Fondamenti di Glottologia e Linguistica A PDF
Document Details
Uploaded by Deleted User
Tags
Related
- Language, Linguistics, and Communication PDF
- Study Of Language Presentation 1 PDF
- Study of Language Presentation 1 - PDF
- Study of Language Presentation 1: Course Requirements, Areas of Linguistics, The Origins of Language PDF
- Lesson 1: Language and Linguistics PDF
- Lecture 1: Definition of Language and Linguistics PDF
Summary
This document provides an overview of glottology and linguistics, discussing topics such as language as a system of communication, the difference between language and dialect, and the evolution of language. It also examines the relationship between spoken and written language, and the study of language in different time periods (synchrony and diachrony).
Full Transcript
Fondamenti di glo ologia e linguistica Linguistica, lingua io e lingua Tre elemen fondamentali: 1) La linguis ca è una disciplina descri va (il suo scopo è quello di spiegare ciò che effe vamente si dice), o più esa amente “lo studio scien fico del linguaggio umano”. Il linguaggio c...
Fondamenti di glo ologia e linguistica Linguistica, lingua io e lingua Tre elemen fondamentali: 1) La linguis ca è una disciplina descri va (il suo scopo è quello di spiegare ciò che effe vamente si dice), o più esa amente “lo studio scien fico del linguaggio umano”. Il linguaggio che usiamo quo dianamente per comunicare è de o linguaggio naturale, mentre ve ne sono poi altri più specifici per gli animali, le macchine, l’arte, i media ecc… Cosa si intende con studio scien fico? Il po di metodologia e di analisi dei problemi che cara erizza qualunque scienza, la quale prevede: - La formulazione di ipotesi generali che rendano ragione di una molteplicità di fa par colari - La formulazione di tali ipotesi in modo chiaro e controllabile 2) Il linguaggio è un sistema di comunicazione e una facoltà propria a tu gli esseri umani che perme e di condividere dei messaggi che hanno un senso compiuto da un emi ente a un ricevente, appartenen a una comunità linguis ca che può essere il diale o di un paesino o una lingua nazionale. Il messaggio può essere veicolato a raverso lo scri o o l’orale e a raverso delle altre varian di cui parleremo. L’uomo è in grado teoricamente di parlare qualunque lingua naturale in quanto il cervello e il suo apparato fonatorio, ossia gli organi che producono i suoni a raverso cui noi comunichiamo, sono uguali per tu gli esseri umani. Avendo però il nostro cervello dei limi , la capacità di parlare più lingue da parte dello stesso parlante ha dei limi che sono pre amente individuali e dipendono sia dalla composizione del cervello sia dalla rea vità delle aree del cervello che sono diro ate al linguaggio, sia dalla cultura generale, dalla voglia, dall’impegno, ecc... Normalmente un parlante difficilmente padroneggia in modo integrale, cioè le ura, ascolto e produzione orale, più di 3 o 4 lingue. Cosa dis ngue il linguaggio umano da tu gli altri? Il fa o che è un po di linguaggio “discreto”, ovvero che i suoi elemen si dis nguono gli uni dagli altri per l’esistenza di limi ben defini. Ad esempio, in italiano i suoni [p] e [b], per quanto possano essere molto simili dal punto di vista ar colatorio, hanno per il parlante e per l’ascoltatore un effe o di contrasto ne o: vuol dire una cosa diversa da ; Inoltre, questo po di linguaggio ha a disposizione un inventario di segni infinito, poiché si creano con nuamente nuove parole o addiri ura nuove frasi; A questa possibilità di creazione con nua di frasi contribuisce il meccanismo della ricorsività: esso perme e di costruire frasi sempre nuove inserendo, in una frase data, un’altra frase, poi in quest’ul ma un’altra frase ancora, e così via: o “Maria mi ha colpito” o “I ragazzi dicono che Maria mi ha colpito” o “I vicini credono che i ragazzi dicano che Maria mi ha colpito” o “I Rossi sostengono che i vicini credono che i ragazzi dicano che Maria mi ha colpito” Le frasi non sono determinate dalla semplice successione delle parole, ma sono dipenden dalla stru ura e dalla gramma ca. Ci sono poi i linguaggi “con nui”, che sono quelli appartenen agli animali e si dis nguono per il fa o che è possibile specializzare sempre di più il segnale e che sono cara erizza da un numero finito di segni 3) La lingua, ossia la stru ura concreta a raverso cui si manifesta la capacità del linguaggio di un essere umano, deve avere dei requisi per poter funzionare. Il suo compito è quindi quello di veicolare il linguaggio. Con “lingua”, poi”, intendiamo la forma specifica che il sistema di comunicazione del linguaggio assume nelle varie comunità, e spesso possiamo trovarla scri a al plurale perché tante sono le lingue del mondo. Ci si può a questo punto domandare: - Quali sono gli elemen comuni a tu e le lingue? Gli universali linguis ci: la ricorsività e la dipendenza dalla stru ura - Quali invece gli elemen diversi da lingua a lingua, o almeno non comuni a tu e? L’ordine delle parole, che in italiano, francese e inglese è SVO; in arabo VSO; giapponese SOV Una lingua è un sistema ar colato su più livelli e dunque un “sistema di sistemi”. I livelli linguis ci sono: a. Fonologia quello dei suoni b. Morfologia quello delle parole c. Sintassi quello delle frasi d. Seman ca quello dei significa Ques livelli sono interdipenden e ogni parlante possiede competenze implicite rela ve a ciascuno di essi. LINGUA PARLATA E LINGUA SCRITTA Una lingua è sia scri a che parlata. La linguis ca, tu avia, privilegia la lingua come espressione orale su quella scri a e ciò per diversi mo vi: 1. Esistono (e sono esis te) lingue solo parlate e non scri e. Dunque, l'aspe o orale è primario e quello scri o è secondario/deriva vo. Non ci sono lingue naturali che sono state soltanto scri e ma mai parlate; 2. Il bambino, quando impara una lingua, impara prima a parlare che a scrivere e lo impara in modo del tu o naturale, anche senza insegnamento specifico; 3. Le lingue cambiano nel corso del tempo. Ma ciò che cambia è la lingua parlata e solo in ritardo la lingua registra ques cambiamen. Se una lingua è molto usata, è sogge a a cambiamen ; se una lingua è solo scri a o prevalentemente scri a non cambia, tende a mantenersi (la no) Le lingue naturali cambiano nel tempo, quelle che non lo fanno non sono naturali sono codici costrui , lingue ar ficiali per poter comunicare e comprendere persone di altri paesi. Le lingue cambiano perché un parlante vìola le regole emesse dalla sua langue e crea delle innovazioni che all’inizio coesistono con un segno “vecchio” ma con il tempo uno dei due predomina. Devo capire come la “parole” ha agito nel cambiare la langue: Secondo Saussure ci sono due momen dello studio della lingua che non devono essere mescola : - SINCRONIA Lo studio di una lingua naturale in un momento esa o della sua storia - DIACRONIA Segue la storia della lingua nel corso del tempo, ne studia l’evoluzione L’italiano scri o è, quindi, diverso dall’italiano parlato, ci sono poi i diale che sono sistemi linguis ci comple che svolgono la funzione di una lingua ossia far comunicare in modo efficace tra parlan appartenen a una stessa comunità seppur essa sia ristre a. La differenza tra lingua e diale è indicata da quan ne parlano e dove viene usata: Un linguista per descrivere come funziona la lingua deve studiare la “langue” (insieme delle regole condivise da tu ) o la “parole” (i singoli a linguis ci)? Lo studio scien fico deve basarsi sulla langue, perché il singolo a o può essere sogge o a possibili variazioni. Come facciamo a stabilire se sono due varietà diverse di una stessa lingua o due lingue diverse? Sono sta propos alcuni criteri: a. di po “diacronico” e cioè se la parlata in ques one, X, deriva dalla stessa lingua da cui deriva Y; b. comprensione reciproca c. criterio lessico-sta s co: se X e Y condividono all'incirca l’80% del lessico/morfologia allora sono varietà linguis che di una sola lingua e non due lingue diverse; d. Presenza o meno di una le eratura Per quel che riguarda la situazione linguis ca italiana, Bisogna fare a enzione al fa o che l'espressione “l'italiano e i “suoi” diale ” non è propriamente corre a perché l'italiano di oggi non è che un diale o (il toscano) Divenuto lingua nazionale: i diale italiani sono varietà “sorelle” tra di loro e sorelle con il toscano discendendo tu e da un'unica lingua madre, il la no: Si no no ancora due fa importan a questo proposito: - L'italiano contemporaneo deriva sì dal toscano, ma nella sua forma scri a non nella sua forma parlata; - La differenza tra lingua e diale o non è una differenza “di sistema”: le lingue i diale sono sistemi linguis ci a tu gli effe. Ogni diale o ha un sistema fonologico, morfologico, sinta co. LA DIALETTOLOGIA E GEOGRAFIA LINGUISTICA La diale ologia è lo studio dei diale ed ha avuto storicamente due aspe principali: 1. La diale ologia diacronica Lo studio, ad esempio, dell'evoluzione dal la no ad un determinato diale o dell’area romanza 2. La geografia linguis ca È un metodo che ha prodo o strumen di studio di grande importanza, come gli atlan linguis ci Il più importante è quello di Jules Gilliéron, Atlas linguis que de la France (1902-1912) DIALETTI IN ITALIA Italiano standard Italiano regionale o Una varietà di italiano parlata in un’area corrispondente ad una delle tre principali aree geografiche dell’Italia (nord, centro, sud) Diale o locale Una delle prime classificazioni di diale di Italia la si deve a Dante, il quale nel De Vulgari Eloquen a individuò 14 diale : se e ad est e se e ad ovest. Oggi la divisione geografica è tra nord, centro e sud e si dis ngue pertanto tra diale regionali: - Se entrionali diale gallo-italici (piemontese, lombardo, ligure, emiliano-romagnolo, San Marino) diale vene (tren no orientale, veneziano-trevigiano, veronese, padovano-vicen no) Cara eris che: lo scempiamento delle vocali lunghe lat. ; piem.lomb.emil ; venez. Passaggio dal la no a [tʃ] lat. ; piem. < tʃa’me> Lenizione delle sorde intervocaliche lat. ; lomb. Presenza di vocali anteriori arrotondate, come [y] lomb. [‘lyna] ‘luna’ La tendenza delle parole ad uscire n consonante a causa della caduta delle vocali finali del la no - Toscani - Centro-meridionali (umbro-marchigiano centrale, abruzzese, romanesco, aquilano, pugliese, campano, calabrese, salen no, siciliano) Cara eris che: Il raddoppiamento sinta co ([ak’kasa]); L’assimilazione totale del nesso consonan co ND in [nn]: [‘monno] La metafonesi: in cer diale il plurale di [ ore] è [ uri], vi è dunque [o] > [u]; [e] > [i] Posposizione del possessivo: [‘fratəmə] ‘mio fratello’ È infine importante so olineare che un diale o è un sistema linguis co a tu gli effe , non è un codice secondario, rido o, imperfe o. Ogni diale o è cos tuito da suoni, parole, frasi e significa e dunque la differenza di “importanza” tra una lingua ed un diale o non è una differenza linguis ca: è semmai una differenza socioculturale. La questione del latino La no le erario - Lingua scri a - Conserva va canone le erario si usa la lingua del modello Del la no parlato non abbiamo molte documentazioni. Tu avia, ne risale una par colarmente importante “Appendix Probi”, un testo di gramma ca del IV d.C. che era anche una guida per i maestri di scuola su quali fossero le parole pronunciate dagli studen , da correggere o no - Parola giusta: ócŭlum forma che va bene sia nello scri o sia nel parlato - NON - Parola errata: oclu (oklu > okkjo) forma propria solo al la no parlato Questo libro è importante perché è una prova che dimostra un livello del la no non alto, quindi VOLGARE, che è quello da cui si fonda l’italiano moderno. Da dove ha igine la linguistica gen ale? È opportuno fare riferimento alla definizione di lingua risalente a Ferdinand de Saussure linguista svizzero, considerato il fondatore della linguis ca moderna e dello stru uralismo, toli che si guadagnò nel 1916. Proprio quest’anno vennero pubblica postumi gli appun dei corsi universitari da lui tenu , appun presi e diffusi dai suoi studen e riuni in un’unica opera che prende il nome di “Corso di linguis ca generale”. Secondo de Saussure una lingua naturale, a prescindere da quale sia, deve essere interpretata come un sistema (o stru ura) di segni. Perché lo definisce “sistema”? Una qualunque lingua naturale, deve avere la cara eris ca di essere un sistema ossia l’insieme di elemen tra di loro solidali ed efficien , ognuno dei quali svolge un ruolo specifico che funziona solo in rapporto alle singole funzioni svolte da tu gli altri elemen del sistema. Ovviamente perché il sistema funzioni è necessario che tu e la par del sistema svolgano efficientemente la propria funzione, altrimen il sistema crollerebbe: nelle lingue questo succede regolarmente perché una parte del loro sistema comincia a non funzionare più come deve, questo è il mo vo per cui parliamo italiano e non la no, in cui ad un certo punto alcuni elemen della stru ura linguis ca non hanno più funzionato. ESEMPIO: Se il sistema fosse immutabile e cioè non conoscesse possibilità di crisi, il sistema sarebbe eterno ma le cose non stanno così in quanto il sistema, essendo un insieme di elemen solidali, quando viene meno la solidarietà di uno degli elemen tu o il sistema subisce una crisi irreversibile che porta al collasso. Ne è un esempio il la no: PRIMA: LUP/US VORAT AGN/UM VORAT AGNUM LUPUS AGNUM LUPUS VORAT… L’ordine della frase può cambiare liberamente perché “US” è la desinenza pica del la no usata per fare riferimento al sogge o, mentre “UM” corrisponde al complemento ogge o. Dal primo secolo dopo Cristo, però, vi è stata la caduta delle consonan finali di parola che ha ostacolato il riconoscimento delle stesse DOPO: LUP/U VORAT AGN/U Quindi, se prima si potevano disporre le parole liberamente all’interno di una frase, ora si passa da una stru ura libera ( pica del la no) a una obbligata delle lingue romanze, le quali seguono rigorosamente la stru ura SVO. Ques elemen solidali che cos tuiscono il sistema si chiamano segni linguis ci. Cosa sono? Un segno linguis co è un’unità/en tà formata di due componen che sono inscindibili tra di loro, esa amente come lo sono il davan e il dietro di un foglio, essi sono: - SIGNIFICANTE la forma scri a, cioè le le ere che uso per scrivere, o orale, ossia i suoni che produco, per comunicare al mio des natario il significato del referente - SIGNIFICATO l’immagine prodo a dal cervello quando si trova di fronte ad un referente non linguis co Ogni segno linguis co per poter funzionare deve poter dire qualcosa e dirlo a raverso una forma fone ca o scri a, deve essere dotato quindi di un significato. il segno può essere: ESEMPI: - SEMPLICE NON ulteriormente scomponibile - COMPLESSO Scomponibile in più morfemi CAN/E La parola è formata da 2 segni linguis ci: MORFEMA: segno dotato di significato non ulteriormente - Can scomponibile. Può essere libero o legato (unione di più morfemi). - E maschile singolare Nei casi complessi, il segno ha anche una funzione gramma cale Il/ LUP/O SBRAN/A GLI/ AGNELL/I (morfologia) all’interno della frase. La frase è cos tuita da 8 segni linguis ci: - Il art.det masch.sing Secondo de Saussure il segno linguis co possiede 3 proprietà che - Lup/o [lup]+[o]masch.sing devono essere tu e presen : - Sbran/a pres.indica vo 3° persona sing - Gli [ʎi] art.det masch.plur - Agnell/i masch.plur ARBITRARIETÀ l’associazione di un significato al suo significante [‘ka:ne] è libera e cioè non mo vata. Non esiste nessuna regola obbligatoria in base alla quale una lingua nel momento in cui crea un segno linguis co debba associare a un determinato significato un determinato significante. Una volta che il segno linguis co è stato is tuito è quello, non si può modificare. Esistono alcuni segni linguis ci, pochi, che non seguono questa regola e sono alcune delle onomatopee. DISTINTIVITÀ ogni segno linguis co deve essere in grado di comunicare un’unità dis nta da qualunque altra unità presente nel sistema linguis co. La dis n vità si può vedere a raverso la creazione di coppie di parole che sono simili ma differiscono per una le era assumendo un significato diverso (ES: CANE, RANE, PANE). Queste coppie si chiamano coppie minime. Esistono però casi par colari: , che veicola, se non inserito in un contesto specifico, tre significa diversi (l’ogge o, la pianta, il plurale di vita). In ques casi il contesto disambigua il significante che perciò recupera la sua dis n vità; LINEARITÀ, cioè un segno linguis co deve avere un ve ore. Esempio: irto è un segno linguis co che funziona perché ha una sua linearità ossia parte da un punto seguendo una direzione che non può essere inver ta o verrebbe meno la proprietà della dis n vità. La lingua come codice Quando parliamo u lizziamo un codice condiviso da una comunità, in cui ogni parlante ne fa un uso individuale. CODICE LINGUA PAROLA Saussure fa una dis nzione che riguarda la modalità di studio del linguaggio: - LANGUE L’insieme dei segni condivisi da una comunità di parlan (UNIVERSALE, ASTRATTA) - PAROLE è il singolo a o linguis co di un parlante appartenente a una determinata langue; è l’uso individuale che ciascun parlante fa della langue (INDIVIDUALE, CONCRETA) La lingua esiste nella colle vità ed è necessaria perché gli a di parole siano intellegibili, ma anche gli a di parole sono necessari perché la lingua “si stabilisca” e perché funzioni. Gli esseri umani comunicano a raverso a di parole, ma il fondamento di ques a è nella langue perché è la langue il sistema di riferimento colle vo. Ma cos’è un codice? Un sistema condiviso di regole o convenzioni che perme e agli interlocutori di a ribuire significato ai messaggi e di comprendersi reciprocamente. Il ruolo del codice Nel modello di Jakobson, il codice è indispensabile affinché il messaggio venga interpretato corre amente. Mi ente e des natario devono condividere almeno in parte lo stesso codice per poter comunicare efficacemente. Se i codici non coincidono o sono troppo diversi, la comunicazione può risultare incomprensibile. E come si dis ngue dal messaggio? Se il codice è un insieme di potenzialità, ed è astra o; un messaggio viene costruito sulla base delle unità fornite dal codice, ed è un a o concreto. - Esempio: a livello di codice esistono unità come /p, n, e, a/ che possono essere combinate sulla base di determinate regole per formare dei messaggi , Il codice è uno degli elemen fondamentali dello schema della comunicazione proposto da Jakobson, che include sei fa ori principali: 1. mi ente (emi ente) funzione emo va Quando il parlare è più inteso ad esprimere che a comunicare qualcosa a terzi; genere della lirica 2. ciò di cui si parla funzione referenziale È una funzione informa va, neutra o la frase 3. il messaggio 4. il canale funzione poe ca funzione fà ca quando il messaggio che il parlante invia all’ascoltatore è quando vogliamo controllare se il canale è aperto e costruito in modo tale da costringere l’ascoltatore a ritornare funziona regolarmente, sul messaggio stesso per capire com’è fa o o dunque, espressioni come “mi sen ?” “ci sei?” o 5. il codice 6. l’ascoltatore des natario funzione metalinguis ca funzione cona va quando il codice viene usato per parlare del codice stesso, Si realizza so o forma di comando o di esortazione rivol all’ascoltatore perché modifichi il suo comportamento. Da o ad esempio, la gramma ca ha questa funzione questo punto di vista i gala con le loro prescrizioni o ; Codice penale COMPETENZA ED ESECUZIONE Noam Chomsky dis ngue tra: o Competenza= tu o ciò che l’individuo sa della propria lingua per poter parlare come parla e per poter capire come capisce Corrisponde alla “langue” Competenza fonologica, morfologica, sinta ca, seman ca o Esecuzione= è un a o di realizzazione e dunque concreto Corrisponde alla nozione di “parole” PER RIASSUMERE Fonetica La fone ca è una branca della linguis ca che serve a descrivere quali sono e come vengono prodo i suoni pronunciabili a raverso l’apparato fonatorio di qualunque essere umano. Si occupa quindi dei foni, ovvero la realizzazione concreta di qualsiasi suono del linguaggio. Tre pi di fone ca: 1. Ar colatoria studia la produzione dei suoni 2. Acus ca studia la natura fisica del suono e la sua propagazione a raverso l'aria 3. Udi va studia l'aspe o della ricezione del suono da parte dell'ascoltatore come si ar cola il suono? 