Appunti sulla Storia della Moda - PDF

Summary

Gli appunti descrivono l'evoluzione della moda, principalmente in Europa, con particolare attenzione alla nascita della Haute Couture e al ruolo di figure chiave come Charles Frederick Worth. Si evidenzia come la moda francese abbia dominato la scena internazionale per secoli, mentre emerge un'attenzione al tentativo di individuare una moda italiana autonoma.

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I. NASCITA DELLA HAUTE COUTURE Introduzione. Fino all’800 la moda era legata ai maggiori centri di corte e si diffondeva dall’alto verso il basso secondo il fenomeno del TRINCKLE-DOWN, quindi l’abbigliamento della regina veniva imitato. La gura del sarto come creatore di fogge non esi...

I. NASCITA DELLA HAUTE COUTURE Introduzione. Fino all’800 la moda era legata ai maggiori centri di corte e si diffondeva dall’alto verso il basso secondo il fenomeno del TRINCKLE-DOWN, quindi l’abbigliamento della regina veniva imitato. La gura del sarto come creatore di fogge non esisteva, così come le s late di moda e le etichette. I sarti erano considerati dei semplici artigiani che operavano secondo le direttive dei clienti; il ritmo con cui si diffondeva la moda era molto lento, talvolta si dovevano aspettare diversi anni. Non c’era la gura di uno stilista, di un creatore o di un designer che lanciava una moda. Le mode venivano lanciate da una determinata corte per un periodo, poi da un’altra in un altro momento: i Paesi più ricchi dettavano la moda al resto d’Europa. Beatrice d’Este. L’Italia nel Rinascimento (inizio 500), come ha scritto Rosita Levi Pisetzky, era maestra al mondo nelle arti e nel vivere civile. BEATRICE D’ESTE, duchessa di Milano, veniva lodata come inventrice di nuove fogge: il creatore di moda non viene menzionato, non era importante. Dopo il primo Rinascimento si diffonde la moda spagnola, quando la Spagna possiede i domini in Atlantico. Francia. La FRANCIA con la capitale PARIGI detenne lo scettro della moda internazionale dalla seconda metà del 600 quando si arricchisce con Luigi XIV no al 1950: era la nazione più importante d’Europa. Il ministro delle nanze Colbert ha promosso una politica economica basata sull’esportazione di manufatti francesi e su una ridotta importazione—>implementa le manifatture tessili, come la seta di Lione. Nei primi del 700 i francesi cominciano a vestire ogni anno due manichini a grandezza naturale (le POUPÉES DE MODE, le “bambole di moda) che poi venivano vestiti all’ultima moda di corte francese e spediti in Europa per far vedere alle dame come ci si vestiva alla corte di Versailles: questo anticipa la s lata di moda, anche se i modelli non venivano presentati su indossatrici. Madame Pompadour. Metà 700, amante di Luigi XV, musa del gusto e icona di stile, diffuse la moda dei capelli grigi, anche se era molto giovane; indossa un abito verde-azzurro accostato col rosa—>lancia la moda di questi due colori accostati che non era considerato appealing, dei corsetti a V con nastri di grandezza decrescente con scollature, la moda dei sabot di seta. Vivienne Westwood nel 1997 fa la collezione Cocotte ispirata al 700 francese e all’abito di Pompadour. Westwood è creatrice di moda britannica che viene dal punk con una boutique trasgressiva; poi inizia a fare moda ispirandosi alla storia ma in maniera molto ironica. Maria Antonietta. Una grande musa del gusto e moglie di Luigi XVI. La regina viene portata sul grande schermo già nel 1937 da Norme Shearer: nel lm si nota l’uomo acchitato quanto la donna con parrucche bianche. Film con grande successo, costumi fatti da Adrian, capo costumista alla Metro Goldwyn Mayer dal 1929 al 1942: oggi ogni lm ha il proprio costumista oppure il regista ne sceglie uno, ma prima le grandi case cinematogra che di Hollywood (Paramount, MGM e Twenties Century Fox) avevano centinaia di dipendenti ed enormi dipartimenti di costumi con un capo costumista. Adrien ha vestito attrici molto famose che erano sotto contratto con la casa cinematogra ca. Attori e registi erano sotto contratto per tanti anni, di solito sette: epoca delle dive e della tv, forza mediatica del cinema molto forte. Le case investivano su una diva e le costruivano look, atteggiamento e parti da interpretare; veniva copiata nei vestiti, nell’acconciatura e nell’atteggiamento. Le attrici quindi diffondevano la moda. Kirsten Dunst in Maria Antonietta in Vogue 2006: scarpe di raso di Manolo Blahnik. Rose Bertin. MODISTA di Maria Antonietta; le modiste (MARCHANDES DE MODES) non sono sarte, ma erano gure importanti, illustrate anche da Diderot nell’Enciclopedia. Il loro lavoro include la vendita di acconciature e ornamenti, disponendoli sugli abiti: si occupano delle guarnizioni degli abiti ( occhi, nastri, ori, velette). 1770 Bertin apre a Parigi il magasin de mode Au Grand Mogol con l’insegna “marchande de modes de la Reine”. L’attività andava a gon e vele e presto circa cento persone iniziarono a lavorare per lei. 1776 corporazione di modiste con sindaco Rose Bertin, modista della regina. I sui prezzi erano cari: si faceva pagare non per la preziosità dei prodotti, ma per la NOTORIETÀ del suo arte ce. A chi si lamentava per l’eccessivo costo delle sue vesti confezionate in semplici materiali, lei rispondeva: “Ai pittori pagate solo tela e colori?”. Era famosa per le complesse acconciature e i colori bizzarri preferiti della regina. I periodici di moda aiutano la diffusione della moda e iniziano a comparire in Francia alla ne del 700; il primo è stato Le cabinet des modes nel 1785, imitato poi in poco tempo da altri Stati europei. In Italia nasce Il Giornale delle dame e delle mode di Francia nel 1786, La donna galante ed erudita, Il Corriere delle dame dal 1805 no al 1871. Le riviste erano di cadenza mensile e pubblicavano gurine di abiti all’ultima moda che poi venivano copiati dalle sarte. La moda muta sempre più velocemente anche grazie alla rivoluzione industriale (spostamenti più veloci). Produzione accelerata grazie all’invenzione della macchina da cucire nel 700 solo per divise militari e poi nell’800 anche per l’ambito della moda. CHARLES FREDERICK WORTH (1825-1895). Nasce la gura del COUTURIER in senso moderno e del SARTO COME CREATORE DI MODA E FOGGE. Nasce la HAUTE COUTURE e, secondo Gilles Lipovetsky, la “MODA DEI CENT’ANNI”(1850-1950). Lipovetsky in L’impero dell’ef mero scrive che “durante l’Ancien Regime i sarti non erano importanti, erano legati alle arti meccaniche e i loro nomi non si conoscevano: i capi prendevano il nome dai grandi personaggi o dai nobili che li indossavano. Da Worth il couturier viene considerato un poeta, è celebrato nelle riviste di moda, appare nei romanzi come un esteta, è un arbitro dell’eleganza. Le sue opere equivalgono a quelle dei pittori e il couturier diventa un artista del lusso”. Worth è il primo a rmare i propri abiti e a mettere delle ETICHETTE con nome e indirizzo al loro interno: prima solo gli artisti rmavano le loro opere. Hollander dice: “Worth è il primo a lavorare in una nuova maniera e a curare l’intera immagine di una donna, non soltanto il suo abito”. 1 fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Worth non è francese ma fa fortuna in Francia perché era il Paese che dettava moda in Europa dalla seconda metà del 600. Era inglese, veniva da una famiglia borghese e aveva sempre amato la moda. Nel 1845 circa si trasferisce a Parigi, dove inizia a lavorare in un negozio di moda e di tessuti, chiamato Gagelin et Opigez, dove conosce la futura compagna della sua vita, MARIE VERNET, che lavorava come commessa al negozio. Da Gagelin et Opigez si rendono presto conto delle sue abilità da venditore e manuali, così realizza in modo isolato degli abiti per dei clienti. Si sposa con Marie Vernet che diventa una sua collaboratrice, ma soprattutto la sua PRIMA INDOSSATRICE (prima non c’era la gura dell’indossatrice in carne e ossa, solo i manichini). 1858 grazie al nanziamento del ricco svedese Otto Bobergh, con circa venti persone riesce a mettersi in proprio e ad aprire una maison con il suo nome al n. 7 Rue de la paix. È il primo a cambiare le fogge ad ogni stagione e a esportare le sue creazioni. Marie Vernet presenta i capi a PAULINE METTERNICH, moglie dell’ambasciatore, perché era aristocratica e frequentava i grandi saloni (prima TESTIMONIAL della storia della moda). Lei indossa un abito di Worth durante un ricevimento con EUGENIA DE MONTIJO, moglie di Napoleone III, che rimane entusiasta del suo abito e inizia a frequentare la Maison Worth. Winterhalter nel 1865 raf gura l’imperatrice Eugenia insieme alle sue dame di corte, vestite con abiti di gusto worthiano. Worth diventa presto SARTO DI CORTE di Eugenia, ma anche altri reali, come la regina Vittoria, la regina Margherita (vestito verde limone con perle e strass) e Elisabetta d’Austria (vestito vaporoso sico a clessidra, tulle, stelline d’oro). Eugenia de Montijo era una grande ammiratrice di Maria Antonietta e chiede vestiti ispirati a lei: durante la sua epoca andavano di moda delle gonne ampie più nella parte posteriore. È vero che Worth creava collezioni, però l’imperatrice continuava a dettare la moda; con le sue clienti era molto più imperativo e cattivo, decideva lui e non accettava loro idee. Charles Dickens, Hippolyte Taine e Gabriele D’Annunzio scrivono di Worth come un perfetto gentiluomo con i polsini della camicia oro. Il suo stile era così in uente che diventa un aggettivo - “WORTHIANO”. Tante parole della moda sono francesi; oggi molte sono inglesi. Anni 70 e 80 dell’Ottocento: abiti più sottili ma con maggiore rigon amento nella parte posteriore. Vedi lm Età dell’Innocenza, costumista Gabriella Pescucci veste la moglie con colori tenui, mente l’amante con colori più passionali; quando i due si sposano vanno in viaggio di nozze in Europa, vanno da Worth e si fanno fare il calco delle mani. The Gilded Age sottolinea il contrasto tra la vecchia borghesia e la nuova, che veniva guardata con disgusto. Nel 1867 Worth ha 1200 dipendenti (all’apertura ne contava 20) e continua ad essere famoso no alla ne dell’Ottocento. La parte anteriore dell’abito si asciuga sempre di più, mentre quella posteriore rimane gon a —>chiamato CUL DE PARIS e riprodotto da John Galliano e Vivienne Westwood. Quando Worth muore, la maison non chiude, ma i suoi gli continuano l’attività: Gaston si occupa della parte burocratica, mentre Jean-Philippe della parte creativa. Tentativi di riconoscimento della moda italiana. Il riconoscimento di un’autentica moda italiana non in uenzata da quella francese avviene solo all’inizio del 900, ma i primi tentativi risalgono al Risorgimento. 