Formare le Operatrici Sociali per il Contrasto alla Violenza di Genere PDF

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This document discusses training social workers to combat gender-based violence in Italy. It covers various aspects, including statistics on violence against women, international conventions, and the role of anti-violence centers. The text highlights the need for continuous training and cultural change to address the issue effectively.

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FORMARE LE OPERATRICI SOCIALI PER IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA DI GENERE (Data esame: 5 Giugno, ore 14:30 → domande con 3 opzioni di risposta + domande aperte) Alcuni dati 1 su 3 donne hanno subito violenza e questo ha conseguenze sullo stato psicofisico. La violenza di genere è considerata una pande...

FORMARE LE OPERATRICI SOCIALI PER IL CONTRASTO ALLA VIOLENZA DI GENERE (Data esame: 5 Giugno, ore 14:30 → domande con 3 opzioni di risposta + domande aperte) Alcuni dati 1 su 3 donne hanno subito violenza e questo ha conseguenze sullo stato psicofisico. La violenza di genere è considerata una pandemia, ovvero è presente in tutti i territori e in tutte le popolazione -> shadow of pandemic -> incremento dei conflitti durante la pandemia. Durante la pandemia, si è acuita la gravità delle ferite e, più se ne parla, più aumentano i dati della violenza perché viene ad emergere il sommerso della violenza. Per la Convenzione di Istanbul, non è possibile la mediazione quando c'è violenza -> molto spesso infatti, esiste una dipendenza tra il violento e la persona maltrattata. La violenza di genere è un fenomeno riconosciuto a livello internazionale solo nel 900. Ogni settimana, il Ministero degli Interni fa un report che mostra che sono in crescita gli omicidi volontari -> i femminicidi sono più o meno stabili. Sono in aumento anche le denunce di stalking -> misura amministrativa in cui il ministero dell'interno può richiamare chi agisce con atti persecutori. Il problema della violenza verbale e persecutori è evitare la recidiva quindi è necessario che le persone vengano trattate. A tutti i livelli persecutori è quindi necessario avere dei trattamenti per evitare la recidiva. → CUAV (centri uomini autori di violenza), in Italia, sono all'inizio e sono utili per capire come trattare gli uomini autori di violenza. Il Ministero dell'Interno indica dei dati settimanali grazie ai quali è possibile fare comparazioni. Solo nel 1995, si è fatta la separazione in merito agli omicidi rivolti alle donne e, nella maggior parte dei casi, gli omicidi vengono connessi in ambito affettivo/familiare. Perchè c'è una nuova sensibilità sociale Ci si domanda quindi perché adesso c'è una sensibilità sociale nuova per cui se ne parla? Ex. Rilettura di immagini: il ratto di Proserpina e lo stupro di Cassandra, il ratto di Europa, metamorfosi Leda e il cigno-Zeus, Romolo, Remo e la fondazione di Roma, il ratto delle Sabine, il femminicidio di Francesca in Dante, Carmen di Bizet. Fiabe e terrore: - Hansel e Gretel - Pollicino - Cappuccetto rosso - Barbablù Dobbiamo rileggere con una nuova consapevolezza questi immaginari che hanno segnato la nostra infanzia perché, se guardiamo le rappresentazioni del passato, ci rendiamo conto del fatto che le immagini di violenza erano normalizzate. Lotta per il riconoscimento dei diritti umani delle donne Inizia nel 700 con la Rivoluzione Francese -> si nasce liberi e uguali e non in schiavitù. Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina di Olympe de Gouges -> alla fine viene condannata perché considerata dotata di fervida immaginazione. Le suffragette -> si battono per la questione del diritto al voto e molte muoiono sotto i cavalli in corsa per battersi. La lunga lotta per la cittadinanza delle donne (slide) In Italia, il voto alle donne viene dato a Marzo del 1946 dopo la caduta della dittatura fascista. Dal 1948, c'è la stagione dei diritti umani -> la dichiarazione universale dei diritti umani, approvata il 10 Dicembre 1948, sancisce l'uguaglianza di diritti per uomini e donne. Eleanor Roosevelt dà l'idea dei diritti umani non come azione formale, ma sostiene che debbano essere applicati altrimenti perdono di valore -> gli stati che fanno parte delle nazione unite, fondate a San Francisco nel 1945, devono far applicare questi diritti. Dopo la seconda guerra mondiale, i diritti umani e di cittadinanza delle donne si sono così articolati: - diritto di voto - diritto all'educazione - diritti socio-economici -> paga uguale per il medesimo lavoro. E' uscita una legge per cui le donne possono chiedere quanto prendono gli uomini in modo tale da rispettare l'uguaglianza. - diritti sessuali e riproduttivi - lotta alla violenza di genere Articolo 3 della Costituzione italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Leggi tardive in Italia 1956: La Corte di cassazione fa decadere l'articolo 571 (ius corrigendi) 1963: ammissione delle donne in magistratura 1968: viene abolito l'adulterio 1996: lo stupro diventa reato Il 13 Maggio 2023 è entrato in vigore il Codice Rosso Rafforzato che introduce una forma di flagranza differita, ovvero non nel momento dell'atto di violenza, ma lo ricostruisce, dando così alle vittime la possibilità che le loro prove vengano acquisite dalla polizia e che questa possa procedere, pur non cogliendo l’accusato in flagranza di reato. Riconoscimento della violenza domestica e sessuale come violazione dei diritti umani Nel 1981 Convention on the Elimination … Nel 1993 a Vienna si tiene una convenzione delle nazioni unite sui diritti umani -> grazie alla pressione di migliaia di donne, si riconosce la Dichiarazione di Vienna in cui si definisce che la violenza di genere ha diverse forme e si deve fare qualcosa.. Qui si parla soprattutto di violenza sessuale e psicologica. La conferenza mondiale sulle donne più importante quella a Pechino del 1995 che prende in consegna il problema della violenza di genere come violazione dei diritti umani -> art. 113: minaccia non solo dell'agito, ma anche di agire. La violenza contro le donne comprende dunque: - violenza fisica - violenza sessuale - violenza psicologica I casi di violenza sono legati ai pregiudizi -> lavoro su essi e stereotipi. Protezione delle donne rifugiate Diritto internazionale umanitario -> molto spesso sono le donne a essere bottino di guerra o di stupro. Nei conflitti armati, questo è un problema cruciale perché spesso le donne venivano rapite e ingravidate. I crimini sessuali sono considerati: - crimini di guerra - crimini contro l'umanità -> contro lo stupro sistematico Le istituzioni che ci proteggono sono: - UE e le sue politiche discriminatorie Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea - art. 21 - Non discriminazione -> questo articolo ha maggiori sviluppi anche rispetto alle costituzioni. - Ricerca sulla violenza di genere nell'Unione Europea (2014) European Institute for gender equality Esistono diverse forme di violenza: - violenza sessuale - violenza fisica - violenza psicologica - violenza economica - violenza cibernetica Dati sulla Gender-based violence in the European Union (slide) Dati sui femminicidi - consiglio d'Europa e la difesa dei diritti -> sono 46 Stati dopo l'espulsione della Federazione russa. -> applicazione dei diritti umani in Europa La Convenzione di Istanbul è fondata su 4 P: - prevenzione - protezione - prosecuzione - politiche integrate É il primo strumento giuridicamente vincolante e definisce la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani. 1) firma (in Italia nel 2011) 2) ratifica 3) entrata in vigore (2014) È entrata in vigore in 39 Paesi e si aspetta l'approvazione della Direttiva perché venga approvata in tutti i paesi. art.13 - Sensibilizzazione art. 14 - Educazione art. 15 - Obbligatorietà della formazione su queste tematiche → É necessario un approccio multi-agency → É importante formarsi perchè è fondamentale un actual learning, ovvero una formazione continua (visione film: C'è ancora domani) ACCOGLIERE LE DONNE CON VISSUTI DI VIOLENZA Il ruolo e il metodo dei centri antiviolenza Cadmi è il primo centro antiviolenza nato in Italia nel 1986 e questo ha permesso di dare un nome al fenomeno della violenza di genere. Dobbiamo iniziare a considerare questo fenomeno come qualcosa che ci riguarda da vicino e questo vale anche per i maschi, anche per coloro che non hanno mai agito violenza -> dovrebbero ragionare sul come hanno costruito la loro identità mascolina. Le finalità di Cadmi sono due: 1) andare ad agire sulla riparazione del danno supportando donne e ragazze che vivono situazioni di violenza 2) incidere sulla cultura affinché cambi e si possa liberare di questo fenomeno tanto diffuso Per perseguire le finalità, vi sono diverse aree: - accoglienza -> centro antiviolenza, che tiene insieme diverse attività e diverse professionalità (inclusa quella telefonica). Accoglienza significa ascolto, ricostruzione del vissuto, valutazione del rischio e costruzione di quello che è il progetto individualizzato per la specifica donna. Quest'ultimo deve nascere dalla libera scelta di quella donna e ogni progetto prevede una messa in campo di: - collegamenti di rete interna (area legale, area psicologica) - collegamenti di rete esterna (forze dell'ordine, servizi sociali, sistema socio-sanitario, scuole) - formazione e lavoro -> spesso nei contesti di violenza si perde autonomia economica che, in alcuni casi, non è mai stata conquistata. In Italia, il 50% delle donne infatti, non hanno mai lavorato. Ad alcune donne viene imposto di lasciare il lavoro, mentre altre lo fanno perchè non riescono a sostenere la pressione. Del 50% delle donne che lavora, il 5% ? non ha un'indipendenza economica per via del gender pay gap o perché svolgono lavori part-time (a volte anche imposti dal datore di lavoro). L'area lavoro aiuta le donne anche a lavorare sulla loro personalità e mettere a frutto le loro competenze che vanno valorizzate. - ospitalità -> case segrete o case rifugio. Cadmi ne ha 10, che ospitano donne e donne madri con i loro figli. Sono messe a disposizione nelle condizioni più a rischio e per quelle donne che non hanno alternative. ex. Progetto "uscire dal deserto" per liberare le ragazze che vivono situazioni di violenza agite in famiglia, come per esempio dal padre. I fondi istituzionali coprono il 75% del fabbisogno, mentre il resto si ricava tramite bandi e aziende private che finanziano questi progetti. - comunicazione -> fondamentale anche per raggiungere la popolazione più giovane I finanziamenti ci sono dal 2013 grazie alla legge 119 che sostiene che i centri antiviolenza debbano essere sostenuti anche se, ogni regione, applica l'erogazione dei fondi in modo soggettivo. -> l'istituzione sostiene quindi solo una piccola parte di questa attività e molti territori hanno una presenza molto scarna di centri antiviolenza. (visione colloquio conoscitivo in un centro antiviolenza) - In un colloquio sono sempre due operatrici perché la pratica originaria è quella di relazione tra donne e, il fatto di essere in cerchio, ha lo scopo di ribaltare i ruoli (non unidirezionale), ma sono in posizione circolare per dare l'idea di dialogo e forza. Inoltre, due operatrici che collaborano hanno una netta forza comunicativa e arriva subito alla donna l'idea che insieme ci si dà forza-> pratica molto efficace e inserita nel piano nazionale antiviolenza, nel sistema stato-regione. Luoghi comuni sulla violenza "hai bisogno di vedere un occhio nero per accorgerti della violenza sulle donne?" Molto di ciò che accade nella violenza, a volte non si vede e, ognuno di noi deve cercare di lavorare sugli stereotipi. -> violenza economica: molto presente, ma molto poco conosciuta Si pensa che le donne maltrattate siano quelle che