Professione Infermieristica in Italia PDF

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Nursing Italian healthcare History of professions Healthcare professions

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This document discusses the history and evolution of the nursing profession in Italy, covering the transition from apprenticeship to university-level education. Key aspects of the role of nurses, including historical constraints and advancements, are detailed.

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Professione infermieristica in Italia L’Italia è stata uno dei primi paesi a portare l’infermieristica come corso universitario. Annalisa Silvestri è stata la prima donna senatrice infermiera in Italia: è la presidente della fondazione infermieri che ha portato l’infermieristica in università. Dal 1...

Professione infermieristica in Italia L’Italia è stata uno dei primi paesi a portare l’infermieristica come corso universitario. Annalisa Silvestri è stata la prima donna senatrice infermiera in Italia: è la presidente della fondazione infermieri che ha portato l’infermieristica in università. Dal 1994 l’infermiere è passato da occupazione a professione. Una volta la professione era solo femminile, e solo dal 1974 hanno introdotto gli uomini nella professione. Le scuole una volta erano religiose, con direttrici suore, con richiesta di convitto, per cui le allieve erano solo femminili. Non si parlava di università ma di scuole di formazione infermieristica: per essere ammessi bisognava aver compiuto 16 anni, essere sani e robusti, e venivi ammesso dopo un colloquio attitudinale e si veniva ammessi a fare l’internato all’interno della scuola. Era un processo di addestramento, e si studiava sugli appunti della direttrice della scuola. La scuola infermieristica regionale produceva principalmente forza lavoro. Non c’erano basi razionali per l’apprendimento, ma si imparava guardando, e si sottostava alla gerarchia dei medici. L’internato è stato tolto nel 1971. Dopo il 1971-1974 la professione inizia a diventare laica; intorno agli anni ’90 l’infermieristica è diventata universitaria ed ebbe una carenza drammatica di presenze. È stata presa poi la decisione di chiudere le scuole infermieristiche nel 1994 e mantenere solo il corso universitario, creando tensione tra i laureati e chi si è diplomato nella scuola infermieristica professionale. Non è più una professione ma una formazione intellettuale. Alle scuole professionali gli infermieri avevano le MANSIONI; adesso non ci sono più mansioni ma attività lavorative che presuppongono una data preparazione ed esercitata in modo organizzato, sistematico e continuativo. Lo sforzo universitario è molto maggiore rispetto a quello della scuola infermieri, che si basava principalmente sull’obbedienza e la buona condotta. Gli ospedali che hanno chiuso le scuole professionali sono rimasto senza forza lavoro, e senza studenti negli ospedali periferici c’è un decadimento negli ospedali più piccoli. Nel primo luglio del 1994 ci fu una manifestazione degli infermieri a Roma per chiedere l’abrogazione del mansionario e una rivoluzione della professione dell’infermiere all’università. Ci fu un’adesione totale. Dal ’94 venne pubblicato il DM 739/1994, in cui l’infermiere non è più professionale, ma infermiere laureato. Vengono ridefinite tutte le figure professionali. Dopo la rivoluzione degli infermieri venne decisa l’equipollenza tra infermieri laureati ed infermieri usciti dalla scuola professionali: parità economica e di responsabilità. Agli infermieri professionali è stata concessa la possibilità di continuare gli studi, a patto che ci fosse la maturità di scuola superiore, e di fare un percorso di riqualificazione di un anno per ottenere la laurea. Evoluzione formativa: Le scuole professionali: il Decreto-legge del 1925 prevedeva che le istituzioni di pubblica beneficienza e assistenza sociale potessero istruire apposite scuole professionali, ove al termine della frequentazione di un corso biennale teorico-pratico con relativo tirocinio, si conseguiva un diploma di Stato per l’esercizio della professione di infermiere (INFERMIERE PROFESSIONALE). Collegio professionale (nel secondo dopoguerra): nel 1954 nasce il collegio Infermiere Professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia. Una legge del 1971 abolisce l’internato obbligatorio e apre al genere maschile la frequentazione. Nel 1973 le scuole per Infermieri Professionali diventano triennali in accordo all’accordo Europeo di Strasburgo. Il DPR del 1974 (n. 225) specifica le mansioni, subordinandone la responsabilità al personale medico. MANSIONARIO = DPR 1974, n.225 Definito nel 1974 dal presidente della Repubblica, sulle mansioni degli infermieri professionali e degli infermieri generici. Dal 1999 è stato rimosso il mansionario, poiché era troppo limitante per la professione. La Mansione è un’attività spiccia che rappresenta solo compiti pratici e macchinosi da eseguire. Le mansioni nascevano da ciò che era necessario da eseguire all’interno dell’ospedale, ed erano azioni operative. All’infermiere professionale compete: Assistenza completa all’infermo (ora non si chiama più infermo ma paziente). Somministrazione dei medicinali prescritti ed esecuzione dei trattamenti speciali curativi ordinati dal medico. Sorveglianza e somministrazione delle diete Assistenza al medico nelle varie attività di reparto e di sala operatoria (assistenza gerarchica al medico). Rilevanza delle condizioni generali del paziente Effettuazione di esami di laboratorio più semplici (stick glicemici, esami urine, poiché la figura del tecnico di laboratorio non era ancora ben formata). Decreto Ministeriale 739/1994 Questo decreto non ha avuto la stessa forza impattante del mansionario emesso dal presidente della repubblica. Viene individuata la figura professionale dell’infermiere con il seguente profilo: “l'infermiere è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale è responsabile dell'assistenza generale infermieristica. L’assistenza infermieristica è di natura tecnica, relazionale ed educativa”. ALBO = forma di controllo sugli esercenti di una professione, per evitare l’abusivismo e controllare la carriera di ogni professionista. Mette anche in sicurezza gli utenti, per verificare la competenza di ogni professionista. Assistenza generale infermieristica: gli infermieri sono tutti abilitati all’assistenza generale, ma poi possono specializzarsi e poter essere responsabili di assistenza specifica. “L'assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa” gli infermieri si occupano della prevenzione, della cura, della riabilitazione del paziente ad esempio nel post-operatorio, e della cura palliativa di persone in fase terminale di tutti i tipi di malati. L’infermieristica non è solo tecnica, ma anche relazionale ed educativa. “L'infermiere partecipa all'identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività”: raccolta dati sul paziente. “L’infermiere pianifica, gestisce e valuta l'intervento assistenziale infermieristico”: valutazione personale su come agire sul paziente, senza supporti di altri professionisti. “L’infermiere garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche”: dalle istruzioni mediche, poi l’infermiere si carica della responsabilità della corretta applicazione delle prescrizioni. “L’infermiere agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali”: nel gruppo l’infermiere perde la sua efficacia perché in ospedale c’è un ricambio continuo di