1847 in Moda Nazionale: “Guerra alla Senna […] nemici del gurino italiano”. 1848 LUIGI CICCONI propone un “VESTITO ALL’ITALIANA” realizzato in velluto (stoffa tipica genovese—>tradizione artigiana). 1872 Società italiana per l’emancipazione delle mode. Il fenomeno rimane circoscritto. ROSA GENONI Nata a Sondrio nel 1867, Rosa Genoni lavora come première in una delle più note case di moda milanesi, H. Haardt et Fils, quando venivano realizzati esclusivamente modelli francesi. Anna Kulischioff, moglie di Filippo Turati e sua amica, diventa sua testimonial. È stata una pioniera della moda italiana, impegnata politicamente, insegnante di storia del costume e una donna emancipata del 900. Si batte per la moda italiana autonoma dalla moda francese. Parigi era la capitale della moda a partire da Luigi XIV. L’Italia, a parte la breve parentesi della moda rinascimentale, non era più la capitale della moda, non ha più dettato la moda no al periodo del Risorgimento (fenomeno del 1830 che culmina con l’unità d’Italia). 1906 partecipa all’Esposizione Internazionale del Sempione a Milano con una collezione di abiti ispirata ai pittori del Medioevo e del Rinascimento, in particolare l’ABITO ispirato alla PRIMAVERA DI BOTTICELLI in raso di seta rosa pallido, con sopravveste in tulle color avorio impreziosita da ricami a motivo oreale in perline e paillettes, vince il premio (oggi conservato al Museo del Costume di Palazzo Pitti a Firenze). Vuole promuovere una moda italiana, ma anche il suo tentativo è vano. La realizzazione del Palazzo della Moda a Torino è un intento di portare avanti la creazione di una moda italiana; tuttavia, le case di moda italiane continuano a seguire i dettami francesi, acquistando i capi o copiandoli dalle riviste. Le più importanti erano Monitore della moda, Margherita, Giornale delle Signore Italiane (prezzo normale con editing lussuoso e incisioni raf nate; prezzo ridotto senza gurini ed annessi colorati), L’eco della moda, La Donna. Sempli cazione delle fogge. Dal 1850 moti per una sempli cazione dell’ABBIGLIAMENTO MENO COSTRITTIVO. a) 1868 a Stoccarda si riunisce il Congresso nazionale delle donne tedesche per un 2 fi fi fi fi fi fi fl fi fi fl fi fi fi fi fi fi fi fi fl abbigliamento più funzionale. b) 1880 Rational Dress Society a Londra si batte per un abito femminile più razionale e meno costrittivo (contro il busto), per la salute e per l’igiene. c) 1850 in America, AMELIA BLOOMER propone dei PANTALONI FEMMINILI ANTE LITTERAM: calzoni alla turca che coprivano le gambe sotto una gonna corta no al ginocchio (più comodi per andare in bicicletta). Il Corriere delle Dame nel 1850 estremizza la proposta, de nita BLOOMERISMO, con una caricatura di una donna vestita da uomo—>scandalo. 1880 nasce il TAILLEUR in Inghilterra: ALESSANDRA DI DANIMARCA, la Principessa del Galles, doveva passare in rassegna le sue truppe e chiede al sarto della Regina Vittoria, John Redfern, di realizzarle un look formale ma comodo; prende ispirazione dal completo maschile e realizza un due pezzi con la gonna. Viene battezzato tailleur in quanto esigeva per la sua produzione il sarto maschile - il “tailleur”, il “tagliatore” perché tagliava la stoffa - al contrario di quello femminile, de nito “couturier”. Primi anni 900. STILE LIBERTY, chiamato anche ART NOUVEAU—>LINEA A S, stretta da un busto attillato che spinge il ventre in dentro e il seno e il posteriore in fuori grazie all’aiuto della tournure. Arte, architettura e moda ispirate alla natura, non alla storia: DONNA FLOREALE, silhouette somigliante a un ore: lo stelo ondulante era il corpo e capelli oriti erano la corolla. Stile di breve durata. 1908 la silhouette è più verticale, il punto vita stretto è più alto, i cappelli rimangono. 1910 processo di sempli cazione e VERTICALIZZAZIONE. No busto, abbigliamento che rappresenta il nuovo ruolo della donna nella società. JAQUES DOUCET è stata una maison importante di Parigi. Stile più nuovo, lieve e “spiritoso”. Doucet vestiva le attrici che amavano un abbigliamento meno tradizionale. PAUL POIRET Nato il 20 aprile 1879, nel quartiere di Les Halles a Parigi, Paul Poiret era glio di un mercante di tessuti. Poiret racconta nelle SUE MEMORIE della sua passione per il teatro durante l’adolescenza: il padre non aveva tanta ducia in un ragazzo pieno di sensibilità per la moda e per il teatro, così a 17 anni lo manda a lavorare in una fabbrica di ombrelli. In seguito propone i suoi bozzetti a Madame Chéruit, première della maison di couture Raudnitz Soeurs, che lo ingaggia come disegnatore. Nel 1898 passa alla sartoria di JACQUES DOUCET, che diventa per lui un vero e proprio maestro. Il loro rapporto viene incrinato da una frequentazione prima con l’attrice Sara Bernhardt e poi con un’altra ragazza, alla quale inizia a regalare i vestiti; quando Doucet lo scopre lo manda via. Viene chiamato da Gaston Worth e inizia quindi a lavorare nella MAISON WORTH, che aveva bisogno di “patatine fritte” in mezzo a “tartu ” (la maison Worth era famosa per gli abiti di gala, ma vestiti femminili moderni erano sempre più richiesti); tuttavia i suoi lavori erano troppo moderni e non piacevano a Jean-Philippe. Nel 1903 grazie a un prestito della madre e di donna dello spettacolo, riesce ad aprire una piccola sartoria al n.5 Rue Auber. 1905 si sposa con Denise Boulet, semplice ragazza di campagna che poi diventa una parigina alla moda; hanno due glie femmine (Martine e Rosine) e tre gli maschi. Poiret apporta alla moda tantissime novità, come le ampie VETRINE per strada che davano visibilità ai suoi modelli e le ILLUSTRAZIONI DI MODA MODERNA. Si rivolge a veri e propri artisti, non a semplici gurinisti; il primo è stato PAUL IRIBE nel 1908, costumista e scenografo noto per le numerose relazioni con molte donne tra cui Chanel: non sono più gurini, ma rappresentazioni di donne con carattere. Iribe realizza un lookbook con tutte le collezioni di Poiret, il quale lo presenta alla regina d’Inghilterra che però lo rimanda indietro (forse perché era francese). I suoi abiti hanno un punto vita molto più alto; la SILHOUETTE è VERTICALIZZANTE, quasi a stile impero (si ispira alle Merveilleuses del periodo del Direttorio). Utilizza però colori molto vivaci, non quelli tenui dello stile impero: giallo, rosso, viola e accostamenti molto audaci; rompe con il Liberty. Utilizza la ROSA (in onore della glia Rosine) sul décolleté e la ritroviamo sull’etichetta di un suo abito più famoso, disegnata da Paul Iribe. Le etichette cambiano e servono per datare un abito. È il primo couturier a lanciare una LINEA DI PROFUMI nel 1911, chiamata Les Parfums de Rosine (sempre per la glia), il cui acone ha decorazioni di rose disegnate da Iribe; il acone Fan Fan la Tulipe ha anche un packaging; 1925 tappo di lacca con una nappa ha ispirato Opium di YSL del 1977; Le fruit défendue ha un acone a forma di mela che vediamo in Dior, Nina Ricci e Lolita Lempicka. Flaconi molto elaborati. Poiret ama molto lo STILE ORIENTALE. Realizza il mantello Confucius, una reinterpretazione del kimono. Diaghilev porta a Parigi per la prima volta nel 1911 Les Ballets Russes con costumi di Leon Bakst di cui Poiret si innamora (non viene molto in uenzato perché aveva già quel gusto). Realizza i pantaloni harem, i turbanti, e propone la donna-odalisca. È stato il primo ad af ancare alle sue s late dei GRANDI EVENTI, come la Festa della Milleduesima Notte, ispirata all’oriente; era uno scialacquatore, tanto che a chi non era vestito in tema venivano regalati i vestiti. Organizza la Festa di Bacco in tema classicheggiante in un padiglione a cui partecipa anche Isadora Duncan, che inaugura sul palcoscenico le mise grecizzanti. Le feste sono occasioni per presentare le sue collezioni. Viene de nito con l’appellativo “il sultano della moda”. Nel 1911 parte per diverse capitali europee insieme alle sue indossatrici per far conoscere i suoi abiti. Va a Vienna ed entra in contatto con la Wiener Werkstätte, comunità di produzione di design, che lancia anche una linea di moda. Poiret lancia anche una LINEA DI DESIGN e nel 1912 crea l’ATELIER MARTINE (nome dell’altra sua glia), un negozio e una scuola di arti 3 fi fi fi fl fi fi fi fl fi fi fi fi fl fi fl fi fi fi fi fi fi fi fi applicate, dove chiamava alcune ragazze per disegnare le carte di arredo. Poiret dichiara nelle sue memorie di aver combattuto “in nome della libertà e per l’ABBANDONO DEL CORSETTO e l’adozione del reggiseno”. Cecil Beaton invece scrive che Poiret non seguiva l’etica o la comodità delle donne, dava solo IMPORTANZA ALL’ESTETICA: “costringeva ad indossare li di perle no al mento e volpi bianche sulle spalle, le in lzava con le piume”. Lancia la linea della jupe entravée, abiti ad anfora così stretti alle caviglie che impedivano quasi di camminare. 1911 illustrazioni di Lepape, gurinista che ha collaborato con Poiret per la realizzazione dei LOOKBOOK da mandare alle clienti. Il suo stile può essere de nito STILE TEATRALE, collabora molto con il teatro e realizza abiti, chiamati ABITI SORBET, nel 1913 per Le Minaret: stile eccentrico ma nelle sue corde. 1913 viaggio in America per promuovere i suoi modelli. Il negozio The Wanamaker presenta la tendenza persiana e orientale di Poiret. 