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MagnificentNephrite8272

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Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano (UCSC MI)

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linguistics communication meaning philosophy

Summary

These notes discuss communication, events, meaning, and relevance theory in linguistics. They delve into concepts like "habit change" and the role of context in interpreting messages.

Full Transcript

avere un discorso, così come viene richiesto, in base allo scopo e al contesto. Questi requisiti sono speci cati nelle massime e sono: 1. Quantity, il contributo comunicativo deve essere informativo così come quanto viene richiesto, non in più. 2. Quality,...

avere un discorso, così come viene richiesto, in base allo scopo e al contesto. Questi requisiti sono speci cati nelle massime e sono: 1. Quantity, il contributo comunicativo deve essere informativo così come quanto viene richiesto, non in più. 2. Quality, non si deve dire ciò che si ritiene falso, o ciò di cui non abbiamo abbastanza evidenze certe. 3. Relation, essere pertinenti, deve esserci un nesso. 4. Manner, bisogna evitare oscurità delle espressioni, evitare ambiguità, deve essere breve e deve essere in ordine. ➜ Dan Sperber e Deirdre Wilson, con la Relevance Theory, si so ermano sulla massima della pertinenza, ampliandola. Segnalano un aspetto che teniamo in conto quando traduciamo, ossia il contesto, fondamentale per interpretare un messaggio. Del contesto fanno parte anche il mittente e il destinatario. I messaggi producono e etti contestuali, ossia vanno a modi care il contesto. Avviene un cambiamento. Anche loro segnalano il ruolo fondamentale delle inferenze, che ci permettono di ricostruire tutti quei signi cati nascosti, impliciti. Sono fondamentali perché permettono al destinatario di ricostruire il senso inteso dal mittente. La pertinenza dipende dal rapporto tra gli e etti contestuali e gli sforzi cognitivi necessari per interpretarlo. Meno è lo sforzo, più è pertinente. EVENTO COMUNICATIVO Un atto comunicativo è un evento. Per individuare il semanticismo del termine evento, dobbiamo tenere conto del latino eventum (e-venio, arrivare) e del tedesco ereignis (Eigen, impadronirsi). È qualsiasi cosa che (ci) accade, qualcosa che ci cambia, ci muove, produce un cambiamento nel destinatario, avvenuta comunicazione. È uno stato di cose dinamico che cambia la realtà, frutto dell'incontro di due iniziative: l'atto del dire realizza un evento comunicativo solo quando corrisponde ad un atto di ascolto. Tra tutti gli eventi c'è la classe particolare degli eventi, quelli comunicativi, quelli prodotti dai soggetti umani per comunicare. L’evento comunicativo veicola un senso, de nito da Peirce, come habit change: il senso produce un cambiamento. Habit deriva dal latino habitus (comportarsi in un certo modo) e dal greco héxis (atteggiamento che abbiamo nei confronti della realtà). Habit change signi ca quindi andare a modi care il nostro atteggiamento stabile. Il messaggio ci sollecita a lasciarci coinvolgere e ci porta a cambiare. Senso è una parola polisemantica. Può signi care percezione (i 5 sensi), direzione, avere buon senso, accezione, insensatezza. Bisogna partire più che altro dalla de nizione di non- senso. L’insensatezza è la mancanza di ragioni adeguate, è irragionevolezza. Quindi il senso ha a che fare con la ragionevolezza. Costruendo a volte degli enunciati insensati, abbiamo dei non sensi arti ciali che vengono costruiti a scopo metalinguistico (quello che serve per spiegare una lingua). Ci sono anche vari testi che rientrano nel lone del Teatro dell’assurdo, del teatro del non- senso, come Waiting for Godot di Beckett. Per quanto riguarda i testi sui soggetti psicotici, ci comunicano apparente non-senso, ma in realtà hanno un senso. Quindi possiamo dire che non esiste veramente un non-senso perché ciascun parlante sa che il suo interlocutore andrà a cercare il senso di quello che sta dicendo, tutto deve avere senso. Il non-senso è solo un esito metalinguistico. Comunicare come agire Noi continuiamo a intrecciare azioni grazie alla comunicazione verbale. La comunicazione presuppone la partecipazione di almeno due soggetti. Si ricorre ad essa quando il singolo soggetto non è in grado di realizzare il proprio obiettivo e cerca di coinvolgere altri soggetti (joint action): a questo punto ci sono 2 scenari possibili: fi fi fi fi fi fi fi ff ff ff fi fi fi - Interazione: gli obiettivi dei due agenti sono complementari, ognuno agisce perseguendo il proprio obiettivo ma ricorre all'altro per realizzarlo - Cooperazione: i due soggetti condividono lo scopo L’ontologia di un’azione è la messa in evidenza degli elementi costituitivi di