Introduzione alla Psicologia - PDF

Summary

Questo documento presenta una panoramica storica della psicologia, dall'antichità ai grandi sviluppi dell'Ottocento e le figure chiave che hanno contribuito alla sua nascita scientifica. L'approccio scientifico allo studio della mente e del comportamento umano si evolve attraverso le scoperte di Darwin e figure come Helmholtz e Wundt. L'enfasi è sulla naturalizzazione dell'uomo e le prime ipotesi sulla relazione tra processi cerebrali e funzioni mentali.

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INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA STORIA DELLA PSICOLOGIA Prima di poter in modo conclamato studiare scientificamente l’essere umano abbiamo dovuto accettare che l’essere umano sia un prodotto della natura, questo è avvenuto nella seconda metà dell’Ottocento, grazie alle scoperte di Darwin. Con i classi...

INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA STORIA DELLA PSICOLOGIA Prima di poter in modo conclamato studiare scientificamente l’essere umano abbiamo dovuto accettare che l’essere umano sia un prodotto della natura, questo è avvenuto nella seconda metà dell’Ottocento, grazie alle scoperte di Darwin. Con i classici i problemi di denaturalizzazione dell’uomo non esistevano: i GRECI avevano gettato le basi per una psicologia scientifica (Aristotele, Platone fecero ottime descrizioni di funzioni cognitive, descrivendole in modo contemporaneo); tuttavia, c’è stata una grande commistione tra due elementi non materiali dell’uomo: mente e anima. Oggi è chiaro cosa si intende con mente e anima (che dipende dal credo religioso), ma questa chiarezza distintiva non c’è stata fino all’800. Il greco Ippocrate è stato il primo ad ipotizzare che il cervello fosse la fonte dei processi mentali, prima delle sue ipotesi si pensava che il cervello servisse per raffreddare il sangue (il sangue si scalda nelle viscere e va alla testa, ossia la parte più esposta, per raffreddare il sangue). Uno dei due genitori della psicologia scientifica è sicuramente la filosofia (la prima a occuparsi di problemi di carattere psicologico, es. razionalità umana, libero arbitrio, percezione...), ma essa non diventerà scientifica finché non è entrata in campo la fisiologia del sistema nervoso, ossia le neuroscienze (dall’800). Con il CRISTIANESIMO cambia il punto di vista (soprattutto nel medioevo, l’epoca più oscurantista): l’uomo non è più un prodotto della natura, ma tende alla divinità. In quanto speciale non può essere studiato come si studiano gli altri elementi della natura. I concetti di mente e anima sono confusi. Da un punto di vista corporeo, la dissezione dei cadaveri (che è stata fondamentale per gli anatomisti del passato per capire come funzioniamo e come siamo fatti) era stata vietata fino a fine 800. La psicologia era subordinata alla teologia. Il RINASCIMENTO, con CARTESIO (1600-1650) ha suddiviso la sfera della materialità, che nell’essere umano corrisponde al corpo (concepito come macchina) dal mondo immateriale del pensiero tipico solo dell’uomo (cogito ergo sum). Mente e anima ancora profondamente confuse. Cartesio ha operato una naturalizzazione parziale dell’essere umano (il corpo è condiviso con gli altri animali), creando le condizioni per poter aprire allo studio scientifico del corpo umano, in cui ci sono diversi apparati e il sistema nervoso, ossia il substrato organico dei processi mentali (dualismo cartesiano= il cervello, nella sua materialità, crea pensieri immateriali). Cartesio si chiede come studiare i processi mentali (nella loro immaterialità), l’unico sistema che individua è l’introspezione (Wundt proverà ad utilizzarla come strumento per capire i meccanismi mentali). Con KANT (seconda metà del 1700) si presenterà il problema della misurazione degli eventi psichici: egli non vede separazione tra soggetto e oggetto di studio, è la mente che studia sé tessa, per questo non si possono trovare strumenti di misurazione scientifica psicologica. (è la stessa trappola di Cartesio – io posso studiare solo la mia mente, non quella altrui). 1 L’800 è il secolo chiave. Il caposcuola è HELMHOLTZ (1850), che scopre fondamentalmente come siamo fatti: scopre che il cervello è composto da una rete impressionante di neuroni, cellule in grado di ricevere, generare e trasmettere un impulso nervoso, ossia un impulso elettrico (misurabile con elettroencefalografia). I neuroni sono variamente connessi tra loro, dunque l’attività si propaga nel cervello tramite connessioni fisiche. Il cervello è nella scatola cranica ma è connesso tramite FIBRE NERVOSE a cellule recettoriali poste in tutto il corpo, che permettono al cervello di essere connesso a tutta la periferia del corpo. Il cervello non solo riceve informazioni, ma è anche in grado di comandare tutti i distretti del corpo. Ciascuna fibra nervosa (o nervo) non trasferisce uno stimolo, ma l’energia che quello stimolo veicola: lo stimolo esterno, quando arriva a contatto col nostro corpo viene dematerializzato, poi il cervello riesce a rimette insieme i pezzi e ci fa percepire l’ambiente esterno. Helmholtz mette in luce questa catena psicofisica, egli però, in quanto fisiologo, dichiara di non occuparsi di processi mentali. Dalla sua fisiologia, dunque, che si occupa del sistema nervoso, vengono determinati chiaramente i confini della psicologia. (Wundt era suo allievo) Helmholtz fa anche un’ipotesi di tipo psicologico sulla percezione (primo argomento fondamentale storicamente studiato): “io non mi capacito di come, io che studio cosa succede nel corpo, di come questo substrato organico riesca a produrre da solo un’esperienza percettiva armoniosa”. Non c’è fatica, ragionamento, noi spostiamo gli occhi e vediamo. Ipotizza che la percezione non può avvenire solo sulla base di ciò che percepisco, ma anche sulla base di ciò che già conosco del mondo. Oggi sappiamo che le parti di cervello che si occupano di percepire (c’è una specializzazione emisferica), non solo ricevono le informazioni dagli organi di senso, ma sono fortemente connesse alle parti del cervello che mantengono l’informazione nel tempo (ossia che si occupano dei processi di memorizzazione). Sono state fatte molte speculazioni riguardo la corrispondenza tra attività cerebrali e mentali. Nell’800 si prende la direzione (oggi confermata dalle neuroscienze) che le facoltà mentali possono essere considerate in parte indipendenti tra loro e possono avere una sede cerebrale specifica. Il primo a ipotizzarlo è stato GALL (1825): ci sono facoltà mentali indipendenti dedicate ad una determinata capacità e ciascuna parte ha una sede cerebrale specifica (FRENOLOGIA). Non è riconosciuto perché ha ipotizzato anche due follie: posso capire le propensioni e le debolezze guardando lo scalpo, poiché alcune porzioni possono essere più o meno sviluppate, su base di nascita. Oppure posso sviluppare una porzione di cervello per esercizio, riteneva che una parte di cervello potesse gonfiarsi, migliorarsi. Nascono così le mappe frenologiche, che definiscono l’individuo sulla base della scatola cranica. Nella seconda metà dell’800, l’idea che ciascuna area del cervello corrisponda una determinata capacità si consolida grazie ai NEUROLOGI BROCA E WERNICKE. Il neurologo generalmente si occupa di pazienti che abbiano subito un trauma che ha causato un danno al sistema nervoso. Per la prima volta questi neurologi si sono occupati, oltre che dei danni, di indagare in modo approfondito le prestazioni cognitive dei pazienti. BROCA aveva un paziente che aveva subito una lesione acquisita (di cui non aveva idea di collocazione e entità) che gli aveva provocato un’afasia che gli impediva di parlare (afasia non fluente). Il paziente capiva tutto, ma quando provava a parlare gli uscivano solo lallazioni (ll..la..la..ll..). Broca voleva indagare se le sue altre capacità mentali avessero subito o meno dei deficit, costruì così dei test per indagare il resto del funzionamento mentale, senza ricorrere al linguaggio (sottoponendo i test anche ad un gruppo di controllo di persone simili a lui per età, estrazione sociale...) e scoprì che il suo paziente non aveva altre difficoltà. Dunque l’idea di Gaull che ci siano facoltà mentali indipendenti con sede cerebrale specifica, con lo studio di pazienti neurologici ha acquisito forte valore. 2 Scoprì durante l’autopsia che la lesione era alla base del lobo frontale dell’emisfero di sinistra, e scoprì che anche altri pazienti che avevano subito traumi nello stesso luogo avevano come deficit selettivo quello della produzione del linguaggio. L’area prese così il suo nome. Pochi anni dopo Wernicke giunse alle stesse conclusioni, da un paziente che non era in grado di comprendere il linguaggio parlato (afasia fluente o di comprensione): il paziente aveva quello come unico deficit e la lesione si trovava nella parte più bassa dell’emisfero sinistro. L’ipotesi fu verificata, come da Broca, grazie al confronto (tramite test e autopsie) con altri pazienti che presentavano lesioni acquisite nello stesso luogo e con un gruppo di controllo. Da qui il nome dell’area di Wernicke. Tornando alle scoperte di quegli anni su soggetti normali, un MATEMATICO ED UN FISICO, ossia WEBER E FECHNER si sono posti delle domande interessanti: si sono chiesti quale relazione ci sia tra l’intensità di uno stimolo semplice esterno (una luce, più o meno intensa, suono più o meno intenso, peso più o meno pesante) e la sensazione che ne è evocata a livello mentale. Esempio nella percezione visiva: se accendo una lampada in una stanza buia passo da intensità 0 a una certa intensità; ma se ne accendo una seconda l’intensità fisica raddoppia, ma la sensazione no. Ad aumenti constanti dello stimolo esterno non corrispondono aumenti costanti dalla sensazione che ne è evocata, non è un’equazione lineare. Ad aumenti costanti dell’intensità dello stimolo fisico esterno corrispondono aumenti sempre meno pronunciati della sensazione che ne deriva. →Non percepiamo le differenze in modo assoluto ma in modo relativo rispetto a come sono disposte. La naturalizzazione completa dell’essere umano è arrivata con DARWIN (1859 – L’origine della specie): l’essere umano è un prodotto della natura come un lombrico. I tre principi di Darwin: - Non tutti gli individui di una popolazione sono uguali: vi sono delle varianti - Alcuni individui con determinate varianti sopravvivono meglio e si riproducono con ritmi più elevati - I tratti associati a questo vantaggio possono passare in qualche modo dai genitori ai figli. L’essere umano nel tempo ha selezionato determinate caratteristiche somatiche e caratteriali negli animali in base alle funzioni di cui avevano necessità (esempio incrocio tra cani, incroci tra vacche che producono in quantità). Le funzioni mentali (come le altre caratteristiche biologiche) si evolvono per SELEZIONE NATURALE. Si sono così create le condizioni per il primo approccio scientifico di studio di mente e comportamento umano, ossia lo STRUTTURALISMO, per mano di WUNDT. Wundt (professore di filosofia, dunque consapevole di tutti passaggi che sono stati necessari per arrivare alla psicologia) fonda nel 1879 a Lipsia il primo laboratorio di psicologia sperimentale. Oggetto di studio: il problema della percezione, del modo in cui ci rappresentiamo la realtà. Metodo/strumento: utilizza l’introspezione (ideato da Cartesio) ed i tempi di reazione. A fronte degli eventi fisici che scatenano degli eventi fisiologici si arriva al cervello, che produce i processi mentali, il cervello rimette insieme tutte le informazioni che provengono dalla periferia del corpo. Utilizza il METODO SPERIMENTALE, dunque somministra uno stimolo in condizioni controllate e chiede al soggetto un resoconto dei processi mentali che lo hanno portato a dare una determinata risposta. Sulla base dei resoconti venivano nuove idee per somministrare nuovi stimoli e ottenere nuovi resoconti. 