1914 scoppia la Prima guerra mondiale e alla ne della guerra le collezioni di Poiret si fanno più lussuose e elaborate; questo era in contraddizione con il nuovo modello femminile di Chanel e Patou—>periodo di declino. Durante la guerra un glio muore di spagnola, il matrimonio con Denise termina, la sua notorietà c’era ma stava nendo perché Poiret non rispondeva più ai desideri della contemporaneità—>costretto a rimpicciolire il suo atelier e a cominciare a vendere la sua collezione di opere d’arte. 1925 Esposizione internazionale delle Arti Decorative e industriali moderne a Parigi che segna l’inizio dell’ART DÉCO (da arts déco-ratifs): arte geometrica ed essenziale rispetto a quella oreale dell’Art Nouveau. Poiret fa costruire tre grandi zattere sulla Senna dedicate ai profumi, alla moda, e una con un ristorante. Era un buongustaio, amava molto mangiare e ha scritto anche un libro di ricette. Le zattere hanno un grande successo di critica, ma scarso di pubblico. 1925 l’atelier chiude e Poiret muore dimenticato e in povertà. Tuttavia ha in uenzato tanti designer, tra cui Walter Albini, importante designer italiano degli anni 50 che ha coniugato la creatività con la produzione industriale, creando la gura dello stilista. Si ispirano a lui anche Elsa Schiaparelli, Gianni Versace e John Galliano. LUCILE Lucy Christiana Sutherland, in arte Lucile, nasce a Londra nel 1863 da una famiglia di origine scozzese; era una stilista diventata famosa per le TEA GOWNS, abiti lievi da tè usati dalle signore per ricevere in casa. Veste la COCOTTE (prostituta di lusso). Popolarità incontrastata no all’incidente del Titanic del 1912, ma la sua carriera non si interrompe. Con il suo temperamento indipendente e anticonformista, anticipa per molti versi la donna emancipata del primo dopoguerra. Nel 1894 apre a Londra il suo primo atelier e le sue creazioni in CHIFFON e SATIN attraggono celebrità come Anna Pavlova e Lady Churchill. A differenza di Worth, che sceglieva cosa stava bene alla cliente, Lucile era convinta che l’abito dovesse adattarsi alla personalità che lo indossava. Cecil Beaton scrive che “con l’avvento di Lucile, il sottabito nero viene eliminato e vengono usate bellissime modelle per presentare le nuove collezioni”: Lucile spettacolarizza la moda (fa costruire una sorta di palcoscenico nel suo atelier). Viene molto criticata, ma gli affari andavano bene e i suoi abiti indossati senza corsetto sopra a impalpabile lingerie vengono indossati da molte attrici e anche da Isadora Duncan. MARIANO FORTUNY Nasce a Granada nel 1871 e vive la giovinezza tra Roma e Parigi; nel 1889 si trasferisce a Venezia e apre all’inizio del Novecento apre una piccola of cina di stampa e seta. Pittore, scenografo, inventore, fotografo e collezionista; non è un couturier, ma un SARTO-ARTISTA, un personaggio eclettico che ha esercitato una certa in uenza sul costume, primo in Italia a coniugare moda e arte. È stato un artigiano sperimentatore che ha creato anche dei pezzi di moda, che però non risentono della variabilità delle mode. Tra le sue prime creazioni si ricordano i veli e gli scialli stampati con motivi decorativi che si rifacevano all’arte cretese e che lui battezza KNOSSOS. 1909 realizza un tipo di STAMPA POLICROMA utilizzando coloranti naturali, polveri d’oro e argento. Crea l’abito DELPHOS, richiamo alla Grecia e all’Auriga di Del : lungo cilindro confezionato in satin o taffetà di seta plissettata che avvolgeva la gura. L’abito era taglia unica; la casacca senza manica niva con una punta sul davanti e viene chiamata PEPLOS (reminiscenza classicheggiante del nome), riempita di perline di Murano per far spiombare il tessuto. Si cimenta sempre col delphos realizzando alcune varianti: intreccio tra il seno, peplos con punte laterali. Il delphos diventa un suo classico: Lillian Gish indossa il suo abito negli anni Venti, anche Isadora Duncan lo indossa sul palcoscenico. Usa un particolare tipo di PLISSÉ brevettato nel 1909 e che rimane sempre lo stesso. Il plissé era molto leggero e rivelava le forme: i suoi vestiti venivano portati da attrici e donne eccentriche, tra cui Lady Churchill, Eleonora Duse, Sara Bernhardt—> abito vicino al concetto di tea gown: abiti per ricevimenti in casa, non per uscire perché troppo osé. Egli tingeva i suoi tessuti con sfumature. Il plissé è una tecnica che c’è sempre stata, Fortuny non è stato il primo a lanciarlo. a) plissé utilizzato per il Trono di Tutankhamen nel 1300 a.C, durante il Rinascimento con Tiziano e poi Madame Grès nel 1950; b) plissé soleil che si apre con dei raggi viene indossato da Marilyn Monroe in Quando la moglie è in vacanza 1955 nella scena in cui scopre le 4 fi fi fi fi fl f fi fi fi fi fi fl fl fi fi fi fi gambe sulle grate della metro: costume di William Travilla, costumista prediletto della Monroe, comprato in un grande magazzino di New York—>la star non sta più di un piedistallo e non viene più imitata, ma diventa il ri esso di come si veste la gente; il vestito non è stato fatto apposta per lei, era già in vendita. c) plissé usato anche da Krizia 1984, Roberto Capucci 1990, Issey Miyake 1980 con linea Pleats Please, abiti torchons di Nanni Strada, Prada plissé soleil FW 2002. Marcel Proust cita Fortuny nella Ricerca del tempo perduto e anche D’Annunzio in Forse che sì forse che no. MARIA MONACI GALLENGA Continua la ricerca di Fortuny per uno stile puramente italiano. Nata a Roma nel 1880, è nota per il tessuto stampato con una tecnica brevettata da lei che consisteva nell’uso di pigmenti metallici. La stampa dei tessuti - velluto e seta - dai colori preziosi come l’azzurro zaf ro, il viola ametista e il rosso rubino, veniva eseguita a mano con speciali matrici di legno sul pezzo già nito per adattare il disegno alla forma e al taglio del capo. Ha esposto alle mostre della Secessione romana, ha sostenuto il programma ENAPI (Ente Nazionale per l’artigianato e la piccola industria) ed è comparsa sul numero di ottobre 1916 di Vogue America col titolo Ancient Art Meets Modern Fashion Half Way. 1918 apre la Bottega d’Arte Italiana, dove vendeva le proprie creazioni ma organizzava anche mostre di altri artisti. Abiti indossati da signore dell’alta società, come Eleonora Duse. Partecipa all’Exposition Internationale des Arts décoratifs di Parigi 1925 per promuovere il gusto italiano e 1928 fonda a Parigi con Carla Visconti di Modrone la Boutique Italienne, una sorta di vetrina permanente con i migliori prodotti di arte e di artigianato italiano. Il suo archivio viene rilevato da Umberto Tirelli e i suoi abiti vengono usati per le rappresentazioni teatrali. 1980 le Sorelle Fendi scelgono i suoi stampi per una serie di velluti con cui hanno realizzato borse da sera. 2018 mostra in suo onore alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. 5 fi fi fl II. IL PRIMO DOPOGUERRA Rivoluzione. Elda Norchi, futurista, scrive che WW1 è stata la principale forza motrice del progresso femminile—>la DONNA sostituisce l’uomo nelle attività lavorative e il suo abbigliamento si sempli ca: donne operaie con calzoni, contadine, impiegate e infermiere—>aumenta la SCOLARIZZAZIONE, sempre più donne imparano a leggere e a scrivere. 1919 approvazione del disegno di legge Sacchi che liberava la donna dall’autorità maritale; negli US era avvenuta nel 1840 e in UK 1870. LE GONNE SI ACCORCIANO no al ginocchio per PRATICITÀ, le donne mostrano le gambe per la prima volta. C’erano stati momenti storici in cui si poteva far vedere la caviglia come all’epoca di Maria Antonietta, mentre in altre epoche far vedere la caviglia era il massimo della sconvenienza come durante il regno della regina Vittoria e visto che era proibita era diventata un capitale erotico straordinario. La donna ottiene un nuovo ruolo all’interno della società: deve camminare, si deve muovere e deve svolgere lavori diversi; per questo il suo abbigliamento deve essere confortevole. Anni 20: TAGLIO DEI CAPELLI e IDEALE DI FEMMINILITÀ ANDROGINO E SOTTILE (corpo più magro). Copertine e articoli. a) Vogue USA, febbraio 1929 illustrazione in copertina di Lepape: silhouette dritta, naturale, poco costretta. La donna indossa una gonna corta e un maglione—> ABBIGLIAMENTO SPORTIVO inizia a entrare nella moda di tutti i giorni e si dà più importanza alla vita all’aria aperta. James Laver, storico del costume inglese, dice che il materiale del XX secolo è la MAGLIA, perché scalda e si muove insieme al corpo—> COMFORT: una delle chiavi dell’abbigliamento contemporaneo. b) manifesto pubblicitario del pittore Filiberto Mateldi per un magli cio di Como del 1925 mostra non solo dei modelli, ma un’immagine di lifestyle italiano: uomini e donne ben vestiti ma sportivi (sembrerebbe Missoni) con racchette da tennis, sfondo con colline e mare e una macchina di lusso. c) Uno sguardo all'in uenza duratura del tennis sulla moda, Vogue 7 ottobre 2022 di So a Gnoli: Miu Miu e Prada esplorano il mondo dell’active wear e dell’abbigliamento da tennis. Scrive “I due universi sono ormai diventati un tutt’uno”. Il tennis in uenza la moda (Bella Hadid e Kendall Jenner) e le muse del tennis sono in uenzate dalla moda (Serena Williams). Il primo a giocare tra moda e sport è stato Jean Patou negli anni 1920, couturier francese che crea il look di un’icona del gusto dell’epoca, Suzanne Lenglen, che vince a Wimbledon e fa entrare il tennis look in milioni di armadi. 