Storia della Moda: PDF
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Questo documento fornisce una panoramica della storia della moda, coprendo diverse epoche, dal Rinascimento al XX secolo. Vengono descritti gli elementi chiave della moda, come il suo carattere sociale, storico e legato alle classi sociali. Il documento esplora anche la diffusione dei modelli di moda e gli influenzatori chiave, quali libri di costume, stampa e pubblicità.
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ISTITUZIONI DI STORIA DELLA MODA INDICE CAPITOLO 1: LA MODA 1.1 dove si custodisce la moda? 1.2 Cos’è la moda? 1.3 Diffusione di modelli 1.3.1 i libri di costume 1.3.2 gli alba amicorum 1.3.3 les poupées o pandore 1.3.4 la stampa 1.3.5 la pubblicità 1.3.6 il sarto 1.3.7 la bottega 1.3.8 il n...
ISTITUZIONI DI STORIA DELLA MODA INDICE CAPITOLO 1: LA MODA 1.1 dove si custodisce la moda? 1.2 Cos’è la moda? 1.3 Diffusione di modelli 1.3.1 i libri di costume 1.3.2 gli alba amicorum 1.3.3 les poupées o pandore 1.3.4 la stampa 1.3.5 la pubblicità 1.3.6 il sarto 1.3.7 la bottega 1.3.8 il negozio 1.3.9 i grandi magazzini 1.3.10 il creatore e le creatrici 1.3.11 il made in Italy 1.3.12 i giornalisti e le giornaliste 1.3.13 i modelli e le modelle 1.3.14 la fotografia di moda CAPITOLO 2: IL CINQUECENTO. IL RINASCIMENTO 2.1 Abbigliamento femminile 2.1.1 La camicia 2.1.2 Il vestito 2.2 Abbigliamento maschile 2.2.1 Il colore nero 2.3 Le calzature CAPITOLO 3: IL SEICENTO. LA NASCITA DELLA PAROLA MODA 3.1 Moda femminile 3.1.1 La gorgiera 3.1.2 Il guardaifante IL PROSEGUIMENTO 3.1.3 Moda francese 3.1.4 Moda inglese 3.3 Moda maschile CAPITOLO 4: IL SETTECENTO 4.1 Moda femminile 4.1.1 Panier e tontillo 4.2 Moda maschile 4.3 Le calzature CAPITOLO 5: L’OTTOCENTO. LO STILE IMPERO E REGENCY 5.1 Moda femminile 5.1.1 dallo stile impero/regency alla crinolina 5.1.2 lo stile della restaurazione: la crinolina 5.2 Moda maschile 1 CAPITOLO 6: IL NOVECENTO Moda femminile 6.1 Da Paul Poiret a Vionnet File (1900-1930) 6.1.1 Gli anni Dieci 6.1.2 Gli anni Venti 6.2 Schiapparelli, il New Look di Dior e la moda giovanile (1930-1950) 6.2.1 Gli anni Trenta 6.2.2 Gli anni Quaranta 6.2.3 Gli anni Cinquanta 6.3 Quant, YSL, Valentino, Walter Albini, Armani, D&G, Versace, Prada (1960-2020) 6.3.1 Gli anni Sessanta 6.3.2 Gli anni Settanta 6.3.3 Gli anni Ottanta, Novanta e Duemila Moda maschile 6.4 Sviluppo della moda maschile 2 CAPITOLO 1: LA MODA 1.1 DOVE SI CUSTODISCE LA MODA? La moda si custodisce nelle immagini, nelle riviste e nei musei (Venezia a palazzo Mocenigo, Milano Palazzo Morando, Firenze Palazzo Pitti, Prato Museo del tessuto, New York The Metropolitan Museum, Londra Victoria e Albert Museum, Madrid Museo del Traje, Lisbona Museo del Traje e tanti altri). 1.2 COS’E’ LA MODA? La moda coinvolge il costume ma non sono la stessa cosa. Il costume è il modo di vestire che tutto sommato rimane fisso (es: costume tradizionale tirolese). Inoltre, quando parliamo di moda in genere ci riferiamo all’ambito Occidentale (Europa e Stati Uniti). Le opinioni riguardo alla moda nel mondo asiatico sono discusse. Un elemento chiave della moda è il mutamento e una certa sua velocità (mondo occidentale). La moda non è un valore universale, fa parte di un certo tipo di cultura. Nella moda si contano i semestri, perché è in continuo mutamento. «Il fenomeno di costume (sistema vestimentario istituzionale=moda) è l’oggetto proprio della ricerca sociologica e storica (forme, sostanza o colori formalizzati o ritualizzati; usi circostanziali fissi; gesti stereotipati; modalità consacrate del modo di indossare un abito; distribuzione degli elementi accessori)» «Fenomeni di costume (sistema vestimentario istituzionale=moda) e fenomeni di abbigliamento (sistema vestimentario individuale) possono talvolta apparentemente coincidere, ma non è difficile ogni volta ristabilire la distinzione: la larghezza delle spalle, per esempio, è un fenomeno di abbigliamento quando corrisponde esattamente all’anatomia dell’individuo che indossa un certo indumento; è un fenomeno di costume quando la sua dimensione è prescritta da un gruppo a titolo di moda» Roland Barthes, 1957 Immagini maniche larghe: Domenico Puligo, Barbara Salutati, collezione privata, 1525 c. Jean-Auguste-Dominique Ingres, Madame Marcotte de Sainte-Marie, Parigi, Musée du Louvre, 1826 Vittorio Matteo Corcos, Sogni, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 1896 Dolce e Gabbana, 2009 Max Mara, 2021 Chanel, 2021 Poland Barthes spiega che la moda non è una cosa individuale, non riguarda un singolo individuo. Siamo un po’ tutti dentro la moda. La moda è: fenomeno sociale → riguarda la società, fattore culturale fenomeno storico → si evolve nel tempo fenomeno di classe → il costume dà identità Spesso non vi è una risposta sulle scelte che vengono fatte nella moda, a volte ci si può ricondurre a un artista/stilista, spesso si seguono filoni consolidati con poche differenze. Ci sono comunque delle regole per capire quali siano le mode, una componente è anche la casualità. 3 Nella moda sono importanti i revival: nella storia della moda, come in ogni storia dell’attività umana (canzoni, cinema, arte) c’è una citazione, c’è il guardare quello che è venuto prima. Inoltre, secondo Poland Barthes è un gruppo che determina cos’è moda, che sovrasta il sistema vestimentario individuale. «La moda è imitazione di un modello dato e appaga il bisogno di appoggio sociale, conduce il singolo sulla via che tutti percorrono, dà un universale che fa del comportamento di ogni singolo un mero esempio. Nondimeno, appaga il bisogno di diversità, la tendenza alla differenziazione, al cambiamento, al distinguersi. Se da un lato questo risultato le è possibile con il cambiamento dei contenuti che caratterizza in modo individuale la moda di oggi nei confronti di quella di ieri e di quella di domani, la ragione fondamentale della sua efficacia è che le mode sono sempre di classe, che le mode della classe più elevata si distinguono da quelle della classe inferiore e vengono abbandonate nel momento in cui quest’ultima comincia a farle proprie» Georg Simmel, La moda, 1895 “La moda è imitazione di un modello dato e appaga il bisogno di appoggio sociale, conduce il singolo sulla via che tutti percorrono, dà un universale che fa del comportamento di ogni singolo un mero esempio.” la moda serve per riconoscersi noi non sopportiamo di essere omologati. Da un lato ci deve far sentire parte di un gruppo dall’altro ci deve far sentire diversi. George Simmel dice che “il gruppo che determina la moda è la classe superiore, perché vuole riconoscersi, vuole distinguersi dalla classe inferiore e quindi crea la moda”. Il problema è che la classe inferiore inizia a vestirsi come il gruppo superiore. Arrivano a vestirsi uguali. La classe superiore non ci sta e cambia. E così via. Per questo motivo che la moda è in continuo mutamento. trickle down = gocciolamento verso il basso (es: borsa Kelly di Hermes). Il trickle down non è l’unica che esiste nel mondo della moda. I sociologi si sono accorti infatti che esiste il fenomeno del trickle up (=gocciolamento verso l’alto). Quando una moda arriva dal basso (es: stratagliato che viene dai soldati cinquecenteschi. Fino al Settecento i soldati si comprano i vestiti da battaglia non se li cambiano ogni anno e si logorano e si tagliano. Ma allo stesso tempo sono gli stessi soldati che li tagliano, soprattutto nelle parti delle articolazioni così da permettere un movimento più fluido). Un altro esempio di trickle up viene dal punk. Dalle subculture, gruppi che hanno un linguaggio comune con qualcosa da dire, che in genere non arrivano a essere dominanti, sono dei gruppi sociali più isolati. I punk si impongono negli anni 80 in Europa e Usa, decennio di crescita e di cambi di mentalità. Anni in cui si impone l'idea che, se il singolo viene lasciato libero fa successo, senza il controllo dello stato. Vedi il fenomeno americano degli investitori in borsa denominati yuppies. I punk avevano collant esposti, a rete, che all'epoca erano considerati osé. Facevano atti di automutilazione come l'infilarsi spille da balia, antenato del piercing. Nasce come un movimento di rivolta contro i modelli della società del tempo. Rappresentano il disagio, la protesta contro il benessere e i modelli ambiziosi che interessavano le fasce più basse del substrato sociale. Una volta che il fenomeno è stato assorbito rimane l'idea di questa moda estrosa con calze a rete, indumenti di pelle, calzature come anfibi, ma in versione addomesticata. Il recupero del punk viene attuato già da Vivienne Westwood, ma anche Versace, Ysl e Chanel. Tutto ovviamente riveduto, corretto e riadattato. Un altro esempio di trickle up è il camouflage, la mimetica, che nasce nell'ambito militare nel 800, per aiutare sia i soldati che le armi a mimetizzarsi in determinati contesti. Nel momento in cui si elimina il tessuto ruvido ma rimane l'idea della fantasia mimetica, allora ci si può giocare. 4 Valentino, 1994, con un abito a gonna larga, immagine di femminilità per eccellenza declinata in un fantasia che è tutt'altro che femminile. John Galliano che nel 2018 lo declina in modo delicato, con fiori, colori tenui e il rosa. Il rosa colore che rappresenta una svolta recente nell'abbigliamento da uomo che da dopo la Rivoluzione francese non viene più utilizzato, prima era un colore che rappresentava ricchezza. Si fa piazza pulita di quel mondo opulento, se alle donne è concesso di ricercare eleganza, essendo loro anche specchio del marito, che doveva lavorare per mantenere figli e casa, deve lavorare e produrre. L'uomo si deve vestire solo di scuro, via i colori. Gli uomini attuano la grande rinuncia vestendosi di nero, blu scuro, grigio e tutto ciò va avanti fino agli anni 80 del Novecento. In questo periodo inizia un cambio di direzione soprattutto nella moda giovanile, solo però in determinati settori. «Che la moda sia un puro prodotto di necessità sociali o psicologico-formali è provato nel modo più convincente dal fatto che infinite volte non si può trovare la minima giustificazione per le sue forme in rapporto a finalità pratiche o estetiche o di altro tipo» Georg Simmel La moda serve per aggregare e distinguere, ma non per forza deve avere finalità estetiche o pratiche, la comodità non è un elemento fondamentale. Alla Corte di Borgogna, che detta la moda del Quattrocento, abbiamo scarpe super appuntito e lunghe, punta vuota, di legno, con sopra pelle. Esempio di moda senza finalità pratiche, le potevano usare persone che non dovevano lavorare, vista la scomodità. Usate da una classe ricca che, anche se soffre le può portare. Gli abiti femminili a gonna larga del Seicento, c'era l'idea di evidenziare i fianchi e segnare la vita, anche se la funzione pratica è assente. Ma anche le immense e smisurate gorgiere delle nobili, l'acconciatura alla Belle-Poule del Settecento. corgiere = colli L'esagerazione dei pouf non si raggiunge più ai livelli ai livelli del Settecento, ma comunque viene ripresa nel Ottocento. pouf = acconciature in parte fatte con capelli veri e in parte con estensioni con (capelli veri o crini) abbellite con fiori, foulard. Altro elemento fondamentale stavolta dell'Ottocento è la crinolina, una sottogonna che sostiene la gonna, non svolgeva una funzione pratica. Era costituita da un’armatura e da altri strati di gonna, a volte fatti con anche crini di cavallo, da cui ne deriva il nome. La crinolina era però pericolosissima, se si fosse caduti in acqua si sarebbe affogati. Succedeva spesso perché all'epoca si usava andare a passeggiare in montagna indossando la crinolina. Oppure c'era il rischio di prendere fuoco, se si passava troppo vicini ai camini o se c'erano delle scintille. Il vitigno di vespa si accompagna spesso a un'evoluzione della crinolina, che passa di moda quando il rigonfiamento della gonna viene messo dietro, viene chiamato sellino o tournure. Il bustino o corsetto viene fatto indossare già alle ragazze in giovane età. Esso provocava gravi rischi, come la deformazione degli organi o lo svenimento. Per arrivare alla minigonna, senza funzione pratica, che rappresenta un momento di svolta nella moda femminile. Viene introdotta da Mary Quant, nel 1963 e sulle passerelle da Courreges, che è un cambiamento epocale perché fa mostrare le gambe. Già mostrare la caviglia era considerato erotico. Crea la nuova figura di donna. A partire dagli anni Sessanta sono i giovani che dettano la moda e le sue regole. Che vogliono differenziarsi dai vecchi scatenando una rivoluzione. 