infermieri in reparto. L’infermiere di comunità invece è singolo e si occupa delle persone in rapporto 1:1. “L’infermiere per l'espletamento delle funzioni si avvale, ove necessario, dell'opera del personale di supporto”: si sviluppa la figura dell’OSS (ex infermiere generico, un infermiere con un campo di attività limitate). “La formazione infermieristica post-base per la pratica specialistica è intesa a fornire agli infermieri di assistenza generale delle conoscenze cliniche avanzate e delle capacità che permettano loro di fornire specifiche prestazioni infermieristiche nelle seguenti aree: a) sanità pubblica: infermiere di sanità pubblica; b) pediatria: infermiere pediatrico; c) salute mentale-psichiatria: infermiere psichiatrico; d) geriatria: infermiere geriatrico; e) area critica: infermiere di area critica.” Nel 1994 erano state riconosciute 5 aree specialistiche di infermieristica, che col tempo sono state completamente ridisegnate. Legge 42/99 Visto che c’era incertezza tra il mansionario e il decreto ministeriale su cosa potesse fare un infermiere, nel 1999 arriva la legge 42 che rimuove tutte le precedenti leggi e mette in chiaro la figura dell’infermiere. ART 1: la professione sanitaria non è più ausiliaria ma è una professione sanitaria vera e propria. Viene eliminato il mansionario ad eccezione del titolo 5, che specifica la figura dell’infermiere generico. Da questo momento il campo proprio di attività e responsabilità dei professionisti sanitari è determinato da 3 elementi: Dal profilo professionale 739/94 Dagli ordinamenti didattici: ognuno può fare ciò che ha studiato e che è riconosciuto da una laurea universitaria. Dal codice deontologico 1999-2009. Il codice deontologico viene aggiornato continuamente. Questa legge mette però i confini tra le varie professioni mediche e sanitarie, per cui ognuno può fare tutto nel rispetto della propria competenza senza invadere le altre professioni, e fare solo ciò che è di propria competenza data dalla laurea. Ci sono spesso tensioni tra medici-infermieri-operatori sanitari, ma questa legge impone i confini di ognuno. ART 4: ribadisce l’equipollenza tra gli infermieri laureati e gli infermieri diplomati in precedenza. Campi di attività: Bisogni di assistenza: OTA, OSS, OSSS, IG Bisogni di assistenza infermieristica: IP, IDU, ID, IL Bisogno di diagnosi/trattamento: MEDICI Sviluppo professionale e di carriera DOPO LA LAUREA TRIENNALE: sviluppo di un infermiere Sviluppo professionale (competenze): esperienza, educazione continua in Medicina, pensiero critico, riflessione sulla pratica, supervisione. Sviluppo di carriera (posizioni): CURRICULUM, formazione avanzata. La disciplina infermieristica è pratica, che si apprende stando nei contesti con i pazienti. Le competenze infermieristiche evolvono: Novizio: primi 6 mesi, posizione di smarrimento riguardo la professione. Novizio avanzato Competente/abile Esperto: colui che lavora da 3/5 anni sempre sulle stesse casistiche, che ha un’enorme capacità di previsione dei casi. Le competenze possono avere due sviluppi: Sviluppo orizzontale: si resta sui pazienti ma con livelli sempre diversi di responsabilità. -infermiere con gradi diversi di competenza clinica -infermiere con competenze infermieristiche avanzate. Sviluppo verticale: passare da una posizione all’altra aumentando i gradi di livello e allontanandosi sempre di più dalla cura del paziente. Lo sviluppo della carriera verticale non procede in maniera gerarchica, ma puoi arrivare a tutti i livelli senza dover seguire tutti gli step. -coordinatore infermieristico dopo 3 anni di esperienza -responsabile infermieristico di dipartimento -direttore del servizio infermieristico dopo 5 anni di esperienza Gli infermieri neolaureati sono infermieri di base, che possono intraprendere percorsi generalisti, oppure entrare direttamente in reparti specialistici. Negli stati uniti quando un infermiere intraprende un master, va ad erodere dei ruoli prettamente medici, acquisendo responsabilità che di solito sono solo mediche; In italia ci sono 4 livelli di espansione dell’infermieristica: Task shifting = un infermiere svolge attività che nella tradizione rientrano in un dominio delle cure mediche, acquisite tramite master. Expansioning = un infermiere svolge competenze di processo Enlarging = un infermiere si occupa di aree di bisogno che nessuno sta considerando (ad esempio, infermieristica transculturale). Specialization = disease specific in ambiti ad elevata frequenza come le malattie croniche. Laurea in Infermieristica master di primo livello/laurea magistrale master di secondo livello dottorato di ricerca. 3 tipologie di master: Master trasversali: sono master accessibili a tutti i professionisti sanitari, e sono master di coordinamento di tutte le professioni sanitarie/master di tutorship/master medicina legale forense/master in ricerca… Sono master generalisti, non specialistici. Master interdisciplinari: master che comprendono sia un percorso solo infermieristico, sia un percorso con tutti gli altri professionisti sanitari. Master principale: cure palliative. Master specialistici: master in cure primarie/master in area intensiva e dell’emergenza/master in area medica/master chirurgico/master neonatologico e pediatrico/master nella salute mentale/master in cure palliative/master nella sorveglianza epidemiologica. Legge 43/2006 Venne richiesto un riconoscimento per gli infermieri che avessero maggiori livelli di studio (master, magistrali). Esiste l’infermiere in possesso di diploma, responsabile dell’assistenza generale Esistono i professionisti coordinatori, che hanno un master in coordinamento e dopo 3 anni di attività professionale intraprendono il percorso di coordinamento. Esistono i professionisti specialisti in possesso di master, ovvero di un’attività specialistica, che potranno essere valorizzati senza richiedere tempistiche di esperienza. Esistono professionisti dirigenti con laurea magistrale, che necessitano di almeno 5 anni di esperienza. Legge 190, art. 566/2014 Sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e d’equipe su compiti, funzioni, e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, tecniche di riabilitazione e della prevenzione, anche attraverso percorsi formativi complementari. Codice deontologico dell’infermiere Deontologia professionale = insieme di regole di indirizzo (poi ciascuno di noi ci metterà il suo) comportamentali che attiene ad una professione, ed è un codice che la professione approva ma che poi vista la legge del 42/99, questo codice ha assunto un valore giuridico. Non è più una raccomandazione di comportamenti, ma ha un valore giuridico. L’ultimo codice è stato aggiornato nel febbraio del 2019. È definito di norma dagli ordini/collegi professionali. Dentro al codice deontologico ci sono normative ma anche principi etici e morali da rispettare (ad esempio privacy dei pazienti). Primo codice deontologico: Febbraio 1959: comitato centrale della federazione IPASVI inizia a discutere della necessità di mettere a punto un codice deontologico infermieristico, che indichi le coordinate etiche in relazione alle quali operano le appartenenti alla professione. Approvato nel 1960 conquista importante che rappresenta un passo avanti nella costruzione dell’identità professionale, soprattutto nel rapporto con le altre professioni sanitarie. Secondo codice deontologico: 1977: è un testo molto sintetico, che resterà in uso per molti anni senza che si ponga nuovamente l’esigenza di rinnovarlo, proprio grazie alla