1927 Elsa Schiaparelli debutta come stilista e battezza la sua boutique parigina Pour le sport. Allora in Italia l’ideale atletico era strenuamente e incoerentemente esaltato dalla politica fascista, promotrice al tempo stesso di due opposti ideali estetici: la donna sportiva e l’angelo del focolare. Piero Fornasetti, grande designer che si ispira alla donna femminile per le sue ceramiche e usa il volto di Lina Cavalieri, grande attrice degli anni 20, considerata la donna più bella del mondo; la Cavalieri afferma che auto e aerei non si intonano più con i capelli lunghi e le gonne no alle caviglie. Moda e sport; moda e comfort. La garçonne. Ideale estetico della GARÇONNE (della “giovinotta”)—> donna disinvolta, emancipata e mascolina. Nome scelto perché un bestseller del 1922 scritto da Victor Margueritte era intitolato La garçonne e aveva avuto molto successo perché era scandaloso: parlava di una ragazza molto disinibita che rubava al suo danzato i vestiti, si tagliava i capelli e conduceva una vita molto disinvolta per l’epoca con relazione omosessuali e rimanendo incinta dopo il matrimonio. JEANNE LANVIN Nata a Parigi nel 1867, è la prima couturière che inaugura una LINEA DI MODA PER BAMBINI, Jeune Fille del 1909 dedicata alla glia Marguerite. Il logo creato da Iribe rappresenta in maniera stilizzata Lanvin e la glia mentre vanno a un ballo in maschera. Alla sua morte, Marguerite prende le redini. Anni 90 L’Oréal diventa proprietario del marchio, poi Shawn-Lan Wang e Fosun. Direzione creativa di Antonio Cánovas del Castillo, poi Claude Montana e nel 2001 Alber Elbaz che, dopo aver lavorato da Saint Laurent, riporta il marchio Lanvin al suo antico splendore, dove rimane no al 2015. Secondo Elbaz la bellezza di un capo risiede nei particolari, che costituiscono l’anima. I suoi abiti sono volutamente stridenti e sembrano essere “non niti”: ruche s lacciate di una manica che rivelano l’abilità nella pieghettatura e chemisier di seta impalpabile con chiusure lampo in metallo. JEAN PATOU Nato a Parigi nel 1880, Jean Alexandre Patou apre una casa di moda col suo nome nel 1914; negli anni 20 i suoi ABITI SEMPLICI E SPORTIVI erano conosciuti in tutto il mondo. Usava colori sobri, come il beige e una particolare sfumatura di blu battezzata blue Patou. La sua icona di stile era SUZANNE LENGLEN, nota tennista. Crea il suo logo con le iniziali JP e anche il profumo Joy. Alla sua morte nel 1936 l’attività continua e Jean Paul Gaultier e Christian Lacroix saranno futuri collaboratori della griffe. COCO CHANEL Coco Chanel, Elsa Schiaparelli e Madame Vionnet sono state le più grandi creatrici di moda tra le due guerre. Gabrielle Chanel e Jean Patou sono stati i massimi interpreti del prototipo internazionale della garçonne. Mentre il primo muore prematuramente, Gabrielle diventa la migliore icona del suo stile e “vive abbastanza a lungo da raccontare a generazioni di giornalisti che solo lei aveva il merito di aver vestito le donne in gonna e sweater” ed ebbe un’abilità straordinaria nel creare una potente MITOLOGIA intorno alla sua persona. Anche Karl Lagerfeld era convinto del fatto che Chanel aveva inventato ogni novità sartoriale del XX secolo: scrive che non è stata lei la prima ad aver tagliato i capelli (ma Eva Lavallère), che l’idea 6 fl fi fi fl fi fi fi fi fi fl fi fi fi fi dei bijoux - veri o falsi - per il giorno non era sua (ma di Misia Sert), e anche la petite robe noire non è solo sua, ma anche di Madame Vionnet. Chanel è stata CREATRICE DI MODA: non è nata come couturier, non ha mai disegnato un suo abito, ma prendeva la stoffa, la tagliava, e qualcuno la cuciva. Chanel racconta di adorare le COPIE: “Tutti mi copiano”. Chanel nasce nel 1883 a Saumur in una famiglia molto povera con 4 fratelli, padre venditore ambulante e orfana di madre a 12 anni. Il padre la manda in orfanotro o dove rimane per 6 anni, no ai 18 anni; anni che in uenzano la sua futura visione della moda. Era una raccontatrice di storie formidabile e su di lei è orita un’intera letteratura, anche se non ha mai scritto un libro di memorie. Noi conosciamo la sua vita, ma anche come voleva che la sua vita fosse raccontata (racconta quello che vuole lei). Biogra a L’Irregolare di Emdond Charles-Roux; L’allure de Chanel di PAUL MORAND non parla dell’abbandono del padre, ma dice che è stata cresciuta dalle zie; Valerie Steele, direttrice del Fashion Institute of Technology di New York, scrive che non possiamo prendere per vere le sue affermazioni secondo le quali tutte le invenzioni importanti sono sue, ma che dobbiamo prendere in considerazione anche gli altri artisti suoi contemporanei (collocarla nel contesto). 1901 inizia a lavorare in un negozio di lingerie e biancheria insieme alla zia Adrien a Moulins. Di sera lavorava spesso come CANTANTE e intrattenitrice per i militari; il soprannome “COCO” deriva da un ritornello della canzone Qui qu'a vu Coco?, infatti nel locale tutti la chiamavano Coco (vedi lm Coco avant Chanel). Nel locale conosce ÉTIENNE DE BALSAN, il suo primo amore (e primo amante della sua lunga lista) per il quale lascia anche il lavoro; veniva chiamata a quel tempo “l’irregolare” perché non si trova a sua agio nell’estetica della mantenuta (truccate, gioielli, pettinatura perfetta), mentre lei si vestiva come un ragazzo, aveva i capelli corti, si truccava poco. A quell’epoca frequentava molto sia i militari sia tanti irregolari. Nonostante Balsan non comprendesse il desiderio creativo di Chanel e la sua voglia di lavorare, la assecondò, permettendole di creare cappelli presso il suo appartamento parigino, la sua garçonnière in Boulevard Malesherbes. 1909 inizia la sua carriera realizzando CAPPELLI, molto essenziali rispetto a quelli della sua epoca. In un'epoca in cui vigevano cappelli sontuosi - ricoperti di piume e impossibili da indossare senza l'elaborata struttura di sostegno, chiamata Pompadour - i cappellini di paglia di Chanel, ornati da semplici ori in raso o singole piume, scioccarono. Chanel provava “orrore” per quei cappelli. Conosce poi BOY CAPEL e si innamora di lui, considerato l’amore della sua vita. Confessa a Paul Morand che dopo la sua morte non l’ha mai dimenticato. Capel apre per lei una modisteria in Rue Cambon 31 ed esordisce come MODISTA. Confessa a Morand che non amava parlare e fare marketing (cosa non vera perché è stata la più grande donna in marketing). Capel la introduce alla sua rete di amicizie, Chanel si crea una clientela e i suoi cappelli vengono indossati alle corse e Chanel appare in riviste. Capel allora apre per lei un’altra boutique nel 1913 nella località balneare di Deauville. Guardando l’abbigliamento dei marinari, Chanel crea il suo primo MAGLIONE ispirandosi alla maglia dei marinai. La MAGLIA era importante negli anni Venti perché si modi cava ed era comoda sul corpo, al contrario della stoffa che era rigida. Non era la moda delle principesse e delle regine che gocciolava dall’alto verso il basso, ma prende un indumento del popolo e lo fa diventare un indumento alto di boutique—>concetto del BUBBLE-UP: prende un pezzo della moda di strada e lo trasforma in un capo di moda (come lo street style). Rivisita al femminile i BLAZER e la GIACCA blu di Capel. Janet Flanner scrive: “Chanel ha lanciato “la moda povera”, ha fatto entrare al Ritz i maglioni dei teppisti, ha reso eleganti colletti e polsini da cameriera e foulard da bracciante, ha vestito le regine con tute da meccanico”. Chanel disprezza Paul Poiret, i suoi colori, la sua eccentricità e la sua stravaganza. “Perché siete vestite da lutto?” “Pour vous, Monsieur”. Nel 1914 scoppia la guerra e Chanel decolla. Le famiglie più ricche della Francia trascorrevano l’estate a Deauville, dove le signore potevano acquistare cappellini ed abiti leggeri da Chanel. Nel 1916 inizia a creare anche capi di abbigliamento. Rivoluzione dell’uso del JERSEY per capi di moda, materiale prima usato per i capi intimi; racconta a Morand che l’ha inventato lei (non è vero): libera il corpo e abbandona il girovita (ripreso nel 1930). Per la produzione del jersey lavorato a macchina si rivolge a Jean Rodier, un proprietario di una manifattura tessile, che non credeva nel suo progetto e si ri uta di venderle il poco tessuto rimasto durante la guerra. La sua maglia fatta a macchina, invece, ebbe un successo straordinario. Nel 1916 un modello in jersey compare su Harper’s Bazaar con la dicitura The charming chemise dress che viene subito copiato. Nel 1917 Chanel con l'aiuto di Capel riuscì ad ampliare le sue attività di Parigi e di Biarritz. Alla ne della Prima guerra mondiale era ricca, ma era pur sempre un’irregolare, quindi non una donna tradizionale da sposare: Boy Capel non la sposa mai perché la sua famiglia non avrebbe mai tollerato un simile matrimonio e sposa una lady inglese. Nel 1919 Boy Capel muore in un incidente stradale; per Chanel è stato un grande colpo. Si chiude quindi la prima fase della sua vita. Chanel in seguito conosce DIMITRI PAVLOVICH che diventa un suo amante: russo, nobile, imparentato con gli zar, profugo della rivoluzione russa del 1917, arrivato a Parigi senza soldi con gioielli cuciti nei suoi abiti. Tuttavia era molto ben accettato in tutti i salotti aristocratici parigini. Chanel conosceva tutto il mondo intellettuale parigino (Diaghilev, Jean Cocteau, Picasso), ma non quello aristocratico: Dimitri la porta nei saloni della grande aristocrazia e lei lo manteneva. Nel 1921 Dimitri le dà l’idea di lanciare dei profumi e le presenta un naso francese (professione del profumiere) chiamato Ernest Beaux e lo incarica di realizzare un profumo. Realizza quindi cinque tipi di profumi diversi e Chanel apprezza solo il campione numero cinque: il profumo quindi passa alla storia come CHANEL NO 5. Diana Vreeland racconta della storia del 7 fi fi fi fi fi fi fi fi fi fl profumo nel suo libro di memorie DV. Tipo di acone: no forme oreali dell’Art Nouveau, no tappo di lacca di Poiret—> bottiglia semplice ed essenziale, molto simile a un acone di farmacia; nome non sognante come quelli di Poiret, ma con un numero (vediamo il suo amore per la sintesi). All’epoca era rivoluzionario perché era un profumo dove non spiccava un’essenza in particolare (rosa, tuberosa, gelsomino), ma era un cocktail elaborato con ori e ingredienti chimici—> soprannominato come profumo astratto. La boccetta oggi continua ad essere sempre la stessa. Marilyn Monroe 1955 dice che va a dormire solo con due gocce di Chanel n5 (prima testimonial involontaria di Chanel). 