5 1.3 LA DIFFUSIONE DEI MODELLI Da un lato si sa che c’erano i sarti in passato, ma non si sa se fossero dei meri esecutori oppure se avevano una parte creativa. In ogni caso è chiaro che non dobbiamo pensare a loro come pensiamo a Versace, a Valentino. Questo è un discorso che nasce a metà dell’Ottocento, dove il sarto inizia ad avere una parte attiva. Il concetto di “stilista” nasce negli anni 70 del Novecento, dai sarti italiani. Quello che sappiamo è che esistevano dei modi di trasmissione dei modelli. 1.3.1 I libri di costume Uno dei modi di trasmissione erano i libri di costume, che giravano, circolavano ma avevano un pubblico ridotto. libri = circolazione. costume = parlano di come ci si veste in varie parti del mondo (abiti tradizionali). Il primo esempio di libro di costume è quello di Francois Deserps che pubblica nel 1564 a Parigi “Recueil de la diversité des habits, qui sont de present en usage, tant es pays d’Europe, Asie, Afrique & Isles sauvages,…” Questo libro raccoglieva tutti gli abiti, l'uomo occidentale era curioso e l'avere un atlante con tutto messo in ordina gli tornava utile. L’esempio de La Damoyfelle e la ruftique francoile (signorina alla francese - la rustica francese), ci fa capire come in generale le immagini di questo libro di costume ci fanno vedere la differenza tra la moda delle classi alti e quella delle classi basse (rimane più statica). Inoltre, fa percepire che l’idea che gli abiti vanno illustrati in bianco e nero, con commento scritto (4v c.a.). I libri di costume, al di là della loro diffusione limitata, hanno molto successo. Infatti, nel 1577 a Norimberga Joost Amman pubblica “Abiti dei diversi popoli, degli uomini come delle donne, illustrati con arte eccellente”. Le immagini sono molto descrittive e a colori, hanno le didascalie nelle lingue del tempo (non in latino). Questo ci fa capire che le persone che li leggono sono colte e puntano a raggiungere più persone; il pubblico era colto ma non era un discorso scientifico; quindi, i testi sono nei volgari locali. Il latino era utilizzato solo per i titoli sopra alle immagini, per dar rilievo al testo. Sono immagini colorate in questo caso, che mostrano anche la differenza tra nobili e non nobili, le prime potevano indossare vestiti colorati alle altre era concesso indossare solo colori scuri. es: nobilis patavina in Italia, Augustana Mulier plebea. → ci si veste in un determinato modo e colore per classi. Le donne di classi nobili possono vestirsi con i colori, mentre le donne della plebe possono vestirsi solo con colori scuri (leggi suntuarie). Questi testi hanno l’obiettivi di essere libri scientifici (titolo in latino). Anche in Italia ci sono diversi libri di costume, tra cui: Abiti di quasi tutti i popoli del nostro tempo mai pubblicati sino ad ora di Ferdinando Bertelli Scritto in latino, con l’idea di marketing. Questo è un tipo di libro di costume a sole immaginiQui mostra la moda che è diversa da regione a regione Cesare Vecellio, Habiti antichi e moderni di tutte le parti del mondo, Venezia 1590 (II ed.1598). Scrive quest’opera nel 1950 che ha successo e viene ingrandito nella seconda edizione. Questo è simbolico per il successo che ha riscontrato. Qui ci sono immagini e anche intere pagine scritte (spiegazioni molto dettagliate). 6 1.3.2 Gli Alba amicorum I libri sono forme ufficiali, c’è un autore, uno stampante, che si inseriscono nel mercato. Ci sono invece anche forme informale di circolazione dei modelli. Queste sono rappresentate dai cosiddetti Alba amicorum (=album degli amici). Questi sono manoscritti, che circolano fino ai primi dei Seicento. Sono dei quadreni che nascono bianchi e che poi vengono decorati con poesie e immagini. Perché questo nome? Appartengono a studenti che venivano soprattutto dai Paesi del Nord (Germania, Danimarca…), che venivano a studiare a Padova (una delle più importanti università d’Italoia e d’Europa). I suoi compagni di studio, che incontrava e non avrebbe più rivisto, scrivevano, facevano disegni, disegnavano ragazze che incontravano. Parlano di molte cose e a volte ci lasciano i disegni con i modelli di abiti (in questo caso i vestiti italiani). Servivano per tramandare delle immagini, a volte proprio dei repertori. 1.3.3 Les poupées de mode o pandore (puva) Les poupées de mode o pandore, che esistevano fin dai primi del XIV secolo, erano le bambole che servivano per veicolare i modelli di vestiti della moda del tempo. L’idea della loro trasmissione la si può avere tramite le lettere che Federico di Gonzaga scrisse alla madre, per chiederle di inviargli i modellini della “puva”, che riportavano i vestiti della moda del tempo. Questa richiesta era dovuta al fatto che Federico di Gonzaga era ostaggio alla corte di Parigi e il re francese gli aveva “chiesto” di poter ottenere questi modellini per poter addolcire e abbellire la corte francese. Di fatto, in quel periodo la corte francese era ancora rozza, rustica e le donne erano ammesse alla corte ma era solo un abbellimento. Isabella d’Este, che era famosa per essere un’inventrice di moda, non voleva molto acconsentire a ciò, ma la richiesta proveniva dal Re di Francia; perciò, glieli mandò (sminuendo per modesti i modellini in una lettera di risposta). A detta di ciò, la moda mantovana arrivò a Parigi per poter aiutare l’abbellimento della corte. Delle poupées di Isabella d’Este e del Trecento non ci è arrivato nulla. Una testimonianza la troviamo risaliente alla metà del Cinquecento. Ne vediamo vari esemplari successivi, ma le ritroviamo anche dipinte, vediamo le bambine con le bamboline, che servivano a dire e a insegnare alle bambine come avrebbero dovuto vestirsi nel futuro, interiorizzando fin da subito quello che sarebbe stato il loro destino, vedi Monaca da Monda, che fin da piccola giocava con le bambole vestite da suora, poiché quello era stato deciso come suo futuro. Passano gli anni e le bamboline riflettono la moda del loro tempo. Abbiamo anche nel 1775, la bambina che gioca con la bambola con il pouf. Le poupées si sono convertite nel Novecento con la nascita delle Barbie (1957) e la sua commercializzazione (1959). Originariamente era mora, poi successivamente modificata bionda e anche fisicamente, così da incarnare il mito della pin up. 1.3.4 La stampa La stampa è il modo principale di diffusione imposto sin dalla sua nascita. I fogli vengono fatti per celebrare le figure importanti, ma siccome circolano, presentano anche i modelli. Non nascono come trasmettitori di moda, ma circolando comunque in qualche modo lo diventano. La stampa inizia a diventare un’attività sempre più diffusa ed economica, riuscendo così ad arrivare a più persone. Il risultato arriva a fine Seicento (1672) a Parigi con il Mercure Galant che, come dice il nome, che diffonde le notizie dove il contenuto (notizie, storie) gira attorno alla corte del Re fino alla sua morte. In esso appaiono i primi figurini su carta stampata: abiti invernali, uno da uomo e uno da donna. Servono per mostrare a Parigi quello che si indossava a Versailles. In generale, inizia ad esserci la sensazione che la moda cambia e genera il cambiamento e c’è la necessità di diffonderla. Questo giornale viene considerato la prima rivista di moda. 7 Il Mercure Galant, anche se dura per qualche anno, apre le porte alla diffusione e nascita di riviste di moda. Un esempio è il Journal des Dames (1759-1778). Questa rivista parla di molte cose, tra cui la moda. L’elemento, però, più eclatante è che questa rivista è solo per donne. Da ciò si capisce che la moda inizia ad essere ufficializzata come un aspetto esplicitamente femminilizzato. Senza illustrazioni (passo indietro). Il Journal des Dames ha una “breve durata”, ma nel frattempo in Inghilterra nasce The Lady’s Magazine, con illustrazioni (poche). Le prime riviste di moda poi sono in Francia. Infatti, a partire dalla metà del Seicento la Francia diventa la capitale della moda e dal Settecento detterà le regole della moda (oggi sono Parigi, New York e Milano). "le Magasin des modes nouvelle francaises et anglaises" 1786-1789 In Italia abbiamo esperienze brevi a Milano e Venezia, città più sensibili all'influenza francese “Il giornale delle dame e delle mode di Francia", Milano 1786-1794 "La donna elegante ed erudita" Venezia, 1786-1788. La rivista più longeva sarà "Il Corriere delle Dame", fondata nel 1804, nella Milano sotto influenza della Francia napoleonica e pubblicata fino al 1874, con Carolina Lattanzi come direttrice, prima donna a direzione, altro simbolo della femminilizzazione della moda. Altra rivista notevole fu "Margherita" intitolata così a favore della prima Regina d'Italia donna. Poi abbiamo: "Il corriere delle signore" "Lidel", fondata da Lydia de Liguoro da cui prende il nome ma è anche acronimo di: lettura, illustrazioni, disegni, eleganza e lavoro. Nelle copertine, troviamo spesso in questo periodo il personaggio che attira. 1.3.5 La pubblicità "non solo sporadicamente appare un articolo che poi appare di moda, ma vengono prodotti degli articoli che diventino di moda" (Georg Simmel, La moda, 1895) Questa frase iconica di Simmel esplica la logica della pubblicità. A partire degli anni Sessanta/Settanta dell’Ottocento iniziano a diffondersi le pubblicità nelle riviste. Si vedevano creme, prodotti vari, scarpe e di tutto e di più… le città principali della moda italiana sono state Milano e Napoli. La pubblicità serve per diffondere i modelli. Vedi i magazzini "Mele" di Napoli, che avevano manifesti pubblicitari molto particolari, con illustratori specializzati nel realizzarli, ma non sono chiaramente gli unici. A volte evocano forme straordinarie e mondi favolosi vedi René Gruau, per le Rouge baiser, visto che interessava il rossetto rosso, fece una sintesi assoluta per evidenziare il prodotto. Nell'ambito della moda dal Ottocento, si introduce anche la cosmesi, prima priorità delle vergognate e cortigiani poi diffusa usanza anche tra le donne per bene, con anche la pubblicità che poi ne risente. La pubblicità di moda poi può giocare su vari effetti come quelle pubblicità di Oliviero Toscani per Benetton, che realizza pubblicità dove i vestiti scompaiono, è il clamore a prescindere dell'oggetto che si vende che fa andare a comprare e c'è anche tutto un simbolismo come lotta contro AIDS, libertà di amare ecc…. Più avanti si vede la pubblicità di Valentino, con il rosso Valentino o Moschino, che ha sempre giocato sull'ironia, il vestito in questo caso è quasi secondario. Nelle pubblicità ci sono anche i testimonial e brand ambassador, che diventano volti del prodotto, con pubblicità anche a senso politico, vedi Michelle Obama con Jcrew, che lottava contro povertà ecc… 8 1.3.6 Il sarto I sarti in quanto operatori tecnici sicuramente avevano voce in capitolo, facciamo fatica a definire il loro apporto, ma sappiamo che esistevano tramite svariate fonti. Ricevevano e davano innovazione. Sulla modalità con cui lavoravano i sarti abbiamo varie fonti come "Il libro del sarto" di un sarto lombardo dove abbiamo una serie di figurini che vanno dagli anni Quaranta del 1500 fino agli anni Novanta. Sulla figura del sarto abbiamo poi "L'arte del sarto nel Medioevo. Quando la moda diventa un mestiere" di Elisa Tosi Brandi, l'arte del sarto perché in questo momento non erano artisti osannati, ma artigiani in corporazioni di arti e mestieri. Potevano esserci dei tentativi di nobilitazione (che finivano però nell'immediato), per esempio abbiamo un trattato di Juan de Alcega, "Libro de geometria" vari capitoli dedicati alla misurazione e alla geometria e anche parti dove abbiamo i cartamodelli degli abiti che dovevano realizzare i sarti. Questo trattato insegna, inoltre, come utilizzare al meglio la stoffa per creare i pezzi necessari, per sprecare il meno possibile, visto il costo. È un tentativo di nobilitazione perché l'arte del sarto viene messa sotto lo scudo della geometria, materia considerata liberale, degli uomini liberi, arti superiori, anche se l'arte del sarto è in realtà un'arte meccanica. È solo un tentativo però. Gli altri modi per avere dei modelli a disposizione erano i libri, libri per specialisti e operatori del settore. "Livre de moresque", contiene dei motivi richiamati la scrittura araba, ma in realtà non avevano niente da fare con essa, erano solo motivi vegetali. Questi motivi venivano spesso tagliati dal libro e utilizzati per realizzare il motivo, perciò ne sono pervenuti pochi. 