caratteristica di estrema sintesi della formulazione. C’era un mix di codici professionali ma anche dei codici sindacali, e attiene alla dimensione etica della professione. Terzo codice deontologico: 1996: venne scritto il “patto tra infermiere e cittadino”. Venne redatto poiché il cittadino non era contento della figura professionale degli infermieri, perciò la federazione decise di coinvolgere le associazioni dei rappresentanti dei cittadini, e stabilirono il patto. È uno strumento innovativo che dà spazio all’esigenza crescente di protagonismo autonomo della professione, rivolgendosi al naturale interlocutore della propria attività: si tratta di un’autentica promessa, che inquadra l’assistenza in una dimensione sociale più ampia dei soli limiti delle strutture sanitarie, proponendo un contratto senza mediazione tra i veri protagonisti dell’assistenza (infermiere e cittadino). Questo patto è il preludio del codice deontologico del 1999, che è restato in atto per 10 anni. 1999: riscrittura del codice deontologico infermieristico, presentato in occasione della giornata internazionale dell’infermiere il 12 maggio 1999. Riflette l’evoluzione della professione, in cui l’infermiere non è più operatore sanitario dotato di un diploma abilitante, ma è il professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica. Quarto codice deontologico: 2009: la federazione IPASVI fece un documento che mandò a tutti gli operatori e chi voleva poteva partecipare, dando indicazioni sui contenuti del codice, per riflettere le percezioni e sensibilità di tutti gli operatori sanitari. Quinto codice deontologico: 2019 Tendenze nel nursing negli altri paesi del mondo STATI UNITI: hanno tipicamente un’infermieristica che va verso la medicina, con molte conoscenze cliniche rispetto all’infermieristica italiana. Ci sono le school of nursing, in cui gli infermieri insegnano materie di studio come la fisiologia, l’anatomia (materie tecniche, mediche). Le scuole di infermieristica sono molto costose. Negli stati uniti è difficile accedere ai pazienti a livello universitario, e non possono fare pratica. Hanno laboratori per fare pratica. Ci sono ancora i diplomi di nursing, ma gli ospedali preferiscono sempre assumere persone con le lauree. L’ostetrica è una specialità dell’infermieristica, e anche l’anestesista. Finita la laurea, devono fare un esame nazionale NCLEX, che li abilita a lavorare. GIAPPONE: forte culto della cura delle persone e del corpo. Forte cura nei confronti di anziani e bambini. È un’infermieristica recente, nata nel 1958, e hanno un corso di laurea di 4 anni. L’ostetricia/assistente sanitario sono specialità dell’infermieristica. CANADA: ha uno stile infermieristico meno statunitense e più europeo, molto vicina alla nostra italiana. Anche in Canada hanno un esame CLEX di abilitazione. EUROPA: Europa del nord = infermieristica “semplificata” in cui ogni infermiere segue al massimo 4-5 pazienti. Hanno molti confort all’interno dell’ospedale. L’infermiere è il punto di riferimento per l’individuo durante tutto il corso della vita. Non ci sono OS, quindi curi a tutti i livelli il paziente. La formazione universitaria/professionale è orientata alla propria sicurezza e a quella dell’assistito, alla condivisione e confronto a livello internazionale di strategie assistenziali, e una forte incentivazione alla prosecuzione degli studi e allo sviluppo di carriera. In Europa del Nord danno anche grande rilevanza al benessere lavorativo. Europa del sud (spagna, Grecia) = hanno 4 anni di formazione. I sistemi sanitari sono molto popolosi, quindi gli infermieri si occupano di molti pazienti, e sono molto tecnici. La ricerca infermieristica è in crescita. Inghilterra = hanno formazione universitaria molto costosa, con un approccio molto tecnico. Europa dell’est = difficoltà a stabilire la formazione a livello universitario, hanno molte scuole private. Hanno un’infermieristica ancora molto occupazionale, e non sono ancora molto emancipati (sanità gerarchica). Francia, Germania = hanno attivato da poco la formazione universitaria, e l’infermieristica sta crescendo negli ultimi anni. Nucleo 2 LAVORARE CON OPERATORI DI SUPPORTO Gli operatori di supporto sono intesi come OSS, OTA. Una volta, gli infermieri generici venivano formati nelle scuole infermieristiche professionali, con percorso formativo di un anno, che poi poteva fermarsi lì oppure crescere a livello dell’infermiere professionale. Gli infermieri generici lavoravano con gli infermieri professionali, ma dipendevano gerarchicamente solo dai medici e non dagli infermieri professionali. Gli infermieri professionali non sviluppavano la skill di leadership. Mansionario dell’infermiere generico (Titolo V, DPR 1974/225): l’infermiere generico coadiuva l’infermiere professionale in tutte le sue attività e su prescrizione del medico si trova a svolgere diverse operazioni: Assistenza completa al malato (pulizia ed alimentazione) Raccolta di escreti Clisteri Medicazioni semplici e bendaggi Rilevamento di temperatura, polso e respiro (gli infermieri generici non potevano prendere la pressione arteriosa). Somministrare i medicinali prescritti dal medico. Iniezioni ipodermiche ed intramuscolari Sorveglianza di fleboclisi Negli anni ’80 iniziano a chiudere la formazione degli infermieri generici, nell’idea che avere solo infermieri professionali al letto dei pazienti fosse meglio. Gli infermieri professionali poi si trovarono a svolgere anche i compiti dell’infermiere generico: si creò tanta tensione perché gli infermieri erano insoddisfatti, e c’era tanta tensione sulle loro spalle. Ci fu un calo drastico delle figure di infermieri: il legislatore quindi ripropose una figura sanitaria ausiliaria detta OTA (operatore tecnico assistenziale), con un anno di formazione. I medici quindi persero la gerarchia, e gli OTA sottostavano al caposala: gli infermieri non svilupparono neanche in questo caso competenze di leadership. Successivamente comparvero le figure di OSS e OSSS, occupando ruoli di assistenza: l’assistenza è l’aiuto nella risoluzione di bisogni che la persona gestirebbe da sola se avesse la forza, le possibilità o le capacità. L’assistenza infermieristica invece è la diagnosi e il trattamento delle risposte umane ai problemi di salute presenti o potenziali. Ad oggi, ad affiancare gli infermieri nei ruoli di semplice assistenza, troviamo gli ausiliari, gli OTA (formazione ad oggi chiusa), OSS, e OSSS. C’è ancora qualche infermiere generico (formazione ad oggi chiusa). Queste figure di assistenza sottostanno alla figura dell’infermiere professionale. Conferenza stato-regioni 2001 includono le competenze dell’OSS Conferenza stato-regioni 2003 includono le competenze dell’OSSs. Sono dei documenti che le regioni hanno definito per regolamentare le competenze di OSS e OSSs, che contengono le competenze che queste figure sanitarie possono effettuare. Conferenza stato-regioni 2001 ALLEGATO B: competenze tecniche degli OSS Aiuta per la corretta assunzione dei farmaci prescritti e per il corretto utilizzo di apparecchi medicali di semplice uso. Aiutare nella preparazione delle prestazioni sanitarie Osserva, riconosce, e riferisce alcuni dei più comuni sintomi di allarme che l’utente può presentare non può rilevare i parametri vitali. Effettuare piccole medicazioni o cambio delle stesse (no lesioni da decubito). Controlla e assiste la somministrazione delle diete. Collabora ed educa al movimento e favorisce movimenti di mobilizzazioni semplici su singoli e gruppi Provvede al