Introduzione alla Psicologia del Lavoro PDF

Summary

Questo documento fornisce un'introduzione alla psicologia del lavoro, esplorando la sua storia, i suoi metodi e le sue applicazioni. Viene analizzata l'interazione tra persona e ambiente di lavoro, così come le teorie e i principi che la guidano. Il testo evidenzia la connessione tra psicologia di base e applicata in questo campo.

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Introduzione alla psicologia del lavoro Capitolo 1→ Lo studio psicologico del lavoro La psicologia del lavoro può essere considerata una disciplina scientifica che si interessa dell’interazione tra persona e lavoro. Fa parte delle discipline psicologiche che si interessano della comprensione e spie...

Introduzione alla psicologia del lavoro Capitolo 1→ Lo studio psicologico del lavoro La psicologia del lavoro può essere considerata una disciplina scientifica che si interessa dell’interazione tra persona e lavoro. Fa parte delle discipline psicologiche che si interessano della comprensione e spiegazione della ente e dell’agire umano. Le conoscenze prodotte si basano sul metodo scientifico→ disciplina con una logica evidence based: è attraverso una sistematica conoscenza dei dati della realtà che si possono costruire modelli interpretativi ed effettuare interventi affidabili. La psicologia del lavoro opera in stretto contatto con ambienti e con persone che concretamente incontrano problemi o cercano opportunità di sviluppo. In psicologia del lavoro è frequente un approccio costruttivista che si pone l’obiettivo di generare teorie attraverso l’analisi clinica di casi singoli, il resoconto etnografico, lo studio di documenti, il metodo narrativo→ strategie di ricerca che tendono a salvaguardare l’unitarietà, la complessità e l’unicità dell’oggetto di studio. Nella disciplina si trovano anche elementi di serendipità→ serendipità: modalità conoscitiva che presuppone intuizione, flessibilità e apertura all’esperienza. La psicologia del lavoro è una disciplina con forte valenza applicativa inizialmente utilizzava le conoscenze della psicologia sperimentale per dare risposte alle istanze razionalistiche dell’industria e dei grandi apparati istituzionali e per favorire la formazione-integrazione del ceto medio nascita del “Journal of Applied Psychology” nel 1917→ indicazione di un programma preciso per le psicologie applicate: prestare attenzione alle applicazioni pratiche della psicologia nelle attività professionali e in particolare modo degli affari, nelle scelte di carriera e nelle attività di vita quotidiana in Europa la disciplina si è caratterizzata per una maggiore attenzione ai temi della salute, della fatica e della sicurezza dei lavoratori sono state poi avanzate numerose critiche verso l’orientamento della disciplina alla soluzione dei problemi dell’industria, degli apparati statali e del capitale→ saggio di Friedman (1946) che pone l’accento sui problemi umani provocati dal macchinismo industriale, mettendo in evidenza un modo diverso di fare psicologia applicata, più attento alle esigenze dei lavoratori. Con il tempo la psicologia del lavoro si è costruita uno statuto scientifico più solido, ha acquisito un’identità autonoma rispetto alle altre discipline e ha affinato regole deontologiche → per questo ad oggi può considerarsi una disciplina applicativa, ma non sussidiaria di soli interessi di razionalizzazione produttiva o di normalizzazione sociale. - Gli psicologi del lavoro possono contribuire a garantire la costante spinta all’efficienza che caratterizza le organizzazioni di lavoro - possono contribuire a migliorare la qualità della vita lavorativa e il benessere degli individui nelle organizzazioni→ filone di ricerca chiamato occupational health psychology - La psicologia del lavoro può contribuire ad affrontare sfide e cambiamenti del lavoro contemporaneo; ad esempio, la gestione delle diversità nei luoghi di lavoro (diversity menagement) o la gestione della progressiva dissoluzione dell’unità del lavoro nel tempo e nello spazio. La disciplina non rappresenta un ambito di studio a sé stante, ma è costituita dall’applicazione dei principi, delle teorie e delle ricerche psicologiche ai contesti di lavoro→ dunque la sua specificità è il suo contesto di applicazione. La psicologia di base produce saperi di carattere generale che possono essere utilizzati e analizzati in contesti specifici dalle psicologie applicate, così da essere resi operativi, applicati per la soluzione di problemi individuali, organizzativi e sociali. Ricercatori Professionisti obiettivo di produrre nuove conoscenze, elaborare con un sistema di conoscenze, strumenti e regole teorie sul funzionamento umano in particolari deontologiche ben codificati contesti di lavoro, verificare le ipotesi, costruire opera per risolvere problematiche che emergono strumenti di misura affidabili dal mondo del lavoro, dalle organizzazioni operano nel mondo accademico e nei centri di produttive, dalle dinamiche socioeconomiche e ricerca specializzati del mercato del lavoro Un modello ottimale prevede un forte interscambio tra conoscenza prodotta a livello accademico dai ricercatori e conoscenza che i professionisti applicano nei loro interventi. La psicologia del lavoro studia il comportamento umane nelle sue varie manifestazioni che concernono il lavoro. Anche il comportamento umano non va inteso nel senso restrittivo del termine: aspetti preparatori all’azione, processi motivazionali, stati emotivi, tratti di personalità, identità… Esistono almeno cinque diversi livelli di analisi adottati negli studi e negli interventi di psicologia del lavoro (che tengono conto di tutti questi processi): 1. livello di analisi intrasoggettivo→ si occupa di processi intrapsichici del soggetto e mette in relazione diverse sfere dell’esperienza psicologica; si tratta di processi interni, consapevoli alla persona, che conducono al comportamento,alla presa di decisione o all’elaborazione cognitiva 2. livello soggetto-compito→ focus sull’interazione tra persona e compito lavorativo 3. livello di analisi di gruppo→ l’attenzione si pone a livello di piccolo aggregato sociale (gruppo di lavoro, team, task force) 4. livello organizzativo→ si occupa delle organizzazioni, ampio aggregato sociale e entità di analisi (principalmente prerogativa della psicologia delle organizzazioni) 5. livello di analisi sociale→ considera i macroprocessi socioeconomici e culturali che regolano una società e caratterizzano una determinata fase storica nel senso in cui influenzano la vita lavorativa delle persone. Psicologia del lavoro e delle organizzazioni: psicologia del lavoro→ si occupa del lavoratore che persegue scopi, che apprende, che prova una serie di esperienze psicologiche di fronte al proprio compito, nell’interpretazione del proprio ruolo, nel rapporto con l’ambiente e il sistema sociotecnico psicologia delle risorse umane→ affronta una serie di problematiche individuali e organizzative relative al migliore adattamento possibile tra caratteristiche dell’individuo e richieste organizzative psicologia dell’organizzazione→ studio di entità sovraindividuali aggregate e si pone come scopo principale quello di generare e guidare il cambiamento organizzativo. Storia della psicologia del lavoro 1879 Wundt→ fondatore della psicologia scientifica moderna con la nascita del primo laboratorio sperimentale di psicologia 1912 Munsterberg→nascita della psicologia industriale, portando per la prima volta la psicologia al di fuori dei laboratori; fu il precursore delle moderne tecniche di selezione del personale attraverso le sue attività di “accertamento dei requisiti psicofisici al lavoro” per l’accesso a una occupazione 1921 Cattel primi protocolli per la misurazione delle capacità e abilità individuali, ovvero i primi test mentali; passando così dalla ricerca all’intervento prima guerra mondiale→ prima applicazione della psicologia alle questioni organizzative su ampia scale costituita dall’impegno nella costruzione e somministrazione dei test psicoattitudinali per la selezione e la formazione delle truppe militari (test: Army Alpha e Army Beta test) Taylor→ padre dello scientific management: modello razionale di selezione del personale, di analisi dei tempi e dei movimenti di esecuzione dei compiti di un sistema retributivo premiale a cottimo. Il modello si basa su una logica puramente economica di risparmio energetico e di tempo: - semplificazione dei compiti - riduzione dei tempi di esecuzione - motivazione puramente estrinseca tramite il premio di produzione Il modello è elaborato attorno a 4 principi: 1. principio dell’”one best way”→ scomporre il ciclo di lavoro di una mansione in elementi analitici e ricombinare gli elementi sperimentalmente 2. principio dell’uomo giusto al posto giusto → selezionare il lavoratore con le caratteristiche psicofisiche più idonee per svolgere il compito 3. principio del training analitico→ addestrare il lavoratore a svolgere il compito in modo preciso 4. principio delle paghe differenziate→ retribuire le persone in modo da premiarle in funzione della complessità dei compiti e della qualità/ quantità della performance. vantaggi limiti - sviluppo dell’industrializzazione di -mancanza della considerazione del “fattore umano” massa - estrema parcellizzazione del compito - inclusione nella forza lavoro di - ripetitività personale con scarse competenze ed - ritmi regolati dal funzionamento della macchina esperienze regresse - tempi forzati dalle esigenze del cottimo - chiarezza nella definizione di - mancanza di autonomia esecutiva compiti e responsabilità - struttura gerarchica autoritaria-riduzione della rete di relazioni cooperative all’interno del luogo di lavoro Mayo→ ricerche-intervento per razionalizzare il lavoro del personale femminile addetto all’assemblaggio di materiale telefonico; era orientato s individuare alcune condizioni di lavoro che potessero accrescere la produzione grazie a questa ricerca fece importanti osservazioni: - le persone al lavoro sono guidate anche da bisogni di natura sociale - il rapporto con altri al lavoro favorisce la costruzione di un’identità personale e sociale - uno dei significati psicologici del lavoro è da ricercare nelle relazioni sociali che si creano sul posto di lavoro - i lavoratori esprimono un bisogno di essere accettati e di ricevere riconoscimenti dagli altri di conseguenza nella gestione del personale si dovrebbe: - creare sistemi di incentivazione di gruppi invece che individuali - lasciare una maggiore responsabilità ai gruppi di lavoro nella gestione dei processi produttivi - la soddisfazione di bisogni emotivi del lavoratore può condurre a un maggiore senso di appartenenza all’azienda e una più intensa lealtà verso di essa. Per queste intuizioni Mayo è riconosciuto come il fondatore del movimento delle relazioni umane. Attraverso una serie di ricerche e interventi del Tavistok Institute of Human Relations, influenzato dalle idee dello psicologo sociale Lewin, si sviluppò un modello di analisi sociotecnica delle organizzazioni di lavoro secondo il modello - l’organizzazione deve essere esaminare come un sistema aperto nel quale confluiscono diversi tipi di risorse (umane, tecnologiche, finanziarie, infrastrutturali, materiali), si attivano diversi processi trasformativi e si esportano all’esterno beni, servizi e prodotti di utilità per altri sistemi - deve essere esaminata come un elemento che interagisce in modo costante con gli altri fattori produttivi, in particolare con il sistema tecnico. L’analisi sociotecnica prevede la ricerca di un equilibrio tra esigenze produttive, apparato tecnologico e caratteristiche dei lavoratori. Anche in Italia c’è stato uno sviluppo della psicotecnica applicata a diversi ambiti di intervento 1917 Gemelli→ servizi di selezione per l’esercito conducendo studi sulle attitudini dei piloti dell’aviazione impegnati nel conflitto l’avvento del fascismo e i suoi ideali ha favorito la creazione di ampi spazi i cui poterono trovare applicazione i moderni modelli di organizzazione aziendale Però, i tentativi di pianificazione produttiva e di introduzione di tecniche nei processi di selezione del personale e di produzione furono generalmente sentiti negativamente dalle aziende. 