3 I molti limiti dell’approccio strutturalista: - Mancanza di attendibilità dei risultati (non stabili nel tempo, non replicabili) - Resoconti introspettivi non sovrapponibili tra loro, erano piuttosto differenti - Studiate solo sensazione e percezione. Difficoltà nello studio di memoria, immaginazione, studio degli affetti, elementi non riconducibili a contenuti elementari di coscienza. - Periodo di addestramento molto lungo, quindi gli sperimentatori erano anche i soggetti - Impossibili studiare le menti di bambini, malati mentali e animali. Verso la fine dell’800 questo approccio perde di credibilità, le risposte allo strutturalismo sono differenti: negli Stati Uniti ci sono funzionalismo e comportamentismo, mentre in Europa si afferma la psicologia della Gestalt. METODO DEI TEMPI DI REAZIONE: Introdotto dallo strutturalista Donders, è un metodo valido ma poco considerato perché Wundt preferiva l’introspezione (è tutt’ora utilizzato). Di fronte ad uno stimolo si deve premere il più velocemente possibile un pulsante che gli corrisponde; in questo passaggio di tempo ci sono: i tempi di trasduzione della luce dello schermo sul quale è presentato lo stimolo, i tempi che ci mettono gli impulsi nervosi a passare dal nervo ottico alla corteccia visiva, la fase di elaborazione, i tempi che ci mettono gli impulsi nervosi a passare dalla corteccia motoria ai muscoli del dito, il tempo che il pulsante ci mette a fare contatto coi circuiti… Il tempo di reazione è composto da: fasi periferiche di input e output (rilevazione dello stimolo ed esecuzione della risposta selezionata) e fasi centrali (processi di elaborazione dell’informazione e selezione della risposta da emettere). Si tratta del tempo di reazione semplice: 1 stimolo, 1 risposta. Misurando diverse volte, diverse persone, posso ottenere una media del tempo di risposta. Se ci fossero invece 2 stimoli e 2 risposte diverse (esempio vedere un cerchio o un triangolo e premere con la mano sinistra il cerchio e con la destra il triangolo), il tempo di reazione sarebbe maggiore, è il tempo di reazione di scelta, dovuto alle fasi centrali. Dunque, si può associare una variabile fisica (millisecondi) a variabili mentali (calcolate in base alle prestazioni), ho così misurato un processo mentale immateriale. Si tratta di METODO SOTTRATTIVO perché ho una misurazione di tempo di una situazione di base e una misurazione di una situazione più complessa (in cui ritengo che intervengano altri processi mentali). Per avere supporto empirico all’ipotesi che questi processi effettivamente entrino in campo consumando del tempo, sottraggo il tempo di reazione della situazione di base rispetto alla situazione più complessa (cronometria mentale). a) tempo di reazione semplice: nella fase centrale ci sono detezione di uno stimolo ed esecuzione della risposta (appena vedi qualcosa premi) b) tempo di reazione di scelta: due stimoli, ciascuno associato ad un pulsante. Prima di eseguire una risposta devo discriminare tra stimoli differenti e su questa base selezionare la risposta appropriata c) tempo di reazione go/no go (vai / non vai): due stimoli ma solo una risposta, se vedi il cerchio premi il bottone, se vedi il triangolo non premere. Il processo di discriminazione è presente, ma la selezione di risposta è ridotta al minimo. Con una lunga serie di misurazioni ha calcolato un tempo di reazione medio che era intermedio tra il TR semplice e il TR di scelta. 4 L’idea che ci siano due processi mentali indipendenti, uno che ha a che fare con la discriminazione di stimoli e l’altro con la selezione della risposta, ha preso così evidenza empirica. In questa situazione sperimentale posso rilevare il consumo temporale di ciascun processo mentale, per cui posso quantificare il tempo necessario per discriminare gli stimoli o quello impiegato per selezionare la risposta; dunque, si era in grado di quantificare il consumo temporale di eventi mentali. TITCHENER, allievo di Wundt, si trasferì negli Stati Uniti, dove portò questa psicologia sperimentale di stampo europeo, che aveva lo scopo di analizzare le strutture della mente, isolando i singoli elementi sensoriali non ulteriormente riducibili che compongono gli stati di coscienza. È stato il primo tentativo di combinare l’IMPOSTAZIONE SPERIMANTALE delle scienze naturali con l’INTROSPEZIONE. IL FUNZIONALISMO Più che un approccio è una chiave di lettura, una prospettiva, del quale tutti gli approcci scientifici allo studio della mente hanno usufruito. È una psicologia molto legata all’evoluzionismo, dunque se siamo organizzati in un certo modo questo è il massimo risultato dell’evoluzione per selezione naturale, date certe pressioni ambientali e dati certi aspetti costituzionali. IL COMPORTAMENTISMO Negli Stati Uniti, in seguito all’approccio strutturalista, nasce il comportamentismo; che non avrà nulla a che fare con l’approccio europeo della Gestalt. Parte dal presupposto che la ricerca scientifica sui processi mentali non è possibile; si decide di studiare ciò che è direttamente osservabile, ossia il comportamento. I gestaltisti invece si concentrarono sullo studio dei processi mentali ed in particolare dell’esperienza percettiva, abbandonando però l’introspezione. Si parte con due ricerche empiriche: il condizionamento classico di Pavlov e le ricerche di Thorndike THORNDIKE si occupa di ricerche su apprendimento e problem solving. Nel rispetto della prospettiva evoluzionistica, come gli altri comportamentisti, riteneva che tutti gli animali si fossero evoluti, dunque era possibile trovare meccanismi in comune tra animali ed esseri umani (ciò che era funzionale per gli uni, lo era per gli altri). Egli usava dei gatti, per esser sicuro che il gatto si trovasse in un problema nuovo, costruiva delle gabbie di legno con una porta che aveva vari meccanismi di apertura. Poniamo che il sistema di chiusura sia il pedale al centro della gabbia; per essere certo che fosse motivato ad uscire lo affamava e poneva il cibo fuori dalla gabbia. Il gatto era in continuo movimento e la gabbia era costruita perché prima o poi passasse sulla leva e aprisse la porta. La prima volta il gatto ci riesce in modo casuale, impiegando circa 150 secondi. Veniva poi rimesso in gabbia per testare se il gatto avesse compreso, e casualmente in 25 secondi riesce. La terza volta impiega 90 secondi. Dopo 5 volte il tempo che ci mette ad uscire dalla gabbia è di pochi secondi, dopo 10 /15 volte ha appreso l’utilizzo del pedale per risolvere il problema. Qual è il meccanismo alla base dell’apprendimento? Il gatto inizialmente risolve il problema casualmente, ma in seguito crea un’associazione stabile tra pestare la leva e ottenere il cibo. Se si ripete l’associazione di eventi si apre l’apprendimento associativo automatico (non è apprendimento intelligente). PAVLOV era un fisiologo del tutto disinteressato a questioni di tipo mentale, egli studiava la digestione; tuttavia, nel suo laboratorio ha creato le basi dell’approccio comportamentista. Egli prendeva dei cani e gli poneva una ciotola di cibo davanti, che causava la salivazione (primo stadio della digestione), la quale veniva raccolta. Dopo un po' che il cane era nel laboratorio, il macchinario che registrava la produzione di 5 saliva iniziava a raccoglierla prima del previsto: quando veniva aperto l’armadietto del cibo o quando entrava nella stanza del laboratorio. Pavlov osservò che la salivazione di fronte al cibo è un processo innato, ma la produzione di saliva nel momento in cui viene aperto l’armadietto non fa parte di un riflesso, quello è un comportamento appreso. Ne dedusse che la ripetizione degli stessi eventi provoca un apprendimento, e per capire se fosse un processo sistematico prese un altro cane e decise di presentare uno stimolo neutro (una campanella) prima di dargli il cibo, notò che, dopo qualche ripetizione, la risposta spontanea della salivazione alla presentazione del cibo avveniva anche alla presentazione della campanella. Sulla base dell’associazione ripetuta di eventi si ha apprendimento, e per gli stimoli negativi le forme di apprendimento associativo sono ancora più immediate. Nella terminologia di Pavlov la campanella all’inizio è uno stimolo neutro, che se associato allo stimolo incondizionato (cibo), diventa uno stimolo condizionato che produce una risposta condizionata (la salivazione). Se in seguito al periodo di condizionamento si presenta solo la campanella, senza il cibo, dopo un po' l’animale smette di produrre saliva; tuttavia, se si lascia passare un po' di tempo e si agita di nuovo quella campanella si verificherà ugualmente una reazione nelle ghiandole salivari. Le forme di apprendimento associativo sono automatiche e difficilmente reversibili: forgiano il comportamento dell’individuo in modo stabile. Thorndike ha scoperto quali sono i meccanismi alla base dell’apprendimento quando l’animale fa qualcosa, Pavlov ha scoperto quali sono i meccanismi alla base dell’apprendimento quando l’animale osserva e gli eventi si susseguono nell’ambiente, in ogni caso l’animale apprende. Nascono così le basi oggettive del comportamentismo, le ricerche che si sviluppano sono degli arricchimenti, complicazioni di queste due ricerche di base: l’essere umano fa qualcosa o è spettatore di qualcosa, in ogni caso, qualora ci sia un’associazione ripetuta di eventi interessanti in senso positivo (cibo) o negativo (stimoli nocivi), allora c’è apprendimento. WATSON - IL PADRE DEL COMPORTAMENTISMO Watson, il padre del comportamentismo, sistematizza le prime ricerche e da un orientamento: rifiuta come oggetto di studio della psicologia tutti i concetti mentalistici quali coscienza, processi mentali, introspezione, scopo, intenzionalità, ecc. L’oggetto di studio: l’unico aspetto obiettivo (osservabile, quantificabile, misurabile col metodo scientifico) dell’essere umano, ossia il COMPORTAMENTO MANIFESTO, nasce il PARADIGMA STIMOLO-RISPOSTA. L’organismo è una , scatola nera dentro la quale non possiamo guardare, tuttavia emette dei comportamenti in seguito agli stimoli presenti nell’ambiente; di questo processo si può osservare gli stimoli e le risposte, quindi si sono occupati di modificare ciò che avviene nell’ambiente e verificarne le conseguenze nel comportamento. Scopo: previsione e controllo del comportamento. Quindi, nascita delle terapie comportamentali, applicazioni nella pubblicità, nell’addestramento di uomini e animali per la guerra, ecc… È una psicologia che diventa applicata, si prefigge l’idea di prevedere e controllare il comportamento degli individui; si sposa bene anche con la fase storica che va dall’inizio del 900 fino agli anni 50. Nascono terapie comportamentali che sono in totale antitesi rispetto alle psicoterapie di tipo psicodinamiche: secondo le ultime il malessere, il disagio, il sintomo che la persona può avere originano sempre da dei conflitti profondi che devono essere individuati, rivissuti e se possibile risolti per sperare di avere un’attenuazione di questa sintomatologia. Per il terapista comportamentale bisogna invece agire su quelle particolari associazioni che si sono create e sono patologiche. 