Document Details

UnequivocalMetonymy

Uploaded by UnequivocalMetonymy

Università degli Studi di Padova

Ra aella Filippini

Tags

fitochimica metaboliti vegetali estrazione vegetali chimica

Summary

This document covers Fitochimica, focusing on the study of plant metabolites. Key topics include extraction methods, isolation, identification, and characterization of phytoconstituents. It also discusses biosynthetic pathways and the importance of phytochemicals in understanding plant function and potential medicinal properties.

Full Transcript

FITOCHIMICA Prof.ssa Ra aella Filippini - studio dei metaboliti di origine - isolamento, identi cazione e vegetale caratterizzazione dei tocostituenti - vie biosintetiche...

FITOCHIMICA Prof.ssa Ra aella Filippini - studio dei metaboliti di origine - isolamento, identi cazione e vegetale caratterizzazione dei tocostituenti - vie biosintetiche Ricerca Fitochimica: - estrazione del materiale vegetale - caratterizzazione dei composti isolati - separazione ed isolamento dei - studio delle vie biosintetiche costituenti di interesse - determinazioni quantitative A cosa serve la Fitochimica: - razionalizzare le procedure di estrazione - de nire le modalità per il controllo di qualità - intuire l’attività farmacologica, la farmacocinetica e la farmacodinamica - preludio alla sintesi dello stesso composto o di un composto correlato (si è arrivati all’aspirina grazie alla conoscenza della salicina) 1827 Leroux (farmacista francese) riesce ad estrarre la salicina dal salice in forma cristallina pura e ne prova l’e etto antipiretico, per avere un dato scienti co concreto. 1838 Ra aele Piria (illustre chimico italiano) risolve la struttura chimica della salicina come glucoside dell’alcool salicilico e trasforma per ossidazione la salicina in acido salicilico. 1874 Von Heyen riesce a mettere appunto un metodo di sintesi industriale dell’acido salicilico, abbattendo costi e risolvendo i problemi di reperibilità del prodotto. 1897 un altro giovane farmacista e chimico, Felix Ho mann, per alleviare le so erenze reumatiche del padre e per proteggerlo dai ben noti e etti gastrolesivi dell’acido salicilico, sintetizza l’acido acetilsalicilico. - de nire i meccanismi biosintetici - chemotassonomia (si occupa della classi cazione delle piante in base ai metaboliti secondati presenti o assenti; costituenti simili si trovano spesso in famiglie vicine o in generi vicini, piuttosto che in piante lontane da un punto di vista tassonomico. I dati chimici sono stati più volte utilizzati per sopperire alla di colta che talvolta si incontra …) PROGRAMMA Studio tochimico Approccio estrattivo di droghe vegetali Concetti di base di cromatogra a I mattoni biosintetici Fenoli, terpeni, alcaloidi, metaboliti secondari minori (nell’ambito di ogni singola classe di composti saranno trattate: - caratteristiche chimico- siche - distribuzione - aspetti biosintetici - cenni di estrazione ed analisi) 1 fi fi fi ff ff fi fi fi ff fi fi ff ff ffi fi ff Esempio di domande d’esame: 1. macerazione, principi di base, pregi e difetti 2. perché è così importante la cromatogra a negli studi tochimici 3. le cumarine 4. le saponine 5. i carotenoidi METABOLISMO è la manifestazione dell’attività vitale nell’organismo a seguito di reazioni chimiche che comportano trasformazioni di materia ed energia. È suddiviso in: insieme delle reazioni che determinano la demolizione a ni energetici delle sostanze organiche no a trasformarle processo di catabolismo in prodotti più semplici (durante le reazioni si libera demolizione energia che viene usata dall’organismo) insieme delle reazioni che portano alla sintesi di nuove è un processo anabolismo sostanze organiche ( di sintesi Esistono anche: - metabolismo primario - metabolismo secondario Le reazioni che avvengono nel metabolismo sono chiamate vie metaboliche: sequenze di reazioni coinvolte in uno o più processi metabolici. Le reazioni metaboliche sono catalizzate da enzimi Metaboliti = sono i prodotti del metabolismo dei viventi Esistono: metaboliti sono presenti in tutte le cellule = ubiquitari e sono indispensabili per il primari funzionamento del metabolismo cellulare non sono ancora metaboliti secondari ma sono hanno vita abbastanza precursori biosintetici a basso peso molecolare metaboliti breve perché si derivati da carboidrati ed amminoacidi (metaboliti intermedi: trasformano quasi subito primari) soggetti a rapida trasformazione in in metaboliti secondari metaboliti secondari (o speciali) molecole generalmente a basso peso molecolare, derivate dai metaboliti primari tramite l’attivazione di speci che vie enzimatiche, sono altamente metaboliti speci che della famiglia, del genere o della specie a cui appartiene la pianta secondari Non sono necessari allo sviluppo della cellula, ma concorrono a quello dell’organismo (in particolare sono importanti per la vita di relazione dell’organismo) Es: nelle piante, durante la glicolisi, ci sono dei metaboliti che derivano dal glucosio (metabolita primario) che vengono usati come mattoni biosintetici per la formazione dei metaboliti secondari. 2 fi fi fi fi fi fi Ricerca sui metaboliti secondari in qualche modo si può far risalire al 1806 la nascita della tochimica (Sertürner isola per la prima volta un metabolita secondario da una pianta, in particolare viene isolato il Principium sonniferum da un papavero da oppio = è la mor na). Nel 1818 viene coniato il termine “alcaloide” perché da prove chimiche su questo composto isolato è emerso che aveva proprietà simili a quelle di un alcale (= base) per le caratteristiche chimico- siche. “oide” = in apparenza Passano molti anni e, nel 1923, viene delucidata la struttura della mor na (passano più di 100 anni perché si riesca a capire come sia fatta questa molecola). Questi sono gli anni d’oro della tochimica, nel senso che dopo questo primo isolamento i tochimici prendono tutte le piante che capitano facendo estrazioni ed isolando principi attivi diversi (es: la china) STUDI FITOCHIMICI profondi cambiamenti dalle origini ai giorni nostri I primi studi di tipo tochimico rispecchiavano il punto di vista del naturalista della ne del 18° sec —> signi ca che i tochimici raccoglievano le piante, estraevano ed isolavano qualcosa che fosse contenuto nella pianta limitandosi a metterlo da parte per poi andare in contro ad una chiari cazione dal punto di vista della struttura. Le piante venivano analizzate