1943 Adriano Olivetti→ apre un centro di psicologia innovativo rispetto a quelli di psicotecnica già presenti in Italia innovativo perché? Perché, oltre alle tradizionali pratiche psicotecniche, la presenza di psicologi di fabbrica avrebbe dovuto contribuire a migliorare sia l’organizzazione e l gestione aziendale sia le condizioni del lavoro nelle fabbriche, dando voce agli operai stessi. Si concretizza per la prima volta in Italia un campo d’azione professionale che tocca tutte e tre le aree di studio e intervento della psicologia del lavoro, delle organizzazioni e delle risorse umane -collaborazione alla nascita delle UMI (unità di montaggio integrate) - correzione del modello di selezione del personale basato su test psicoattitudinali con l’introduzione sistematica dei colloqui psicologici - Centro di riqualificazione operai Capitolo 2→ Lavorare oggi: esigenza di un nuovo contratto psicologico Dai primi anni ‘80 la rivoluzione delle tecnologie informatiche e la globalizzazione dell’economia hanno dato il via a una serie di cambiamenti, anche nel mondo del lavoro. Principi della lean-production: - definire il valore di servizi e prodotti dal punto di vista del cliente - identificare attività e processi che aggiungono valore per il cliente e individuare legami tra loro (catena del valore) - eliminare le attività che non producono valore aggiunto→ produzione just-in-time, con zero difetti e secondo un’ottica di miglioramento continuo - ridurre gli sprechi e le inefficienze nelle funzioni di sostegno Questi cambiamenti hanno portato alla nascita delle “fabbriche intelligenti”, anche dette “industrie 4.0”→ grazie alla disponibilità di grandi basi di dati e all’integrazione delle tecnologie avanzate nei processi produttivi dovrebbe essere possibile produrre oggetti e bei personalizzati, più velocemente e con meno sprechi. Rivalutazione della competizione: nuova strategia di sviluppo, considerata bene necessario dell’azienda→ le aziende hanno operato strategie di cambiamento che le hanno rese più forti, più flessibili e dunque più competitive Cambiamenti nella forza lavoro → età fenomeno della “transizione demografica”: decremento dei tassi di natalità e di mortalità, innalzamento della speranza di vita; vuoto demografico nella parte giovanile della forza lavoro → generazioni cambiamento della demografia organizzativa: la distribuzione dei lavoratori per età non ha più la tradizionale forma piramidale convivono nello stesso contesto almeno quattro generazioni di lavoratori, solitamente: piccolo numero di tradizionalisti, i baby boomers, la generazione X, la generazione Y (millenials), con l’avvio della next generation (generazione delle reti) gli studi sulle diverse coorti generazionali hanno messo in evidenza alcuni tendenziali effetti negativi imputabili alle differenze negli atteggiamenti verso il lavoro, gli stili di vita, negli stili comunicativi eccetera che bastano per attivare categorizzazioni sociali reciproche e dunque comportamenti stereotipati e discriminatori → genere tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro più basso di quello maschile e disomogeneo nei vari paesi la presenza crescente delle donne nel mercato occupazionale: - rende salienti le esigenze di conciliazione dei tempi lavorativi per un equilibrio lavoro-famiglia - preme sulle aziende per l’ottenimento di migliori forme di welfare - comporta l’accentuarsi del tasso di femminilizzazione di molte professioni, con effetti di ridefinizione del loro prestigio e valore economico-sociale → immigrati la presenza sul lavoro di persone non native o di seconda generazione risulta notevole immissione nello stesso contesto organizzativo di diverse culture, concezioni del lavoro, dello spazio e del tempo e di modalità di interazione sociale La progressiva deregolamentazione del lavoro ha aumentato la probabilità di lavori temporanei precari (flessibilità contrattuale), rafforzando la segmentazione tra lavoratori forti, in posizione centrale nei processi produttivi per le loro competenze pregiate, con possibilità di carriera (insider), e lavoratori vulnerabili (outsider), meno pagati e con più ridotte opportunità di sviluppo. La flessibilità è il tratto distintivo del lavoro moderno con la sua connotazione aggiuntiva di precarietà, lascia intravedere il sempre più incerto ruolo della forza lavoro→ il lavoro non risulta più un processo e un’esperienza sicuri, prevedibili e regolamentati sin nei dettagli l’incertezza riguarda anche la flessibilità del lavoratore nella possibilità di autoregolarsi ,entro certi limiti, stabilendo il quando, il dove e il come lavorare flessibilità fisico-geografica→ dove si lavora flessibilità temporale→ quando e con quali norme temporali flessibilità tecnologica→ quale ripartizione ottimale dei compiti tra uomo e macchina flessibilità contrattuale flessibilità funzionale→ quali forme di divisone e organizzazione del lavoro e quali abilità per il lavoratore flessibilità spazio-temporale→ variabilità relazionale nei team e nelle organizzazioni virtuali e le forme di lavoro a distanza Le varie flessibilità determinano effetti diretti sugli atteggiamenti e indiretti, di segno negativo, sulle condotte di impegno e coinvolgimento, sulla riuscita della prestazione, sulla vulnerabilità allo stress, sullo stato di salute e sul benessere del lavoratore. Diversità sul lavoro: insieme di differenze visibili (o meno) imputabili all’età, al genere, all’appartenenza etnica, alo status socioeconomico, al livello culturale e di istruzione, alla provenienza geografica ecc… tali differenze diventano salienti quando ci si propone di delineare un conteso di convivenza nel quale ciascuno senta di essere apprezzato, le proprie particolarità siano egualmente riconosciute e il contributo individuale al raggiungimento degli scopi collettivi risulti ben valutato per tutti e da tutti. La gestione delle diversità è un compito complesso per i diversity menagers→ i vantaggi che la diversità può portare sul posto di lavoro sono spesso annullati dallo sviluppo di stereotipi negativi, disaccordi interpersonali, microconflittualità o conflitti tra gruppi, discriminazioni latenti, abbassamento delle prestazioni, maggiori livelli di stress. Sarebbero necessari alcuni fattori per un esito favorevole alla diversità interna: - strategia organizzativa orientata allo sviluppo e alle esigenze dei consumatori - pratiche di gestione delle risorse umane che valorizzano le differenze che cercano attivamente di prevenire pregiudizi reciproci - una cultura organizzativa focalizzata sulla cooperazione - una leadership aperta e facilitante la partecipazione - caratteristiche mentali come l’apertura mentale, l’estroversione e la self efficacy Per quando riguarda la diversità connesso con l’età si è dimostrato che per ridurre gli effetti negativi devono essere presenti fattori come - la varietà dell’età (equilibrata distribuzione) - il grado di polarizzazione dell’età - le dimensioni aziendali - la stabilità del posto di lavoro. Ultimamente c’è un aumento dell’interesse per i temi della qualità della vita lavorativa e dei fattori psicosociali che la influenzano. Numerose ricerche hanno evidenziato critiche e preoccupazioni per l’intensificazione del lavoro e le sue persistenti condizioni di pericolosità e per l’aumento di stress percepito dai lavoratori come conseguenza dei nuovi contesti organizzativi, dei modi di lavorare e delle forme contrattuali che li regolano→ i fenomeni di segmentazione e la diretta dipendenza del lavoro dalle logiche di mercato rendono eclatante la distinzione tra good e bad job e innalzano la probabilità di accentuare le disuguaglianze di opportunità nell’accesso a un lavoro soddisfacente. Discussione sul decent work→ per definire un lavoro come dignitoso si dovrebbero prendere in considerazione anche la qualità della vita lavorativa, le istanze di equità e giustizia sociale e il carattere emancipatorio attribuibile al lavoro + il punto di vista del lavoratore e delle dimensioni soggettive dal lato delle aspettative, desideri e motivazioni, e da quello di risultati ed effetti sul benessere, sulla salute e sulle chances di integrazione sociale della persona Il lavoro è dignitoso quanto più è significativo per la persona: coerente con i suoi valori, interessi, atteggiamenti e capacità e può svolgere le sue funzioni primarie di sostentamento e acquisizione di potere, di sviluppo di connessioni sociali e di mezzo di autodeterminazione. Sindacati→ hanno la funzione di: a) bilanciare le disuguaglianze di potere tra lavoratori e datori di lavoro nella contrattazione dei salari e delle condizioni di lavoro b) “dar voce” alle preoccupazioni dei lavoratori c) regolare il conflitto sociale affinché non assuma modalità distruttive Tuttavia possono essere svolte con efficacia quando i sindacati costituiscono forme di reale aggregazione sociale I cambiamenti del lavoro e del mercato occupazionale incidono su queste forme di aggregazione→ declino quantitativo della sindacalizzazione→ ciò comporta la perdita di opportunità relazionali nei contesti di lavoro La crescita dei lavori autonomi e di natura professionale rendono meno forte l’esigenza di un’appartenenza sindacale o sottolineano la relativa distanza del sindacato dai nuovi temi di preoccupazione sociale. Inoltre vi è una ridotta sensibilità dei sindacati nel registrare i bisogni delle nuove categorie di lavoratori (favoritismo verso i lavoratori adulti) e un insuccesso nei processi di negoziazione lavoratori-aziende. Fa già parte integrante del lavoro la comprensione delle varie domande che esso pone al lavoratore. Rivisitazione di Schaufeli e Taris del Job Demands-Job Resources Model→ questo modello organizza una serie di proprietà delle condizioni di lavoro all’interno di due categorie domande al lavoratore risorse per il lavoratore impegno di energie fisiche e mentali offerte dal contesto in misura più o meno adeguata funzionali al migliore svolgimento del suo lavoro, alla riduzione dei costi fisiologici e psicologici delle domande e alla sua crescita professionale Tutte le domande esigono risposte in termini di prestazione lavorativa e richiedono un impegno da parte della persona. Queste possono essere percepite con connotazione positiva o negativa, e influenzeranno, con segno opposto, le prestazioni, le motivazioni, gli atteggiamenti e il benessere del lavoratore. Quali sono le domande? domande cognitive il rapido sviluppo delle tecnologie e delle tecniche di produzione di beni e servizi fa aumentare le esigenze di conoscenza dei processi di lavoro effettivo e di come agire al fine di farli funzionare in modo efficiente oltre alle capacità sensomotorie, di resistenza psicofisica e di saper