6 ORIENTAMENTO fortemente RIDUZIONISTICO I processi mentali non esistono più, esistono solo ricerche su apprendimento e riflessi incondizionati su animali. Ciò che scopro essere vero per l’animale è vero anche per gli esseri umani, dunque le ricerche avvengono prevalentemente su animali. Riduzione dei processi mentali superiori a prestazioni motorie spiegabili come risposte a stimoli, come se tutto il nostro comportamento fosse riconducibile a questo; idea che la persona possa essere forgiata. Oggi non consideriamo più attuale l’idea dei comportamentisti che si potessero spiegare tutte le forme di apprendimento umano ed animale con questi semplici meccanismi e le loro complicazioni; oggi sappiamo che studiamo solo una parte delle forme di apprendimento umano ed animale, che sono associative o di ordine superiore. PSICOLOGIA DELLA GESTALT Al fallimento dell’approccio strutturalista la Germania risponde con la psicologia della Gestalt, di cui Wertheimer era il caposcuola. Rispetto allo strutturalismo cambia l’idea della chimica della mente, ossia l’idea che il risultato della percezione sia dovuto ad associazioni di contenuti elementari di coscienza; i gestaltisti sono anti- elementaristici, ritengono quindi che la percezione sia dovuta a principi di organizzazione percettiva, che hanno individuato. Oggetto di studio: percezione e alcune forme di pensiero e problem solving Metodo: no introspezione, ma approccio fenomenologico: creare uno stimolo che sulla base di ipotesi deve generare un certo risultato percettivo, sottoporlo al soggetto e chiedergli cosa vede. LEGGI PERCETTIVE: nel 1912 venivano formulate le leggi percettive di Wertheimer. Le parti di un campo percettivo tendono a costruire delle Gestalt (cioè FORME ORGANIZZATE), sulla base di una serie di caratteristiche degli elementi che la costituiscono. Esempi: - Principio di vicinanza: in una configurazione le parti vicine tendono ad aggregarsi in un unico oggetto - Principio della somiglianza: in una configurazione le parti che si assomigliano tra loro (per colore, forma…) tendono a far parte dello stesso oggetto. - Principio di chiusura: quelle parti di configurazione che tendono a racchiudere un’area delimitata, emergono, anche quando non ho tutti i margini fisici Siamo nella prima parte del 900 in Europa, i gestaltisti si occupano (oltre che di percezione) anche dei processi di pensiero sottostanti la soluzione dei problemi. Il ricercatore principale in quest’ambito è stato KOHLER, che nel 1918 ha fatto una serie di ricerche che lo portarono a dire che l’apprendimento è dovuto a processi di pensiero intelligenti, di alto livello, dove il meccanismo principale è l’INSIGHT (intuizione / intuizione improvvista). Insight = meccanismo di pensiero dovuto ad una ristrutturazione del campo percettivo, dove gli elementi vengono messi in un rapporto dinamico innovativo e quindi acquisiscono funzioni nuove. Esempio: se devo svitare una vite e non ho un cacciavite, provo ad usare altri elementi: ho un problema ma non ho lo strumento adatto per risolverlo; dunque, non posso applicare una strategia riproduttiva, devo invece produrre una soluzione nuova. Quando ho l’insight, gli elementi che sono presenti nell’ambiente entrano in una relazione dinamica innovativa e assumono un’altra funzione. Altro esempio -> video scimmie che devono ordinare casse per arrivare al cibo. 7 LA PROSPETTIVA DINAMICA Nel 900, la prospettiva dinamica non si è mai proposta di studiare scientificamente mente e comportamento umano, se non con Freud (-> lo scopo non era individuare i processi mentali). Sigmund Freud lavorava come ricercatore in università, ma iniziò a fare psicoterapia per questioni economiche. Egli cerca di curare dei pazienti con patologie mentali (nevrosi, psicosi). Approccio psicodinamico= idea che il comportamento a livello superficiale sia dominato da potenti forze interiori. Dopo Freud, altri psicologi hanno impresso nuovi sviluppi al modello psicodinamico: si sono spostati su direzioni differenti cercando ampliare la ricerca, includendo altri fattori che non fossero solo le potenti forze interiori, ma inserendo anche influssi sociali e le interazioni che l’individuo ha durante il suo ciclo di vita. COGNITIVISMO Il cognitivismo nasce (intorno agli anni 40) dal comportamentismo: - come continuazione: viene ereditato il rigore metodologico (comportam. ne erano ossessionati). - come reazione: ci fu una parentesi chiamata neocomportamentismo= i comportamentisti sono stati costretti ad inserire i concetti di variabili intervenienti tra variabile indipendente e dipendente, ammettendo i processi cognitivi. Esempio: sono stati costretti ad ammettere che i ratti si fanno mappe mentali di dove si trovano. All’interno dell’approccio comportamentista inizia ad esserci un diffuso riconoscimento della limitatezza di questa corrente, che vede l’uomo come scatola di collegamento tra stimoli e risposte, un essere passivo. Ci sono stati anche eventi esterni che hanno contribuito al tramontare di questa prospettiva: - La nascita della CIBERNETICA (calcolatrici e simili) Con la Seconda guerra mondiale si inserisce la novità dell’utilizzo massiccio dell’aviazione, di conseguenza diventava strategico cercare di abbatterli; è nata così l’esigenza di avere a che fare con automi governati da regole e che hanno intenzioni, in grado di modificare il proprio comportamento in vista di uno scopo. Es. i calcolatori sono macchine in grado di risolvere autonomamente problemi di varia natura tramite stadi interni di elaborazione dell’informazione tra stimolo e risposta (gli algoritmi). Diventa chiaro per la psicologia considerarci degli elaboratori naturali di informazioni, dunque si creano le condizioni dall’esterno per una disciplina che studi i processi cognitivi (quella che per i comportamentisti era la scatola nera). Inizialmente c’è una forte analogia tra mente e computer: anche le macchine hanno aspetti concreti (l’hardware, la scheda grafica..) e astratti (i software); così come l’uomo ha il cervello e i processi mentali. Lo psicologo si deve occupare di scoprire questo software naturale che abbiamo a disposizione. Il nuovo approccio è chiamato HIP - human information processing: l’essere umano è visto come un elaboratore naturale di informazioni dotato di scopi ed intenzionalità, sulla base dei quali estrae informazioni dall’ambiente (attraverso gli organi di senso). Non si limita a percepire perché la percezione crea già tracce mnestiche. Può quindi elaborare queste informazioni, combinarle con quelle già presenti in memoria e manipolarle per organizzare un output che non è necessariamente un comportamento manifesto: il risultato più essere un particolare pensiero, non per forza il movimento di un muscolo. L’analogia tra mente e computer è talmente pronunciata che l’assunto forte è che dopo aver scoperto il software dell’intelligenza umana, posso riprodurlo sul supporto non biologico, ossia le macchine (nascono i progetti di intelligenza artificiale). [prospettiva destinata a ridimensionarsi] 8 - LA LINGUISTICA di Chomsky Chomsky ha fondato la disciplina della linguistica generativa, rivoluzionando la linguistica per come era concepita fino a quel momento e creando le condizioni per la nascita dell’approccio cognitivista in psicologia. Chomsky critica direttamente Skinner, il più importante dei comportamentisti, rispetto alla sua idea dell’apprendimento del linguaggio umano: il linguaggio è appreso, ed il fatto che dipenda tanto dall’ambiente dipende dal fatto che un individuo può nascere in qualsiasi parte del mondo e crescere in qualsiasi altra parte, che non si riscontrerà nessuna differenza quando è adulto nella capacità di utilizzare il linguaggio naturale di quella parte del mondo, rispetto ad un altro bambino nato in quel posto. Se è una forma di apprendimento, Skinner dice che ciò che è appreso può essere spiegato con i principi da lui (+ collaboratori) scoperti sulle forme di apprendimento associativo. Secondo Skinner ogni bambino è esposto dalla nascita ad almeno un linguaggio naturale (c’è continuamente stimolazione), quando avviene la maturazione dell’apparato adibito alla produzione di suoni linguistici, egli inizia ad emettere parole imitando l’adulto, venendo continuamente rinforzato. Spiega così perché ogni bambino possa apprendere qualsiasi linguaggio naturale umano. Chomsky si chiede se sia possibile spiegare un apprendimento così complesso e rapido come quello del linguaggio utilizzando solamente i semplici meccanismi di stimolo e risposta. Egli parla di una predisposizione innata all’apprendimento del linguaggio che permette di estrapolare dai discorsi degli adulti le regole grammaticali e di usarle creativamente. Nel cervello delle scimmie antropomorfe che non hanno sviluppato il linguaggio si notano delle differenze strutturali nelle aree adibite al linguaggio rispetto a noi: Chomsky sposta l’attenzione sull’aspetto genetico della storia della specie, non solo sull’ambiente. Uno dei motivi di crisi del comportamentismo: siamo esposti a linguaggi naturali ma possiamo creare delle frasi che non abbiamo mai sentito. Esempio: per un periodo i bambini usano parole inesistenti; perché succederebbe se non le hanno mai sentite, non hanno mai ricevuto questo stimolo? Chomsky ipotizza che abbiamo a disposizione a livello innato un dispositivo per l’acquisizione del linguaggio (LAD - Language acquisition device); che alla nascita è sostanzialmente indifferenziato e quindi in grado di differenziarsi per lingua. Chomsky è stato il primo ad osservare che gran parte delle cose complesse che fanno parte della nostra natura sono sempre causate dalla correlazione tra patrimonio genetico e interazione con l’ambiente. CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL COGNITIVISMO: Studio di TUTTE le funzioni principali; Oggetto principale di studio: PROCESSI: “cosa fa” una persona non nel senso dei comportamenti esterni, ma dei processi di elaborazione dell’informazione che hanno luogo internamente. La “black box” dei comportamentisti diventa l’oggetto di studio del cognitivismo. Metodo: - si mantiene il rigore dei comportamentisti rispetto al metodo scientifico; - grade utilizzo dei tempi di reazione per verificare la presenza di processi mentali (Donders); - approccio HIP (human information processing). Gli eventi mentali iniziano ad essere visti come FLUSSO DI INFORMAZIONI che vanno da un input ad un output (sviluppo di diagrammi di flusso). 