quindi per individuare i principali tocostituenti ma veniva fatto soprattuto a scopo descrittivo. Lo sviluppo degli studi tochimici non sarebbe stato possibile (si sarebbe fermato al livello puramente descrittivo) senza conoscere le strutture chimiche dei composti stessi (sarebbe stato uno studio ne a se stesso). Per delucidare strutturalmente una sostanza servono: 1. ottenere quantità su cienti del composto puro (uno dei problemi fondamentali), servivano parecchi grammi —> nelle piante venivano isolati i composti presenti in quantità abbondante, si partiva da kg di droga 2. l’uso di mezzi appropriati per elucidare le strutture chimiche L’isolamento, la caratterizzazione chimica e l’identi cazione sono stati molto in uenzati dalle metodiche analitiche disponibili —> un biochimico organico italo-russo Tswett nel 1906 riuscì, con la cromatogra a, a separare la cloro lla da un estratto vegetale. Stava studiando degli estratti e voleva separare la cloro lla: ha preso del gesso e ci ha riempito una colonna, ci ha messo dentro l’estratto, ha fatto passare dei solventi ed ha visto che comparivano delle bande colorate con colori diversi. 3 fi fi fi fi fi fi fi fi ffi fi fi fi fi fi fl fi fi fi fi fi Riuscire a separare i composti presenti un estratto rendeva molto più facile la successiva identi cazione (è stata una tappa fondamentale). I problemi legati alla caratterizzazione chimica dei diversi composti una volta erano legati fondamentalmente alla quantità di materiale di partenza necessario, molto elevata ed al problema di ottenere dei composti puri. Quindi il chimico faceva un’estrazione e poi andava avanti con cristallizzazione ecc no ad arrivare alla sostanza che fosse su cientemente pura. Con l’introduzione della cromatogra a molti di questi problemi vengono superati e, con le metodiche analitiche di cui disponiamo oggi, anche con le tecniche e enarte (associamo alla cromatogra a degli approcci analitici che consentono di avere delle informazioni sulla struttura delle molecole). Si è passati quindi da un approccio molto semplice partendo da quantitativi molto alti di materiali di partenza ad approcci molto più semplici perché disponiamo di tecniche cromatogra che ed analitiche più so sticate che ci permettono di ottenere informazioni più precise anche a partire da poco materiale di partenza. Anni 60-70: migliaia di composti vengono isolati dalle piante e caratterizzati strutturalmente Robinson, Ruzicka, Barton e Birch —> TEORIE BIOGENETICHE* ⇣ sono ipotesi sul possibile percorso biosintetico di un dato precursore verso un dato prodotto nale *Nel momento in cui sono state caratterizzaste le molecole dal punto di vista strutturale, il tochimico si è posto questa domanda: come si sono formati questi composti? dal disegno della struttura della molecola in esame iniziava a formulare ipotesi su come questa molecola potesse essersi formata. Tutti i terpeni derivano dalla condensazione testa- coda di un numero variabile di unità isopreniche - Ruzicka, 1953 —> formula la teoria biogenetica dei terpeni (valida in parte, non completamente). Unità isoprenica = 5C Ruzicka aveva osservato che i terpeni avevano un numero di carboni che era multiplo di 5. Negli anni ‘50 viene introdotta un’altra tecnica di analisi che consente di chiarire molte vie biosintetiche che portano alla formazione di molti metaboliti secondari: vengono de nite le tecniche traccianti che usano dei radionucleoiti (l’introduzione dell’utilizzo di composti marcati = isotopi ha consentito di delineare le vie biosintetiche delle principali classi di metaboliti secondari, quindi nei decenni seguenti le vie biosintetiche di quasi tutte le classi di metaboliti secondari più importanti furono delineate). In pratica si introduce nel pool metabolico un metabolita marcato, si parte dal presupposto che 4 fi fi fi ffi fi fi ff fi fi fi fi la pianta non sia in grado di discriminare la molecola che di erisce solo per la sostituzione isotropica. Quindi si fornisce alla pianta il precursore marcato, le cellule lo utilizzano per la biosintesi del metabolita nale, andando ad analizzare sia il metabolita nale che i composti intermedi se è possibile isolarli saremo in grado di capire quante unita del composto marcato sono state usate dalla cellula per biosintetizzare il composto nale. Il composto marcato si sceglie perché si è in grado di vederlo con delle tecniche analitiche (altrimenti si rimane a livello di ipotesi). In molti casi è possibile isolare anche intermedi che hanno incorporato la molecola del precursore marcato e che, a loro volta, si comportano da precursori per il metabolita nale. Quindi in alcuni casi, non sempre, è possibile anche isolare i composti intermedi che portano alla formazione del metabolita nale (non sempre perche alcuni intermedi hanno vita molto breve). Prima è stato ipotizzato che il colesterolo venisse formato a partire da molecole di acetato, questo viene utilizzato per la sintesi dello Squalene (30C) e, da questo, si forma il colesterolo. I pallini nell’immagine sono i C14: quindi attraverso una risonanza magnetica nucleare siamo in grado di capire dove sia presente un Carbonio 14. Ad esempio nella foto si vede l’acetato che deriva dalla via della glicolisi (a partire da uno zucchero si formano tanti composti intermedi che servono per la biosintesi dei metaboliti secondari). Questi composti vengono somministrati alla pianta e dipende dall’approccio che si può utilizzare: - piante in colture idroponiche (si può immettere il precursore nel liquido in cui sono immerse le piante) - fornire il composto in forma di gas (nel momento in cui è stato dimostrato che una pianta usa CO2 per la biosintesi di glucosio durante il processo cloro lliano viene messa la pianta in ambiente chiuso e viene insu ata la pianta di CO2 marcata, l’e etto nale è il glucosio con gli atomi di carbonio marcati) - utilizzo di colture in vitro di cellule vegetali che possono essere su mezzo solido o liquido (si vedono i calli nella foto = cellule indi erenziate che derivano da un espianto prelevato dalla pianta madre, vengono sterilizzati gli espianti e messi in coltura su un mezzo che presenta zucchero, sali minerali ed ormoni —> le cellule si di erenziano ed iniziano a riprodursi. Nel momento in cui si di erenziano diventano le cellule ad esempio caratteristici della foglia come il meso llo). Il precursore viene fornito alla coltura, le cellule lo assorbono e lo usano