appartengono ad una certa categoria -> questo è un meccanismo della società per rassicurarsi, ma in realtà questo è un fenomeno trasversale. Tendenza a immaginarsi donne remissive, con poca cultura, a volte straniere, ecc. Dobbiamo entrare nell'ottica che, a volte la violenza fisica, non è visibile perché gli uomini colpiscono punti non visibili. Nel video non si parla di violenza sessuale perchè è un tema molto delicato e che, a volte si va a toccare successivamente, anche perchè a volte le donne sono ancora innamorate della persona maltrattante e con il quale si hanno anche rapporti consensuali -> è la parte positiva e negativa allo stesso tempo. La violenza non è un raptus, ma è una scelta -> non è incapacità di gestire la rabbia, ma vuole portare avanti il suo obiettivo di spaventare, farti sentire sotto minaccia e controllarti. La base della violenza è un'idea di relazione in cui l'altra è una mia proprietà e metto in atto una serie di situazioni di violenza per limitare la libertà dell'altra persona. Bisogna sintonizzarsi con la sensibilità dell'altra persona (ex. Rischio di parlare di violenza subito al primo colloquio). Metodologia - Anonimato -> le donne possono scegliere anche di dare un nome non loro perché è un fattore di protezione ed è anche un approccio che dice alla donna che, chiunque essa sia, non le crediamo anche se è un paradosso - Segretezza - Nessun giudizio -> conoscere permette di non avere pregiudizi, ma un giudizio reale. É importante capire cosa abbiamo nella testa in merito a questo tema. - Ascolto profondo - Libertà di scelta -> ex. Non si impone nulla alle donne e non c'è l'obbligo di denuncia. - Nessun obbligo di denuncia o segnalazione - Valutazione del rischio (S.a.r.a.) -> tramite test, ma anche nel colloquio orale La donna è un soggetto a cui spetta il diritto di avere il suo tempo per rielaborare, non c'è un incalzare di richieste da parte delle operatrici, ma si cerca di fare in modo che la donna acquisisca informazioni e consapevolezza -> la violenza è solitudine ed isolamento ma, entrare a contatto con un centro antiviolenza, fa capire alle donne che non sono più da sole. Le ragazze minorenni vengono accolte se sono accompagnate da un adulto di riferimento, mentre le donne migranti vivono una serie di violenze diverse e quindi è importante formare delle mediatrici culturali preparate su questi temi. [email protected] PROSPETTIVE INTERSEZIONALI: genere, classe, etnia, orientamento sessuale È importante parlarne vista la trasversalità del fenomeno. Quando parliamo di intersezionalità, parliamo di un'attenzione a come diversamente, diversi gruppi di donne sono toccate da assi di potere e discriminazione che si intersecano tra loro, dando vita a forme di violenza seconda o tripla. Questa parola è un'acquisizione di più lungo corso e non solo dei femminismi moderni. Tutti i pregiudizi legati alla tolleranza non agiscono in modo indipendente l'uno dall'altro, ma sono interconnessi dando luogo a forme di discriminazione molteplice che deriva dall'intersezione di questi sistemi (ex. Razzismo, omofobia, transfobia, ecc.). L'approccio intersezionale ci aiuta a vedere come le donne risentono della violenza dall'appartenenza sociale (ex. Nera, trans, lesbica, ecc.). Ex. Saman Abbas Si tende ad attribuire questi fenomeni non ad una violenza di genere, bensì ad una violenza culturale, specialmente laddove islamica. (film: cosa dirà la gente -> racconta una storia simile) Ragionare in modo intersezionale serve per interrogarsi con più competenza sui modi diversi in cui la violenza può colpire le donne, senza dimenticarsi che questo è un fenomeno trasversale -> serve per essere socialmente e culturalmente più competenti quando la violenza si mescola con altre forme di emarginazione ed esclusione. Oggi utilizziamo questa teoria con disinvoltura, ma possiamo dire che è una nozione che ha radice nel femminismo nero, nel femminismo lesbico e nel femminismo socialista e marxista -> gli esempi storici ci permettono di andare indietro nel tempo: Ex. Sojourney Truth: Congresso dei diritti delle donne nell'olio (1851) -> lei, liberata dalla schiavitù, ma in condizione di estrema esclusione sociale, racconta la sua storia di schiava e di una grande fatica che portava la luce sul dibattito della parità di diritti. Lei include esperienze di donne che, fino ad allora, non avevano mai trovato voce (prima solo donne bianche borghesi) -> permette il ripensare collettivo dell'essere donna. Ex. Eleanor Marx: figlia di Karl Marx che, in uno scritto, mette a tema la differenza tra donne all'interno del sistema delle classi e del mondo produttivo. La dimensione della classe deve emergere, altrimenti si fanno rivendicazioni solo sulla classe dominante delle donne borghesi. Anni '70 Esplode questa consapevolezza che le donne cresciute all'ombra sostengono di avere pari diritti sulla carta, ma di vivere comunque in condizioni di oppressione. La violenza sarà un tema che emergerà con più fatica di tanti altri. (libro: Amore e violenza di Lea Melandri) -> la violenza è stata riconosciuta in ritardo anche dalle vere femministe che, in alcuni contesti, consideravano la violenza come una norma. In questo decennio, la consapevolezza dei diritti è aumentata e in quegli anni comincia a riemergere un'istanza critica nel femminismo che proviene dalle donne nere che vedono nel "femminismo bianco" una cecità verso le forme di violenza e discriminazione da loro subite. Nasce quindi il cosiddetto "Femminismo nero" → Black Feminine Statement Anni '80 Bell Hooks scrive il libro "Ain't I a woman?: black women and feminism" "Quando si parla di persone nere, il focus è sugli uomini, mentre quando si parla di donne, il focus è sulle donne bianche" Angela Davis: Women, race and class Adrienne Rich -> nel 1980 parla di eterosessualità obbligatoria e fa una crisi simile a quella della Hooks, ovvero dice che le donne lesbiche non si trovano nè nei movimenti femminista nè in quelli di liberazione sessuale e quindi sostiene che vengano escluse da tutti i gruppi. Chandra Mohanty -> introduce la prospettiva post-coloniale su questo problema -> differenze di potere tra donne che provengono da diverse parti del mondo -> racconta di come, anche la produzione di genere femminista, tenessero a riprodurre un'immagine di genere sistematica delle donne altre e incline a diventare oggetti della politica comunista più che soggetti attivi anche nel costruire le condizioni della loro interazione. -> messa in discussione dei rapporti tra donne in un sistema coloniale Tutto ciò prepara il terreno a ciò che fa Crenshaw che introduce la parola intersezionalità in un saggio del 1989 che si chiama: "Demarginalizing the Intersection of Race and Sex: A Black Feminist Critique of Antidiscrimination Doctrine" -> conia il termine intersezionalità giuridica per discutere le discriminazioni e violenze vissute da donne nere nordamericane. “Caso della General Motors” -> La discriminazione sessuale è concepita in riferimento all'esperienza di donne bianche e le donne nere sono tagliate fuori. Propone l'immagine di un incrocio di strade e l'impossibilità di decidere da quale direzione è partito lo scontro. Intersezionalità: significati → Intersezionalità è usata per dare un nome alle forme di discriminazione multipla -> interconnessione tra assi di potere (genere, colore della pelle, status migratorio, classe, orientamento sessuale, abilità/disabilità) che si intersecano in più punti facendo più male. Le strategie di intervento sono plasmate da immagini che appartengono a donne appartenenti alla classe media e eterosessuali. Intersezionalità e violenza contro le donne Crenshaw, dopo l'articolo del 1989, parla di intersezionalità applicata alla violenza contro le donne e offre 3 diversi livelli di analisi: 1. L'esperienza della violenza (intersezionalità strutturale) 2. I discorsi politici sulla violenza (intersezionalità politica) 3. Le rappresentazioni della violenza (intersezionalità rappresentazionale) Violenza contro le donne e discriminazioni etniche/razziali Ha molto a che fare con il tema della violenza contro le donne migranti e rifugiate -> si mette a tema un problema in cui si incrociano diverse dimensioni di disuguaglianza e assi di potere. É importante fare una lettura intersezionale e ragionare sulle rappresentazioni delle donne straniere che subiscono violenza. Questa situazione di intersezione di dimensioni di discriminazione tende a non essere però presente in alcuni discorsi femministi e antirazzista che faticano a dare una specificità dell'esperienza delle donne migranti e rifugiate e a incorporarne i vissuti nelle domande di cambiamento. 1. Esperienza della violenza I dati non fanno emergere una differenza eclatante della violenza tra donne straniere e italiane, ma nell'indagine ISTAT del 2015 emerge che le donne straniere sono più esposte delle italiane alle violenze fisiche e sessuali di partner ed ex-partner nel corso della vita. Per contro le donne italiane hanno subito maggiormente violenze sessuali come molestie da parte di sconosciuti. Negli ultimi 5 anni, si parla di maggiore violenza fisica verso le donne straniere (ad eccezione delle donne cinesi). Dati sui femminicidi in Italia É straniera 1 vittima su 5 e il 22,4% delle donne uccise tra il 2000 e il 2016 erano straniere. Studi qualitativi Vi è una variabile culturale importante da tenere in considerazione -> le discriminazioni sessiste, xenofobe, razziste e classiste si mescolano influendo così sulle dinamiche di violenza domestica e di genere. Fattori strutturali Lo status di migrante o rifugiata causa vulnerabilizzazione ed esposizione alla violenza, come per esempio difficoltà a lasciare il marito per paura di perdere il permesso di soggiorno. Segregazione occupazionale in alcuni ambiti, in particolare quello domestico-> alcune nazionalità sono coinvolte in settori come quello domestico e di cura che si svolgono all'interno delle mura domestiche e ciò può comportare un rischio perché la possibilità di subire violenza di genere è maggiore. Problemi di emersione Diversi assi di discriminazione influiscono anche sulla difficoltà di emersione della violenza stessa e di accesso ai servizi di protezione e supporto. Meno della metà dei centri garantisce la mediazione linguistico-culturale -> mancanza di risorse dei servizi per attuare questi interventi. 2. Rappresentazioni É importante utilizzare questo approccio per vedere come la narrazione cambi in base alla nazionalità e al colore della pelle dell'aggressione e della vittima - Iper-esposizione dei casi di violenza che coinvolgono autori stranieri e vittime italiane Gli uomini immigrati vengono presentati come iper-sessuati, selvaggi e diventano pericolosi per le "nostre" donne. - Invisibilità della violenza quotidiana a cui sono soggette donne migranti e rifugiate - Tendenza a difendere le "nostre" donne, mentre delle "altre" diventano figure ideali per rappresentare la violenza di una cultura altra. Stereotipi e intervento contro la violenza Stereotipi influiscono molto sulla narrazione comune e rischiano di influenzare anche gli interventi di prevenzione e contrasto della violenza su donne straniere. Ex. Donne asiatiche-> docili Donne latine -> dipendenti dai loro uomini Donne africane -> passive rispetto ai loro uomini Se vediamo una donna autonoma che non rientra nello stereotipo, le etichette sulla vittimizzazione rischiano di inibire le capacità di agency e di resilienza delle donne stesse come se fossero meno vittime delle altre. 