1) SUONI POLMONARI: Quando eme amo dei suoni u lizziamo l’aria che esce dai polmoni, ques operano una spinta verso l’esterno fino a far incontrare l’aria una serie di organi, i quali possono essere interessa nel conta o con l’aria producendo in questo modo tu i suoni. Nella gola, infa , esistono delle membrane morbide, ovvero le corde vocali, che possono: - rimanere ferme produrranno dei suoni de “sordi” la S la T la P - vibrare produrranno dei suoni de “sonori” Tu e le vocali Consonan nasali R, L, S sonora (z) !!! è obbligatorio trascrivere la S quando essa sia seguita da una consonante: + , , , , … = [z] 2) L’aria prosegue il cammino arrivando al palato molle che è sede di un organo fondamentale per la produzione dei suoni: - L’ugola è molto mobile e può rimanere in posizione: Bassa: produzione di suoni nasali aria esce dal naso Alta: produzione di suoni orali aria esce dalla bocca I suoni nasali corrispondono a tu e le consonan che noi chiamiamo nasali: m, n, ɲ, ɱ, ŋ oppure a delle vocali che vengono chiamate nasalizzate, rappresentate dalla vocale con sopra un’onda ( [bõ]) 3) Una volta superata l’ugola si è nella cavità orale dove vi sono più organi che concorrono alla produzione dei suoni. - Alcuni di ques organi sono fissi: il palato duro, ossia la parte anteriore del palato, e i den ; I den sono divisi in tre par : dente, alveolo e palato - alcuni organi mobili: la lingua e le labbra; La lingua, organo mobile per eccellenza, muovendosi crea tu e le vocali e consonan che siamo in grado di produrre. Si può muovere in ver cale o orizzontale. Le labbra possono rimanere distese o arrotondarsi. Gli organi mobili in collaborazione con gli organi fissi del cavo orale producono vocali e consonan ; infa , a seconda del punto di conta o della lingua in corrispondenza dei den si producono suoni diversi: - Dentali se la lingua tocca la parte finale del dente - Alveolari se la lingua tocca la parte alta, l’alveolo In un a o linguis co, i suoni vengono dispos in una sequenza lineare, uno dopo l’altro. Abbiamo notato che la parola non viene pronunciata separando un suono dall’atro ma in un’unica emissione di fiato. In questa operazione succede che i suoni si influenzano l’un l’altro. Ques rappor vengono defini SINTAGMATICI e si hanno tra elemen che sono co-presen. Si tra a di un rapporto di combinazione tra elemen che si trovano uno accanto all'altro in una sequenza. Esempio 1: Esempio: coppia /, grafia uguale ma suoni diversi. Il primo palatale [tʃ], il secondo velare [k]. È la vocale seguente che influenza la realizzazione del suono che corrisponde alla le era dell’alfabeto. Esempio 2: Nella frase "Il ga o mangia il pesce", le parole il, ga o, mangia, e pesce sono collegate da rappor sintagma ci perché si trovano insieme nella stessa stru ura e formano un enunciato coerente. Cara eris che principali: o I rappor sintagma ci sono combinatori: collegano elemen linguis ci in una sequenza lineare. o Sono basa su una relazione orizzontale: ogni elemento interagisce con quello che lo precede e lo segue. o Implicano l'idea di dipendenza reciproca: ogni elemento dipende dagli altri per costruire significato (es. il verbo mangia necessita di un sogge o e di un ogge o per avere senso). Poi ci sono i RAPPORTI PARADIGMATICI riguardano la relazione tra unità linguis che che possono sos tuirsi l'una con l'altra nello stesso contesto. Si tra a di un rapporto di opposizione e scelta tra elemen che appartengono a una stessa classe o categoria. Esempio: Nel contesto della frase "Il ga o mangia il pesce", la parola ga o potrebbe essere sos tuita con parole della stessa categoria, come cane, bambino, o uccello. Queste parole formano un insieme paradigma co, perché possono occupare lo stesso posto nella frase senza violare la gramma ca. Cara eris che principali: o I rappor paradigma ci sono associa vi: gli elemen sono collega nella mente del parlante perché appartengono a una categoria comune (es. sostan vi, verbi, agge vi). o Sono basa su una relazione ver cale: si sceglie un elemento tra quelli disponibili in un paradigma. o Implicano l'idea di opposizione: ogni scelta esclude le altre. ALFABETO IPA Per superare le diversità delle regole delle singole scri ure delle singole lingue e per poter trascrivere in modo univoco gli alfabe e le ortografie di ogni lingua è stato creato un sistema di simboli in cui a ogni simbolo corrisponde un suono. Questo si chiama ALFABETO IPA (Alfabeto Fone co Internazionale). Esempio: ITALIANO: [‘ꭍarpa] - francese [‘ꭍi] - inglese - tedesco ATTENZIONE!!! Quando pronunciamo una parola e - italiano pronunciamo anche la le era “i”, allora bisogna trascri e in modo univoco con IPA saranno [ꭍ] trascriverla, altrimen la “i”, se non si sente, è solo grafica ma non fone ca CONSONANTE FRICATIVA PALATALE SORDA MA!!! Prima che l’alfabeto IPA prendesse piede nella comunità scien fica, esisteva un altro po di alfabeto fone co: - Ascoli-Goidànich (maestro-allievo) Ascoli> fondatore della linguis ca italiana, 1870 Goidànich> professore all’università di Bologna differenza tra i due alfabe : - mentre nell’IPA ad ogni simbolo corrisponde un unico suono, - l’altro invece si basava sull’uso di segni diacri ci: si scrive sopra o so o un simbolo fone co per differenziarne il valore ESEMPIO: IPA [s] e [ʃ]; A/G [s] e [š] I suoni possono essere classifica in tre classi maggiori: 1. CONSONANTI 2. VOCALI 3. SEMI CONSONANTI la dis nzione più importante è quella tra consonan e vocali e si fonda su un semplice fa o ar colatorio: Nella produzione di una vocale l'area non incontra ostacoli, fuoriesce liberamente Le vocali inoltre sono normalmente sempre sonore Per produrre una consonante, invece, l'aria o viene momentaneamente bloccata ([b]) o deve a raversare una fessura molto stre a ([f]) Le consonan inoltre possono essere sia sorde che sonore Le consonanti Per classificare un suono sono necessari tre parametri: - MODO DI ARTICOLAZIONE - PUNTO DI ARTICOLAZIONE - SONORITÀ La tabella delle consonan è ar colata in una serie in ver cale, rela ve al modo di ar colazione, e una in orizzontale, rela ve al luogo dove vengono prodo e. Quando ci sono due suoni, il simbolo a sinistra è una consonante sorda mentre quello a destra è la corrispondente sonora. In italiano: - SORDE [f, t, s, k, ts, t, tʃ] - SONORE [b, d, g, v, z, dz, m, n, ɲ, l, ʎ, r, j, w] L'italiano u lizza se e pun di ar colazione: - Bilabiali, labiodentali, dentali, alveolari, palato-alveolari, palatali (o anteriori), velari (o posteriori) Non ci sono dunque in italiano le consonan : - Interdentali, uvulari, faringali o glo dali 1) CONSONANTI OCCLUSIVE Le consonan occlusive sono anche de e plosive/esplosive perché indicano cosa succede quando si pronuncia questo po di suono: quando l’aria esce dalla bocca le labbra si chiudono bloccando il passaggio, e avviene una sorta di esplosione quando l’aria esce all’improvviso. - BILABIALI L’occlusione avviene all’interno delle labbra [p] consonante occlusiva bilabiale sorda [b] consonante occlusiva bilabiale sonora - ALVEOLARI l’ar colazione avviene con l’ausilio dell’alveolo che è un rigonfiamento posteriore tra i den e il palato. Quando si pronunciano, la punta della lingua si accosta all’alveolo, dove avviene l’occlusione dell’aria. [t] consonante occlusiva alveolare sorda [d] consonante occlusiva alveolare sonora - RETROFLESSE anche de e cerebrali o caucuminali, presen nell’inglese o nei diale meridionali. La lingua normalmente man ene una posizione orizzontale, nel momento in cui si producono questo po di consonan essa risale all’indietro e la punta si posiziona in modo inver to tendendo a schiacciarsi contro il palato. [ʈ] consonante occlusiva retroflessa sorda [ɖ] consonante occlusiva retroflessa sonora - VELARI l’occlusione avviene alzando il dorso della lingua verso il palato molle (velo) [k] consonante occlusiva velare sorda [g] consonante occlusiva velare sonora 2) CONSONANTI NASALI Il velo pala no si posiziona in modo tale da lasciar passare l’aria anche a raverso la cavità nasale. Nelle lingue europee sono tu e sonore - BILABIALI aria bloccata dalla chiusura delle labbra [m]: consonante nasale bilabiale sonora - ALVEOLARI la punta della lingua si avvicina agli alveoli dei den che blocca l’aria e poi c’è l’esplosione quando esce, il modo è lo stesso cambia il punto. [n]: consonante nasale alveolare sonora - PALATALI la lingua tende ad appiccicarsi contro il palato duro [ɲ]: consonante nasale palatale sonora (diagramma ) [‘raɲɲo], [‘ɲɔmo] - LABIODENTALI è una nasale che deve essere impiegata, nella lingua italiana, quando esiste una successione nasale + consonante frica va labiodentale (f, v). Per questo suono non esiste una le era apposita nell’alfabeto italiano. Esempio: inferno - [iɱ’fɛrno]. [ɱ]: consonante nasale labiodentale sonora - VELARI deve essere usata solo davan a consonante velare (k,g). Esempio: [‘siŋ] [‘sin] [ŋ]: consonante nasale velare sonora Le nasali si co-ar colano con le consonan successive [ump…] < un + ga o> [uŋ’ga o] 3) CONSONANTI VIBRANTI (POLIVIBRANTI, più vibrazioni) Vengono ar colate a raverso il conta o e il distacco riprodo o della punta della lingua con gli alveoli dentali - ALVEOLARI [r]: consonante vibrante alveolare sonora - BILABIALI si produce a raverso una vibrazione con le labbra, NON con gli alveoli. Non è presente nelle lingue europee è più diffusa nelle lingue africane o in chi ha problemi a pronunciare la vibrante alveolare. Esempio chi non riesce a dire a muro [‘mu:ro] dirà [‘mu:Bo] o userà la vibrante uvulare e sarà [‘mu:Ro] [B]: consonante vibrante bilabiale sonora - UVULARE quando la vibrazione avviene al livello del velo del palato (ugola) [R]: consonante vibrante uvulare sonora 4) CONSONANTI FRICATIVE (SPIRANTI/CONTINUE) Nelle consonan frica ve l’aria, prima di uscire, trova un restringimento del canale ar colatorio. Non viene, però, bloccata come nelle occlusive ma con nua a fluire a raverso un canale che si restringe (per questo mo vo sono anche de e “CONTINUE”). Vengono chiamate anche consonan spiran (perché è come se si producesse una specie di soffio, dal la no spirare= respirare/ soffiare) o con nue (perché l’aria non è interro a). SONO PIÙ EFFICACI E MENO FATICOSE DA PRONUNCIARE come mai le consonan frica ve sono le più diffuse rispe o alle occlusive? Le frica ve possono essere prodo e in qualsiasi luogo perché lo sforzo che il parlante deve esercitare per produrle è inferiore rispe o a quello che esercita per produrre le altre. - BILABIALE SORDA è poco frequente nelle lingue europee tu avia esiste nello spazio linguis co italiano unicamente in Toscana e in par colare a Firenze e zone limitrofe. Esempio si pronuncia [il’lu: ɸo] Phi [ɸ]: consonante frica va bilabiale sorda - BILABIALE SONORA Avvicinamento labbra ma senza la parte dei den. Lo spagnolo ha la le era b che però viene ar colata in due modi diversi: con l’occlusiva bilabiale [b] e con la frica va bilabiale [β] simile alla [v] per via dell’avvicinamento delle labbra senza essere bloccate. Esempio: verbo [sa’βer] Beta [β]: consonante frica va bilabiale sonora Nelle bilabiali le labbra si avvicinano ma non si toccano - LABIODENTALI quando si pronunciano le labbra si avvicinano, ma interviene anche l’accostamento dei den al labbro inferiore. [f]: consonante frica va labiodentale sorda [v]: consonante frica va labiodentale sonora - DENTALI / INTERDENTALI La lingua si posiziona tra i den. Sono suoni che l’italiano non possiede ma sono proprie di altre lingue europee, in par colare dell’inglese e dello spagnolo. Theta [θ]: consonante frica va dentale sorda È uno dei due suoni che in inglese viene rappresentato graficamente con il digramma < th> esempio in I think e in spagnolo cas gliano in cinco. Delta [ð]: consonante frica va dentale sonora È il secondo modo in cui in inglese si pronuncia il digramma come nella parola that mentre in spagnolo è la pronuncia della le era d quando è intervocalica. - ALVEOLARI [s]: consonante frica va alveolare sorda solo con consonan sorde [z]: consonante frica va alveolare sonora E’ obbligatorio usarla quando la le era “s” è seguita, sia essa a inizio o dentro la parola, da consonan sonore ossia b,d,g,r,l,m,n,v. Quindi si è obbliga a trascrivere [z]. b [zbaʎ’ʎa:to]// d [zden’ta:to]//g [zgwar’ni:to] Si usa quando si ha una s intervocalica. Esempio casa [‘ka:za]. - POSTALVEOLARI la loro ar colazione prevede l’arretramento della lingua fino alla porzione del dente che entra dentro il palato [ʃ]: consonante frica va post-alveolare sorda È rappresentata in italiano dalle le ere sc+i, oppure e. Esempio: [‘ʃarpa], sciocco [‘ʃɔkko] casi, che sono la maggioranza, in cui la “i” anche se scri a non è fone ca ma solo grafica. Esempio: [ʃimu’ni:to], [‘ʃi] la “i” è sia grafica che fone ca, bisogna trascriverla [ʒ]: consonante frica va post-alveolare sonora Fa parte del sistema fone co italiano in misura assai marginale, principalmente la G dei toscani e in pres dal francese come, ad esempio, “garage” che sarà [ga’ra:ʒ], “je”, “jour” PRESTITO: Quando una parola entra in una lingua con la stessa forma che ha nella lingua modello CALCO: quando la lingua traduce il pres to con suo materiale linguis co - PALATALI [ç]: consonante frica va palatale sorda Questa si trova nel pronome personale tedesco ich [’ɪç]. - VELARI [x]: consonante frica va velare sorda [ɣ]: consonante frica va velare sonora il suono della G spagnola quando è in posizione intervocalica - GLOTTIDALI movimento avviene nella gola profonda [h]: consonante frica va glo dale sorda Corrisponde al suono della le era “h” aspirata nell’inglese e nel tedesco >” to have”, “haben” 5) CONSONANTI LATERALI Per produrre un suono laterale dentale la lingua si posiziona contro i den e l'aria fuoriesce dai due la della lingua stessa. SONO TUTTE SONORE - ALVEOLARI [l]: consonante laterale alveolare sonora Esempio: = [‘la:na] - PALATALI si ar cola con la lingua che sba e sul palato duro [ʎ]: consonante laterale palatale sonora È quella che viene rappresentata con una sequenza grafica di la quale, come per la trascrizione di , può avere la i non fone ca ma solo grafica. ESEMPI: [‘fiʎʎi]; [‘aʎʎo]; [‘maʎʎa] !!! nei pochi casi in cui la “i” dopo è anche fone ca, bisogna trascriverla ESEMPIO: [ʎi] - VELARI [L]: consonante laterale velare sonora !!! IMPORTANTE !!! DENTRO PAROLA, QUESTE CONSONANTI SONO SEMPRE DOPPIE [ʎ] [ɲ] [ʃ] ESEMPI: (pagl-glia) [‘paʎʎa] ; (ragn-gno) [‘raɲɲo] ; (asc-scia) [‘aʃʃa] Presente picamente nella lingua inglese, come, ad esempio, nella parola = [‘kiL] Alcune consonanti si po ono comp t e come vocali Le SONANTI (o CONSONANTI SONANTI) sono par colari pi di consonan che possono comportarsi in modo simile alle vocali, in quanto, in certe condizioni, possono formare da sole un nucleo sillabico. Questo significa che, in determinate parole o contes , una sonante può sos tuirsi a una vocale e funzionare come il "centro" della sillaba, prendendo il ruolo di una vocale. Le consonan coinvolte sono: - NASALI [m], [n] Haben in tedesco: [‘haban] [‘habn̥ ] se pronunciato velocemente - VIBRANTI [r] Trieste in sloveno: [‘tr̥st], in ceco: [‘Br̥no:] - LATERALI [l] Bo le in inglese: [‘bʌtal] [‘bʌdl ̥] se pronunciato velocemente 1. CONSONANTI APPROSSIMANTI Le consonan approssiman sono chiamate anche SEMIVOCALI perché sono molto sonore e impiegate insieme a vocali. In base al modo di ar colazione si dividono in: - PALATALI [j]: consonante approssimante palatale sonora Corrisponde alla “I” Esempio: = (ie/ri) = [‘jε:ri] - LABIALI [w]: consonante approssimante labiale sonora Corrisponde alla “U” Esempio: (uo/mo) = [‘wɔ:mo] Per iden ficare una sillaba è necessario che ci sia una sola vocale, se ce ne sono due sono più sillabe. Questo significa che, se sono presen due vocali, una delle due deve necessariamente essere una consonante. La le era I e la le era U possono essere vocali o consonan approssiman. DITTONGHI Le consonan approssiman , se uni a una vocale possono creare delle sequenze fone che non scindibili, chiama DITTONGHI. Ques si o engono a raverso: - Approssimante + vocale accentata crea un di ongo ASCENDENTE, perché l’energia ar colatoria va sulla vocale ESEMPIO: [‘jε:ri]; [‘wɔ:mo]; [‘kwa:si] - Vocale accentata + approssimante crea un di ongo DISCENDENTE, perché l’uso dell’energia è inver ta e tende a diminuire quando si pronuncia l’approssimante ESEMPIO: [‘awto]; [aw’to:re] Entrambi i di onghi si dis nguono per l’intensità della sillaba tonica e per la posizione della vocale e dell’approssimante In altre lingue naturali esistono altre approssiman. Esempio: - seară (sera in rumeno) e poartă si dividono in sea/ră e poar/tă. - Ea e Oa sono di onghi ascenden e si pronunciano [‘seara] e [‘poarta] con la E e la O con un semicerchio so o per rappresentare che sono delle approssiman. Quando bisogna indicare che una vocale non è una vocale vengono segnate con questo semicerchio so ostante anche la I e la U, anche se hanno il simbolo corrispe vo nell’IPA possono essere contrassegnate così. 2. CONSONANTI AFFRICATE Le consonan affricate sono dei suoni compos da singole consonan presen nell’IPA. Ques suoni non sono dis n ma avvengono in un solo momento di emissione (de e anche MONOFONEMATICHE) e vengono ar cola in due momen : 1) OCCLUSIVA 2) FRICATIVA ALVEOLARI - [ʦ]: Consonante affricata alveolare sorda Esempio: [‘tsi:o]; [‘po so]; [‘a sjo:ne] Se “ts” è in posizione iniziale è breve (ts) Se “ts” si trova dentro parola è SEMPRE lunga ( s) - [ʣ]: Consonante affricata alveolare sonora Esempio: [dzan’dza:ra]; [‘raddzo] Breve (dz), lunga (ddz) ALVEOPALATALI O PALATOALVEOLARI - [ʧ]: Consonante affricata alveopalatale sorda È il suono corrispondente a C seguita da I o da E. Anche qua la I può essere solo grafica. Esempio: [‘ʧa:o]; [‘ʧiŋkwe] - [ʤ]: Consonante affricata alveopalatale sonora È il suono corrispondente a G seguita da I o da E. Anche qua c’è sempre il problema della I. Esempio: [‘ʤɔ:ko]; [‘ʤi:ro] LABIODENTALE - [pf]: Consonante affricata labiodentale sorda È presente nel tedesco Pepper (ing), Pfepper (ted) LE VOCALI – il ap io vocalico Le vocali vengono prodo e sfru ando i due movimen della lingua: Orizzontale (ritrarsi o avanzare) Ver cale (abbassarsi fino alla mandibola oppure alzarsi fino al palato) Il movimento orizzontale corrisponde alle coordinate: 1) Anteriori, la lingua si muove verso i den 2) Centrali, la lingua rimane centrale 3) Posteriori, la lingua arretra Il movimento ver cale corrisponde alle coordinate: 1) Chiuse (alte) 2) Medio-chiuse (medio-alte) 3) Medio-aperte (medio-basse) 4) Aperte (basse) La combinazione di ques movimen genera la creazione di tu e le vocali presen nel trapezio. Il trapezio, infa , è la figura geometrica più ada a per collocare i luoghi dell’intonazione delle vocali all’interno della bocca. Le vocali vanno definite in base a tre parametri: 1. La posizione della lingua nel suo movimento orizzontale (anteriori, centrali, posteriori) 2. La posizione della lingua nel suo movimento ver cale (alte, medio-alte, medio-basse, basse) 3. Presenza o meno del tra o ar colatorio dell'arrotondamento delle labbra (arrotondate o non arrotondate) - Se nel trapezio le vocali si trovano a sinistra del lato non sono arrotondate perché le labbra sono quasi sempre distese, - Se invece sono a destra del lato sono arrotondate i: vocale, alta, anteriore, non arrotondata y: vocale, alta, anteriore, arrotondata -- [‘lyna] Vocali ant i i [y]: vocale anteriore, alta, arrotondata suono che, generalmente, non esistono in Italia ma solo in alcuni diale chiama “gallo-italici” quando non si riescono a pronunciare tu e tre i tra di una le era, si cerca di me ere insieme almeno due di ques per farlo avvicinare al suono originale; nel caso di [y]: - Se unisco solo i tra “alta e anteriore” pronuncio [i]; - Se invece unisco “alta e arrotondata” pronuncio [u]; - Se cerco di mantenere tu e tre i tra , la pronuncia possibile è [ju] dove il suono originale viene scomposto nei suoi tra ar colatori riservando a [u] i tra di arrotondamento e alto mentre a [j] quello di anteriore. [ɪ]: vocale, tra centrale e anteriore, tra alta e medioalta, NON arrotondata - Anche chiamata come la i non tesa dell’inglese - Esempio: [‘sɪŋ] ≠ [‘si:n] [ɪ] è rilassata e breve; [i] è tesa e lunga [ʊ]: vocale centrale/posteriore alta/medio-alta NON arrotondata - È la U rilassata e breve dell’inglese e del tedesco. - Esempio: [‘fʊʟ] ≠ [fu:l] [ʊ] è rilassata e breve; [u] è tesa e lunga [e]: vocale, anteriore, medioalta, NON arrotondata - Esempio: [ɛ]: vocale, anteriore, medio-bassa, NON arrotondata - Esempio: La pronuncia della vocale chiusa o aperta dipende dagli italiani regionali, picamente la mediobassa ɛ è presente solo in sillaba tonica, in sillaba atona ci può essere solo la medioalta e. Esempio: la parola cambia di significato a seconda di come la pronuncio, - se è [ven ] intendo il numero 20, - se è [vɛn ] intendo il plurale di vento [ø]: vocale, anteriore, medio-alta, arrotondata - questa vocale è si trova in francese e in tedesco. - Esempio: fr. = [‘ʒø]; td= [‘Øl] [œ] vocale, anteriore, medio-bassa, arrotondata - Queste due vocali sono presen sia nel tedesco sia nel francese - Esempio: fr. = [‘kœʀ]; td= [œffnan] [æ] vocale, anteriore, tra medio-bassa e bassa NON arrotondata - Questo suono si può trovare nella parola inglese - Esempio: = [‘mæn] Vocali cen ali [ɨ] vocale centrale alta NON arrotondata - È quella che si chiama “i” velare, che in russo è rappresentato dal diagramma bl. [ə] (schwa) vocale centrale o indis nta per eccellenza - Si trova anche in francese nella frase < je parle> [ʒə’paʀlə] - A ualmente viene usata per eliminare la differenza di genere nello scri o [з] vocale centrale medio-bassa/bassa NON arrotondata - È ciò che abbiamo nell’inglese earth [‘з:θ] ; [gз:l] (la “r” è solo fonica) Vocali post i i [ʌ] vocale posteriore