seguire regole, si richiedono crescenti abilità intellettuali di diagnosi, proposta di ipotesi di soluzione e presa di decisione→ ciò rende salienti i margini di controllo autonomo della situazione cui dispone il lavoratore domande sociali molto del lavoro richiesto si basa sempre più su scambi informali, su relazioni interpersonali e sulla partecipazione a network sociali la nuova domanda lavorativa implica lo scambio e la condivisione sistematica di informazioni, che nello stesso tempo sollecitano modalità di adattamento reciproco tra persone in questo modo si sviluppa un apprendimento contestuale su basi relazionali al lavoratore viene chiesto di essere in grado di trovare il suo posto e di influenzare attivamente le relazioni il carattere cruciale delle domande sociali è dovuto alla dimensione cooperativa richiesta da molti lavori e all’ampio sviluppo dei lavori di servizio che si caratterizzano per un continuo scambio sociale (con doppio ruolo: dipendente agli occhi del datore di lavoro e indipendente agli occhi dei consumatori ai quali offre il servizio) →enfasi sulle nozioni di intelligenza e competenza sociale per gestire meglio le relazioni lavorative Quali sono invece le risorse? risorse nel contesto lavorativo  alcune attingono alle caratteristiche fisiche dell’ambiente lavorativo o alla strutturazione del lavoro→ progettazione accurata dei compiti, clima sociale poco conflittuale…  altre alla cultura del lavoro e alla cultura organizzativa→ valori come solidarietà, sostegno sociale,giustizia…  altro al modo con cui il lavoro viene organizzato e al modo con cui sono gestite le persone→ questi fattori hanno influenza a) sulle domande, rendendole più o meno difficili; b) nel modulare le risorse, rendendole più o meno accessibili; c) nel fornire adeguati feedback sul lavoro svolto; d) nello svolgere una supervisione supportiva con più efficaci sostegni motivazionali risorse personali: caratteristiche psicologiche o aspetti del self che sono generalmente associati con la resilienza e che riguardano l’abilità di controllare e influenzare l’ambiente con successo possono avere un effetto diretto sul benessere lavorativo oppure un effetto di moderazione o di mediazione svolgono inoltre un ruolo importante su come viene percepito l’ambiente e su come di conseguenza si reagisce a esso  significati e valori del lavoro→ risorse personali che operano come standard o schemi di riferimento comparativo utili per orientare e guidare le proprie scelte, capire meglio la propria esperienza lavorativa e valutare quanto essa sia coerente con le proprie credenze e attese o quanto invece occorre fare in alternativa per attuare i propri progetti di vita un aumento del cinismo, della sfiducia, di una concezione prevalentemente strumentale del lavoro causano un erosione dei significati del lavoro→ questo avviene spesso a causa delle diseguali opportunità di accedere a lavori significativi Il lavoratore non è solamente una condotta di scambio orientata al reddito, a un processo complesso sostenuto e modulato, fin dall’inizio dell’esperienza lavorativa, dal valore attribuito a lavoro come fonte e stimolo: - per essere e sentirsi competenti nel fare e nel progettare qualcosa di importante per la propria vita con riferimento a sé e agli altri - per definire aspetti importanti della propria identità personale e sociale - per costruire relazioni soddisfacenti - per cercare di ottenere riconoscimenti per il proprio valore - per legittimare la propria posizione sociale attuale e le proprie aspettative di crescita socioprofessionale Lo spazio e i momenti tipici per la costruzione o il potenziamento di tali risorse sono la socializzazione al lavoro e la socializzazione organizzativa→ processi di apprendimento sociale attraverso i quali una persona costruisce attivamente il proprio percorso professionale. Blustein individua tre funzioni del lavoro che operano per conseguire significato al lavoro stesso lavoro come mezzo di sostentamento e acquisizione di potere lavoro come mezzo di connessioni sociali lavoro come mezzo di autodeterminazione Ashforth sottolinea l’influenza dei bisogni personali nella costruzione della propria storia lavorativa (bisogni legati al sé, bisogni di significato, bisogni di controllo, di padronanza e influenza sulla situazione, bisogni di appartenenza al gruppo e di riconoscimento da parte della comunità lavorativa) “la riuscita in un adattamento guidato dalla persona si esprimerà poi in esiti finali significativi” ovvero tanto più i lavoratori riescono a pensare, agire e intendere il proprio ruolo in modo personale tanto più è probabile riescano a controbilanciare le influenze socializzatrici e il possibile conformismo comportamentale richiesto dall’organizzazione  proattività→ ruolo attivo della persona nella regolazione del suo rapporto con l’organizzazione di lavoro questo avviene attraverso - strategie comportamentali per impegnarsi attivamente per migliorare la carriera - processi di negoziazione fra individuo e contesto lavorativo grazie ai quali le persone possono ridefinire i propri compiti e ruoli in modo che siano congruenti con le proprie aspettative e capacità contribuendo a innovare i contenuti e i modi di lavorare (role innovation) - processi cognitivi per attribuire un senso alla realtà giungendo a un maggior controllo nel modo di strutturare la situazione - ricerca di informazioni e di feedback→attraverso le richieste dirette o l’osservazione focalizzata sulle condotte dei colleghi il lavoratore potrà acquisire informazioni normative (cosa ci si attende da lui), informazioni tecniche (come svolgere al meglio il compito), informazioni di riferimento (sulle caratteristiche del suo ruolo), feedback e valutazioni sulla prestazione e un feedback sociale. Crant parla della proattività come il “prendere iniziativa nel migliorare le circostanze attuali o nel crearne delle nuove; esso implica rimettere in discussione lo status quo, piuttosto che adattarsi passivamente alle condizioni presenti” Crant parla anche di condotta proattiva: azioni poste in atto per migliorare la situazione o creare opportunità basate sulla consapevolezza di scopi o Sé possibili da raggiungere. Si considerano anche dei prerequisiti di proattività→ consapevolezza delle proprie qualità personali, delle proprie risorse operative, dei limiti interni e dei vincoli esterni e anche fattori disposizionali quali la personalità proattiva  “employability”→ (occupabilità) combinazione complessa di competenze, conoscenze, abilità e atteggiamenti che consentono a un individuo non soltanto di trovare lavoro, bensì di mantenerlo e progredire nel tempo all'interno del proprio percorso tutti i costrutti che la compongono condividono tre aspetti: - si tratta di punti di forza della persona→ risorse acquisibili, funzionali a soddisfare le opportunità di costruire un percorso di carriera significativo per la persona e utile per l’organizzazione - le persone non differiscono tra loro solo rispetto a risorse oggettive, ma anche nella misura in cui esse sono disposte ad adattare tali risorse psicosociali alle specifiche situazioni - per comprendere gli esiti più o meno favorevoli dell’employability vanno considerati sia i fattori interni alle persone sia quelli esterni legati al contesto organizzativo e occupazionale L’occupabilità è direttamente legata al capitale umano, acquisito con la formazione e l’esperienza, e al capitale sociale, frutto delle interazioni sociali importanza della percezione individuale di questi aspetti→ se una persona padroneggia un adeguato insieme di competenze è probabile si percepisca come più occupabile e, similmente, possedere atteggiamenti proattivi, ottimismo o resilienza potrà facilitare una più favorevole percezione della propria occupabilità Sono stati inoltre individuati tre grandi categorie di attributi considerati risorse per l’occupazione: 1. quelli mirati alla capacità di gestir la carriera→ career selg-management, career resilience 2. quelli che mettono in risalto aspetti disposizionali→ proattività, self-efficacy, controllo e stabilità emozionale, le ancore di carriera (autopercezioni dei propri talenti, bisogni, valori) 3. quelli di natura relazionale Adattabilità: strategia di coping attivo messa in atto per gestire compiti, transizioni e difficoltà connessi con i ruoli e la vita lavorativa riguarda una risorsa positiva per l’autoregolazione del processo di costruzione della carriera basata su 4 dimensioni: 1) preparazione e interesse per la futura carriera (concern) 2) responsabilità diretta nel controllare il proprio sviluppo professionale (control) 3) l’esplorazione dei Sé possibili nel futuro e delle opportunità (curiosity) 4) la convinzione di poter riuscire a risolvere i problemi che si incontrano nella propria vita lavorativa (confidence, self-efficacy) Il lavoro va visto come uno scambio tra prestazione e controprestazione. La relazione tra lavoratore e organizzazione è regolata formalmente dal contratto di lavoro→ esso stabilisce gli obblighi e doveri relativi ai compiti e alle norme principali da seguire a lavoro, prevede sanzioni per il loro mancato rispetto da ambo le parti e la possibilità di essere impugnato legalmente MA, non tutti gli aspetti di un rapporto di lavoro possono essere stabiliti legalmente, per iscritto nel contratto di lavoro l’area non sancita formalmente costituisce l’oggetto del contratto psicologico→ accordo informale con il datore di lavoro; si concretizza in un insieme di credenze sugli obblighi reciproci esistenti tra lavoratore e azienda Il contratto psicologico è formato dalle percezioni individuali su ciò che è stato promesso da parte dell’azienda e da ciò che il dipendente si aspetta in cambio da questa è di interesse dell’azienda capire se e come si stabilisce questo patto e su come possa essere mantenuto nel tempo, data l’influenza che ha sul lavoratore. Nella genesi del contratto psicologico giocano un ruolo due principali fattori: - i valori, i progetti e le rappresentazioni del lavoro elaborate prima dell’ingresso al lavoro della persona - le pratiche manageriali di socializzazione organizzativa nella fase della scelta e di inserimento occupazionale infatti tutto ciò che l’azienda fa verso il lavoratore, fin dall’inizio (selezione, formazione, assegnazione del compito, feedback ecc), passa il messaggio relativo a ciò che l’organizzazione si aspetta dal lavoratore e alle eventuali promesse di riconoscimenti futuri→ il lavoratore si basa anche su questi segnali per comprendere ciò che è richiesto, adegua le sue aspettative ed esplicita con i suoi comportamenti il livello di adesione al contratto psicologico. I cambiamenti del mondo lavorativo attuale hanno reso tale relazione contrattuale, un tempo a lungo termine, stabile, fondata su aspetti relazionale, su riconoscimenti concreti e su opportunità di sviluppo di identità sociali soddisfacenti, spesso di breve termine, rinegoziabile con grande frequenza e improntata quasi esclusivamente sullo scambio economiche. La tendenza in atto sembra caratterizzata - da una diminuzione dei contratti psicologici di tipo relazionale→ ovvero che si basano su relazioni con la previsione di offrire opportunità e benefici anche non monetari, significativi per il lavoratore - dalla notevole diffusione di contratti psicologici di tipo transazionale→ contratti di pure scambio monetario e di breve termine - dalla più elevata presenza di contratti psicologici di natura transizionale→ situazioni di passaggio