9 Es: modello multiprocesso della memoria Memoria= insieme di ricordi: memoria episodica (pubblica o privata) – memoria semantica (conoscenze acquisite) – memoria procedurale (ciò che ho imparato a fare) fanno parte della memoria a lungo temine. Usiamo anche la memoria a breve termine. Alla fine degli anni ‘60 due autori mettono insieme tutte le ricerche che erano state fatte fino a quel momento su aspetti differenti ma che riguardavano la memoria e propongono un modello multiprocesso della memoria: abbiamo un magazzino di memoria sensoriale che ha la capacità di rappresentare molte informazioni per pochissimo tempo (un paio di secondi); un magazzino di memoria a breve termine, che ha la capacità di rappresentare poche informazioni (7 +2/-2 elementi) per poco tempo (30 sec/ 1 min), ed è sensibile alle interferenze; il processo mentale automatico con cui cerchiamo di mantenere l’informazione a breve termine è la reiterazione, ossia la ripetizione, che, se abbiamo il tempo, ci permette anche di creare immagini che rappresentano gli slot da ricordare. Infine, abbiamo un magazzino di memoria a lungo termine (da 30sec/1min a potenzialmente tutta la vita), che può contenere qualsiasi informazione che sia passata dalla memoria a breve termine o perché ho l’intenzione di ricordare, o perché è particolarmente bizzarro, o perché se ne forma una traccia mnestica. Questa forte analogia con i pc viene irrobustita ancora di più con questi primi modelli di funzionamento mentale: i pc hanno la RAM (che supporta informazioni che si stanno utilizzando) e il disco fisso (dove ci sono informazioni non attive). Tutti i magazzini possono perdere informazioni per semplice decadimento temporale o per interferenza di altre informazioni, e questo è l’elemento tipicamente umano della memoria: dimentichiamo, oppure ricordando distorciamo le cose. Amnesia anterograda= Dato che le facoltà mentali sono indipendenti ed hanno una sede cerebrale specifica, un individuo che subisce una lesione (o ha dei deficit, come gli anziani) nella porzione del cervello che si occupa della memoria a breve termine è in grado di recuperare le informazioni precedentemente acquisite, mentre ha difficoltà a stabilizzare nuove informazioni. Amnesia retrograda= deficit che ha a che fare con la memoria a lungo termine. In seguito ad un trauma (fisico o emotivo) un individuo non riesce a ricordare elementi del passato (compresa la propria identità), ma ricorda tutte le procedure acquisite (camminare, nuotare, parlare); solitamente si tratta di una condizione transitoria. Non ci sono difficoltà a registrare nuove informazioni: i processi di memorizzazione a breve termine e i processi di consolidazione funzionano pienamente. EVOLUZIONE DELLA SCIENZA COGNITIVA Da questa concezione iniziale del cognitivismo nascono due paradigmi fondamentali: - Modularismo, che rispecchia l’idea che la mente sia un’architettura formata in moduli specializzati che svolgono determinate operazioni (il più vigoroso fino agli anni 80) - Connessionismo, che pone in relazione l’architettura biologica del cervello con l’architettura funzionale dell’attività cognitiva (dagli anni 90 c’è una maggiore attenzione per il cervello) Fodor è il principale sostenitore della visione modularista (che si trova in contrapposizione col comportamentismo): postula una mente adattata che implica l’idea di una natura umana intesa come una struttura fissa e biologicamente determinata. 10 IL CONNESSIONISMO L’approccio del connessionismo, invece, vede la mente come in grado di adattarsi continuamente; si pone l’accento sull’esperienza e sulla capacità di adattamento rispetto all’ambiente. Ogni aspetto che ci riguarda è sempre frutto dell’interazione tra aspetti biologici e interazione ambientale. Reti neurali artificiali: modelli ispirati alla struttura neurale del cervello. Sono simulazioni che riproducono in modo semplificato le proprietà e i processi di funzionamento del sistema nervoso. Sono oggi utilizzati per creare dei sistemi esperti in grado di elaborare una enorme quantità di dati. Queste reti neurali sono utilizzate prevalentemente per computazioni che non siamo in grado di fare, permettono anche di creare simulazioni di ciò che sappiamo fare: ad esempio ci sono reti neurali che imparano a leggere. È quindi possibile creare una rete neurale artificiale con una certa struttura senza determinare a priori l’influenza che i neuroni hanno tra di loro; e dopo che la rete ha iniziato ad elaborare posso verificare come si è strutturata successivamente. → Nell’approccio connessionista si pone l’accento su ciò che accade nella vita La mente situata dell’approccio del connessionismo è una mente radicata nel corpo (embodied mind), per cui la conoscenza fondata nell’esperienza (grounded cognition) deriva dalle informazioni tratte dai diversi sistemi sensoriali. Per cui come elaboriamo le informazioni dipende sia da ciò che deriva dalla storia della specie, sia dalle esperienze che noi facciamo, che a loro volta dipendono dal particolare contesto socio-culturale in cui l’organismo si evolve e vive. METODI DI RICERCA IN PSICOLOGIA C’è una solida differenza tra approccio ingenuo e teoria scientifica, ed è basata sull’uso del metodo scientifico, che ha come scopo principale quello di capire il mondo attraverso la ricerca empirica. Quando si teorizza in modo ingenuo ci si basa soltanto sulle esperienze personali e sui casi che vanno a confermare un'idea che mi sono fatto; quando invece utilizzo una teoria scientifica, lo scopo è quello di costruire una situazione sperimentale dove la raccolta dei dati preveda anche la falsificazione dell'idea che mi sono fatto del mondo. È necessario considerare un gruppo sperimentale ed un gruppo di controllo, per capire se c’è effettivamente un rapporto di causa effetto tra le variabili. IL METODO SPERIMENTALE: 1. individuazione e descrizione del problema: confrontarsi con la letteratura scientifica per confrontarsi con un problema nuovo 2. formulazione di un'ipotesi sperimentale: nell'esperimento classico si ipotizza un rapporto di causa- effetto tra due o più variabili 3. esecuzione dell’esperimento: costruire una situazione sperimentale per verificare l'ipotesi; ma anche verificare l’ipotesi nulla. 4. raccolta dati e elaborazione dei risultati: non si arriva alle conclusioni sulla base dei risultati numerici; è necessario fare un’elaborazione tipo statistico dei risultati (statistica inferenziale). 5. Condivisione dei risultati con la comunità scientifica. | Quando si scrive un articolo per una rivista scientifica, esso viene sottoposto al comitato editoriale di quella rivista, quindi avviene il referaggio tra pari: l’articolo viene mandato (solitamente anonimo) a 2 o 3 ricercatori (che si occupano dello stesso ambito) che lo valutano. 11 Questo processo di arbitraggio può avere esiti di vario genere: l'articolo può essere accettato, possono essere date delle indicazioni per migliorarlo, o può essere rifiutato. Il cuore del metodo sperimentale è l'esperimento, in cui viene ipotizzata una relazione di causa-effetto tra due o più variabili. VARIABILE= proprietà di un evento di un fenomeno che può essere misurata. La possibilità di misurazione garantisce l'oggettività (e quindi la scientificità) delle osservazioni; le teorie ingenue non si preoccupano di arrivare al livello di misurazione e alla costruzione di una situazione sperimentale, ma sono basate su valutazioni personali ed esperienze soggettive. In un esperimento consideriamo due variabili: variabile indipendente (che è controllata dallo sperimentatore) e variabile dipendente (prestazione misurata, causata dalla manipolazione della variabile indipendente). ESPERIMENTO= procedura sistematica in cui un ricercatore manipola sistematicamente una o più variabili indipendenti e ne misura gli (eventuali) effetti su una o più variabili dipendenti. Ci sono variabili che per loro natura sono discrete (categoriche), mentre abbiamo delle variabili che per loro natura hanno un sistema di misurazione di tipo continuo. Variabile discreta= rappresenta un insieme di categorie distinte e indivisibili (es. maschi e femmine) variabile continua= può assumere un numero potenzialmente infinito di diversi valori (es. età, altezza, tempo di reazione) Potenzialmente si possono modificare variabili di tipo continuo in variabili categoriche: ad esempio se voglio confrontare una prestazione di memoria a breve termine in soggetti giovani, adulti e anziani. In questo caso ho suddiviso una variabile continua come l’età in 3 categorie differenti (definendo un range di età che le definisce). Nella costruzione di un esperimento è fondamentale bilanciare: nell'esperimento si semplifica la realtà, utilizzando un numero limitato di variabili di interesse, ma nella realtà sono molte di più. Devo cercare di fare in modo che i gruppi sperimentali e di controllo siano bilanciati per una serie di variabili; questo permette di escludere che i risultati ottenuti possano dipendere dalla variazione non sistematica di una variabile non presa in considerazione, piuttosto che dalla variabile di interesse. Si tratta di ridurre al minimo l'influenza di variabili confondenti. Es. età media equiparabile tra gruppi, maschi e femmine in egual misura, livello di scolarità equiparabile. Alcune variabili sono semplici da misurare: età, velocità di risposta, peso, genere; in altri casi le variabili rappresentano concetti complessi e articolati: apprendimento, ansietà, sviluppo cognitivo, autostima, razzismo. Quando si devono quantificare delle variabili non associate ad un sistema di misurazione, è necessario dare una definizione operativa pre-sperimentale prima di organizzare l'esperimento che vada a confermare o falsificare l’ipotesi. L’uso di misure indirette o dirette dipende da un insieme di fattori. Quando ad un soggetto si chiede direttamente di fare una stima soggettiva in modo diretto egli può tranquillamente mentire, non c’è un sistema per evitarlo se non raccogliere i dati in forma anonima. 12 DISTRIBUZIONE NORMALE DEI DATI (o gaussiana) = la maggior parte delle osservazioni tende ad essere concentrata su valori mediani. Avere una distribuzione di dati di questo tipo è auspicabile, perché indica che lo strumento che si sta utilizzando è adeguato. Questa è una distribuzione cumulativa: all’estremità della gaussiana ho poche osservazioni e man mano che mi avvicino al valore medio ho più osservazioni. Se osserviamo il valore medio (0 in questo caso), non risulta difficile capire che lo stesso valore medio può essere generato da distribuzioni di dati differenti tra di loro. Queste distribuzioni possono essere differenti nella quantità di osservazioni che si disperdono o meno rispetto al valore medio. in o=0,5 c’è variabilità bassa nei punteggi ottenuti in o= 1 c'è variabilità maggiore: la media è sempre 0, ma i dati di distribuiscono maggiormente in o=1,5 c’è ampia variabilità: la media è sempre 0 ma c’è variabilità più alta intorno al valore medio 0 Per essere certi che la differenza di punteggio tra due gruppi indichi una DIFFERENZA REALE (significativa) è necessario tenere conto del fatto che la variazione nei punteggi può discendere da due fonti: variazione tra i gruppi, indotta dalla variabile indipendente variazione entro ciascun gruppo, dovuta alle differenze individuali (ogni persona, anche se sottoposta alla stessa prova, avrà risposte diverse) La statistica inferenziale considera questa variabilità e permette di valutare se la manipolazione aggiunge una variabilità in più rispetto a quella che normalmente si osserva. La variabilità nei punteggi è normale anche senza alcuna manipolazione del ricercatore; bisogna verificare se la manipolazione ha effettivamente aggiunto una variabilità, in questi casi si può parlare di DIFFERENZA REALE. Quando si utilizza la statistica, non si raggiunge mai la certezza, perché si ha sempre a che fare con una situazione semplificata dei dati; tuttavia, utilizzando un campione rappresentativo si riesce ad ottenere una validità esterna significativa. Alla fine delle ricerche spesso c’è scritto p (probabilità) seguito da una cifra, che indica la probabilità che i risultati siano dovuti al caso; quando questo è inferiore o uguale a 0.05, ossia inferiore al 5%, si può considerare un risultato significativo. GLI STUDI CORRELAZIONALI: La situazione tipica dell’esperimento consiste nella ricerca di una relazione di causa effetto; quando non si è in grado di formulare tali ipotesi o non c’è questo tipo di relazione, si possono studiare le relazioni tra due variabili, con uno studio correlazionale; in questo caso le variabili studiate non sono manipolate sistematicamente. Es: correlazione altezza-peso è una correlazione positiva → all’aumentare di una delle due variabili, tendenzialmente sono associati valori che aumentano anche nell’altra dimensione. Es: nei bambini all’aumentare dell’età, si notano tendenze all’aggressività sempre meno pronunciate, si tratta di una correlazione negativa (o inversa) → all’aumentare di una delle due variabili (età), tendenzialmente sono associati valori che diminuiscono anche nell’altra dimensione. 