medio-bassa NON arrotondata - Esempio: cup [‘kʌp], love [‘lʌv] LA NASALIZZAZIONE VOCALICA La nasalizzazione riguarda indifferentemente consonan e vocali, ma è in queste ul me che si fa maggiormente sen re: una vocale ar colata prima di una nasale, infa , assume un tra o nasalizzato che nell'IPA viene indicato con il simbolo della lde (˜) posto sopra la vocale in ques one. - Per esempio, la parola in alfabeto fone co si trascrive: [ˈãŋke] - Fr. [‘dã] ; [‘fɛ̃] ; [‘tɔ̃] TRASCRIZIONE FONETICA La trascrizione fone ca è un sistema di scri ura che rappresenta in modo preciso e de agliato i suoni della lingua parlata, indipendentemente dalla loro rappresentazione ortografica. U lizza simboli standardizza , principalmente dell'Alfabeto Fone co Internazionale (IPA), per descrivere esa amente come vengono prodo i suoni di una lingua. La trascrizione fone ca può essere: Stre a: Include mol de agli specifici sui suoni (ad esempio, variazioni di pronuncia o sfumature precise come aspirazione, nasalizzazione, ecc.). Larga: Si limita a rappresentare i suoni principali senza de agli minuziosi. Nella trascrizione fonetica, è importante distinguere tra suoni semplici e suoni geminati (o raddoppiati), poiché questa differenza può avere un significato distintivo in molte lingue, tra cui l'italiano. Suoni semplici: Un singolo suono consonantico o vocalico pronunciato normalmente, senza raddoppio o prolungamento. Suoni geminati: Si tratta di consonanti raddoppiate o pronunciate più lunghe rispetto alle loro controparti semplici. Nella trascrizione fonetica, i suoni geminati vengono indicati con il doppio simbolo della consonante oppure con il segno di lunghezza [ː]. Esempi: [palːa] o [ˈpalːa]: "palla" (con [l] geminata). REGOLE DELLA TRASCRIZIONE FONETICA 1. Iden ficare l'obie vo della trascrizione Trascrizione larga o stre a? o Larga: Registra i suoni principali senza de agli minuziosi (ada a per indicare solo i fonemi o per lo studio di base). o Stre a: Include de agli precisi come allofoni, nasalizzazioni, geminazioni, ecc. (ada a per studi avanza di fone ca o diale ologia). 2. Ascoltare a entamente la pronuncia Usa una registrazione chiara o ascolta ripetutamente il parlato. Presta a enzione a: o Consonan e vocali: Quali suoni vengono pronuncia ? o Accen : Quale sillaba ha l'accento principale? o Durata: Ci sono suoni lunghi o gemina ? o Intonazione: Nota l'intonazione della frase (in caso di lingue tonali o di variazioni prosodiche). 3. Dividere la parola o la frase in unità sonore Sillabe: Iden fica le divisioni sillabiche e gli accen. o Esempio: Per la parola "amico", iden fica che le sillabe sono [a.ˈmi.ko]. Determina la stru ura consonan ca e vocalica. o Esempio: [CVCV] (consonante-vocale-consonante-vocale). La sillaba minima è cos tuita da una vocale, il nucleo sillabico. Il nucleo può essere preceduto da un a acco e seguito da una coda, che insieme cos tuiscono la rima. La sillaba cos tuita da un a acco sillabico e da un nucleo vocalico sembra essere il po di sillaba più diffuso e comune a tu e le lingue. La sillaba ha dunque ha una stru ura interna che possiamo rappresentare nel modo seguente: 4. Determinare i fonemi presen Riconosci i fonemi dis n vi della lingua che stai trascrivendo. o Esempio in italiano: Sai che /s/ e /z/ sono fonemi dis n , ma la scelta tra [s] e [z] può dipendere dal contesto. 5. Riconoscere le cara eris che fone che Iden fica i de agli dei suoni pronuncia. Valuta: Consonan : o Sono occlusive ([p], [b], [t], ecc.), frica ve ([f], [s], ecc.), o affricate ([ʧ], [ʤ], ecc.)? o Sono sorde ([p], [t], [k]) o sonore ([b], [d], [g])? Vocali: o Qual è il loro grado di apertura? (alte come [i], medie come [e], basse come [a]). o Sono arrotondate ([o], [u]) o non arrotondate ([e], [i])? Geminate: Riconosci i suoni gemina (es. [ ], [ll]). 6. Applicare i simboli dell'IPA Usa il simbolo IPA corre o per ciascun suono. o Esempio: Per l’italiano "casa", trascrivi [ˈka.za] (non /kasa/). Assicura di rappresentare corre amente: o Consonan par colari: [ʃ] per "sc" in "scena". o Vocali precise: [ɔ] per la "o" aperta in "còrso". 7. Indicare gli accen Accento primario: Usa il simbolo [ˈ] prima della sillaba accentata. o Esempio: [ˈka.ne] ("cane"). Accento secondario: Usa il simbolo [ˌ] per le sillabe meno enfa zzate (se necessario in trascrizioni più de agliate). 8. Segnare dettagli aggiuntivi (se necessario) Aggiungi diacritici o altri simboli per rappresentare: Durata: o Suono lungo (croni) → [ː]. Esempio: [fiːlo] per "filo". Nasalizzazione: o Vocale nasalizzata → [~] sopra il simbolo. Esempio: [ã]. Aspirazione: o Consonante aspirata → [ʰ]. Esempio: [pʰ]. Es c i as ione fonetica 1) In italiano, le parole senza accento sono: - Ar coli - Par celle pronominali (mi, , ci…) - Preposizioni monosillabiche Queste parole sono de e CLITICHE non avendo accento fanno parola fone ca con la parola seguente. la “gli” è doppia: ʎʎ [Ilkon’ siʎʎo dewrɔ:pa ak’ku:sa li’ta:lia] 2) [iŋkwa’luŋkwe tsit’ta ssizvi’luppano sitwat’tsjio:ni iɱvero’si:mili] Il ra o iamento sinta ico Alcune parole comportano che, se la parola che la segue inizia per consonante che è seguita da una vocale, la consonante iniziale raddoppia; una delle parole che provocano questo fenomeno è la preposizione a, Esempio: = [‘va:do ak’ka:sa] Nel caso dell’ul ma trascrizione, “si” si raddoppia in “ssi” perché è una parola tronca, ovvero una parola che ha l’accento sull’ul ma le era. TUTTE LE PAROLE TRONCHE SONO SOGGETTE A RADDOPPIAMENTO LA FONOLOGIA A differenza della fone ca, che è una disciplina universale; la fonologia riguarda ogni lingua presa da parte con le sue specificità. Studia la funzione dei suoni presen in una determinata lingua, iden ficando quali sono i fonemi che si scrivono tra le due barre // In par colare, la fonologia è una branca della linguis ca e nasce negli anni 20 grazie alla scuola di Praga, nella quale vi erano linguis di varia provenienza: - Francesi - Cechi - Russi Jakobson e Trubeckoj Ques linguis , e la fonologia in par colare, avevano lo scopo di dis nguere tra tu i suoni e quali fossero dis n vi e quali non lo fossero. Cosa sono i suoni dis n vi? Sono dei suoni delega a dar vita a una delle proprietà del segno linguis co, ovvero la dis n vità. DISTINTIVI: Fonema NON DISTINTIVI: Allofoni o Varian Come possiamo capire quali sono i suoni dis n vi e quali no? Lo capiamo a raverso le tre regole fondamentali di Trubeckoj: 1) Se sos tuiamo un suono con un altro nella stessa posizione all’interno della parola e si o engono due parole di significato dis nto. Esempio: Ho la parola , sos tuisco la “p” con “c” e avrò la parola , o engo così due segni diversi. In questo caso, quindi “p” e k” sono DISTINTIVI, vanno iden fica con /p/ e /k/ e formano una COPPIA MINIMA In italiano sono fonemi la /p/, /k/, /t/, /s/, /r/, /v/, /n/ Il requisito minimo è quello di creare almeno una coppia di due segni con significato diverso e così entrambi i suoni possono considerarsi fonemi. 2) Se sos tuiamo un suono con un altro simile dal punto di vista ar colatorio, o engo due parole di uguale significato. Uno dei due suoni è, quindi, una VARIANTE LIBERA dell’altro suono. Esempio: Il fonema /r/ si realizza in più modi a seconda di come il parlante pronuncia il conce o di vibrante alveolare sonora; se ci riesce dice [r], se non ci riesce dice [ʀ] ; ; 3) Quando due suoni, simili dal punto di vista ar colatorio, non ricorrono mai nello stesso contesto e non hanno proprietà dis n ve [m], [ɲ], [n]: varian libere [ŋ], [ɱ]: varian combinatorie; non posso usare liberamente ques segni per crearne altri e non possono fare coppie minime. IN INGLESE, però, [ŋ] fa coppia minima Esempio: [‘siŋ] e [‘sin] Le o os ioni fonologiche Ogni parlante di una determinata lingua naturale ha nella sua testa un inventario di segni dis n vi che si chiamano fonemi e sono iden ficabili a raverso le tre regole di Trubeckoj. Una volta iden ficato l’inventario dei fonemi di una lingua, il passo successivo è vedere come ques fonemi si oppongono tra di loro e cioè iden ficare una serie di opposizioni fonologiche. Queste descrivono i rappor tra i fonemi, tra un fonema e tu gli altri o tra due singoli fonemi; il simbolo di opposizione è ~. 1) OPPOSIZIONI BILATERALI Le opposizioni bilaterali si verificano tra due soli fonemi che condividono la stessa base ar colatoria. Ciò significa che la dis nzione fonologica è sostenuta da una sola coppia di suoni. Un esempio in italiano potrebbe essere: /p/ ~ /b/ come in “palla” vs. “balla” Entrambe sono delle occlusive bilabiali ma si differenziano per la CORRELAZIONE DI SONORITÀ: la presenza di sonorità in una equivale all’essenza di sonorità in un'altra /p/ è sorda e /b/ è sonora Qui, l’opposizione è bilaterale perché solo ques due fonemi (/p/ e /b/) formano la coppia contras va basata sulla presenza o assenza di sonorità. 2) OPPOSIZIONI MULTILATERALI Le opposizioni mul laterali coinvolgono più di due fonemi, ossia ci sono tre o più suoni che si dis nguono tra loro. Esempio: /p/,/t/, /k/ come in “palo”, “talo”, “calo” /p/ ~ /t/ ~ /k/ sono tu e sorde e occlusive /p/ è bilabiale; /t/ è alveolare; /k/ è velare Questa è un’opposizione mul laterale perché ci sono tre suoni consonan ci dis n che si oppongono tra loro per cara eris che ar colatorie diverse, come il punto di ar colazione (labiale, dentale e velare). 