trasporto di utenti, anche allettati, in barella-carrozzella Collabora alla composizione della salma e provvede al suo trasferimento (collabora insieme all’infermiere). Conferenza stato-regioni 2003 È un documento regionale che descrive la formazione complementare in assistenza sanitaria dell’operatore sociosanitario (OSSs/OSSc). Operatori che hanno almeno 1400 ore di preparazione. Questa figura può svolgere le competenze dell’OSS, e inoltre, conformemente alle direttive del responsabile dell’assistenza infermieristica può eseguire: Somministrazione della terapia prescritta, per via naturale (bocca, naso, occhi, orecchie, retto, cutanea, vaginale). Somministrare terapia intramuscolare e sottocutanea su specifica pianificazione infermieristica. Rilevare, annotare alcuni parametri vitali (frequenza cardiaca, frequenza respiratoria e temperatura). Medicazioni semplici e bendaggi (non specificano la cura delle lesioni da decubito). Mobilizzazioni dei pazienti non autosufficienti per la prevenzione di decubiti Possono effettuare massaggio cardiaco esterno Somministrazione di diete Sorveglianza di fleboclisi conformemente alle direttive infermieristiche. Modi di lavorare Delega: posso delegare un’attività ad un mio pari, e poi non intervengo nell’operazione, e quindi la responsabilità passa a colui che ha ricevuto la delega. Attribuzione/affidamento: la responsabilità dell’attribuzione rimane a noi, e durante l’esecuzione del compito noi possiamo supervisionare l’operazione, e dobbiamo controllare alcuni aspetti critici. Criteri per decidere l’affidamento: Giusto compito: per capire se è un giusto compito bisogna conoscere bene la conferenza stato-regioni, e non possiamo affidare ad un operatore sanitario un compito che ci appartiene. Giusto paziente: dobbiamo interrogarci sulla complessità assistenziale di quel paziente su cui l’attività deve essere svolta. Bisogna considerare l’instabilità clinica del paziente, ossia la possibilità che ci siano delle variazioni della situazione clinica del paziente che rischia di essere stimolata durante un intervento o può compromettersi. L’instabilità clinica non è la criticità vitale. Bisogna considerare anche la dipendenza ADL (attività quotidiane come mangiare, muoversi): esse possono essere affidate ad una figura di supporto. Bisogna considerare l’attività di self-care, attività atte a stimolare l’autonomia del paziente o della sua famiglia: questa attività di educazione non è attribuibile ma è di competenza dell’infermiere. Un paziente con alta instabilità clinica ha necessità di supervisione totale di un infermiere, e l’OSS può solo assistere alle attività. Cinque regole dell’attribuzione: Giusto compito Giusta circostanza: non si può attribuire un’attività in circostanze non stabili, poiché questo genera anche grande amarezza nei confronti degli OSS. Giusta persona/giusto paziente. Giusto ordine e comunicazione: gesto esplicito, va comunicato in maniera adeguata. Giusta supervisione La supervisione è un’attività complessa, rappresentata dal tempo regolarmente dedicato ad una riflessione profonda sulla pratica clinica. Supervisore = attiva strategie per stimolare/permettere al supervisionato di raggiungere, mantenere e sviluppare in modo creativo una pratica di alta qualità attraverso un sostegno mirato. Le abilità del supervisore sono informativa, supportiva, stimolo, stimolo del dubbio, discussione e feedback. Supervisionato = riflette sul ruolo che svolge in qualità di individuo nella complessità degli eventi e sulla qualità della sua opera. L’obiettivo è raggiungere un equilibrio appropriato usando principalmente …SLIDEEE. La supervisione ha tre funzioni: formativa, normativa e di sostegno. Modalità sofisticate per l’affidamento: Non si possono attribuire attività se la valutazione infermieristica non è stata effettuata. Porsi il dilemma sul compito da attribuire: accertarsi che il compito sia di competenza degli OSS. Chiedersi se il personale di supporto è appropriatamente preparato al compito Chiedersi se il compito può essere realizzato senza il giudizio clinico e decisione critica. Il giudizio clinico è un’attività cruciale degli infermieri in cui essi nella pratica attivano un processo di problem solving, e utilizzano le loro competenze critiche e le competenze apprese e le applicano al letto del paziente. È un’attività che non va affidata ad un operatore di supporto. Se i risultati di un’attività affidata potrebbero avere un decorso critico e non prevedibile, valutare di svolgerla senza affidarla ad un operatore. Valutare se il compito può essere effettuato con sicurezza. Valutare se è possibile realizzare una supervisione: se non è possibile, non è attribuibile un affidamento. Altri operatori sanitari: Ci sono 4 classi: AREA DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA E OSTETRICA: infermiere, infermiere pediatrico, ostetrica. L’infermiere pediatrico nasce come figura professionale nel 1997, che partecipa all’identificazione dei bisogni di salute fisica e psichica del neonato, del bambino, dell’adolescente e della famiglia. L’ostetricia è una delle prime professioni sanitarie a sbarcare in ambito universitario, ed è una figura professionale definita nel 1994. Una volta potevano diventare ostetrici gli studenti di medicina che si fermavano al secondo anno e si specializzavano in ostetricia. L’ostetrica era una figura potente dal punto di vista formativo perché faceva nascere i bambini in casa. È una figura professionale che assiste e consiglia la donna nel periodo della gravidanza, durante il parto e nel puerperio, conduce e porta a termine parti eutocici con propria responsabilità e presta assistenza al neonato. È in grado di individuare situazioni potenzialmente patologiche che richiedono intervento medico e di praticar le relative misure di particolare urgenza. L’ostetrica partecipa: Ad interventi di educazione sanitaria e sessuale in ambito familiare e di comunità Alla preparazione psicoprofilattica al parto Alla preparazione e assistenza ad interventi ginecologici Al programma di assistenza materna e neonatale Alla prevenzione e accertamento dei tumori della sfera genitale femminile. CLASSE RIABILITATIVA: hanno la funzione prioritaria di abilitare i pazienti. I profili professionali di questa classe sono logopedista, fisioterapista, podologo, ortottico, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, tecnico della riabilitazione psichiatrica, terapista occupazionale, educatore professionale. Podologo = studia cura e prevenzione delle problematiche relative al piede. È una figura professionale di nicchia. Fisioterapista = è una figura con competenza riabilitativa che riguarda disabilità motorie, psicomotorie e cognitive. Propone l’adozione di protesi ed ausili, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia. Logopedista = figura specifica che si preoccupa della riabilitazione del linguaggio e della deglutizione, intervenendo principalmente sui bambini quando ci sono problemi di linguaggio, oppure interviene su pazienti afasici (senza parola). Ortottista/assistente di oftalmologia = assistenti alla riabilitazione dell’occhio. Terapista neuro e psicomotricità dell’età evolutiva = si dedicano all’intervento su ragazzi con disabilità motorie e dello sviluppo. Tecnico della riabilitazione psichiatrica = hanno abilità prettamente riabilitative. Terapista occupazionale = si impegna ad aiutare le persone a ritrovare le proprie capacità occupazionali tramite percorsi di riabilitazione. Effettua una valutazione funzionale e