale esistono aspetti linguistici (verbali) e non linguistici (paralinguistici ed extralinguistici) → hanno a che fare con le modalità di espressione del contenuto linguistico. Nel sistema non vocale (cinesica) rientrano mimica facciale, sguardo (direzione, durata, reciprocità), gesti e postura, prossemica (collocazione spaziale) e aptica (contatto). SISTEMA VOCALE: - Verbale - Paralinguistico: variazioni del tono, dell’intensità e della velocità del parlato - Extralinguistico: insieme delle proprietà foniche della voce di un individuo che dipendono dal suo apparato fonatorio (voce acuta, bassa, profonda…) SISTEMA CINESICO = intera gamma dei movimenti del corpo, del volto e degli occhi - Espressioni facciali Le migliaia di configurazioni espressive del volto sono state categorizzate da Ekman e Friesen (1978) in un sistema di analisi basato su 44 unità fisiologiche di azione (movimenti dei singoli muscoli facciali), denominato Facial Action Coding System (FACS). Seguendo una tribù della Papua Nuova Guinea (isolata dal resto del mondo) osservarono le stesse espressioni facciali del resto del mondo, dimostrando che non sono determinate dalla cultura o dalle tradizioni di un determinato posto, ma sono universali e uguali in tutto il mondo. Le 6 di base che si osservarono in questo studio sono: rabbia, disgusto, gioia, paura, tristezza, sorpresa. - Sguardo Un ruolo particolare è svolto dallo SGUARDO, che rappresenta un potente segnale comunicativo: il contatto visivo tra due persone ha una pluralità di significati, dal comunicare interesse al gesto di sfida; fondamentale per gestire la conversazione e per fornire informazioni aggiuntive rispetto all’espressione facciale. - Sguardo + espressioni facciali È stato dimostrato che sia lo sguardo, sia l’espressione facciale esercitano una forte influenza sull’attenzione. Per esempio, lo sguardo è uno stimolo molto potente, capace di orientare automaticamente l’attenzione dell’osservatore. 83 - Gesti L’analisi delle funzioni dell’attività gestuale coverbale si è sviluppata sulla base di una prima classificazione elaborata da McNeill (1992). L’autore dimostra come l’uso dei gesti partecipi, per esempio, alla costruzione del discorso narrativo. → Gesti simbolici o emblemi: hanno la capacità di sostituire la comunicazione verbale e possono essere utilizzati quando la comunicazione verbale è impedita o per rafforzare lo scambio comunicativo → Gesti illustratori/iconici : sono tutti quei movimenti che accompagnano la comunicazione verbale illustrando ciò che si sta dicendo. Attraverso la gestualità si “disegna” ciò di cui si sta parlando, si rappresentano azioni, persone, spazio e tempo, illustrano in un qualche modo i contenuti semantici che si stanno esprimendo → Gesti regolatori dell’interazione: tipo di gesto proprio dell'interazione faccia a faccia - segnale riferito più all'interlocutore che al topic del discorso (funzioni: cambio di turno, segnalare una nuova informazione, chiedere conferma o aiuto; citare contributi precedenti). - SISTEMA PROSSEMICO L’aspetto prossemico della comunicazione analizza i messaggi inviati con l’occupazione dello spazio. Il modo nel quale le persone tendono a disporsi in una determinata situazione, apparentemente casuale, è in realtà codificato da regole implicite ben precise. Ognuno di noi tende a suddividere lo spazio che ci circonda in quattro zone principali: Zona intima (da 0 a 50 centimetri), Zona personale (da 50 cm ad 1 metro) - amici, colleghi Zona sociale (da 1 m a 3/4 m) Zona pubblica (oltre i 4 m) - SISTEMA APTICO L’aptica è costituita dai messaggi comunicativi espressi tramite contatto fisico. Anche in questo caso si passa da forme comunicative codificate (la stretta di mano, il bacio sulle guance come saluto ad amici e parenti), ad altre di natura più spontanea (un abbraccio, una pacca sulla spalla). COMUNICAZIONE INTERPERSONALE Fasi della conversazione: 1. Fase di inizio o di apertura: reciproca identificazione e riconoscimento degli interlocutori, vengono espresse le formule di saluto. 