3. Politica Vi è una critica al discorso antisessista e antirazzista perchè incapaci di riconoscere le voci delle minoranze di donne; infatti il femminismo bianco ha troppo spesso disegnato il fenomeno della violenza sulla base della classe media delle donne. Che fare? - A questo scopo, serve protagonismo delle donne migranti e rifugiate nella costruzione di iniziative antiviolenza che non cancellino le differenze e che insieme non le essenzializzino come forme di subalternità. - Evidenziare il modo in cui le politiche su migrazioni e asilo accentuano i rischi di subire violenza - Promuovere un ripensamento dell'opinione pubblica alla violenza -> rendere i servizi linguisticamente e culturalmente competenti. Violenza contro le donne e diseguaglianze socio-economiche Sebbene le donne che subiscono violenza non siano coloro che hanno meno cultura o risorse, ma provenire da condizioni svantaggiate aumenta le difficoltà di uscita e di costruzione di un'alternativa alla violenza. Condizioni economiche svantaggiate -> difficoltà di fuoriuscita e autonomia economica Che fare? - Intersezionale l'appartenenza al genere al livello socio-economico - Politiche di contrasto alla violenza devono coinvolgere i luoghi di lavoro - Investire nell'occupazione e in forme di welfare essenziali (reddito di libertà) Violenza del partner in popolazione Lgbt+ - Vissuti di esclusione e discriminazione omo e transfobia possono ostacolare denunce e domande di aiuto - Spesso mancano servizi in grado di assistere e accogliere le loro necessità - Tra le forze dell'ordine, manca una formazione appropriata Violenza e disabilità - A volte i servizi non sono accessibili alle donne con disabilità che subiscono violenza in maniera maggiore rispetto alle donne "senza limitazioni funzionali". - Difficoltà a riconoscere la violenza, ad essere credute (specialmente per coloro che hanno disabilità cognitive) e di accesso ai servizi (servizio telefonico inaccessibile per chi ha disabilità uditiva o barriere architettoniche per chi ha difficoltà motorie). In conclusione, l'intersezionalità ci offre uno sguardo multiplo per tenere insieme molteplici dimensioni che ci permettono di attuare servizi più oculati e migliori pratiche di accoglienza. VIOLENZA CONTRO LE DONNE E STEREOTIPI DI GENERE Per ragionare sulla violenza contro le donne, dobbiamo comprendere le dinamiche di genere e il loro significato sociale. Simone De Beaux-Arts ha scritto libri per le donne nella prima metà del 900 e sosteneva che: “non si nasce donne, ma lo si diventa”. Il genere quindi è un costrutto sociale ed è però diverso dal gender. Infatti vi è un uso distorto della teoria di genere, dove il genere è identificato con l'identità sessuale. Il genere è la relazione/rapporto tra donne e uomini nel mondo sociale guidata da rapporti di potere, mentre, quando parliamo di violenza di genere, si parla quindi di una relazione tra uomini e donne guidata dalla violenza. I rapporti di potere prevedono che, da una parte vi sia la parte maschile che esercita dominio sulla parte femminile dandogli comandi guidati dall'idea che vi è una parte sociale (maschile) che ha diritto di comando sulla parte femminile. Se la parte femminile cerca di sottrarsi, la violenza può diventare la risposta a questo tipo di rivendicazione di autonomia da parte delle donne. → Non si può capire questa relazione di genere, se non facciamo riferimento alla costruzione del femminile e del maschile. → Dal punto di vista sociale c'è una primazia, ovvero il fatto che il maschile ha questo diritto di comando che ha a che fare con il patriarcato. Andare oltre il senso comune →modo per indicare ciò che tutti sanno. (ex. Se non faccio benzina, tutti sanno che la macchina si ferma). Il senso comune è all'interno di certi tipi di rappresentazione sociale. Ci sono donne (al plurale) e uomini (al plurale) →essi sono costruiti sulla base del senso comune. Tra senso comune e stereotipo, vi è una parentela abbastanza stretta e questo inevitabilmente si lega alla legittimazione della violenza contro le donne. É importante evidenziare anche il rapporto tra tempo storico e violenza di genere → oggi, nel terzo millennio, il femminicidio ci colpisce in qualsiasi fascia d'età e qualsiasi classe sociale perchè è esattamente l'antitesi di quello che noi, come paese europeo, apprendiamo dalla legislazione europea, che è una legislazione avanzata. Si sta discutendo di considerare l'interruzione di gravidanza come un diritto da inserire nella costituzione dei diversi paesi perché ora il diritto all'autore terminazione è considerato in Europa senso comune, MA una cosa sono i diritti e una cosa sono effettivamente i comportamenti, quindi sul piano di lavoro remunerato, vi sono tipi di lavoro non remunerato che appartengono al senso comune, come il lavoro di cura o lavoro riproduttivo, che non include il solo mettere al mondo, ma è quel lavoro che in tutto il mondo le donne fanno per mantenere la vita. → scioperi: sostengono che non vengano forniti i mezzi per il sostentamento dei bimbi piccoli e che non vi siano risorse messe a disposizione per la cura. Inoltre le donne esercitano il lavoro di servizio rispetto al sistema sanitario, al sistema scolastico, ecc. che ricadono sulle spalle delle donne, ma tutto ciò non è retribuito. La prima ondata di femminismo ha combattuto per il diritto di voto o suffragismo che ha permesso di conquistare questo diritto con fatica. La seconda ondata di femminismo o Neofemminismo è cominciata negli anni 70, quando una parte del movimento femminismo ha perseguito l’obiettivo di un salario per il lavoro domestico con l'idea di fondo che non vi è alcun riconoscimento per il lavoro di cura. Andare oltre il senso comune significa che vi è un ruolo sociale che deve sempre esser tenuto presente e questo ruolo sociale si riferisce generalmente a ruoli sociali naturalizzati →La dimensione biologica che separa uomini e donne appartiene al senso comune e, se questa non vi fosse, forse ragioneremmo in maniera diversa. Vi è la necessità di capire come le identità di genere vengono naturalizzate, ovvero non si discute di queste identità che sono date per scontate → da una parte vi è il maschile e dall'altra vi è il femminile e questi sono rapporti a carattere gerarchico → vi è quindi la primazia, ovvero il potere di un gruppo su un'altro gruppo → il patriarcato è la definizione ultima di questa differenza nel potere di un gruppo di genere sull'altro gruppo di genere. La teoria del gender non ha nulla a che fare con le relazioni sociali di genere (inteso con accezione italiana). Naturalizzazione vuol dire che sono i tratti biologici che ci definiscono, quindi i ruoli sociali cambiano, anche grazie alla scolarizzazione di massa che ha permesso alle ragazze di prendere la parola, grazie alla lotta partigiana delle donne, raccontata in un docufilm intitolato “Raccolte di re-esistenza”, grazie alla prima guerra mondiale con donne che svolgevano lavori da uomini, ma terminata con la fine della guerra. Si immaginava (da parte delle istituzioni sociali) che la lotta al nazifascismo fosse una parentesi e che, superata questa lotta in Italia grazie alle battaglie e alla lotta partigiana, si potesse tornare all'ordine precedente, ovvero all'ordine di genere, che identifica questi rapporti gerarchici, ma vi sono stati due fattori fondamentali: 1. Diritto di voto alle donne 2. La scolarizzazione di massa superiore che inizia negli anni 60 e quindi il movimento del '68 si è arricchito anche della presenza femminile che, le loro mamme, avevano avuto solo sulla carta, ma in realtà data solo ad una classe sociale. Con la SDM, hanno avuto questa possibilità persone di tutti i ceti sociali. La questione della fuoriuscita della naturalizzazione dei ruoli e delle identità sociali si nutre di nuove risorse; infatti, con il diritto di voto, le donne diventano cittadine a tutti gli effetti, ma, senza la scolarizzazione di massa, non si sarebbe compiuto quel processo di presa di parola per cui della mia vita non decidi tu, padre, marito, fratello, ma decido io. La legittimazione è un processo sociale, ovvero quello per cui nel film della Cortellesi, lui compiva una serie di violenze per cui le donne non dovevano chiedersi perchè ma, per qualche motivo, il motivo c'è sempre. La legittimazione è quindi l’esercizio del dominio, della violenza e di un certo tipo di azione è data per scontato. Se l'esercizio sociale, accetta qualche forma di violenza, com'è possibile che questi vengano legittimati ancora oggi? Bisogna tenere conto del fatto che esistono delle tradizioni che si tramandano generazione dopo generazione → il processo di legittimazione non è un processo giuridico - da questo punto di vista - bensì culturale. La legittimazione viene anche da regole, norme e leggi, però essa è anche un processo culturale perché la vita sociale è fatta anche di tradizioni. Quando si parla di tradizione, bisogna fare attenzione all'etimologia: // trasmissione, ovvero portare da un mondo all'altro. La trasmissione non riguarda solo gli uomini, ma anche le donne per cui c'è un bisogno di rompere il senso comune, che è un nemico anzitutto dei processi di innovazione. Il senso comune è anche nemico dei processi di acquisizione delle libertà e oggi siamo di fronte proprio a questo, ovvero a un conflitto per cui dobbiamo aver paura della violenza senza tremare, ma denunciando prendendo posizione anche per altre donne che non hanno risorse per prendere la parola o che siano ancora vittime del senso comune patriarcale. Dobbiamo quindi, per comprendere la violenza maschile sulle donne, partire dal genere, ovvero da questi rapporti di potere tra uomini e donne. Genere →sistema di divisione gerarchizzata del mondo sociale → il genere dentro questa gerarchia come naturalizzazione del dominio maschile sul sociale divide il mondo in donne che, sulla base della loro maggiore debolezza biologica, devono essere governate. In realtà le donne hanno una forza biologica notevole (riproduzione, maternità surrogata, malattie che colpiscono maggiormente gli uomini). Il genere non riguarda solo un ambito, che riguarda la violenza domestica, ma questa divisione la troviamo in tutte le manifestazioni del sociale. Ex. STEM (sciences, technologies, economics and mathematics) → sono a maggioranza maschili per la naturalizzazione dei ruoli sociali che, purtroppo, continua a essere in vigore. Infatti il patriarcato è più nascosto, ha assunto pieghe diverse per cui il rettore di Harvard ha pensato di affermare che le donne hanno dei problemi con le STEM perché il loro cervello è diverso da quello maschile (circa 10 anni fa). Il rettore è stato cacciato da Harvard e il presidente Clinton lo ha assunto come proprio consulente. Questa gerarchizzazione tra maschile e femminile è dappertutto →ex. riunione con partecipanti uomini per quelle professioni di cui si occupano sia uomini che donne. I ruoli accademici sono ruoli scelti dalle donne, autodeterminazione e questa autodeterminazione entra in collisione con i ruoli familiari, domestici, della cura. Il rettore di Harvard sosteneva che in laboratorio le donne ragionassero in modo diverso, quando in realtà - sin da bambine - gli viene detto che è importante mettere al mondo figli e, se decidesse di svolgere queste riflessioni - dovrebbero rimanere lontane da casa. Per le donne, il lavoro di insegnanti era il migliore al mondo ed era quasi a totalità femminile. C'è una frontiera tra maschile e femminile a carattere normativo →vi è una norma che legittima certi comportamenti a discapito di altri. Nel caso specifico della scuola primaria, quelli erano ruoli educativi da donna perché esse si occupano da sempre della cura dei più piccoli per via del loro istinto della cura. Si può parlare di istinto quando si parla di animali non umani, ma noi in quanto esseri umani, ragioniamo e non agiamo sulla base dell'istinto. L'abitudine alla cura dei più piccoli è figlia di un percorso di socializzazione , ovvero quelle forme educative che costituiscono una certa visione del mondo Talcott Parsons ha definito il processo di socializzazione come un