1.3.7 La bottega Il sarto attua le sue innovazioni attraverso la bottega. Abbiamo opere come un “tacuinum sanitatis”, delle raccolte dove vengono messe tante cose e in mezzo a queste ci sono immagini relative all'ambito della moda. Sono libri manoscritti e in uno di questi possiamo per esempio vedere i sarti alla bottega, con il capo bottega, che stanno eseguendo la cucitura della lana. Ci possono essere anche operatrici donne, abbiamo sia uomini che donne. Il ricamo era un'attività fatta spesso a casa da uomini e anche donne, spesso lavori subappaltati dai capi bottega a delle famiglie. I dipinti ci fanno anche cogliere un fenomeno particolare, il fatto che questi lavoratori non sono vestiti male, non sembrano dei poracci (licenza poetica). Daniel Roche studia la società del Settecento e vede una diffusione della moda in particolar modo a partire dalle classi basse tipo i domestici della duchessa, più esposti a questa influenza, ritenendo che vestirsi bene sia una cosa da fare. Una diffusione della moda a vari livelli. Vede poi che nel momento in cui siamo attenti a una cosa, spendiamo di più per essa, facendo determinate rinunce. Fanno sacrifici e spendono più soldi anche nei mercati di seconda mano. Qui si può vedere l'effetto sociale della moda messo in risalto da Simmel. Abbiamo inoltre un esempio di trickle down. 1.3.8 Il negozio Se la bottega è il luogo dove c'è un sarto che produce il tessuto e segue il lavoro della preparazione del vestito dall'inizio alla fine, il negozio è il luogo dove si comprano le cose già fatte e le si vendono ai clienti. La bottega è tipica del medioevo/rinascimento, il negozio implica invece innovazione e una propagazione dell'industria della moda, quando sono più persone ad averne bisogno, quando aumenta la domanda e si implementa la tecnologia. Femminilizzazione C'è anche una femminilizzazione per quanto riguarda le operatrici del settore, che possiamo vedere in delle illustrazioni dell'enciclopedia degli illuministi. Abbiamo poi la figura della modista, ragazze giovani, a metà strada tra due mondi, tra una situazione medio-bassa, abbindolare da giovani di alta famiglia che non le 9 sposavano, alla causa di questa loro perdizione è la moda che fa da tramite, facendo uscire da uno stato portandole a un livello, in cui non era detto che sarebbero entrate. Non erano creatrici, ma lavoravano nell'ambito della moda, es. Commesse nei negozi, sarte ecc… Produzione e specializzazione La produzione passa dalla bottega a una produzione più in serie nel Settecento. Abbiamo anche la specializzazione nella lavorazione delle piume con le piumiste. A Parigi vengono create strutture coperte come i passage, che rispecchiano l'attuale concetto del centro commerciale, dove i negozi diventano sempre più articolati a livello di offerta, con negozi e moda che diventano un fenomeno sempre più sociale. La moda è un'attività sociale. 1.3.9 I grandi magazzini Nascono i grandi magazzini nel Ottocento, come Harrods nato nel 1834. I grandi magazzini presuppongono un paio di cose diverse dai negozi visti prima, una è la pubblicità. Aumenta il mercato, aumentano i rivali, quindi questo diventa un mezzo fondamentale per assicurarsi clienti. I grandi magazzini rispetto il negozio inoltre hanno il vantaggio che lavorando con un gran numero di pezzi possono diminuire i prezzi. Infine, abbiamo la produzione in serie dei vestiti, prima erano fatti solo su misura, i grandi magazzini si basano sulla serialità dei vestiti, ciò è un altro elemento che aiuta a buttare giù i prezzi. La possibilità di lavorare in serie nasce nell'ambito della moda nasce dalla produzione delle divise militari. Qui possiamo vedere un effetto di trickle up, si passa dall'ambito militare alla produzione in serie di vestiti civili. Dopo Londra abbiamo ovviamente Parigi con Au printemps etc…, New York con Macy's etc…, Aux ville Italie a Milano, ora diventata rinascente, fondata dai fratelli Bocconi, nel 1917. Venduta poi a un imprenditore Borletti che chiede a D'Annunzio un consiglio per il nome che propone per l'appunto "La Rinascente". A fine 800 abbiamo anche i magazzini Gum a Mosca, nel 1894, che seguono il modello dei passage, in una Russia molto francofila. Per arrivare al più grande del mondo il Dubai Mall, del 2008, a Dubai, segno dello scorrere dei tempi. 1.3.10 Le creatrici e i creatori Inizia a delinearsi la figura moderna del sarto come stilista e creatore. La prima figura importante in questo processo è Rose Bertin, che è una marchande de mode, crea dei modelli che lei stessa vende. Apre il negozio a Rue Saint Honoré e ha la fortuna di aver incontrato il gusto di Maria Antonietta, andando da Parigi ogni giorno a Versailles, a chiedere a Maria Antonietta cosa volesse. Rose Bertin e il parrucchiere di Maria Antonietta diventeranno quelli che l'opposizione chiamerà “i ministri della moda". Lei sull'insegna del suo negozio si definisce marchande de mode de la reine, modo per farsi della pubblicità. Quello che di fatto viene considerato il primo sparato couturier moderno è Charles Frederic Worth, che va in Rue de la Paix, nel 1858. Una delle cose moderne che fa è mettere l'etichetta sui suoi vestiti. Lui non si sente più un sarto come gli altri, ma un creatore, un'artista, i quali firmavano le loro opere. Servirà per dividere anche i suoi vestiti dalle imitazioni. Un'altra cosa che fa è la sfilata delle modelle, la cliente si reca nell'atelier e ci sono delle ragazze che sfilano, non usa più manichini o cataloghi. È un’idea è che un vestito per essere attraente non deve essere una cosa morta, appesa ma è abitato dal corpo, messo in evidenza dal corpo. Così da avere una percezione immediata di cosa va a indossare (nb: ricordare che comunque sono modelle e hanno un fisico e un movimento diverso). Tra le sue clienti più importanti c’è la moglie di Napoleone III, Eugenia (testimonial). Rose Bertin, anticipa, fa vedere che esiste un individuo dietro la creazione ma lui è il primo vero proprio stilista. Lui come chi l'ha preceduto capisce l'importanza di vestire persone importanti di un certo calibro; quindi, può essere considerato il primo stilista. Worth consacra la crinolina. Da un lato abbiamo la moda standard dei grandi magazzini, dall'altro abbiamo i grandi sarti, i fenomeni si intrecciano. I grandi nomi di questo momento/periodo sono principalmente francesi, perché Parigi è il centro della moda. Uno di questi è Paul Poiret, che è celebre per varie ragioni: 10 1. sviluppa la pubblicità e commissiona a due artisti importanti la creazione di un album dei suoi modelli (=consiste in immagini singole che vengono riprodotte sulle riviste). 2. coglie il giro di boa e lo applica: in questo periodo inizia a diffondersi un cambiamento di idee rispetto al vitino di vespa. Lui si inserisce in questa fase e inizia a fare abiti, eliminando il bustino, ovvero il vitino da vespa. Ovviamente il vitino non scompare del tutto, convive ma pian piano poi scomparirà. Questo cambiamento coesiste con il cambiamento con la figura della donna e la sua importanza sta cambiando (es: voto). Culturalmente si fa strada l’idea che la donna non debba essere massacrata dal bustino ma può vestire abiti che le danno movimento, in modo da potersi emancipare maggiormente. Un altro stimolo importante che consente maggiore movimento alle donne è lo sport (tennis, bicicletta). Nel mondo dei creatori e creatici, è bene ricordare anche altri nomi importanti, che purtroppo nei grandi cicli che scompaiono: ❖ Jeanne Lanvin → alta moda anni 20 inizia la fotografia di moda ❖ Sonia Delaunay → moderna Lei è una pittrice, quindi, ha una sensibilità del colore e della ricerca cromatica molto accesa. Inoltre, lei vive nel periodo dei primi del Novecento, che sono gli anni delle Avanguardie. Le Avanguardie sono movimenti artistici che rompono con il figurativo e in cambio si guarda come destrutturare la forma, il colore e la luce. Il colore non è neutro, va a costruire la forma. Sonia studia queste cose in pittura e le applica nella moda: i vestiti sono fluidi (colori, figure). Sonia è abilissima nell’applicare la ricerca cromatica anche ai costumi da bagno. È bene ricordare che il costume da bagno (intero) è un capo che inizia a diffondersi in questi anni (il bikini arriva nel 1946). Già questi costumi erano una novità e sono un segno dei tempi che cambiano. Siamo dopo la Seconda guerra mondiale, dove la donna inizia ad emanciparsi. Inoltre, i suoi capi risaltano l’idea di eliminare la tinta unita, creando dei contrasti di colore. Fa anche i cosiddetti abiti-poema, ovvero vestiti per veicolare un messaggio. ❖ Madeleine Vionnet → femminilità È contemporanea di Chanel ma ha un messaggio completamente diverso da quello di Chanel: liberare le donne creando un abbigliamento confortevole, attingendo al repertorio maschile. Invece Vionnet è quanto più possibile femminile. Oggi è passata in secondo piano. Lei non cuciva, tagliava in sbieco in modo da avere il drappeggio e poi fissava con pochissimi punti. I suoi vestiti sono fennimilissimi, drappeggiati e lunghi. Lei usa la linea curva, creando vestiti bellissimi. Ritorna l’idea del vestito abbondante ma non con la crinolina e il sellino, ma con il drappeggio. ❖ Elsa Schiaparelli → rivoluzionaria, inventiva e creativa Italiana che viene da una famiglia aristocratica e di intellettuali (zio egittologo, zio astronomo). Differentemente da Poiret o da Vionnet, viene da un ambiente aristocratico. Però anche lei deve guadagnarsi la carriera, la sua postazione se la deve guadagnare anche perché la sua idea di stilista non è ben vista dalla famiglia. Lei, quindi, scappa a Parigi dove incontra i surrealisti. I surrealisti sono un po’ folli, ma quest’idea trapassa in tantissime sue idee. 11 Lei “inventa” la gonna pantalone, che era già stata introdotta nel mondo dello sport, introducendola come capo da tutti i giorni e si fa fotografare per pubblicizzare la sua invenzione. Il contatto con i surrealisti lo si trova in altre idee: abito scheletro, maglione a trompe-l’oeil, ovvero il fatto che sopra c’è sopra disegnato un fiocco e vari disegni. Già il maglione era una novità ma in più questa cosa di avere un finto colletto e il finto fiocchetto, perché era una novità assoluta. Il maglione è un esempio dell’inventiva e la creatività di questa stilista. Inoltre, Schiaparelli è l’inventrice del