per la biosintesi dei metaboliti secondari NMR (risonanza magnetica nucleare) questa tecnica permette di osservare gli isotopi di alcuni atomi. Gli atomi di C arricchiti isotopicamente possono essere localizzati per confronto tra gli spettri del composto marcato e quelli del composto presente in natura 5 fi ff fi fi ff fi ff fi fi ffl fi fi ff ff Importanza delle moderne tecniche traccianti: negli anni ‘90 Roemer ed altri ricercatori dimostrano l’esistenza della via del metileritrolfosfato. Fino agli anni 90 si pensava che tutti i terpeni derivassero dall’unione di unità isopreniche. Il Mevalonato è il composto dell’isoprene, in pratica gli autori dicono che: l’incorporazione che è stata osservata del mevalonato nei monoterpeni è così bassa che potrebbe essere usata come prova che deve esistere un’altra via di sintesi. Infatti viene dimostrato che l’isoprene si forma da due precursori diversi: piruvato e gliceraldeide fosfato. robinson, ruzicka, barton e birch ↳ teorie biogenetiche = ipotesi sul possibile percorso biosintetico di un dato precursore verso un dato prodotto nale ↳ teorie biosintetiche = è il processo biochimico che compie un precursore verso un prodotto nale, sono note tutte le fari ed i fattori che contribuiscono al processo. La validità di queste teorie è stata dimostrata sia con studi in vivo, sia mediante sintesi chimiche basate su analogie biogenetiche (sintesi biomimetiche) —> fatta un’ipotesi e dimostrata il tochimico cerca di mimare in laboratorio quello che la pianta fa in vivo. prima fase: determinazione strutturale di un metabolita secondario ↳ TEORIE BIOGENETICHE ↴ seconda fase: applicazione di metodi in grado di dimostrare sperimentalmente gli schemi biosintetici che intervengono nella formazione di un determinato metabolita ↳ TEORIE BIOSINTETICHE Utilizzo di composti marcati per studi siologici: - identi care i siti organo-speci ci di sintesi dei composti secondari - scoprire se un composto è stato traslocato all’interno della pianta - ottenere informazioni riguardo ad un possibile turnover o ad una degradazione dei metaboliti secondari Enzimi coinvolti nel metabolismo secondario - sono spesso presenti in basse concentrazioni (gli enzimi del metabolismo primario si trovano in quantità da 3 a 5 ordini di grandezza maggiore) - mancano di una regolazione a feedback Localizzazione cellulo-speci ca delle vie secondarie attraverso l’immunolocalizzazione di enzimi speci ci di una via: si utilizza l’anticorpo che va a legare speci camente all’enzima, l’anticorpo viene legato ad una sostanza colorata o uorescente, si trattano i tessuti con questi anticorpi e siamo in grado di dire dove l’enzima che catalizza una reazione sia localizzato. 6 fl fi fi fi fi fi fi fi fi fi Metà anni ‘80: si cominciano a fare i primi studi sugli enzimi coinvolti nel processi biosintetici, vengono clonati ed espressi i primi geni codi canti enzimi del metabolismo secondario delle piante. Caratterizzazione molecolare delle vie secondarie a livello dei geni. È stato visto che enzimi coinvolti nel metabolismo secondario sono di solito presenti in concentrazioni molto basse. Questo è il periodo in cui si iniziano a trasferire geni che codi cano per enzimi che lavorano in determinate vie metaboliche o di intere vie metaboliche tra organismi per migliorare o modi care piante medicinali, o addirittura creare piante con nuove caratteristiche. Questo trasferimento avviene da organismi di erenti, si può creare ad esempio una pianta che resista meglio all’attacco di patogeni. Si arriva quindi agli OGM (organismi geneticamente modi cati). Una delle prime prove che è stata fatta è stato nel 1986 in una pianta di tabacco in cui viene inserito un gene di una lucciola (la pianta diventa luminosa). Aspetti funzionali dei metaboliti secondari no al 1980 gli aspetti funzionali dei metaboliti secondari delle piante non sono stati considerati ne dai tochimici ne dai microbiologi (negli anni 50 venivano considerati prodotti di scarto o detossi cazione). Negli anni 70 questa visione cambia e si comincia a pensare ai metaboliti secondari come dei prodotti con un ruolo soprattutto nella vita di relazione della pianta. Si comincia a pubblicare qualcosa a riguardo e gli studi si fanno sempre più frequenti, in un articolo c’è scritto che i metaboliti secondari non partecipano ai processi metabolici essenziali al mantenimento della vita in un organismo vegetale. Ad onor del vero questo attributo non è molto felice ed a rigore non avrebbe mai dovuto essere usato il termine “secondario” in quanto sembra sostenere il concetto che siano di sostanza marginale. Nella slide si vedono alcuni tipici attributi del metabolismo secondario: veniva de nito come l’espressione di un metabolismo deviato e ridondante o come il segno del metabolismo lussurioso delle piante anche come relitto sulla spiaggia metabolica o come il parco giochi dell’evoluzione biochimica. Si pensava proprio fosse una cosa che non servisse. Si vede il metabolismo primario (le fecce con la P) e, lateralmente, quegli s ati che portano alla formazione dei metaboliti secondari. Gli autori pensavano che, quando i metaboliti intermedi, i quali derivavano dai metaboliti primari, fossero in eccesso venissero usati per produrre i metaboliti secondari. Poi le cose cambiano e si arriva alla proposta di questa rappresentazione. Al centro c’è il processo fotosintetico che porta alla formazione dei metaboliti primari, ai quali sono legati i metaboliti secondari esternamente. I metaboliti secondari hanno importanti funzioni di difesa nei confronti di patogeni ma anche nei confronti di altre piante (= allelopatia): ad esempio il noce c’è uno spiazzo dove non c’è erba perché presenta una sostanza (iuglone) che impedisce la crescita di altre piante. 