3) OPPOSIZIONI PROPORZIONALI Le opposizioni proporzionali si verificano quando si ha un contrasto per sonorità tra due fonemi che si riproduce in modo analogo in un’altra coppia di fonemi. Esempio: /p/ ~ /b/; /t/ ~ /d/; /k/ ~ /g/; /f/ ~ /v/ /p/ vs. /b/ e /t/ vs. /d/: - "palla" vs. "balla" (bilabiali, distinte per la sonorità) - "tana" vs. "dana" (dentali, distinte per la sonorità) Qui vediamo che la distinzione basata sulla sonorità tra /p/ e /b/ si ripete tra /t/ e /d/. Questo rende l’opposizione proporzionale. Questa proporzione può essere rappresentata da una funzione: /p/:/b/=/t/:/d/=/k/:/g/=/f/:/v/ 4) OPPOSIZIONI COSTANTI Le opposizioni costan sono quelle che si mantengono in tu i contes fonologici. Significa che i fonemi coinvol rimangono dis n in qualsiasi ambiente linguis co, che sia il suono o l’accento, e in qualsiasi posizione si trovano. Esempio: /r/ crea sempre coppie minime 5) OPPOSIZIONI NEUTRALIZZABILI Le opposizioni neutralizzabili sono quelle che perdono il loro valore dis n vo in alcuni contes fonologici specifici. Esempio: /e/ ~ / ɛ/; /o/~ /ɔ non possono formare coppie minime in forma atona, solo in coppia tonica Un classico esempio in tedesco è quello delle consonan sorde e sonore alla fine delle parole: - /d/ e /t/: In tedesco, la parola “Rad” (ruota) si pronuncia [rat], è il contesto che disambigua In posizione iniziale e dentro parola, invece, l’opposizione funziona - Teich (stagno) e Deich (argine) MORFOLOGIA La morfologia è il campo che riguarda la formazione delle parole e il modo in cui le parole comunicano i significa di cara ere gramma cali. - FONEMA (FONOLOGIA) Unità minima linguis ca di valore dis n vo Non ulteriormente scomponibile Non ha significato di per sé - MORFEMA (MORFOLOGIA) Unità minima di analisi Non ulteriormente divisibile Dotata di significato È un segno linguis co che porta con sé, veicola un significato qualsiasi esso sia (lessicale o gramma cale) Un morfema può essere: o LESSICALE Per le parole che hano un significato lessicale, ovvero che non dipendono dal contesto Nomi, agge vi, verbi o GRAMMATICALE Per le parole che esprimono delle funzioni gramma cali e ricevono significato dal contesto in cui compaiono IL LUP/O ABBAI/A 5 MORFEMI Radice/morfema lessicale [LUP]+[O] Suffisso/ morfema gramma cale, iden fica il genere e la quan tà Radice/morfema lessicale [ABBAI]+[A] Suffisso/ morfema gramma cale, indica il tempo, il modo e la persona Entrambe sono parole BIMORFEMICHE, ovvero parole composte da due morfemi dis n , cioè due unità di significato che possono essere autonome o che insieme formano il significato della parola. Una parola bimorfemica è composta quindi da due morfemi, che possono essere: - Radice + Affisso (prefisso, suffisso, infisso) - Due radici (come nel caso delle parole composte) Un morfema può essere così piccolo da essere cos tuito da un solo fonema: Per esempio, il morfema “-s” del plurale in inglese è cos tuito da un solo fonema /s/ In italiano un morfema cos tuito da un solo fonema è la congiunzione “e”, o la preposizione “a” Generalmente, però, un morfema è cos tuito da più fonemi. Due pi di morfemi: 1. MORFEMI LIBERI sono morfemi che da soli possono veicolare il loro significato, Esempio , da soli comunicano tu o ciò che vogliamo sapere da loro. 2. MORFEMI LEGATI sono morfemi che non possono veicolare il loro significato se non sono lega ad altri morfemi, Esempio , la O è un morfema legato che indica il maschile singolare, I morfemi lega , sono dunque parole bimorfemiche In fonologia, i fonemi possono avere due pi di rappresentazioni /s/: [s] e [z] de ALLOFONI La stessa cosa accade per i morfemi in morfologia in inglese /s/: [s],[z],[is] de ALLOMORFI, ovvero le diverse rappresentazioni di un morfema. La e ione Quasi tu e le lingue europee (ad eccezione del basco, del finlandese, dell’ungherese, dell’estone e dell’inglese) sono prevalentemente lingue flessive. Le lingue flessive sono lingue che comunicano i loro significa gramma cali a raverso un meccanismo che si chiama flessione. La flessione funziona tramite sos tuzione, ossia si sos tuisce una parte della parola con un’altra parte a seconda dell’informazione di cara ere gramma cale che si vuole comunicare. -Lup-A In la no si usa la flessione sinte ca per o enere diverse funzioni -Lup-O -Lup-E logiche gramma cali, in italiano avviene in modo anali co -Lup-I perché, se devo cambiare la funzione cambio solo la preposizione A raverso la flessione, i morfemi ci comunicano delle informazioni su: NOME - GENERE sono tre: maschile, femminile, neutro In principio esistevano solo: il genere animato (il referente viene percepito come mobile, dotato di movimento) che aveva come rappresentazione morfologica il maschile, il genere inanimato (tu i segni i cui referen sono privi di tu o ciò che non si modifica da sé) rappresentato dal neutro; Successivamente si è creato il genere femminile a raverso una sorta di deviazione del genere animato : MASCH+SUFFISSO Alcune lingue mantengono tu e tre come il tedesco, il la no, altre ne hanno solo due poiché il neutro si fonde con il maschile perché è il genere non marcato. - NUMERO Dal punto di vista quan ta vo le lingue del mondo conoscono due numeri gramma cali che sono il singolare e il plurale. Esiste, in alcune lingue, come il greco, anche un altro numero gramma cale che è il duale. Il numero duale viene u lizzato da molte lingue naturali per comunicare la specificità di alcuni segni linguis ci che o dal punto di vista naturale o dal punto di vista is tuzionale vengono concepi come una coppia inscindibile. Ad esempio, gli occhi, le gambe, le braccia, le orecchie, le ali degli uccelli sono dei duali naturali. Le lingue che hanno il duale anziché usare il plurale per indicare le orecchie, usano il duale che ha una morfologia diversa da quella del singolare e da quella del plurale. Si usa il duale, al posto del plurale, per le is tuzioni composte di due elemen. Come per il genere, anche il numero manifesta il fenomeno dell’accordo. - CASO Il caso è la rappresentazione morfologica della funzione logico gramma cale di un nome in relazione agli altri nomi presen nella frase e in riferimento al verbo della frase. Indica la relazione che un dato elemento nominale (nome, o pronome) ha con altre parole della frase in cui si trova. Questo è quello che nella gramma ca norma va viene insegnato so o il nome di complemento. - Sogg: ros-ă Per descrivere il sesso e la quan tà dei sogge devo - Compl.ogg: ros-ăm u lizzare un MECCANISMO DI SOSTITUZIONE con un altro - Compl. mezzo: ros-ā po di morfema, devo quindi me ere in a o una FLESSIONE Esempio: Marcus necat Marium/ necat Marcus Marium/ Marium necat Marius= Marco ammazza Mario Anche se inverto la posizione del sogge o con il complemento, il significato non cambia perché le varie parole mantengono il loro morfema che le differenzia. In italiano questo non accade e quindi si ricorre all’analisi della sintassi >che stabilisce la posizione che devono assumere le diverse parole per assumere quel determinato significato. Il caso è una sorta di contenitore nel quale possono essere rappresenta più casi. I casi riconosciu dalle lingue indoeuropee sono 7: 1) NOMINATIVO che indica la funzione di sogge o del verbo sia che la frase sia a va sia che sia passiva. Esempio: o. 2) ACCUSATIVO Il nome che morfologicamente si presenta come accusa vo rappresenta qualcosa che è il punto d’arrivo del processo innescato dal verbo transi vo/durata Esempio: , ,. Implica quindi una direzione e sempre un movimento. I complemen che corrispondono al caso accusa vo sono: complemento ogge o, complemento di termine, complemento di tempo con nuato, complemento di moto a luogo e complemento per luogo. 3) ABLATIVO la differenza con l’accusa vo risiede solo nel ve ore della direzione, nell’accusa vo la direzione è verso un punto d’arrivo mentre nell’abla vo il punto d’arrivo è inverso ossia è la provenienza. Tu i complemen che indicano un conce o di provenienza fanno quindi parte dell’abla vo: complemento di moto da luogo, complemento d’agente (animato)/causa efficiente(inanimato) e il complemento di materia. Esempio: , , 4) DATIVO rappresenta l’estraneità del nome al processo del verbo e cioè il nome che sta lì senza muoversi. Esempio: quel “mi”, che vuol dire “a me”, non c’entra col processo verbale ma indica solo che io sto lì ad assistere al processo verbale ma non partecipo al processo verbale. In alcune lingue può rappresentare il complemento d’agente. Il greco an co, ad esempio, non ha il caso abla vo e quindi fa svolgere ad un altro caso le funzioni dell’abla vo. Questo fenomeno si chiama sincre smo dei casi. Da vo e co: qualcosa è in presenza ma non partecipa al processo emo vo Il complemento d’agente, poi, può essere espresso sia dall’abla vo sia dal da vo - DATIVO: -dinamicità; processo verbale terminato, i nemici non partecipano più all’azione - ABLATIVO: +dinamicità; l’azione si sta svolgendo 5) GENITIVO indica l’appartenenza e coincide con: il complemento di specificazione e complemento par vo. Esempio; 6) LOCATIVO Serve a indicare un punto nello spazio o nel tempo. corrisponde al complemento di stato in luogo e il complemento di tempo determinato (dove/quando); Esempio: 7) STRUMENTALE indica un nome che rispe o al processo verbale è stre amente associato ad un altro nome; implica un’unione I complemen corrisponden sono il complemento di mezzo e il complemento di compagnia. Esempio CASI DINAMICI CASI STATICI Accusa vo, abla vo Geni vo, loca vo, strumentale, da vo IL VOCATIVO il caso voca vo rappresenterebbe il complemento voca vo, ma non è considerato un vero e proprio caso perché è vincolato al verbo impera vo e perché il nome non fa parte di alcun processo verbale e può anche essere sos tuito da un gesto. Inoltre, non ha un morfema che lo contraddis ngue, requisito fondamentale per l’esistenza di un caso, ma solo un meccanismo di apofonia, vale a dire una variazione di accen o intonazione. ESEMPIO: nomina vo patér; voca vo pàter = accen diversi ma usa la stessa morfologia del nomina vo perché non ne ha una propria La funzione del voca vo è quella di richiamare l’a enzione di un sogge o su qualcosa che devo ancora dire: ESEMPIO: ; Esempio principale: "O lupo, non mangiare l'agnello" In questa frase, il termine "lupo" è indirizzato dire amente all'animale, e il voca vo è espresso dal semplice uso di "O" per chiamare l’a enzione: "O lupo". Il voca vo è chiaramente solo un'invocazione, senza una funzione sinta ca come sogge o, ogge o o complemento. No amo inoltre che il nome "lupo" è nella stessa forma che avrebbe nel nomina vo, cioè "lupo" appunto, non cambiando di forma come accadrebbe invece nei veri casi. In la no, il termine "lupo" al voca vo ha una forma quasi iden ca al nomina vo, ossia "lupŏs" (con la terminazione -us per il nomina vo singolare maschile di seconda declinazione). Nel voca vo, tu avia, la forma cambia leggermente diventando "lupe", ma questo è solo per una specifica classe di parole e non per tu i nomi. Stru ura morfologica: vocale tema ca e morfema gramma cale Osserviamo ora come "lupŏs" sia composto in la no da tre elemen : 1. Radice: "lup-", che rappresenta il significato fondamentale della parola (il conce o di "lupo"). 