13 Il coefficiente di correlazione r assume valori da -1 (correlazione negativa perfetta), passando per 0 (non c’è correlazione / correlazione nulla) a +1 (correlazione positiva perfetta). Limiti degli studi correlazionali: - non sono conclusivi rispetto all’esistenza di una relazione causale tra due variabili Vantaggi degli studi correlazionali: - possono essere usati come studi esplorativi o quando è impossibile realizzare un esperimento per ragioni pratiche o etiche (molto utilizzati in medicina). METODI DESCRITTIVI: Non si ricerca una relazione (di causa-effetto) tra variabili, si tratta della descrizione di un fenomeno o di un comportamento. Ne possono risultare delle quantificazioni numeriche, oppure una descrizione dettagliata e approfondita (usata in etologia e antropologia), frutto del metodo osservativo. Tipico metodo descrittivo: inchiesta INCHIESTA= raccolta delle informazioni per descrivere un fenomeno. Può avvalersi di strumenti come: - L’intervista: faccia a faccia o telefonica. Può esser strutturata (vengono previste a priori le domande da fare ai soggetti), semi strutturata e aperta (ogni intervista può prendere direzioni diverse a seconda delle risposte del soggetto). Si decide quale struttura usare in base agli scopi dell’inchiesta, alla necessità di informazioni approfondite (più dettagliate nell’aperta), ed in previsione della difficoltà nell’interpretare i risultati (maggiore nel caso dell’intervista aperta). - Il questionario: strutturata, forma scritta, no intervistatore. Domande chiuse o aperte. Utili per raccogliere informazioni su argomenti particolarmente sensibili. Pericoli: lunghezza, desiderabilità sociale, ambiguità delle domande, mancanza di neutralità nel porre i quesiti, interpretazione dei risultati (rispetto agli strumenti non strutturati). Altre difficoltà che si incontrano sono: - l’effetto placebo, per cui ad esempio le persone rispondono ai farmaci e alle terapie nel modo in cui pensano che “dovrebbero” rispondere - gli artefatti = risultati dovuti a qualcosa di diverso da quello che si credeva di manipolare attraverso la VI. Questo problema è stato risolto facendo esperimenti in doppio cieco: sperimentatore e paziente sono allo scuro delle informazioni che potrebbero influenzarli. 14 BASI BIOLOGICHE DEI PROCESSI MENTALI E DEL COMPORTAMENTO STRUTTURA DEL SISTEMA NERVOSO Il nostro cervello (e quello delle scimmie antropomorfe) è caratterizzato dalla presenza di pieghe (circonvoluzioni cerebrali) nella corteccia cerebrale: Nella corteccia cerebrale ci sono i corpi cellulari dei neuroni: tutta l’informazione che viene dalla periferia del corpo arriva qui. È una sorta di mantello che può avere uno spessore dai 4 agli 8 mm, dove sono presenti i corpi cellulari dei neuroni, che servono per le funzioni cognitive sensoriali primarie e di ordine superiore. Con l’evoluzione si è passati da un cervello liscio ad un cervello ripiegato per aumentare la superficie della corteccia cerebrale, per ottenere un aumento importante nella capacità di elaborazione. Non siamo gli animali che hanno il cervello più grande (es. elefante), né quelli che hanno il rapporto tra il peso cervello e il peso corporeo più favorevole (es. delfino); ciò che ci caratterizza è il rapporto tra le aree frontali ed il resto del cervello: all’aumento della massa cerebrale e della corteccia, si ha avuto un aumento pronunciato delle porzioni anteriori del cervello. Queste porzioni del cervello sono fondamentali poiché caratterizzano gli aspetti principali della nostra specie: hanno a che fare con volontarietà, strategia, impegno, insight, problem solving, intenzionalità. IL SISTEMA NERVOSO Il sistema nervoso è composto da: - Sistema nervoso centrale= ciò che è dentro la scatola cranica e la colonna vertebrale - Sistema nervoso periferico= tutte le parti del sistema nervoso che non sono dentro la scatola cranica e la colonna vertebrale. In particolare, sono tutte le fibre nervose (/nervi) afferenti (che portano l’informazione dalla periferia del corpo verso il midollo e poi al cervello) ed efferenti (hanno lo scopo opposto). Il sistema nervoso periferico è stato diviso in due sottosistemi differenti: - sistema nervoso somatico, che ha a che fare con la volontarietà (ciò di cui sono consapevole) e si divide in afferente e efferente - sistema nervoso autonomo, comprende tutte le funzionalità che vanno al di là della consapevolezza. 15 La parte efferente è divisa in due sottoinsiemi: sistema simpatico e parasimpatico. Se dall’ambiente esterno arrivano degli stimoli che provocano una risposta di attacco o fuga, il nostro organismo è predisposto per avere una reazione fisica intensa. Quanto si attiva il sistema simpatico le pupille si dilatano, i polmoni si rilassano per assorbire più aria e garantire maggior circolo di ossigeno, il cuore pompa più velocemente ma in modo selettivo: il sangue non viene direzionato verso lo stomaco, ma la gran parte va verso i muscoli. Quando termina la situazione di stress entra in azione il sistema parasimpatico, che ha le funzionalità opposte: la pupilla si rimpicciolisce, i bronchi si restringono, riparte la funzionalità interna, etc.. L’evoluzione per selezione naturale ha premiato il fatto che il nostro organismo, in modo automatico e a seconda della situazione ambientale, si predisponga per un’attività intensa o per il rilassamento. IL NEURONE Nel sistema nervoso ci sono vari tipi di cellule che hanno funzione di sostegno e di scambio metabolico/energetico per la funzionalità del neurone. Il neurone è una cellula (quindi ha un nucleo, un metabolismo interno ed un corpo cellulare) tipicamente formato come segue: Dendriti/ albero dendritico= porzione ramificata del corpo cellulare intorno al nucleo. Assone= ricoperto dalla mielina, una guaina di sostanza grassa in grado di isolarlo, così che l’impulso nervoso scorra e arrivi alle terminazioni sinaptiche All’interno dell’albero dendritico si forma, nell’arco del tempo, un impulso nervoso (un impulso elettrico) che si scarica automaticamente lungo l’assone e arriva alle ramificazioni finali; da li raggiunge i dendriti di altri neuroni (da 1 a 150.000). Il midollo spinale è composto principalmente da fibre afferenti che portano l’informazione fino al cervello, così come fibre efferenti che partono dal cervello a varie altezze della colonna vertebrale escono e vanno a innervare tutta la periferia del corpo. L’analogia col sistema elettrico è molto forte, poiché una lesione del midollo spinale comporta deficit sensoriali e motori della parte del corpo che è al di sotto della lesione. I neuroni servono per la trasmissione dell’informazione nel sistema nervoso, possono essere classificati in tre tipi fondamentali: - Neuroni sensoriali: ricevono le informazioni dalle cellule recettoriali di pelle, muscoli, articolazioni, organi interni e organi di senso (la periferia del corpo). Trasmettono informazioni al midollo spinale o all’encefalo. [sono la base biologica per gli input] 16 - Neuroni motori: ricevono informazioni dal midollo spinale o dall’encefalo. Trasmettono le informazioni alle cellule muscolari. [sono la base biologica per l’output] - Interneuroni: ricevono informazioni già elaborate da neuroni sensoriali. Trasmettono informazioni a interneuroni o neuroni motori utili a comandare la periferia del corpo. (sono circa il 70 - 80% del totale). Servono per i processi cognitivi, per quell’attività che c’è tra stimolo e risposta. Come per una macchina, che può essere costruita in modi diversi in base alla funzionalità che deve adempiere, nel cervello umano la quota di interneuroni è incredibilmente pronunciata rispetto agli altri tipi di neuroni perché siamo animali specializzati nel funzionamento cognitivo. COME FUNZIONA IL NEURONE: L’impulso nervoso è un impulso elettrico misurabile. Controllando il voltaggio all’interno e all’esterno del neurone, è possibile verificare cosa succede quando il neurone è in stato di quiete (c’è una differenza di potenziale tra l’ambiente intracellulare e l’ambiente extracelllulare di -70 Millivolt), e quando è attraversato da un impulso nervoso, poichè raggiunge i 35-50 Millivolt (depolarizzazione). In ogni punto in cui passa l’impulso, sono necessari 5 millisecondi perché la membrana ritorni nella posizione in cui è disponibile ad accogliere un nuovo impulso nervoso: in 3 millisecondi l’impulso attraversa la membrana, poi per circa 2 millisecondi questa parte è refrattaria ad altre stimolazioni (in questo modo l’impulso non può tornare indietro, è utile per dare una direzione all’impulso). Dunque i treni di impulsi non possono avere una frequenza maggiore a 5 millisecondi. L’impulso nervoso ha sempre la stessa forma (da -70 a +50), quello che cambia è la loro frequenza (ossia il numero di impulsi nell’unità di tempo). Se la pressione è bassa, gli impulsi avranno bassa frequenza, mentre se aumenta la pressione, aumentano anche i treni di impulsi. SINAPSI= connessione tra neuroni. L’assone nel neurone che invia l’impulso nervoso non arriva mai a contatto con i dendriti di quello che riceve, c’è sempre uno spazio chiamato spazio intersinaptico. L’assone termina con un rigonfiamento chiamato bottone sinaptico, dove sono presenti delle piccole sfere che contengono una sostanza chimica chiamata neurotrasmettitore; quando l’impulso nervoso arriva alla fine dell’assone, queste sfere “si rompono” e rilasciano i neurotrasmettitori nello spazio intersinaptico. Il neurotrasmettitore, una volta rilasciato nell’ambiente extracellulare, va a stimolare la membrana dendritica del neurone ricevente, questo avviene perché sul dendrite sono presenti dei recettori per questa sostanza (per una sostanza particolare solo un determinato recettore può accoglierla). Circuiti cerebrali differenti usano neurotrasmettitori differenti. Il fatto che il neurotrasmettitore possa agire soltanto se c’è il recettore opportuno, permette di avere circuiti cerebrali anche molto vicini tra loro, ma completamente criptati dal punto di vista informazionale perché utilizzano circuiti neurali differenti. Tutte le sostanze psicoattive agiscono a questo livello: possono esaltare una funzionalità, inibirla, aumentare o diminuire la produzione di un determinato neurotrasmettitore Le sinapsi possono esser di due tipi in base alla loro valenza: - Sinapsi eccitatoria: nel primo neurone si genera l’impulso nervoso, si scarica nell’assone, arriva alla sinapsi, si genera l’impulso nel neurone due. Il fatto che nel primo neurone ci sia stato un impulso nervoso aumenta la sua probabilità di comparsa nel secondo. - Sinapsi inibitoria: la comparsa di un impulso nervoso nel primo neurone, diminuisce la probabilità di comparsa dello stesso nel neurone due. 17 Poniamo che un neurone abbia 10 sinapsi, e che 5 di queste siano di tipo eccitatorio e 5 di tipo inibitorio. Il fatto che l’impulso nervoso compaia o meno, dipende da quante di quelle 10 sinapsi sono attive nell’unità di tempo: bisogna sottrarre quelle inibitorie a quelle eccitatorie. Se sono attive 5 eccitatorie e 2 inibitorie 5-2= +3 → nel neurone compare l’impulso nervoso Se sono attive 4 eccitatorie e 5 inibitorie 4-5= -1 → il neurone non scarica. In realtà ciascuna sinapsi può vere un peso differente, non è detto che valgano sempre uno. SISTEMA NERVOSO CENTRALE: IL MIDOLLO SPINALE Nella colonna vertebrale scorrono le fibre nervose che entrano ed escono per raggiungere tutto il corpo. In realtà anche nel midollo spinale ci sono sostanza grigia (in cui ci sono cellule neurali) e sostanza bianca (sostanze lipidiche - mielina). Sono presenti neuroni di tutti e tre i tipi. Le fibre efferenti che entrano nel midollo spinale fanno sinapsi con degli interneuroni e si connettono con la parte efferente, dunque abbiamo dei circuiti a livello periferico che vanno dalla sensorialità alla motricità. Nel midollo spinale si originano alcune risposte automatiche / riflessi di cui talvolta non ci rendiamo conto (anche se poi vengono comunque inviati al cervello, senza il quale non ci sarebbe consapevolezza). Esempio: frenare senza accorgersene quando quello davanti lo sta facendo. Alla base dell’encefalo, il midollo spinale è chiamato midollo allungato, dove tutte le fibre afferenti della parte sinistra del corpo, che sono entrate e salite nel midollo spinale dalla parte sinistra, a livello della decussazione piramidale, vanno a destra; per cui tutte le fibre della parte destra vanno a sinistra. Lo stesso è vero per le fibre efferenti. È presente un incrocio pressoché totale di tutte le fibre afferenti ed efferenti; l’emisfero di sinistra riceve informazioni e controlla la parte destra del corpo, mentre l’emisfero di destra riceve informazioni e controlla la parte sinistra del corpo. IL CERVELLO In ogni emisfero cerebrale è presente una struttura chiamata talamo; tutte le fibre afferenti che entrano nella parte sinistra del corpo e si spostano a destra nel midollo allungato, vanno a fare sinapsi con neuroni sensoriali presenti nel talamo di destra, che sono collegati con i neuroni della corteccia di destra, e viceversa. Abbiamo due emisferi cerebrali anatomicamente e funzionalmente separati tra loro, anche se sono fortemente connessi. La scissura interemisferica è molto profonda, ma gli emisferi lavorano in modo armonioso perché sono connessi da un corpo di fibre chiamato corpo calloso, che connette i due emisferi. È un fascio imponente di fibre interemisferiche che connette le parti omologhe di ciascun emisfero. Sindrome da cervello diviso → si verifica quando il corpo calloso viene danneggiato e i due emisferi diventano indipendenti. In ciascun emisfero abbiamo 4 lobi, definiti in base a quanto sono pronunciate le circonvoluzioni cerebrali. Le dimensioni del lobo frontale sono ciò che caratterizza l’essere umano: sono fondamentali per tutto ciò che richiede una mobilitazione attiva di risorse cognitive, consumano infatti molte più energie rispetto agli altri lobi. Maturano completamente intorno ai 15 anni e sono i lobi più sensibili alla normale usura dovuta all’invecchiamento. 18 EMISFERO DI SINISTRA Corteccia motoria primaria → contiene neuroni motori che comandano i vari distretti muscolari del corpo (lobo frontale). Se vengono danneggiati, nascono deficit motori nella parte destra del corpo. Corteccia somato-sensoriale primaria → contiene neuroni sensoriali e riceve informazioni dalle cellule recettoriali di tutto il nostro corpo (lobo parietale) Corteccia visiva primaria → contiene neuroni sensoriali e riceve informazioni dalle retine, dagli occhi Corteccia uditiva primaria → contiene neuroni sensoriali e riceve informazioni dai recettori del suono presenti nelle orecchie Nella parte sensoriale e nella parte motoria abbiamo neuroni dedicati a diverse parti del corpo; verificare quanti neuroni sono dedicati ad una determinata parte del corpo ci premette anche di spiegare perché abbiamo sensibilità differenti e una diversa finezza di controllare alcune parti del corpo → rappresentazione somatotopica del corpo. Alcune parti del corpo sono più sensibili perché ci sono più neuroni, ma anche perché a livello corticale ci sono molti più neuroni sensoriali dedicati ad elaborare l’informazione da quella parte del corpo. ORGANIZZAZIONE FUNZIONALE della corteccia cerebrale dell’emisfero di sinistra Oltre alle zone già prese in esame quali corteccia motoria primaria, corteccia somato-sensoriale primaria, corteccia visiva primaria* e corteccia uditiva primaria; sono presenti l’area di Broca e quella di Wernicke, ma ci sono anche zone molto estese composte da interneuroni; vengono chiamate associative o integrative (perché integrano informazioni). Corteccia associativa parieto temporo occipitale (così chiamata perché è all’incrocio di questi tre lobi) = è fondamentale per la percezione, per la rappresentazione della realtà. Corteccia associativa di tipo limbico= fondamentale per apprendimento, memoria, ed emozioni Corteccia associativa prefrontale = fondamentale per ideazione, pianificazione volontaria dei movimenti, pensiero, personalità, forme di pensiero produttivo (insight) piuttosto che riproduttivo (di strategie già prodotte in passato). Noi non abbiamo solo sensazioni elementari legate ad una modalità sensoriale, ma, a fronte dell’elaborazione primaria, siamo in grado di percepire la realtà (grazie alla corteccia associativa parieto temporo occipitale). Quando percepiamo abbiamo immediatamente anche delle esperienze emotive, inoltre si formano, anche non intenzionalmente, delle tracce mnestiche (perché è attiva anche la corteccia integrativa limbica). Continuamente il nostro comportamento è spiegabile sulla base di scopi e intenzionalità (prefrontale). 19 Si può dire che il nostro cervello abbia due motorizzazioni: - una che ha a che fare con le parti più posteriori, più profonde, di cui fanno parte abitudini e routine organizzate con l’esperienza (risulta più facile da attivare perché meno dispendiosa), - un’altra motorizzazione che ci permette di affrontare la novità e mobilitare delle risorse cognitive (è la parte del cervello che misura enormemente di più rispetto alle altre funzioni). Idea → programmazione generale → implementazione → output. La corteccia prefrontale riassume tutte le informazioni, prende decisioni, fa dei programmi di conseguenza, fase dell’implementazione e garantisce l’esecuzione. Dalle aree più posteriori utili per percepire, l’attività passa più anteriormente dalla corteccia prefrontale e se è previsto un atto motorio essa torna posteriormente fino alla corteccia motoria, che tramite le fibre efferenti manda i comandi al midollo spinale. FLUSSO DI ELABORAZIONE DELLE INFORMAZIONI: → Gli organi di senso vengono stimolati da forme di energia esterne → Tramite le vie afferenti l’informazione arriva al sistema nervoso centrale (midollo spinale e poi al cervello) → La prima stazione neurale che riceve l’informazione nel cervello è il talamo, che è connesso e quindi manda le info a quelle parti di corteccia cerebrale che elaborano le informazioni sensoriali primarie (visione, tatto, gusto olfatto, etc.) → In alcuni casi ci sono aree sensoriali superiori *Abbiamo anche una corteccia sensoriale visiva di ordine superiore (molta parte del nostro cervello è dedicata alla visione, infatti è il nostro canale di acquisizione di informazioni principale rispetto alle altre modalità). Se c’è questa elaborazione profonda da parte di aree sensoriali superiori (popolate da neuroni sensoriali), iniziano le connessioni cortico-corticali (da zone della corteccia ad altre zone della corteccia). Tutta questa informazione sensoriale profondamente elaborata viene mandata contemporaneamente alle tre cortecce associative, che svolgono le loro funzioni di alto livello (sono popolate da interneuroni): servono per percepire, avere esperienza emotiva, apprendere, memorizzare, prendere decisioni. Se queste decisioni prevedono degli atti motori, l’idea generale viene tradotta in un programma che viene implementato ed eseguito. FUNZIONI delle cortecce INTEGRATIVE - Corteccia associativa parieto temporo occipitale: integrazione delle specifiche informazioni sensoriali. Dà origine alla percezione - Corteccia associativa limbica: integrazione degli aspetti emozionali, mnestici e motivazionali delle informazioni sensoriali. - Corteccia associativa prefrontale: selezione della risposta motoria più adeguata, sulla base dell’integrazione delle informazioni sensoriali e degli aspetti motivazionali ed emozionali. Più in generale, fondamentale per pianificazione e strategia. Ha a che fare con la personalità. 20 CARATTERISTICHE DEGLI EMISFERI Dopo le osservazioni di Broca e Wernicke, si è passati dal concetto di dominanza emisferica (si pensava che l’emisfero sinistro fosse quello più significativo per le funzioni cognitive), si è arrivati a quello di specializzazione emisferica (ciascun emisfero ha una particolare specializzazione). Emisfero sinistro = tutto ciò che è simbolico, arbitrario, convenzionale Emisfero destro = abilità di tipo visivo - spaziale FUNZIONI GENERALI EMISFERO SINISTRO EMISFERO DESTRO VISTA Riconoscimento di parole e Geometria, riconoscimento volti, lettere riconoscimento emozioni facciali UDITO Suoni del linguaggio, ossia parole Suoni non linguistici, es. musica TATTO / Riconoscimento tattile degli oggetti * MOVIMENTO Movimenti complessi Movimento in schemi spaziali MEMORIA Memoria verbale Memoria non verbale LINGUAGGIO Parlata, lettura, scrittura, Contenuti emotivi del linguaggio aritmetica ABILITÀ SPAZIALI / Geometria, direzione, distanza, rotazione mentale dei corpi *Grazie alle connessioni interemisferiche (nel corpo calloso) le informazioni possono raggiungere in 2/3 millisecondi un emisfero dall’altro. Esempio: se tocco qualcosa con la mano destra e l’informazione arriva all’emisfero di sinistra, essa non è persa, ma viene trasmessa all’emisfero destro. Gli emisferi hanno queste funzionalità per la quasi totalità dei destrimani e per il 60% dei mancini; c’è un 20% di mancini che ha l’organizzazione opposta ed un altro 20% di mancini (più ambidestri) che hanno due emisferi cerebrali sostanzialmente equivalenti. IL FENOMENO DELLO SPLIT-BRAIN Molto di ciò che conosciamo sulla specializzazione emisferica, a partire dagli anni 70/80 nel 900, è dovuto ai cosiddetti pazienti con cervello diviso, a cui è stata procurata chirurgicamente una disconnessione dei due emisferi cerebrali. Questi pazienti in origine avevano una forma molto grave e resistente al trattamento farmacologico di epilessia, patologia in cui si ha un’anomalia nell’attività elettrica dei neuroni che solitamente parte da un gruppo di neuroni che hanno un’attività elettrica anomala ed una volta che si attivano, trasmettono il fuoco epilettico a tutto il cervello; quando avviene il paziente perde conoscenza ed ha gli spasmi tipici dell’attacco epilettico. Quando l’anomalia elettrica rientra il paziente si riprende. In un certo tipo di epilessia il fuoco epilettico è in un emisfero e prima di avere l’attacco epilettico conclamato l’anomalia, attraverso il corpo calloso, si trasferisce all’altro emisfero e poi torna a quello originario. Nei casi in cui il paziente ha anche 20 attacchi giornalieri e quindi è resistente alla terapia farmacologica, come ultimo tentavo si ricorreva a questo tipo di intervento. In questi pazienti effettivamente è stata ridotta drasticamente o annullata la sintomatologia dell’epilessia. Gli sperimentatori si trovarono di fronte a pazienti i cui emisferi non comunicavano più, e dunque non producevano un comportamento armonioso; alcuni di questi, nei momenti seguenti all’operazione (quindi nella fase acuta), parlavano di una doppia consapevolezza. A livello generale questi pazienti riuscirono comunque a condurre una vita pressoché normale: questi deficit rientrano completamente perché i soggetti arrivano a mettere in atto una serie di comportamenti inconsapevoli per informare entrambi gli emisferi contemporaneamente rispetto alle info ambientali. 