1926 lancia la PETITE ROBE NOIRE, il piccolo abito nero: essenziale, semplice, vita non segnata, lunghezza al ginocchio. Così tanto clamore che nel numero del 10 ottobre 1926 Vogue lo paragona all’ultimo modello della Ford per essere svelta, pratica e moderna. Paragone moda-automobile molto presente anche in futuro. Lei ha lanciato il primo abito nero con la foggia degli anni Venti, prima ce n’erano stati altri. Inizia una relazione con il DUCA DI WESTMINSTER, inglese molto eccentrico e ricco che le faceva regali straordinari, come le primizie del suo orto insieme a pietre preziose. Chanel ha sempre preso molto dai suoi uomini in termini di abbigliamento, dal duca ha imparato ad amare il TWEED SCOZZESE, col quale ha realizzato molti dei suoi tailleur. Chanel era la migliore indossatrice delle sue creazioni. Introduce i PANTALONI FEMMINILI soprattutto per il mare. È stata una delle prime (lei dice la prima) a creare la PRESS RELEASE, cartelline che venivano e ancora vengono poste sulle sedie degli ospiti della s lata, soprattutto per quelli della stampa, che raccontano quello che è lo spirito di quella s lata. Prima gli abiti avevano i nomi, ora solo in Dior e Valentino. Sulle cartelline Chanel indicava il NUMERO DELL’ABITO e il PREZZO per facilitare gli acquisti con i clienti. Chanel con da che altri stilisti hanno iniziato a copiare la sua idea originale. Visione della moda di Chanel: per Chanel un abito non è un’opera d’arte eterna, ma una DELIZIOSA ED EFFIMERA CREAZIONE. La moda deve morire in fretta perché deve rinnovarsi per riuscire a vendere altro. È una collaborazione della sarta e del suo tempo. La moda non è un’arte, ma un mestiere. Durante il concepimento dell’abito, Chanel partiva dalle spalle (ossessione per i couturier come Balenciaga). Negli anni Trenta lancia una linea di GIOIELLI con DIAMANTI e PERLE. “Niente somiglia a un gioiello falso quanto un bellissimo gioiello”: i gioielli devono essere talmente belli da sembrare falsi. Il valore dei gioielli per Chanel non era economico, ma ornamentale, non è qualcosa che si esprime in carati; non era importante avere un gioiello vero, infatti produceva anche gioielli falsi. “Un gioiello non è fatto per provocare invidia, al massimo stupore”. FULCO DI VERDURA, duca siciliano, designer e amico di Gabriella de Robilant, diventa negli anni 30 il suo disegnatore di gioielli e reinterpreta la croce maltese. Dopo Chanel, va a New York dove realizza gioielli veri ma con un gusto colorato. Al culmine della fama la maison Chanel contava 4000 lavoranti e vendeva 28000 modelli l’anno. 1939 allo scoppio della Seconda guerra mondiale e dopo l’occupazione tedesca di Parigi, la capitale della moda si ritrova isolata. Le sartorie chiudono, tra cui Chanel, ma non per protesta. Chanel inizia una relazione con l’uf ciale nazista Hans Gunther von Dincklage, detto “SPATZ” (ombra nella sua vita); nel 1945 non può tornare a Parigi ma rimane in ESILIO VOLONTARIO in Svizzera. Nel 1954 RIAPRE L’ATELIER A PARIGI (dopo 15 anni). 1954: una degli azionisti è stata la famiglia Wertheimer, attuale proprietaria della maison: il nonno, Pierre Wertheimer e il fratello Paul fecero un accordo con Coco nel 1924, fondando la Société des Parfums Chanel e nel 1954 presero possesso di tutta la maison. Chanel negli anni 50 rientra in pieno periodo New Look con una SILHOUETTE VERTICALIZZANTE E MINIMALISTA che ricorda gli anni Venti, in contrasto con la silhouette New Look a clessidra e romantica. Lancia il celebre TAILLEUR SENZA COLLO, indossato da Jacqueline Kennedy, Diana Vreeland e Grace di Monaco. Dopo qualche stagione lo stile di Chanel si impone nuovamente. 1955 febbraio propone la BORSA 255 in nappa matelassé con tracolla in metallo dorato che diventa una delle pietre miliari dello stile Chanel che verranno interpretate molte volte. 1957 Neiman Marcus Award. Negli anni Settanta, Chanel era percepita come il cliché della ricca borghesia e odiava tutto quello che non aveva fatto lei; considerava tutti rivali, tra cui Poiret, Vionnet, ma soprattutto Elsa Schiaparelli. Alla morte di Chanel, avvenuta una domenica del 1971, la maison Chanel diventa proprietà dei Wertheimer. Per un periodo i collaboratori di Chanel hanno continuato il suo lavoro, ma negli anni Ottanta i Wertheimer af dano la maison a KARL LAGERFELD, stilista tedesco con personalità multiforme e collaboratore di Fendi dal 1965, Chloé, e griffe meno importanti come Tiziani. Dalla morte di Lagerfeld la direttrice di Chanel è diventata VIRGINIE VIARD, collaboratrice stretta di Chanel sin dagli anni Ottanta. MADELEINE VIONNET Vionnet non era affascinante come Chanel e neanche chic come Schiaparelli, non era mondana e non le è mai importato di vestirsi bene. Diana Vreeland la considera come “la sarta più importante del Ventesimo secolo” (a livello di innovazioni sartoriali). Nata nel 1876 a Parigi da una famiglia modesta, a 11 anni inizia a lavorare come APPRENDISTA SARTA (a differenza di 8 fi fi fi fl fl fl fi fi fi Chanel e Schiaparelli che non cucivano): formazione da vera couturier, impara tutti i segreti del mestiere. Inizio 900 si trasferisce in una Londra caratterizzata da busti e crinoline, dove viene incantata dagli abiti peplo di Isadora Duncan. Diventa pioniera del movimento di liberazione dell’abbigliamento femminile e dopo il divorzio e dopo aver perso la sua unica glia entra in contatto con le Suffragette. Inizia a lavorare nella sartoria di Kate Relly, specializzata nella riproduzione di modelli francesi. Poi si trasferisce a Parigi alla maison di MADAME GERBER, la quale “le ha insegnato a fare le Rolls Royce, altrimenti si sarebbe fermata alle Ford” (frecciata a Chanel e paragone moda-macchine) e poi nel 1907 lavora come MODELLISTA da Jacques Doucet (maestro di Poiret), ventata di aria fresca per la maison tanto che Doucet le dà carta bianca. Si batte per la liberazione dal corsetto nello stesso periodo in cui Poiret li abolisce (per motivi estetici e non etici). Articolo di Bruce Chatwin che nel 1973 incontra Madame: Vionnet non sopportava i corsetti e non poteva far soffrire le altre donne, per lei erano una cosa ortopedica—> rimuove il busto per etica. Vionnet de nisce Poiret come “non un couturier, ma un costumier che andava bene per il teatro”. 1912 apre la sua maison ma con la guerra si trasferisce a Roma, dove conosce THAYAHT, artista futurista italiano che le realizza il LOGO VIONNET (1919 idea la tuta), costituito da un peplo greco, una colonna ionica e un cerchio. Vediamo geometria, classicità, essenzialità e una persona che tiene in mano il peplo. Dal logo si capisce il suo stile, un mix tra classicità e modernità, intesa come comodità per il corpo (anche nell’Antica Grecia i vestiti non stringevano il corpo). Nella sua opera trapelano l’amore per la CLASSICITÀ, la MODERNITÀ e EMANCIPAZIONE FEMMINILE. Collabora con Thayaht per la realizzazione di illustrazioni dei suoi abiti su riviste, come La Vague per La Gazette du bon ton 1923: donna che nuota in costume da bagno (tema dello sport importante in questi anni anche per Schiaparelli). 1923 atelier in Avenue Montaigne, dove le sue lavoranti erano trattate con il massimo rispetto (al contrario di Chanel): all’interno aveva fatto costruire asilo, infermeria, refettorio, palestra. Vionnet era la “MAGA DELLO SBIECO”: il taglio in sbieco è una tecnica di sartoria che permette al sarto di rendere il tessuto più malleabile e creare morbidezze; per sbieco si intende l’unico punto in cui può subire delle deformazioni grazie ad un potenziale elastico elevato. Questa tecnica spreca molta stoffa e rende l’abito più dif cile da cucire. Vionnet non disegnava abiti, ma era nota per gli ABITI A DRAPPEGGIO che mostravano tutte le forme del corpo: venivano drappeggiati direttamente su un manichino utilizzando i nodi (non amava cuciture, ganci e bottoni). Chatwin racconta che i suoi abiti sembravano fatti di niente, non avevano imbottiture o rinforzi e si af osciavano sulla stampella; quando le sue clienti acquistavano i suoi abiti, si facevano accompagnare dalle loro domestiche af nché imparassero a drappeggiarli. Inizia a vendere ABITI ONE SIZE con l’orlo sfatti da adattare alla cliente. Non ama le copie. È stata la prima a usare il COPYRIGHT sui suoi modelli: ogni modello veniva fotografato e su ogni etichetta c’era l’impronta digitale di Vionnet in persona. La sua maison produceva una quantità di abiti che era il doppio rispetto a Dior. 1939 allo scoppio della Seconda guerra mondiale si ritira e nel 1952 dona il suo archivio all’Union Française des Arts du Costume, a cui si dedica in modo attivo. Viene stimata da tutti, come Dior, Galliano, Lagerfeld e Balenciaga; mentre lei li ricambiava con suf cienza (tranne Cristobal Balenciaga, suo grande amico). Muore nel 1975; è stata una delle tre icone di questi anni insieme a Chanel e Schiaparelli, la più anziana ma la più longeva. Le battaglie della moda. Anni Venti la Francia dettava ancora le regole della moda. 1919 Roma: Primo congresso nazionale dell’industria del commercio dell’abbigliamento, che non ha avuto successo. LYDIA DE LIGUORO nel 1919 fonda la rivista LIDEL (iniziali del suo nome e di lettura, illustrazioni, disegno, eleganza, lavoro): rivista patinata e di lusso, che nasce sotto l’accento dell’italianità. Aderisce al Fascio femminile nazionale di Milano; viene lodata dal Duce perché avevano come obiettivo comune l’affermazione italiana nel mondo. Si batte contro lo sfarzo e l’importazione straniera. Lidel chiude nel 1935. Altre iniziative sono quelle della contessa Rucellai per l’adozione della tuta, di Marinetti con il manifesto Contro il lusso femminile e della rivista La Chiosa per l’adozione unica del tailleur. Nascono i grandi magazzini, come la Rinascente (nome dato da Gabriele d’Annunzio), la UPIM e Standard che avevano una clientela ricca. I magazzini Bocconi sono stati i primi grandi magazzini italiani. FUTURISMO E THAYAHT Per i futuristi - Balla, Depero, Thayaht e Marinetti - la moda era un’arte. Esaltavano la stravaganza, la genialità, l’economia, la dinamicità, i colori accesi, le spirali e le linee centrifughe; volevano superare le tradizioni borghesi. Vari manifesti: Manifesto futurista del vestito da uomo e Il vestito antineutrale di Balla, Manifesto della moda femminile futurista di Volt, Contro il lusso femminile e Manifesto futurista del cappello italiano di Marinetti, Manifesto per la trasformazione dell’abbigliamento maschile di Thayaht, Manifesto futurista sulla cravatta italiana, L’abito della vittoria di Depero. Battaglia per l’abbandono dei materiali costosi e l’utilizzo di gomma, carta, stagnola, canapa, pelle di pesce; erano contro la mania morbosa del lusso, gioielli, stoffe, sete, profumi. Collaborazioni: Schiaparelli e Dalí, Chanel e Cocteau, Vionnet e THAYAHT, il creatore della TUTA e illustratore di Vionnet e creatore del suo logo: poca stoffa che viene utilizzata tutta senza spreco e veloce da indossare (economia di tessuto, di fattura e di tempo); comodità, benessere, abilità di movimento. Pubblica la planimetria della tuta sulla Nazione. La tuta però diventa un capo d’élite (vedi ballo della contessa Rucellai). Propongono il CAPPELLO AERODINAMICO. 