processo in grado di trasformare un piccolo barbaro in un cittadino, ovvero in una persona socializzato ai ruoli sociali. Il libro parla del genere in un contesto più ampio, facendo riferimento alla razializzazione che trasforma… Le identità sono costruite in modo mutuamente esclusivo, ovvero se tu sei una donna, non sei un uomo → critica alle identità fluide per cui vi è il rischio che le basi antropologico della famiglia vengano messe in forse perché queste non si basano sulla scelta e oggi, quando si parla di famiglie arcobaleno e di adozione anche al di fuori della famiglia naturale, si fa riferimento a identità che possono essere non esclusive. Bisogna lavorare per degendirizzare le società, ovvero togliere peso al genere → serve meno genere per avere meno rapporti di potere, meno gerarchie perché non esiste questo muro, esiste solo socialmente. Infatti ciascuno di noi sa cosa gli piace dal punto di vista delle attività sociali, per cui ciascuno di noi è più portato e non ci deve interessare se sono più adatte al maschile o al femminile. Ora viviamo in una società gerarchizzata per cui le radici della violenza di genere sono chiuse in questa gerarchia. Gli stereotipi di genere prendono forma sulla base della naturalizzazione dei ruoli e della gerarchia. Gli stereotipi infatti semplificano una realtà che oggi è una realtà complessa, ovvero ci sono tante componenti intrecciate e gli stereotipi la semplificano. Ex. Le donne sono tutte emotive, mentre gli uomini sono tutti razionali → queste caratteristiche non sono determinate dal genere, bensì dalla personalità. Lo stereotipo non studia, non si interroga, ma - ancora oggi - queste supposizioni hanno un peso. Quando si dice che lo stereotipo semplifica perché, all'interno di una serie di aspetti, ne cattura uno e rende quell'elemento la caratteristica di tutta una serie molto complessa di altri elementi. Il paradosso è che con tutte le relazioni sulle pari opportunità è le regolamentazione sul tema dell'uguaglianza di genere, come fanno a esistere ancora stereotipi? Più una legislazione è potente, più una normazione è potente e più gli stereotipi sopraggiungono perchè essi ci aiutano a vivere, non obbligando a interrogarci, problematizzare, ma forniscono risposte prima ancora di analizzare la realtà e le sue caratteristiche. Mazzara, negli anni 90, aveva messo in luce come gli stereotipi potessero essere considerati come forme di difesa. Lo stereotipo è fortemente imparentato con il senso comune, la tradizione culturale, quindi lo stereotipo ci serve per semplificare. Il problema non è solo l'uomo violento, ma la donna che accetta questo comportamento come nel film della Cortellesi, ma: perchè le donne accettano? Perché sono disponibili a vedersi un'ultima volta? Perché, a loro volta, gli stereotipi non colpiscono solo la parte maschile, ma c'è anche un processo di auto-stereotipizzazione dalla parte femminile → le stesse donne si vedono con lo sguardo stereotipico che è del partner violento. Lo stereotipo è una dimensione che noi condividiamo e, da questo punto di vista, ciascuno di noi esprime lo stereotipo in un modo o in un altro, ma ha sempre una dimensione collettiva perché rimanda anche alla questione che il genere è i suoi effetti non ha un'espressione solo individuale, ma anche istituzionale e relazionale → meccanismo della gerarchia e divisione per cui se sei donna, non puoi essere uomo. In realtà noi siamo uomini e donne e tutti gli uomini e le donne, quando vengono al mondo, hanno una capacità che ogni essere umano esprime in modo individuale. Gli stereotipi sono collettivi, ma per superarli abbiamo bisogno di capire cos'è l'ordine di genere. Connell, studiosa australiana, ci dice che la gerarchia di cui abbiamo parlato, di fatto, costruisce un ordine di genere e, quando questo si viola, si rincorre in qualche tipo di sanzione, non legislativa, ma delle sanzioni di tipo culturale. Anche se, se si commette adulterio in paesi come l'Arabia Saudita, non vi saranno sanzioni solo di carattere culturale. Serve una consapevolezza nostra sulla gravità di questa stereotipizzazione del nord globale e invece quelle situazioni culturali / statali fondate sulla gerarchizzazione (ex. Iran). → La gerarchia di genere assume forme diverse in luoghi e periodi storici differenti. Ma come mai persistono questi stereotipi? Perché sono comodi e ci aiutano a semplificare delle realtà complicate. Se le donne ricercano l'autodeterminazione e vogliono esprimere la propria soggettività, uscendo dal ruolo subordinato, per parte del mondo maschile, il mondo si rovescia e le donne devono saper stare al proprio posto ovvero a quello della sub-ordinazione. Che cosa sta alla base di tutto questo tipo di travaglio che stiamo conoscendo in questo periodo? Dal punto di vista strutturale, le condizioni di base di questa naturalizzazione dei ruoli sono state superate → diritto di voto, elettorato attivo e passivo, abbiamo diritto a degli aiuti, MA abbiamo ancora - al di là di questi dati strutturali - importanti situazioni che trasmettono la completa eguaglianza di genere. England, studiosa americana, si è occupata della stalled evolution, ovvero Rivoluzione bloccata. Come mai si è bloccato il processo di rivoluzione femminile? Le identità sociali, che hanno a che fare con posizioni sovra-ordinate o subordinate → sono transitate dai ruoli privati come ruoli dominanti ai ruoli pubblici. A partire dal processo di scolarizzazione di massa, le donne hanno detto di voler sostenere un ruolo politico, professionale o pubblico, quindi - in una manciata di anni - le donne sono riuscite a entrare nei ruoli pubblici. Infatti, fino al 1960, le donne non potevano entrare in magistratura mentre ora le donne giudici sono la norma. [MA come mai ci sono poche donne chirughe? Perché dietro c'è una difficoltà, legata all'auto-stereotipizzazione, a dare adito a queste capacità]. Le donne, in 60/70 anni, sono passate dai ruoli tutti femminili anche a ruoli maschili → destini sociali delle donne → madre/moglie. Chi non si identificava in questo era fuori dalla norma, dal destino sociale ovvero da un inquadramento che è la norma. Le donne hanno capito che dovevano intraprendere la presa di parola pubblica, ma questo percorso ha riguardato solo le donne. Infatti gli uomini non sono passati dal pubblico al privato, ovvero al prendersi cura, occupandosi di chi è vulnerabile o della protezione di chi ha bisogno di aiuto. Questo processo opposto a quello femminile non si è verificato per cui England e altre studiose parlano di Rivoluzione (di genere) bloccata e questo è il clima entro cui le violenze maschili contro le donne si realizzano e questo è importante per capire lo sfondo di questa declinazione di violenza. Le identità femminili sono identità sperimentali, aperte al cambiamento mentre quelle maschili sono identità in crisi → la violenza maschile è figlia di questa sensazione di essere stati messi all'angolo. Non dobbiamo avere paura del conflitto perché questo è il sale della vita sociale → il conflitto, che ci piaccia o no, c'è e la razionalità ci dice che, per gestire il conflitto, abbiamo bisogno di mediazione. Il conflitto presuppone, in primo luogo, che io ti riconosca come controparte e tu lo faccia con me, ma nella gran parte dei femminicidi, le parti femminili della relazione sono considerate come parti da azzerare perché il conflitto non è parte della cultura patriarcale. La questione fondamentale è che, se in una coppia si esprimono situazioni di crisi, è normale e si può discutere, ovvero riconoscersi reciprocamente. La violenza invece è l'antitesi del conflitto, ovvero io non voglio discutere con te se sei una donna perché tu sei (stereotipo) fuoriuscita dai tuoi ruoli naturali, quindi io maschio non tollero questa tua fuoriuscita per cui ti aggredisco con la violenza che può arrivare anche all'eliminazione totale, fisica della partner nel momento in cui non si trovano linguaggi comuni. Il conflitto non porta necessariamente alla violenza anzi, può evitarla ma la gestione del conflitto implica un riconoscimento specifico che rimanda al cambiamento delle identità che, per gli uomini, è avvenuto troppo in fretta → le velocità di cambiamento delle identità sono in rotta di collisione e quindi abbiamo bisogno di capacità di gestire il conflitto. La violenza contro le donne è, in ultima istanza, l'incapacità di accettare la forza che le donne esprimono che ha a che fare con questo esito della capacità delle donne di passare dal privato al pubblico e, in questo senso, le donne hanno avuto una capacità straordinaria di esprimere forza, quindi quando parliamo di donne vittime di violenza, non dobbiamo parlarne di donne come soggetti deboli perchè la capacità di veder riconosciute le loro competenze non è stata legittimata anche sulla base degli stereotipi. Dobbiamo ragionare in termini di processi storici e culturali, quindi il patriarcato va definito ed è un sistema fondato sul controllo maschile delle risorse femminili, comprese quelle sessuali. Questa visione culturale ha un complemento culturale che è il virilismo, analizzato da Bellassari nel “Manifesto per un nuovo femminismo” e sostiene che sia stato costruito a partire dall'inferiorizzazione delle donne, che è stata interiorizzata → le violenze non si denunciano per paura di mettere in forse il futuro della famiglia. Costruire una nuova cultura del riconoscimento delle violenze di genere per prevenire la violenza maschile sulle donne. L'enciclica del Vaticano non pronuncia mai il termine diseguaglianza→ dobbiamo capirlo da soli. Dobbiamo far partire la rivoluzione bloccata, ovvero la Gender Revolution e la posta in gioco è la democrazia di genere - che vede la determinazione alla fine di questa gerarchizzazione e creazione di diseguaglianza - come la democrazia tout-court. RICONOSCERE LA VIOLENZA OLTRE I PREGIUDIZI Violenza contro le donne e narrazioni mediatiche Perché è complicato parlare di violenza di genere? Ci sono diverse ragioni per cui ancora oggi dobbiamo fare formazione con giornalisti e giornaliste in merito a come si parla di violenza nei media perché vi sono alcuni tratti che la rendono una tematica complessi: 1. La violenza di genere è pervasiva Esiste una violenza visibile e una violenza invisibile (battute sessiste, stereotipi). Mackinnon dice che se noi siamo abituate alle battute sessiste, mi abituo a questo tipo di contesto e reputandolo un contesto normale, faccio fatica a vederla. La minimizzazione (ex. È solo una battuta) è uno dei tratti di questo processo e questa violenza è anche nella vita quotidiana → problema culturalmente profondo e pervasiva che quindi interiorizziamo. Dobbiamo ottenere uno sguardo riflessivo. 2. La violenza di genere è un processo, mentre spesso viene fatta passare per questione episodica. Il Ciclo della Violenza è uno strumento teorico messo a punto da Alice Walker alla fine degli anni 70. Sostiene che vi è una prima fase che inizia dai rimproveri (intimidazione e isolamento) e poi c'è un'altra fase che sono i segnali avvertimento (svalorizzazione che rende fragili), un'altra fase può essere di vera e propria segregazione (oltre all'isolamento) e l'esplosione vera e propria della violenza fisica. → gli uomini preparano il terreno a questa situazione di violenza Poi c'è la fase del rimorso e del pentimento (“senza di te non posso vivere”) in cui torna ad essere l'uomo di cui la donna si è innamorata. Poi c'è la luna di miele con l'attribuzione di colpe alla compagna e poi si ritorna alle solite vecchie abitudini in cui il ciclo si ripete. Dobbiamo interrogarci su cosa ci sia prima l'episodio di violenza e mettere in pratica un'educazione sentimentale. 