7 fi fi fi fi fi fi fi fi fi ff Parte di questi metaboliti secondari hanno una funzione vessillare (= attrarre ad esempio gli insetti impollinatori), le due categorie che sono più coinvolte in quest’attività sono gli antociani e avonoidi. Poi hanno un ruolo nei confronti di stress di tipo abiotico (ruolo di difesa nei confronti di radiazioni luminose (piante che vivono ad altitudini elevate hanno la cutina impregnata di sostanze che ri ettono la luce). I metaboliti secondari quindi, da prodotti inutili e di scarto, sono diventati molto importanti. Il metabolismo primario (regolato da geni molto rigidi che controllano funzioni essenziali): - indispensabile - uniforme - universale - conservativo Il metabolismo secondario (geni con grande plasticità —> cambia mano a mano che si veri cano cambiamenti a livello ambientale, quindi la pianta si deve adeguare): - serve per l’interazione dell’individuo - indispensabile per la sopravvivenza con l’ambiente nell’ambiente - indispensabile per la crescita e lo - unico sviluppo - diverso - adattativo ad esempio la vinblastina si trova solo in Catarantus roseus: una molecola che è presente in una sola specie non può essere essenziale per sviluppo. Durante l’evoluzione del regno vegetale alcuni metaboliti secondari sono stati reclutati per funzioni primarie o per conseguire sia funzioni primarie che secondarie. diterpenoidi tormoni benzoati segnale dello stress sesquiterpenoidi tormoni lignina ra orzo della parete triterpenoidi tormoni canavanine difesa chimica tetraterpenoidi fotoprotezione avonoidi regolazione dello sviluppo Es: salicilato è una molecola di segnale dello stress; alcuni metaboliti secondari vengono prodotti dalla piante in maggiore quantità quando quest’ora è sotto stress (se stresso la pianta posso ottenere più metabolita secondario) Le piante hanno evoluto 3 strategie principali per difendersi da patogeni ed erbivori: 1. accumulo costitutivo di composti di difesa (produce sempre delle sostanze per difendersi) 2. accumulo costitutivo di composti di difesa preformati (ma non ancora tossici —> devono essere trasformati per agire come armi di difesa: la pianta lo fa sintetizzando gli “enzimi di accensione”: ben separati tramite compartimentazione spaziale) es: glicosidi cianogenetici 3. formazione indotta di composti di difesa in risposta ad un insulto bioetico o abiotico, quindi li produce dopo aver subito l’insulto (es: il sedano produce in piccolissima quantità delle furocumarine che sono abbastanza tossiche, se viene attaccato da funghi questo contiene quantitativi molto più elevati di furocumarine) 8 fi fi fl fi ff fi fl fl FITOANTICIPINE = composti preformati, hanno funzioni sia strutturali che metaboliche nella difesa verso i patogeni FITOALESSINE = composti inducibili (prodotti in maggiore quantità quando la pianta è attaccata) METABOLITI SECONDARI Amleto: “non c’è nulla che sia buono o cattivo, è il pensiero che lo rende tale” molecole che possono essere apparentemente dannose o pericolose per noi possono diventare interessanti agenti terapeutici, il loro ruolo biologico rende molti metaboliti secondari interessanti agenti terapeutici Es: Tassolo, Vinblastina e Vincristina (antitumorali) Il metaboliti secondari sono composti che vengono de niti a basso volume ed ad alto valore (sono presenti in basse quantità nella pianta, quindi hanno un elevato valore). I metaboliti primari vengono de niti ad alto volume ed a basso valore. Sul pianeta ci sono almeno 250 000 specie di piante superiori, ma di queste solo il 5-10% sono state studiate nora. Gli autori suddividono i metaboliti secondari in due classi: Con Azoto: - alcaloidi - amminoacidi non proteinici - ammine - glicosidi cianogenetici - glucosinolati - alcamidi Senza azoto: - monoterpeni, - sesquiterpeni, - diterpeni, - triterpeni - ecc FENOLI sono i composti principalmente rappresentati in tutte quelle piante che vengono usate nell’ambito dell’integrazione alimentare e nelle piante alimentari. Le molecole dei fenoli sono molto diverse tra loro (da molecole molto semplici come l’idrochinone a molecole più complesse), anche per quanto riguarda l’attività (antisettica delle vie urinarie, o azione citotossica, capillaroprotettore, lassativo/ purgante, epatoprotettore, ansiolitico..). 9 fi fi fi TERPENI tutti multipli di 5, se hanno uno scheletro di 10 atomi di carbonio sono monoterpeni. Per il 90% costituiscono gli oli essenziali I terpeni sono molecole diverse tra loro: iridoidi, saponine, ß-carotene ALCALOIDI sono molecole che contengono sempre un N o più, di solito contengono una spiccata attività farmacologica (usate come molecole isolate) Ad esempio l’atropina (usata a livello oculistico per indurre midriasi e cicloplegia), vinblastina, tubocurarina, papaverina… Tutte queste molecole non si trovano nella pianta ma non è raro trovare molecole che appartengono alle diverse classi di metabolismo secondario, possiamo trovare centinaia di composti. All’interno della droga si trova il tocomplesso = costituito da più molecole che spesso sono strutturalmente anche molto diverse, quindi ho una pianta o cinale, la parte che uso è la droga, all’interno della quale si trova il tocomplesso. Nel momento in cui si fa un’estrazione si ha a che fare con molecole idro le, lipo le, di media polarità ecc quindi bisogna tenerne conto La cellula che contiene queste molecole così diverse dal punto di vista chimico- sico e della tossicità si trova a dovere organizzare il tutto in maniera precisa: i metaboliti secondari si trovano compartimentati a livello cellulare in luoghi speci ci in base alla loro funzione e alle loro caratteristiche. Es: stella alpina vive ad elevate altitudini (non si scotta ricoprendosi di peli che ri ettano la luce, inoltre strati ca dei composti che assorbono le radiazioni luminose più penetranti —> questi composti li metterà sulla cuticola esterna). composti idro li vengono accumulati nel vacuolo composti vengono accumulati nei canali resiniferi, laticiferi, tricomi, cellule idrofobici oleifere, nella cuticola I siti di sintesi e quelli di accumulo spesso sono di erenti. Nel momento in cui si fa lo studio tochimico non sapendo nulla sulla pianta è di cile. 10 fi fi ffi fi fi fi fi fi fl fi ff fi ffi PROCESSI ESTRATTIVI prima dello studio tochimico bisogna raccogliere il materiale e prepararlo in maniera adeguata ed i problemi legati a questa fase sono numerosi (non bisogna mai sottovalutare le operazioni preliminari all’estrazione: selezione, raccolta, identi cazione). Queste fasi in uenzano i risultati dello studio tochimico (es: analizzando una pianta che contiene iridoidi = composti che si degradano molto facilmente, si avranno degli accorgimenti particolari). Non si può andare in una zona qualsiasi, prendere la prima pianta qualsiasi e ciao. Va selezionata la pianta, prendendo individui sani che crescono nel loro habitat. I campioni da estrarre devono essere privi di contaminazioni microbiche che potrebbero alterare la composizione (non vanno raccolte piante malate). Il campione correttamente identi cato, ad ulteriore garanzia dell’identità della