un’azione. L’azione è caratterizzata da un’agente che conosce il mondo ed ha un desiderio, quindi identi ca uno stato di cose che può soddisfare questo desiderio, il quale diventa uno scopo. Allora attiva una catena di realizzazione che permette di realizzare quello scopo. In conclusione, le nostre azioni partono sempre da un desiderio. Ad esempio: Ciascuno dei due raggiunge il proprio scopo integrando la catena con quella dell’interagente. Parliamo invece di cooperazione quando abbiamo due soggetti che cooperano, che condividono anche lo stesso desiderio e a partire da quello immaginano uno stato di cose che lo soddis e attivano una catena di realizzazione. fi fi Però in questi processi potrebbe esserci della competizione. Il termine deriva dal latino cum petere, che vuol dire puntare allo stesso oggetto. Ciascuno dei due in questo caso dovrà dimostrare che una richiesta è più vantaggiosa/ conveniente dell’altra. La comunicazione verbale quindi diventa argomentativa. LA SEMIOSI Nel linguaggio verbale non operano solo le parole, la semiosi non esaurisce la comunicazione verbale, intervengono altri processi nella costruzione del messaggio verbale, come deissi, inferenza, ostensione, oltre che alle soggettività implicate. Per capire la semiosi bisogna individuare la di erenza tra eventi semiotici vs non semiotici. 1. Eventi non semiotici: ad esempio una penna o un microfono. Il senso di questi oggetti coincide con la funzione che ci permettono di svolgere → hanno un’implicazione immediata per noi. 2. Eventi semiotici: [es. sempre penna e microfono] essi adesso sono eventi semiotici perché li abbiamo catturati nel nostro discorso, hanno una loro sicità attraverso le onde sonore con cui ci raggiungono Il senso di questi due eventi semiotici non è più una funzione immediata, ma è un concetto a cui ci rimandano, perché di fronte al segno “penna” abbiamo una successione di suoni che veicolano un concetto di penna, così facendo creo delle correlazioni semiotiche, cioè associo un concetto ad una successione di suoni, intenzioni comunicative ad eventi sici. Si crea una correlazione semiotica. Il signi cato è il concetto a cui rimanda. La semiosi è quell’operazione con cui noi associamo qualcosa a qualcos’altro, è il processo attraverso cui costruiamo i segni. Cos'è il segno? È una realtà complessa che unisce due diverse componenti: qualcosa di percepibile con i sensi che rimanda a qualcosa di non- sico, il senso. Qual è la strategia di manifestazione di tale immagine? L'atto comunicativo è sempre concreto e il suo senso è sempre complessivo e unitario, solo tramite processi di astrazione possiamo risalire a regole e schemi. Emerge la signi cazione, ovvero il senso speci co che un'unità linguistica assume nel testo. Signi cato rimanda alle regole e agli schemi attraverso i quali spieghiamo la signi cazione testuale. La Signi cazione dipende dal confronto tra messaggio e realtà. La correlazione semiotica è caratterizzata da: fi fi fi ff fi fi fi fi fi fi - arbitrarietà, il rapporto tra la successione di suoni e il concetto è arbitrario, garantisce la stabilità della lingua. Il fonosimbolismo cerca di trovare un nesso tra la parola e il suono. Portano come esempio le onomatopee, queste parole dovrebbero riprodurre in modo puro il suono, ma questo non accade, anche le onomatopee cambiano a seconda della lingua. - Convenzionalità, questi nessi sono stabiliti convenzionalmente, condivisi all’interno di una comunità quando si insegna a dare i nomi alle cose. Durante questo processo scatta il rapporto con la realtà. - Cornice, linea che delimita lo spazio della realtà all’interno del quale opera la semiosi, più o meno immaginaria in base al contesto in cui ci si trova. Nel caso delle arti gurative la cornice è visibile, ma per i segni verbali, la linea è immaginaria (es: cornice del quadro con semiosi iconica, linea palcoscenico, cornice testuale “c’era una volta”). Laddove ci sia la cornice, interviene la semiosi che ci chiede di interpretare quell’evento semiotico, cioè ricostruire la sua intenzione comunicativa. Una volta interpretato il segno, possiamo individuare nella realtà l’oggetto a cui quel segno rimanda: i segni rimandano alla realtà, ma non coincidono con essa. L’INFERENZA Non bastano solo i segni per costruire un messaggio, facciamo anche uso dell’inferenza. Inferenza ➔ inferire ➔ infero, portare dentro. L’inferenza è quel processo per cui noi continuiamo a completare i messaggi, portando dentro tutti quei sensi non detti, impliciti, che vanno inferiti. Il parlante intenzionalmente non dice tutto il signi cato che vuole esplicitare. Es. “Mio glio non guida. Ha 5 anni” ➔ tra i due enunciati possiamo collocare un connettore (perché), un nesso logico, abbiamo attuato un’inferenza. “Mio glio non guida. È sposato” ➔ due elementi sono collegati da un connettivo, un nesso causale, ma qui non c’è un nesso, avviene una lesione. L’inferenza è un procedimento per cui da un’informazione ne derivo un’altra, anche se non è detta. È molto di più quello che si lascia inferire rispetto a quello che si esplicita. La comprensione è un procedimento di interpretazione, dobbiamo risalire alle inferenze per riuscire a comprendere. Esperimento della doppia traduzione: L1-L2-L1. Se la comprensione fosse una decodi ca, nel processo di ri-traduzione dovremmo avere il testo originario, ma notiamo che questo non accade. Il traduttore interpreta il testo a seconda delle inferenze. Cosa possiamo inferire? - Che bello! Ho fatto un incidente Il primo elemento è un’esclamazione di sorpresa positiva, e quindi dopo il testo ci dovrebbe lasciare inferire qualcosa che va a giusti care il primo. Però in questo caso emerge il principio dell’ironia. Ma potrebbe anche essere una persona masochista o che magari ci sia di mezzo una bella assicurazione. - Enrico aveva invitato Andrea al suo matrimonio. (Inferenza comunicativa-il parlante invita ad inferire) - Enrico aveva invitato Andrea al suo matrimonio. Perciò lo conosceva. (Inferenza comunicata) Ne possiamo dedurre che i due siano amici ma anche che Andrea non sia andato. - Appena chiusa la porta, Paolo si accorse con orrore di aver dimenticato le chiavi. Possiamo inferire che intanto è una porta a scatto e che non è possibile recuperare le chiavi con facilità. L’uomo attua inferenze anche non in presenza della comunicazione verbale. Es. angelo che suona l’arpa nella Sagrada Familia. fi fi fi fi fi fi DEISSI Parole che non hanno un concetto de nito e autonomo ma hanno bisogno di agganciarsi al contesto per riempirsi di un signi cato. Io, questo, adesso sono deittici, assumono valore in rapporto al contesto, il loro signi cato e ettivo non è dato dal sistema, corrisponde ad un elemento reale nel contesto della comunicazione, il sistema dà solo la classe degli elementi contestali cui il deittico rimanda. La deissi è l’incontro del linguaggio con l’esperienza. È necessario conoscere la lingua per capire i deittici, ma non basta da sola. Esistono diversi tipi di deittici: personali, i pronomi personali e gli aggettivi possessivi di prima e seconda persona. Spaziali, questo, quello, qui, là Temporali, adesso, ora, prima Di maniera, così accompagnato da un gesto Testuali, egli, essi, funzione di coesione del discorso, riprendono elementi detti precedentemente senza ripeterli (ho visto chiara e le ho detto…) Deissi indiretta Ci sono parole che non hanno una semiosi deittica, ma solo una componente deittica: i tempi verbali: con essi menzioniamo un evento della realtà e lo collochiamo in un determinato spazio temporale che cambia rispetto al momento del discorso. [es. oggi piove] evento che viene collocato dal tempo del verbo presente indicativo nel presente. I nomi propri: devono appartenere al common ground dei due interlocutori. Chiedono di andare a prendere colui a cui ci si riferisce per precisare il signi cato. I nomi propri devono essere caratterizzati dalla componente semantica, perché si precisano di signi cato per l’aggancio alla situazione comunicativa. Sintagmi nominali: de niti con funzione individuante: “Il presidente degli Stati Uniti ha una moglie che si chiama Jill” (speci ca un presidente), invece “Il presidente degli usa ha scarsi poteri” → ha uso categoriale (è una de nizione a sé) senza componente deittica. parole come “forse, probabilmente” hanno componente deittica: riferimento alla soggettività ovvero possiamo anche dire “per quanto ne so io, per quanto mi risulta, da quanto io so, da quanto io ho capito”, riferimento alla soggettività del parlante. OSTENSIONE In ciascun contesto si comunicano cose che in altri contesti, pur restando vere, non si comunicherebbero. Molte cose sono vere ma non si dicono: si dice solo quello che è pertinente. Il contesto interviene non solo tramite la deissi ma anche con la sua presenza silenziosa. In primo luogo sono rilevanti gli interlocutori. Se incontro un amico che va in giro in maglietta mentre nevica gli chiedo “ma sei ammattito?”, sto facendo riferimento alla situazione, ma della situazione non è detto nulla: tale domanda è insensata se fuori c’è il sole. Mostra che la realtà entra a costruire il senso dell’evento. L’ostensione è un elemento costitutivo della comunicazione e ne fa parte per il senso, ma la realtà non trova un’esplicita espressione verbale. Deissi e Ostensione → nella deissi c’è una componenete linguistica, assente nell’ostensione, ove conta la semplice presenza. La deissi ha un elemento linguistico che indica qualcosa nella realtà circostante. fi fi fi fi fi fi ff fi fi

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