9 fi fl fi fi fi fi III. ANNI TRENTA Silhouette della DONNA SIRENA con il punto vita in evidenza, il seno in risalto e le gonne no al ginocchio. Donna madre. MUSSOLINI e FASCISMO in Italia. Il regime presta attenzione alla NAZIONALIZZAZIONE (nazionalismo come peculiarità del fascismo) della moda per un motivo economico, non solo nazionalistico; arginare le importazioni estere. 1930 due MATRIMONI importanti per pubblicizzare la moda italiana: uno era quello del glio del re Umberto di Savoia si sposa con la principessa belga Maria José, che indossa un abito italiano della sartoria Ventura (sartoria uf ciale di Casa Savoia), propagandato dal regime su tutte le riviste di moda. L’altro era quello tra la glia del Duce Edda Mussolini con il conte Galeazzo Ciano del 4 maggio 1930, con l’abito realizzato dalla sartoria Montorsi. Si diffondono le riviste femminili, tra cui Annabella, Grazia, Bellezza, e le fascistissime Vita femminile 1922 e Dea 1933 che cercano di imporre una moda nazionale servendosi della censura dei creatori di moda francesi per far apparire solo quelli italiani. Tuttavia, le donne più abbienti continuavano a leggere Vogue, Marie Claire, Harper’s Bazaar e compravano abiti di sartoria francese attraverso la Svizzera. La rivista più importante era LIDEL fondata da Lydia De Liguoro che propone la campagna anti- magrezza: il regime non amava la garçonne la “donna crisi” perché non riusciva a procreare una prole sana e forte a vantaggio della patria. La donna doveva essere SPOSA e MADRE ESEMPLARE, snella ma non magra; ma anche forte per la maternità. Il regime sconsiglia qualsiasi unione con donne alte e magre. Dall’altra parte, il regime propone lo sport: la DONNA SPORTIVA diventa una moda di quegli anni. Lo sport portava al miglioramento dell’aspetto sico: si organizzavano gare e concorsi di sci, vela, nuoto e tennis. Vedi rivista del 1940 con un disegno di Esther Sormani; illustrazione di John Guida con donna che indossa maglione e pantalone da sci; Valstar fotografa una divisa da sci nel 1938; la Chiesa condanna la donna sportiva, perché lo sport e la frivolità della moda attirano la donna fuori casa. Tuttavia, le donne degli strati più umili e arretrati erano escluse dallo sport e dalla scolarizzazione. Illustrazione e pubblicità di Dudovich 1934: donna formosa che va alla sua auto in modo dinamico. Si legge “Fiat, la nuova Balilla per tutti. Eleganza della signora”. Femme fatale hollywoodiana. Negli stessi anni il CINEMA HOLLYWOODIANO diventa il maggiore veicolo di diffusione della moda, oltre alle riviste. L’esclusiva mitizzazione del Duce imposta dal regime porta alla mancanza dei miti in Italia. Le STAR HOLLYWOODIANE si impongono come modelli da imitare ed emerge la gura del COSTUMISTA che in quegli anni, diceva Head, “aveva la stessa importanza della star”. Parigi non amava i costumi di Hollywood per la loro volgarità; i costumisti infatti non potevano ispirarsi ai modelli francesi perché tra l’inizio della lavorazione di un lm e la sua uscita al cinema trascorrevano mesi, quindi dovevano predire le fogge del futuro. Gli abiti di Adrian, Travis Banton e Edith Head facevano sognare migliaia di donne che, dopo aver visto un lm con la loro eroina preferita, volevano indossarli. In America vengono creati i REPARTI CINEMA nei grandi magazzini, dove si potevano acquistare le collezioni a prezzi accessibili (15-35 $) e con materiali meno pregiati; il Modern Merchandising Bureau faceva realizzare gli abiti in modo tale che all’uscita del lm fossero messi in vendita. EDITH HEAD veste Hepburn in Vacanze Romane con abiti new look e Grace Kelly negli anni 50. ADRIAN, capocostumista della Metro Goldwyn Mayer, dà vita ai look di JOAN CRAWFORD, famosa per le grandi spalle dei tailleur e il trucco delle labbra, e di GRETA GARBO, che lancia il cappello a cloche, il trench foderato di lana a disegno scozzese e l’acconciatura “alla paggio” che impone la media lunghezza togliendo il problema della ricrescita (prima o garçonne o trecce). Adrian lascia la MGM e apre un atelier a Beverly Hills. TRAVIS BANTON, capocostumista della Paramount, realizza i look per MARLENE DIETRICH, tra cui il tailleur dal taglio maschile, ispirazione per Saint Laurent e Giorgio Armani. CINEMA ITALIANO DEI TELEFONI BIANCHI: un genere italiano che si chiama così perché copia la commedia so sticata hollywoodiana, dove l’arredamento era sfarzoso con un telefono bianco in un angolo—>status symbol per marcare la differenza dai telefoni "popolari" in bachelite e di colore nero, più economici e più diffusi. In Italia i lm erano più provinciali e parlavano di intrighi d’amore e vincite alla lotteria. CONTESSA DI PARMA di BLASETTI è una commedia dei telefoni bianchi importante perché fa grande pubblicità della moda italiana: nazionalizzazione della moda italiana e ridicolizzazione della moda e della lingua francese. Sin dai titoli di testa viene sottolineato che gli abiti erano di Mary Matté, le pellicce di Viscardi, tutti provvisti della marca di garanzia dell’Ente. Parla della storia d’amore tra un’indossatrice e un calciatore, su uno sfondo di un atelier di moda torinese; il direttore viene ridicolizzato perché amava la moda francese. Viene esaltata la zia italiana. Ci sono una serie di equivoci. ELSA SCHIAPARELLI Per Schiaparelli “disegnare abiti non è una professione, ma un’arte. Una delle più dif cili e deludenti perché appena il vestito è nato, già appartiene al passato. Un vestito non rimane attaccato al muro come un quadro e nemmeno conduce la lunga esistenza intatta e preservata di un libro”. Per Schiaparelli, al contrario di Chanel, l’abito è un’OPERA D’ARTE. Schiap non nasce come couturier, non era una sarta e non cuciva, ma era una donna di grande gusto che sapeva impartire gli ordini e 10 fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi dire ai suoi collaboratori cosa realizzare. Acerrima rivale di Coco Chanel, Elsa Schiaparelli nasce nel 1890 a Roma da una famiglia ricca e intellettuale di origine piemontese: il padre era un traduttore di opere orientali e bibliotecario dell’Accademia dei Lincei di Roma a Palazzo Corsini; lo zio era un grande astronomo e direttore dell’Osservatorio di Brera; il cugino era un famoso archeologo che aveva scoperto la tomba di Nefertiti e fondatore del Museo Egizio di Torino. Elsa ha scritto il suo libro di memorie SHOCKING LIFE, pubblicato nel 1954 dopo la chiusura dell’atelier. Si tratta di un’autobiogra a scritta in prima e terza persona dove racconta la sua vita dall’infanzia, soprattutto il dif cile rapporto con la madre che la metteva a confronto con la sorella con i suoi commenti sprezzanti (non era particolarmente bella). Soprannominata Schiap, sin da piccola era una ragazza fuori dalle righe, non possedeva la bellezza e l’eleganza di Chanel. Scrive nelle sue memorie che un giorno decide di piantare dei semi nella bocca e nella gola per avere la faccia piena di ori e sentirsi più bella, ma ha rischiato di soffocare. È sempre stata molto eccentrica, da ragazza ha persino scritto delle poesie erotiche: il manoscritto viene mandato a un editore che lo pubblica come libro. La sua famiglia lo viene a scoprire e la manda in un convento in Svizzera per scontare i suoi peccati. 1913 a Londra conosce il conte inglese WILLIAM DE WENDT, un nobile squattrinato, vegetariano, intellettuale, e dopo un mese, nonostante la famiglia fosse contraria, si sposano. Allo scoppio della Prima guerra mondiale vanno a vivere a Nizza, ma nel 1915 partono per New York; sulla nave conoscono GABRIELLE PICABIA, moglie dell’artista Francis Picabia. A New York Schiaparelli inizia a frequentare il circolo dei surrealisti di Picabia, Man Ray e Duchamp. Il marito diventa dipendente da alcol e donne; il denaro inizia a scarseggiare. Quando scopre l’ennesimo tradimento del marito (con Isadora Duncan), mette ne al matrimonio e inizia a lavorare per mantenere se stessa e la loro glia Gogo. Inizia a vendere i capi nel negozio di Nicole Groult, sorella di Poiret, per proporre i suoi modelli all’alta società francese. Gabrielle Picabia torna a Parigi e spinge Elsa a tornare a Roma, che però non è convinta a causa del clima chiuso della capitale (donna separata con glia mal vista dalla famiglia); 1922 va quindi a Parigi, senza soldi e ospitata da Gabrielle, dove incontra PAUL POIRET durante il suo periodo di tramonto. Un giorno nell’atelier Poiret le regala un cappotto e rimane molto impressionata dalla sua generosità (vedi Festa delle mille e due notti dove regalava abiti); Elsa lo ricorda come un maestro. Si avvicina alla moda. Schiaparelli decide di debuttare nella moda con abiti sportivi. Il suo primo primo capo sono i MAGLIONI FATTI A MANO (come Chanel ma con i maglioni fatti a macchina). Viene ricordata per i MAGLIONI TROMPE L’OEIL, che ingannano lo sguardo, perché da lontano sembrano dei maglioni con un FIOCCO appoggiato. Apre il suo atelier, battezzato POUR LE SPORT a n. 4 Rue de la Paix, perché inizia con un abbigliamento per il tempo libero (rest fashion); l’atelier sembrava quasi una barca, con corde su cui erano appese sciarpe, cinture e maglioni. Inizia a realizzare i primi TAILLEUR con silhouette a triangolo molto rigida. Lancia le spalline, ma non hanno successo. Vengono copiate da Adrian, costumista del Metro Goldwyn Mayer, che le realizza per Joan Crawford, che ha una silhouette maschile e tozza. Decide di enfatizzare le sue spalle grandi con spalle ancora più grandi per farle sembrare nte e rendere la vita più sottile, riscuotendo un clamoroso successo. I capi di Schiap vengono de niti “HARD-CHIC” e viene soprannominata come il “falegname della moda” per il suo taglio così netto. 