pianta, dovrebbe essere depositato in un erbario, corredato delle informazioni necessarie. Oltre all’erbario è sempre molto importante depositare un campione (= tenere in laboratorio il campione) in modo da analizzarlo in caso ci fossero dei problemi (es: se contestassero uno studio). La raccolta —> quando? durante il periodo balsamico = periodo durante il quale nella droga di interesse è presente la maggior concentrazione dei composti ritenuti principalmente responsabili dell’attività. Un esempio è quello nel gra co: l’Hypericum perforatum (antidepressivo) contiene diverse classi di composti, in particolare: Ipericine, Iperforine e Flavonoidi. Tutti questi composti concorrono all’attività dell’Iperico (in questi casi si va a valutare l’andamento dei diversi tocostituenti durante il ciclo vegetativo). Quelli più dietro nel gra co sono i avonoidi, quelle al centro sono le iperforine e quelli davanti sono le ipericine. I = appena prima la oritura II = durante la oritura III = appena dopo la oritura in tre sottospecie di Hypericum perforatum. Ad esempio le iperforine sono massime nel periodo della oritura nel perforatum ma nelle altre due sottospecie è massimo appena dopo la oritura ad esempio. Il contenuto in avonoidi è variabile nelle tre sottospecie invece. Non è facile quindi determinare con certezza il periodo balsamico: i fattori sono molteplici, quindi è di cile dire con certezza quale sia il momento corretto. Cosa andiamo a raccogliere? la droga di interesse, in molti casi non c’è dubbio, in altri bisogna fare attenzione perché nell’ambito della stessa droga questa può avere caratteristiche diverse in base al periodo in cui andiamo a fare la raccolta. Camellia sinensis—> gemma apicale per produrre il the bianco, le foglie al di sotto del germoglio usate per il the verde, le foglie alla base del fusto per il the bancha. Questi 11 fi fl fl fi fi fi fi fi fi fi fi fi ffi fi fi fl tre hanno contenuti diversi di ca eina (il the bianco è quello che ne ha di più) e catechina. Ora si passa al processo estrattivo vero e proprio. la scelta di una procedura estrattiva dipende sia dalla natura del materiale di partenza che dai composti che si vogliono estrarre. Prima di scegliere un metodo è necessario stabilire il “target” dell’estrazione. Estrazione di: - composto/i non noto/i - un composto/i noto/i (ad esempio si vuole fare una determinazione quantitativa dei composti già conosciuti) - un gruppo di composti strutturalmente correlati (es: il mirtillo è una pianta che contiene una miscela di 15 antocianine che hanno caratteristiche di struttura simili e, quindi, anche sico-chimiche. Magari si vuole estrarre questa miscela che è risultata responsabile dell’attività dei frutti di mirtillo) - tutti i metaboliti ( ngerprint chimico o studio metabolomico): per esempio per ottenere il pro lo tochimico totale Nella realtà produttiva ci troveremo a fare una scelta dicotomica: o estraiamo un’unica molecola/isolamento di un principio attivo (es: rutina) oppure si ottiene un topreparato costituito da un estratto (= si ottiene un prodotto che contiene più tocostituenti). I metaboliti secondari sono molto diversi tra loro quindi presentano distinte proprietà sico-chimiche, il problema è valutare come questi metaboliti possano essere estratti in modo e ciente dal materiale in esame. Questo lo si fa anche nel momento in cui si prepara il tè ad esempio (la temperatura dell’acqua dipende dal tipo di tè e si valuta il tempo di estrazione). Sono disponibili svariate tecniche diverse per costo e complessità. In alcuni casi possono essere utilizzate tecniche semplici, e caci ed economiche, come la macerazione (semplice) e percolazione. Alcune speci che applicazioni tuttavia richiedono tecniche poi so sticate e costose: vengono riservate a composti con problematiche speci che e che non sarebbero adeguatamente estratti o preservati durante l’estrazione con tecniche semplici. Ad esempio nella foto si vede un l’estrattore con uidi supercritici (CO2 supercritici) che è una tecnica che negli ultimi anni ha avuto amplio uso nella produzione di integratori alimentari (o estrarre ca eina dal ca è per la produzione del ca è deca einato). 12 fi fi ff ffi fi fi ff fi fi fi fi ff ff fl ff fi ffi fi ESTRAZIONE CON SOLVENTE la maggior parte delle estrazioni viene eseguita così Scelta del solvente: l’agente di estrazione o solvente è de nito menstruo La scelta del solvente viene fatta tendendo conto di: natura dei metaboliti da estrarre ⇌ natura del solvente Sebbene l’acqua (calda o fredda) sia stata impiegata come solvente di estrazione in molti protocolli tradizionali, sono utilizzati soprattutto solventi organici di varia polarità: - estrazione polare: acqua, etanolo, metanolo ecc - estrazioni di media polarità: etile acetato, diclorometano ecc - estrazione non polare: n-esano, etere di petrolio, cloroformio ecc Polarità: il simile solubilizza il simile pH: ionizzabilità dei composti (il pH è importante per svariati motivi: può indurre la ionizzazione di determinati composti) attenzione ⚠ : gli esteri possono subire idrolisi in ambiente alcalino e molti glicosidi perdono lo zucchero in ambiente acido Termostabilità: la solubilità aumenta con la temperatura ma attenzione ai metaboliti termolabili FATTORI CHE INFLUENZANO L’ESTRAZIONE DI UNA DROGA VEGETALE: - quantità e natura della droga - pH - grado di sminuzzamento - interazioni tra i tocostituenti in - natura e volume del solvente soluzione - temperatura Nella scelta di un solvente è necessario considerare: - la selettività (se opportuna) - l’economicità - l’inerzia chimica nei confronti dei - l’impatto ambientale principi attivi da estrarre - la sicurezza d’impiego per gli - la praticità d’uso operatori Ci sono alcune modalità estrattive che richiedono il materiale in forma fresca e, quando una pianta viene utilizzata allo stato fresco, è opportuno estrarla prima possibile (perché il materiale fresco può degradare dato che sono attivi ancora gli enzimi e c’è degradazione dei tocostituenti). Di solito l’estratto ottenuto contiene una signi cativa quantità di acqua (quando si fa l’estrazione con un alcol nella soluzione alcolica nale si ha anche una signi cativa quantità di acqua). Se il materiale deve essere sminuzzato attenzione al pH (a livello di compartimenti cellulari sono presenti acidi organici che, nel momento in cui si rompe la droga, vengono rilasciati e possono portare un abbassamento