2. Vocale tema ca: "ŏ". Questa è una vocale che si aggiunge alla radice e che varia a seconda della declinazione del nome. Per i nomi della seconda declinazione, come "lupus", la vocale tema ca è "ŏ". La vocale tema ca non fa parte della radice, ma serve a collegare la radice al morfema gramma cale, formando così una base per le varie desinenze dei casi. 3. Morfema gramma cale: "-s", che indica, in questo esempio, il nomina vo singolare per i nomi maschili e femminili di seconda declinazione. Questo morfema gramma cale specifica la funzione sinta ca del sostan vo, ovvero il caso, il sogge o e il numero. Unendo la vocale tema ca al morfema gramma cale, o eniamo il TEMA. Il tema è quell’elemento stabile che rimane, una volta eliminata la radice, e che perme e di declinare il sostan vo per le diverse funzioni sinta che. DIVERSI TIPI DI MODIFICAZIONE DELLE PAROLE I processi morfologici più comuni sono: - LA DERIVAZIONE - LA COMPOSIZIONE - LA FLESSIONE LA DERIVAZIONE Raggruppa tre diversi processi e consta dell’aggiunta di una forma legata (affisso) ad una forma libera: LA COMPOSIZIONE La composizione forma invece parole nuove a par re dall’unione di due parole esisten : Capo + stazione = capostazione Dolce + amaro= dolceamaro LA FLESSIONE La maggior parte sono lingue flessive, ossia che comunicano i loro significa gramma cali a raverso il meccanismo secondo il quale si opera una sos tuzione di un morfema di una parola con un altro, a seconda dell’informazione di cara ere gramma cale che si vuole dare. In generale, la flessione aggiunge alla parola di base informazioni rela ve a genere, numero, caso, tempo, modo, diatesi e persona. Due pi di flessione: - FLESSIONE SINTETICA tu e le informazioni gramma cali presen nel nome, ma anche nel verbo, ci vengono fornite da un’unica parola ESEMPIO: la parola italiana ha una base, alla cui destra è presente il morfema , che suggerisce l’informazione di maschile e singolare. Se si fle e la parola e si sos tuisce il morfema < 𝑜 > con il morfema < 𝑖 > , si o engono informazioni gramma cali diverse. Si può operare anche con il verbo, ad esempio , prima persona singolare, modo indica vo e tempo presente. Se si fle e in si o engono informazioni diverse, ossia che si tra a di una prima persona singolare, di modo indica vo ma di tempo imperfe o “scrivo”, “libro” Due pi di flessione sinte ca: Flessione esterna La modifica avviene all’esterno della radice “lup-o/i” Flessione interna Consiste in una modifica interna alla radice della parola, spesso tramite un cambiamento di vocale, per esprimere diverse categorie gramma cali come tempo, numero o modo. È par colarmente comune in alcune lingue indoeuropee, come l’inglese e il tedesco METAFONÌA: è un fenomeno fone co morfologico che avviene quando una vocale tonica (cioè, accentata) si modifica a causa dell'influenza di una vocale atona (non accentata), solitamente una “i” o una “u”, presente nella sillaba finale della parola. Tu o questo in un processo di assimilazione. Il fenomeno della metafonesi è molto simile a quello dell'armonia vocalica, ma se ne dis ngue perché in metafonesi sono le vocali postoniche a influenzare le vocali toniche, nell'armonia vocalica invece sono le vocali toniche a influenzare le vocali postoniche - ESEMPI: Un esempio è nella lingua inglese, e si verifica nella coppia e. Dal punto di vista descri vo la flessione avviene nella coppia < 𝑜𝑜 > ed < 𝑒𝑒 >. Nel 1600 ancora non si diceva , non si era ancora verificato il passaggio. Questa coppia è il risultato di un processo di assimilazione. Nell'inglese an co, l’anglosassone, dal X secolo d.c. questa coppia non esisteva. La flessione era esterna: il singolare , il plurale invece era. Ora, le lingue germaniche sono state a lungo sogge e ad una condizione accentuale, quindi di posizione dell’accento della parola, de a rizotonia, ossia un meccanismo di collocazione dell’accento obbligatorio sulla sillaba radicale. L'accento germanico era par colarmente intenso e si collocava sulla sillaba iniziale, lasciando meno potenza sulla parte finale. Questo po di accento porta ad un indebolimento fone co di tu o ciò che si trova a destra della vocale accentata. Si è giun quindi ad un problema grave, ossia se si me e tu a l’energia su faccio sì che la vocale dopo tenda a cadere, la rizotonia annienta tu o il vocalismo breve a fine parola, e non ci sarebbe più differenza tra il singolare e il plurale. Ecco, quindi, il mo vo per cui è stata raddoppiata la vocale interna, che originariamente era comunque lunga. La < 𝑖 > , prima di cadere, provoca l’assimilazione (per cui ci sono due suoni diversi fone camente ma uno dei due tende a diventare simile all’altro) della vocale radicale alla vocale della desinenza, ossia da vocale tonica ad atona. Come può assimilare la ? Si deve considerare il trapezio vocalico: la è una vocale anteriore, alta non arrotondata, e per avvicinarglisi ar colatoriamente la < 𝑜 > , può fare due movimen : 1. Può muoversi orizzontalmente, mantenendo parte delle sue cara eris che, quindi medioalta, ma non più posteriore e non più arrotondata, ma anteriore e non arrotondata. Ecco che quindi diventa una : 𝑓ō𝑡 − ĭ 𝑓ē𝑡 − ĭ , e solo allora la può cadere; 2. Può anche assimilarsi assumendo i tra ar colatori propri di un altro suono: la è una vocale alta, anteriore non arrotondata, la è una vocale medio-alta, posteriore arrotondata. Quando la passa ad assume altri tra , ossia diventa medio-alta, anteriore non arrotondata. Rinuncia ad alcuni tra propri. Può però anche diventare una. La compie pertanto un movimento ver cale. La metafonia esiste in tu i diale italiani tranne che nella lingua italiana e nel diale o toscano. Questo perché l’italiano è stato costruito sul diale o toscano, l’unico che non presenta casi di metafonia, ma gli altri sia meridionali che se entrionali sì. I diale non sono altro che il la no diventato poi i vari diale , tra cui anche il toscano, che poi è stato scelto per creare l’italiano. La coppia < 𝑛𝑒𝑟𝑜 > < 𝑛𝑒𝑟𝑎 > in la no era < 𝑛𝑖𝑔𝑟𝑢𝑚 > e < 𝑛𝑖𝑔𝑟𝑎 >. In italiano cambia che la sequenza < 𝑔𝑟 > passa a < 𝑟 > , ma non nella lingua spagnola, ad esempio, che la man ene. Nel passaggio dal la no al diale o napoletano la sequenza < 𝑔𝑟 > si semplifica e la < 𝑖 > breve del la no diventa < 𝑒 >. Le vocali finali nei diale di po campano si accentrano e passano a schwa; quindi, la parola diventa al femminile < 𝑛𝑒𝑟ə >. Al maschile, quindi, diventa < 𝑛𝑖𝑟ə >. LA METAFONIA AGISCE SIA PER OPPORRE IL MASCHILE E IL FEMMINILE, SIA PER OPPORRE IL SINGOLARE AL PLURALE. ARMONIA VOCALICA: assimilazione vocale atona alla vocale tonica Turco: “uomo”, “casa” “àdam”, “ev” plurale: “l___r Quale vocale bisogna me erci? La vocale atona deve avere lo stesso mbro di quella tonica Per cui “àdam” “àdam-lar”; “ev” “ev-ler” APOFONÌA: è l'alternanza di suoni vocalici e/o consonan ci, all'interno del tema di una parola, che dà informazioni di po gramma cale (spesso riguardo alla flessione della parola), marcando le differenze tra casi, categorie, o tempi verbali - ESEMPIO: Prendiamo il verbo bere in inglese, < 𝑡𝑜 𝑑𝑟𝑖𝑛𝑘 > il cui preterito diventa < 𝑑𝑟𝑢𝑛𝑘 > e il passato diventa < 𝑑𝑟𝑎𝑛𝑘 >. I tre modi si differenziano tra di loro per via dell’alternanza della vocale radicale. Questo meccanismo risale alla preistoria delle lingue europee. 1. Verbi deboli: “loved”, devo sempre specificare la persona a cui mi riferisco 2. Verbi for : “drank”, “drunk”, “drink”, alternanza nella radice della vocale che cambia il tempo verbale L’APOFONIA SERVE A MODIFICARE TEMPI VERBALI DIVERSI TRA LORO - FLESSIONE ANALITICA Per veicolare le informazioni è necessario scinderle in par diverse ESEMPIO: “ho scri o” (ho: ausiliare; scri o: par cipio passato), ci comunica sogge o e tempo verbale VERBO Un' altra categoria flessiva molto importante è rappresentata dal verbo. Del verbo conosciamo: - PERSONA, Le persone gramma cali sono tre: “colui che parla” = prima persona “colui a cui ci si rivolge” = seconda persona “colui di cui si parla” = terza persona La tripar zione delle persone si riproduce nei diversi numeri: ad esempio, in italiano e in altre lingue, abbiamo tre persone del singolare e tre persone del plurale. La persona si rappresenta morfologicamente nel verbo con morfemi diversi a seconda della persona: parlo, parli, parla, parliamo ecc. Esiste una parte fissa 𝑝𝑎𝑟𝑙- e poi le desinenze che fanno riferimento alle altre persone. Per quanto riguarda la prima persona del plurale, essa può indicare sia i parlan che gli ascoltatori, oppure i parlan ma non gli ascoltatori: 1. nel primo caso si parla di “noi inclusivo”, 2. nel secondo di “noi esclusivo” mentre in lingue come l’italiano non c’è differenza morfologica tra ques due pi di “noi”, diverse altre lingue usano due forme dis nte, una per ognuno dei due significa. - TEMPO, I tempi imprescindibili che troviamo obbligatoriamente nelle lingue naturali sono il presente e il passato. Ciò che li accomuna e che li dis ngue al tempo stesso dal futuro è la loro descrivibilità, ovvero il fa o che entrambi sono conoscibili dato che fanno riferimento a processi che stanno avvenendo o sono avvenu. Ci sono molte lingue naturali, invece, che non presentano il futuro o che invece lo hanno ma può essere comunque espresso dal presente. La sos tuibilità del futuro con il presente tes monia il fa o che il futuro non è una categoria primaria delle lingue naturali e inoltre non ha una morfologia sinte ca dato che nasce come futuro anali co, quindi fa o da due morfemi al contrario del presente e del passato. Il futuro, infa , è sempre di po anali co, cioè, ha bisogno di un ausiliario in un processo chiamato GRAMMATICALIZZAZIONE Nelle lingue romanze, nel momento in cui hanno deciso di eliminare quello del la no poiché simile all’imperfe o (𝑎𝑚ā𝑏ō, ad esempio), il futuro si forma così → infinito+ausiliare (parlare+ho). “Ho da parlare” è un futuro di necessità che è uguale all’inglese “I have to” morfema legato Le lingue romanze hanno costruito un futuro anali co partendo da uno dei tre conce fondamentali che stanno alla base dell’idea di futuro: futuro come necessità: qualcosa che deve accadere per forza, come in inglese shall, prevede però un processo di gramma calizzazione che consiste nella trasformazione di un morfema lessicale in uno gramma cale, perché l’ausiliare diventa la desinenza futuro di intenzione: come in inglese will futuro come divenire il passato ha più tempi e per poter comprendere il loro senso è necessario correlare la descrizione dei tempi con un’altra categoria morfologica> l’aspe o del verbo. - ASPETTO, L’aspe o verbale riguarda l’intenzione da parte di chi parla, di focalizzare l’a enzione del des natario su un aspe o del verbo. Quando esiste un processo verbale, si ha: un inizio “comincio a fare” uno svolgimento o durata “sto facendo” un punto di arrivo “finisco di fare” L'aspe o verbale serve a focalizzare l’a enzione nel lato comunica vo o sull’inizio del processo verbale, o sullo svolgimento o sul termine. Ques verbi hanno un duplice valore dal punto di vita morfologico: ci