sperimentate da un’organizzazione nel far fronte a crisi economiche - dalla difficile presenza di contratti psicologici bilanciati che richiedono un’attenta negoziazione individuale e collettiva, sostenuta dalle rappresentanze sindacali. La violazione del contratto di lavoro ha esiti negativi sintetizzabili come decrementi del benessere lavorativo, atteggiamenti negativi verso il lavoro e l’organizzazione, riduzione della qualità e quantità delle prestazioni e manifestazione dell’intenzione di lasciare l’organizzazione. Capitolo 3→ Il legame psicologico tra individuo e lavoro Lottery question→ posta di fronte a un’alternativa secca (lavorare o no) la grande maggioranza delle persone ritiene che continuerebbe a svolgere una qualche attività lavorativa. Il lavoro ricopre delle funzioni psicologiche rilevanti per la persona e può costituire una opportunità per conseguire soddisfazione, benessere, identità e per costruire ricche relazioni sociali. L’attività umana in alcune situazioni rischia però di generare un potenziale distruttivo: inquinamento, spreco di risorse naturali, ma anche il lavoro apparente→ occupazione nominale, dotata di stipendio, orario, contributi, regole ma che non genera valore aggiunto, non è intesa come creazione di ricchezza e generazione di valore per la collettività. Un individuo può attribuire particolare importanza al - proprio compito lavorativo (job)→ attaccamento spiegato in termini di passione professionale, competenza, soddisfazione verso i risultati che si possono ottenere… - lavorare in generale (work)→ il legame tra individuo e attività lavorativa può derivare dai significati sociali che i lavoratore può assumere - “stare in una organizzazione”→ il legame con il proprio lavoro è rafforzato attraverso l’appartenenza all’organizzazione infatti, la costruzione di una parte dell’identità professionale ruota attorno al sentimento di membership dentro un organismo sociale più ampio (l’organizzazione). Motivazione al lavoro attraverso questo concetto, si cerca di capire perché alcune persone danno il loro meglio nei luoghi di lavoro mentre altre hanno livelli di investimento psicologico più contenuto e altre ancora hanno una visione solo strumentale della propria occupazione la motivazione infatti ha significative conseguenze sulla prestazione al lavoro in termini quantitativi, qualitativi e organizzativi Kanfer, Chen e Pritchard→ motivazione al lavoro: insieme di forze che determinano la direzione, l’intensità e la persistenza dell’azione nelle esperienze che caratterizzano la persona in rapporto al proprio lavoro si tratta di un insieme di processi psicologici che influenzano il modo in cui un individuo eroga uno sforzo e alloca le risorse psicologiche disponibili per generare delle azioni La motivazione concerne un processo di: scelta (direzione)→ obiettivi da perseguire investimento (intensità)→ quali e quante energie allocare, si distingue tra il potenziale motivazionale di una persona e la motivazione effettivamente attivata azione (persistenza)→ come raggiungere gli obiettivi, compresi la durata e tenuta dei processi psicologici volti all’erogazione di energia e al raggiungimento di un obiettivo. La motivazione al lavoro: - è un processo psicologico, dunque può essere inferita da una serie di fattori personali e ambientali che ne costituiscono gli antecedenti e le conseguenze ad esempio, la nozione di sforzo può essere considerata come un elemento comportamentale osservabile che si approssima a quello di motivazione - è determinata da un insieme di caratteristiche individuali e ambientali e dall’interazione tra queste - è soggetta a continui cambiamenti in funzione dell’evoluzione delle forze interne e delle caratteristiche dell’ambiente - è relativa al comportamento organizzativo ed è strettamente legata all’esperienza lavorativa della persona, ma è strettamente influenzata da fattori esterni alla sfera del del lavoro Possono distinguersi diversi tipi di motivazione al lavoro:  motivazione alla prestazione  motivazione ad apprendere  motivazione alla partecipazione a un gruppo di lavoro  motivazione alla carriera  motivazione verso l’organizzazione → ogni individuo può essere dotato di un potenziale di motivazione che si manifesta con diversi gradi di attivazione e intensità in funziona dei compiti da svolgere, degli obiettivi che si pone e del tipo di contesto che vive. Motivazione intrinseca Motivazione estrinseca - promuove una condotta lavorativa finalizzata - richiede una componente esterna di al conseguimento di benefici e soddisfazione strumentalità per essere attivata ricavabili all’attività in sé - l’erogazione di energia è dovuta al tentativo di - fondata su un bisogno innato di competenza e conseguire, attraverso il comportamento, dei autodeterminazione risultati esterni all’attività stessa - possono essere soddisfatti alcuni bisogni - l’azione è generata da fattori esterni intrinsecamente significativi per la persona all’individuo che agisce in modo strumentale Teoria Y Teoria X (McGregor) modelli di gestione del personale basati su modelli di gestione del personale basati su - una visione dei lavoratori come potenzialmente - una visione dei dipendenti come indolenti, attivi, pronti ad assumersi le responsabilità e a poco ambizioni ,indifferenti alle esigenze condividere gli obiettivi organizzativi, mossi da organizzative, spinti solo da bisogni primari bisogni più elevati della scala di Maslow - politica del personale finalizzata a sollecitare la - strategie per alimentare la motivazione motivazione estrinseca con una forte centratura intrinseca su sistemi di premi e sanzioni Teoria della valutazione cognitiva (Deci e Ryan) ipotesi che i fattori esterni tendono a diminuire la spinta auto-generata al lavoro motivazione intrinseca sorretta da due esperienze psicologiche significative: sentimento di competenza e autonomia→ l’introduzione di benefici o obblighi esterni mette in discussione tali sentimenti in questo bilancio individuale risiede la componente della valutazione cognitiva. Latham e Pinder mostrano come nelle esperienze reali di lavoro i fattori intrinseci ed estrinseci si mescolano: i benefici materiali non costituiscono semplicemente un elemento strumentale estraneo al significato psicologico attribuito al lavoro→ sono una misura implicita del prestigio, della qualità e dell’esclusività di una professione. Vari studi hanno mostrato come la motivazione intrinseca abbia un peso maggiore nel determinare la qualità della prestazione, mentre la motivazione estrinseca sembri agire più sulla quantità di questa. Teoria dell’autodeterminazione (SDT) il principio base è che le persone agiscono spinte dal soddisfacimento di alcuni bisogni fondamentali e innati→ tali bisogni sono essenzialmente di natura intrinseca in base a questi bisogni gli individui sono spinti naturalmente a cercare di realizzare il proprio potenziale. Gli ambienti di lavoro che permettono di raggiungere gli obiettivi di autorealizzazione e autonomia sono quelli con maggiore potenziale motivante e che possono favorire soddisfazione e benessere delle persone il soddisfacimento dei bisogni fondamentali è correlato a una serie di comportamenti organizzativi importanti: più impegno, più produttività, più proattività, minore stress... Nella SDT un ruolo centrale è esercitato dalla distinzione tra motivazione autonoma motivazione controllata Concerne azioni condotte a partire dalla propria Azione avviata sotto una pressione esterna o un volontà e da un’esperienza di scelta obbligo ad agire amotivazione motivazione intrinseca motivazione estrinseca situazioni in cui le persone non esempio di motivazione si articola in 4 categorie a agiscono senza intenzione e autonoma caratterizzata da scelta seconda del grado di controllo senza uno specifico controllo sul deliberata, interesse per l’attività esterno/autonomia proprio comportamento in sé e realizzazione personale motivazione estrinseca esternamente regolata attività non riveste interesse per la elevata motivazione controllata e persona e vi è la necessità di bassa motivazione autonoma interventi esterni per attivare l’erogazione di energia r il comportamento con regolazione introiettata processo di interiorizzazione di motivazione moderatamente obiettivi e scopi esterni controllata→ comportamento sostenuto da fattori di regolazione fatti propri ma non pienamente accettati dall’individuo con regolazione identificata interiorizzazione più completa e motivazione moderatamente coerente di una serie di scopi e autonoma→ l’attivazione parte da valori esterni una deliberata scelta della persona in quanto, grazie all’azione, si possono ottenere risultati in termini di soddisfacimento dei bisogni e realizzazione della propria identità con regolazione integrata L’attivazione del comportamento elevato grado di autonomia e basso deriva da una chiara controllo esterno→ si avvicina alla identificazione di scopi, interessi e motivazione intrinseca, ma si obiettivi che si integrano tra loro in distingue da essa in quanto il una coerente immagine di sé e con comportamento non è generato da l’identità della persona un’attività interessante in sé forte allineamento tra attività svolta, valori e identità individuale Un ampio filone di studi e ricerche si è occupato del job design e della sua possibile influenza sulla motivazione job design: set di attività e decisioni su come i compiti lavorativi devono essere svolti all’interno di una organizzazione attraverso esso si definiscono: le mansioni, le responsabilità, gli obblighi, il sistema di relazioni… Teorie delle caratteristiche lavorative (JCM di Hackman e Oldham) la motivazione intrinseca al lavoro può essere stimolata da una strategia ottimale di job design→ è infatti possibile intervenire su varietà nelle capacità richieste identità del compito significatività del compito autonomia feedback il principio guida di tale teoria è che l’attivazione della motivazione intrinseca può scattare se un individuo può, grazie al lavoro, attivare tre stati psicologici: - generare esperienze di apprendimento grazie alla conoscenza dei risultati ottenuti con la propria attività (feedback) - sperimentare la responsabilità di produrre una buona prestazione (autonomia) - sperimentare il significato del proprio lavoro (varietà, identità e significatività) → applicando questo schema, secondo gli autori è possibile stimare il potenziale motivazionale di ogni impiego. Il modello prevede l’intervento moderatore di un’altra variabile psicologica→ bisogno di crescita personale e professionale→ persone con elevato bisogno di crescita sono più indicate a ricoprire occupazioni a elevato potenziale motivazionale. Hackman e Oldham hanno elaborato la loro teoria in un contesto dominato da soluzioni tayloristiche di organizzazione e da realtà produttive dominate dalla meccanizzazione→ oggi lo scenario è radicalmente cambiato →espansione del modello originale considerando gli sviluppi recenti delle organizzazioni produttive Work Design Questionaire (VDQ) di Morgeson e Humphrey ampliamento della gamma di caratteristiche del lavoro potenzialmente motivanti da prendere in considerazione (oltre le 5 del JCM) caratteristiche del compito ◦ autonomia ◦ varietà del compito ◦ significato del compito ◦ identificazione del compito ◦ feedback dal lavoro ◦... conoscenza ◦ problem solving ◦ varietà delle competenze ◦ … caratteristiche sociali ◦ interdipendenza ◦ feedback da altri ◦ … caratteristiche del contesto ◦ ergonomia ◦ utilizzo di equipaggiamenti ◦ … tutte queste caratteristiche del lavoro, centrali nelle occupazioni odierne, possono essere manipolate in fase di progettazione organizzativa e di gestione del personale con significativi effetti sulla motivazione dei dipendenti e sul loro benessere psicologico. Le nuove forme di contratto, la diffusione della flessibilità e la conseguente maggiore incertezza lavorativa hanno un impatto negativo sulla motivazione le soluzioni di job design possono esercitare un ruolo di attenuazione. Un altro elemento di novità è costituito dalla perdita di unitarietà del lavoro nello spazio e nel tempo - telelavoro→ forma di impiego a distanza che può avere un impatto positivo sul piano motivazionale se viene accentuata l’autonomia operativa e sono gestite in modo appropriato le forme di telesorveglianza. Altre esigenze nascono dai contratti a tempo parziale o altre forme flessibili di gestione del tempo di lavoro→ esiti positivi associati alla possibilità di conciliare con più agio i potenziali conflitti tra vita lavorativa e vita personale/familiare. Teorie di processo→ per comprendere come le persone sviluppano interessi, valori e bisogni relativi alla sfera lavorativa e come si genera, si indirizza e si mantiene nel tempo l’attivazione di energia che sostiene il comportamento lavorativo. Fasi dell’azione motivata Fasi Processo mentale Teorie motivazionali 1. scelta deliberativo aspettative e valenze 2. pianificazione obiettivi implementazione goal setting 3. esecuzione e controllo operativo autoregolazione 4. valutazione esiti valutativo equità e giustizia 1. La scelta motivazionale per comprendere come avviene la fase deliberativa bisogna fare riferimento alla teoria dell’aspettativa-strumentalità-valenza (modello VIE di Vroom) Vroom considera la motivazione come conseguente a un percorso cognitivo di stima e valutazione degli esiti possibili di un’azione il modello prevede 3 variabili: ◦ valenza attribuita al risultato (V)→ in che misura gli esiti attesi della propria azione sono considerati soggettivamente positivi e attraenti; fa riferimento all’orientamento affettivo della persona e all’aspettativa di ottenere uno stato affettivo positivo ◦ strumentalità (I)→ probabilità soggettiva percepita che lo svolgimento di una data prestazione sia collegata a specifiche conseguenze strumentali (estrinseche) o al soddisfacimento di specifici bisogni ◦ aspettativa (E)→ probabilità soggettiva percepita che un certo impegno produrrà determinate conseguenze nozione connessa a quella di autoefficacia→ livello di fiducia che una persona ha nel portare a termine con successo un determinato compito La forza motivazionale che alimenta una determinata azione è data da: motivazione= V x I x E Aggiornamenti di tale teoria hanno riguardato - i diversi ambiti nei quali si collocano gli scopi delle persone e su come le persone integrano, regolano e ordinano gerarchicamente questi diversi scopi - le diverse dimensioni dello scopo concetto di goal orientation→ schema di riferimento relativo allo stile personale adottato per orientare i propri scopi 3 modalità distinte di orientamento allo scopo: 1) orientamento all’apprendimento, scopi per acquisire conoscenza; 2) orientamento alla performance, scopi in cui è possibile mostrare la propria competenza ed essere valutati positivamente ; orientamento all’evitamento della performance, scelta di scopi non sfidanti. 2. Pianificazione degli obiettivi teoria del goal setting (Locke e Latham)→ entrano in gioco l’individuo e l’organizzazione intesa come entità sociale che propone, definisce, impone obiettivi e sistemi di mete la teoria può essere riassunta in una serie di punti gli obiettivi prefissati in un contesto organizzativo possono avere una valenza motivante per l’individuo l’obiettivo, per risultare motivante, deve essere sufficientemente difficile e impegnativo, ma allo steso tempo realizzabile e conseguibile→ la difficoltà va commisurata in base alla persona o al gruppo l’obiettivo dev’essere chiaro e ben identificato Obiettivi con queste caratteristiche mobilitano una serie di processi cognitivi connessi con l’attivazione di energia e l’orientamento del comportamento intenzionale: focalizzazione, persistenza e strategie. La teoria prevede una serie di condizioni contestuali la cui presenza garantirebbe il potere motivante degli obiettivi: - accettazione e condivisione degli obiettivi da parte dei lavoratori grazie alla partecipazione attiva nella definizione di piani e progetti operativi - legittimazione e fiducia nei confronti dell’autorità che definisce gli scopi e le mete tali processi favoriscono il goal commitment→ sentirsi intrinsecamente obbligati nel perseguimento di un obiettivo se esso è considerato come dotato di valore, perseguibile, utile e congruente con i propri scopi. L’effetto motivante del goal setting funziona solo se c’è una persistente informazione di ritorno sulla quantità e sulla qualità del lavoro compiuto e sulla distanza che manca per raggiungere l’obiettivo→ il feedback aiuta l’autoregolazione. 3. Autoregolazione e il controllo del comportamento autoregolazione: serie di processi psicologici che permette alla persona di controllare i propri comportamenti orientati allo scopo al variare del tempo e dei cambiamenti di contesto. Tali processi includono attività di ◦ monitoraggio→ attenzione che la persona dedica al proprio comportamento; raccolta di informazioni su di sé per verificare il procedere dell’azione verso lo scopo ◦ autovalutazione→ attenzione ai feedback; confronto tra la propria prestazione e standard personali, precedenti comportamenti o prestazioni di altri ◦ reazione interna→ processi interni attivati a seguito delle due attività precedenti; aggiustamento comportamentale, attivazione di meccanismi di autopunizione o autogratificazione… Le persone nei luoghi di lavoro sono attivamente impegnate - nell’allocare le risorse→ processo che determina quanto tempo, energia cognitiva, attenzione, sforzo vadano dedicati a diversi piani d’azione - nel regolare l’azione→ attività interna grazie alla quale si determinano le condotte, si aumenta o diminuisce lo sforzo, si abbandona o persevera... Teoria dell’azione→ sottolinea il ruolo attivo delle persone nel loro rapporto con la realtà esterna. Nei processi di autoregolazione interviene in modo significativo l’autoefficacia→ sia risorsa che esito dei processi regolativi un altro aspetto è quello della proattività: tendenza generale della persona a mettere in atto comportamenti generati in modo autonomo orientati verso il futuro e finalizzati al cambiamento. 4. Valutazione degli esiti a questa fase si associano aspetti che riguardano la percezione di giustizia e di equità dello scambio teoria dell’equità di Adams le persone regolano il proprio comportamento sociale in base a un principio di equità: valutano il rapporto tra ciò che essi danno rispetto a ciò che ricevono in un determinato contesto il concetto di equità è costruito sulla base di una norma implicita di allocazione, una regola sociale che definisce le modalità giuste di distribuzione delle risorse→ questa regola poggia su diversi principi: - uno strumentale di difesa degli interessi personali - uno sociale di confronto con gli altri - principio morale che spinge le persone ad adottare regole e valori fondati sul giusto modo di fare le cose la percezione di iniquità porta le persone a riportare in equilibrio la situazione percepita come sbilanciata attraverso l’attivazione di strategie cognitive e comportamentali: - modifica degli input o dei risultati→ riduzione dell’impegno e dello sforzo oppure tentativo di aumentare i benefici ottenibili - modifica dei referenti→ cambiare individuo o gruppo di confronto - modifica del bilancio risorse/risultati→ riconsiderare il valore delle risorse o dei risultati ottenuti -abbandono teoria della giustizia organizzativa prende in considerazione anche le caratteristiche generali del contesto sociale (le organizzazioni)→ le persone percepiscono diversi gradi di equità, imparzialità di trattamento e giustizia valutando come le organizzazioni distribuiscono risorse e riconoscimenti la teoria propone una distinzione tra - giustizia distributiva: credenza circa il fatto che i benefici siano distribuiti in modo equo e corrispondente alle attese - giustizia procedurale: credenza sull’adeguatezza dei modi di allocare e distribuire le risorse da parte dell’organizzazione - giustizia interpersonale:percezione di come si viene trattati all’interno dell’organizzazione in termini di rispetto e dignità → dunque la percezione di giustizia si basa sulla quantità di benefici ricevuti rispetto quanto ottenuto da altri, sulla modalità secondo cui tali benefici (e sanzioni) sono distribuiti e sulla base dei modelli di comunicazione interna, il rispetto di regole e diritti e dignità delle persone. Capitolo 4→ Il lavoratore e i suoi compiti varietà di significati della parola lavoro qualsiasi esplicazione di energia volta a uno scopo predeterminato applicazione delle facoltà fisiche, intellettuali ed emotive di una persona rivolte direttamente e coscientemente alla produzione di un bene o di un servizio o comune a ottenere un prodotto di utilità individuale o collettiva e scambiabile in un mercato determina anche la cosa a cui si sta lavorando; il prodotto dell’attività lavorativa; l’occupazione entro cui si attua lo scambio tra impegno, tempo ed energie di una persona con i ricavi adatti al suo sostentamento uno dei fattori che concorre alla produzione di ricchezza materiale e immateriale e viene remunerato con varie modalità di redistribuzione della ricchezza stessa numerose connotazioni valoriali del lavoro del lavoro oggetto della riflessione filosofica, antropologica, sociologica e psicosociale. Teoria dell’azione di Engestrom lo scopo finale dell’attività lavorativa è raggiunto attraverso momenti diversi nei quali si realizzano interazioni significative tra differenti elementi che, nel complesso, formano un sistema di azione. Lavorare significa svolgere un insieme di attività che un lavoratore (il soggetto), con una certa sequenza ordinata, indirizza su un oggetto per raggiungere scopi di rilevanza pratica, con la mediazione di strumenti (artefatti tecnici e organizzativi) e di significati (artefatti culturali e sociali) presenti in un determinato contesto. - attività lavorativa→ condotta finalizzata a un insieme di scopi, mete, risultati attesi, propri o assegnati dall’organizzazione è scomponibile in - azioni → mirate a uno scopo, delineate secondo un piano definito mentalmente e controllate dalla persona con differenti meccanismi di feedback sono scomponibili in - operazioni→ condotte che permettono di raggiungere scopi più delineati, ma funzionali all’attuazione delle azioni scomponibili in - singoli gesti (per effettuare le operazioni) - gruppi muscolari (attivati dai gesti stessi). Prestazione - attività e azioni→ le condotte e i processi cognitivi, emotivi e comportamentali finalizzati agli scopi - esiti e risultati→le conseguenze quantitative e qualitative delle azioni svolte l’effettivo raggiungimento degli esiti attesi è influenzato dalle condizioni di realizzazione delle azioni lavorative, ovvero i fattori tecnologici, ambientali, relazionale e personali. Per comprendere un’attività lavorativa bisogna considerare: 1. il decorso osservabile dell’attività→ le condotte manifestate secondo una data sequenza temporale delle azioni; la struttura gerarchica delle