del pH), infatti quando necessario si può utilizzare un solvente tamponato (tampone che mantiene il pH). Se il materiale non può essere estratto subito può essere congelato. L’importanza dell’estrazione appena dopo la raccolta del materiale fresco è confermata dagli oli essenziali: gli oli essenziali sono prodotti molto delicati. Dopo la raccolta del materiale fresco si usano queste tecniche di estrazione: - spremitura (messo in atto per estrarre oli essenziali dalle bucce di agrumi) - centrifugazione 13 fi fi fi fi fi fi - en eurage (tecnica estrattiva usata per alcune droghe ad oli essenziali, praticamente per i ori, e prevede l’utilizzo di un grasso animale che si impregna dell’olio essenziale) Nella stragrande maggioranza dei casi si utilizza materiale essiccato però 8la parte importante è proprio l’essiccazione). La preparazione di una droga dallo stato fresco a quello essiccato porta all’alterazione di quelli che sono i caratteri macromorfologici (foglie che si essiccano). Metodi di preparazione delle droghe essiccazione metodi che provocano una temporanea inibizione enzimatica (nella pianta sono presenti enzimi che possono ➺ portare ad una trasformazione dei tocostituenti presenti nella droga) lio lizzazione Essiccazione processo che determina l’allontanamento della maggior parte dell’acqua nei tessuti (parte dell’acqua rimane all’interno dei tessuti). Si opera a temperature più elevate rispetto a quelle ambiente ed in ambienti aerati in modo da facilitare l’allontanamento dell’acqua. Processo importante per arrestare i processi fermentativi e, quindi, tutti i fenomeni di degradazione (consente di conservare il materiale per lunghi periodi). Il materiale può essere seccato a temperatura ambiente o in stufa a temperature generalmente non superiori ai 30° per minimizzare le reazioni enzimatiche (es: idrolisi di glicosidi). Le temperature di essiccamento variano a seconda del materiale. No radiazioni UV (la droga deve stare al buio perche potrebbero succedere fenomeni di tipo degradativo a carico dei tocostituenti), il materiale non deve essere compattato con scarso circolo d’aria (potrebbero avvenire fenomeni di tipo fermentativo o svilupparsi miceti che portano ad una degradazione del materiale e trasformazione dei tocostituenti). Talanta ( ) - storage method, drying processes and extraction procedures strongly a ect the phenolic fraction of rosmary leaves: An HPLC/DAD. dallo studio emerge che l’acido rosmarinico è molto sensibile ai processi di essiccamento anche in condizioni blande. Lio lizzazione consiste nel rapido congelamento del prodotto (a temperature inferiori ai - 50°) e nella successiva eliminazione in condizioni di vuoto della componente liquida dell’estratto per sublimazione (acqua dallo stato solido a quello gassoso), cioè per passaggio diretto dallo stato solido allo stato di vapore. Si lavora a temperature basse quindi non si veri cano i fenomeni degradativi che si veri cano col calore. 14 fi fl fi fi 8 5 2 0 1 1 1 6 fi fi 7 1 7 6 fi fi fi ff Di solito è riservato a materiale con delle problematiche speci che perché è abbastanza costoso. Fermentazione trasformazione enzimatica dei costituenti originali delle piante. In questo caso si adottano delle condizioni che prima si volevano evitare (nell’essicamento). Il materiale fresco viene posto in strati spessi ed esposto ad una temperatura di 30-40° ed all’umidità (scarso circolo d’aria), in modo da accelerare i processi enzimatici. Il tè verde è un te non fermentato (subisce solo essiccamento), il tè nero invece ha foglie che hanno subito un processo fermentativo. Nel tè verde prevale la parte catechinica, durante il processo fermentativo vengono trasformate in tea avine e tearubigine che sono più colorate (giallo, arancione o nero). Preparazione della droga: frantumazione, triturazione e polverizzazione Frantumazione consiste nel ridurre il materiale vegetale in frammenti più o meno grossi. Si applica soprattutto con materiali duri e consistenti (legni, radici, rizomi, cortecce e semi). Si utilizza un mortaio o dei piccoli macinini nei piccoli laboratori, a livello industriale si usano dei mulini di grandi dimensioni Triturazione consiste nel ridurre una droga, non particolarmente dura o consistente, in particelle minute. Si applica alle droghe erbacee, alle foglie, ai ori, alle gemme, ai bulbi ed alla frutta. Polverizzazione consiste nel ridurre in polvere le droghe triturate o frammentate sino ad una consistenza della droga di nezza estrema. Le polveri ottenute devono sempre essere setacciate a nché corrispondano ad un grado di nezza prestabilito. Criofrantumaizone il procedimento consiste, una volta essiccata la pianta, nel polverizzare la parte attiva frantumandola a freddo sotto atmosfera di azoto liquido a -196°C. Si ottiene così una polvere perfettamente ne ed omogenea, che si può considerare come la polvere totale o “totum” della pianta. Questa è vantaggiosa perché se si utilizza un mulino, un macinino ecc durante frantumazione e triturazione aumenta la temperatura (alcuni composti termolabili potrebbero degradare). Importanza sul grado di sminuzzamento sull’e cienza estrattiva es: corteccia di frangula (lassativo/purgante per composti di natura antrachinonica) Facendo un’estrazione mediante infusione della droga si nota che nella soluzione ottenuta a partire dalla droga di tale tisana si ha il 30% di antrachinoni Analizzando la soluzione acquosa ottenuta dalla polvere si ha il 90% di antrachioni. Quindi più è frammentata la droga più l’estrazione è e ciente (dipende quindi dalla granulometria). 