2. Fase di sviluppo di uno o più argomenti sui quali vi sia un qualche interesse da parte dei partecipanti. 3. Fase finale: conclusione della conversazione, come manifestazione di accordo su quanto si è detto, richiesta di appuntamento, saluti, ecc. In una conversazione a due c’è un avvicendamento dei turni: il partecipante A parla; quando A si ferma, inizia a parlare il partecipante B; poi B si ferma e riprende a parlare A e così. La conversazione quindi si sviluppa secondo una sequenza del tipo A-B-A-B ecc. 84 Dinamica conversazionale Conservare il turno: cioè comunicare di non voler essere interrotto emettendo segnali come ad esempio: - l’aumento dell’intensità vocale - l’aumento della velocità di articolazione volta ad ostacolare l’interruzione, - usando le pause piene, cioè pause riempite con vocalizzazione caratterizzate da particolari andamenti melodici, mediante le quali il parlante segnala che ha concluso l’argomento, ma che non ha ancora terminato di parlare Volontà di cedere il turno ricorrendo a dei segnali quali: - uso di pause vuote - rallentamento del ritmo dell’eloquio - abbassamento della tonalità della voce L’ascoltatore potrebbe esprimere una richiesta di turno: - inizi balbettanti - incremento del ritmo dei cenni di assenso del capo e dei commenti vocali non verbali L’ascoltatore può rifiutare di ricevere il proprio turno: - cenni di assenso del capo - vocalizzazioni di approvazione volti ad incoraggiare il mantenimento del turno La comprensione dei messaggi linguistici inizia con l’interpretazione attribuita ai messaggi stessi. L’interpretazione dei messaggi è favorita dall’assunzione da parte dei partecipanti alla conversazione del “contratto dato nuovo”, grazie al quale uno dei partecipanti conviene di aggiungere nuove informazioni a quelle che l’altro già possiede e viceversa (Clark e Haviland 1977) Elemento fondamentale della comunicazione umana è il ruolo delle rappresentazioni mentali della realtà esterna e altrui (teoria della mente) → ci rappresentiamo il mondo, ma anche in che modo l’altro si rappresenta il mondo (non necessariamente in modo corretto) – questo è fondamentale per determinare il grado informativo di ogni interazione e comunicazione umana. Esempio: se penso che l’altro conosca l’argomento, lo scambio è più mirato, si danno per scontati molti elementi che invece verrebbero menzionati con un interlocutore non informato; tuttavia posso dare per scontati elementi che invece non lo sono per l’altro. La conversazione, per essere una comunicazione interpersonale efficiente, deve obbedire al principio di cooperazione = necessità da parte del partecipante di dare il proprio contributo al momento opportuno coerentemente con le richieste della situazione comunicazionale Grice (1975) ha declinato questo principio in quattro regole o massime conversazionali: - Massima della quantità: non dire più di quanto sia necessario; - Massima della qualità: fare affermazioni vere; - Massima della relazione: essere pertinenti; - Massima del modo: essere chiari ed evitare le ambiguità. LA MODALITÀ CON CUI LE DOMANDE VENGONO FORMULATE ORIENTA IL GIUDIZIO La modalità con cui viene formulata la domanda può orientare l’analisi delle informazioni che possono essere utilizzate per fornire una risposta al quesito. Gli individui, infatti, considerano più facilmente e più frequentemente quelle informazioni che appaiono congruenti con le componenti semantiche della domanda. 