psicologica del soggetto ed elabora un programma riabilitativo volto all’individuazione ed al superamento dei bisogni del disabile e al suo avviamento verso l’autonomia personale nell’ambiente di vita quotidiana e nel tessuto sociale. Educatore professionale = attiva piani di intervento educativi e riabilitativi volti ad uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativi e relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana, curando il positivo inserimento o reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficoltà. CLASSE DELL’AREA TECNICA: comprende l’audiometrista, il tecnico di laboratorio biomedico, il tecnico di radiologia, il tecnico di neurofisiopatologia, l’ortopedico, l’audioprotesista, il tecnico di fisiopatologia, l’igienista dentale e la dietista. CLASSE PREVENTIVA: hanno finalità preventiva sulle malattie, intervenendo sulla sanità pubblica. Comprende l’assistente sanitario, e colui che fa prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro. L’assistente sanitario lavora nei dipartimenti di prevenzione, lavorando nella sanità pubblica. queste quattro classi prevedono una laurea specialistica che raggruppa le seguenti classi facendo una laurea magistrale per ogni classe: ci sarà quindi la laurea magistrale specialistica dell’assistenza, la laurea magistrale per la classe riabilitativa, la classe tecnica e la classe preventiva. Aree di collaborazione/autonomia: utilizzo del modello bifocale: l’area di sovrapposizione tra medico e infermiere in area critica è molto ampia, per cui l’area di autonomia è più stretta. Nell’area delle cure a lungo termine invece la collaborazione è più ridotta mentre è più ampia l’area dell’autonomia. Più la complessità è bassa e più c’è un sistema gerarchico, mentre salendo di complessità aumentano i piani di lavoro e la documentazione integrata, i ruoli di coordinamento e le riunioni-briefing. Strategie di collaborazione con modelli organizzativi: è molto presente il modello di organizzazione in cui ogni professionista fa il suo compito senza collaborazione tra operatori, ma non risulta molto funzionale. Se gli operatori sanitari si concentrano su tanti compiti, si rischia di avere frammentarietà e discontinuità, errori e rischio di deprofessionalizzazione, e mancanza di regia sul paziente e di un progetto condiviso tra medici e infermieri. Ma se vengono costituiti dei team di professionisti che collaborano su ciascun paziente e tengono insieme le diverse competenze, l’efficacia è molto più elevata e gli operatori sono più motivati. Se c’è una divisione in team per i vari pazienti, gli infermieri conoscono meglio i pazienti, un minor numero di operatori ruota intorno al paziente, gli operatori sono più motivati e possono dedicarsi anche ad aspetti educativi e relazionali; inoltre aumenta la collaborazione medico-infermiere. C’è un terzo modello di altissima presa in carico in cui c’è un’elevata personalizzazione dell’assistenza o delle cure, e un’elevata intensità di relazione con il paziente: primary care. C’è un operatore che è leader di quel paziente e guida gli interventi sul paziente. Modello del case manager: c’è un operatore che aiuta a gestire i percorsi pre-ricoveri e le dimissioni dei pazienti. NUCLEO 3 Gli esiti delle cure infermieristiche e la struttura concettuale del nursing Esito/outcome infermieristico = condizione, comportamento o percezione misurabile del paziente o della sua famiglia concettualizzato come una variabile e largamente influenzata da o sensibile alle cure infermieristiche. È il cambiamento misurabile nella condizione del paziente che può essere attribuito alla cura ricevuta. Mitchell, nel 1991, iniziò a dire quali fossero gli esiti delle cure infermieristiche: Self-care appropriato Comportamenti di promozione della salute Qualità di vita Gestione dei sintomi: ridotta la percezione del dolore “ben assistito” Classificazione con due tipologie di esiti delle cure infermieristiche: ESITI POSITIVI (esiti di effectiveness, di efficacia): indipendenza nelle attività di vita quotidiane, self-care terapeutico, capacità di gestione dei sintomi, confort, coping, soddisfazione del paziente e della famiglia. Gli esiti positivi influiscono nella qualità della vita del paziente, alle riammissioni ospedaliere, e alle ammissioni anticipate in istituzione. ESITI NEGATIVI (esiti di safety): lesioni da decubito, cadute, malnutrizione, disidratazione, infezioni devices, infezioni ferita chirurgica, estubazioni accidentali, ab ingestis/polmoniti da inalazione, TVP (trombosi venosa profonda, evento ultimamente poco frequente), errori di terapia (errori di dosi, errori di paziente, errori di via di somministrazione, errori di velocità, errori di orario, errori di miscelamento di farmaci), mancato riconoscimento del deterioramento clinico di un paziente. Gli esiti negativi possono portare alla morte o ad una prolungata durata della degenza. ESITI DI COMPASSIONATE CARE: capacità di un infermiere di fare la scelta migliore per un paziente, anche prendendosi dei rischi. ESITI: concetti chiave Confort fa parte degli esiti positivi, ed è attribuibile ad una buona assistenza infermieristica. Il confort esprime la completa assenza di disconfort, la completa assenza di dolore, la completa assenza di sintomi (freddo, fastidio, sete, fame) e concetto opposto a sofferenza. Il dolore e i sintomi sono intesi come aree in cui l’infermiere ha la capacità di intervenire. La misurazione del confort è difficile. Coping è la risposta umana di adattamento, che noi possiamo promuovere e sviluppare. Riguarda la risposta allo stress: ogni persona ha una diversa capacità di adattamento allo stress. Uno stress all’interno di una malattia è altissimo, anche se ogni paziente esprime lo stress in maniera individuale: dobbiamo aiutare i pazienti ad avere un coping efficace nei confronti della malattia. Esistono due forme di coping: c’è chi in condizioni di stress deve tenersi impegnato a livello pratico (problem based), e chi attua strategie di controllo a livello emotivo (emotional based). Il coping non è attribuibile solo agli infermieri. Self-care self care è l’autoassistenza, ossia il trasferimento di competenze da noi al paziente o la famiglia per poter gestire al meglio il loro problema di salute. Utile per controllare la malattia. Comprende autocontrollo, autogestione, autocura, autoprogettazione. INTERVENTI INFERMIERISTICI: Sono strategie pianificate orientate alla risoluzione di problemi; sono di natura tecnica, relazionale ed educativa. Facilitare le transizioni Sorveglianza infermieristica: è l’abilità di giudizio clinico che rende possibile la comprensione che i pazienti stanno declinando. È un importante intervento infermieristico che permette un tempestivo riconoscimento del deterioramento fisico del paziente, della comparsa di un evento avverso o di una complicanza dei pazienti. È l’intervento che più protegge i pazienti da esiti negativi. La sorveglianza è fatta di azioni e comportamenti, ma anche di ragionamento cognitivo. La sorveglianza cognitiva è il ragionamento clinico promosso sulla base delle competenze dell’infermiere. La sorveglianza aumenta la sicurezza dei pazienti, ma non è da confondere con il monitoraggio e la vigilanza. Sorveglianza = tenere sotto controllo persone e cose, e seguire con interesse qualcosa di particolare. È una misura di sicurezza e prevenzione. Vigilanza = stare attenti affinché qualcosa avvenga nel modo desiderato, e sorvegliare e seguire attentamente lo svolgimento di un’azione. Monitoraggio = rilevazione dei dati per controllare un’evoluzione, che può essere effettuato anche da un operatore sanitario. Aumentare il monitoraggio aumenta la qualità della cura. Empowerment: può essere di tipo comportamentale (apprendere capacità, skills, interventi, stili di vita), di tipo affettivo (aumentare l’autostima, la confidenza in sé), e cognitivo (apprendere le conoscenze, superare la percezione di stigma). Caring: indica azioni quali monitorare, proteggere, dedicare attenzione, avere considerazione. È considerato l’essenza del nursing. Il caring è un processo interpersonale caratterizzato da sensibilità personale e relazione profonda con i pazienti; alla base vi è l’espressione di un bisogno da parte del paziente e la maturità professionale, una base morale e un ambiente di lavoro favorevole da parte di coloro che si prendono cura di lui. Come risultato del caring, operatori e pazienti raggiungono uno stato di benessere fisico e morale. Antecedenti al caring: bisogni del paziente di stringere un rapporto con l’infermiere; maturità professionale dell’operatore; un fondamento morale che ci impegna ad agire in maniera benevola; un ambiente favorevole. Il caring dipende anche dall’ambiente organizzativo in cui è immerso. Conseguenze al caring: INFERMIERI aumento della soddisfazione personale e professionale; una migliore comprensione del vissuto di malattia del paziente; senso di crescita professionale che aumenta la probabilità che il caring si manifesti in futuro PAZIENTI benessere fisico e mentale con meno stress e ansia, maggiore autostima, confort, speranza, sicurezza. Il caring influenza la percezione del paziente nei confronti dell’infermiere, che è percepito come competente e rispettoso. Il caring è un prodotto molto richiesto nella health-care, e assieme alla soddisfazione del paziente, è in grado di migliorare la qualità dei servizi sanitari. Il punto cruciale del caring, data la sua misura elusiva, è la sua misurabilità: negli ultimi 25 anni sono stati sviluppati diversi strumenti in grado di accertare e misurare i comportamenti che esprimono il caring. Dedicare il tempo e le attenzioni ai pazienti è la cosa più importante del caring. La via italiana del caring: LA CURA PER L’ALTRO: implica il dedicare tempo, avere rispetto per l’altro, prestare attenzione, preoccuparsi della dimensione emozionale, comprendere l’altro, cercare di stabilire una relazione con il paziente attraverso una gestualità fisica. LA CURA DEL CONTESTO: stabilire una relazione coi familiari, costruire buone relazioni con colleghi e medici, agire sul contesto organizzativo. L’INVISIBILE DELLA CURA: implica il preoccuparsi dei pazienti, occuparsi del proprio vissuto emozionale, riflettere sull’esperienza. la differenza più grande tra il caring italiano e statunitense è l’invisibilità della cura e l’attenzione al contesto. Queste due dimensioni non sono presenti nella struttura statunitense. Azioni di caring comuni ad altri studi: essere competenti, essere presenti, ascoltare, avere rispetto, mostrare attenzione e disponibilità, toccare con gentilezza, agire sull’ambiente, farsi portavoce del paziente. PARADIGMA Ci sono concetto comuni/dominanti che appartengono alla cultura scientifica e pratica di una comunità professionale, e riguardano i diversi ambiti: persona, salute, ambiente e nursing. PERSONA gli infermieri vedono i pazienti in diversi modi: Cliente/utente Paziente Famiglia/comunità Dal punto di vista fisico, sociale, spirituale Dal punto di vista parziale o olistico SALUTE Visione della salute: Disease/illness Salute/qualità della vita Salute come processo statico o qualcosa di dinamico AMBIENTE Visione dell’ambiente: Fisico Sociale/relazionale Culturale/antropologico Statico/dinamico Predominanza/assenza NURSING: Social oriented (vicino ad altre professioni) Fisical/intervention oriented I FONDAMENTI DELLE CURE INFERMIERISTICHE Cosa non sono: cure infermieristiche fondamentali, assistenza di base, assistenza infermieristica di base. Che cosa sono: le FONDAMENTA, il passaggio obbligato quotidiano su cui si innesta ogni successivo atto infermieristico, capace pertanto di generare le cure sicure ed efficaci. Le fondamenta di una professione sono la base che ci portiamo avanti per tutta la professione. Le fondamenta delle cure non sono assistenza di base: è una visione ampia e complessa che supera quella semplicistica dell’infermiere che svolge attività (sistema procedurale). Guida la clinica infermieristica, non l’assistenza come mera dimensione d’aiuto. Origini del movimento teorico: Negli anni 2000 si sviluppa a livello mondiale un dibattito che pone in relazione il nursing con gli esiti di sicurezza sul paziente. Nel 2008 nasce l’international learning collaborative (ILC), che ha l’obiettivo di promuovere un’assistenza infermieristica: assistenza personacentrica, fondamentale e di cura. Meeting dell’international Learning Collaborative: definiti i “fundamentals of care framework” da parte di clinici, manager, ricercatori, referenti di associazioni di pazienti. Fundamentals of care framework: Nucleo centrale: RELAZIONE POSITIVA TRA INFERMIERE E PAZIENTE l’infermiere si impegna a garantire un’adeguata cura centrata sulla persona che viene coinvolta in ogni tappa, sicurezza fisica, emotiva e sociale. Si impegna alla condivisione affinché la persona raggiunga i suoi obiettivi e non quelli che gli infermieri ipotizzano come importanti per quel paziente. Primo anello: INTEGRAZIONE DEI BISOGNI DI CURA bisogni di natura fisica che riflettono la prospettiva del paziente (mangiare, bere, dormire, comfort, movimento, respirare, sicurezza, gestione della terapia, igiene personale e cura del cavo orale, medicazioni), bisogni di natura psicosociale (comunicazione, coinvolgimento, informazione, privacy, dignità, rispetto, educazione, benessere emotivo, valori, coinvolgimento sociale, compagnia e supporto, esprimere opinioni e bisogni senza che le cure ne siano compromesse), bisogni di natura relazionale di prospettiva dell’infermiere (ascolto, empatia, compassione, presenza coi pazienti, supportare la famiglia, lavorare coi pazienti per raggiungere gli obiettivi). Secondo anello: CONTESTO NEL QUALE LE CURE VENGONO EROGATE risorse, cultura, leadership, valutazione e feedback (grado di valorizzazione che gli infermieri percepiscono quando si impegnano a garantire le cure fondamentali). I concetti chiave di questo modello sono integrazione, simultaneità e multidimensionalità. È simultaneo perché noi dobbiamo essere in grado di attivare tutti i livelli di questo framework. Non sono comprese le cure episodiche, o pacchetti di interventi, protocolli, piani standard. Premessa: differenza tra il come pensare l’infermieristica (fondamenti delle cure infermieristiche) e il cos’è l’infermieristica. I fundamentals of care sono un modello innovativo, in quanto convivono un livello teorico, che ha origini nel passato e riflette da un lato i bisogni fisici e psicosociali che la persona assistita sperimenta, dall’altro le azioni relazionali che gli infermieri attuano, e un livello empirico. Relazioni infermiere-paziente: grande affinità con quasi tutti i tributi teorici ad oggi documentati. Nei fondamenti delle cure infermieristiche, l’infermiere lavora con il paziente e non in sua sostituzione. Integrazione delle dimensioni: concetto più difficile da rintracciare nelle teorie infermieristiche disponibili. Nessuna teoria dell’assistenza infermieristica esplicita l’integrazione dei bisogni. Contesti di cura: concetto difficile da