15 ffi fi fi ffi fi fi ffi fi fl Infusione si usa acqua bollente che viene versata sulla droga, l’acqua viene ad avere una temperatura di 80-90°C. Rapporto droga/acqua = 5-10/100. L’acqua viene portata quindi ad ebollizione e versata sulla droga. Questa è la metodica corretta per preparare un buon infuso. Qualche volta la droga va trattata con acqua ad una temperatura inferiore = adeguata alla droga da estrarre (es: il tè verde contiene catechine ecc che sono abbastanza instabili quindi si degradano facilmente col calore ed è opportuno usare una temperatura inferiore a quella di ebollizione). Ora in commercio, associati a determinati tipi di te o tisane, forniscono un termometro. Decozione la droga è posta in acqua fredda e portata alla temperatura di ebollizione (100°C),il processo di ebollizione può durare 15/20 minuti o 30 minuti. Rapporto droga/acqua = 1-2/100. Facendo bollire la droga in acqua si estrae di più, quindi l’estratto è più ricco di tocostituenti dell’infuso, si userà quando i composti da estrarre sono termostabili altrimenti si degradano. Se si fa bollire 15 minuti la droga l’acqua evapora anche (va rabboccata). Digestione è una macerazione condotta a temperature tra i 30° ed i 50°. Ci sono i digestori che sono apposite apparecchiature (di solito c’è una serpentina all’interno che riscalda il materiale) Macerazione senza dubbio la tecnica che più viene utilizzata, si pratica ponendo a contatto la droga opportunamente sminuzzata, frantumata o polverizzata con opportuno solvente a temperatura ambiente in un recipiente chiuso e viene lasciato il tutto a macerare per tempi di erenti a seconda del materiale che si sta estraendo (24h generalmente). Il mescolamento occasionale o continuo può aumentare la velocità di estrazione. Se il recipiente è tenuto in costante movimento si parla di macerazione dinamica. Percolazione la percolazione a freddo è un processo estrattivo secondo il suo signi cato letterale è “l’attraversamento del materiale solido da parte di un liquido goccia a goccia”. Tanto solvente si aggiunge dall’alto tanto solvente si recupera dal basso. Prima la droga si mette a contatto col solvente fuori dal percolatore e poi viene immessa in questo altrimenti aumenterebbe il volume e fuoriuscirebbe. Estrazione di Soxhlet il solvente passa più volte attraverso la droga e viene puri cato per distillazione dopo ogni passaggio 16 fi ff fi fi Ultra sound-assister solvent extraction coinvolge l’uso di ultrasuoni con frequenze variabili da 20 kHz a 2000 kHz, questo aumenta la permeabilità delle pareti cellulari Accelerated solvent extraction (ASE) è un processo di estrazione solido-liquido condotto ad alte temperature (50-200°C) e alte pressioni (10-15 MPa). Vantaggi sui metodi di estrazione tradizionali: diminuzione del tempo di estrazione e della quantità di solvente. Solo per composti termostabili. Microwave assistant extraction (MAE) le microonde sono radiazioni elettromagnetiche di frequenza compresa nell’intervallo 0.3-300 GHz. Frequenze utilizzate: 2.45 e 0.9 GHz. L’irraggiamento con microonde interagisce con i dipoli di materiali polari e polarizzabili. Le molecole polari cercano di orientarsi nella direzione del campo elettromagnetico e quindi generano calore. È molto importante avere degli accorgimenti come individuare quali siano le frequenze più utilizzate dipendentemente dal contenuto di acqua presente nella droga: il riscaldamento dipende da quanto siano polari le sostanze che si stanno scaldando. Enzima-assistant extraction: enzimolisi, si usano miscele di enzimi che destrutturano le pareti cellulari (mix di cellulasi, pectinasi ecc) quindi scindono le componenti della parete e lasciano fuoriuscire i tocostituenti. Tecnica che viene utilizzata da svariati anni nell’ambito della vini cazione. Non si usano solventi organici ma soluzioni acquose (è green). Distillazione utilizzata nell’ambito vegetale per l’estrazione degli oli essenziali (le loro caratteristiche è fortemente dipendente dal tipo di estrazione usato per ottenerli) Distillazione semplice la droga è immersa in acqua che viene portata ad ebollizione, i vapori incontrano un condensatore (zona che viene ra reddata), condensano e vengono raccolti. È la distillazione nella quale la droga è immersa nell’acqua. Distillazione con acqua e vapore sul fondo del corpo centrale del distillatore mettiamo l’acqua e su una griglia viene messa la droga vegetale, l’acqua è portata ad ebollizione, si generano i vapori che trascinano l’olio essenziale attraversando la droga, poi i vapori condensano nel condensatore ed il tutto viene raccolto in un recipiente. In questo caso la droga si trova al di sopra dell’acqua. Distillazione in corrente di vapore - le parti della piante fresca o essiccata sono messe in un contenitore chiuso ermeticamente - il vapore in pressione è introdotto nella parte inferiore del contenitore e passa attraverso le parti vegetali per vaporizzare gli oli volatili in esse contenute (il vapore viene generato fuori ma insu ato all’interno del distillatore) 17 fi fi ffl ff - la miscela di vapore ed olio vaporizzato passa attraverso un condensatore - gli oli essenziali si separano dall'acqua alla super cie del separatore mentre l'idrolato viene raccolto nella parte inferiore Separatori raccoglitori che servono per separare gli oli essenziali dalle acque aromatiche o idrolati. Un olio essenziale non è miscibile con l’acqua perché è lipo lo, quindi si separa dall’acqua: ci sono separatori che servono a separare oli essenziali più leggeri dell’acqua (strati cano in super cie) che sono il 95%, mentre ci sono gli altri che servono a separare gli oli essenziali quando sono più pesanti dell’acqua (strati cano sul fondo) Altre tecniche estrattive - estrattore naviglio - estrazione con uidi supercritici (in particolare con CO2 supercritica) I uidi supercritici (SCFs) stanno rapidamente soppiantando i comuni solventi organici Processi Fitonici è una tecnica particolarmente adatta all’estrazione di sostanze molto poco polari ed utilizza l’elevata capacità di penetrazione di alcuni uidi quali l’1,1,1,2-tetra uoro etano. Ogni volta che si usa una tecnica estrattiva diversa si ottiene un estratto con caratteristiche diverse ed è inevitabile. Ad esempio nella gura si vedono diverse estrazioni a partire dai semi di Okra: I singoli composti sono presenti in percentuali relative diverse perché una tecnica estrattiva porterà ad estrarre un po’ più di uno ed un po’ meno dell’altro a seconda delle caratteristiche del procedimento estrattivo —> questo è un problema fondamentale per quanto riguarda gli estratti di origine vegetale. Il metodo di estrazione è un fattore cruciale per la composizione dell’estratto. Negli estratti prodotti con metodi di estrazione diversi possono essere presenti composti diversi in concentrazioni variabili. Pertanto l’attività farmacologica di un estratto dipende per lo più dal metodo di estrazione utilizzato. Generalmente si ritiene, sbagliando, che tutti i prodotti contenenti la stessa pianta debbano essere uguali. Quindi partendo da una droga si possono ottenere estratti di tipo diverso che possono ulteriormente essere lavorati: si possono mettere in atto delle operazioni che consentono di separare diverse componenti (mediante estrazioni con solventi