rosa shocking (dall’Ottocento il rosa era il colore femminile), che è forte, acido, che appunta sciocca. Wiener Werkstatte → vestiti molto sperimentali (Vienna) Lei veste Emilie Floge (musa e compagna di Gustave Klimt). Il modello di Josef Hoffman ci permette di comprendere le sue idee di decorativismo per creare un’idea di vestito, di struttura di vestito. Rispetto agli abiti costretti, i vestiti sono molto più fluidi. Mariano Fortuny → interessante per le innovazioni (e perché si stabilisce in Venezia) È un pittore e scenografo che non fa della moda la sua ricerca principale ma produce l’invenzione del plissettato. Il plissettato sono pieghe piccolissime, stirate anche con acidi, che segnano il fisico ma gli danno un’apparenza statuaria che danno un effetto di movimento. È aderente ma senza essere un effetto nudo. Inoltre, a partire dal 1913 produce vestiti chiamati “peplos”: sono abiti di seta che sono ispirati alla statuaria greca Antica formati da un tessuto plissettato, tenuto giù dalle perline di vetro. Questi sono esempi che a volte diventano sperimentali o rimangono legati alle arti. 1.3.11 Il made in Italy Nel mondo dei creatori e creatrici c’è la moda italiana, che è una delle più importanti ma non è sempre esistita. Ha assunto la sua importanza internazionale negli anni Settanta del Novecento. Una delle prime creatrici di moda italiana, consapevolmente intenta a creare delle radici italiane, è stata Rosa Genoni. Per lei la moda non è l’unica attività, infatti era maestra. Ma comprende l’importanza della moda, scrive dei manuali di moda per gli istituti tecnici. Per lei, è importante racchiudere il sapere in un testo per diffondere le conoscenze. Anche lei sente l’influsso dell’arte classica (vedi foto slide), con i panneggi e vestiti che danno l’idea di toghe dei romani. È la prima che capisce che esiste un patrimonio italiano, un esempio è l’abito che crea ispirandosi ad un disegno di Pisanello. Un altro creatore è Salvatore Ferragamo che nasce come calzolaio. Infatti, diventa il produttore di scarpe delle dive (Greta Garbo, Sophia Loren). Questo ci fa capire ancora di più come questi artisti per promuoversi, devono fare affidamento a personaggi conosciuti. Lui prendeva le misure di ogni piede delle sue clienti. Passa la sua creazione storica: sandalo Rainbow (1938), che è un sandalo arcobaleno, che utilizza la zeppa e il plateau. Resuscita ciò perché vuole un tacco bello e comodo. Quando rientra in Italia, rientra nel periodo dell’autarchia: l’Italia è isolata dalle altre nazioni. Si deve arrangiare a dover procurarsi del legno particolare per fare le sue scarpe e inventa la suola in sughero: materiale morbido e allo stesso tempo resistente. Andando avanti è necessario fare dei salti, ma è bene sottolineare Giovan Battista Giorgini. Egli è stato un aristocratico e imprenditore (→ sensibilità di capire che è necessario valorizzare il made in Italy). Nel 1951 organizza una sfilata a Palazzo Pitti. Chiama i compratori statunitensi (piano Marshall) e li convoca a Firenze. La sfilata è un po’ una scommessa, perché le modelle non sono tutte professioniste ma chiede ai sarti italiani (maggior parte romani, perché Roma a quel tempo è tra le più grandi) di creare i modelli. La 12 sfilata ha successo e dal 1951 da qui si può parlare di “made in Italy” internazionale. In questo fenomeno iniziano a diventare importanti sarti importanti, creativi e di talento. È in questo momento che inizia a diventare appellativo la parola “stilista”. È un fenomeno nuovo che viene dagli anni Cinquanta. Non sono necessariamente sarti, però hanno stile. Sanno proporre uno stile un modello. Nei giornali iniziano a diffondersi le rubriche di società. Uno dei primi è Walter Albini, che inizia il percorso ma non lo finisce, abbiamo poi Roberti Capucci, che non ha una moda facile ma è importante. Nuovi centri e nuovi stilisti Negli anni Cinquanta e Sessanta ci sono le grandi sartorie a Roma, poi a Milano (dagli anni Settanta). Esempi sono le sorelle Fontana, diventate famosissime perché hanno creato l’abito da sposa di Linda Christian. A Milano abbiamo Biki, famosa per essere stata la stilista di Maria Callas. Altri nomi sono Simonetta (Simonetta Colonna di Cesarò), Emilio Schuberth. Un altro è Emilio Pucci, che riprende il discorso dei colori di Sonya Delaunay, di cui il marchio assume una vita propria dopo la sua morte. Lui ha inventato il jersey di seta elastico (es: pareo). Lui lo inventa come abito da tutti i giorni che ha grande successo. Abbiamo poi Guccio Gucci, Valentino e Giorgio Armani (1982 copertina del Time, ha il pregio di incarnare un aspetto della oda dei tempi per aver adattato il tailleur maschile al corpo femminile. In questo periodo le donne entrano in massa nel mondo del lavoro e posizione di rilievo (donna manager). Il vestito doveva rappresentare il potere). Altri nomi sono Gianni Versace, le sorelle Fendi (nascono come pellicciaie) che poi chiamano Carla Lagerfeld (poi passa a Chanel). Ancora Krizia (Mariuccia Mandelli) e Miuccia Prada, che oggi rappresenta la maggiore innovazione, perché propone una donna che non ha più un senso del pudore. Anche per Prada l’evoluzione inizia dal 1995. 1.3.12 Le giornaliste e i giornalisti di moda Il campo giornalistico si tratta di un ambito specifico che ha un suo linguaggio, che si deve basare su un intuito particolare. Il giornalismo di moda richiede una specializzazione: conoscere la moda e far proprio un linguaggio e saper trasmettere quello che si vede. Uno dei primi casi del giornalismo di moda avviene in Francia e spetta allo scrittore e poeta Stephane Mallarmé. La sua attività di giornalista di moda è conosciuta, in particolare perché va dato atto di aver colto che la moda è un fenomeno particolare. Non è semplicemente presentare le figure, ma saperle descriverle, parlarne e così via. Mallarmé ad un certo punto, nel tentativo di arrotondare durante le vacanze, decide di fondare un giornale di moda: dernière mode (termine moderno e modo di prendere atto della mutevolezza della moda: è adesso). Questa intervista non dura neanche un anno, anche perché Mallarmé fa tutto lui nell’intervista con vari pseudonimi. Anche Oscar Wilde è importante in questo campo. Infatti, per tre anni è direttore della rivista “The Woman’s World”. Rispetto a Mallarmé ha un’affinità e capacità di comprensione del fenomeno molto più approfondita, predica l’arte per l’arte, ovvero che l’arte non deve per forza insegnare qualcosa (funzione pratica), ma può fungere solo come “arte in sé”. Questo gli permette di comprendere la moda in senso concreto e moderno, ovvero analizzare la moda come fenomeno sociale. Coglie l’apparente superficialità, trasformandola CHIEDI Questo serve a capire come la moda sta prendendo sempre più consapevolezza di essere un fenomeno sociale a pieno titolo (riviste, uomini di moda e uomini di cultura). Questo discorso si approfondisce man mano che si va avanti con gli anni: la stampa aumenta, i grandi magazzini aumentano, la tecnica aumenta,…a fine Ottocento nasce Vogue (inizio più gossip su New York poi rivista specializzata sulla moda), poi Harper’s Bazaar. Tra i due non c’è tanta differenza, sono le due grandi testate che saranno sempre in competizione e si soffiano i dipendenti. Queste riviste sono uno specchio di come la società è cambiata e cambia di “luogo in luogo” (es: Stati Uniti ed Europa). 13 All’inizio sono uomini, poi nella carta stampata la maggior parte sono donne. Coloro che lavorano e portano al loro splendore sono donne. Sono figure che lavorano a volte lavorano solo un po’ in una rivista ma altre volte lavorano l’intera vita nella stessa rivista, diventando figure mitiche e poi l’hanno costruita la rivista: Carmel Snow lavora per 24 anni ad Harper’s Bazaar (1934-1958). Lei conia l’espressione “new look” nel ’47 per una sfilata di Dior. Diana Vreeland che lavora prima da Harper’s Bazaar (1936-1962) e poi a Vogue (1962-1972). Donna straordinaria e non è dotata di bellezza (lo sapeva), ma sa di avere un’intelligenza notevole, sa di avere gusto. Lei, nel 1965, conia lo “Youthquake” (= terremoto che i giovani creanonegli anni Sessanta). Anna Wintour inizia con mille difficoltà, prova a varie testate. Va ad Harper’s Bazaar e poi a Vogue versione inglese, con l’obiettivo di diventare direttrice generale di Vogue America. Questa cosa succede nel 1988. Da allora è rimasta alla vetta del potere. Ha saputo creare una loro immagine (come le due antecedenti). Ha capito l’importanza della moda e poi la collaborazione con il Metropolitan Museum (Met Gala). Sul versante italiano abbiamo (avuto): Anna Piaggi Natalia Aspesi: lei è stata un’osservatrice della società italiana in generale, mettendo osservazioni della moda. Giusi Ferrè Franca Sozzani: direttrice più conosciuta di Vogue Italia. 1.3.13 I modelli e le modelle I modelli e le modelle sono fondamentali, lo abbiamo visto con Worth. L’abito deve essere indossato, mostra le sue potenzialità solo se lo si porta. Di solito chi presenta e valorizza l’abito sono i modelli, che invogliano il cliente a comprarlo. Un elemento importante è il portamento (cammina, si muove in un certo modo). I modelli sono degli strumenti per presentare il vestito (NON modelli di vita) che tra l’altro non sono quelli che si comprano. La sfilata con i modelli serve a fare l’evento, si fa scena. Ci sono state figure che più delle altre sono riuscite ad incarnare il modo di “vestire l’abito”: Veruschka Marisa Berenson (nipote di Elsa Schiaparelli) Con exploit degli anni Ottanta-Novanta. Sono gli anni di maggior benessere diffuso nel corso della storia dell’uomo. Da questo momento nascono quelle che sono le top model, sono un fenomeno di costume. Lavorano con i grandi stilisti e fotografi. Anzi ad un certo punto succede un fatto perverso: le top model sono loro che determinano il successo di un vestito (Cindy Crawford, Kate Moss, Carla Bruni,…). Nei tempi moderni si sono diffuse le figlie e i figli di… (es: la figlia di Monica Bellucci o il figlio di Carla Bruni). Il fatto che prevalga la femmina sul maschio nel ruolo di modello è dovuto al fatto che la donna va guardata, non è attrice. 