3. La violenza di genere ci riguarda La psicologia ci insegna che di fronte ad un trauma ed un'esperienza negativa, la neghiamo mettendo in atto un diniego soggettivo di quanto accaduto per proteggerci, ma c'è anche un diniego collettivo, ovvero le nostre società si proteggono alterizzando le situazioni di violenza e sostenendo, per esempio, che siano i migranti quelli violenti e non noi uomini bianchi. Le istituzioni spesso che si occupano di violenza contro le donne scrivevano bandi senza mai citare il maschile come se la violenza cadesse dal cielo. É difficile nominare il maschile come soggetto che agisce violenza. (Libro di Cristina Oddone) e nei videogames, per esempio, viene estetizzata e presentata come qualcosa di trendy. 4. Vanno gestite bene sfumature e ambivalenze perchè è molto facile parlare tramite stereotipi Dobbiamo comprendere che vi sono ambivalenze e, se non comprendiamo il loro punto di vista, facciamo fatica ad agire con loro. Partendo dal presupposto che l'uomo violento non è un mostro, possiamo capire come essi siano o non siano capaci di gestire la loro fragilità. Se non ti sei mai esercitato a esprimere le tue emozioni, si crea una frattura tra il mondo emotivo di questi bambini e ciò che possono esprimere. Dobbiamo interrogare la fragilità maschile e capire da dove deriva e come risolverla. 5. È difficile intervenire di fronte a una situazione di violenza Campagna del 2015 in Australia. La difficoltà a intervenire ci fa sentire sempre un disagio e dobbiamo farci i conti perché a volte è più facile scappare. 6. È difficile collegare le diverse forme di violenza Ne “Le sette P della violenza”, Kaufman, fondatore della campagna del fiocco bianco (simbolo che gli uomini si mettono per affermare che sono contro la violenza maschile contro le donne), sostiene che la violenza non avviene isolatamente, ma dobbiamo collegare le diverse forme di violenza e l'interiorizzazione della violenza anche da parte degli uomini. Michael Kimmel, sociologo, sostiene che è diverso agire da reagire →osserva i questionari somministrati per capire situazioni di violenza in cui venire misurato solo l'atto (hai mai dato uno spintone) e non se fosse stato una risposta ad un atto precedentemente subito (ho tirato un pugno dopo essere stata spinta). [[ Ancora oggi accostare maschilità e cura è un problema perchè i ragazzi o i bimbi che dimostrano queste attitudini vengono additati come gay → i bambini si picchiano perchè non si possono abbracciare, altrimenti vengono additati →ex. Quando un bimbo fa dispetti ad una bambina, si sostiene che sia perché gli piace → percezione che sia il loro modo di dimostrare interesse ed affetto (film: la verità che non gli piace abbastanza). ]] Il concetto di genere non è sinonimo di donne, ma è un concetto relazionale ovvero interrogando le relazioni di potere tra uomini e donne e quindi parlare di violenza di genere significa parlare di violenza degli uomini contro le donne e viceversa. La violenza è un crimine del controllo e non un crimine dell'amore → Lea Melandri, scrittrice di “Amore e Violenza”, dice che c'è una parentela insospettabile con l'amore e ci invita a capire come concettualizziamo l'amore romantico. Ex. “dietro a un grande uomo c'è una grande donna” → la donna sta dietro e c'è l'idea che le donne, con l'amore, si sentano complete e diventano così vittime di amorismo autosacrificale → rinunciano volentieri alla propria autonomia in nome dell'amore ma - sostiene Lea - facciamo così perchè guadagniamo il potere di essere indispensabili. MA relazioni di questo tipo sono come quelle madre - figlio e condannano gli uomini a essere eterni bambini. La violenza di genere di solito esplode quando le donne vogliono uscire dalla relazione perché, per loro, è come se la mamma abbandonasse suo figlio. → sono modelli molto interiorizzati e, sapendo che amore è violenza, sono separati dobbiamo guardare questa rischiosità dell'amore romantico. → il raptus non esiste, ma gli uomini sono lucidi e razionali e colpiscono le donne in punti poco visibili. → inoltre, bisogna rimettere il soggetto all'interno della frase e nominare il maschile. Rappresentazioni mediali I target delle campagne di prevenzione della violenza degli uomini contro le donne sono: - Donne in stato di temporaneo disagio (non vittime) - Istituzioni, governo In tempi più recenti si sono aggiunti i seguenti target: - Uomini violenti - Bystander “uomini e donne spettatori” Questa trasformazione corrisponde a ciò che le linguiste femministe hanno notato, ovvero il fatto che parlare genericamente di violenza contro le donne significa dire: → schiacciare la sua identità a vittima, c'è solo lei ed è solo una donna che subisce violenza; la forza e la complessità di Maria viene cancellata ed è considerata solo come vittima. Il maschile non è presente e, di fronte a queste campagne, i claim sono “è stato il tappo dello spumante” → vittimizzo Maria e mi chiedo perché mi stia mentendo. Incolpo Maria perchè vedo solo lei e attuo un sistema di ri-vittimizzazione, ovvero è colpa sua se rimane nella violenza, la percepiamo come passiva e la raffiguriamo come bugiarda. Un passaggio intermedio è dire: → il target è sempre la donna a cui viene fatta violenza, ma compare il soggetto attore di violenza. L'aspetto innovativo della campagna è che hanno cercato di usare un'inflessione ironica in quanto noi siamo assuefatti dalle immagini. É un invito a guardare lucidamente chi ci sta accanto, ma l'uomo non ci mette la faccia quindi, se io sono un uomo possessivo e agisco violenza, penso di non aver modo per uscirne → messaggio importante per le donne, però gli uomini violenti ai quali non si parla, imparano che non hanno modo per cambiare e non agire più violenza. Un altro passaggio è: → il soggetto che agisce violenza è presente e, da un lato, non si rimane schiacciati sulla rappresentazione di un solo tipo di violenza (come nelle campagne precedenti che hanno utilizzato il termine “violenza contro le donne” per rappresentare solo la violenza fisica). In questa campagna declinato i diversi tipi di violenza riuscendo a rappresentare la complessità del fenomeno della violenza di genere. Nella seconda parte della campagna, utilizzano testimonial uomini che dicono no ai tipi di violenza contro le donne. → il problema è che, con l'idea del testimonial, crea l'idea di uomini bravi e cattivi ma, tutto sommato, è una buona campagna. Un altro passaggio è: → mettono al centro l'uomo che ci mette la faccia e parla di violenza di genere, “reclutando” anche altri uomini. Video (cambiamenti 2014): https://www.youtube. com/watch?v=W0sn3 Xjh9Vc C'è anche il tentativo di rappresentare uomini violenti, ma non ancora nella rappresentazione della rabbia. Video 2018 (croce rossa italiana): https://www.youtube.com/watch?v=XrbxWRzegt0 →bisogna includere il maschile nelle campagne per la prevenzione della violenza contro le donne. Ci sono tanti uomini che non sono violenti e vogliono aiutarci contro gli uomini attori di violenza e ci dobbiamo collaborare. Podcast (intervista autori): https://intervistautori.org/2020/11/26/uomini-normali-maschilita-e-violenzanellintimita/ LEGGERE I DATI SULLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE É importante avere competenze metodologiche per valutare dati esistenti e raccoglierli in maniera corretta → è difficile raccogliere i dati e spesso si ignorano fonti dei dati disponibili. La violenza va monitorata e cambia forma nel corso del tempo (ex. Film: Kill Bill) → più una persona è intersezionalmente debole, più le possibilità di usarle violenza aumentano. Ci sono persone più “esenti” dalla violenza e altre no. → Non tutte le donne sono uguali, non tutti gli uomini sono uguali Convenzione di Istanbul, 2011 → nell'articolo 3 ha dato definizione alla violenza nei confronti delle donne “con l’espressione “violenza nei confronti delle donne” si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata”. L’Italia è stato uno dei primi paesi a ratificare, quindi ha svolto un ruolo importantissimo nell'assunzione e metabolizzazione della definizione dell'articolo 3. Lo studio della violenza pone molteplici sfide teoriche, etiche e metodologiche → studiare la violenza è un'azione complessa → violenza: concetto multidimensionale e stratificato Prima di leggere indagini Istat, bisogna capire il campionamento usato (deve essere probabilistico), in presenza o online. Il concetto di violenza è complesso e va operativizzato trovando delle dimensioni che mi permettano di misurarlo → che tipo di violenza ho analizzato? Esistono i seguenti tipi di violenza: - Violenza psicologica ex. Gaslighting: critiche quotidiane, battute, offese per confondere e far sentire chi subisce tali atteggiamenti “sbagliata/o” → questo comporta il diventare completamente dipendente dall'altra persona. - Violenza economica ex. Forme di controllo delle spese, sottrazione dello stipendio, esclusione dalla gestione del bilancio, l'imitazione dell'autonomia… Ricerche su socializzazione economica → i soldi femminili diventavano soldi comuni e il messaggio è che ciò che guadagni non è tuo, ma lavori al servizio di qualcun'altro. - Violenza fisica - Violenze sessuali ex. Catcalling - Atti persecutori ex. Stalking - Violenza digitale ex. Grevio: pubblica dati in merito al tema - Molestie sessuali online o informatiche - Cyberstalking - Sexting coercion (coercizione/estorsione online) - Revenge pornography→ diffusione non consensuale di immagini intime É difficile studiare la violenza perché ci sono molteplici soggetti coinvolti che non sono solo chi la attua e chi la subisce. La violenza può prodursi in circostanze e spazi molto differenti: casa, strada, luogo di lavoro, spazio pubblico, turismo, mondo online, emergenze umanitarie, conflitti armati… La violenza è un processo e non un evento episodico→ la violenza si pianifica, si snoda lungo il corso della vita. Ex. Il colore viola Il processo può continuare lungo il corso della vita di una donna, solo in alcune fasi o acuirsi in alcuni momenti. Violenze - Violenza sulle donne di varie età, generazioni, etnie, religioni… - Violenza sui minori - Violenza su altri uomini - Omofobia - Transfobia - Violenza assistita (o indiretta) → bambini che assistono a forme di violenza. → studiare la violenza richiede una specifica preparazione metodologica. Perché occuparsi di violenza? É una violazione dei diritti umani, colpisce in maniera trasversale ed è trasversale anche chi la attua. Inoltre la violenza ha costi sociali elevatissimo ed è un problema globale di enormi dimensioni. La violenza ha effetti negativi, a breve e a lungo termine, sulla salute fisica, mentale, sessuale di una persona che la subisce. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) elenca tutti i possibili effetti negativi della violenza: - Fisici - Sessuali e riproduttivi - Psicologici (abusi, fobie) - Conseguenze mortali (tentativi di suicidio) Secondo l’OMS, la violenza contro le donne rappresenta “un problema di salute di proporzioni globali enormi” → stime sulle fonti di dati disponibili che, per diverse ragioni, non vengono prodotti da tutti i paesi. Si sono focalizzati sulla intimate partner violence e sulla non-partner sexual violence: → Tra 641 e 753 milioni di donne sposate/conviventi di età pari o superiore ai 15 anni hanno subito violenza fisica e/o sessuale da parte del partner almeno una volta dai 15 anni. → Tra 245 e 307 milioni di donne sposate/conviventi di 15 anni e più hanno subito di recente (negli ultimi 12 mesi) violenza fisica e/o sessuale da parte del partner. → 1 ragazza su 4 tra le adolescenti sposate o conviventi più giovani (15-19 anni) ha già subito violenza fisica e/o sessuale da parte di un partner almeno una volta nella vita (24%) e il 16% delle giovani donne tra i 15 e 24 anni ha subito questa violenza negli ultimi 12 mesi. I problemi però sono: - non tutte le nazioni hanno una o più survey rappresentative a livello nazionale sulla VAW (Violence Against Women), anche se è da segnalare un aumento della disponibilità a partire dal 2010. - mancanza di definizione condivisa di VAW - mancanza di standardizzazione nelle definizione delle classi di età →possono variare a seconda del paese e questo rende difficile la comparazione e non rendono conto della generazione che prendono in considerazione - carenza di dati sulle donne over 50 - mancanza di dati sulla intimate partner violence a danno di donne in coppie same-sex OECD - Organization for Economic Co-operation and Development Possiamo guardare i dati a livello globale in merito alla diffusione del fenomeno della VAW FRA - European Union Agency for Fundamental Rights Violence against Women: an EU-wide survey Questa indagine ha chiesto alle donne di raccontare episodi di violenza, avvenuti anche nell'intimità e i questionari sono stati compilati con la tecnica Papi (Pen and paper interviewing) → 1 donna su 10 ha subito una qualche forma di violenza dai 15 anni e 1 su 20 è stata violentata → 1 donna su 3 ha subito violenza fisica e/o sessuale da quando aveva 15 anni Questa indagine rivela la natura della violenza in tutti gli stati membri dell'UE. Esistono problemi di comparazione, le indagini si concentrano su gruppi diversi. In Italia: Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e sulla violenza di genere → ha prodotto diversi documenti 1. Relazione finale online approvata dalla Commissione nella seduta del 6 Febbraio 2018 →gap enorme tra i costi della violenza e la spesa per interventi di prevenzione e contrasto. 2. Rapporto Eures sul femminicidio in Italia - 2020 91 donne vittime di femminicidio nel 2020; 109 nel 2021; 104 nel 2022 → uccisa 1 donna ogni 3 giorni circa. → rimane costante e ciò significa che non stiamo riuscendo a risolvere il problema; inoltre questi dati escludono tutte le altre forme di violenza di cui sopra. Indagini ISTAT sulla sicurezza delle donne (2006 e 2014) 2006 Si tratta di una rilevazione complessa, preceduta da una lunga e approfondita fase di progettazione svolta con le/gli esperti di settore e le associazioni di riferimento. → più complicata perchè è un tema molto complesso, da maneggiare con cura senza essere aggressiva, invadente, invasiva verso le donne che hanno subito violenza. - 6.743.000 donne vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita - 7.134.000 donne hanno subito o subiscono violenza psicologica → gli autori delle violenza sono vari e in maggioranza conosciuti 2014 Le straniere che hanno subito violenza sono pressoché identiche alle italiane. Alcune donne presentano un rischio maggiore di subire violenza: - Le separate o divorziate - Le donne giovani, disabili, straniere per le violenze fisiche - Donne con problemi di salute o disabilità → il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio rispetto alle donne senza problemi di salute (10% contro il 4,7%). ISTAT Violenza sul luogo di lavoro - 2016 Sono 1.404.000 le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Quando una donna subisce un ricatto sessuale, l'80,9% non ne parla sul luogo di lavoro per paura di perderlo. Richieste di aiuto durante la pandemia e 1522 ISTAT (2021) = richieste di aiuto durante la pandemia ISTAT (2021) = il numero verde 1522 durante la pandemia GREVIO 1st General Report on Grevio's Activities 2nd General Report on Grevio's Activities 3rd General Report on Grevio's Activities 4th General Report on Grevio's Activities Fare Ricerca sulla VAW Il processo di ricerca pone sfide teoriche, etiche e metodologiche 1. La violenza è un processo multidimensionale e complesso → emerge la necessità di capire le culture di riferimento per poter “misurare” il fenomeno, organizzare la raccolta dati, comprendere i dati raccolti, effettuare comparazioni e definire gli interventi. I sistemi culturali influiscono su percezioni, decisioni e implementazione delle politiche. 2. Bisogna formare le persona alla complessità della violenza, all'intreccio tra cultura di genere e forme di violenza 3. Bisogna valutare con attenzione i dati disponibili e come sono stati raccolti → guardare le note metodologiche prima di leggere un'indagine e diffidare di studi che producono dati senza spiegare come l'hanno fatto. 4. É importante conoscere le fonti dei dati perché ci sono diverse associazioni che raccolgono i dati, ovviamente il livello è diverso (nazionale, sovranazionale, regionale) 5. Il concetto esprime un processo che si sviluppa nel tempo all'interno del quale interagiscono differenti forme di violenza e diversi soggetti (ex. Domande in merito all'ultimo anno) → produrre dati e indagini longitudinali che cominciano a seguire un campione di persone e le seguono nel tempo (sviluppo del corso di vita di una donna e violenza) LE RETI ANTIVIOLENZA É importante mettere la donna al centro: Centro antiviolenza →differenza tra pubblico e privato. - privati (nella rete dire, al di fuori di essa) = hanno le operatrici dell'accoglienza (in gran parte volontarie) - pubblici (SVS all'interno dell'ospedale) = ha come figure assistenti sociali e psicologhe dipendenti dell’ente → entrambi mettono a disposizioni psicologi e psicoterapeuti e avvocati Servizi socio-sanitari (ospedale, consultorio, cps, comunale, servizi di tutela minori) FF.OO. (forze dell'ordine: polizia locale, carabinieri, polizia di stato) Autorità giudiziarie (tribunale ordinario, tribunale per minorenni, procure) Centri per uomini autori di violenza (laddove ci sono) Tutti i soggetti nella rete, in modi e tempi diversi, possono intercettare la violenza e partecipare a diverse azioni: - Accoglienza: ascolto empatico, non giudicante, ricostruzione della situazione attuale e della storia della coppia - Valutazione del rischio (se elevato = protezione e messa in sicurezza della donna) - Protezione - Co-costruzione del percorso di uscita dalla violenza Accoglienza É molto importante che i soggetti appartenenti alla rete siano in grado di capire che cos'è un maltrattamento → servono domande specifiche per distinguere maltrattamento (quando l'uomo cerca di imporre il suo comporto sull'altra con carattere vessatorio per far sottostare l'altra persona al mio volere) e conflittualità (può essere costruttivo o distruttivo e violento ma, nel conflitto, le due parti mettono la stessa dose di violenza senza che una delle due parti venga vessata). Il maltrattamento si definisce come tale quando è reiterato ed è un reato → gli enti pubblici sono tenuti a fare denuncia d'ufficio e una segnalazione alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni in caso di presenza di minori. I centri antiviolenza che afferiscono al privato sociale non hanno obbligo di denuncia, quelli pubblici sì. La valutazione del rischio Ci sono strumenti per la valutazione del rischio utilizzati per capire il rischio di recidiva o escalation della violenza nei casi di violenza domestica. Uno degli strumenti utilizzati è: - ISA test → utile per accrescere la consapevolezza del rischio e che può essere anche auto-somministrato per formare le donne ed evitare che sottovalutino i rischi di ciò che stanno subendo. Domande che riguardano la sfera personale con il partner e la sua condizione psicologica - SARA →metodo più sistematizzato basato su principi scientifici poiché la violenza presenta numerose variabili che questo test, grazie ad alcuni item, analizza 3 variabili: 1. caratteristiche della relazione 2. caratteristiche dell'uomo autore di violenza 3. caratteristiche della donna → “attualmente” si riferisce alle ultime 4 settimane Quando si raccoglie la storia della donna, vi sono altri campanelli d'allarme come: - esordio della violenza in gravidanza perché l'uomo sente che la donna si occuperà anche di qualcun'altro e non più solo di lui e cerca quindi di ripristinare il suo controllo sulla compagna. - mani al collo perché sono un attentato alla vita - utilizzo di armi compresi coltelli → La violenza è agita perché è una persona violenza e non necessariamente è dovuta all'abuso di sostanze o alla presenza di patologie psichiatriche. Le vittime di violenza sono ambivalenti, ovvero cambiano spesso idea e atteggiamento nei confronti del reo →non bisogna essere giudicanti e non abbandonare quando decidono di ritornare sui loro passi. In base ai fattori analizzati, si fanno diverse valutazioni (sospettato, vittima, valutatore) e si analizza se vi è un rischio immediato o meno. La protezione É da attuare se il rischio è elevato e per questo vi sono: - Casa rifugio → per donne sole - Comunità educativa mamma-bambino → per mamme con figli ed è un grande sacrificio per tutti perchè per fare tutto serve il consenso del padre e solo un decreto di visita al padre in luogo protetto, può fermare questa cosa. Co-costruzione del percorso di uscita dalla violenza - assistenza legale (penale e civile) → l'assistenza civile è sempre gratuita - sostegno psicologico - autonomia abitativa (semi autonomia, alloggi Aler) - misure di sostegno al reddito - percorsi di autonomia lavorativa - permessi di soggiorno per vittime di violenza - contributi per gli orfani speciali → progetti proposti da centri per uomini autori di violenza (a scelta) → percorsi di autonomia lavorativa → sostegno all'autonomia abitativa Anche i bambini sono vittime di questa violenza familiare → violenza assistita. Viene fatta una valutazione delle capacità genitoriali sia al padre che alla madre → tema controverso perchè una donna vittima di violenza è psicologicamente distrutta. IL CONSENSO Il consenso non è solo legato al tema degli affetti, anche se in Italia si tende a ridurlo solo a questo. Mostra “Playing with, playing out” →University of Victoria → oggetti del quotidiano messi a disposizione senza istruzioni per capire che cosa ne avrebbero fatto le persona avvicinandosi; alcuni erano oggetti da usare in interazione, altri no e vi era una lavagna dove era possibile lasciare i propri pensieri. La violenza di genere è molto presente negli spazi universitari e in ciò che gira intorno ad essi → la violenza non è solo fuori, ma la portiamo anche nei nostri corpi e viaggia anche nello spazio universitario. L'EMERSIONE DELLA VIOLENZA NEI CONTESTI EDUCATIVI Cosa s'intende per infanzia? Fase della vita che riguarda le prime fasi dello sviluppo in cui si inizia ad essere qualcosa, sviluppando anche la propria identità. → immagine Da cosa capiamo che è un bambino? Statura, espressione plateale delle emozioni, sembra che stiano giocando Non sono sviluppate Nell'infanzia siamo a contatto con soggetti non sviluppati sessualmente. I bambini sono tali perché piangono, giocano e sono considerati non adulti. Se i bambin esistono, l'infanzia non esiste, ma è una costruzione sociale e culturale che ogni società costruisce per definire una certa fase in cui i soggetti hanno determinate caratteristiche che richiedono un certo intervento della società // adolescenza. In una cultura eurocentrica e continentale, adesso si sta iniziando a creare la categorizzazione dei giovani: infanzia, adolescenza, gioventù (fino ai 35 anni) e adultità. Le scelte rispetto all'età ragionano nei termini delle categorie (ex. Prestito giovani: fino ai 30 anni) → termini che segnano indicazioni culturali e sociali. Dobbiamo toglierci dalla testa che, parlando di infanzia, stiamo pensando tutti alla stessa cosa → non ci sono criteri chiari, ma esistono delle infanzia. Storia Fino all'800, la storia dell'infanzia è assente nel continente europeo e inizia a comparire nei ritratti di bambini aristocratici che vengono presentati come piccoli adulti e il passaggio all'adultità era piuttosto repentino e dipendeva dalle classi sociali. Da sempre l'infanzia è stata adultizzata e, fino all'inizio del secolo, in Europa, era del tutto usuale che una bimba, a 10 anni fosse data in moglie e nei contesti rurali, data in dono ad un uomo