85 Esempio (Shafir, 1993): esprimere una scelta tra due località turistiche, in un caso, e di esprimere quale delle due rifiutare, nell’altro caso (gruppi di soggetti differenti): "Immagina di aver deciso di andare in un posto al caldo durante le vacanze di Natale per una settimana. Hai a disposizione due pacchetti turistici entrambi offerti ad un prezzo ragionevole. Il dépliant informativo ti dà solo alcune informazioni circa i due pacchetti. In base a queste informazioni quale località sceglieresti / quale località rifiuteresti?" Località A: Condizioni climatiche normali, Spiagge di media qualità, Hotel di media-qualità, Temperatura media dell'acqua, Vita notturna normale (caratteristiche neutre) Località B: Clima molto soleggiato, Barriere coralline e spiagge di straordinaria bellezza, Hotel ultra-moderni, Temperatura molto fredda dell'acqua, Venti molto forti, Assenza di vita notturna (caratteristiche fortemente positive e negative) Risultati: I partecipanti scelgono e rifiutano la stessa opzione, ovvero la località B. Secondo Shafir (1993) questo risultato può essere spiegato ricorrendo ad un meccanismo psicologico denominato principio di compatibilità → in base a tale principio si può supporre che: - Scegliere un’opzione: peso maggiore alle caratteristiche positive delle opzioni (ad esempio, "la presenza di spiagge meravigliose") - Scartare un'opzione: peso maggiore a quelle negative (ad esempio, "temperatura molto fredda dell'acqua"). EMOZIONI Profilo storico: principali teorie Epoca cognitivista: la rilevanza delle emozioni Nel primo cognitivismo il tema delle emozioni non è stato considerato: l’analogia mente- computer (human information processing) che è stata predominante non dava spazio a questa caratteristica. La tradizione filosofica portava verso una considerazione dell’essere umano come essere razionale, per il quale le emozioni sono quasi un aspetto disturbante. In realtà la valutazione emotiva è intrinseca in tutti gli aspetti della vita mentale, anzi è una delle euristiche che il nostro cervello utilizza per semplificare il mondo esterno. EMOZIONE = PROCESSO COMPLESSO E MULTIFATTORIALE Emozioni = processi complessi e multifattoriali, composti da: - attivazione dell’organismo (es. arrossire, aumento sudorazione) - aspetti cognitivi - espressione e manifestazione delle risposte emotive (es. espressioni facciali) - prontezza e preparazione all’azione (soprattutto per le emozioni negative) Per la sua complessità è corretto parlare di esperienza emotiva. L’esperienza emotiva è stata da sempre studiata dall’uomo, da filosofi e teologi, da letterati e da artisti. In psicologia le emozioni sono state affrontate in termini empirici e sperimentali (= con la raccolta di dati che vanno a confermare o meno delle ipotesi) 86 LE PRINCIPALI TEORIE 1. La teoria di James e Lange (periferica) 2. La teoria di Cannon e Bard (centrale) 3. La teoria Schachter e Singer (bifattoriale) Ciascuna di queste teorie si focalizza su un aspetto in particolare trascurandone altri, dunque più che sposare una teoria, si studia quale sia stato l’apporto di ciascuna di esse per spiegare l’esperienza emotiva. 1. Teoria periferica o teoria del feedback Emozione = «sentire» le modificazioni periferiche dell’organismo (rossore, riso, pianto, etc.). Di conseguenza: «non tremiamo perché abbiamo paura, ma abbiamo paura perché tremiamo» Evento emotigeno → modificazione s.n. periferico (reazione viscerale) → interpretazione cognitiva della modificazione. James e Lange propongono una radicazione biologica dell’emozione (concetto di attivazione fisiologica che poi viene interpretata dalla corteccia cerebrale) Questo approccio è stato criticato perché se è vero che si ha un’attivazione periferica cui consegue la valutazione cognitiva, a ogni emozione dovrebbe corrispondere una distinta e specifica configurazione di attivazioni neurofisiologiche. La formulazione della teoria di James fu testata sperimentalmente da Cannon e Bard e fu ritenuta infondata, perché i visceri hanno una sensibilità troppo scarsa (stesse modificazioni viscerali