21 ESPERIMENTO PER IDENTIFICARE LE SPECIALIZZAZIONI EMISFERICHE I ricercatori Sperry e Gazzaniga si sono inventati un sistema per verificare, con questi pazienti, in cosa fosse specializzato ciascun emisfero. Chiedevano ai pazienti di mantenere gli occhi su un punto di fissazione centrale, poi mandavano informazione molto velocemente (per 100 millisecondi circa) a sinistra oppure a destra. Questo modo di mandare informazioni quando il soggetto fissa centralmente, assicura che se qualcosa viene presentato a sinistra, di sicuro viene elaborato soltanto dall’emisfero di destra e viceversa. Se l’informazione non rimane il soggetto non ha il tempo di spostare gli occhi per informare entrambi gli emisferi (richiede circa 150/180 millisecondi). Se la parola matita viene presentata a sinistra mentre il soggetto guarda centralmente (il soggetto è destrimane), essa viene percepita dall’emisfero di destra, che è in grado di trattare la parola solo come un ideogramma, come materiale grafico (se si chiede a qualcuno che ha il corpo calloso funzionante l’informazione passa all’altro emisfero e può essere elaborata). Nelle stesse condizioni, se invece di mettere la parola si mostra una matita, il soggetto continuerà a dire di non aver visto nulla, questo perché l’emisfero destro riesce ad elaborare l’informazione, ma non è l’emisfero parlante, non è in grado di associare un nome ad un oggetto. L’emisfero di destra ha il governo dell’espressione motoria della mano sinistra; se si coprono degli oggetti in modo che non siano visibili, ma si chiede al soggetto di scegliere con la mano uno di questi, è probabile che la mano sinistra prenda la matita e la tiri fuori. Quindi il soggetto dirà di non aver visto nulla, ma prenderà una matita tra i vari oggetti, senza sapere perché lo ha fatto. Quindi si tratta di due consapevolezze differenti che non vengono integrate come avverrebbe in un cervello normale e che quindi ha due output differenti. Se si inviano velocemente due stimoli differenti: una mela a destra e una matita a sinistra, l’emisfero sinistro può dare un nome alla mela, mentre quello destro riceve l’informazione ma non riesce a dargli un nome, anche se con la mano sinistra può individuarla. STRUMENTI DI INDAGINE DELL’ATTIVITÀ CEREBRALE Oggi siamo in grado di rilevare l’attività cerebrale in un cervello sano o che ha subito lesioni, e di farlo in concomitanza ad una varietà di compiti cognitivi; grazie ai seguenti strumenti (non invasivi): - Elettroencefalogramma (EEG): misura globale dell’attività elettrica del cervello (della corteccia cerebrale) mediante elettrodi posti sul cuoio capelluto (messi in posizioni standard, condivise dalla comunità scientifica) che registrano le variazioni di potenziale nel tessuto nervoso ad essi sottostanti. È possibile vedere rispetto ad una situazione di base, dove e come cambia il tracciato a seconda di cosa il soggetto fa in un determinato momento: ci sono situazioni baseline (flusso di attività non legato a processi mentali es. percepire un’immagine) o situazioni più complesse (es. interagire con un’altra persona in un compito percettivo motorio). - Potenziali evento-correlati (ERPs): misura delle onde elettriche evocate da uno stimolo (dall’elettroencefalogramma generale) - Magnetoencefalografia (MEG): registra le variazioni del campo magnetico nel tessuto nervoso. 22 Tutti e tre i metodi: → consentono un’ottima risoluzione temporale (la modificazione nel tracciato avviene immediatamente dopo che si ha sottoposto il soggetto allo stimolo), → non sono invasivi e sono poco costosi → consentono di ottenere risposte subito Con gli animali si possono usare tecniche più invasive, inserendo elettrodi all’interno dei neuroni per verificare quando questi si attivano, a seconda dei tipi di stimoli a cui l’animale viene sottoposto. Questo ha permesso di mappare tutta la corteccia visiva, per cui si è visto che alcuni neuroni scaricano soltanto a certe caratteristiche di uno stimolo: es. alcuni scaricano solo di fronte a delle barrette, e non di fronte a dei cerchi, all’interno dei neuroni che scaricano soltanto di fronte alle barrette ci sono quelli che scaricano soltanto quando la barretta ha una certa inclinazione, etc. METODO DI INDAGINE --> TMS La stimolazione magnetica transcranica (TMS) fornisce informazioni complementari a quelle fornite dalle tecniche di neuro immagine. Si tratta di un altro sistema per indagare la relazione tra attività cerebrale e mentale che utilizza un concetto diverso dalla semplice rilevazione passiva di segnali elettrici o campi magnetici generati dalla corteccia; è un macchinario posizionabile in varie regioni dello scalpo, che attraverso un campo magnetico, quando il voltaggio è basso, può attivare determinare regioni della corteccia cerebrale; se si aumenta il voltaggio, la porzione di neuroni sottostanti al punto in cui si è attivato il macchinario per qualche secondo non funziona più, si può dunque simulare una lesione cerebrale. Questa tecnica può essere utile per capire se quell’area è coinvolta in un determinato compito cognitivo. Esempi: Se si stimolano i neuroni motori della corteccia destra si muoverà qualche muscolo della parte sinistra del corpo → movimento involontario non finalizzato. Se si stimola la corteccia uditiva il soggetto può riportare suoni linguistici o rumori; in questo modo si hanno riprove della ripartizione della corteccia cerebrale. È una tecnica decisamente più incisiva della rivelazione passiva che si ottiene con l’elettroencefalogramma; è comunque abbastanza utilizzato (anche se deve essere presente personale medico durante la sperimentazione). METODI DI INDAGINE: le neuroimmagini -Tecniche per visualizzare le immagini del cervello: → Tomografia assiale computerizzata (TAC) e risonanza magnetica (RM): Il cervello è costituito da aree che hanno quantità di acqua differenti, sfruttando questa proprietà è possibile fare diverse lastre statiche del cervello. Forniscono immagini strutturali dell’organo esaminato, informano sull’anatomia di quell’organo e sull’eventuale presenza di lesioni. → Tomografia a emissione di positoni (PET), risonanza magnetica funzionale (fMRI), spettroscopia a infrarossi (NIRS): Permettono di vedere a livello dinamico (nel tempo) quali parti del cervello si attivano in base a cosa sta facendo l’individuo. Forniscono dati sia strutturali che funzionali, si basano sulla stima di come si distribuisce il sangue (o l’acqua contenuta nel sangue) nelle varie regioni del cervello mentre si stanno svolgendo funzioni mentali note. 23 Si basano sulla stima di come si distribuisce il sangue, poiché questo è adibito al trasporto di ossigeno e glucosio ai tessuti, che sono l’energia, il combustibile di cui le cellule hanno bisogno per funzionare. Si può quindi verificare, nell’unità di tempo, quali parti del cervello stanno consumando maggiormente (sono maggiormente irrorate di sangue). IL SISTEMA VISIVO STRUTTURA DELL’OCCHIO La modalità sensoriale più importante per la nostra specie è la visione. Si tratta di forme di energia fisica esterna a cui noi siamo sensibili, che provocano in ultima analisi sensazione e percezione, per questo si parla di catena psico-fisica: ci sono eventi fisici esterni, eventi fisiologici ed eventi mentali. Di tutte le forme di energia elettromagnetica presenti sulla Terra siamo sensibili solamente ad una piccola banda, ossia quella della luce, che va dai 400 ai 700 nanometri di lunghezza d’onda (quanto frequenti sono le onde di energia elettromagnetica). Non provocano quindi alcuna sensazione raggi X, raggi Gamma, raggi ultravioletti. La luce arriva sugli oggetti ed essi possono riflettere o meno alcune parti di queste lunghezze d’onda. In base alle caratteristiche fisiche della superficie, se l’oggetto assorbe tutta la luce il risultato percettivo corrisponde al colore nero, se riflette tutta la luce che arriva a contatto con le retine dei nostri occhi il risultato percepito è quello del colore bianco. Spesso l’oggetto riflette solo una porzione di lunghezze d’onda: se riflette le lunghezze d’onda più basse (da 400 a 500 nanometri), il risultato percettivo sono i colori più freddi e scuri, mentre se riflette le lunghezze d’onda più elevate il risultato percettivo sono i colori più caldi. La luce, nell’unità di tempo, entra attraverso le due pupille e stimola il fondo dell’occhio, dove sono presenti le retine. La luce entra con angolazioni differenti: noi in ogni momento in cui abbiamo gli occhi aperti abbiamo un punto di fissazione nello spazio visivo identificabile secondo i tre assi X, Y e Z. Non entrano solo i raggi riflessi dall’oggetto che si sta guardando, ma anche quelli di tutti gli altri oggetti presenti nel campo visivo, che entrano con angolazioni differenti nella pupilla e vanno a stimolare parti periferiche della retina. Nel bulbo oculare (che è una sfera cava) sono presenti: - Retina = viene continuamente stimolata; si tratta della parte posteriore del bulbo oculare dove sono presenti i recettori sensibili alla luce. Qui avviene il processo di trasduzione della luce (energia fisica esterna a cui siamo sensibili), attraverso reazioni chimiche, in un impulso nervoso. - cornea = struttura di protezione esterna trasparente - iride = dà la colorazione all’occhio - pupilla = può avere un diametro più allargato e ristretto seconda della luce, ma è un indicatore anche di altri elementi, ad esempio viene usato come misura del carico cognitivo, oppure si dilata verso qualcuno che consideriamo attraente. - Cristallino = lente vera e propria che può essere più o meno distesa. Il suo compito è quello di mettere a fuoco l’oggetto che si osserva: quando è lontano è più disteso, quando è più vicino si curva. Si distende e si curva grazie a muscoli e centri nervosi che controllano la curvatura del cristallino (indizio che il nostro cervello utilizza per capire la profondità del mondo esterno, che viene completamente persa sulla superficie della retina, una superficie bidimensionale di fotorecettori). Nella parte posteriore dell’occhio si compone il nervo ottico, che sono gli assoni di tutto l’ultimo strato di cellule neurali presenti nell’occhio che inviano l’informazione alla corteccia visiva. 