attività; agli ostacoli alla sequenza delle azioni o agli eventuali errori di coordinamento tra fasi delle azioni 2. processi cognitivi e i vissuti soggettivi dell’attività→ gli stimoli ambientali sono processati attraverso il sistema sensoriale/percettivo, sono rielaborati dai sistemi della memoria a breve e lungo termine, per poi attivare il sistema esecutivo centrale che svolfe la funzione di coordinamento e gestione dei processi mentali di più alto livello che sostengono le risposte finali (azioni) e che si esprimono ne - la definizione e appropriazione degli scopi - l pianificazione - il controllo/regolazione - i valori, emozioni, intenzioni 3. significati sociali e mediazioni oggettivabili→ le attività sono finalizzate a mete personalizzate dai significati sociali che intervengono nel modo di diagnosticare la situazione, importare, organizzare ed eseguire le singole azioni le interazioni sociali da considerare sono quelle dirette e indirette→ tra queste ultime le convenzioni e le regole. Differenza tra compiti prescritti: indicazioni formali che esprimono le richieste lavorative alle quali il lavoratore dovrebbe rispondere con la sua attività, comprendono gli obiettivi da raggiungere, i mezzi e le procedure da usare, la divisione dei compiti,i tempi da rispettare, gli esiti attesi e i ricavi presumibili, le condizioni esterne… compiti realmente svolti: pratiche con cui il lavoratore affronta e risolve a modo suo i problemi concreti del lavoro quotidiano la distanza tra compiti prescritti e reali deriva da un alto tasso di variabilità della situazione di lavoro→ ◦ imprevisti ◦ variazioni quantitative o qualitative della produzione ◦ tentativi di ovviare all’uso di mezzi ritenuti inadeguati od obsoleti con altri tipi di strumenti più adatti ◦ alla creazione di alternative nel modo di procedere per semplificare il lavoro, renderlo vario, meno faticoso e più soddisfacente ◦ variazione dei tempi di lavoro ◦ definizione di gruppi di lavoro che funzionano in modo un po’ diverso da quanto programmato ecc… differenze individuali ◦ abilità cognitive ◦ capacità fisiche ◦ caratteristiche della personalità ◦ aspetti connessi con la consapevolezza e valutazione di sé, locus of control, self- monitoring, self-efficacy ◦ caratteristiche sociali→ aspetti socio-anagrafici (età, genere…), culturali e conoscitivi (livelli scolastici e di esperienza), di status socioeconomico, di appartenenza etnica ecc… Gli scostamenti della prestazione dai compiti prescritti sono considerati compromessi operativi (Noulin)→ implicano un lavoro mentale di adattamento delle condotte per la ricerca di un equilibrio tra le richieste del lavoro e le esigenze del lavoratore. L’attività lavorativa può essere rappresentata come un insieme di richieste o esigenze più o meno pressanti al quale il lavoratore si propone di rispondere i compiti prescritti e quelli reali costituiscono una parte di tali richieste che interpellano la persona sul piano fisico, cognitivo, emozionale e ci fanno comprendere i costi del lavoratore esigenze lavorative esigenze fisiche - sforzi dinamici - sforzi statici - sforzi esplosivi - richieste di movimento (buon equilibrio corporeo o coordinazione neuromuscolare) esigenze ambientali→ effetti sull’organismo dovuti alla concentrazione di sostanze pericolose, al microclima, al rumore, alle vibrazioni esigenze sensoriali - ricezione e discriminazione di stimoli connessi con le varie fonti di informazione - organi si senso interessati esigenze sensomotorie→ derivano - dai dispositivi usati e riguardano il numero e la varietà dei comandi, il livello di precisione… - dalle caratteristiche del lavoratore esigenze cognitive→ derivano - dalle caratteristiche dei compiti - dallo stato del lavoratore, alla sua esperienza e alle sue competenze esigenze relazionali esigenze “temporali”→ durata, localizzazione temporale, scansione temprale, grado di discrezionalità del lavoratore nel controllo dei tempi di lavoro, relazione tra tempi lavorativi e tempi personali L’impostazione tradizionale considera una prestazione buona quando, una volta specificati bene e assegnati i compiti, questi vengono svolti con impegno, contribuendo così alla produttività complessiva dell’organizzazione → focus sui compiti operativi prescritti Ad oggi si conferma l’importanza di tenere distinti gli aspetti della prestazione che corrispondono ai risultati finali da quelli che riguardano invece le diverse attività svolte dal lavoratore per raggiungerli e si riconosce alla prestazione un’articolazione interna che comprende differenti dimensioni: quelle che riguardano la competenza nello svolgere attività inerenti il “nucleo tecnico” del lavoro e quelle riferite agli aspetti sociali della prestazione → prospettiva multidimensionale della prestazione Modello di Campbell → descrizione della struttura latente della prestazione comprende otto dimensioni 5 si riferiscono alla prestazione inerente i compiti lavorativi efficienza nei compiti specifici efficienza nei compiti non specifici efficienza nella comunicazione orale e scritta efficienza nella supervisione/leadership efficienza manageriale e amministrativa Si individuano 2 grandi categorie di condotte funzionai allo svolgimento dei compiti richiesti: a) quella che riguarda direttamente la trasformazione dei materiali grezzi in beni e servizi b) quella riferita a condotte di ottimale mantenimento delle funzioni tecniche, di distribuzione, di coordinamento, di supervisione per valorizzare e conservare l’efficienza ed efficacia del core tecnico del lavoro 3 si riferiscono a condotte non tecniche mantenere la disciplina personale sforzo e impegno facilitare il lavoro del team Borman e Motowidlo distinguono tra  task performance→ quando i lavoratori, usando conoscenze e capacità tecniche, svolgono compiti specifici del loro lavoro  contextual performance→ quando i lavoratori esplicitano condotte non direttamente legate ai compiti di ruolo, ma che sostengono la qualità dei rapporti psicosociali nel contesto di lavoro Queste condotte non tecniche hanno due importanti funzioni: 1. rendere più fluide le relazioni sociali esistenti rafforzandole e diffondendole 2. condotte proattive nell’organizzazione→ condotte che esprimono l’intenzione personale di farsi carico dei problemi che riguardano la propria organizzazione Ci sono 3 grandi determinanti della prestazione 1) conoscenza dichiarativa→ conoscenza da parte del lavoratore dei fatti lavorativi, dei principi che regolano le azioni e le operazioni, degli scopi delle attività e delle proprie caratteristiche personali essa è funzione delle abilità e interessi della persona, della formazione ricevuta e dell’esperienza lavorativa 2) conoscenza procedurale e le skills→ “saper come fare” derivano dalla storia personale de lavoratore, dalla sua formazioni, dalla socializzazione lavorativa e dall’esperienza 3) motivazioni lavorative Studi empirici mostrano come le dimensioni della prestazione relative ai compiti (task performance) si articolano diversamente tra loro a seconda del tipo di lavoro, mentre le dimensioni della contextual performance risultano comuni a quasi tutti i tipi di lavoro. Prestazione adattiva: come il lavoratore risponde alle richieste dei compiti e dei ruoli anche sulla base del grado di versatilità e tolleranza all’incertezza posseduti elementi dell’adaptive performance (Pulakos e colleghi) gestire emergenze e situazioni di crisi→ mantenimento del controllo emozionale e alla capacità di analizzare rapidamente la situazione e le possibili alternative decisionali scegliendo quelle più appropriate gestire situazioni stressanti→ ricerca di soluzioni realistiche e costruttive senza fuggire o dare la colpa ad altri per le proprie difficoltà risolvere problemi creativamente→ risolvere problemi nuovi, complessi o mal definiti non applicando regole conosciute, ma cercando alternative imparare di continuo nuovi compii, l’uso di tecnologie e procedure tecniche affrontare situazioni lavorative incerte e impreviste dimostrare adattabilità interpersonale dimostrare adattabilità culturale e valoriale dimostrare adattabilità alle diverse situazioni fisico-ambientali career adaptability: capacità del lavoratore di affrontare i cambiamenti del lavoro→ saper autogestire i cambiamenti o gli aggiustamenti necessari per progettare e monitorare la carriera personale e dare un senso di continuità alla propria storia lavorativa. La prestazione può subire delle variazioni nel corso del tempo - variazioni a breve termine→ dovute in genere a imprevisti sul lavoro o a condizioni psicofisiche transitorie - variazioni progressive e a lungo termine - variazioni di segno negativo decrementi della prestazione - decrementi secondari→ riduzione selettiva di certe componenti del compito a più bassa priorità - cambiamenti di strategia→ passaggio a strategie semplificate e meno accurate - costi di regolazione→ aumento dello sforzo mentale - “after-effects”→ effetti di decremento di energie dopo l’azione (per altri compiti) - variazioni di segno positivo→ dovute ad esempio ai processi di apprendimento su lavoro e all’efficacia del progressivo processo di socializzazione lavorativa - la partecipazione concreta alla vita della comunità lavorativa e il fare esperienza dei suoi modi di pensare e di agire on the job facilitano cambiamenti nella struttura cognitiva e motivazionale; - man mano che si diventa più esperti le azioni divengono più rapide e in parte automatiche e si esprimono nuove capacità che riducono i tempi di realizzazione, le inefficienze, i rischi di errore e, in generale, facilitano il miglioramento della prestazione. Il livello della prestazione è influenzato da - ostacoli provenienti dalle condizioni di esecuzione - ostacoli provenienti dalle interferenze ambientali di natura fisica o sociale - dal carico di lavoro mentale: - multitasking (dover fare più cose contemporaneamente) - costo complessivo che il lavoratore paga per mantenere un buon livello di prestazione costituito da vari elementi: il tipo di richieste imposte dal compito il livello di prestazione raggiunta il livello di sforzo di sforzo del lavoratore e le sue percezioni di sentirsi sovra o sottocarico il lavoratore ha a disposizione una quantità limitata di risorse mentali, quando le richieste sono sproporzionate, in eccesso o in difetto, sperimenta una condizione di sovraccarico o sottocarcio che influenza negativamente la prestazione Sistema di protezione della performance fondato sull’autoregolazione compensatoria da parte del lavoratore: nel lavoro reale, c’è una notevole resistenza al decadimento della prestazione per i compiti primari→ nel caso in cui emergano rischi per il mantenimento di un buon livello di prestazione ed essa sia percepita come importante, si attivano circuiti di feedback in grado di far utilizzare risorse personali aggiuntive per correggere la situazione e riportarla ad uno standard accettabile. 