si presentano in stati emotivi differenti e in stati non emotivi). Tuttavia il punto di vista periferico è rimasto attivo con teorie più recenti e più elaborate, che considerano l’informazione che proviene dalla periferia del corpo come un ingrediente importante per valutare l’intensità di un’emozione. Ad esempio l’ipotesi del feedback facciale sostiene che: le espressioni facciali forniscono informazioni propriocettive, motorie, cutanee e vascolari che influenzano il processo emotivo, o almeno l’intensità associata ad una data emozione (soprattutto a posteriori). Esp: Soggetto deve contrarre i muscoli facciali implicati in una data emozione (in questo caso il riso). Matita tra i denti (condizione sperimentale) = maggior divertimento nel guardare cartoons rispetto alla condizione di controllo senza matita. 2. Teoria centrale Cannon e Bard: in opposizione alla teoria periferica Le emozioni sono attivate e regolate a livello del sistema nervoso centrale, e nello specifico a livello della regione talamica (talamo=luogo in cui tutte le informazioni sensoriali vengono recepite, per poi proiettarle alle zone che valutano l’esperienza emotiva ed alle strutture corticali devolute alla percezione). L’attivazione periferica (viscerale) e centrale (interpretazione cognitiva) sono simultanee. In sintesi: teoria di Cannon vs teoria di James Ci troviamo di fronte a due teorie contrapposte, entrambe vere in quanto entrambe hanno colto degli aspetti particolari e specifici della vita emotiva, senza però riuscire a esaurirne la complessità. 3. Teoria bifattoriale Schachter (1962): inizio dell’epoca cognitivista, viene riconosciuto un ruolo determinante alle conoscenze delle circostanze in cui si prova un’emozione. 87 Due componenti distinte: 1. componente di attivazione fisiologica dell’organismo (AROUSAL) 2. componente cognitiva di interpretazione dell’evento emotigeno L’attivazione fisiologica viene etichettata in base ad una valutazione della situazione. → Gli stati emotivi dipendono dall’interazione di fattori cognitivi con uno stato di attivazione fisiologica. Modalità con cui un’emozione ha origine: - Tipica (vita quotidiana): valutazione della situazione, percezione di attivazione periferica e attribuzione causale (automatica) → Sono consapevole del risultato “mi sento arrabbiato” - Arousal non spiegato: processo maggiormente consapevole e deliberato di attribuzione causale del proprio arousal a qualche situazione/evento. Si verifica quando percepiamo un’attivazione periferica che non sappiamo a cosa attribuire – ad esempio farmaci, fluttuazioni ormonali, etc. modificano arousal. In funzione della situazione cui attribuisco l’attivazione fisiologica provo una determinata emozione. Sulla base di questi assunti: 1) Stato di arousal senza conoscere la causa? → Rilevanza della componente cognitiva 2) Stato di arousal facilmente spiegabile sulla base degli eventi? → Processo automatico che porta ad esperire l’emozione 3) Presenza di elementi cognitivi tali da indurre un’emozione? → In assenza di attivazione fisiologica la persona non proverà (o proverà poco) emozioni. Tipico il disagio provato quando non si condivide con gli altri gli stati emotivi Esperimento di Schachter e Singer (1962) - Vedi cap. 4 di “Esperimenti di psicologia” Manipolazione attiva di: - stato fisiologico (tramite la somministrazione di una sostanza che attiva l’organismo) - informazioni sullo stato fisiologico (riguardo l’effetto della sostanza, da chi la ha assunta) - aspetti cognitivi legati a indizi contestuali Tramite i risultati di queste manipolazioni è stata in parte confermata la teoria di Schachter e Singer, MA non tutti i risultati sono stati confermati da ricerche successive. ➔ Ad oggi una teoria che sia in grado di spiegare nel suo complesso l’esperienza emotiva non è ancora stata fornita in ambito psicologico. EPOCA COGNITIVISTA: Nel primo cognitivismo le emozioni sono state scarsamente considerate (salvo per Schachter e Singer), si è però osservato un progressivo aumento di rilevanza delle emozioni nello studio della vita mentale in generale. CURVA DI PRESTAZIONE E STATO DI ATTIVAZIONE Una serie di studi ha dimostrato in modo attendibile come ci sia un rapporto tra la prestazione di un soggetto in un compito (cognitivo o motorio) e lo stato di attivazione. 