24 Abbiamo due tipi di recettori nella retina: coni e bastoncelli, così chiamati per il tipo di forma che hanno: alcuni finiscono più a punta (coni) e altri rimangono con una forma a bastone (bastoncelli). I due tipi di recettori sono responsabili per la nostra esperienza visiva e percettiva: I bastoncelli sono attivi in modo particolare quando c’è poca intensità luminosa. I coni sono particolarmente attivi nel caso della visione diurna e non solo: sono sensibili a tre lunghezze d’onda differenti che percettivamente corrispondono a tre colori diversi (verde, rosso, blu). Nell’attività neurale della retina il pattern di attivazione tra questi tre diversi coni, nell’unità di tempo, permette di vedere anche gli altri colori. Coni e bastoncelli sono infondo alla retina: la luce attraversa tutti gli altri strati fino a stimolare coni e bastoncelli, lì avviene il processo di trasduzione e poi a cascata influenzano l’attività di tutte le altre cellule presenti nella retina. Tutti gli assoni dell’ultimo strato di cellule si radunano in un punto per comporre il nervo ottico. Nel punto in cui si radunano gli assoni per comporre il nervo ottico non sono presenti fotorecettori, è ciò che viene chiamata macchia cieca, o un punto cieco (blind spot). Non percepiamo la macchia cieca nel campo visivo perché (da fermi) anche quando fissiamo a lungo un oggetto che non si muove, gli occhi fanno sempre piccoli movimenti (inconsapevoli) che la compensano. [I pazienti con split brain fanno questi movimenti in continuazione per tenere informati entrambi gli emisferi] Fovea = centro della retina, luogo in cui vanno a cadere i raggi luminosi dell’oggetto che stiamo fissando in un determinato momento. Qui c’è la massima concentrazione di coni, che servono per percepire colori e dettagli dell’oggetto; i bastoncelli sono assenti. Immediatamente alla periferia della fovea c’è la massima distribuzione di bastoncelli, poi degradano mano a mano che ci si allontana dal centro della retina (perché ci sono sempre meno recettori sensoriali). I bastoncelli rispondono molto bene al movimento, alla novità presente in un campo visivo, senza però elaborarne i dettagli, dunque, tipicamente, se c’è una novità i bastoncelli la rilevano e poi gli occhi si rivolgono verso quel punto preciso, dove i coni consentono di discriminare ogni aspetto rilevante dello stimolo visivo capitato nel campo visivo. IL SISTEMA VISIVO Le cortecce visive sono presenti in ogni emisfero nel lobo occipitale: la corteccia visiva primaria è nella parte più esterna che aderisce con lo scalpo, ma va anche nella profondità dei due emisferi. Nelle cortecce visive sono presenti i neuroni sensoriali visivi, che elaborano le informazioni che provengono dagli occhi. Il nervo ottico parte da ciascun occhio e poi arriva in un punto chiamato chiasma ottico, dove c’è un incrocio parziale di fibre: ciascuna retina può essere divisa nella porzione nasale (verso il naso) o temporale (verso la tempia). 25 Nel chiasma ottico c’è un incrocio parziale di fibre: le fibre che provengono dalla emiretina temporale non si incrociano, continuano a rimanere nello stesso emisfero; mentre le fibre che provengono dalla emiretina nasale si incrociano. Questo è vero per entrambi gli occhi Puntando un punto di fissazione centrale, un soggetto ha un emicampo visivo di destra e uno di sinistra. I raggi luminosi del punto che si sta fissando vanno a stimolare le fovee dei due occhi, mentre tutti gli altri arrivano agli occhi con particolari angolazioni: Soggetto è fisso e osserva centralmente → ciò che è a sinistra va a stimolare l’emiretina nasale dell’occhio di sinistra e l’emiretina temporale dell’occhio di destra, che vanno a stimolare entrambi la corteccia visiva di destra. Siamo fatti così per garantire che ciò che è presente nello spazio visivo di sinistra sia percepito dall’emisfero di destra e viceversa. In realtà esistono sezioni sottocorticali dove sono presenti neuroni sensoriali in cui fanno sinapsi le fibre che compongono il nervo ottico, quindi le due retine comunicano in prima battuta con queste stazioni sottocorticali che compongono il talamo (struttura che accoglie l’informazione sensoriale). Ci sono pazienti che hanno un danno che ha colpito le due cortecce visive dei due emisferi e quindi non hanno più neuroni sensoriali visivi che permettono la percezione visiva → cecità corticale. LA PERCEZIONE DEFINIZIONE Percezione = elaborazione delle informazioni sensoriali che porta all’esperienza soggettiva che proviamo continuamente della realtà esterna e di sé stessi e del proprio corpo. È l’impressione diretta e immediata della presenza di determinati oggetti nell’ambiente. Concatenazione di processi di natura diversa: fisici, fisiologici e psicologici (catena psicofisica). Catena psicofisica: - Eventi fisici = (ciò che avviene nella realtà) sono chiamati stimolazioni distali (distanti dal soggetto) - Eventi fisiologici= stimolazione degli apparati sensoriali (stimolazioni prossimali) =Trasduzione: da energia fisica ad impulso nervoso mediante reazioni chimiche - Eventi psicologici = processi mentali alla base della realtà fenomenica, ossia della percezione. Realismo ingenuo (psicologia del senso comune) → vi è coincidenza fra la realtà fisica e la realtà percettiva (o fenomenica). Non è proprio così, vedi triangolo di Kanizsa, esempio dei volti, etc. | Sono sufficienti pochi indicatori per arrivare a vedere dei volti, anche quando non sono presenti, perché il volto è altamente riconoscibile per l’essere umano; questo è utile per animali sociali la cui prole sta con gli adulti per molto tempo. Poiché ci siamo evoluti, abbiamo centri nervosi dedicati alla codifica del volto. 26 - Il cervello non si basa solo sui dati sensoriali, ma anche su tutta l’esperienza precedente. - Ciò che è presente realmente, non necessariamente viene percepito. - La percezione va nella direzione della sintesi: ci siamo evoluti per cogliere i fattori alla base della percezione di un oggetto. Ci possono essere discrepanze fra realtà fisica e realtà fenomenica (percepita), i principali fenomeni che si verificano sono i seguenti: - Assenza dell’oggetto fisico e presenza dell’oggetto fenomenico (es: triangolo e cerchio di Kanizsa) - Assenza dell’oggetto fenomenico e presenza dell’oggetto fisico (figure mascherate di Gottschaldt) - discrepanza fra oggetto fenomenico e oggetto fisico (illusioni ottico-geometriche) RAPPORTO MONDO FISICO E MONDO FENOMENICO: Il mondo fenomenico non può avere luogo in assenza del mondo fisico (diversamente si parlerebbe di allucinazioni). Non c’è una corrispondenza puntuale tra i due, dunque il mondo fenomenico è governato da regole proprie, è in parte indipendente dal mondo fisico. Osservando questa immagine, che presenta tre gruppi di linee differenti, è facile individuare una E maiuscola, percependo questi oggetti come parte di un unico oggetto. Se si mostra a chi non conosce il nostro alfabeto, egli non vedrà la E; dunque l’esperienza conta nel determinare ciò che viene percepito tendenzialmente in modo automatico. Le teorie della percezione si sono divise proprio su questo elemento: - Le teorie della percezione diretta, ritengono che le informazioni bottom-up (dal basso al cervello), ossia quelle che derivano dagli organi di senso, siano del tutto sufficienti per spiegare l’esperienza percettiva, dunque l’esperienza passata non avrebbe un ruolo. - Al contrario, le teorie top-down (considerano conoscenze del mondo, informazioni contestuali, aspettative) ritengono che ci sia un ruolo giocato dall’esperienza passata nel dare un senso a quello che proviene in quel momento dal mondo. ➔ Sono fondamentali entrambi i tipi di elaborazione per percepire. PRINCIPALI TEORIE SULLA PERCEZIONE I sostenitori dell’importanza dell’esperienza passata - Teorie top-down → sostengono la Teoria costruttivista della percezione, ossia il soggetto costruisce la percezione (Helmholtz, 1870; Bruner, 1957) Chi crede che siano sufficienti le informazioni che derivano dagli organi di senso per arrivare a percepire - Teorie bottom-up sono i gestaltisti (alla fine hanno riconosciuto il ruolo dell’esperienza passata) → Teoria della Gestalt (Wertheimer, 1923) Approcci cognitivisti (sintesi di processi top-down e bottom-up) → Teoria computazionale di Marr (1982) 27 Teoria empiristica di Helmholtz (1870) Secondo il fisiologo, le sensazioni elementari (corrispondenti ai dati sensoriali) sono per loro natura parcellari, fugaci. Non posso capire come sia possibile arrivare all’esperienza percettiva introspettiva che tutti abbiamo, quindi ipotizzo che ci sia un sistema inferenziale inconsapevole che mediante processi di associazione e in virtù dell’esperienza passata, permette di percepire oggetti ed eventi (importanza dell’apprendimento che deriva dall’esperienza passata). In questi processi agisce il principio dell’inferenza inconscia = una sorta di ragionamento rapido e inconsapevole grazie al quale si integrano le sensazioni elementari sulla base dell’esperienza passata. Teoria costruttivista (Bruner, 1957) Bruner propone che la percezione si basa su una attiva ricerca della migliore interpretazione possibile delle caratteristiche disponibili, presente in un dato momento - simile alle macchine. Controllo delle ipotesi: processo top-down di “costruzione” della percezione Ha fatto delle ricerche per capire se ed in che modo la percezione fosse collegata con aspettative, bisogni e motivazioni dell’individuo. Con degli esperimenti, ad esempio, ha osservato che il ricordo percettivo delle monete differiva in bambini che provenivano da classi socioeconomiche differenti. Secondo questo approccio la realtà fenomenica è costruita in base ai dati sensoriali (le fondamenta), dati presenti in memoria (esperienza passata), e processi mentali di alto livello anche se del tutto inconsapevoli (che fanno un controllo delle ipotesi). La scuola della Gestalt E' nota anche come “scuola di Berlino” (Werheimer, Koehler, Koffka, Lewin ecc). La percezione non è preceduta da sensazioni ma è un processo primario e immediato (NO al concetto empirista di Helmholtz di esperienza passata), senza processi inferenziali, poiché non c’è un tempo di reazione per la percezione. [La tarda psicologia della Gestalt ha accettato il ruolo dell’esperienza passata] La percezione è il risultato dell’organizzazione interna delle “forze” che si vengono a creare fra le diverse componenti di uno stimolo (concetto di campo percettivo). La realtà ci appare costituita da unità coerenti e strutturate (cioè delle Gestalt, delle forme organizzate). Principali contributi: principi di organizzazione percettiva, articolazione figura-sfondo, percezione del movimento, percezione della profondità. → Teoria computazionale di Marr Si chiama così perché gli algoritmi che permettono di generare la visione artificiale nelle macchine si basano su un processo a cascata a tre fasi. Questa teoria è servita come riferimento per gli ingegneri informatici che si occupano di visione artificiale Marr ipotizza 3 fasi dell’attività percettiva, all’interno delle quali sono fondamentali tre aspetti differenti. 28 Marr ipotizza 3 fasi dell’attività percettiva, all’interno delle quali sono fondamentali tre aspetti differenti: 1. Nell

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