3 strategie di risposta compensatoria 1. aumento dello sforzo (engagement) 2. ritiro dell’impegno (disengagement)→ in una parte dell’attività o abbassando il livello di velocità e accuratezza (decremento qualitativo o quantitativo della prestazione) 3. sopportare lo stress (strain mode)→ impegno diretto a superare gli ostacoli per mantenere gli obiettivi della prestazione vengono utilizzate tutte le risorse cognitive e comportamentali disponibili con il rischio di forte affaticamento e di subire effetti stressanti Lo sforzo di mantenersi concentrati sulla realizzazione dei compiti primari può condurre alla perdita di efficienza in altre dimensioni della prestazione compiti secondari→ risentono direttamente della scarsa disponibilità di energie e di risorse usate per quelli primari e rischiano di degradare i primi. Analisi del lavoro processo di raccolta e valutazione delle informazioni sui comportamenti lavorativi, sugli strumenti usati in una data posizione di lavoro e sul contesto di lavoro svolge funzioni decisive per la progettazione del lavoro, la correzione di modi di lavorare inadeguati, la salvaguardia del lavoratore e dell’organizzazione in cui opera, il miglioramento delle esperienze lavorative… ha anche un valore strategico: - cercando di comprendere le sovrapposizioni, gli elementi comuni e i possibili interscambi tra un lavoro e l’altro, diviene un’occasione per un uso flessibile del capitale umano senza gli ostacoli e le rigidità implicite nei titoli - diventa l’occasione per i vari attori, soprattutto per i lavoratori, per valutare la loro situazione e per cercare di contribuire al cambiamento della loro attuale condizione sulla base dell’esperienza e della conoscenza diretta del loro lavoro. Aree funzionali direttamente toccate dall’analisi del lavoro:  politiche del personale→ ovvero selezione del personale, valutazioni delle prestazioni, definizioni di un sistema corretto di pianificazione del personale e costruzione di un sistema premiante equo e basato sul differente valore delle attività lavorative  job design→ le informazioni ricavate dall’analisi sono alla base dei processi di correzione e di progettazione del lavoro finalizzati a una gestione delle attività più sicura e più soddisfacente  sicurezza lavorativa  formazione e “instructional design”→ si avvalgono di un’analisi preventiva (need analysis) che trova il suo fondamento nell’analisi del lavoro obiettivi, metodi e tempi del progetto formativo sono connessi con le esigenze della prestazione, le risorse cognitive e affettive del lavoratore e le modalità di apprendimento da valorizzare  orientamento e counselling di carriera→ possibilità di usufruire di informazioni attendibili ed efficaci sostegni psicosociali ai processi decisionali derivanti dalla conoscenza del lavoro effettivo che l’analisi può evidenziare  classificazioni e profili professionali Tradizionalmente si parla di job analysis: analisi della posizione, analisi fatta da un osservatore estero e basata sulla descrizione di un job circoscritto e stabile ad oggi si parla di work analysis→ permette di cogliere la logica e i significati delle attività concrete realizzate in un dato contesto e la variabilità e l’ampiezza delle responsabilità, dei compiti e delle qualità e delle competenze di cui la persona ha bisogno per lavorare con soddisfazione. Due grandi approcci all’analisi del lavoro: work-oriented worker-oriented - interessato a descrivere i compiti - interessato a individuare le attività e gli indipendentemente dal lavoratore che li svolge attributi cognitivi, affettivi e comportamentale - metodi centrati su questo approccio sono più del lavoratore per svolgere bene tali compiti oggettivi - metodi più influenzati dal lavoratore e dalla sua esperienza - più adatti a far capire in cosa consiste lavorare in un contesto i forte variabilità e a far emergere le pratiche lavorative reali Estensione di questo approccio competency modeling→ si focalizza sulle competenze nella loro accezione più ampia di combinazione di motivazioni, caratteristiche di personalità e del self, atteggiamenti, conoscenze, capacità e abilità per svolgere al meglio le prestazioni lavorative attenzione posta sulle persone che interpretano il lavoro in modo diverso, sulla base delle proprie risorse psicosociali e del grado di discrezionalità e proattività con cui affrontano il lavoro. Approccio sistematico per l’analisi di lavoro di Jean Leplat 1. si parte da informazioni preliminari prese da documenti e dati di archivio in questo modo prima della discesa su campo si può preparare una traccia dei putni di attenzione per l’osservazione 2. osservazione sul campo di - obiettivi - condizioni di esecuzione - tempi lavorativi - tipo di organizzazione del lavoro gestita da un “capo” più o meno capace sul piano manageriale - ambiente fisico - rapporti di natura sociale questi fattori di contesto danno un’idea della complessità del lavoro e delle richieste cognitive, emotive e comportamentali 3. intervista con il lavoratore nella posizione interessata per analizzare - le attività intese sia come sistemi di azioni e operazioni per raggiungere gli scopi effettivi sia come processi mentali coinvolti nella produzione della prestazione.- gli esiti del lavoro intesi come prestazione finale ma anche come effetti sulla persona - potrebbero essere utilizzate tecniche specifiche di task analysis di componenti specifiche di lavoro Task analysis: studio dettagliato del compiti di un lavoratore (cosa fa e come lo fa) espresso in termini di azioni finalizzate allo scopo da raggiungere con la prestazione. La task analysis è utilizzata sono quando è indispensabile comprendere in dettaglio come è fatta una prestazione riferita a compiti complessi consente di - identificare i costi fisici e mentali dell’attività lavorativa in un dato ambiente o durante una specifica fase del lavoro - evidenziare i “punti critici” dell’attività - prendere decisioni in merito alle fasi di progettazione nelle quali si possono automatizzare i processi o usare specifici dispositivi a sostegno della prestazione al fine di ridurre la fatica o migliorare l’efficienza - definire meglio le specifiche capacità e competenze richieste al lavoratore - identificare i bisogni di formazione e i percorsi formativi più adatti. Due processi che caratterizzano la task analysis: 1. descrivere in maniera ricca la situazione reale di lavoro per cogliere il senso della sequenza e dell’interdipendenza tra le azioni in un preciso contesto 2. rappresentare le azioni cercando di colgiore il loro grado di corrispondenza rispetto al contesto→ decomposizione delle attività in componenti più piccole collegate tra loro da differenti tipi di reazione logica o temporale (es. decomposizione gerarchica). Dall’osservazione si arriva a un’intervista con domande dirette al lavoratore che permettono di cogliere il punto di vista dell’attore per arrivare a una descrizione dettagliata: chiedere “come?” indirizza l’attenzione sugli elementi più piccoli (sub-task) in cui l’attività può essere decomposta chiedere “perché?” spinge a comprendere il legame dell’azione analizzata rispetto al contesto, a individuare connessioni con altre attività di ordine superiore e a cogliere l’interdipendenza con altre attività che vengono primo o dopo quella che si sta analizzando. Percorso della task analysis: 1) ottenere informazioni accurate per la descrizione dell’attività lavorativa (attraverso l’osservazione) 2) rappresentarla in modo preciso 3) mostrare il risultato provvisorio al lavoratore interessato per eventuali integrazioni e correzioni 4) usare il risultato finale come input per altre attività connesse HTA (Hieratchical Task Analysis): tecnica classica per la raccolta delle informazioni utili a descrivere dettagliatamente il lavoro; si basa sulla descrizione dei compiti secondo un analogo procedimento di decomposizione degli scopi e delle attività in subelementi, legati strettamente tra loro in modo gerarchico. CTA Cognitive Task Analysis evoluzione della task analysis stimolata dai cambiamenti del lavoro si riferisce ai processi mentali coinvolti nelle azioni appare indicata se i compiti sono complessi e mal strutturati, incerti e dinamici, se coinvolgono decisioni individuali o in gruppo o richiedono interazioni con tecnologie sofisticate assistite da computer. Si basa su metodi che descrivono come sono raccolte le conoscenze e le informazioni rilevanti da parte del lavoratore, come esse sono rappresentate mentalmente e come vengono usate. La CTA esplora: conoscenza dichiarativa→ riferita a fatti, oggetti, principi e regole relativi a un dato ambito e alle loro relazioni analizzata mediante tecniche grafiche che rappresentano i legami tra i vari concetti applicabili a un certo campo di lavoro conoscenza procedurale- come effettuare un certo lavoro comprende anche quei saperi pratici legati all’esperienza personale analisi viene effettuata mediante a) interviste retrospettive rispetto al compiti effettuato; b) ricostruendo una mappa concettuale delle azioni e della loro sequenza; c) facendo domande al lavoratore per integrare e correggere una rappresentazione grafica del compito fatta da un esperto d) usando la tecnica del “pensare ad alta voce” mentre si svolge un compito e) usando tecniche di analisi del discorso conoscenza strategica→ riguarda il problem solving e i piani di azione che possono facilitare le soluzioni in un dato contesto, le alternative in caso di insuccesso… l’analisi si basa su esercizi o tecniche di decisione. Prodotti di un’analisi del lavoro 1. descrizione del lavoro→ breve report che riporta i compiti, metodi di lavoro, attrezzature utilizzate, standard di prestazione e responsabilità della posizione sono considerati aspetti che definiscono la figura professionale specifica: - denominazione e tipo di lavoro - scopo - attività e procedure - condizioni di esecuzione - conoscenze e competenze richieste - risultati del lavoro 2. specificazione del lavoro (person specification)→ attenzione alle caratteristiche del lavoratore risultate importanti per lo svolgimento ottimale del compito e del suolo lavorativo; rappresenta l’esito principale dell’analisi del lavoro worker-oriented e del competency modeling che si focalizza su aree di attività caratteristiche più importanti: ◦ job knowledge (K) ◦ skills (S) ◦ abiliteis (A) ◦ other characteristics (O) Capitolo 5→ Psicologia e sicurezza nei luoghi di lavoro Sicurezza nei luoghi di lavoro sono in gioco vite umane, salute, integrità fisica, ma anche la reddittività delle imprese, produttività e costi sociali ingenti nei termini di assistenza e cura si tratta della sicurezza di utenti, pazienti e clienti→ l’adozione di adeguati protocolli di comportamento lavorativo tende a tutelare la salute e la sicurezza dell’operatore, dei pazienti e dei familiari lo stesso accade nella gestione dei grandi sistemi complessi→ la sicurezza nelle procedure di lavoro garantisce e tutela anche quella delle comunità circostanti e dell’ambiente in generale Beus, Mc Cord e Zohar sicurezza sul lavoro→ è un attributo delle organizzazioni di lavoro vi è sicurezza laddove c’è una bassa probabilità di minaccia fisica, immediata o differita, alle persone, alla proprietà e all’ambiente durante lo svolgimento di un’attività di lavoro → definizione che mette in secondo piano gli aspetti organizzativi che possono minacciare l’equilibrio psicologico della persona. Il tema della sicurezza può essere affrontato combinando insieme diverse competenze disciplinari: diritto, ingegneria, psicologia, medicina… la sicurezza è una combinazione complessa dove interagiscono fattori strutturali→ adeguatezza delle infrastrutture tecnologici→ funzionalità di strumenti di protezione gestionali e organizzativi→ attenzione manageriale ai fattori di rischio, allocazione del personale… individuali→ comportamento dell’operatore, competenze e abilità… è dall’insieme di tali elementi che può scaturire l’incidente o la catastrofe. Landy e Conte→ contributo della psicologia del lavoro e delle organizzazione allo studio della