1934 il Time le dedica una copertina, ancora più di prestigio visto che è un magazine di attualità e non di moda. Dopo il grandissimo successo, 1935 trasferisce il suo atelier a Place Vendôme, una delle più famose di Parigi; diventa famosa per la formula “pronto da portare via subito”. È stata una grande sperimentatrice di MATERIALI AVVENIRISTICI del futuro, non adatti alla moda del momento, come le cape de verre 1935. È stata anche la prima a ideare le COLLEZIONI A TEMA e a trasformare le s late in veri e propri spettacoli con musica, illuminazione e danze anticipando tendenze che oggi sono routine. In uenzata da Paul Poiret, Schiap amava i colori accesi e i contrasti audaci. 1935 collezione STOP, LOOK AND LISTEN dove lancia le CHIUSURE LAMPO A ZIP (invenzione non sua) come elemento decorativo sui suoi abiti, innovazione che ha anticipato il punk. Fa parte della collezione anche l’ABITO IN “VETRO” rosa (materiale che ricorda il vetro), in mostra a Parigi al Musée des Arts Décoratifs. 1935 crea un tessuto con STAMPA A CARTA DI GIORNALE, utilizzato per realizzare abiti con stampe con giornali scritti su lei. Si ispira ai cappelli a barchetta di carta dei pescatori di Copenhagen. 1937 collezione PAPILLONS, dove le farfalle dominano sull’abito, come bottoni e guarnizioni di cappelli. SS 1938 collezione CIRQUE. Cavallini ed elefanti da circo, bottoni stravaganti a forma di acrobati, cigni, conigli, cani, scimmie. Ricami raf nati realizzati da Lesage. Schiap non ha perso nessuna delle sue clienti all’antica e tradizionaliste, anzi si guadagna nuove acquirenti tra cui tutte le star. FW 1938 collezione Zodiaco dedicata all’astrologia (zio proprietario dell’osservatorio). Marlene Dietrich, attrice e una delle sue grandi clienti, indossa una giacca della collezione. Realizza un mantello con un sole. 11 fi fi fl fi fi fi fi fi fi fi fi Collaborazione con SALVADOR DALÍ (in uenza surrealista): foto con Dalí nella quale porta una spilla dell’Orsa Maggiore e la moglie Gala Dalí indossa un collier pieno di stelle della collezione. Schiap inaugura il RAPPORTO TRA FASHION DESIGNER E ARTISTA; con lei l’arte entra nella moda. 1936 La Venere con cassetti di Dalí raf gura una donna composta da cassetti è una scultura a cui si ispirano Schiap e Dalí per realizzare un cappotto simile: i cassetti con i quali Dalí voleva indagare all’interno del corpo femminile vengono riproposti sotto forma di tasche a rilievo con pomelli su cappotti e tailleur; realizzano anche cappelli a forma di corona. 1938 lanciano l’abito a scheletro, con imbottitura sulla spina dorsale che ricorda le ossa. 1937 ABITO ARAGOSTA di Schiap e Dalí: abito di chiffon bianco con un dipinto di un’aragosta. L’abito debutta come parte della collezione Estate/Autunno 1937 di Schiaparelli, e diventa ancora più iconico quando venne incluso nel corredo nuziale di Wallis Simpson, moglie di Edoardo VIII, poco prima del suo matrimonio con l'ex monarca britannico (scatto del 1937 di Cecil Beaton). Per Dalí le aragoste avevano una simbologia sessuale: si fa fotografare avvinghiato a una donna nuda con un’aragosta che copre le parti femminili suscitando scalpore. Schiap amava i doppi sensi. Altro progetto di Schiap e Dalí è il CAPPELLO SCARPA che nella cultura psicanalitica rimanda sempre alla sessualità, quella femminile data dall’interno e quella maschile dal tacco. Il tacco è spesso rosso: sessualità ma anche conoscenza della storia in riferimento ai tacchi maschili rossi dell’epoca di Luigi XIV. La sperimentazione del divano a forma di bocca di Dalí e che era in bella vista in colore rosa shocking all’interno dell’atelier di Schiap, ispira il tailleur con tasche ri nite da BOCCHE. Collaborazione con COCTEAU: SOPRABITO con parte posteriore pieno di pieghe che fanno assomigliare l’abito a una colonna, in cui due pro li si incontrano formando una coppa di rose, ore prediletto di Poiret. 1937 giacca grigia con pro lo di donna con capelli ricamati da Lesage. Schiap ispira anche Adrian che realizza per Greta Garbo un cappello molto eccentrico a forma di vaso capovolto che ricorda quelli di Schiap. Adrian si appropria della sua estetica surrealista soprattutto nel lm The Women 1939, storia di donne dell’alta società che passano il tempo in modo frivolo, in cui vi è una s lata della durata di 5 minuti, l’unica parte a colori del lm. Negli anni 30 Schiap si avvale di un calzolaio di origini italiane André Perugia per la realizzazione di scarpe guarnite in pelliccia. 1937-38 Schiap lancia il PROFUMO SHOCKING, contenuto in un acone a forma di silhouette femminile piena di ori disegnato da Leonor Fini e ispirato al busto di Mae West, attrice che la sarta aveva da poco vestito sul set del lm di Edward Sutherland Every Day’s a Holiday. I ori ricordano l’episodio dei ori da piccola; ha in uenzato anche Dalí nel 1939 realizza Donna con testa di ori. La scatola era di cartone foderata all’interno di raso rosa shocking e sopra il busto di donna vi era una campana di vetro con un pizzo stampato che ricorda i pizzi della carta dei pasticcini (molto kitsch). Ricorda nelle sue memorie la scelta del nome: un colore brillante, sfrontato e pieno di energia. Da lei deriva il ROSA SHOCKING, suo colore preferito (anche autobiogra a chiamata Shocking Life). 1934 il primo profumo era Salut ( ssa nel chiamare i profumi con la S) con un acone più semplice ma particolare perché inscritto in una scatola di sughero. 1938-39 altro profumo è Sleeping, a forma di candela un po’ pornogra co, in azzurro shocking. 1939 lancia Snuff, profumo maschile contenuto all’interno di un acone a forma di pipa. 1946 Le Roy Soleil con acone progettato da Dalí a forma di sole. 1948 Zut! con acone con parte inferiore del corpo della donna, dal punto vita alle cosce, e appoggia su un piedistallo con le stelle. Insieme al profumo vendeva anche una giarrettiera. 12 fi fi fi fl fi fl fi fi fl fi fi fi fi fi fl fi fl fi fl fi fi fi fl Realizza anche BIJOUX molto eccentrici: bottoni a forma di acrobata, collier di resina trasparente con degli insetti inscritti all’interno, giacca con ricamati degli insetti (collezione Pagana 1937). I suoi bijoux, realizzati in collaborazione con JEAN SCHLUMBERGER, Elsa Triolet e Jean Clement, avevano come soggetti scarafaggi, libellule e aspirine. 1936-37 spilla surrealista per la s lata di Donne. Fulco di Verdura per Chanel e Schlumberger per Schiap facevano gioielli con pietre colorate preziose con valore inferiore al diamante, zaf ro e rubino perché facevano una gioielleria di moda. Quando vanno a New York, entrambi iniziano a realizzare linee di gioielli e Schlumberger diventa direttore creativo di Tiffany. Portano le caratteristiche dei bijoux all’alta gioielleria come i colori accesi e le grandezze delle pietre. Realizza i guanti trompe l’œil, che sembrano essere una mano con unghie rosse in pelle di pitone. 1937 caricatura su rubrica Impossible Conversation di Vanity Fair di Schiaparelli insieme a Stalin: rubrica in cui prendevano due noti personaggi messi a fronte in un’intervista impossibile tra loro due che non si erano mai conosciuti e che avevano interessi diversi. 1940 Neiman Marcus Award. Durante la Seconda guerra mondiale Schiap non chiude mai il suo atelier e fa avanti e indietro tra Stati Uniti e Parigi; compra una casa in Tunisia, dove resta a lungo dopo aver chiuso l’atelier nel 1954 e pubblica le sue memorie. Data importante perché nello stesso anno Chanel rientra nella moda dopo la guerra. Non riapre più e muore nel 1973. Dall’ultima pagina di Shocking Life: 1. Dal momento che molte donne non conoscono se stesse, dovrebbero innanzitutto provare a farlo. 2. Una donna che compra un abito costoso e poi lo cambia, spesso con risultati disastrosi, non è altro che una pazza con le mani bucate. 3. La maggior parte delle donne (e degli uomini) non hanno minimamente il senso del colore. Quindi, dovrebbero farsi aiutare. 4. Ricordate: il 20% delle donne soffre di un complesso di inferiorità e il 70% vive di illusioni. 5. Il 90% delle donne ha paura di farsi notare e teme il giudizio altrui. Quindi comprerà abiti tendenti al color grigio topo. E invece dovrebbe ambire ad apparire diversa. 6. Le donne dovrebbero chiedere e ascoltare suggerimenti e critiche di persone competenti. 7. La cosa migliore è scegliere i vestiti da sole o, al massimo, in compagnia di un uomo. 8. Mai andare a fare shopping con un’altra donna che a volte, consapevolmente o meno, può esprimere una certa gelosia. 9. Bisogna acquistare pochi capi che siano i migliori o i più economici. 10. Mai adattare un abito al proprio corpo, ma allenare il sico ad adattarsi all’abito. 11. Una donna dovrebbe fare shopping principalmente nello stesso negozio dove è conosciuta e rispettata e non entrare in qualunque boutique inseguendo la moda del momento. 12. E’ importantissimo e fondamentale, dev’essere lei a pagare il conto. Griffe rilanciata da Diego Della Valle nel 2006, che possiede anche Hogan (sneakers con tacco), Tod’s, Fay (giacche), e Roger Vivier, famoso calzolaio francese degli anni Cinquanta che ha realizzato le scarpe della Regina Elisabetta per la sua incoronazione e per Christian Dior, ma anche il tacco “a virgola”; oggi il suo direttore creativo è Gherardo Felloni. Oggi il direttore creativo di Schiaparelli è DANIEL ROSEBERRY. ELIZABETH HAWES Dalla seconda metà dell’Ottocento, nonostante la supremazia francese, gli imprenditori statunitensi cominciarono a dedicarsi all’abbigliamento confezionato in vendita nei grandi magazzini. Fu una delle pioniere del nascente American style insieme a Valentina e Claire McCardell, e divenne nota per il suo stile libero e per l’accostamento di colori stridenti. Nasce nel 1903 nel New Jersey da una famiglia benestante; ama i vestiti sin da piccola e cresce con il mito per la moda francese. Studia economia e poi fa uno stage in un grande magazzino newyorkese. 