per prestazioni sessuali. Ad oggi, in altre parti del mondo, a 12 anni, si può diventare madre. Si cerca di supportare le comunità affinché non vi siano matrimoni al di sotto dei 16 anni. Se dal punto di vista biologico, hai le mestruazioni e potresti procreare, non è detto che tu sia in grado di reggere una gravidanza. A stabilire il limite tra un bambino e un adulto e cosa si possa o non si possa fare, se non è solo il dato biologico o culturale, come facciamo? Sappiamo per certo che la storia dell'infanzia è stata una storia di violenza e non perché i genitori non li amassero, ma entrare nel piano dell'amore è molto scivoloso. Non c'entra l'amore o il sentimento, ma la possibilità di vedere la legittimità o meno dell'infanzia. Alcuni storici avvisano una prima fase, detta della Liberazione. Nel 1908, si stila il Children Act promosso dall'International Labor Organization →fissa l'età minima per l'ammissione di minori al lavoro delle industrie. Venivano scelti perché avevano le mani piccole. In alcuni popoli del mondo, per fare la tua parte nella società, a 4 anni hanno già in mano un machete -> tutto ciò che abbiamo in mente è una costruzione che gli adulti fanno per camuffare un dato di realtà. Nel 1919, l’ILO fissa a 14 anni l'ammissione al lavoro nelle industrie, ma perchè si mette questo vincolo? Perché la società si stava iniziando a rendere conto che i bambini sfruttati prima dei 14 anni morivano o diventavano adulti malati con un costo sociale elevato. Conveniva che i bimbi fossero in forze e ben sviluppati per diventare parte operativa dello sviluppo sociale. La seconda fase vede la protezione → Dichiarazione di Ginevra (1924) → esplicito riferimento ai diritti del minorenne, primo fra tutti quello di vedersi applicato il codice legislativo in vigore nel paese di cui possiede la cittadinanza. Prima di allora, tutto ciò dipendeva dalla patria potestà. ⇒responsabilità sociale dell'infanzia Siamo negli anni della Prima Guerra Mondiale. Il secondo conflitto mondiale ha un forte impatto sui diritti dell'infanzia perchè: - ciò che rimane sono una quantità infinita di orfani o presunti tali - Attenzione verso la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo Cosa dobbiamo fare affinché la disumanità di questo conflitto non accada di nuovo? Dall'inizio del 900, una serie di studi mettono in luce quanto ciò che accade nei primi anni di vita abbia un impatto irreversibile su quello che poi sarà → psicoanalisi: dimensione latente e inconscia che influisce sullo sviluppo del bambino / contesto influisce su esso. Si scopre che i bambini hanno bisogno della relazione sociale, non basta il nutrimento → gli adulti si convincono che i bimbi vanno considerati come parte integrante della società. L'antropologia studia tali processi. Nel 1946, le nazioni unite istituiscono l’UNICEF, ovvero il fondo delle nazioni unite per la protezione dell'infanzia e nel 1948 le NU proclamano … Il 20 Novembre 1959, viene approvata la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo in cui si iniziava a mettere in luce che i bambini, proprio perché in una fase specifica di sviluppo, avessero diritti specifici. Nel 1989, anche grazie ai movimenti di emancipazione della donna, nasce la Convezione ONU sui diritti dell'infanzia →per la prima volta il bambino viene definito come soggetto giuridico, cioè come un soggetto che merita di avere attenzione al proprio interesse anche prima di quello dell'adulto. Il bambino non è proprietà del genitore, ma è un soggetto giuridico che ha i propri diritti e al centro, non c'è ciò che l'adulto ritiene giusto per il bambino, ma i diritti del bambino stesso. Il passaggio dalla dichiarazione del 1959 a quella del 1989 segna il passaggio dal concetto di welfare per l’infanzia a quello dei diritti del bambino. Nel corso della costruzione della tutela dell'infanzia però ci si trova di fronte a stati critici → sguardo coloniale / predatorio e di imposizione culturale verso culture diverse. Come si fa a scegliere la migliore? Ciò che ha prodotto questa convenzione è la costituzione di: - Formale grande attenzione nei confronti dell'infanzia - Quotidiani esempi di violazione dei diritti dell'infanzia, a volte persino nel segno della loro tutela. → libertà, diritto e giustizia non sono sinonimi Chi definisce i diritti di un bambino? Siamo sempre noi a prendere decisioni, che sono convenzioni ovvero elementi che noi stabiliamo sulla base di ciò che si sa rispetto all'infanzia e ciò che si è costruito non è nulla, se non una bussola → l'unica ad averla messa come testo di legge è la Svezia. L'unico paese a non aver siglato questa convenzione sono gli Stati Uniti perchè in alcuni paesi vige la pena di morte anche per coloro che hanno meno di 18 anni, mentre il primo articolo di questa convenzione prevede la tutela della vita del bambino. Nessun minore può essere lasciato incustodito prima dei 14 anni di età compiuti e, in caso contrario, i genitori sono penalmente perseguibili ma, nello stesso tempo, possiamo firmare una liberatoria su diario di scuola dagli 11 anni per far tornare i bimbi a casa dal soli (non da casa a scuola). ⇒ abbiamo un sistema fortemente tutelante nei confronti dei bambini e questo dimostra che non è facile abbinare un piano culturale ad uno pedagogico. É come se il piano legislativo andasse ad una velocità diversa per tutelare i bambini, ma essa deve collaborare con un piano di autonomia dei bambini. La Conversione sui diritti dell'infanzia è una bussola, la miglior versione condivisa, eurocentrica come percezione dell'infanzia anche se non perfetta. Seguire questa bussola è stare dentro ad un sistema che obbliga il nostro sistema a pensare ai bambini e alle bambine. Articolo 1 Dato che è impossibile avere elementi specifici per il bambino, si è stabilito che il limite - per convenzione - sono i 18 anni d'età. Al di sotto di questa soglia, si è nella categoria infanzia. Ex. Movimento dei caregivers: ragazzi che fino ai 18 anni d'età sono in comunità ma - al compimento di quell'età - non hanno più diritto a rimanere lì e sono considerati adulti. Il sistema non li tutela più e questo è un problema perché spesso, non facendocela da soli, tornano a casa ovvero il contesto disfunzionale dal quale si erano allontanati. Articolo 3 In tutte le decisioni relative ai fanciulli, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente → ciò che conta è ciò che è meglio per il bambino, non ciò che dice il genitore o ciò che sarebbe più comodo o economico. ⇒ articolo controverso della convenzione. ⇒ per stabilire il miglior interesse del bambino, bisogna guardare caso per caso. Questo articolo è comprensibile solo se connesso all'articolo 12. Articolo 12 Al fanciullo va garantito di esprimere liberamente la propria opinione sull'argomento che lo interessa →si è molto discusso anche su questo perché viene citata la capacità di discernimento dei bambini che, per alcuni, non possiedono quando sono piccoli. Anche in caso di contenzioso in tribunale i bimbi devono essere ascoltati tenendo presente il loro grado di maturità → qualsiasi bambino può dire la sua ed esprimere liberamente la sua opinione, non necessariamente parlando o scrivendo, ma anche con il corpo. Dare modo al bambino di esprimere la propria opinione è un dovere degli adulti che lo circondano e, individuare una modalità efficace per fare ciò, dipende dall’adulto. Questo non vale solo in tribunale, ma anche nelle scuole e nei servizi → questo molto spesso non accade. La convenzione invita a considerare i bambini come esseri che hanno un pensiero e devono essere presi sul serio → non dicono bugie, non fanno i capricci ma ciò che dobbiamo chiederci è perché hanno bisogno di fare così. Oggi la tutela è un progetto complesso e multidimensionale che riguarda il piano educativo e del diritto, ma allora dov'è la violenza? Nell'agenda 2030 i bambini sono presenti nell'obiettivo 16.5 che pone come punto di attenzione la totale eliminazione di qualsiasi forma di violenza sull'infanzia come obiettivo del 2030. ⇒Al momento, non tutti i paesi del mondo garantiscono la tutela e la protezione dalla violenza per i bambini e le bambine. Endcorpolarpunishment.org → si occupa per promuovere il non uso della violenza come strategia didattica ed educativa. Nel 2000, la commissione dei diritti del bambino dedica il tema della violenza sull’infanzia → nella prima parte, si intende la violenza subita a causa dello stato (violenza istituzionalizzata). Nel 2001 lo stesso studio viene fatto in merito alle violenze subite a scuola e in famiglia Dal 2006 al 2016 viene stilato il report United Nation Study on Violence against Children VAC come: - Violenza agita da adulti e caregivers contro i minori - La violenza fra pari: perpetrata cioè da minori contro minori - La violenza assistita: minori costretti ad assistere a situazioni… -> da violenza sull’infanzia a violenza nell'infanzia. Se c'è una legge per la violenza sui minori nelle scuole, non esiste per quanto riguarda la sfera domestica, ma il report 2030 prevede la totale eliminazione della violenza contro i minori. Ancora oggi in Italia si utilizzano forme di punizione corporale (definizione) La storia dell'educazione è una storia di violenze e soprusi. Nel testo “Pedagogia nera” la forzatura e le manovre violente sono sempre state utilizzate sull'infanzia. Per violenza si intende l'uso della forza fisica o del potere, minacciato o agito, contro un singolo o un gruppo con un risultato potenziale che può provocare ferimento, morte o sofferenza e deprivazione del soggetto ⇒ rapporto di potere in cui qualcuno agisce o fa qualcosa per cui l'altro si sente male → non è l'intenzione di chi fa il comportamento ma, a definire che è violento, è il fatto che il bambino sta male e vi è una dimensione in cui il potere è agito → dobbiamo prestare attenzione sull'effetto di chi riceve la violenza // lo stupro viene definito come tale dalla vittima e non da chi lo compie. Quella di cui ci parla Alice Miller è l'attenzione alla pedagogia nera, ovvero il pensare che per educare devo per forza vessare e far sentire male l'altro → queste sono strategie di addomesticamento adottate per esempio dai campi di concentramento -> il tutto dipende da quali persone vogliamo formare → cittadini e persone libere non possono crescere bene in un contesto violento in cui non c'è libertà. La violenza è dentro un processo intergenerazionale, si impara e la prima forma di prevenzione è avere fatto esperienza di un adulto che ti prende sul serio, considera vero ciò che dici e riconosce come legittimo ciò che tu pensi altrimenti si cade in una spirale di violenza intergenerazionale. La scuola e i servizi educativi sono momenti quotidiani dove si gioca molto la dimensione dell’intimità. Ex. Momento del bagno nella scuola dell'infanzia: - Si impara che ci sono limiti che fanno di quello un momento intimo → questione di spazio, di corpo e sociale. Un bambino rivestito frettolosamente e spogliato davanti a tutti impara che non sono io che definisco i miei diritti, che l'adulto abbia il dovere di mettermi le mani addosso e che non sia normale sentirsi male per questo perché lo fanno tutti. Proprio perchè siamo in questi momenti così intimi, queste sono le occasioni in cui il bambino può dire laddove trova un'insegnante che gli dà attenzione e lo prende sul serio. Il privato è pubblico e ciò che avviene in casa è di tutti → con il contesto giusto, i bambini dicono e se non dicono, vediamo i segnali. ⇒ i bambini e le bambine hanno dei diritti, ma non possiamo darli per scontato ⇒ i luoghi e i contesti educativi sono fondamentali non solo come sentinella per le situazioni di violenza, ma come prevenzione primaria laddove i bambini trovano un adulto che legittima ciò che essi dichiarano essere i loro bisogni, sapendo che - proprio perchè