88 Inizialmente all’aumentare dello stato di attivazione aumenta anche l’efficacia della prestazione (la motivazione ha un ruolo significativo nell’insorgere dell’attivazione), tuttavia per livelli più alti dello stato di attivazione, l’efficacia della prestazione diminuisce = curva ad U rovesciata. AFFECTIVE PRIMING Altro ambito molto studiato in epoca cognitivista è quello del priming (=attivazione) degli stati emotivi. È noto che qualsiasi stimolo che viene presentato ad un soggetto provoca automaticamente uno stato di attivazione cognitiva del nodo semantico che riguarda lo stimolo, che si propaga automaticamente ai nodi semantici vicini al primo. Il priming ha conseguenze ideomotorie (=sia a livello concettuale che motorio) molto considerevoli. Per quanto riguarda le emozioni, si è osservato che stimoli emotivi presentati anche a livello subliminale (soggetto inconsapevole dell’informazione presentata), provocano un’attivazione fisiologica periferica, seppur minore – questo è vero specialmente per le immagini negative. CONCEZIONE UNITARIA MENTE-CORPO A partire dagli anni ’90 le emozioni hanno assunto una maggiore rilevanza anche perché si sono moltiplicate le conoscenze riguardo ai disturbi delle emozioni, grazie alla neuropsicologia. Damasio interpreta la teoria di James come il superamento del cosiddetto “errore di Cartesio”, che proponeva un dualismo radicale fra mente e corpo. Damasio propone una concezione unitaria dell’organismo secondo cui occorre prevedere la “mentalizzazione del corpo” e la “somatizzazione della mente” Emozioni = convergenza sinergica tra mente e corpo, poiché sono processi mentali (processi valutativi della situazione) ma hanno come teatro il corpo (modificazioni somatiche concorrenti s.n.p.) RAPPORTO EMOZIONI-DECISIONI Come abbiamo già detto, le emozioni non sono un problema per la presa di decisioni, poiché le evidenze scientifiche dimostrano che le emozioni sono in realtà il punto di partenza principale per una presa di decisione veloce ed il più delle volte efficace. Caso Phineas Gage: lesione alle regioni ventromediali dei lobi frontali: capacità intellettive e linguistiche intatte, ma incapace di regolare il proprio comportamento e prendere decisioni adeguate. Si tratta di una disregolazione di tipo emotivo che ha portato ad una incapacità di prendere decisioni → sono lesionate aree coinvolte sia negli aspetti emotivi che in quelli decisionali. Caso Elliot (Damasio, 1995): asportazione di un tumore nelle cortecce prefrontali (quindi anche di materiale cerebrale), abilità cognitive intatte MA in compiti decisionali Elliot elenca i pro e i contro di ogni alternativa e non riesce a scegliere (non riesce a ordinare le preferenze). → Indica che la razionalità non viene di fatto esercitata se non ha l’input dalle emozioni Riesco a prendere decisioni? Si, se sono in grado di ordinare le preferenze. Preferenze? Sono determinate in larga parte dalle emozioni (per come si è evoluto il nostro cervello). Le emozioni introducono elementi di valutazione che consentono di prendere decisioni; dunque le decisioni hanno una natura intrinsecamente emotiva. 89 INTELLIGENZA EMOTIVA L’intelligenza emotiva, cioè «la capacità di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, per motivare noi stessi e per gestire adeguatamente le emozioni in noi stessi e nelle relazioni con gli altri», è un concetto introdotto da Goleman. 90