14 1.3.14 Le fotografe e i fotografi di moda Se nella sfilata è la modella che dà vita al vestito (valore limitato: solo per chi assiste), nelle registrazioni e nelle immagini c’è la figura del fotografo. La fotografia di moda ha una storia tutta sua; nasce nel 1920 circa e l’oggetto è il vestito e non la modella. Inoltre, c’è una costruzione della foto. Il fotografo manda un messaggio ed ha un suo tocco personale. La foto di moda può iniziare a sfruttare il concetto di “natura morta”; c’è una focalizzazione su un dettaglio. Uno dei primi fotografi importanti è (il barone) Adolf de Meyer (lavora a Parigi). Lui è conosciuto per i suoi elementi sfocati (effetti flou). È tipico per fare le foto in bianco e nero, con i giochi di luce accentuati. Altro fotografo importante è Edward Steichen, che lavora nel periodo artistico in cui si gioca molto con la luce, con il chiaro-scuro. Ricordiamo anche George Hoyningen-Huene, che fa immagini di purezza assoluta. Questo stile verrà ripreso da Giorgio Armani negli anni Ottanta. Il vestito diventa un’opera d’arte, infatti il fotografo si ispira ai quadri classici (figure volitanti)? Altro fotografo importante è stato Horst P.Horst con la foto di Chanel del 1937. In tutti questi casi siamo davanti al bianco e nero, ma riescono a darci l’idea del colore. Successivamente si passa effettivamente al colore. Un altro autore da ricordare è Cecil Beaton, che è famoso per creare ritratti con sfondi finti (es: Elizabeth II, 1953). Lui va a costruire l’atmosfera molto fiabesca. In realtà, lui era stato capace di cose anche più sconvolgenti: per Vogue nel 1941 pubblica foto dove dice che “la moda è indistruttibile” (vedi foto). Da un lato viene fuori il suo animo alla “Oscar Wilde” (arte per arte): le donne passeggiano, dall’altra parte emerge la resistenza inglese per cui la moda indistruttibile e fonte di speranza, perché dà un senso di normalità. Queste foto hanno lanciato un messaggio molto forte. Le foto sono l’emblema della resistenza (moda come metafora della resistenza di Londra). Sempre nello stesso numero, questo filone viene sperimentato dalla fotografa di moda Lee Miller (modella, fotografa di guerra). Anche lei segue questo filone della moda indistruttibile, poi in realtà è capace di altre sottigliezze (es: modelli presentati dentro palle di vetro). Questo esempio ci fa capire come la fotografia di moda usa la creatività e la capacità di utilizzare tecniche ed idee per attrarre il pubblico. C’è poi una modella svedese straordinaria Lisa Fonssagrives, una delle più famose tra i Quaranta- Cinquanta-Sessanta, poi ad un certo punto incontra il fotografo Irving Penn, si sposano e nasce un sodalizio artistico. Negli anni Sessanta poi c’è da ricordare anche la modella Jean Shrimpton e il fotografo David Bailey, il quale è forse il promo fotografo ad acquisire la fama come personaggio. La foto in questione è rappresentativa dello stile degli anni Sessanta, quelli dello Youthquake, quindi uno stile giovane (anni della minigonna, le linee sono semplici), ma soprattutto ciò che cambia è l’ambientazione. Prima, infatti, la moda era in un ambiente rarefatto; invece, gli anni Sessanta c’è una vera rivoluzione. Di conseguenza anche le foto si fanno in posti “normali”, anonimi. C’è la realtà così com’è (comunque è bene ricordare che sono costruite, il fotografo comunque organizza tutto). 15 CAPITOLO 2: IL CINQUECENTO IL RINASCIMENTO La moda in realtà nasce già nel Trecento. Vi era una netta differenza tra la moda donna e la moda uomo, anche data dal precetto biblico che sancisce la diversità tra i due tipi di abbigliamento. Prima del Trecento per le classi alte gli abiti erano tuniche per entrambi. Invece dopo, nel Cinquecento, si parla di dimorfismo sessuale. Si tratta di un secolo in cui un po’ si marca la consapevolezza dell’esistenza della moda, nonostante questo termine non esistesse ancora. Infatti, Cesare Vecellio, cugino di Tiziano Vecellio, si interessa di moda e ne scrive molti libri in cui la chiama come “la cosa de gli habiti”, perché non sa bene definirla più di così. Quindi questo intellettuale fa notare che gli abiti cambiano: “Et è cosa verissima... che la cosa de gli habiti non conosce stato nè fermezza, et si vanno sempre variando o a capriccio e a voglia altrui”. Prima, nel 1528, Baldassar Castiglione scrive Il cortegiano, che è il libro più importante per l’epoca. Lui scrive che «In questo veggiamo infinite varietà; e chi si veste alla franzese, chi alla spagnola, chi vol apparir tedesco; né ci mancano ancor di quelli che si vestono alla foggia de’ Turchi». Quindi la moda è fondamentale per la comunicazione di sé nell’ambito della corte. In questo cambiamento non c’è soltanto il tempo, ma anche lo spazi, perché a parità di data in Spagna ci si vestiva in un modo, mentre in Italia in un altro. Queste sono le due coordinate della moda. La consapevolezza che la moda sia una cosa complessa era compresa da molti, come appunto gli scrittori che abbiamo visto precedentemente e anche da Francesco Sansovino, che in Venetia città nobilissima del 1581 scrive che: «Percioche cominciandon dagli habiti indicativi dello humore delle persone, noi vediamo che gran parte de gli Italiani, dimenticatisi di esser nati in Italia, & seguendo le fattioni oltramontane, hanno co pensiero mutato lo habito della persona, volendo parere quando Francesi, & quando Spagnuoli». Quello che si vede spesso nel discorso della moda è il moralismo, come per esempio le leggi suntuarie. Infatti, molti che ne scrivono la giudicano. Le caratteristiche del secolo sono: ❖ maniche larghe ❖ Capelli raccolti con veli o cappelli, ma mai liberi. Le donne o di una certa età o sposate avevano i capelli raccolti, mentre quelle giovani o nubili li portavano sciolti. ❖ Sotto l’abito si metteva la camicia, che sbucava dalle maniche ❖ Non c’era il bustino ❖ Le maniche sono staccate, si attaccano per elasticizzare la struttura e consentire i movimenti. I tessuti erano molto pesanti e costosi, come il velluto e la seta. ❖ L’abbigliamento maschile era molto colorato, fino al Settecento. Gli uomini usavano anche molti gioielli, simbolo di potere e virilità ❖ Abiti larghi = sintomo dello status elevato ❖ La gonna è grande e rimane tale fino a fine Ottocento. 16 2.1 ABBIGLIAMENTO FEMMINILE Vi sono due mode: la moda spagnola e la moda fiorentina. Moda spagnola Si riconosce per la mancanza di scollature e per i colli importanti, che si chiamano lattughina (vedi Anna d’Austria di Alfonso Sanchez Coello). Questo colletto si sviluppa e cresce fino a formare la gorgiera. Le maniche sono più ampie, ci sono le soprammaniche, cioè un terzo strato (camicia, vestito sotto e soprammaniche). Il secondo strato viene anche chiamato sottana. La gonna spagnola cade a cono, con una scollatura accollata e una gorgiera. C’è la camicia, la veste sotto (sottana) e una veste sopra con soprammaniche molto decorate. Inizia a prevalere il nero, tendenza femminile. Moda fiorentina Riconoscibile per le scollature, le maniche semplici. I colli erano in genere di lino e avevano a volte un sostegno dietro di carta, cartone oppure erano inamidati. Con colli così importanti (sia nella moda fiorentina sia in quella spagnola) le acconciature salgono. A Venezia invece la scollatura è più ampia. Invece le dame inglesi avevano una gorgiera più ampia, maniche chiuse e gonfie. Due signore fiorentine: 1. Una vestita da spagnola 2. Una vestita con il vestito tipico fiorentino → scollo a V Problema ulteriore: 1. Moda di Venezia → scollo e collo ampio 2. Moda spagnola (Bergamo) La moda non necessariamente è differenza tra Stati, ma anche tra città. La moda non è uniforme, ci possono essere delle variazioni. Inoltre, fino al 1600 rimane l’idea della scollatura veneziana. immagine spagnola → gonna che cade a cono, maniche e soprammaniche=camicia, veste sotto di cui si vedono le righe (sottana), maniche sopra. La manica è aderente al braccio immagine inglese → collo grande, meno accollata, non c’è il vertugado, gonna specie di tamburo attorno al vestito. È probabile che ci sia una sottana e poi una veste superiore (soprana). Non sono aperte, chiuse e gonfie. Si vedono somiglianze (la gonna è importante) e diversità (la gonna non cade allo stesso modo). Siamo nel 1500. NB: le maniche staccabili servono per, in qualche modo, avere maggiore possibilità di movimento e si tutela il vestito dal sudore e fare abbinamenti diversi. 17 2.1.1 La camicia È un indumento importantissimo, perché non esiste la biancheria intima ed è l’unico filtro tra il corpo e il vestito. Potevano esserci dei mutandoni, ma in realtà si indossava la camicia e basta. Non è come la camicia di adesso: era larghissima, arrivava ai polpacci (=quasi sotto i piedi) e di colore bianco. Il colore aveva un valore simbolico ma anche per un discorso di sfoggio della propria condizione economica (pulizia era solo di chi poteva permettersi le lavandaie). È un indumento unisex. Si trova sempre nel 1500, c’è meno nel Seicento e ritorna nel Settecento. Nei dipinti è la “cosa” bianca che si vede sotto il vestito. Gli uomini indossavano le braghe che arrivavano circa fino al ginocchio e non avevano pantaloni ma calzamaglie. A volte le persone anziane portavano le toghe sopra la camicia. 2.1.2 Il vestito Il vestito nel Cinquecento è la sottana (NB: non è solo la gonna) ed è la parte più importante (da questo momento in poi) e lo rimarrà fino ai primi del Novecento. È infatti importante accentuare il rigonfiamento sui fianchi. La “gonna” cade (i vestiti quelli conservati perché donati per la Chiesa) e dal Cinquecento comincia ad ingrossarsi. Infatti, nel Trecento le gonne cadono lunghe, hanno forme lineari, poi nel Quattrocento c’è un leggerissimo rigonfiamento e nel Cinquecento lo si esalta. Quali sono le tipologie che si trovano nel Cinquecento di gonna della sottana? vertugado → viene dalla Spagna e ha una forma a cono. Parte dai fianchi e si allarga. In genere sotto c’è un telaio fatto da cerchi concentrici (vimini, legno, ossa di balena → resistente e un po’ elastico). Questo modello a cono, nonostante tutto, trapassa. In Francia si impone il vertugado che viene chiamato vertugadin o vertugale. farthingale → tipica moda inglese ma che si diffonde (es: Francia vertugadin a tambour) e convive con il vertugado. È una gonna simile al tamburo e poi cade giù dritto. Il “tamburo” è riferito al rigonfiamento della gonna che si lega intorno alla vita ed è come un tamburo, rimane attorno e l’effetto è quello di un tamburo attorno. In Spagna non lo si trova. Il farthingale e in generale gli ingrandimenti di questo tipo sono degli elementi abbastanza affascinanti, tanto che spesso vengono ripresi nella moda contemporanea. La citazione c’è sempre, serve per un modello e farci andare avanti e darci degli stimoli. Ovviamente la citazione deve essere riformulata. Le due gonne principali sono queste due. Quello che connota l’abbigliamento fino all’Ottocento è il concetto di magnificienza = far vedere che sono magnifico, che ho delle ricchezze. Essere ricco significa essere potente ed influente. È una virtù. 18 2.2 ABBIGLIAMENTO MASCHILE In passato, la moda maschile veniva seguita, era importante. Infatti, per via della magnificienzia è rilevante avere un occhio di attenzione verso questo elemento. Quindi la moda, il tessuto, il taglio, il colore diventano importanti anche per l’uomo. Gli uomini, soprattutto quelli di una certa età, si vestono con la gonna lunga (toga), ovvero una veste larga e lunga. È una specie di “scamiciato”. La toga è fatta di seta, con un bel collo e accompagnata dal cappello (accompagna spesso la figura maschile fino agli anni Sessanta del Novecento). Un altro elemento fondamentale nella moda maschile è il colore. Gli uomini si vestono colorati. Questo non rovina la loro immagine mascolina, anzi rappresenta il potere maschile. Gli uomini più giovani hanno il farsetto, che va fino al sedere (in realtà si accorcia o si allunga a seconda della situazione) e hanno la calzamaglia, che spesso comprende le scarpe (data la presenza di una suola). Queste calzamaglie possono essere colorate, anche di due colori diversi. Mostrare le gambe significa mostrarsi forti, vigorosi e potenti. (immagini: Camera degli Sposi) Nella moda maschile poi c’è da sottolineare la presenza delle spalle, che possono essere più larghe o morbide, ecc. a seconda dell’esigenza e della situazione. Poi ci sono le braghe, il pantalone arrivano dopo la Rivoluzione Francese. Gli uomini poi indossano i gioielli e hanno i guanti (importanti anche per le donne). 