è una relazione asimmetrica - lì c'è il rischio di essere violenti e mi devo assumere questa responsabilità chiedendomi come ciò che faccio viene percepito dall'altro → violenza come processualità e non come risultato. LEGGERE LE RELAZIONI FAMILIARI Noi usiamo l'espressione facciale per dare inferenze ed interpretare → la comunicazione è sempre ambigua (libro “Il malinteso” → la comunicazione umana si basa sul malinteso ed è proprio il malinteso che ci permette di comunicare). La pedagogia della famiglia dice che si può capire qualcosa in interazione → non sappiamo la storia perchè abbiamo una fotografia statica proprio come accade nei contesti di violenza e passa l'idea che c'è una storia e un dossier che inizia a crearsi e queste storie diventano molto caso → si deve creare un attenzione e mettere le storie in movimento. Come si impara a vedere e rileggere una famiglia? Tutti noi abbiamo una biografia e ci sono famiglie che hanno diverse pratiche che non si possono universalizzare. → abbiamo imparato anche che cos'è la violenza: in questo corso arrivano informazioni che non vengono trasmesse su una tabula rasa perché tutti abbiamo vissuto delle forme di violenza. → le lenti usate abitualmente sono la normalizzazione, la naturalizzazione con stereotipi / cliché → queste ci mettono le lenti sugli occhi (paraocchi) e non vediamo più il bambino, ma tutto diventa scontato (libro: Oltre il senso comune) → viviamo in un mondo che rende tutto piatto e normalizzato ma, problematizzando le cose che crediamo di sapere, come possiamo accompagnare noi stesse dentro un equipe a leggere la violenza come un fenomeno complesso? La violenza è come un fenomeno costruito socialmente portando prospettive di significato con soluzioni e pratiche, quindi gli obiettivi sono: - Riflettere sulle lenti che usiamo nel percepire, nel pensare e nel dare senso al costrutto della “violenza domestica” - Imparare a vedere i sistema familiare come un tutto interconnessi dove ogni persona che è fa parte si gioca una sua modalità, una microcultura - Sfidare alcune narrazioni dominanti come la vittimizzazione (trattare le persone come vittime non le aiuterà), generalizzazioni, letture intrapsichiche e patologizzanti, pratiche educative che chiudono (lineari o paradossali -> donna che denuncia maltrattamenti e che viene ritenuta come una cattiva madre perché non è stata in grado di proteggere il figlio) come moralismo, paternalismo, violenza istituzionale, othering. → il biasimo su una madre negligente, non protettiva è una forma di violenza ⇒ apprendimento e cura di sè per generare possibilità → dobbiamo chiederci come stiamo e come ci prendiamo cura della nostra storia e delle nostre premesse. Oggetti culturali - Alimentare la sensibilità Analizzare determinati oggetti e vedere l'impatto che la violenza ha su di me, non come singola, ma come equipe. Come reagiamo a questo oggetto culturale? Esso diventa un pretesto per capire come abbiamo interiorizzato un certo concetto. Ex. Un cortometraggio (Ciervo) https://www.salgoalsud.it/2021/02/25/ciervo-la-violenza-domestica-nellarte-del-cortometraggio/ Una canzone (cantautrici e cantanti varie) https://www.donnapop.it/2020/11/25/violenza-sulle-donne-14-canzoni-italiane/ Una poesia (Alda Merini, Canto alle donne) https://www.noidonne.org/articoli/oltre-la-violenza-un-grande-dono-di-alda-merini-alle-donne.php Una scena di film (Anche libero va bene di Kim Rossi Stuart) https://www.youtube.com/watch?v=pAYYj8SgDfw → ognuno vive la violenza a partire dalla sua strategia e generalizzare è pericoloso L'approccio sistemico si basa sulla narrazione, le storie come punto di partenza per smontare gli stereotipi. Kim White faceva sedute sulla coppia in situazioni di violenza perché egli dice di volerli nella stessa stanza per rendersi conto di come le premesse patriarcali hanno portato alla violenza, permettendo gli così di capire il contesto della violenza e per rendere praticabile una vera e sana separazione, che non è solo fisica, ma è anche mentale (ex. Posso essere lontana, ma pensare ogni giorno all'uomo che mi maltrattava). → individuazione: come essere umano, mi riconosco → differenziazione: so di essere altro rispetto a te La violenza domestica, in questo approccio complementare ad altri, è fenomeno complesso e multidisciplinare dove tutte le variabili sono aggrovigliate tra loro e le tipologie di storie familiari sono diverse (almeno trigenerazionali perché la violenza ha le sue radici che vengono tramandata come copione familiare). I livelli di lettura proposti sono almeno tre: 1. Micro-livello = ognuno di noi ha una biografia e dentro al ciclo della violenza è attivo e competente. Anche un bambino piccolo è in grado di dare senso agli eventi e non è solo un recettore passivo di ciò che accade. Se c'è un'esperienza di violenza (voci forti, frequenti litigi, insulti), diventa un'esperienza incorporata tramite i sensi per esempio. Siamo tutti soggetti e oggetti di violenza → Pedagogia Nera di Alice Miller sostiene che esercitare il potere su un altro è giusto e, pensando di accompagnare l'altro verso un apprendimento, lo insulti con l'idea di smuovergli qualcosa. La PN non riguarda gli altri, ma noi ovvero cosa facciamo quando siamo oggetto di violenza e cosa facciamo quando accade? → ci dobbiamo proteggere, sollevare il problema e capire che non riguarda gli altri. →la violenza nasce nel momento in cui non hai altri strumenti e vedi questo come un modo per rafforzare il tuo potere. → come ci educa la cultura al conflitto? Ci educa a dire di no ma, come dice la Sclavi nel suo libro, è importante imparare a stare dentro al conflitto che può essere generativo e creativo. ⇒ L'apprendimento trasformativo avviene nell'ambito adulto e richiede che tu abbia già una vita, le tue idee e ad un certo punto entri in una crisi, un dilemma per cui ti accorgi che ciò che prima funzionava non funziona più → è applicabile al tema della violenza (ex libro: fai quello che vuoi, ma come ti dico io). 2. Meso-livello = rende la situazione più complessa perché non vediamo più solo le storie separate perché c'è una variabile in più→ vivere insieme e avere una vita condivisa genera schemi ripetitivi, copioni (Ingold: miti familiari), linguaggi, cultura locale e transgenerazionale. Il “Noi familiare” si instaura quando c'è da costruire, mantenere o proteggere l'identità della famiglia. Ex. Famiglie d'origine che rifiutano la separazione in situazioni di violenza (interazione triadica) Analizzare queste interazioni è importante per chiederci come questa famiglia manifesta la violenza per decostruirla e darle un nome, capendo che è violenza. Tripletta: aggressore, vittima e salvatore → i bambini possono avere tutte e tre le posture. É una narrazione che rischia di bloccare possibili altre letture in quanto nelle famiglie le persone hanno strategie. Nelle relazioni sane, lo schema può essere modificato, mentre in quelle che vivono situazioni di violenza no. Leggere le relazioni familiari → lettura psichica va superata perché la situazione svela delle relazioni che potrebbero essere raccontate in maniere molto parziali (ex. Se sorrido, non è detto che io stia bene) → è importante creare dei setting che a volte sono difficili perché i servizi ti remano contro e percepire, immaginare, comprendere ovvero agire in modo responsivo e responsabile. 3. Macro-livello = noi siamo in un sistema sociale più ampio di quello familiare (indagato dal livello meso). ex. Società, cultura, media, discorsi dominanti, discorso pubblico, leggi, politiche, pratiche Noi abbiamo pratiche che spesso dividono → sistema welfare a compartimenti stagni, ovvero servizi suddivisi che non si parlano e hanno diverse responsabilità. Il sistema dei servizi perpetua forme di violenza→ violenza istituzionale (ex. Quando riesci a far fare dei passi di consapevolezza a genitori separati che iniziano a parlarsi, si incontrano fino a che arriva un decreto partito su una denuncia di 6 anni prima, che cancella il lavoro fatto). La società è violenta e si fa finta che la violenza non ci sia → è responsabilità di tutti cercare di cambiare qualcosa Premesse errate interiorizzate: - Potere e controllo - Idealizzazione della famiglia e dell'amore romantico - Bambini, donne e anziani visti come vittime incompetenti→ bisogna entrare in una narrazione diversa da quella della vittima - Debolezza dei segnali, silenzi, una “congiura collettiva” → ci sono silenzi che, se sei attento, ti parlano. Spesso i silenzi sono legati all'ambiente, alla paura di non potersi fidare o a delle risposte negative già ricevute. Antidoti: ⇒ imparare a vedere e sentire - oltre il noto, il “normale” ⇒esercitare un'attenzione complessa, non dare nulla per scontato → chiedere le storie per prevenire ⇒ agire est-eticamente “Se vuoi vedere, impara ad agire” , “Agisci in modo da aumentare le possibilità” → devo costruire situazioni concrete perché non basta vedere. → il lavoro educativo consiste nell'allestire contesti e creare situazioni Come viene raccontata la violenza domestica? Il libro di denuncia - Silvia Ballestra “Contro le donne nei secoli dei secoli” 2006 “non neutralizzarne la dimensione drammatica attraverso il linguaggio astratto e oggettivizzante che sarebbe proprio dei testi scientifici e istituzionali” → libro che racconta la violenza nei secoli, ma non è un libro di storia. Ha un linguaggio accessibile a cui è facile accedere, quindi la violenza si può raccontare in modi narrativi Testi narrativi - Concita de Gregorio “Malamore” → si domanda perché le donne siano disposte a sopportare? Gruppo Controparola “Amori assassini” (2008) - Media → oggettivizzano il corpo della donna, ma manca una relazione reale con il corpo - Le premesse culturali trasferite di famiglia in famiglia che provengono dai nonni sono fortissime e difficili da cambiare Melania Mazzucco “Un giorno perfetto” (2005) → scena che ci mostra il rifiuto di un'etichetta che, se accettasse, la costringerebbe a fare una serie di cose tra cui accettare su di sé il marchio di vittima che molte donne non vogliono. → linguaggio istituzionale per esempio nelle denunce L’autobiografia Linda Oscura “Come in un sogno cattivo” (2003) →uscire dall'intrapsichico significa accettare che c'è, ma andare oltre guardando i contesti perchè altrimenti ci si inganna. VIOLENZA ECONOMICA E STRUMENTI DI EMPOWERMENT Il rapporto tra benessere finanziario e violenza economica Educazione finanziaria → tema fondamentale per la nostra società che si fonda su esso. Il nostro paese è indietro su questo tema per la sua matrice cattolica che influenza la visione che noi abbiamo del denaro. La religione protestante invece vede nella ricchezza una condizione della grazia divina e quindi in Inghilterra e negli Stati Uniti, ai bimbi si insegna che devono diventare ricchi. Libro: La paghetta perfetta → come educare i figli sull'uso del denaro con basi scientifiche. OBIETTIVO EFFE (Empowerment Femminile per un Futuro più Equo) Economia: corpo →scienza che studia i diversi modi con cui le persone allocano le risorse Finanza: sangue → disciplina che studia la circolazione del denaro In Italia le ragazze hanno minori competenze finanziarie rispetto ai maschi già a 15 anni, nonostante abbiano fatto le stesse scuole e abbiano lo stesso rendimento scolastico → esiste solo in Italia e Polonia e, dal punto di vista sociologico, è in atto un processo di socializzazione al denaro che porta a questo divario che si amplia sempre di più e questo vale per tutte, tranne per le ragazze che fanno finanza. ⇒questo è un problema per la violenza economica La nostra società è fondata sul denaro, ma ci sono sempre opinioni contrastanti su questo tema. Questo si rispecchia nelle due facce della moneta →il denaro è fondamentale, tut

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