Concetto di Filosofia PDF
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Lorenza Lei
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Appunti di filosofia della mente, lezione 2, sul concetto di filosofia. L'apprendimento si focalizza sulla definizione di filosofia, le sue origini e le diverse discipline filosofiche. L'obiettivo è introdurre e definire la filosofa, anche in un contesto più ampio.
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Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Introduzione allo studio della Filosofia IL CONCETTO DI...
Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Introduzione allo studio della Filosofia IL CONCETTO DI FILOSOFIA Prof.ssa Lorenza Lei Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Il concetto di filosofia Il termine “filosofia”, nella tradizione greca classica, era riferito ad uno stile di vita fondato sulla ricerca della verità (philosophía in greco significa “amore della sapienza”); tale ricerca, andando oltre gli eventi osservati, aveva come obiettivo rivelarne l’origine allargandone, per quanto possibile, il campo di indagine, senza tener conto degli interessi pratici. Come attività intellettuale specifica, e come forma di sapere organizzata scientificamente, essa esiste solo nella tradizione europea che inizia con i greci. Esistono elementi filosofici anche in altre culture, ovviamente, ma sono per lo più inseriti in insiemi dottrinali di origine religiosa e per questo, molto difficile da definirli in senso propriamente filosofico. Un significato unitario del concetto di filosofia si può comunque cogliere attraverso la ricostruzione degli usi del termine e dagli ambiti di problemi ai quali la filosofia si è nel corso del tempo, applicata. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Il concetto di filosofia Anche se nel corso dei secoli, la classificazione dei diversi campi della conoscenza si è trasformata per adeguarsi alla società, il termine “filosofia” ha subito molteplici slittamenti di significato. Rimangono comunque due costanti nelle definizioni che di volta in volta sono state date della filosofia: “la tensione all’universalità, ovvero il tentativo di strutturare una conoscenza sistematica che sia la più valida e la più estesa possibile, capace di indagare tutti gli aspetti dell’essere; e la prescrizione di una saggezza intesa come pratica di vita, ovvero l’indicazione di una condotta conforme ai risultati di tale indagine” (Gabriella Giudici, filosofa). Nella tradizione occidentale, l’analisi filosofica si è suddivisa in diverse discipline fondamentali quali: - la metafisica (rapporto tra essere e realtà); - l’epistemologia (la riflessione sulla questione delle fonti, della loro validità e dei relativi limiti della conoscenza); - l’etica (lo studio delle norme che regolano l’agire morale e i fini della condotta umana); - l’estetica (l’indagine sul concetto del bello); Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Il concetto di filosofia - la logica (lo studio delle leggi del pensiero e del linguaggio); - la politica (l’analisi delle forme di vita sociale). Il sapere, concepito come rivelazione o illuminazione, dunque strettamente connesso a una forma religiosa è oggetto privilegiato della teologia. Anche nella tradizione orientale il pensiero filosofico si è posto come espressione di saggezza pratica, ma nel contesto di insiemi dottrinali di carattere religioso. Prevale infatti nelle filosofie orientali l’idea del sapere come origine divina, che è rivelazione o dono, ed è per questa ragione impossibile da determinare come filosofico in senso proprio. La filosofia è anche contemplazione e riflessione, cioè un guardare disinteressato, senza alcun scopo pratico, mentre per la scienza orientale è soprattutto determinata da problemi concreti. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2/s1 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Le origini della filosofia Nei secoli VII e VI a. C., si assiste ad un passaggio da un’economia rurale ad una artigianale e commerciale, che contribuì alla maturazione della nascita della filosofia nella Grecia classica e consentì, almeno ad una parte di popolazione (uomini liberi), una certa agiatezza e l’opportunità di dedicarsi ad alcune attività non retribuite. Inoltre, a questo passaggio, hanno contribuito anche due tipi di fenomeni: 1. L’emergere all’interno della città-stato (pòlis), gli ordinamenti repubblicani che contribuirono a rafforzare nel cittadino la percezione di essere parte integrante dello Stato e del bene comune, e a spronarlo ad una partecipazione più attiva, richiedendo quindi una maggiore istruzione per elaborazioni teorico-concettuali. A queste esigenze risposero positivamente i primi filosofi della storia. 2. La creazione delle colonie greche, che avevano un regime di maggiore libertà e di maggior benessere economico, disponevano anche di una maggiore accoglienza culturale verso tradizioni e costumi molti diversi da quelli delle loro origini. Queste condizioni permisero la nascita di una ricerca e di una critica di tipo razionale. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2/s1 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Bibliografia e sitografia www.giuseppecirigliano.it (membro della Società Filosofica Italiana) www.gabriellagiudici.it Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2/s2 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 TEST IL CONCETTO DI FILOSOFIA FILOSOFIA LEZ. 2 Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2/s2 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Test Il concetto di filosofia lez. 2 In questa sezione, come attività formativa a supporto dell’apprendimento, viene proposto un test a risposta multipla. Lo studente dovrà rispondere ai quesiti scegliendo un’unica risposta in un set di quattro alternative. Per completare il test ha a disposizione 30 minuti e al termine potrà verificarne immediatamente l’esito. Le domande di questo test sono relative alla lezione 2. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2/s3 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 DOMANDE DI APPROFONDIMENTO Lez. 2 Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 2/s3 Titolo: il concetto di filosofia Attività n°: 1 Domande di approfondimento Lez. 2 In questa sessione lo studente potrà rispondere alle seguenti domande aperte. Per la correzione ed un’eventuale valutazione, l’esercitazione dovrà essere caricata nella sezione “e-Porfolio” dell'area didattica personale portale studente. 1) Si cerchi di spiegare il concetto di filosofia. 2) Quali sono le origini della filosofia? Tempo richiesto: 30 minuti Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Introduzione allo studio della Filosofia DOTTRINE, TEORIE E CONCETTI I Prof.ssa Lorenza Lei Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Agnosticismo e Ascetismo Per poter affrontare al meglio lo studio della filosofia, è necessario conoscere una specifica terminologia e comprenderne i significati specifici, poiché ogni parola o concetto, in campo filosofia assume una connotazione specifica e caratterizzante. DOTTRINA Con il termine Dottrina [dal lat. doctrina, der. di docere «istruire»], si fa riferimento all’insegnamento o all’apprendimento dei fondamenti di una determinata disciplina. TEORIA Con il termine Teoria [dal gr. ϑεωρία, der. di ϑεωρός (v. teoro), e quindi, in origine, «delegazione di teori»; attraverso il lat. tardo theorĭa, si intende la formulazione logicamente coerente di un insieme di definizioni, principi e leggi generali, inerenti una specifica disciplina, che consente di descrivere, interpretare, classificare e spiegare, a diversi livelli di analisi, aspetti della realtà naturale e sociale, e delle forme di attività umana. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Agnosticismo e Ascetismo In linea generale le teorie forniscono il vocabolario stesso attraverso il quale vengono descritti i fenomeni e gli oggetti studiati, riconducendo tali aspetti ad alcune leggi o proprietà generali da cui essi appaiono desumibili. In questo caso li “spiegano” e, soprattutto per le scienze naturali, permettono di prevedere la loro evoluzione nel corso del tempo in precise condizioni modificate. Le teorie delle scienze empiriche (comprese le scienze sociali), conducono direttamente all’elaborazione di modelli, ovvero a descrizioni di strutture ipotetiche. CONCETTO Dal latino concipĕre = cum-capĕre, comprehendĕre, si riferisce al pensiero, come concepito dalla mente, ad una idea, ad una nozione che ne esprime le caratteristiche essenziali e coerenti di una determinata realtà che prende forma collegando assieme i diversi aspetti di uno specificato oggetto che alla mente interessa aver presenti nel suo complesso. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Agnosticismo e Ascetismo Agnosticismo Atteggiamento filosofico secondo cui l'esistenza di Dio e di altri principi metafisici o entità spirituali, ad esempio l'anima, non è dimostrabile con certezza e quindi non può essere oggetto di conoscenza. Il termine, derivato dal greco agnostikós (“che non sa”) e coniato nel XIX secolo dal biologo britannico Thomas Henry Huxley, indica una posizione che si differenzia tanto dal teismo (che afferma l'esistenza di queste entità) quanto dall'ateismo (che la nega). Benché venga abitualmente ritenuto una forma di scetticismo, che nega l'esistenza di un criterio oggettivo per distinguere il vero dal falso relativamente a qualunque affermazione, l'agnosticismo abbraccia un ambito dottrinale più limitato, in quanto nega soltanto la validità della metafisica e di alcune affermazioni della teologia. I fondamenti dell'agnosticismo moderno si trovano nelle opere del filosofo scozzese David Hume e del tedesco Immanuel Kant, che rilevarono entrambi i luoghi logicamente antinomici nelle tradizionali dimostrazioni dell'esistenza di Dio e dell'anima. Nella filosofia del XX secolo, il positivismo logico rifiuta sia l'ateismo sia il teismo e sostiene che le proposizioni che presentano un contenuto metafisico sono prive di significato. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Agnosticismo e Ascetismo Ascetismo Pratica di sacrificio e di rinuncia ai piaceri mondani per raggiungere un grado superiore di spiritualità, di intellettualità, o di consapevolezza di sé. Nell'antica Grecia, il termine áskesis ('esercizio') significava l'allenamento sostenuto dagli atleti e dai soldati. La valenza morale era fondamentale anche per i filosofi cinici e stoici, per i quali l’ascesi e l’esercizio di astinenza era considerato necessario a chiunque volesse raggiungere il controllo dei pensieri e delle passioni. L’aspetto etico dell’ascesi è anche presente nel cristianesimo, in una prospettiva rivolta al trascendente: l’ascesi conduce all’unione con Dio nella contemplazione mistica, attraverso il superamento degli ostacoli mondani. Rientrano nell’ascesi, in quanto pratica di conversione, la meditazione, la preghiera, l’esercizio della virtù, ma anche rigorose forme di mortificazione fisica, come astinenza dal cibo, dalle bevande o dall'attività sessuale, come avviene nel digiuno o nel celibato, e talvolta anche resistenza al caldo o al freddo estremo o l'autopunizione, come avviene nel sufismo o tra i flagellanti. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Agnosticismo e Ascetismo Nella storia della spiritualità cristiana non sono mancate deviazioni della pratica ascetica, spinte fino all’eresia, ma l’ascesi è sempre stata considerata come un mezzo fondamentale di formazione, purificazione ed espiazione. Le sue forme più elevate erano, oltre al monachesimo, il martirio e la verginità. Svalutata per ragioni teologiche dalla riforma protestante, l’ascesi ha di fatto ispirato l’etica di molteplici confessioni evangeliche, dal puritanesimo al pietismo. Un significato non religioso dell’ascesi, viene attribuito nell'Ottocento, dal filosofo Arthur Schopenhauer, che vide in essa “l'orrore dell'uomo per la volontà di vivere e l'essenza di un mondo riconosciuto pieno di dolore”. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male Ateismo E’ la dottrina che nega l’esistenza di Dio, sostiene la possibilità di elaborare prove certe e ben fondate sulla sua inesistenza. L’ateismo (dal greco a, 'non'; theós, 'dio') si differenzia dall’agnosticismo poiché si limita ad affermare l’impossibilità di ottenere una conoscenza certa delle entità metafisiche. Nel mondo antico il termine “ateismo” indicava un atteggiamento filosofico comune a molti pensatori che criticavano aspramente i culti dominanti. Ad esempio in Grecia, Anassagora, i sofisti e Socrate vennero accusati di ateismo perché non accettavano gli dei tradizionali, pur non negando l’esistenza di un’entità divina e soprannaturale. Senofane condannava le tendenze amorali degli dei tradizionali, ma anche la dipendenza dell’immagine divina dalle caratteristiche e dall’aspetto degli uomini, evidenziando il carattere antropomorfico delle diverse divinità del luogo. Eraclito invece, criticava le pratiche rituali di purificazione e l’adorazione delle statue delle divinità. Democrito interpreta l’origine della religione come la paura umana agli eventi naturali più veementi. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male Nel periodo del Medioevo, in pieno periodo del cristianesimo, i fenomeni di ateismo sembrano essere meno forti, ma ricomparvero durante il Rinascimento e si diffusero ampiamente nel corso dell’Illuminismo. Con l’avvio delle società moderna, con il fenomeno della secolarizzazione, inizia l’incessante processo di perdita del sacro. Nel XIX secolo l’ateismo teorico divenne il pensiero dominante, in particolare il positivismo. Auguste Comte, con la “legge dei tre stadi”, allontanò ogni aspetto religioso in uno stadio infantile dell'umanità, dichiarando che era arrivata l'età della scienza, nella quale l'uomo finalmente costruisce il sapere e la società solamente in base alle conoscenze scientifiche. In un’altra prospettiva, il filosofo Ludwig Feuerbach espose la tesi, che raccolse grandi consensi, secondo la quale non sarebbe stato Dio (come insegna la Bibbia) a creare l'uomo a sua immagine e somiglianza, ma viceversa sarebbe stato l'uomo a proiettare la propria immagine in Dio. Secondo Feuerbach, Dio non è altro che la proiezione di ciò che l'uomo vorrebbe effettivamente essere. L'uomo, che si considera limitato, proietta su Dio il proprio desiderio di sentirsi onnipotente. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male In sostanza l’individuo “in quanto umanità”, potrebbe arrivare all'infinito, ma alienando le proprie energie nell'esperienza religiosa, sottrae a se stesso ciò che attribuisce a Dio. L'ateismo diventa quindi un dovere morale: “ciò che è dato al cielo è tolto alla terra”. Alla fede in Dio si deve sostituire la fede nell'uomo: 'homo homini deus est' (l'uomo è dio per l'uomo). Feuerbach, assieme a Marx, Nietzsche e Freud, vengono definiti “maestri del sospetto”, rifacendosi ad una celebre definizione di Paul Ricoeur secondo la quale “la vera emancipazione dell'uomo postula la negazione di Dio” ed è quindi caratterizzato dalla contrapposizione tra Dio e uomo. Per Marx la religione aveva soprattutto una funzione consolatoria nei confronti di una realtà dolorosa e insoddisfacente e si configurava come l''oppio dei popoli', perché distoglieva l'uomo dalla lotta per cambiare le strutture economiche ingiuste, promettendo il paradiso in un'altra vita. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male La critica della religione divenne quindi una critica alle strutture materiali ed economiche della realtà, solo quando si sarà realizzata una società senza classi sociali, secondo Marx, la religione sparirà da sé. Per Friedrich Nietzsche “la morte di Dio” non determina solo la negazione della sua esistenza da parte dell’uomo, ma ne determina anche il rovesciamento di tutti gli ideali e i valori tradizionali: con tale affermazione egli sentenziò la fine del cristianesimo, ma allo stesso tempo esaltò la “morale dei deboli” enfatizzando la compassione, la sofferenza e l'ascesi. Si deve a Nietzsche il concetto di “superuomo”, ovvero di un nuovo tipo di uomo in grado di farsi misura delle cose, con la sua “volontà di potenza”, per creare da sé i propri valori superando la morale codificata: “Gli dei sono tutti morti, ora vogliamo che viva il superuomo”. Sigmund Freud invece concentra la sua critica alla religione collegandola al ruolo dominante della figura paterna durante l’infanzia. La religione, secondo lo psicanalista, avrebbe assegnato all’autorità di una figura potente divina, l’autocontrollo e la rinuncia individuale delle pulsioni, trasformandola in una “nevrosi ossessiva collettiva”, ricondotta al rapporto con padre dominante. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male La religione, quindi, essendo legata al bisogno primario di protezione dell’uomo di fronte alle forze della natura e alle difficoltà quotidiane della vita, assumerebbe un atteggiamento infantile che proietta sul padre-Dio quel bisogni di protezione; al contrario, l’uomo dovrebbe e potrebbe trovare invece in sé stesso la forza di diventare adulto e imparare ad affrontare i problemi e le difficoltà della vita. Emblematico in questa visione è il pensiero di Jean-Paul Sartre che rifiutò il concetto di un Dio onnipotente in quanto rappresentazione della negazione di ogni forma di libertà dell'uomo. Anche se Dio esistesse, l'uomo si definirebbe solo a partire da se stesso: 'l'uomo deve essere libero, dunque Dio non esiste”. Secondo Sartre, si è “condannati” ad agire in un orizzonte progettuale dal quale Dio è inevitabilmente escluso, assumendoci passo dopo passo la responsabilità delle proprie scelte, dal momento che, se da un lato siamo ciò che progettiamo di essere, dall'altro non siamo liberi di rinunciare alla nostra libertà. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male Bene e Male In filosofia rappresenta la dicotomia che appartiene soprattutto all’ambito dell’etica, che la intende come opposizione fra ciò che gli attribuisce un valore morale, ciò che viene desiderato e bramato dall’essere umano, e ciò che è considerato moralmente cattivo oppure sbagliato, che può provocare danno, dolore o sofferenza. Oltre che nell’etica, la dicotomia bene/male si riflette anche nella metafisica e nella teologia. Occorre distinguere fra una prospettiva metafisica e oggettivistica di intendere il bene. La prima domina nel pensiero antico e medievale. Essa riceve una formulazione con Platone, secondo il quale il bene costituisce la sommità del mondo delle idee: come il Sole dona la vita alle cose sensibili e ne permette la visione, così l’idea del bene è origine della verità e della conoscenza del mondo ideale. Aristotele invece, sosteneva in polemica con Platone, che il bene non è un’idea trascendente, ma qualcosa di agibile e praticabile da parte dell’uomo. Anche il pensiero cristiano della scolastica medievale formula il concetto del bene come un essere perfetto identificandolo con Dio: tutto ciò che da lui proviene, è considerato bene in quanto tale, anche se il grado di compiutezza di ogni cosa proviene dalla posizione che essa occupa nella ordinamento degli enti, a seconda che questi siano più o meno vicini a Dio. In ogni caso il pensiero cristiano non può identificare la materia con il non-essere e con il male, essendo la materia stessa creata da Dio. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male Anche nell’antichità ci furono concezioni soggettivistiche del bene, ma esse furono successivamente sviluppate nella filosofia moderna e contemporanea. Il carattere che accomuna questa concezione del bene è che esso viene definito solo in relazione al soggetto che lo vuole o desidera. La soggettività può essere poi concepita come una soggettività puramente empirica, o come capacità di determinarsi secondo una legge universale: è questa la posizione di Kant. Secondo il filosofo tedesco, non può dirsi buono di ogni oggetto o di un’azione in quanto tali, ma solo della volontà buona, inoltre considerò quest’ultima come una volontà che si determina solo ed esclusivamente attraverso una legge morale universale. Nel corso della storia del pensiero filosofico, furono numerose anche le dottrine intermedie fra quelle oggettivistica e soggettivistica del bene. Socrate, per esempio, fa coincidere la virtù nella scienza del bene e del male, e sostiene che nessuno commette il male per sua pura volontà, ma solo perché non sa distinguere ciò che sia il bene; quest’ultimo, nella concezione di Socrate, riguarda principalmente l’anima. L’identificazione fra bene, virtù e felicità diventerà importante nelle teorie etiche (dette “eudemonistiche”) successive a Socrate. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male Aristotele considerava il bene come “ciò cui ogni cosa tende”, e quindi, nel caso dell’uomo, la felicità era considerata come il fine ultimo cui ciascuno doveva raggiungere, una vita contemplativa, ma accanto ad essa esistono anche altri tipi di beni di ordine più pratico. Aristotele considera il bene in rapporto all’uomo, ma formula anche una gerarchia di beni a seconda del loro grado di perfezione, avvicinandosi così alla teoria oggettivistica del bene. Il dubbio della natura e dell’esistenza del male è sempre stato un aspetto di base di molte delle principali religioni, arrivando poi nella filosofia e proponendo diverse soluzioni che variano fra la negazione dell’esistenza del male e la negazione dell’onnipotenza di Dio. Secondo l’insegnamento induista, ad esempio, il male non esiste perché fa parte del mondo illusorio dei fenomeni. Nel III e IV secolo, quando cominciò ad affermarsi la teologia cristiana, una trattazione teorica del problema del male divenne particolarmente urgente, poiché la dottrina del cristianesimo si fondava sull’esistenza di una divinità onnipotente e buona, ma al tempo stesso riconosceva la reale esistenza del male. Alla fine del IV secolo sant’Agostino formulò la soluzione maggiormente accettata dai pensatori cristiani successivi. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male In un primo tempo egli aveva accolto la teologia dualistica del manicheismo; tuttavia, la successiva lettura di opere neoplatoniche e l’insegnamento di sant’Ambrogio lo prepararono alla conversione al cristianesimo e alla conciliazione teologica della fede cristiana in un Dio buono, creatore dell’Universo, con la presenza del male nel mondo. Secondo Agostino il male non può essere opera di Dio, poiché ciò che è stato creato da Dio non può che essere buono; il male, come già insegnava Plotino, è privazione, o assenza di bene, proprio come il buio è assenza di luce. Può tuttavia capitare, che qualcosa, anche se creato come buono, si possa corrompere e deviare fino ad insinuare il male nel mondo, soprattutto quando le creature dotate di libero arbitrio, come gli angeli, i demoni e gli esseri umani, rifiutassero i beni supremi, o assoluti, scegliendo quelli inferiori e relativi. Oltre a ciò, secondo Agostino, quel che di primo acchito pare male potrebbe risultare bene se considerato “sub specie aeternitatis”: dalla prospettiva eterna di Dio, ogni cosa è sempre bene. Le teorie di Agostino influenzarono profondamente i teologi cattolici del Medioevo come, per citarne il principale, Tommaso d’Aquino e fra i teologi della Riforma protestante, in particolare Martin Lutero e Giovanni Calvino. Nel XVIII secolo il filosofo tedesco Gottfried Wilhelm Leibniz invece proponeva l’irrealtà del male, definendo il mondo creato da Dio il “migliore dei mondi possibili”. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Ateismo e Bene e Male Durante l’età dell’illuminismo, l’ottimismo metafisico di Leibniz venne criticato da diversi filosofi; sia Voltaire sia David Hume respinsero la dottrina secondo cui l’immensa quantità di dolore e sofferenza della vita umana può essere giustificata perché fa parte di un benevolo disegno divino. Nel XX secolo il susseguirsi senza precedenti di guerre e persecuzioni ha indebolito la credenza nella certezza del progresso e, ancora una volta, ha posto filosofi e teologi di fronte al problema del male. In relazione alla Shoah, più in particolare, ci si è chiesti se la sofferenza estrema possa mai essere giustificata teologicamente. Alcuni pensatori hanno teorizzato, sulla scia di Friedrich Nietzsche, la non-esistenza di Dio; altri sono ripartiti dalla dottrina del libro di Giobbe, secondo la quale le vie del Signore sono imperscrutabili. Il problema del male è tornato dunque al centro del dibattito teologico contemporaneo. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Cognitivismo e Comportamentismo Cognitivismo Corrente della psicologia che studia come l’essere umano possa acquisire informazioni e conoscenze sul mondo che ci circonda e come ci si deve comportare nell’ambiente a partire dalle conoscenze che vengono acquisite. L’obiettivo principale di questa impostazione teorica è quello di svelare i processi che intervengono nella formazione delle conoscenze individuali. La psicologia cognitiva nacque tra il 1950 e il 1960 dalle ricerche dello psicologo statunitense Ulric Neisser e da quelle di George A. Miller, Eugene Galanter e Karl H. Pribram (pubblicate nel volume Piani e struttura del comportamento, 2000) in antitesi alle teorie del comportamentismo. La teoria cognitiva pone quindi al centro del suo studio il soggetto attivo che opera nel mondo e che sviluppa le proprie capacità mentali; il cognitivismo infatti, valuta la mente umana come un elaboratore di informazioni provenienti dall’ambiente. L’elemento principale dello studio del cognitivismo è la mente, considerata come sistema complesso di regole, a prescindere dai fattori biologici o dai fattori sociali e culturali; la mente viene in tale contesto studiata ed analizzata senza fare riferimento agli affetti e alle emozioni collegate alle percezioni, ai ricordi e ai pensieri. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Cognitivismo e Comportamentismo Il cognitivismo studia quindi i processi mentali a partire dall’attenta valutazione che la mente struttura le informazioni operando sui dati che ha a disposizione e secondo complesse serie di sequenze, ovvero attraverso dei processi cognitivi considerati in parte innati e in parte appresi dall’esperienza. In questa prospettiva la ricerca del cognitivismo si concentra anche sull’analisi dei processi di raccolta e di trattamento dell’informazione; in questo orientamento i modelli derivati dalla cibernetica risultano appropriati a descrivere un tipo di analisi con l’utilizzo della simulazione tramite calcolatori. I computer, per i loro congegni di ingresso dell’informazione e di uscita del dato elaborato, e con le loro memorie, hanno decisamente una somiglianza con l’uomo che riceve, elabora e trasforma l’informazione, attraverso i processi cognitivi umani che rappresentano dunque un vero e proprio scambio di informazione tra individuo e ambiente. La psicologia cognitiva suppone anche che il comportamento umano possa venire regolato da un meccanismo di retroazione, proposto da Miller, Galanter e Pribram nel 1960, chiamato TOTE (Test-Operate, Test-Exit), che riproduce il procedimento con cui si realizza una determinata azione: si analizza la situazione esistente, la si pone a confronto con l’obiettivo da raggiungere, si elabora un progetto per realizzare il cambiamento desiderato, si mettono in pratica le azioni necessarie, si analizza nuovamente la situazione, se lo scopo è raggiunto l’azione finisce, in caso contrario si va avanti fino al risultato voluto. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Cognitivismo e Comportamentismo Comportamentismo Scuola di psicologia che privilegia l'uso della ricerca sperimentale per studiare il comportamento (detto risposta) in relazione all'ambiente (detto stimolo); il comportamentismo (detto anche 'behaviourismo', dall'inglese behaviour, comportamento) nasce sotto l'influenza dell'associazionismo inglese, del funzionalismo americano e della teoria darwiniana dell'evoluzione, che enfatizzano l'importanza dell'adattamento dell'individuo all'ambiente. Il comportamentismo si sviluppò nei primi anni del XX secolo grazie allo psicologo americano John Watson, contrapponendosi al predominio dei metodi soggettivi e introspettivi precedentemente usati in psicologia, ad esempio da Wilhelm Wundt. Watson non negava l'esistenza dei sentimenti, sosteneva tuttavia che essi non potessero essere oggetto di studio, in quanto non osservabili direttamente; influenzato dagli studi di Ivan Pavlov sul condizionamento animale, formulò allora una serie di procedure sperimentali i cui risultati fossero statisticamente significativi, in modo da poter allineare la psicologia alle scienze naturali (fisica, chimica e biologia). Nella sua teoria, definita “dello stimolo e della risposta”, Watson prese in considerazione tutti i comportamenti complessi dell'essere umano (emozioni, abitudini ecc.) costituiti da elementi fisiologici (muscolari ed endocrini) che potevano essere osservati e misurati, teorizzando, ad esempio, che anche le emozioni potevano essere definite come delle risposte fisiologiche agli stimoli ambientali. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Cognitivismo e Comportamentismo Il comportamentismo, diventato scuola dominante nella psicologia americana degli anni Cinquanta, fu ulteriormente sviluppato, anche a livello internazionale, grazie a ricercatori come Edward Tolman, Clark Leonard Hull e Burrhus Skinner, i quali, avvalendosi della ricerca sperimentale e non dell'introspezione, formularono nuove teorie sull'apprendimento. La posizione di Skinner, detta 'behaviourismo radicale', differiva da quella di Watson in quanto ammetteva la possibilità di studiare con metodi scientifici anche alcuni comportamenti complessi (ad esempio il linguaggio e la risoluzione di problemi) per i quali era innegabile l'importanza di processi interiori, non direttamente spiegabili in termini di stimolo e risposta. Egli sottolineò inoltre l'importanza degli stimoli ambientali in grado di generare un particolare tipo di apprendimento, denominato 'condizionamento operante', in cui agisce il meccanismo psicologico da lui definito rinforzo. A partire dal 1950, la ricerca comportamentista ha contribuito a comprendere meglio come le diverse forme di comportamento umano e animale vengano apprese e mantenute. Questi studi riguardano in particolare: 1) gli elementi antecedenti il comportamento, come attenzione e percezione; 2) le vere e proprie modificazioni del comportamento, come l'acquisizione di capacità specifiche; Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Cognitivismo e Comportamentismo 3) le influenze degli eventi che seguono un comportamento, ovvero gli effetti di incentivi e punizioni; 4) le condizioni che possono compromettere l'acquisizione di qualsiasi tipo di comportamento, come uno stress emotivo prolungato o la privazione di elementi vitali (cibo, sonno). Molte di queste ricerche sono state condotte in laboratorio; altre osservando dal vivo esseri umani e animali. Una classica procedura sperimentale behaviourista sull'apprendimento animale prevede ad esempio che un topo, o un piccione, impari a premere una leva posta nella sua gabbia in modo da ottenere del cibo, stimolando i suoi comportamenti diretti a questo scopo e scoraggiando invece gli altri per mezzo di scosse elettriche. L'applicazione dei principi del condizionamento al trattamento dei disturbi del comportamento umano ha preso il nome di modifica del comportamento. Oltre all'applicazione in ambito psicopatologico (terapia comportamentale), i principi della scuola behaviourista sono stati utilizzati nell'industria e nella scuola (notevole è l'influenza dell''istruzione programmata' in ambito didattico). Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Dottrine teorie e concetti 3/3 La teoria comportamentista è stata criticata da diversi punti di vista, ad esempio dalla psicologia cognitivista. Il comportamentismo, infatti, non prende in considerazione le scoperte della moderna psicologia cognitiva, incluso il modo in cui le interpretazioni individuali del mondo influenzano il comportamento umano. È dimostrato, allo stato attuale delle ricerche, che le persone pensano e riflettono secondo categorie e adottano strategie di soluzione dei problemi per elaborare idee e visioni del mondo circostante, ma questi fatti riguardanti il pensiero umano sono stati ignorati dalla teoria comportamentista. Quest’ultima è considerata da molti studiosi una lacuna importante e, quindi, un aspetto poco convincente della teoria stessa. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Bibliografia e sitografia www.treccani.it www.disf.org (Portale DISF del Centro di Ricerca Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede) www.filosofico.net www.lacooltura.com (rivista online) www.inftub.com www.pragmatica-mente.com www.sapere.it Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 TEST DOTTRINE TEORIE E CONCETTI I LEZ. 3 Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 3/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti i Attività n°: 1 Test Dottrine teorie e concetti I lez. 3 In questa sezione, come attività formativa a supporto dell’apprendimento, viene proposto un test a risposta multipla. Lo studente dovrà rispondere ai quesiti scegliendo un’unica risposta in un set di quattro alternative. Per completare il test ha a disposizione 30 minuti e al termine potrà verificarne immediatamente l’esito. Le domande di questo test sono relative alla lezione 3. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Introduzione allo studio della Filosofia DOTTRINE, TEORIE E CONCETTI II Prof.ssa Lorenza Lei Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Costruttivismo e Empirismo Costruttivismo Corrente filosofica nata nell'ambito degli studi epistemologici condotti negli ultimi decenni del XX secolo soprattutto in Germania e negli Stati Uniti, che ha tra i maggiori esponenti Nelson Goodman. Ha avuto uno sviluppo trasversale in quasi tutte le discipline del sapere umano, dalla fisica alla biologia, dalla psicologia alla critica letteraria. L'idea guida del costruttivismo è che la realtà sia 'costruita' dal nostro modo di conoscerla. In altre parole, ciò che noi conosciamo attraverso la ricerca scientifica non corrisponde a una realtà oggettiva ma è il prodotto di un'invenzione, di cui l'inventore è inconsapevole. Viene dunque rifiutata l'idea che una teoria o una convinzione o una descrizione possa essere più vera di altre in quanto più rispondente a una realtà oggettiva. Generalizzando, il costruttivismo ritiene che ciò che noi chiamiamo realtà sia semplicemente il risultato di un'interazione tra soggetto e oggetto. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Costruttivismo e Empirismo Empirismo In filosofia l’empirismo è un orientamento di pensiero che riporta la conoscenza all’esperienza dei sensi, negandone però l’esistenza di idee innate o di un pensiero a priori. Nella storia l’orientamento empiristico si è associato ad alcune posizioni filosofiche molto diverse fra loro, dal materialismo di Thomas Hobbes allo spiritualismo di George Berkeley. Si possono comunque delineare alcuni tratti generali condivisi dalle diverse dottrine empiriste: l’attenzione per i dati sperimentali proprio per la loro concretezza, così come si presentano nella percezione; il privilegiare, sul piano metodologico, l’induzione rispetto al procedimento deduttivo; l’atteggiamento nominalistico, il quale esclude che i concetti universali siano qualcosa di più che semplici nomi o rappresentazioni mentali che stanno in luogo di realtà singolari; la concezione che il soggetto conoscente è passivo e recettivo nei confronti degli oggetti; l’istanza antimetafisica, e cioè il rifiuto di presunte conoscenze della sostanza delle cose, e la propensione ad attribuire al sapere umano un carattere sperimentale, sempre perfettibile e mai definitivo. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Costruttivismo e Empirismo Con il termine “empirismo” si intende principalmente una corrente filosofica dell’età moderna, nata in Gran Bretagna, che si contrappose al razionalismo sul terreno del problema gnoseologico, anche se ne risentì dell’impronta soggettivistica evidente a questo problema dall’indagine del filosofo razionalista francese Cartesio. Va comunque ricordato che anche nei sistemi filosofici dell’antichità ci sono stati dei tentativi di soluzioni di tipo empiristico: Aristotele, ad esempio, rivendicò, in opposizione alla teoria platonica delle idee la funzione positiva dell’esperienza sensibile, che richiede nonostante ciò di integrarsi con il pensiero razionale; Epicuro invece sosteneva una forma più totale di empirismo, per il quale l’esperienza sensibile è alla base di ogni atto conoscitivo, così come evidenti motivi di tipo empiristico sono presenti nelle correnti dello scetticismo antico. Si deve all’inglese John Locke la concezione critica delle idee innate sostenuta da Cartesio, affermando che tutte le nostre conoscenze sono originate dall’esperienza esterna (“sensazione”) o interna (“riflessione”). Locke paragona il nostro spirito ad “un foglio bianco, privo di ogni carattere, senza alcuna idea”: solo attraverso l’esperienza si permette allo spirito di aggiungere tutti i materiali del pensiero, che Locke chiama “idee”, conferendo a questo termine un significato simile a quello del razionalista Cartesio. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Costruttivismo e Empirismo Con Locke l’empirismo inizia a distinguersi anche per una riflessione critica sui concetti specifici della metafisica, come per esempio il concetto di sostanza. Se la conoscenza proviene dall’esperienza, è complicato ipotizzare qualsiasi cosa che sia invece a fondamento delle qualità sensibili delle cose: Locke non nega la sostanza, ma la asserisce inconoscibile come essenza necessaria o fondamento ultimo delle cose. L’irlandese George Berkeley, nega invece l’esistenza del mondo materiale affermando che gli oggetti non sono altro che collezioni di molteplici percezioni (un albero, ad esempio, si compone nella nostra mente solo attraverso le percezioni relative a certi colori, a una determinata forma e ad altri caratteri sensoriali che si trovano elaborati dalla mente). L’unica sostanza che resta, una volta che Berkeley ne nega l’esistenza dei corpi, è lo spirito, cioè la mente che la percepisce. Una successiva evoluzione del discorso empirico viene svolto dallo scozzese David Hume, argomentando sul fatto che non si possono produrre prove oggettive sull’esistenza del mondo dei corpi, ma che anche l’esperienza che si determina del nostro io non è quella di una sostanza (l’“anima”), ma di un “fascio di percezioni” in costante mutamento. Lo scetticismo di Hume è determinato dal voler circoscrivere il nostro sapere in senso sperimentale, sottraendolo di quei requisiti di certezza e di indubitabilità che gli erano stati assegnati dai filosofi razionalisti. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Costruttivismo e Empirismo Nel corso dell’Ottocento l’empirismo venne rivisitato e ulteriormente argomentato in una modalità alquanto originale da John Stuart Mill, che ne reclamò l’origine empirica delle conoscenze, incluse quelle delle verità logiche e matematiche, e il significato fondamentale del metodo induttivo. Un fondamentale atteggiamento empiristico sembra caratterizzare molteplici correnti del pensiero dell’Ottocento e del Novecento, spaziando dal positivismo al pragmatismo, ricomparendo in particolare nella riflessione del positivismo logico sviluppatosi nel periodo fra le due ultime guerre mondiali, per adattarsi meglio ai problemi che vengono analizzati dall’indagine scientifica e filosofica. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Epicureismo, Epistemologia ed Ermeneutica Epicureismo Per epicureismo si intende un sistema filosofico basato sugli insegnamenti del filosofo greco Epicuro, ne genera la felicità come attivazione del bene supremo della vita, la virtù come liberazione dal disordine e dal dolore; di conseguenza, la serenità viene raggiunta controllando razionalmente le paure: soprattutto la paura degli dei, della morte e dell’aldilà. La fisica epicurea è atomistica, sulla scia della tradizione speculativa dei filosofi Leucippo e Democrito. In biologia, Epicuro postulò che le forze naturali avessero originato organismi di tipi differenti e che fossero sopravvissuti solo i tipi capaci di sostenersi e riprodursi. La gnoseologia epicurea è materialista: le sensazioni sono provocate dalle “immagini” (éidola) emesse dai corpi, ossia da un flusso di atomi sottili e velocissimi che colpisce i nostri organi di senso. Le sensazioni sono considerate del tutto attendibili; l’errore sorge solo quando la sensazione viene interpretata impropriamente dall’intelletto. Anche l’anima, per gli epicurei, è costituita da atomi sottili. La dissoluzione del corpo con la morte conduce alla dissoluzione dell’anima, che non può esistere indipendentemente dal corpo: la vita nell’aldilà non è dunque possibile. Poiché la morte significa estinzione totale, essa non ha significato per i vivi o i morti, in quanto “Se ci siamo, non c’è la morte; e quando c’è la morte, non ci siamo più noi”. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Epicureismo, Epistemologia ed Ermeneutica Epistemologia Dal greco episteme, “conoscenza” e logos, “discorso”, è una disciplina filosofica che studia la conoscenza e ne individua i fondamenti e i criteri di validità. In Italia il termine ha due differenti significati: la disciplina si identifica anche con la gnoseologia, cioè con lo studio che ne analizza la definizione e la giustificazione della conoscenza rispetto ad altre forme di esperienza umana, rifacendosi all’uso del termine inglese epistemology. Il termine indica l’indagine filosofica sulla conoscenza scientifica e quindi, in un’accezione più restrittiva, è sinonimo di filosofia della scienza. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Epicureismo, Epistemologia ed Ermeneutica Ermeneutica Studio della teoria e della pratica dell'interpretazione; originariamente il termine venne utilizzato in teologia in relazione all'interpretazione biblica intesa come spiegazione e disvelamento dei significati occulti e dei simboli celati nel testo, ma a partire dal XIX secolo fu esteso alle teorie filosofiche del significato e della comprensione, nonché alle teorie dell'interpretazione letteraria. Nel XIX secolo teorici dell'ermeneutica come Friedrich Schleiermacher e Wilhelm Dilthey considerarono la comprensione un processo di ricostruzione psicologica, ovvero la ricostruzione da parte del lettore dell'intenzione originaria dell'autore. In base a questo principio, il testo è un'espressione dei pensieri dell'autore e coloro che lo interpretano devono cercare di porsi nell''orizzonte' dell'autore al fine di riviverne l'atto creativo, distinguendo il pensiero fondamentale dell'autore dai pensieri accessori che fungono da semplice cornice al momento creativo principale. Un ulteriore elemento che caratterizza il pensiero ermeneutico di questo periodo è l'accento posto sulla distanza storica dell'interprete rispetto al testo: secondo Schleiermacher, ad esempio, la storicizzazione di un testo avviene a due livelli, uno individuale e uno collettivo. Innanzitutto un testo deve essere messo in relazione con l'ambiente storico e culturale all'interno del quale è stato prodotto; in secondo luogo è importante considerare il documento come parte integrante della vita dell'autore. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s1 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Epicureismo, Epistemologia ed Ermeneutica Il problema di tale concezione è l'eccessiva fiducia nelle capacità umane: si presume, infatti, che tutti siano ugualmente in grado di superare le difficoltà del processo di comprensione, giungendo a un'unica interpretazione corretta. Il filosofo tedesco Martin Heidegger e il suo allievo Hans Georg Gadamer parlarono a questo proposito di 'circolo ermeneutico', riferendosi alla relazione circolare fra la parte e il tutto: per comprendere il tutto è necessario comprenderne le parti e viceversa. Questa è considerata dai due filosofi la condizione di possibilità di ogni esperienza e ricerca umana e una condizione che, secondo Heidegger, dipende in modo determinante dal linguaggio, recepito come lo strumento che il soggetto utilizza per l’interpretazione della realtà e con il quale egli 'è' pienamente. La realtà viene così interpretata tramite il linguaggio, ma spesso, ne occulta il significato: il compito principale dell'ermeneutica è quello di riuscire a cogliere sia i significati che emergono dal linguaggio (la parola), sia i significati che restano nascosti nel linguaggio (il silenzio). Più di recente, seguendo l'esempio di Heidegger, Jacques Derrida elaborò una teoria dell'ermeneutica che considera il testo come un interlocutore muto, i cui silenzi possono indurre false interpretazioni. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Esistenzialismo È una corrente filosofica e letteraria, nata in Germania e in Francia negli anni Trenta del Novecento, che ha come finalità il compito di analizzare l’esistenza umana. L’esistenzialismo comprende posizioni eterogenee, piuttosto complicate da definire univocamente; tuttavia è possibile individuare alcuni motivi ricorrenti, come il tema centrale dell’esistenza come essenza propria dell’uomo, l’accentuazione della imperfezione e della peculiarità irriducibile dell’individuo, delle possibilità delle soluzioni a cui egli si riferisce, e di conseguenza, della responsabilità individuale e della libertà. Nel corso della storia ci sono state delle filosofie che hanno affrontato alcuni dei problemi più toccanti che sono al centro dell’esistenzialismo del Novecento. Partendo da Blaise Pascal, che nel Seicento, polemizzò con il cosiddetto “spirito geometrico” tipico del razionalismo di Cartesio, poiché incapace di rendere conto dei problemi riguardanti l’uomo di fronte alla vita e alla morte, ci sono stati pensatori esistenzialisti che hanno contribuito notevolmente a svolgere un’interpretazione originale. Ne è un chiaro esempio il danese Søren Kierkegaard, filosofo vissuto nella prima metà del XIX secolo, il cui pensiero venne poi ripreso in Germania nel periodo fra le due guerre mondiali. Egli, opponendosi all’idealismo di Hegel, intendeva sottolineare il valore assoluto dell’esistenza dell’individuo e il suo carattere di singolarità. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica L’esistenza, infatti, non è mai risolvibile attraverso concetti astratti come l’essenza, lo spirito, la ragione, che affermano di spiegarla completamente, ma è in relazione sempre a ciò che possiamo intendere come singolo soggetto, ovvero le possibilità, le scelte, le decisioni individuali e anche soggettive. Soprattutto Kierkegaard ne sottolineò il sentimento fondamentale dell’angoscia, che cresce nell’uomo quando egli si trova di fronte a diverse possibilità, la scelta di una delle quali comporta automaticamente l’esclusione delle altre. L’unica forma di impegno in grado di salvare l’uomo dalla disperazione è il ”salto della fede” nell’esistenza cristiana. Friedrich Nietzsche invece criticò aspramente le tradizioni metafisiche e morali dell’Occidente opponendo il pessimismo tragico e la volontà di affermazione esistenziale, che era però avverso al conformismo morale della maggioranza. Sono pochi i filosofi del Novecento definiti esistenzialisti che accettarono questa attribuzione, in particolare la rifiutarono Martin Heidegger e Karl Jaspers. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Se si accoglie però il termine esistenzialismo in una prospettiva molto ampia, esso si può definire una “filosofia della crisi”, legata alla caduta, nella cultura del Novecento, dei tradizionali punti di riferimento metafisici, morali e teologici. Entro questo orizzonte, si possono poi distinguere articolazioni diverse dell’esistenzialismo, che talora si sovrappongono, come la distinzione fra un esistenzialismo ateo (Sartre) e uno religioso (Gabriel Marcel), un esistenzialismo più vicino alla matrice kierkegaardiana (Jaspers), un orientamento verso una ripresa dell’ontologia o filosofia dell’essere (Heidegger), un esistenzialismo positivo (Nicola Abbagnano). Sebbene il pensiero esistenzialista si sia spesso contraddistinto come indirizzo ateo o perlomeno agnostico, esso ha avuto anche una relazione profonda con la teologia contemporanea. Karl Jaspers, pur rifiutando espliciti riferimenti a dottrine religiose, influenzò la teologia contemporanea con la sua attenzione alla trascendenza e ai limiti dell’esperienza umana. Una rilettura esistenzialista della fede venne effettuata, con accenti diversi e anche divergenti, dai teologi protestanti Karl Barth, Rudolf Bultmann e Paul Tillich; un’impronta esistenzialista è riconoscibile nella teologia ebraica di Martin Buber e Franz Rosenzweig (1886-1929); un’ispirazione chiaramente religiosa è ravvisabile infine nell’esistenzialismo russo di Nikolaj Berdjaev (1874-1948) e di Lev Sestov (1866-1938), che si rifà alla meditazione di Fëdor Dostoevskij. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Estetica Disciplina filosofica che ha come scopo quello di formulare una definizione del concetto del bello e dell'arte. L'estetica (dal greco áisthesis, 'sensazione') si interroga sull’esistenza di uno specifico modo estetico della percezione o se, invece, gli oggetti stessi possiedano in sé delle 'qualità estetiche', e inoltre quali siano le arti e in che cosa consista il loro riferimento alla bellezza. Il termine 'estetica' è relativamente recente, in quanto fu introdotto nel 1753 dal filosofo tedesco Alexander Baumgarten, per designare sia la teoria della conoscenza sensibile, come parte della gnoseologia, sia la 'teoria del bello e delle arti liberali'. Solo in seguito si è consolidata una tradizione che collega l'arte al bello: in passato, infatti, la nozione del bello era discussa soprattutto in sede metafisica e intesa come una qualità dell'essere, mentre le arti (a lungo non distinte dalle 'tecniche') erano subordinate a scopi didascalici, morali, religiosi o di altro tipo, e non erano ancora intese come 'disinteressate' e fondate sul valore autonomo del bello. Ciò nonostante, sin dall'antichità si sono avanzate teorie relativamente al bello e all'arte, che hanno fornito importanti premesse per l'estetica filosofica successiva. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Nella filosofia greca prevaleva una concezione, d'origine pitagorica, che intendeva la bellezza come simmetria e proporzione. Nella riflessione di Platone, tuttavia, si vede come l'arte non risulti ancora avere un'intrinseca connessione con questo concetto di bellezza, in quanto è giudicata in base a fini soprattutto etici e politici. Da qui discende la condanna platonica della poesia drammatica, in quanto perturbatrice dell'animo e suscitatrice di passioni. Platone inoltre respinge tutte le arti imitative, nella misura in cui esse, copiando gli oggetti sensibili, imitano ciò che è a sua volta imitazione delle idee sovrasensibili, oggetto della conoscenza intellettuale. Anche per Aristotele l'arte è imitazione (mimesi), ma non nel senso platonico: l'arte imita 'le cose quali dovrebbero essere, completando parzialmente ciò che la natura non riesce a portare a termine': in particolare, la tragedia esercita una funzione catartica o purificatrice, in grado di liberare lo spettatore dalle passioni che essa rappresenta. La Poetica di Aristotele ha esercitato una grande influenza sul dramma neoclassico del XVII secolo; in particolare, la dottrina delle tre unità (tempo, luogo e azione) della tragedia ha dominato le opere di drammaturghi francesi come Jean-Baptiste Racine, Pierre Corneille e Molière, e le teorie letterarie fino al XIX secolo. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Un ruolo fondamentale nella formazione di una teoria filosofica della bellezza viene attribuita al filosofo neoplatonico del III secolo Plotino, per il quale la contemplazione del bello sensibile determina sempre il primo gradino della scala che l'anima deve percorrere per ricollegarsi all'Uno (o bene), cioè al principio assolutamente trascendente di tutte le cose. La bellezza infatti è la sola manifestazione di ciò che è intelligibile nella dimensione del sensibile, e rappresenta dunque un passaggio attraverso cui l'anima può risalire alla fonte da cui è discesa; d'altronde il bello, nell'esperienza che ne fa l'anima, diviene da bellezza sensibile bellezza di tipo etico e infine teoretico; in questa forma il bello concerne l'Intelletto supremo e rispecchia il bene, il quale 'è fonte di ogni bellezza'. Le idee neoplatoniche furono in larga misura influenti per il pensiero della scolastica medievale, in cui l'arte fu soprattutto veicolo espressivo della religione, e ancora per le nuove idee che contraddistinsero la cultura del Rinascimento. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Via via, nel pensiero moderno, si delinea una riflessione sui criteri della bellezza, in cui, accanto al tentativo di individuare criteri oggettivi, come i grandi modelli classici, si pone l'accento su criteri soggettivi, come il gusto, la fantasia, il sentimento, la creatività del genio. All'estetica del neoclassicismo si può ricondurre la riflessione di Johann Joachim Winckelmann, il quale affermava un concetto 'formale' di bellezza, che la svincolava da qualsiasi particolare sensibile, e teorizzava che l'arte non deve esprimere l'individualità dell'artista, ma ideali di proporzione e di equilibrio, quali quelli trasmessi dalle opere dell'antichità classica, specialmente dalla scultura greca. D'altronde, attribuendo un valore esemplare all'arte greca, ma al tempo stesso presentandola come un momento irripetibile della storia umana, Winckelmann anticipava una sensibilità di carattere romantico, che avrebbe riconosciuto un valore irripetibile a tutte le epoche. In epoca illuministica, Immanuel Kant ricercò il bello in una particolare forma del giudizio, denominata 'giudizio di gusto', che ha un peculiare nesso con i sentimenti di piacere e dispiacere. Per questo legame, i giudizi di gusto non contribuiscono alla conoscenza delle cose; inoltre essi sono soggettivi, ma esigono nondimeno un consenso universale, fondandosi su un comune senso estetico: ad esempio, dire che qualcosa è bello, significa rivendicare un valore universale della bellezza, che travalica l'ambito puramente relativo di ciò che è semplicemente piacevole. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Le idee estetiche formulate da Kant nella sua Critica del Giudizio, interpretate alla luce della nuova sensibilità dell'età del romanticismo, costituiranno il punto di avvio delle estetiche di pensatori come Friedrich Schiller, Friedrich von Schlegel e Friedrich Wilhelm Joseph Schelling. Nell'estetica del filosofo idealista Georg Wilhelm Friedrich Hegel, il problema estetico tende a identificarsi con una teoria generale dello spirito e del suo sviluppo storico, nel quale l'esperienza estetica costituisce solo un momento provvisorio e destinato a essere superato dalla filosofia. Arthur Schopenhauer asserì invece che la contemplazione estetica costituisce un primo passo sulla via della liberazione dalle catene della volontà di vivere che opprime l'individuo. Speculare e opposta a questa funzione catartica dell'arte è la concezione di Friedrich Nietzsche, il quale ricerca nella tragedia greca l'espressione di un principio 'dionisiaco', per cui l'arte esprime direttamente il divenire e la caducità di tutto ciò che è umano, ma al tempo stesso immerge l'individuo nel flusso del divenire cosmico. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Altre estetiche dell'Ottocento furono quelle positivistiche, che operarono una sorta di dissoluzione dell'estetica stessa nell'antropologia, nella sociologia o nella psicologia. Dal canto suo il marxismo, in particolare nei suoi sviluppi novecenteschi, ha sostenuto la valenza pratica dell'arte, scorgendovi un'espressione della struttura economica di ciascuna società; essa assume un rilievo positivo soprattutto quando è autenticamente 'realistica' (come teorizzava György Lukács), ossia quando rappresenta la dinamica profonda della società in cui nasce. Ispirata anche al marxismo, seppure con un rapporto non lineare o di derivazione diretta, è la riflessione estetica di Walter Benjamin e in particolare il breve saggio di sociologia dell'arte intitolato L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica (1936): analizzando la situazione dell'arte nelle società di massa, Benjamin constata la perdita dell'ineffabile 'aura' dell'oggetto artistico. La fruibilità dell'arte da parte del grande pubblico, tuttavia, rivela anche potenzialità liberatorie che possono stimolare la critica dell'esistente. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s2 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Esistenzialismo ed Estetica Fondamentale è stata, nel Novecento, l'estetica di Benedetto Croce, il quale concepì l'esperienza estetica come un momento specifico dell'attività spirituale (quello connesso alla intuizione del particolare), svincolandola da ogni subordinazione a contenuti concettuali o etici. Nel Novecento la riflessione sull'arte tende peraltro a coniugarsi con teorie di tipo psicologico, sociologico, antropologico e, soprattutto, di tipo linguistico, come ad esempio nella riflessione del linguista Roman Jakobson circa la 'funzione poetica' del linguaggio. Altri pensatori, come il filosofo tedesco Martin Heidegger, hanno invece inteso l'opera d'arte, al di là delle categorie estetiche, come una rivelazione dell'essere. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Etica Con “etica” si intende quell’Insieme dei principi o di norme che disciplinano la condotta umana, e per estensione anche lo studio di questi principi che assumono il nome di “filosofia morale” (dal latino mores, “costumi”). L’etica (dal greco ethos, “carattere”, “costume”) cerca di rispondere a domande come: “Quando un’azione è giusta?”, “Quando un’azione è sbagliata?” e “Qual è il principio che decide del bene e del male?”. Dal momento che gli esseri umani vivono insieme in gruppi, è diventato necessario adottare un comportamento morale per garantire la sopravvivenza di ogni comunità. Anche se i sistemi di valori venissero via via modificati in base alla condotta, i principi dell’etica hanno spesso origine, in forma irrazionale, da fonti molteplici: determinanti sono sempre state le azioni accidentali che, una volta diventate di uso comune, si stabilizzarono dando origine a tradizioni e costumi, sia le leggi costrette dai governanti per evitare le proteste tra i loro sudditi. Le grandi civiltà antiche, come quella egizia e quella sumera, non svilupparono etiche sistematiche; nell’antica Cina, a partire dal VI secolo a.C., le massime di Confucio vennero accettate come un codice morale. Nello stesso periodo, in Grecia, i primi filosofi elaborarono teorie del comportamento morale, sollevando problemi e interrogativi che ancora oggi sono alla base della riflessione filosofica dell’Occidente. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Nel V secolo a.C. i sofisti, che insegnavano retorica, logica e teoria della politica, negarono la possibilità di identificare valori morali universali e immutabili; paradigmatica è la celebre affermazione di Protagora, secondo cui “l’uomo è la misura di tutte le cose”. Nei suoi dialoghi Platone, rielaborando il pensiero di Socrate, si oppose al relativismo dei sofisti, sostenendo che la virtù è conoscenza e che gli uomini sarebbero virtuosi se sapessero cos’è il bene; pertanto, il male è semplicemente frutto dell’insipienza. Successivamente alcune scuole di filosofia morale si ispirarono agli insegnamenti di Socrate. Le più importanti furono fondate dai suoi discepoli: i cinici e i cirenaici. I primi, guidati da Antistene, asserirono che la pratica della virtù deve condurre all’autosufficienza e a una vita “secondo natura”, vissuta cioè soddisfacendo le necessità primarie della sussistenza ed evitando la ricerca del piacere. Di visione opposta fu la scuola cirenaica, fondata da Aristippo di Cirene, che professò una radicale forma di edonismo, considerando sommo bene il piacere vissuto nella contingenza dell’istante. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Aristotele, allievo di Platone, invece identificò nella “buona vita” (eudaimnía) lo scopo dell’etica. Nell’Etica nicomachea, definendo la felicità come un’attività in armonia con la natura essenziale dell’uomo, ossia con la ragione, Aristotele afferma che la virtù nasce dall’abitudine al retto agire e che, per conseguire la felicità, una persona deve coltivare la conoscenza. Le virtù morali sono consuetudini di azioni che si conformano al “giusto mezzo”, inteso come principio di moderazione. In generale, Aristotele definisce il giusto mezzo come lo stato in equilibrio tra i due estremi dell’eccesso e dell’insufficienza. Nella concezione cristiana l’individuo non raggiunge la salvezza solo attraverso la volontà o l’intelligenza, ma necessita anche della grazia divina. Sant’Agostino, si convertì al cristianesimo, pur essendo all’origine un manicheo, dopo aver subito l’influenza del pensiero di Plotino e poi dell’insegnamento di sant’Ambrogio. Agostino tentò di completare la concezione platonica con il concetto cristiano della bontà come attributo di Dio e del peccato come caduta di Adamo, dalla cui colpa l’uomo è redento dalla grazia di Dio. Essendo Dio considerato l’essere supremo, è inevitabilmente buono e si trova come fondamento di ogni cosa, il male invece non esiste in sé ma è considerato come una privazione di essere, così come il buio è privazione di luce. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Nel tardo Medioevo le opere di Aristotele, resesi disponibili grazie ai testi ed ai commentari di eruditi arabi, ebbero una particolare influenza sul pensiero dell’Occidente latino. Con l’avvento della Riforma protestante, l’influenza delle concezioni etiche cattoliche diminuirono durante il Rinascimento, con un ritorno ai principi originari della trazione cristiana. Secondo Martin Lutero la bontà dello spirito è l’essenza della pietà cristiana: la condotta morale (o buon operato) deve essere un imprescindibile requisito di ogni credente, ma la giustificazione, o salvezza, avviene grazie alla sola fede. Giovanni Calvino accettò la dottrina teologica secondo la quale la giustificazione dell’azione morale avviene grazie alla sola fede, e sostenne inoltre la dottrina agostiniana del peccato originale. I puritani aderirono alla difesa di Calvino della sobrietà, della diligenza e della frugalità. Essi considerarono la vita contemplativa come pura pigrizia, e la povertà come punizione per un peccato o come prova che non si gode della grazia di Dio. Convinti del fatto che solo gli eletti potevano aspettarsi la salvezza, essi considerarono la prosperità come un segno dell’elezione. Durante la Riforma la responsabilità individuale venne considerata più importante dell’obbedienza alle autorità politiche e religiose. Questo mutamento condusse indirettamente alla nascita della moderna etica secolare. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Nell’opera Leviatano (1651), Thomas Hobbes analizzò l’origine del potere politico, sostenendo che la vita umana nello “stato di natura” (precedente l’istituzione di un ordinamento politico) è “solitaria, misera, sgradevole, brutale e breve”, dominata da “una guerra di tutti contro tutti”. Da ciò ne consegue che l’uomo cerca sempre la sicurezza entrando in relazione con un contratto sociale, attraverso il quale ogni individuo cede i propri diritti ad un sovrano che ne possiede il potere assoluto. Le dottrine di Hobbes influenzarono il pensiero di John Locke. Nei Due trattati sul governo (1690) Locke affermò che il fine del contratto sociale è diminuire il potere assoluto dell’autorità e promuovere la libertà e la sicurezza di ciascun cittadino. Le scoperte scientifiche dell’età moderna ebbero effetti anche sull’etica: le teorie di Isaac Newton divennero uno dei più eclatanti esempi di tale tendenza, le sue leggi furono assunte come prova del fatto che l’ordine del cosmo è razionale. Le sue scoperte indussero i filosofi, in particolare gli illuministi, ad accrescere la fiducia in un sistema etico fondato esclusivamente sulla razionalità. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Durante l’Illuminismo, Jean-Jacques Rousseau, nell’Emilio (1762), attribuì al male il disadattamento sociale, poiché sosteneva che gli essere umani sono buoni per loro natura. La sua opera fu fondamentale per la formazione dell’atteggiamento etico e ideologico dei principali esponenti europei della letteratura romantica. Fondamentale fu anche il contributo all’etica di Immanuel Kant nella Fondazione della metafisica dei costumi (1785) e nella Critica della ragion pratica (1788). Secondo Kant i risultati delle azioni umane sono soggetti al caso e alla contingenza; pertanto, la moralità di un atto non deve essere valutata in base alla sua conseguenza, ma esclusivamente per la sua motivazione. Per Kant, solo l’intenzione è buona, poiché spinge una persona ad agire non per un’inclinazione ma per un dovere, fondando l’azione su un principio generale che è giusto in se stesso. Come principio morale ultimo, Kant riafferma la regola aurea in forma logica: “Agisci come se la massima della tua azione dovesse diventare per mezzo della tua volontà una legge universale di natura” ; questa regola è definita imperativo categorico, poiché è assoluta e cogente. Kant inoltre insiste sul fatto che si devono trattare gli altri “in ogni caso come un fine, e mai soltanto come mezzi”. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Nel corso dell’Ottocento in Germania Georg Wilhelm Friedrich Hegel nei Lineamenti della filosofia del diritto (1821) elaborò una filosofia della storia in cui il divenire è considerato come una successione di momenti regolati dalla dialettica. L’eticità, quindi, non è intesa come il risultato di un contratto sociale, ma come un processo di crescita razionale che emerge in una società civile e culmina nello Stato. Søren Kierkegaard reagì contro il pensiero hegeliano, incentrando la ricerca etica sul problema della scelta. Secondo Kierkegaard, un sistema filosofico come quello hegeliano pone in ombra questo problema cruciale facendo apparire l’etica come una disciplina oggettiva, piuttosto che come un campo soggettivo che ogni persona deve affrontare individualmente. La scelta individuale di Kierkegaard fu quella di vivere entro la cornice dell’etica cristiana. Nel Novecento il suo pensiero ispirò i filosofi dell’esistenzialismo. Le trasformazioni sociali dovute allo sviluppo tecnologico e scientifico influenzarono notevolmente l’etica nel corso dell’Ottocento. In Francia, Auguste Comte stabilì il primato della morale sulla politica, insistendo sul carattere altruistico dell’etica e sulla sua derivazione dalla sociologia, intesa come un sistema di conoscenze adatte alla società industriale. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica La ricostruzione della morale su basi umanitarie era stata avviata anche in Inghilterra da Jeremy Bentham, fondatore dell’utilitarismo; egli considerava l’azione morale in base alle sue conseguenze: sul lato individuale il piacere e il dolore rappresentano il criterio di valutazione decisivo, mentre sul lato sociale e pubblico il criterio viene determinato dal “calcolo” del maggior bene possibile per tutti. Un’integrazione dell’utilitarismo di Bentham fu proposta da John Stuart Mill, secondo il quale bisogna considerare, accanto all’impulso egoistico, anche un sentimento morale disinteressato. Un altro impulso al rinnovamento della morale fu dato dalla teoria dell’evoluzione delineata da Charles Darwin in Sull’origine della specie per mezzo della selezione naturale (1859). Le scoperte di Darwin fornirono un supporto scientifico al sistema di Herbert Spencer, denominato “etica evoluzionistica”, secondo il quale la moralità consiste unicamente nel risultato di alcune abitudini acquisite dall’umanità nel corso dell’evoluzione. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Una rielaborazione della tesi darwiniana, secondo la quale la sopravvivenza del più adatto è una legge di natura fondamentale, venne avanzata da Friedrich Nietzsche, che ricondusse le origini della morale cristiana alla necessità di salvaguardare i deboli. Per Nietzsche, la condotta morale tradizionale – specialmente quella propugnata dall’etica ebraica e cristiana – avrebbe lo scopo di impedire la piena fioritura umana; ogni azione dovrebbe invece essere finalizzata alla creazione di un individuo superiore, che sarà in grado di realizzare le più nobili possibilità di vita. Nel corso del Novecento l’etica fu profondamente influenzata sia dagli sviluppi della psicologia, in particolare dalle dottrine comportamentiste basate sulle scoperte del fisiologo russo Ivan Pavlov, sia dalla psicoanalisi di Sigmund Freud. Il comportamentismo, ha invece consolidato la fiducia nella possibilità di modificare la natura umana stabilendo condizioni favorevoli agli obiettivi morali desiderati. A partire dagli anni Trenta, questo approccio venne ampiamente accettato negli Stati Uniti, principalmente nelle teorie pedagogiche di Frederic Burrhus Skinner. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica In Germania e in Francia alcuni filosofi concentrarono il fuoco dell’indagine sui problemi dell’opzione etica individuale sollevati da Kierkegaard e Nietzsche. Martin Buber si interessò alla moralità delle relazioni tra gli individui, proponendo una filosofia del dialogo; Karl Jaspers sottolineò l’unicità dell’individuo e l’importanza della libertà di scelta. Altri pensatori formularono una critica radicale dei valori proposti dalle religioni tradizionali. Martin Heidegger asserì che gli esseri umani sono soli nell’universo e devono prendere le loro decisioni etiche nella consapevolezza costante della morte. Jean-Paul Sartre, riferendosi a Heidegger, ricorda la la consapevolezza della morte affermando che l’uomo ha una responsabilità etica che lo coinvolge nelle attività politiche e sociali del suo tempo. Bertrand Russell, critico inglese spietato della morale convenzionale, sostenne che i giudizi morali esprimono desideri individuali o abitudini accettate. Nel suo pensiero, la figura dell’asceta e quella del saggio distaccato dal mondo vengono considerati dei modelli negativi, capaci soltanto di formare esseri umani incompleti: gli individui che aspirano a un’esistenza autentica, invece, partecipano pienamente alla vita della società ed esprimono ogni aspetto della loro natura. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica Nei suoi Principia Ethica (1903), George Edward Moore dimostrava che i termini etici sono definibili nei limiti della parola “buono”, mentre “buono” è indefinibile. Ciò accade perché la bontà è una qualità semplice, non analizzabile. I filosofi che sono in disaccordo con Moore, e che credono che “buono” sia definibile, sono denominati “naturalisti”, mentre Moore è definito “intuizionista”. Naturalisti e intuizionisti considerano le proposizioni etiche come proposizioni che descrivono il mondo, dunque vere o false. Contro questa posizione, alcuni filosofi sostengono che l’etica non è una forma di conoscenza e il linguaggio etico non è descrittivo. Sulla base di questi assunti, alcuni esponenti del positivismo logico hanno sostenuto che gli enunciati etici avrebbero solo un significato emotivo o persuasivo. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Etica In Italia l’etica si è soprattutto dovuta scontrare con il tradizionalismo cattolico, cercando da un lato nell’“idealismo trascendente” di Piero Martinetti e dall’altro nella critica dell’ateismo di Augusto del Noce. Altri filosofi, più orientati in una visione dell’idealismo e del marxismo, hanno invece elaborato una teoria “laica” dell’etica. Secondo Benedetto Croce la morale è considerata come una categoria dell’attività pratica dello spirito e quindi, dal momento che si rivolge alla volontà universale, è una ricerca del bene, interpretato come valore non distinto dall’utile. Antonio Gramsci e altri filosofi marxisti, come Antonio Banfi e Galvano della Volpe, hanno invece fornito una personale soluzione di definizione dell’etica nella prassi politica, individuando nella trasformazione radicale della cultura e della morale la via d’accesso per una nuova società civile. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 4/s3 Titolo: dottrine teorie e concetti ii Attività n°: 1 Bibliografia e sitografia Bibliografia: Agazzi E., Intelligenza naturale e intelligenza artificiale, Ed. Marietti, Gallarate, 1991. Hegel G. W. F., Credere e sapere, Morcelliana Editore, 2013. Kant E., Critica della ragion pratica, UTET, Torino, 2013 Sitografia: www.treccani.it www.webethics.net www.sapere.it Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 5 Titolo: dottrine teorie e concetti iii Attività n°: 1 Introduzione allo studio della Filosofia DOTTRINE, TEORIE E CONCETTI III Prof.ssa Lorenza Lei Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 5 Titolo: dottrine teorie e concetti iii Attività n°: 1 Fenomenologia Fenomenologia Movimento filosofico del XX secolo, fondato dal filosofo tedesco Edmund Husserl, che elaborò un metodo di analisi delle strutture dell'esperienza che fosse in grado di descrivere i fenomeni come si manifestano alla coscienza nella loro immediatezza, senza quindi riferirsi ad interpretazioni fondate su presupposti teoretici e logici mutuati dalla tradizione filosofica o dalle scienze naturali. Nell'opera Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica, il termine “fenomenologia” venne utilizzato da Edmund Husserl per indicare l'analisi della relazione che intercorre tra gli oggetti e la loro descrizione o interpretazione da parte della coscienza. Questo studio ipotizza una 'riduzione fenomenologica', cioè una sospensione di qualsiasi credenza o presupposto di esistenza: dal momento che la coscienza può contemplare oggetti sia reali sia immaginari, la riflessione fenomenologica non ipotizza l'esistenza di enti, ma ne sottintende una 'messa in parentesi dell'esistenza', cioè una sospensione della credenza nell'esistenza reale dell'oggetto. Corso di Laurea: scienze e tecniche psicologiche (d.m. 270/04) Insegnamento: filosofia della mente Lezione n°: 5 Titolo: dottrine teorie e concetti iii Attività n°: 1 Fenomenologia Husserl, analizzando la coscienza, evidenziò che la sua attività si compie in atti, come il ricordo, il desiderio, la percezione, che hanno un determinato contenuto, detto anche 'significato'. Il significato indirizza un atto verso un oggetto in un modo determinato; questo essere diretto, o 'intenzionalità', ne determina l'essenza della coscienza. La fenomenologia, quindi, diviene lo studio delle condizioni di possibilità dell'intenzionalità. In seguito, nelle Meditazioni cartesiane (pubblicate per la prima volta in francese nel 1931), Husserl introdusse la 'fenomenologia genetica', definendola come l'analisi delle modalità di costituzione del significato all'interno dell'esperienza. Secondo Martin Heidegger, allievo di Husserl, il compito della fenomenologia è quello di rivelare ciò che è occulto nell'esperienza ordinaria. In Essere e tempo