rintracciare nelle teorie dell’assistenza infermieristica. Spesso il contesto viene scomposto in tre dimensioni: mini, micro, macro. Perché i fondamenti delle cure infermieristiche sono invisibili o non valorizzanti? Modello biomedico domina sul modello centrato sul paziente, non vedendo i fondamenti delle cure infermieristiche Sistemi e organizzazioni sanitarie non valorizzano i fondamenti delle cure infermieristiche Infermieri non valorizzano o non possono valorizzare i fondamenti delle cure infermieristiche. I fondamenti delle cure infermieristiche sono indicatori di completezza e maturità professionale; il loro valore deve essere esaltato nella formazione e nei modelli organizzativi. Le competenze di cura fondamentali sono spazi infermieristici, e la ricerca in questi ambiti deve coinvolgere anche gli studenti. Implementare i fondamenti dell’infermieristica nella pratica clinica: STEP 1 rifletti sul concetto di fondamenti delle cure infermieristiche STEP 2 individua per ogni assistito gli elementi peculiari della relazione infermiere-paziente STEP 3 individua per ogni assistito i bisogni fisici, psicosociali e relazionali. STEP 4 adatta il contesto per erogare al meglio le cure infermieristiche STEP 5 attua un piano assistenziale personalizzato, e che rifletta un approccio basato sui fondamenti delle cure infermieristiche STEP 6 rifletti sulle cure erogate per migliorare la qualità dell’assistenza. RIASSUMENDO: I fondamenti delle cure infermieristiche riflettono il come pensare, non il che cosa fare I fondamenti delle cure infermieristiche differenziano il nursing professionale dal prendersi cura I fondamenti delle cure infermieristiche costituiscono un modello di assistenza centrata sul paziente e personalizzata. NUCLEO 4 PROCESSO DI NURSING / METODO CLINICO È un metodo intenzionale, razionale e sistematico attraverso il quale si offrono cure infermieristiche individualizzate al paziente. È un modo di determinare lo stato di salute del paziente specificandone i problemi, definiti come alterazioni del soddisfacimento dei bisogni umani, pianificando per risolverli, iniziando ed attuando il paino e valutando quanto è stato efficace nel promuovere il massimo benessere e nel risolvere i problemi definiti. Anche gli infermieri hanno un metodo di soluzione dei problemi PROCESSO DI NURSING = serie di azioni pianificate dirette a raggiungere un risultato a livello di assistenza infermieristica. L’assistenza infermieristica è una disciplina pratica, dove si applicano conoscenze teoriche alle situazioni reali dei pazienti. Accertamento diagnosi infermieristiche (elenco dei problemi attuali e potenziali del paziente) pianificazione degli interventi attuazione degli interventi valutazione. Meccanismi mentali che sostengono il metodo clinico: Approccio per sistemi: le nostre conoscenze ci permettono di costruire una teoria sulla situazione del paziente. Le persone e i loro bisogni sono sistemi talmente complessi che per essere prese in carico richiedono strategie altrettanto complesse che si riferiscono alla teoria dei sistemi. Ragionamento diagnostico: processo di raccolta di dati per arrivare ad una diagnosi infermieristica. Processare i dati e le informazioni Problem solving: la soluzione dei problemi avviene tramite il problem solving, su cui si basa il processo infermieristico. È un problem solving che pur seguendo le fasi scientifiche non avviene in un modo controllato perché si verifica in ambito clinico (problem solving non scientifico). Processo di decision making Fasi del processo di nursing: Accertamento = raccogliere, verificare, documentare e comunicare la storia della persona sugli strumenti informativi definiti. Interpretazione dei dati e definizione delle diagnosi infermieristiche = identificare i bisogni di assistenza del cliente per formulare le diagnosi infermieristiche. Pianificazione = identificare gli obiettivi dei pazienti, determinare le priorità delle cure, disegnare strategie per raggiungere gli obiettivi definiti, definire i criteri degli obiettivi. Attuazione = attuare le azioni di nursing definite nel piano. Valutazione = determinare come gli obiettivi di assistenza sono stati raggiunti. ACCERTAMENTO: prima fase di ogni attività infermieristica. L’accertamento infermieristico si concentra sulla raccolta di dati circa lo stato di benessere del paziente, le sue abilità funzionali, le condizioni fisiche, le risorse e le risposte ai problemi di salute reali e potenziali. La raccolta di dati non deve essere influenzata dai nostri bias e pregiudizi. Obiettivi: raccogliere informazioni rispetto allo stato di salute e malattia della persona, alla sua storia ed agli obiettivi di salute che sta perseguendo. Fasi dell’accertamento: Raccolta dei dati: il dato è una descrizione originaria e non interpretata di un evento, ed è la materia prima del processo di costruzione delle informazioni. L’informazione è un insieme di uno o più dati memorizzati, classificati, organizzati, messi in relazione tra loro, o interpretati nell’ambito di un contesto in modo da avere un significato. Si possono raccogliere dati oggettivi e soggettivi: i dati oggettivi sono dati misurabili, mentre i dati soggettivi sono dati comunicati dal paziente, che si riportano con le “virgolette”. I dati possono essere raccolti con diversi metodi e strumenti: tramite la raccolta della storia del paziente, tramite esami fisici e tramite dati di laboratorio, diagnostici e strumentali. Validazione dei dati (cruciale per essere sicuri che i dati raccolti siano corretti e affidabili): trasformazione dei dati in informazioni o “deduzioni”. Per validare i dati devo comparare le informazioni con le funzioni normali, fare riferimento alla letteratura, controllare la coerenza delle informazioni, chiarire le affermazioni dell’utente e confrontarsi con altri colleghi. Organizzazione dei dati Fonti dei dati: Fonti primarie paziente Fonti secondarie famiglia o la sua struttura di riferimento, componenti dei team degli operatori che lo hanno in carico, registrazioni e documentazioni sanitarie, letteratura medica ed infermieristica di riferimento. Le fonti secondarie vanno a completare la fonte primaria del paziente, o vengono raccolte quando il paziente è incosciente, soffre di demenza, è un bambino, soffre di disabilità ecc. DAI DATI ALLA DIAGNOSI: Il processo dai dati alla diagnosi si chiama RAGIONAMENTO DIAGNOSTICO. Valutazione/accertamento dello stato di salute del paziente Convalida dei dati Sono necessari altri dati? SI/NO Interpretare e analizzare il significato dei dati: conoscenze, esperienza, standard. La capacità di formulare ipotesi diagnostiche accresce in base alle conoscenze e l’esperienza Raggruppare i dati, raggruppare segni e sintomi, classificare e organizzare Iniziare a formulare una diagnosi Meccanismo dettagliato tra accertamento e individuazione di una diagnosi: meccanismo fluido che parte dall’incontro col paziente, tramite un colloquio per ulteriore raccolta dati. Poi raccolgo gli indizi e formulo ipotesi diagnostiche; raccolgo altri dati aggiuntivi e infine convalido le ipotesi diagnostiche, formulando un enunciato diagnostico. Diagnosi infermieristica = è un giudizio clinico in ordine alla risposta individuale, familiare e collettiva ai problemi di salute o ai processi vitali attuali o potenziali. La diagnosi infermieristica rappresenta la base della selezione degli interventi di nursing per definire i risultati di cui l’infermiere è responsabile (definizione del Nanda, 1990). Agli infermieri interessa la reazione