2.2.1 Il colore nero Il colore è importante sia nella moda femminile che in quella maschile ed è difficile da ottenere. Infatti, per trovare la formula giusta ci sono voluti secoli. Questa idea del colore non rimane prevalente ma viene affiancata dalla prevalenza del nero. Il nero è il colore della Controriforma, ma in realtà il nero lo avevano già presentato in Borgogna, che era un piccolo staterello che diviene un faro per le arti e anche della moda. Nel Quattrocento uno dei duchi adotta il nero come abito di corte e da qui parte la moda del nero. Il nero non si diffonde subito e dappertutto (come ben si sa) ma in Italia inizia a diffondersi dal 1515 (c.a). Il nero in Italia si lega al concetto di classico, di recupero alla semplicità classica. La cultura classica, infatti, è una cultura che si basa su principi di sobrietà, di misura, di accordo ed equilibrio. Questo ideale viene recuperato nel rinascimento italiano in pittura, in scultura ma anche nella moda. Questo recupero viene fatto scegliendo il nero, ovvero una tinta unita, semplice e senza fantasie, sobria. Questo non significa povertà, infatti i tessuti sono pregiatissimi ma è l’idea proprio di cercare un altro effetto (lo farà anche Chanel). Il nero si diffonde ben prima della Controriforma. Si capisce che il nero è un fenomeno abbastanza complesso e ovviamente non è l’unica soluzione (es: in Germania rimane il colore). In Spagna si impone il nero con Carlo V, che discende dalla casa di Borgogna. Quindi, in un certo senso, lui riprende il colore nero non solo per l’idea di sobrietà ma anche per sottolineare che egli è l’erede del ducato di Borgogna (conteso tra gli Asburgo e la Francia). I colori che vengono utilizzati sono anche il rosa/rosso per i giovani, poi l’oro, il grigio veniva usato per le persone più anziane. (abbigliamento infantile → i bambini si vestono come gli adulti). 19 2.3 LE CALZATURE “È pena della vita imbellettarsi la faccia o portar le pianelle, o vesti con le code per coprir i piedi di legno” Tommaso Campanella poulaine: scarpe molto appuntite, estremamente, ma che implica a una certa attenzione nel camminare, potevano avere la tomaia in seta, c'erano occhiello per i lacci e la suola è fatta di cuoio pressato, più resistente sicuramente della seta. Nel corso del Quattrocento e Cinquecento, arrivando fino al Seicento è la moda femminile a fare da padrona, abbiamo delle calzature spericolate a Venezia per esempio i calcagnini, che sono scarpe in legno altissime, rendendo difficoltoso camminare. Il tacco alzava tutto il piede, tutta la scarpa, il non come i tacchi attuali. Il meccanismo è quello di creare un tacco spropositato, platform. Questi attiravano moltissimo l’attenzione, anche a Venezia dove si indossavano spesso. Pietro Casola, che arriva a Venezia da Milano per fare un pellegrinaggio in Terra Santa, dice che a lui le donne di Venezia sembrano piccole perché, se così non fosse non userebbero le zibre (pianelle) così alte. Queste scarpe rendono le donne così alte che sembrano dei giganti e alcune cadrebbero anche se non fossero appoggiate alle schiave. Si diffondono anche in Spagna e in altre parti d'Italia, ma cambiando decorazioni, spesso anche sui tacchi, che possono essere ricoperti in seta o madreperla. Inoltre, queste scarpe potevano continuare con delle calze collegate alla braca tramite giarrettiera, nastrino che serviva a collegare il pezzo di stoffa con la braca, solo poi arriverà quella più complessa con gancetti etc… Nel dipinto di Bellini, Processione in piazza San Marco, nonostante la prospettiva si vede una donna in fondo molto alta, questo è spiegato dal fatto che indossava le pianelle. Ad un certo punto le leggi suntuarie proibirono queste scarpe perché pericolose. Erano instabili, ma tanto quanto i tacchi odierni. Anche nei modelli da uomo si seguono varie forme: dalle poulaine sino ad arrivare al becco d’anatra, forma particolare presente nel modello di Durer custodito nel British Museum. Ha una somiglianza con il mocassino, nonostante questo sia stato inventato dagli indiani d’America. Inoltre, queste scarpe proseguivano con calze o pezzi di stoffa che arrivavano siano alla braga e poi collegato con una giarrettiera, nastrino per legare e sostenere il pezzo di stoffa. Poi diventerà sempre più articolata, con gancetti etc. Abbiamo anche i reperti delle calze in seta di Eleonora di Toledo. Si tratta di un materiale raro e strano per un paio di calze perché molto scivoloso. Forse era solo un atto di sfoggio del proprio status. Le hanno trovate nel suo sarcofago. La seta viene poi migliorata nel corso del Settecento, per la produzione di calze sia da uomo che da donna; infatti, non erano più dure come in precedenza. Era necessaria la giarrettiera perché non c’era un bordo elastico. Il grande salto arriva negli anni 40 del Novecento perché viene sfruttata una nuova fibra sintetica: il nylon. Infatti, durante l’Ottocento si sviluppa la chimica e con essa la conoscenza dei fenomeni fisici. Ciò si riversa nell’abbigliamento perché nascono le fibre sintetiche come la viscosa o, appunto, il nylon. Questo è elastico, abbastanza resistente, più pratico, più economico. 20 CAPITOLO 3: IL SEICENTO LA NASCITA DELLA PAROLA MODA È un secolo particolare perché per molti aspetti è già moderno. Infatti, prende atto definitivamente che esiste la moda (Castiglione nel 1528, Vecellio 1590) perché precedentemente si usavano perifrasi come “la cosa degli abiti”, o “foggia”, o “alla maniera di...”. Il motivo è che si ha di fronte il fenomeno e se ne stavano accorgendo. I nomi, infatti, si hanno per quando una cosa diventa di interesse. Il Seicento è un secolo molto attento all’apparenza, infatti nasce il barocco: spettacolo, lusso, teatro. La realtà non è unica perché c’è l’apparenza ma anche la sostanza = origine della frattura tra essere e apparire. La moda, però, nel Seicento viene valutata come un fenomeno importante, non superficiale ma non nel senso deteriore del termine. La moda passa, ma non significa che sia un segno di pochezza della moda che anzi incarna perfettamente il bisogno umano di crearci delle apparenze, cercare di imbrigliarle, e poi finirne vittime. È un simbolo di questa realtà che ci circonda, mutevole e interessante. L’origine è collegare la parola moda con un avverbio latino, modo, che significa adesso, ed è la radice di moderno. La moda non si lega al passato, né al futuro, ma all’adesso. Inoltre, non è fissa ma in continuo mutamento. Una delle prime evenienze è nella lingua spagnola: In El diablo cojuelo si parla di due soldati vestiti “a la moda”. In Italia poi viene riportata in opere come: “Il modazzazzo. Canzon novissima composta da un giovane che per suo mal governo è capitato prigioniero” 1620 (?); “lo scudo di Rinaldo ovvero lo specchio del disinganno” del 1646; “della carrozza da nolo, ovvero del vestire et usanze della moda” di Lampugnani del 1648. L’unica lingua che non ce l’ha è l’inglese, che usa “fashion” derivante dal francese “façon”. Agostino Lampugnani cerca di smascherare la moda per farla apparire agli occhi delle persone serie come una strega che corrompe e infesta la civil conversazione. Dice che il tempo, siccome non poteva impedire che ci fosse instabilità, ha fatto nascere il secolo alla moda. Non per il vestire spropositato dei giovani, ma per le sregolate usanze che si vanno diffondendo come la gramigna, per non dire peste, nei cervelli degli italiani. Ha ovviamente un tono moralistico, ma ha la consapevolezza che la moda influenzi e che sia instabile essendo adeguata al momento, all’adesso. 3.1 MODA FEMMINILE (moda spagnola) Si prosegue con la tendenza del secolo precedente. 3.1.1 La gorgiera La cosa più appariscente rimane la gorgiera, che serve erroneamente per identificare tutto il Seicento. Nel Cinquecento il collo era più piccolo, poi nel Seicento si amplia ma verso gli anni Venti torna a restringersi. PERO’ dopo gli anni Trenta, i colli alti e tretti scompaiono definitivamente, dando spazio ai colli piatti. La gorgiera è un pezzo di stoffa o di lino, di pizzo (per quelle più pregiate), con vari strati. Questi strati si ottengono piegando la stoffa e poi le pieghe vengono inamidate con dei ferri caldi facendo rimanere rigide le stoffe. Inoltre, la gorgiera è staccabile. Quando è tanto grande può essere sostenuta da supporti in carta e seta, che stavano sopra l'abito e sotto la gorgiera, proprio per sostenerla. Quando le donne la indossavano portavano le acconciature verso l’alto. La gorgiera cresce anche in posti in cui non ca la aspetteremo, come Venezia, dove nel Seicento rimane l'idea della scollatura anche se coperta dalla camicia, ma in questo periodo, si diffonde una pettinatura fatta con dei ferri caldi e una sorta di amido creando una pettinatura appuntita, simile a delle antenne e la troviamo solo a 21 Venezia. La moda del collo e della gorgiera si diffonde anche a Venezia ma invece di essere chiusa rimane aperta per far vedere la scollatura. Invece in Inghilterra e nei paesi nordici usano alternative alla moda spagnola. Infatti, si sviluppa la scollatura, spesso abbellita da fiori posti al centro. Il collo importante rimane così un elemento del Seicento. Tipologie di colli: collo in pizzo rialzato dietro viene chiamato “alla Medici” perché si dice fosse stato inventato da Maria de Medici. collo rabato =collo abbassato, appiattito collo vallone o alla vallona = viene dal Belgio ed è il collo piatto, ma poi si diffonde anche in altre zone. Lo troviamo solo nella moda spagnola come evoluzione della gorgiera, nella moda francese non lo vediamo, questo collo grande e basso. (abbiamo ancora il vertugado e le soprammaniche tipiche della moda spagnola anche per dame di altri paesi, infatti diventa la moda internazionale). Non indossavano la borsa perché non aveva nulla da portare con loro. Nelle mani portavano invece i fazzoletti, che erano inutili ma erano simbolo di ostentazione del lusso, infatti erano di lino col pizzo. Diventa un accessorio significativo perché rappresentava il loro ozio e il loro status elevato. 3.1.2 Il guardaifante Il vertugado inizia ad ampliarsi sui lati. Si può vedere nei dipinti seicenteschi di Velazquez. Infatti, celeberrimo quadro “Las meninas” evidenzia che anche le bambine piccole indossano il guardainfante. quadri fatti regolarmente per mostrare come crescevano perché servivano per essere mandati ai futuri sposi in Austria. Il telaio non è a cono o tamburo, ma crea una forma che si allarga sui lati e permette di creare una specie di “ripiano” sopra cui ci si possono appoggiare oggetti come orologini legati da nastri. L'allargamento dei fianchi va di pari passo con alleggerimento del collo, con il passare degli anni dai trenta ai cinquanta del 1600, si riduce notevolmente. Nasce anche la parrucca, che inizia a prendere piede. I capelli sciolti li portavano solo le fasce d'età più piccole, di solito invece le donne li portavano acconciati… Anche il guardainfante si può descrivere come un fenomeno di moda, non di certo funzionale, ma serve per far vedere la propria ricchezza. Agostino Lampugnani critica il guardainfante: «Una femina modante, dicono, alla Spagnola…Non sembrano in quello smisurato ingombro che fanciullini nelle ceste, fatte di salici o di vermene liscie di castagno, larghe nel fondo, e stringendosi nella cima…Pare che queste Signore Dame sieno stanche d’essere Italiane, che perciò vogliono disitalianarsi, per todesche, se non nel bere, almeno nel portarsi a torno una botte per vestito» Secondo alcuni, l’origine del termine deriva (1) dall’idea di poter nascondere le gravidanze indesiderate. Invece per altri (2) serve ad indicare il sostenere il bambino come una culla. Proprio in merito alla seconda definizione, Lampugnani dice che era quella più comunemente accettata: «Onde se le mammane han dato nome a tale ingombramento di Guardainfante: & io non solo lo chiamerei più volentieri Guardafemina cadente in acqua, o navigante: ma Guardamarito. Poiché quando stanco egli fusse ito dalla moglie havrebbela ritrovata col materasso appresso per riposarvisi con esso lei» 22 Il guardainfante originariamente era proibito dalle leggi suntuarie spagnole nel 1639, perché descritto come capo da prostitute e non donne per bene. Le leggi suntuarie hanno fine moralistico, regolamentano a fin di bene gli eccessi della moda. Non hanno effetto però in questo caso, creando un effetto paradossale, non solo il vestito proibito viene accettato nel luogo più alto dell'epoca, ovvero la corte, anzi veniva consentito solo alle cortigiane. Quello che era riservato alle cortigiane viene recepito a corte in pompa magna. Inoltre, è solo spagnolo, ma lo