1924 va a Parigi, dove lavora come reporter, giornalista e scrittrice per riviste e per il New Yorker. Pubblica il libro, Fashion is Spinach, con illustrazioni di Alexey Brodovitch, dove ripercorre la propria esperienza creativa; nel primo capitolo introduce due generi di donna: la “made-to-order” lady, stilosa e dell’alta moda, e la “ready-made lady”, più semplice che compra nei negozi. Critica aspramente il sistema statunitense, basato sulla contraffazione dei modelli francesi, tema su cui è molti informata perché è stata disegnatrice COPISTA e buyer per i grandi magazzini americani: durante la s lata si prendevano appunti e note senza attirare l’attenzione, mentre a casa si disegnavano i vestiti. Vi erano inoltre varie categorie di riproduzione: quelle che costavano come gli originali o quelle a 10 dollari nei departement store più popolari. 1928 apre un atelier a suo nome; 1932 Dorothy Shaker organizza la mostra 100% American; collezione dedicata alla massa, ma senza successo perché i produttori di moda americani tendevano al risparmio e non erano previsti fondi per l’industria tessile. 1940 si ritira e muore nel 1971. CHARLES JAMES Considerato da Balenciaga come “il couturier dei couturier” e da Dior “il più grande talento della sua generazione”, Charles James nasce nel 1906 in una famiglia benestante e, appassionato di musica, teatro e moda sin da bambino, autodidatta, diventa il maestro del TAGLIO. Era un perfezionista e impiegava persino mesi per realizzare un abito; produce in totale 2000 mise in tutta la sua carriera. Esprimeva apertamente le sue opinioni alle clienti e andava contro i suoi stessi interessi 13 fi fi fi fi economici, ma per lui un vero couturier non doveva proseguire la popolarità a tutti i costi. Voleva rendere popolare quello che il pubblico odiava a prima vista. In uenzato dai suoi studi architettonici, era attratto dalle PROPORZIONI e voleva “correggere la gura femminile che era sbagliata”. Per James, l’eleganza era una distinzione sensuale e credeva che il ruolo dell’abito fosse quello di suscitare l’istinto dell’accoppiamento. Era molto amico di Cecil Beaton. Negli anni Venti si fa notare come disegnatore di CAPPELLI a Chicago e nel 1928 lancia una LINEA DI COUTURE. Tra le due guerre aveva un atelier a Parigi, Londra e New York. Crea lo PNEUMATIC JACKET, il primo piumino couture della storia della moda, l’ABITO SIRENA e il TAXI DRESS, chiamato così perché si poteva s lare in auto grazie alla lampo in diagonale. Utilizza tessuti come il satin, velluto e faille in strane combinazioni cromatiche. Era un grande precursore: anticipa il New Look di Dior 1947, la linea a trapezio di Saint Laurent 1958 e il wrap dress di Diane von Fürstenberg 1970. 1939 si stabilisce a New York e in piena guerra i grandi magazzini Altman organizzano un dé lé con la sua GONNA PANTALONE. Marlene Dietrich diventa una sua cliente. 1953 vince l’Oscar della moda Neiman Marcus e realizza il FOUR LEAVES DRESS. Diventa anche insegnante. Apertamente gay n da giovane, sposa Nancy Lee Gregory, una ricca divorziata con la quale ha due gli; produce quindi una linea di abbigliamento per bambini. Ossessionato e con le manie di persecuzione, dilapida il patrimonio della moglie e litiga con Diana Vreeland e Cecil Beaton. Finisce in bancarotta. 14 fi fi fi fi fi fl IV. FINE ANNI TRENTA Autarchia. 1932 TORINO: il fascismo crea l’ENTE AUTONOMO PER LA MOSTRA PERMANENTE NAZIONALE DELLA MODA. Torino diventa la CAPITALE ITALIANA DELLA MODA perché aveva il sostegno di Casa Savoia, era una città industriale con tradizione in moda ed eleganza, ed era “vicina” a Parigi. Aveva il compito di organizzare i settori dell’abbigliamento per creare una produzione di moda solo all’interno dell’Italia. “Verso una moda italiana” fu il comando del Duce. Scopo di nazionalizzare tutto il ciclo di produzione della moda con una mostra nazionale tenuta due volte all’anno, primavera e autunno. Lacune: a) le presentazioni avvenivano tardi e le sartorie non avevano il tempo per acquistare i modelli (la moda estiva doveva essere presentata a febbraio e non ad aprile, e quella invernale ad agosto e non a ottobre); b) mancanza di infrastrutture; c) mancanza di istruzione professionale e del disegno di moda (in Francia c’era l’École des beaux arts e la Camera di commercio di Lione. La regina Elena nel 1933 a Torino taglia il nastro per la prima mostra di moda: c’erano s late che dovevano promuovere la moda italiana, padiglioni che esponevano tessuti e capelli. Ogni anno deve presentare le novità della moda italiana e promuoverla all’estero e in Italia. La politica estera del fascismo diventa sempre più aggressiva: decide di ricreare l’Impero e invadere l’Etiopia per farla diventare parte dell’impero italiano. La società delle nazioni, che vigilava sui diritti delle nazioni, impedisce all’Italia di invadere, ma non ascolta e viene punita con sanzioni nel novembre 1935. Stabilisce l’embargo, ovvero l’Italia non poteva più importare prodotti dall’estero e quindi veniva isolata. L’AUTARCHIA è un momento preciso del fascismo che si afferma dal 1935 dopo l’invasione etiope e dopo le sanzioni, che durano no al 4 luglio 1936, no alla ne della guerra. La moda quindi deve diventare sempre più italiana. 1935 il fascismo conferisce all’ente poteri più ampi e cambia denominazione con un nome più corto: ENTE NAZIONALE DELLA MODA. 1937 l’Ente ha creato un elenco di sartorie italiane e obbligava chiunque preparava collezioni a denunciare la sua attività per ricevere la MARCA DI GARANZIA, marca che garantiva l’italianità di ideazione e confezione. Ogni ditta doveva mandare una foto e un campione di tessuto e pagare per i capi a cui veniva concessa la marca. Problemi: il giudizio si basava solo su foto e la marca perdeva il suo valore perché veniva concessa troppo largamente. Un numero veniva ceduto ad ogni sartoria da mettere sulle etichette. Le sartorie iscritte all’Ente erano circa 300 e in base al decreto legge dell’Ente, ognuna di esse doveva far sì che almeno il 25% dei modelli doveva essere munito della marca di garanzia. Se non rispettavano ciò e se l’Ente se ne accorgeva, la sartoria veniva multata. Tuttavia la marca di garanzia non garantiva l’italianità del modello perché i funzionari non erano esperti di moda, ma impiegati: vedevano le foto ma non sapevano distinguere l’originalità del modello. La marca era quindi un pretesto per guadagnare soldi, perché le sartorie dovevano anche pagare un certo prezzo. L’Ente però fa nascere negli italiani la VOLONTÀ DI UNA MODA ITALIANA AUTONOMA. Non si potevano importare riviste francesi o comprare modelli; le sartorie lo facevano di nascosto. Crisi 1929: settore tessile colpito e le FIBRE ARTIFICIALI incrementano. Nascono società di produzione di tessuti arti ciali, come CISA-Viscosa e SNIA-Viscosa. Problema delle materie prime: Italia produceva seta, canapa e lino, mentre importava cotone, lana e juta. Politica dei TESSUTI AUTARCHICI, pubblicizzati ad esempio dai treni: le bre tessili dovevano essere composte da bre naturali e arti ciali—>creazione di nuovi tessuti. a) lanital, tessuto arti ciale che sostituisce la lana e brevettato nel 1935 dall’ingegnere Ferretti; viene tratto dal latte attraverso un processo chimico. Il lanital dura poco perché pare che puzzasse molto, tuttavia viene apprezzata anche all’estero; b) cisalfa, surrogato della lana; c) ginestra, allo stato puro o con altre bre; d) orbace, lana ruvida sarda usata per le uniformi civili perché impermeabile e resistente all’acqua; e) rayon, o “seta arti ciale”, moderno e resistente con varianti come viscosa e acetato (era molto brillante quindi il suo uso era limitato no all’introduzione di quello opaco). L’Italia è al secondo posto mondiale come produttrice di rayon. La PELLICCIA italiana in quegli anni era un’ossessione ed era presente in ogni collezione di tutte le stagioni (anche in estate) e veniva usata per colli, sciarpe, mantelle e per ri niture; venivano importate ma anche prodotte in Italia. Si usavano volpi, ermellini, talpe, conigli, scoiattoli, agnelli, gatto, topo, scimmie. Si facevano incroci e regimi alimentari per ottenere pellicce di tonalità brillanti. 1936 campagna di ITALIANIZZAZIONE: il linguaggio di moda viene “depurato” dai termini stranieri. Un’altra iniziativa del regime vi è anche quella del Commentario dizionario italiano della moda di Cesare Meano, con il compito di epurare tutta la terminologia straniera dal nostro vocabolario. Si legge nella prefazione: dove non era possibile una traduzione letterale, il Commentario si rifaceva alla letteratura e ai dialetti regionali, quindi spesso i nomi non erano corretti, ma erano solo forzati. Il vocabolario della moda era pieno di termini francesi, oggi inglesi. Ester Lombardo, direttrice di Vita femminile (grande rivista del regime insieme a Moda e Lidel), fa notare la scarsa disponibilità di foto italiane da far pubblicare sulle riviste (le poche disponibili erano anche brutte) e quindi la necessità di pubblicare e comprare foto di modelli francesi; viene quindi criticata dal quotidiano Regime Fascista e il suo articolo incriminato viene ritirato. Seguendo la Francia, l’Italia avrebbe dovuto collegare stampa e case creatrici, ma ciò non avviene a causa del segreto professionale riguardo le foto. 15 fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi Rivista della Rassegna dell’Ente nazionale della moda 1939: gurino con abito da pomeriggio in amoerro. Radice 1938: abito tutto scritto con frasi dei Promessi Sposi per sottolineare l’italianità (ricorda Schiap abiti con stampe di carta di giornale). Foulard con stampe con frasi di articoli propagandistici. Illustrazione di Boccasile per Grazia 1941: abito con tante scritte “Vincere”. Prima della guerra. 1939 MA

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