dei pazienti alle diagnosi che essi hanno. Diagnosi infermieristica+ problema collaborativo diagnosi medica. Le diagnosi infermieristiche sono le etichette dei problemi che noi individuiamo; quando il problema che abbiamo individuato ha bisogno di un apporto medico, essi diventano dei problemi collaborativi, e c’è bisogno di una diagnosi medica. Il problema collaborativo riguarda sia il medico che l’infermiere: esprimono i problemi che richiedono un’elevata collaborazione. Diagnosi medica = si riferisce alle patologie per le quali il medico è competente, e descrive gli aspetti fisici e fisiopatologici. Indica risposte ai problemi di salute attuali o potenziali. La diagnosi medica rimane la stessa per lungo periodo, è stabile. ESEMPIO: infarto del miocardio. Il medico descrive l’evoluzione delle complicanze, orientato alla fisiopatologia. Diagnosi infermieristica = si riferisce ai problemi del paziente per i quali l’infermiere ha le competenze, e può rispondere in autonomia. Descrive gli aspetti fisici, socioculturali, psicologici, e indica malattie attuali o potenziali. La diagnosi infermieristica si modifica ad ogni cambiamento di problema dell’utente. ESEMPIO: paziente con intolleranza all’attività fisica correlata a scompenso cardiaco. l’infermiere guarda l’impatto di questa malattia sul paziente: descrive risposte umane ad una malattia, è orientato all’individuo. L’infermiere è responsabile della diagnosi e pianifica gli interventi. Problemi collaborativi = problemi che richiedono la collaborazione da parte sia di medici che infermieri. ESEMPIO: complicanza potenziale dell’infarto del miocardio (scompenso cardiaco). Descrive l’evoluzione in complicanze…SLIDEEEEEE Composizione della diagnosi infermieristica: Titolo diagnostico (problema) Fattori correlati: fattori che l’hanno causato e che l’hanno contribuito Segni e sintomi che si manifestano nella persona e che hanno indicato la presenza della diagnosi. Esercizio: Rischio inefficace di liberazione delle vie aeree: diagnosi infermieristica di rischio potenziale. Il titolo diagnostico di questa diagnosi è l’inefficace liberazione delle vie aeree. Mancano i fattori correlati e i segni e sintomi, poiché non si sono ancora manifestati. In questa diagnosi dovrebbe esserci la causa per poter prevenire l’avvenimento di questo evento. Rischio di autolesione correlato a confusione mentale: è una diagnosi di rischio. Il titolo diagnostico è il rischio di autolesione, e la causa è la confusione mentale. Questa diagnosi non ha segni e sintomi perché non sono ancora comparsi. Rischio di caduta che si manifesta con ecchimosi al dorso: in questa affermazione c’è il titolo diagnostico (rischio di caduta), ci sono i segni e i sintomi, ma manca la causa di questa caduta, per cui è difficile prevenire i fattori di rischio. Alterata nutrizione in eccesso correlata a mancanza di conoscenze: è una diagnosi attuale, in cui è presente il titolo diagnostico (alterata nutrizione in eccesso), in cui la causa è correlata a mancanza di conoscenze. In questa diagnosi mancano i segni e i sintomi. Mancata adesione al regime terapeutico correlata a mancanza di motivazione: è una diagnosi attuale, in cui il titolo diagnostico è la mancata adesione al regime terapeutico, e la causa è la mancanza di motivazione. In questa diagnosi mancano i segni e i sintomi. Dolore acuto: è un problema collaborativo, tra medico e infermiere. Alterazione dell’immagine corporea correlata a neo-confezionamento di stomia: è una diagnosi attuale, in cui il titolo diagnostico è l’alterazione dell’immagine corporea. In questa diagnosi c’è la causa ma mancano segni e sintomi. Rischio di confusione mentale che si manifesta con alterazione della percezione di sé nel tempo e nello spazio: è una diagnosi di rischio, in cui però c’è un errore nello scrivere la manifestazione poiché è una diagnosi di rischio e quindi gli effetti non si sono ancora manifestati. Lesione da decubito di quarto stadio correlata ad immobilità e malnutrizione: è una diagnosi attuale con cause di immobilità e malnutrizione. Rischio di caduta correlata a difficoltà nella deambulazione: è una diagnosi di rischio in cui è presente la causa. In queste diagnosi di rischio non ci sono i segni e sintomi poiché non si sono ancora manifestati. Diabete I: diagnosi medica. Demenza senile: diagnosi medica. Rischio di deficit nella cura di sé secondaria ad ictus che si manifesta con bisogno d’aiuto: è una diagnosi di rischio che presenta le cause potenziali e andrebbe tolta la manifestazione con bisogno di aiuto. Insonnia secondaria a dispnea: è una diagnosi attuale causata da dispnea. Mancano i segni e i sintomi. Nausea secondaria a somministrazione di chemioterapici: è una diagnosi attuale che specifica la causa, ma mancano i sintomi e i segni. Dolore acuto, dolore toracico, dolore cronico: problemi collaborativi. Davanti ad una diagnosi, bisogna saper riconoscere se è una diagnosi infermieristica o un problema collaborativo. La diagnosi infermieristica prevede di pianificare ed eseguire interventi per la prevenzione, il trattamento o la promozione della salute. È un’area autonoma che riguarda solo l’infermiere, ed è una diagnosi attuale. I problemi collaborativi prevedono di pianificare ed eseguire interventi pertinenti all’area di competenza infermieristica, monitorare e valutare la situazione, ed eseguire indicazioni e prescrizioni mediche. Sono problemi attuali e presenti sul paziente, ed è necessario l’intervento di più figure sanitarie. Complicanze potenziali = sono dei problemi da gestire con diverse figure professionali, e che non sono ancora presenti nel paziente. Nelle complicanze potenziali non sono presenti le caratteristiche definenti. Tipologie di problemi individuabili dagli infermieri: Diagnosi infermieristica: è un problema attuale, che viene scritto con titolo diagnostico, cause e segni e sintomi definenti. Diagnosi di rischio: diagnosi che potrebbe accadere (rischio di cadute...) Problema collaborativo: problema presente attualmente e che richiede l’intervento di più figure professionali. Il dolore è un tipico problema collaborativo. Complicanze potenziali: è un problema collaborativo che non è ancora presente. PROBLEMI COLLABORATIVI Prevedono diversi stadi: Pianificare ed eseguire interventi pertinenti all’area di competenza infermieristica Monitorare e valutare la situazione Eseguire indicazioni e prescrizioni mediche Una volta definito il problema, si passa alla pianificazione assistenziale. PIANIFICAZIONE ASSISTENZIALE: prevede la definizione degli obiettivi a partire dal problema o titolo diagnostico (dalla prima parte di cui è composta una diagnosi infermieristica). Caratteristiche degli obiettivi: L’obiettivo è sempre centrato sull’utente Il verbo utilizzato (futuro o congiuntivo) deve indicare con precisione il risultato che si persegue. Il comportamento descritto sarà quello del paziente e non quello dell’infermiere (farà che cosa). L’enunciato deve infine consentire la possibilità di valutare con facilità se il comportamento desiderato si è manifestato: ovvero deve contenere degli indici o indicatori di valutazione. Una parte non indispensabile dell’obiettivo è la condizione in cui l’utente dovrà manifestare di aver raggiunto gli obiettivi (“come”): le circostanze in alcuni obiettivi o situazioni sono molto importanti. gli interventi infermieristici comprendono le attività pianificate dall’infermiere per aiutare l’utente a conseguire i risultati attesi.

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