troviamo anche nei paesi sotto l’influenza spagnola, come Milano, Napoli, Portogallo, Sud america,… Già nei trenta abbiamo un collo grande che però si rimpicciolisce. Comincia a definirsi la terminazione del corpetto che progressivamente dal trenta in poi inizia a svanire. Gli anni 30 sono di svolta, si affermano oltre alla moda spagnola quella inglese e quella francese. Dopo la metà del Seicento, il guardainfante sparisce, la gonna resta larga, con qualche forma di telaiatura, ma non come le precedenti. Le scollature diventano sempre più evidenti sia nella moda spagnola che italiana, ispirate alla moda francese, che stava iniziando a unificare tutto. IL PROSEGUIMENTO Dopo gli anni 30 del 600 il collo rimane importante ma inizia a rimpicciolirsi e a semplificarsi. In alcuni casi non c’è ancora il guardinfante ma si vede il vertugado. Comincia a definirsi invece il corpetto. Gli anni Trenta sono anni di svolta perché si affermano due nuove mode: quella inglese e quella francese. Moda inglese Scompare il farthingale, va via il collo pronunciato, rimangono maniche e vestito grandi, però la moda inglese si caratterizza per l'idea relativa di comfort: bustini meno attillati, tessuti leggeri e strutture degli abiti in generale più semplici con forme più morbide. Sotto c'era una camicia e nessuna struttura rigida come vertugado o farthingale, ma solo vari strati di stoffa. Moda francese È una via di mezzo tra quale la spagnola e quella inglese. Mantiene il collo grande (moda spagnola), le maniche che arrivano fino al polso e il busto. Il collo inizia a mostrarsi. La moda francese diviene così una moda importante, quasi predominante, a causa della caduta degli altri due stati (con il suo sorpasso nel 1650 circa, supremazia rimasta quasi fino ai giorni nostri). Si mantiene una struttura della gonna che invece nella moda inglese non c’è. 3.1.3 Gorgiera e collo Di stoffa o di lino, di pizzo se pregiate, accomunate dal fatto che gli strati erano ottenuti piegando la stoffa e poi si inamidavano le pieghe con ferri caldi che permettevano di rendere rigido il collo. La gorgiera cresce anche nella moda veneziana, in cui rimane l’idea della scollatura e delle acconciature tipiche particolari. Infatti, con ferri e sostanze per indurire i capelli si alzavano i capelli anteriori (come due antennine). A Venezia mantengono uno stile riconoscibile, però la moda della gorgiera è così grande che riesce appunto ad arrivare a Venezia ma aperta sulla scollatura. Nei quadri non si vede ma c’è un supporto di cartone e seta che teneva su la gorgiera. Il collo rabato o vallone o alla vallona era quello piatto, ma rimaneva comunque importante. C’è solo nella moda spagnola e ne è una sua evoluzione. La scollatura poi inizia a farsi strada anche in quella spagnola perché successivamente le mode convergono in quella francese, tranne l’Inghilterra che si isola. 23 3.1.4 Manteau/mantua/mantò Dato che a volte viene definito come mantua, si pensa che sia stato inventato a Mantova. Il manteau è un pezzo di stoffa che si raggruppa dietro la gonna. Tutta la gonna larga si sta restringendo è il primo passo della restrizione della gonna. In certi ambienti viene percepito come troppo poco, non viene visto adatto alle occasioni formali. È vissuto come deshabillé. Anticipa il sellino dell’Ottocento. 3.2 MODA MASCHILE Alcuni pezzi di abbigliamento erano sentiti eccessivi per gli uomini, come il colletto. In realtà poi anche qua va detto che a parte qualche eccezione, la moda maschile prosegue con il suo decorativismo accentuato come il collo a gorgiera o il collo piatto. Quello che rimane determinate è appunto l’importanza del collo. Da segnalare è il colore, dove abbiamo visto comparire il nero, simbolo della classicità e non della femminilizzazione di colori accesi come il rosso o il rosa. Il nero si usa in determinati contesti, per esempio nelle Fiandre dove è forte la presenza degli Asburgo spagnoli. Un po’ per l’influenza spagnola e anche un po’ perché si impone un’etica del lavoro, una sobrietà morale che viene incarnata dal nero. Differisce quindi dal nero visto da Raffaello, classico. Il nero poteva anche essere declinato in varie fantasie e tessuti. Prosperano i fiocchetti sulle scarpe e rimangono in vista le gambe, a differenza delle donne che dovevano coprirsi perché inferiori. L’uomo, perché deve essere performante, deve mostrare le gambe scattanti e giovani. Abbiamo la comparsa anche dei tacchi nelle scarpe maschili, moda che rimane fino al Settecento. Si indossavano le brache che arrivavano al massimo fino al ginocchio, ma anche più corte. Molto importanti erano i gioielli, spille, orecchini di perla, che notiamo anche nel ritratto di van Dyck di Carlo I d’Inghilterra, che porta anche un vistoso collo in pizzo. È vero che i giovani venivano visti con una forza innovativa anche in passato, ma avevano una libertà di manovra molto minore rispetto quella conquistata negli ultimi 60 anni. Lo si vede anche nell’abbigliamento, che è uguale a quello degli adulti. Infatti, i bambini portavano le brache o culotte eliminate durante la Rivoluzione francese, in cui nascono i sanculotti, che portavano i pantaloni. I maschietti iniziano a vestirsi come gli uomini a partire dai 6/7 anni, in cui erano affidati a balie ed educatrici. Nel dipinto di Tiberio Tinelli, Ludovico Widmann possiamo notare un ragazzo veneziano perché segue la moda spagnola, con colori scuri. In questo periodo si diffondono anche gli stivali. Erano una calzatura esclusivamente maschile perché di origine militare. Anche per gli uomini si usavano parrucche e capelli lunghi. Come vediamo nel dipinto John Rose, il giardiniere reale offre un ananas a Carlo II, in cui i protagonisti indossavano il three piece suit, cioè il tre pezzi, che prevede barche, gilet e la giacca, chiamata marsina oppure redingote, che deriva dall’inglese “riding coat”, cioè giacca da cavalcare. È una moda che si fissa fino al 700. Si tratta in realtà dell’antenato del completo maschile di oggi. Deriva dall'ordine del 1666 di Carlo II che prevedeva l’obbligo di indossare questo completo per entrare a corte, il motivo intrinseco è quello di far comprare vestiti creati in Inghilterra. Possiamo notare anche l’antenato della cravatta, il japot, un fazzoletto di pizzo legato attorno al collo. La cravatta in realtà ha un’origine analoga, chiamata cravatte in francese, cioè un fazzoletto annodato al collo indossato dalle truppe croate di Luigi XIV. 24 3.3 LE CALZATURE Rimangono i tacchi e i fiocchetti. Nella miniatura di Abraham Bosse possiamo anche vedere la prova delle scarpe, che si svolgeva come al giorno d’oggi. Le foto delle slides seguenti sono ambigue, poiché non si riesce a capire se siano maschili o femminili. Non sono calzature comodissime, soprattutto pensando alle condizioni delle strade dell’epoca. Infatti, si trattava di sentieri, non erano cementate. Per cui inizialmente vi erano problemi “logistici” perché il tacco, specie se c’era il fango, sprofondava nel terreno. Quindi la soluzione era una suola che collegava il tacco alla punta. I famosi talons rouges sono stati ideati da Filippo d’Orleans perché non era molto alto. Piacevano anche al fratello, Luigi XIV, che li indossava nella reggia di Versailles. Uno dei modi con cui lui teneva occupati i nobili alla reggia era fare rispettare loro una rigida etichetta, anche nella moda. I tacchi rossi vengono ordinati a tutti gli uomini che si presentavano a corte, anzi vengono concessi solo ad alcuni perché non tutti avevano il privilegio di portare le stesse scarpe del re. Leggenda vuole che l’origine del colore sia dovuta a quando Filippo d’Orleans si sporcò le scarpe con il sangue di alcune bestie. Anche nel famoso dipinto Luigi XIV con gli abiti dell’incoronazione notiamo che il re portava i talons rouges. E nonostante l’età viene ritratto con un fisico giovanile e atletico. Questa calzatura viene poi rivisitata da Louboutin con la suola rossa al posto del tacco per farle riconoscere. 25 CAPITOLO 4: IL SETTECENTO 4.1 MODA FEMMINILE Prima c’erano molti dettagli e caratteristiche che ci potevano permettere di collocare un abito in un preciso paese d’origine. In questo caso invece la nazionalità delle persone è più difficile da indovinare. A questo punto, agli inizi del Settecento, la moda tende infatti a convergere. Scompare il manteau, però la gonna rimane stretta. Quindi si passa da gonne abbondanti, a una più stretta e più dritta. Si indossa anche il busto, che stava sopra la camicia, poi si metteva l’abito e sopra ancora la pettorina, che poteva essere parte integrante del vestito o separata. I colori sono chiari, anche nell’arte. Per molti versi questo secolo vuole essere una semplificazione del Seicento, caratterizzato da fiocchi e colori accesi. In Inghilterra invece va di moda la tinta unita e la tendenza a colori crema, bianco, in generale chiari. I tessuti sono più leggeri, come la seta, che diano una sensazione di leggerezza. In più il colore degli abiti è chiaro, come bianco, crema, panna, beige... in Inghilterra; invece, in Francia i colori sono più brillanti. Durante gli anni Ottanta del Settecento il percorso della moda inglese che avevamo visto essersi isolato, quindi era ben distinguibile, inizia ad imporsi nel sistema europeo e influenza anche i francesi. Si impongono ora tessuti diversi perché la caratteristica è quella del comfort. Infatti, quando arriva in Francia si usa il lino, il cottone leggero. Quindi non abbiamo più il vestito con busto rigido e panier, ma un tessuto velato e una vita segnata da una fascia. Soprattutto poi, in Francia, questo abito viene chiamato chemise, che significa camicia, poiché è come la camicia che abbiamo visto nei secoli precedenti. Infatti una caratteristica della moda, in ogni periodo, è quella di prendere dei capi da intimo e trasformarli in capi da giorno. Per questo motivo è un abito visto male inizialmente. Non ci sono sottostrutture come sellini etc ma solo molta stoffa per dare volume alla gonna. A fine Settecento si impone anche la moda “alla greca”, che prenderà poi fortemente piede durante il corso del primo Ottocento con il nome “stile impero” mentre in Inghilterra “moda regency”. 4.1.1 Panier e tontillo Comincia ad emergere in ambito francese il panier, cioè una sottostruttura della gonna. Panier= paniere, sottostruttura a forma di paniere rovesciato, da cui ne deriva il nome che non è il guardainfante. Il panier è una gonna che deve il suo nome al paniere. Sono la stessa cosa ma prendono due nomi diversi a seconda della nazione. In Spagna si recupera quasi l’idea del guardainfante. È una delle mode più fortunate ai giorni nostri, basti pensare al carnevale veneziano. Un esempio è la collezione di Galliano per Christian Dior, da sempre legato al Settecento. 26 4.2 MODA MASCHILE La moda maschile invece consiste nel tre pezzi: braghe, gilet e marsina. La data di riferimento è 1666, che suggella un’abitudine che perdurerà per tutto il Settecento fino alla rivoluzione. Il gilet arrivava poco sopra il ginocchio. Nel quadro di Luigi XIV perdura l’idea del talon rouge, anche se poi passa di moda. Anche successivamente si trova la prevalenza del tre pezzi e l’introduzione delle parrucche, grigie sia per uomini che per donne perché si incipriavano. In questo periodo c’è un’idea di mascolinità più leggera che nell’Ottocento verrà stigmatizzata come effemminata e quindi negativa. Le pose nel Settecento sono più scomposte e ci sono anche fantasie floreali e colorate. L’uomo in questo periodo è talmente interessato alla moda che nasce la figura del macaroni, tipicamente inglese. Si pensa che visto che gli inglesi facevano il grand tour in Italia, tornavano poi in patria con pasta etc e una moda diversa e quindi venivano chiamati così. Indossavano parrucche molto alte, anche puff maschili. Sono ragazzi giovani che seguono la moda. 4.3 LE CALZATURE Le forme sono curvilinee, caratteristica dell’arte rococò. Permane comunque il tacco anche nella moda maschile, visto come elemento molto virile. 