sicurezza sul lavoro attraverso diversi approcci approcci individualistici ◦ approccio ingegneristico-ergonomico→ finalizzato a prevenire incidenti e comportamenti insicuri operando su tecnologie e interazione persona-macchina ◦ approccio centrato sulla gestione delle risorse umane→ interventi mirati a selezionare e formare le persone in modo da evitare il più possibile condotte insicure ◦ approccio motivazionale→ diretto a far cambiare atteggiamenti e comportamenti delle persone soprattutto per quanto riguarda la percezione del rischio e la violazione di norme approcci organizzativi ◦ approccio della cultura della sicurezza ◦ approccio del clima di sicurezza→ prende in considerazione i modo in cui le persone percepiscono il funzionamento collettivo di una organizzazione in rapporto alla sicurezza. Propensione individuale agli incidenti (accident proneness): tendenza di una persona a sperimentare più incidenti, rispetto a individui comparabili in termini di caratteristiche di base, dovuta a caratteristiche stabili di personalità → si tratta per lo più di capire se alcuni tratti di personalità sono implicati nell’adozione di comportamenti sicuri sembra che i tratti di coscienziosità e amicalità siano significativamente associati a comportamenti sicuri. L’analisi degli incidenti nei luoghi di lavoro mette in evidenza come nella gran parte dei casi sia implicato qualche comportamento umano errato. Modello di Reason considera errori e intenzioni come due concetti inscindibili distingue tra comportamenti non intenzionali ◦ sviste o disattenzioni (slips)→ l’errore è provocato da azioni che deviano dal loro corso previsto, senza che l’individuo se ne renda immediatamente conto l’intenzione è corretta ma l’azione non è congruente con tale intenzione ◦ dimenticanze (lapses)→ errori di memorizzazione, di recupero di dati dalla memoria nell’esecuzione di un compito azioni mancate o omissioni riferite solitamente a malfunzionamento cognitivo e costituiscono dei fallimenti di esecuzione di un compito tali atti non intenzionali sono perlopiù presenti in compiti di tipo routinario, molto familiari e basati sull’uso di competenze elementari e di processi cognitivi automatici. Una classe di errori molto significativa è quella dovuta a cattivo riconoscimento di segnali; possono essere dovuti ad ambiguità dei segnali. Anche il sovraccarico di lavoro può essere considerato come un importante predittore di disattenzioni e dimenticanze. comportamenti intenzionali ◦ sbagli (mistakes)→ l’incidente o l’errore è provocato da un’azione guidata da un’intenzione non appropriata l’errore è prodotto da un’intenzione errata che genera un’azione anch’essa sbagliata nascono da un malfunzionamento cognitivo, ma legato al giudizio, ai processi inferenziali alle scelte di determinati corsi di azione; costituiscono dei fallimenti di pianificazione, corrispondono a un’errata interpretazione del problema o delle soluzioni adottate per risolverlo ▪ errori riferiti a prestazioni rule-based→ si manifestano principalmente in compiti di problem solving nei quali non vengono applicate le adeguate regole di soluzione ▪ errori riferiti a prestazioni knowledge-based→ dovuti a limiti conoscitivi associati al compito e a circostanze impreviste e non familiari Janis propone una strategia vigilante di problem solving che dovrebbe consentire di contenere tali tipi di errore passaggi che dovrebbero essere applicati anche a decisioni relative alla sicurezza: 1. formulazione del problema 2. uso delle risorse informative 3. analisi e riformulazione sulla base delle nuove informazioni 4. valutazione e selezione 5. esecuzione supervisione ◦ violazioni (violations)→ l’incidente o l’errore è provocato da un comportamento deliberatamente adottato non congruente a istruzioni, norme e codici derivano da una deliberata scelta di un corso di azione non sicuro da parte dell’individuo sono azioni intenzionali, consapevoli e finalizzate a un obiettivo ▪ violazioni di routine→ fanno parte di un repertorio comportamentale abituale della persona e si ripetono regolarmente ▪ violazioni eccezionali→ sono atti intenzionali che si manifestano in occasioni particolari a fronte di circostanze specifiche le violazioni sono da porre in relazione con il sistema di valori dell’individuo, l’etica e la deontologia professionale, nonché la condivisione di obiettivi, la cultura e le norme organizzative. Reason identifica 3 grandi limiti del nostro funzionamento cognitivo che possono essere considerati come precursori psicologici degli errori (slips, lapses e mistakes):  razionalità limitata→ la capacità della mente umana di formulare e risolvere problemi complessi è poca cosa se paragonata alla dimensione dei problemi  razionalità imperfetta→ presenza di numerose scorciatoie del ragionamento umano (euristiche) ed errori strutturali nei processi di stima, giudizio, scelta, decisione  razionalità riluttante→ evitamento della tensione cognitiva; difficoltà a intraprendere elaborazioni di informazioni complesse e per lunghi periodi di tempo; problema dell’attenzione come risorsa scarsa possono essere messi in atto delle misure che facciano da protezione e impediscano all’inaffidabilità umana di generare incidenti, infortuni o catastrofi e che vadano a ridurre il potenziale negativo di tali errori. Turner e Perrow hanno evidenziato l’influenza di fattori organizzativi nella genesi e nella dinamica degli incidenti - le decisioni - i sistemi di coordinamento e controllo - la formazione degli operatori - i processi di comunicazione - l’integrazione e o scambio di informazione - la conoscenza e la sua circolazione all’interno del sistema organizzativo - la cultura della sicurezza per Turner gli incidenti avvengono a causa di fenomeni di “miopia” e “sordità” organizzativa; generati dall’incompatibilità tra le assunzioni culturali dell’organizzazione (come si pensa vadano le cose) e la realtà (come di fatto le cose funzionano). La fallibilità umana può risultare facilitata da alcuni contesti organizzativi che costituiscono dei veri e propri error-inducing systems da questa prospettiva anche le violazioni vengono concepite in modo diverso: il conformarsi o meno alle regole di sicurezza è il risultato emergente dalle norme, spesso implicite, proprie della cultura del gruppo di riferimento, del suo modo di concepire il rischio e la sicurezza, del contesto interorganizzativo e istituzionale in cui l’organizzazione opera. Secondo la prospettiva del costruttivismo sociale il posto di lavoro sicuro è un luogo dove diversi gruppi di individui interagiscono, negoziano e generano quotidianamente una cultura della sicurezza attraverso le politiche di gestione dei rischi, i regolamenti, le soluzioni per fronteggiare gli imprevisti… un ruolo importante di produzione della cultura di sicurezza è ricoperto dalle organizzazioni sindacali. Reason sostiene che ogni organizzazione dispone di una serie di difese multistrato costruite per premunirsi contro gli incidenti→ si tratta di barriere successive, ognuna progettata per supportare le altre purtroppo queste però presentano dei “buchi” il modello di Reason prende il nome di “Swiss Cheese Model” ogni incidente è generato dall’intreccio di errori attivi → associati alle prestazioni degli operatori di prima linea, che spesso attivano materialmente l’incidente e condizioni latenti→ associate ad attività distanti dal luogo dell’incidente, come le attività manageriali normative e organizzative le conseguenze delle condizioni latenti possono rimanere silenti per lungo tempo e diventare evidenti solo quando si combinano con altri fattori in grado di rompere le difese del sistema stesso. La traiettoria delle opportunità (di un incidente) riesce a superare le difese del sistema a causa dell’interazione tra i fattori latenti preesistenti e gli errori attivi innescati dagli operatori front line che danno senso e origine alla traiettoria. Essendo preesistenti, le condizioni latenti possono essere scopertee riparate prima che causino un danno Reason sostiene che tali condizioni rappresentino il primo bersaglio di ogni sistema di gestione del rischio dal punto di vista organizzativo, uno degli aspetti importanti è trarre insegnamento dagli errori e dagli incidenti per generare nuova conoscenza e per migliorare le misure di prevenzione near miss: evento che avrebbe potuto avere conseguenze dannose, ma che non si è concretizzato n un incidente costituisce una lezione a costo zero per l’organizzazione perché - questi near miss possono funzionare come vaccini per mobilitare le difese del sistema contro eventi più seri in futuro - forniscono informazioni qualitative su come i piccoli fallimenti difensivi possono allinearsi per creare incidenti più grandi - garantiscono la numerosità richiesta per un’analisi più approfondita - forniscono un richiamo potente dei rischi che il sistema deve affrontare. Weick e Sutcliffe individuano una serie di principi che possono essere applicati per aumentare la sicurezza e governare gli eventi inattesi nelle organizzazioni: 1. preoccuparsi degli eventi critici→ ogni errore o sintomo di malfunzionamento del sistema deve essere analizzato e valutato nelle sue potenziali conseguenze 2. riluttanza a semplificare 3. sensibilità alle attività in corso→ prestare costante attenzione alle attività in prima linea 4. impegno nella resilienza→ capacità organizzativa di affrontare eventi inattesi o potenzialmente disastrosi 5. rispetto per le competenze Concetto di clima di sicurezza→ sistema specifico di percezioni riferite al modo in cui nell’organizzazione si guarda alla sicurezza il clima di sicurezza fornisce al lavoratore informazioni su quali sono le priorità dell’organizzazione→ in base a tale percezione il lavoratore deduce quali condotte saranno premiate e quali sanzionate rappresenta una sorta di guida del comportamento organizzativo, po' regolare le decisioni collettive circa l’adozione o meno di misure di protezione, la violazione di norme… il clima di sicurezza può divenire la fonte di legittimazione organizzativa per mettere in atto comportamenti non sicuri e violazioni organizzazioni con climi di sicurezza più positivi tendono a promuovere comportamenti più sicuri. Zohar e Luria caratterizzano il clima di sicurezza su diversi piani di analisi livello organizzativo formale→ il clima si costruisce mediante l’adozione di politiche di sicurezza, la definizione di obiettivi strategici in termini di contenimento degli infortuni… il clima di sicurezza può essere definito mediante atti forali e regole livello di gruppo→ il clima di sicurezza è definito da un sistema di regole tacitamente condivise tra i membri del gruppo e i supervisori nasce dall’applicazione quotidiana di pratiche di lavoro è a questo secondo livello che si costruisce un concreto clima di sicurezza a questo livello è fondamentale la qualità della comunicazione tra leader e subordinati→ lo stile di direzione deve essere trasformazionale, aperto, orientato alla comprensione, e non di tipo correttivo. Zohar propone diverse dimensioni per studiare la percezione da parte dei lavoratori del clima di sicurezza in un’organizzazione: 1. atteggiamenti della direzione aziendale verso la sicurezza→ misura in cui le persone percepiscono che i dirigenti danno valore alla sicurezza e si impegnano in attività a supporto di questa 2. pratiche di gestione delle risorse umane→ la percezione del ruolo assegnato ai comportamen

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