dicono il tempo e quindi che è un’azione passata e l’aspe o verbale che può essere di vario po: ▪ ASPETTO IMPERFETTIVO O DURATIVO> indica che l’azione era in svolgimento nel passato, escludendo inizio e fine ▪ ASPETTO PERFETTIVO> un’azione del passato si è conclusa ▪ ASPETTO INDETERMINATO/ AORISTICO/ PUNTUATIVO> indica un passato generico senza dire altro impera vo ▪ ASPETTO INGRESSIVO/INCOATIVO> si concentra sull’inizio di un’azione nel passato, es: “cominciai a parlare” In italiano l’aspe o verbale deve essere specificato aggiungendo al verbo qualcosa che lo comple. Altre lingue, invece, riescono a comunicare l’aspe o verbale a raverso la derivazione, ossia a raverso l’uso di prefissi o suffissi. Ad esempio, in tedesco morire si dice sterben, ma si può anche dire aussterben. Questa coppia risponde a due tempi diversi, il primo è imperfe vo, il secondo è perfe vo. Lo stesso succede in la no con Catullo “ miser Catulle quid moraris emori”, ossia “misero Catullo, cosa aspe a morire”. “Emorior”, con la - e, dà al verbo morior, il valore perfe vo. Le lingue naturali conoscono anche più passa , i quali si differenziano tra di loro per l’aspe o verbale. Nell'italiano sappiamo esistere svaria tempi passa. Prendiamo come esempio il verbo ho le o (passato prossimo), leggevo, (l’imperfe o) e lessi, (passato remoto). Il verbo leggevo, è imperfe vo perché ci si sofferma sulla durata del tempo verbale. Il verbo lessi, oltre che ad avere un valore temporale diverso da leggevo, ha anche uno stacco aspe uale, e fa riferimento ad un aspe o auris co. Il verbo ho le o è più recente rispe o a lessi, anche se non in tu e le lingue, come il siciliano. In italiano ho le o è perfe vo. Fuori da questo contesto si collocano i trapassa , il prossimo e il remoto che hanno solo un valore rela vo, ossia indicano un prima rispe o ad un altro passato, cioè, sono dei passa rispe o ad un altro passato. - DIATESI, La diatesi rappresenta la posizione del sogge o rispe o al processo verbale, sono 3: ATTIVA il processo verbale è compiuto dal sogge o, S → V Esempio: PASSIVA il sogge o subisce l’azione, S V Esempio: MEDIA il sogge o produce il processo verbale ma ritorna su di esso, può essere: 1. parziale Può volver esprimere un conce o riflessivo, come “io mi lavo”, dove c’è corrispondenza tra il sogge o e l’ogge o che sono le stesse cose. S V 2. totale Oppure può voler esprimere un conce o chiamato falso riflessivo, come “io mi lavo le mani”, dove il sogge o è “io” e l’ogge o è “mani”, quindi non corrisponde. L’azione torna solo in parte sul sogge o perché va avan su un complemento ogge o, il quale è il punto d’arrivo. S V OGG - MODO, Definire cosa sia il modo non è facile. I modi possono essere: FINITI, si cara erizzano per essere dota di persona. Sono modi fini : l’indica vo presenta il processo verbale come un dato reale (ogge vità) il congiun vo il processo verbale è concepito come eventualità (ipotesi che non si basa su alcun fondamento che possa dare modo di valutazioni) l’o a vo il processo verbale è concepito come possibilità (predicibilità di un evento a par re da da no ed elemen valutabili) l’impera vo esprime un comando; è un MODO DIFETTIVO perché non ha tu e le persone ma solo due Manca il condizionale, che però è un modo ibrido, che con ene in sé preroga ve modali del congiun vo e dell’o a vo. INDEFINITI, i quali sono mancan di TUTTE le persone. Quando si fle ono, se si fle ono, hanno morfemi gramma cali propri della flessione dei nomi o degli agge vi e sono: l’infinito è un nome verbale ESEMPIO: “leggere è importante”, il verbo leggere nella frase assume funzione di sogge o il par cipio è un agge vo verbale ESEMPIO: “libro le o”, si accorda al nome a cui è riferito indicando genere e numero Tali funzionamen sono propri delle lingue flessive. Sono, tra le lingue parlate dall’umanità, un po linguis co minoritario perché altre lingue, dal punto di vista morfologico, funzionano in modo diverso. Esistono, infa , lingue che non ricorrono alla flessione. Tre pi di lingue: - Flessive hanno morfologia, un solo morfema può darci molte informazioni contemporaneamente - Agglu nan viene dal verbo agglu nare che significa me ere insieme/ aggiungere e sono prive di flessione, ovvero non possono sos tuire i morfemi ma solo aggiungere. U lizzano tan morfemi gramma cali quante sono le informazioni da comunicare. (estone, basco, turco, ungherese, finlandese) ETRUSCO: per dire figlio, si diceva clan. Se si vuole dire figli, si deve dire clen-ar. Se si vuole fare il geni vo plurale (“ai figli”) si dice clen-ar-(a)-si. TURCO: nel plurale della parola < 𝑐𝑎𝑠𝑎 > , ossia < 𝑐𝑎𝑠𝑒 > in turco si ha < 𝑒𝑣 + 𝑙𝑒𝑟 >. La par cella < 𝑙𝑒𝑟 > Ë un morfema che significa plurale. Nella parola < 𝑢𝑜min𝑖 >, si ha < 𝑎𝑑𝑎𝑚 + 𝑙𝑎𝑟 > , il plurale riprende quindi la vocale [𝑎] presente nella parola singolare. - Isolan sono lingue prive di morfologia, e quindi hanno solo parole, le quali non hanno proprietà morfologiche come il genere, il numero nel caso del nome o nel caso del verbo non hanno il passato, il futuro, i modi e i tempi. (cinese mandarino e inglese). Come funzionano le lingue isolan ? Esistono solo morfemi lessicali (parole) Un’unica parola ha più significa lessicali, può essere sia nome sia verbo (drink/to drink) Parole piene: hanno significato lessicale parole vuote: non hanno significato lessicale (“Do you love me?” quel “do” non ha significato di per sé, in questo caso non significa “fare” ma ha una funzione gramma cale-sinta ca nelle frasi nega ve e interroga ve.) Queste parole vuote sono de e CLASSIFICATORI, che contribuiscono a classificare una frase in base alla sua funzione, se è nega va o interroga va. LINGUE PIDGIN E LINGUE CREOLE Dopo la scoperta dell’America i colonizzatori hanno iniziato a stabilire colonie, ma lo stesso è successo anche in Africa. Quando gli inglesi compravano gli schiavi esisteva il problema della lingua, e non essendoci possibilità di comunicazione sono nate le cosidde e lingue pidgin Una lingua che ha come base lessicale la lingua del colonizzatore, ma per essere compresa da parte dello schiavo la si priva di qualunque marca gramma cale: la si lascia solo con le parole, che nella maggior parte dei casi sono parole vuote Documen di alcune lingue, de e pidgin, vengono da un missionario francese in America nello stato che ora si chiama Louisiana. Afferma di aver sen to uno schiavo dire “demain navire de France” che le eralmente significa “nave da Francia”. Un francese dovrebbe dire “demain” ha significato vuoto, vuole solo far capire che la frase che si sta dicendo è nel futuro. È, quindi, un classificatore futuro. Non viene usato il verbo “essere” per descrivere l’azione, proprio perché nelle lingue creole non esiste, non serve perché anche senza di lui si capisce la frase. Una lingua pidgin è, perciò, una lingua occasionale che nasce tra due gruppi che devono comunicare e che non hanno una lingua comune. Tali lingue, che hanno finalità per lo più strumentale, derivano da una mescolanza di elemen indigeni e della lingua “sovraimposta” (in genere inglese, francese, olandese, spagnolo, portoghese), modifica da for fenomeni di semplificazione che cara erizzano le fasi iniziali di ogni acquisizione di lingue. - Il lessico è rido o - Dalla sintassi vengono eliminate le frasi subordinate - Si privilegia, quindi, la paratassi con un ordine delle parole che tende ad essere fisso - Mancano la copula e i pronomi non personali - La morfologia subisce riduzioni: vengono eliminate le flessioni e la variazione allomorfica, il numero e il genere - Dal punto di vista fonologico, infine, si privilegiano parole monosillabiche con stru ura CV o sillabiche con stru ura CVCV Mol dei pidgin si es nguono con la fine dei rappor di lavoro che li hanno fa emergere. Se però i rappor di lavoro o commerciali si estendono nel tempo e vi è una nuova generazione che ha come lingua madre quel pidgin, allora si assiste alla formazione di una lingua creola. MORFOLOGIA GRAMMATICALE La morfologia gramma cale è una so o-disciplina della morfologia, che si concentra sui morfemi gramma cali e sulle categorie gramma cali che influenzano la forma delle parole nel contesto sinta co. Due pi di parole: 1. SEMPLICI Sono parole che senza l’ausilio di nessun po di morfema ci dicono già tu o, non sono suddivisibili in altri morfemi (“quando”, “perché”, “ieri”, “sempre”, “ogni”) 2. COMPLESSE Sono parole composte da più morfemi e si suddividono in: - DERIVATE Sono create a raverso il processo della derivazione (RADICE + AFFISSI). Dal punto di vista morfologico la derivazione è lo strumento di formazione delle parole a raverso l’u lizzo di quelli che si chiamano affissi, i quali sono dei morfemi lega. A seconda della posizione dei morfemi, gli affissi possono essere: 1. PREFISSI (sx della radice) RI-fare (le parole create rimangono nella classe lessicale della base) 2. SUFFISSI (dx della radice) am-ARE; am(a)-TORE/BILE (cambiano sempre classe lessicale della base) 3. INFISSI (dentro la radice) Nella lingua italiana gli infissi non esistono. È sbagliato dire che abbia un infisso perché < PARLOTTARE > “o ” sta a destra della base, quindi sarebbe meglio definirlo un suffisso Un esempio di infisso in altre lingue è il verbo la no = io lascio. Per dire io lasciai = La base usata al passato non ha la usata al presente ESERCIZIO ANALISI MORFOLOGICA DI PAROLA DERIVATA base 1. M fema a aticale o RI: sx della base prefisso o COSTRU: base, verbo privato dell’infinito o ZION: dx della base suffisso, trasforma il verbo in nome o E: morfema gramma cale, nome singolare 2. o FORMULA: non è un nome ma un verbo (“formulare”. Per dire ciò basta guardare il suffisso “zion” che è sempre lo stesso e si unisce sempre al prefisso –“ri” per formare un verbo.) 3. FALSA DERIVAZIONE: se tolgo “in”, rimane sono “giallire” che di per sé non significa nulla. Questo fenomeno è chiamato PARASINTESI: quando abbiamo una parola con base che non esiste ma esiste solo il suo prefisso - COMPOSTE Sono parole cos tuite dall’unione di due parole già esisten nella lingua, dotate ciascuna di esse di significato, che unendosi formano un’altra parola con un terzo significato differente da quello delle altre due parole. Si tra a di tre pi di compos differen. Come si classificano? Bisogna guardare la “testa dei compos ”, la quale ci dà informazioni di cara ere gramma cale ed è sogge a a flessione. 1. fle e solo la testa perché il capo non è una classe 2. fle ono entrambe perché la cassapanca può essere sia cassa sia panca 3. non fle e nessuno dei due perch