27 CAPITOLO 5: L’OTTOCENTO LO STILE IMPERO O RECENCY 5.1 MODA FEMMINILE 5.1.1 Dallo stile impero/regency alla crinolina Si tratta dello stesso stile, ma nel primo caso è il nome adottato in Francia e il secondo in Inghilterra. Le prime manifestazioni sono quelle viste nella moda alla greca, con teli leggeri per ricreare un effetto di statua antica. Si tratta di un atto rivoluzionario, confrontato alle impalcature in cui era costretto e vincolato il corpo femminile. Questo a causa anche della caduta del re in Francia, che demolisce tutto lo stile aristocratico dopo la Rivoluzione francese. Invece in Inghilterra è il periodo della pazzia di Giorgio III, che a causa dei suoi problemi mentali fu sostituito dalla reggenza del figlio, futuro Giorgio IV. Per contrapposizione emerge uno stile molto più semplice, dettato da questi capovolgimenti politici e sociali, ma che si aggancia alla tendenza della moda inglese già presente nel secolo precedente. Ora questo principio di comodità viene portato al sommo grado. Con il neoclassicismo nasce questa differenza tra romano e greco, data dalle novità archeologiche. Poi siccome ad un certo punto diventa contemporanea all’impero napoleonico, richiama il nome riferito all’antichità. Infatti, è proprio un capovolgimento della moda femminile, vedi Madame Récamier di Jacques-Louis David. La donna è in una posa molto morbida, sdraiata con le gambe incrociate e i piedi scalzi, che prima erano esclusivi delle divinità. Questi movimenti sono permessi grazie agli abiti comodi e dai tessuti leggeri. In realtà, questi argomenti erano sempre discussi dagli intellettuali del tempo, che ne facevano satire. Un esempio è quello di una stampa satirica su due donne, una vestita con lo stile impero e l’altra con lo stile settecentesco col panier che si guardano inorridite. Si nota comunque la differenza tra i colori e i dettagli degli abiti del Settecento. Altra stampa satirica si chiama “too much and too little or summer clothing for 1556 and 1796” in cui si evince perfettamente che per l’epoca lo stile impero era visto come una moda scostumata. Ma in realtà nasconde un errore, poiché il collo che per la stampa corrisponde al Cinquecento, sia in realtà del Seicento. Questa stampa mette in esagerazione le caratteristiche del regency, sottolineandone l’aderenza e la trasparenza dei tessuti. In un’altra c’è un cieco che pesta il vestito di una signorina, che sotto il vestito era nuda. In realtà le donne portavano sotto un’altra camicia, una sorta di abbigliamento intimo. Ma si tratta dell’esagerazione della satira, che parte comunque da uno spunto reale. Un esempio famoso di questo stile è l’incoronazione di Napoleone di David. Infatti, le donne sono raffigurate con colori chiari, abiti bianchi e oro con il sotto seno molto segnato e una scollatura quadrata profonda. Si usava moltissimo lo scialle di cachemire, poiché i tessuti erano veramente molto leggeri, e quindi lo si indossava anche d’estate. Il rischio quindi si capovolge, perché molte ora rischiavano problemi polmonari. Questo sottolinea la non praticità della moda. Anche le pieghe del vestito che incuneano sono di scandalo perché evidenziano il ventre. Nei dipinti dell’epoca anche la posa cambia, infatti sono più sciolte, con le gambe incrociate. I ricami rimangono comunque importanti, di oro e con il pizzo. Quindi non è una moda da poveri. Infatti, la giacca era spesso di velluto, chiamata spencer, che corrisponde all’odierno coprispalle. 28 I tacchi non sono più previsti perché lasciano spazio a delle più comode ballerine. Infatti, le vediamo anche in alcune stampe in cui le donne fanno attività sportive, come equitazione e tennis. 5.1.2 Lo stile della restaurazione: la crinolina Siamo nel primo ventennio dell’Ottocento, periodo in cui le forme ritornano perché si trattava di un momento audace, forse sostenuto dall’effervescenza della rivoluzione. Nell’abbigliamento si restaura qualcosa del periodo precedente: rimangono le linee più dritte ma i tessuti tornano più pesanti come il velluto. Tornano infatti le forme rigide, sia in politica che nella società. Viene recuperata anche la gorgiera e a volte anche il collo alto. Iniziano a tornare anche le maniche larghe. Il punto vita scende e si capisce che le gonne si stanno allargando. Il bianco non è più il colore predominante perché tornano anche i colori. Siamo negli anni 30-40 dell’Ottocento e inizia a prendere piede la crinolina, che arriva fino agli anni 60-70, ed è una struttura, un telaio, che serve per tenere particolarmente larga la gonna. È più tonda rispetto alle altre strutture viste in precedenza. Nel ritratto dell’imperatrice Eugenia di Winterhalter la crinolina è particolarmente sontuosa perché voleva imitare Maria Antonietta, suo modello per restaurare la monarchia. Questa imperatrice è la cliente più importante di sir Frederick Worth, e a partire da questo momento tutte Le dame dell’aristocrazia si serviranno dei suoi lavori. L’iter per vestirsi con la crinolina era molto complicato, infatti servivano persone che aiutavano la donna a vestirsi. Per questo motivo si tratta di moda elitaria, anche per i costi dei tessuti che dovevano essere molto ampi per coprire tutto il telaio. 5.2 MODA MASCHILE Rimane l'idea del tre pezzi nella moda maschile. Gli ideali della Rivoluzione francese sono fondamentali per questa virata della moda. La rivoluzione vuole cambiare quegli elementi tipici dell'ancien regime e lo fa anche tramite la moda. Ma ciò non è grazie solo alla Rivoluzione francese. Con la restaurazione la moda femminile cambia, mentre la moda maschile è erede di quella precedente in linea dritta. La moda cambia anche con gli ideali del capitalismo, della rivoluzione industriale, partendo da Inghilterra si andrà poi a diffondere. La rivoluzione industriale crea metodi di produzione su larga scala, nel Ottocento nascono i grandi magazzini. Il capitalismo si basa sul lavoro, che precedentemente non era un valore fondamentale. L'uomo lavora e la donna sta a casa. Per indicare che è dedito al lavoro, quest'uomo non andrà più a vestirsi con colori sgargianti bensì colori più neutri. Questa propulsione per i colori scuri viene ovviamente presa di mira dalla satira. Donne chiamate chiamate dalla satira merveillouse e gli uomini incroyable. Si semplifica la moda maschile perché da questo periodo inizia un fenomeno chiamato "la grande rinuncia" che da fine Settecento vedrà una rinuncia dell'uomo al colore, alla moda, alla vivacità. Il teorico di questo fenomeno è Flugel, in Psychology of clothing. Ciò farà dell'abbigliamento maschile qualcosa di sobrio e austero. Pur all'interno di questo discorso, succede che si creano gruppi distinti. Ci sono degli uomini che decidono si può dettare la moda vestendosi anche nei termini della grande rinuncia. Beau Brummell, è uno che cerca intensamente di curare il proprio aspetto, diventando un modello. Impone i bottoni dorati nella moda civile, cura la moda adeguandosi un pochino alla rinuncia, puntando però sulla ricercatezza, non sulla sfarzosità, guarda come legata la cravatta, i bottoni, il taglio sartoriale. Questo fenomeno maschile sviluppatosi in Inghilterra porta alla nascita della figura dei dandy, figura maschile particolarmente attenta all'eleganza. 29 Gli ideali della rivoluzione, égalité, fraternite, liberté, vengono riflessi anche nella moda. Questa idea di eguaglianza, che non ci possa essere più un uomo elegante, intelligente, abituato alle belle cose, emerge piano piano. C'è l'idea che la moda diventa uniforme, vera per un certo verso. Ma c'è un gruppo a cui ciò non va bene e loro inizieranno ad andare contro le masse. Il dandy differentemente dai maccaroni è gli incroyable, elabora un pensiero, inizia ad avere consapevolezza della sua diversità, c'è un motivo per cui si vestono così, vogliono dimostrare di essere individui speciali che spiccano sulle masse. Ci sono anche delle ricerche dal punto di vista della moda, per quanto riguarda gli uomini. Baudelaire è un esempio di dandy, la noia dell'Ottocento era appunto per lui una sensazione di non star bene nella società che sta attorno, nel pensare che le vite degli altri non dicessero niente. Usava vestiti scuri ma con anche cravattine colorate etc., metteva dei tocchi di colore. Queste cose sono proprio simbolo del dandy, non creano una contrapposizione netta a livello vestimentario ma a livello culturale sì. In contrapposizione abbiamo Napoleone III tutto ovviamente di colori scuri. Nell’Ottocento in Francia viene emanata una legge che vieta alle donne di portare i pantaloni, George sans però andava contro questa tendenza utilizzandoli, vestendosi in modo maschile, fenomeno però che non ha lo stesso risalto di quello dei dandy. Per Wilde anche la moda dev'essere un'arte e perciò deve valere in sé per sé, non si dà una funzione pratica alla moda, dev'essere autosufficiente, non bisogna seguire nessuno, è lui che detta la moda. 30 CAPITOLO 6: IL NOVECENTO MODA FEMMINILE 6.1 DA PAUL POIRET A VIONNET FILE (1900-1930) Il primo sarto moderno è Charles Frederick Worth. Scompare il sellino nei suoi primi vestiti ma si mantiene il vitigno da vespa, ottenuto con un bustino molto stretto, il più stretto incontrato nella storia della moda, alcuni medici iniziano a mostrare riserve contro questo tipo di abbigliamento, stringendo gli organi che crescevano si modificavano etc... la moda però, per l'appunto, non ha funzioni pratiche quindi ci sta, il vitino da vespa è un modo per evidenziare i fianchi non avendo più la gonna larga. Inizia a farsi strada l'idea di un abito più morbido, rilassato, un abito non strutturato con una gabbia e uno dei primi paletti a cadere è quello del bustino. Abbiamo per esempio Rosa Genoni, la prima sarta importante italiana, che non si occupa solo di moda, ma è amica anche dei socialisti. 6.1.1 Gli anni Dieci L'inventore dell'abito femminile 900esco è Paul Poiret, che impone una moda senza bustino, capisce anche l'importanza della pubblicità con i suoi modelli che vengono riprodotti da artisti e pittori, su incisioni colorate, che viaggiavano da sole solitamente o in piccoli cataloghi. Abbiamo linee morbide e stile direttorio (non più impero ma simile), pettinature un po’ più corpose. Per abolire il corpino torna lo stile impero, che, anche se è stata una parentesi di circa 30 anni, è stata una parentesi importante, ma avrà più successo dopo. In questo periodo infatti vige lo stile direttorio. Sellini, vitini etc non torneranno mai più anche grazie alla diffusione dello sport. L’uomo inizia a portare un abito biforcato mentre la donna continua a tenere la gonna. Un altro elemento è la grande rinuncia maschile nell’Ottocento NB: ROSA GENONI: primo nome della moda italiana, che punta sul made in Italy L’altra cosa importantissima è l’utilizzo dell’immagine come comunicazione, come forma di pubblicità. Paul Poiret fa disegnare i suoi artisti e fa un libretto. I disegni vengono poi pubblicati nelle riviste di moda. Esite la fotografia ma non è ancora ai livelli della grafica. Le immagini sono molto moderni: sfondo neutro e colori sui vestiti, che catturano l’attenzione. L’immagine diventa parte integrante della moda. Inoltre, la pubblicità non è basata solo sul porta a porta, ma le riviste viaggiano anche al di fuori della città. C’è una circolazione sempre più diffusa e impersonale: non c’è più il rapporto con il sarto ma vede la nascita con i grandi magazzini (abito e rapporto standardizzati). Vestito di Poiret → inganno della pubblicità: inganna con il colore e le forme essenziali.