diversi si possono separare sostanze con polarità diverse). Questa era una cosa di cile no a quando non è stata inventata la cromatogra a: Tswett introdusse la cromatogra a di assorbimento su colonna nel 1903 per la separazione di pigmenti vegetali. Voleva separare dagli altri pigmenti la cloro lla presente in un estratto. Ha riempito la colonna di solfato di calcio, prese l’estratto 18 fl fi fl ffi fi fi fi fi fi fl fi fi fl fi fi ottenuto tramite macerazione e l’ha caricato nella parte alta della colonna, ora inizia ad aggiungere dei solventi (eluente = può avere composizione variabile nel corso del esperimento), ha visto che le sostanze scendendo si separavano in bande con colorazione diversa —> ottenne la separazione dei diversi tocostituenti del suo estratto. Il termine cromatogra a indica un insieme di tecniche utilizzate per separare i diversi componenti di miscele complesse, che si distribuiscono tra: - fase stazionaria (costituita da un solido o da un liquido opportunamente supportato) - fase mobile (costituita da un liquido o da un gas) si sfruttano le diverse proprietà chimico- siche dei composti da analizzare, quali la loro solubilità in un solvente, il peso molecolare, la carica, il loro ingombro sterico. I composti che restano in alto avranno più a nità per la fase stazionaria mentre quelli che scendono per la fase mobile. Tipi di cromatogra a natura della fase mobile e della fase stazionaria fase mobile liquida = cromatogra a liquida fase stazionaria solida = fase stazionaria liquida = cromatogra a liquido-solido cromatogra a liquido-liquido fase mobile gassosa = gas-cromatogra a fase stazionaria solida = fase stazionaria liquida = cromatogra a gas-solido cromatogra a gas-liquido natura delle interazioni —> ci sono due tipi di cromatogra a che si basano su due tipi di interazioni: - di adsorbimento - di ripartizione CROMATOGRAFIA DI ADSORBIMENTO (liquido-solido o anche gas-solido) la cromatogra a di adsorbimento è legata a piccole di erenzie di comportamento nell’adsorbimento-desorbimento delle sostanze tra un solvente e una fase stazionaria solida. Le fasi stazionarie più comuni sono il gel di silice e l’allumina. La fase stazionaria è un solido polare. Le interazioni che avvengono sono interazioni che avvengono a livello di super cie, ovvero l’adsorbimento si basa su un fenomeno di interazione super ciale. Si veri ca l’adsorbimento quando si formano interazioni fra una sostanza e dei punti reattivi (siti attivi) presenti sulla super cie solida della fase stazionaria. Quindi i composti presenti nella molecola vanno ad interagire con alcuni punti sulla super cie della fase solida che sono i punti reattivi e vengono chiamati siti attivi (il fenomeno di adsorbimento si basa su interazioni super ciali coi siti reattivi della fase stazionaria). l’assorbimento è la penetrazione di una sostanza nella massa di un’altra 19 fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi ffi ff fi fi l’adsorbimento è un fenomeno super ciale che comporta una più alta concentrazione all’interfaccia tra le due fasi (ossia sulla super cie della fase stazionaria) che non nel mezzo circostante. Si può avere un adsorbimento: - per formazione di legami deboli: legami idrogeno, forze di Van del Vaals nel caso di legami deboli si resta in condizioni di un rapido equilibrio di attacco e distacco del soluto alla super cie attiva - o per formazione di coppie ioniche e, al limite, anche di legami covalenti La forza ed il numero di legami sono fortemente in uenzati da fattori come la temperatura e la concentrazione di campione che si carica nel sistema cromatogra co. Essendo la fase stazionaria polare, tanto più grande è la polarità di un soluto, tanto più grande sarà la forza adsorbente. Sistema comatogra co per adsorbimento 3 variabili: - grado di attività dell’adsorbente (quanti siti reattivi presenta la fase stazionaria) - eluente (la composizione dell’eluente = sistema di solventi usati per eluire è molto importante perché va a competere con la fase stazionaria —> se la fase stazionaria è polare e si usa un sistema eluente del tutto apolare trascinerà molto poco i composti. Se si aumenta la polarità del sistema eluente porterà ad un distacco dei componenti dalla fase stazionaria perché compete con questa) - carico di sostanza Eluente - eluizione isocratica (si utilizza lo stesso sistema eluente per tutta la durata dell’analisi cromatogra ca) - eluizione a gradiente (si cambiano le percentuali in x minuti, si possono addirittura introdurre ulteriori solventi. Quindi vengono cambiate le condizioni nel corso dell’analisi cromatogra ca) Solventi in ordine di potere eluente crescente (quelli più in alto sono quelli più apolari, andando verso giù diventano più polari) In alto si vede la fase stazionaria (gel di silice), si vede che ci sono degli atomi di silicio e degli atomi di ossigeno legati tra loro. Sulla parte esterna spuntano fuori dei gruppi ossidrilici (gruppo funzionalepolare). Sotto spuntano tre composti. Si vede che l’idrocarburo non ha la possibilita di formare legami a idrogeno con le fasi stazionarie, quindi quel composto scorre e non interagisce con la fase stazionaria (non viene adsorbito). Il secondo composto ha la possibilità di formare un legame idrogeno con l’ossigeno della fase stazionaria quindi tenderà a fermarsi. 20 fi fi fi fi fi fi fl fi Il terzo composto è in grado di formare due legami idrogeno con la fase stazionaria quindi resterà un po’ più a lungo sulla fase stazionaria. CROMATOGRAFIA DI RIPARTIZIONE si basa sulla separazione di miscele di sostanze per mezzo di una ripartizione tra un solvente in movimento ed un liquido stazionario aderente ad un opportuno supporto solido (particelle solide con intorno la fase stazionaria liquida) Le due fasi (fase mobile e quella stazionaria) devono essere immiscibili altrimenti la fase stazionaria che aderisce al solido venga adsorbata. Ripartizione è il fenomeno per il quale un soluto tende a suddividersi/ripartirsi tra due solventi non miscibili tra di loro in un rapporto costante tra le concentrazioni. Questo rapporto, detto costante di ripartizione K (o coe ciente di distribuzione) o Kd, è in uenzato dalla temperatura Kd = concentrazione nel solvente A / concentrazione nel solvente B (per una sostanza posta in due volumi uguali di solvente A e B) Mettendo lo stesso volume di solventi immiscibili (es: acqua e cloroformio), si aggiunge una sostanza e questa andrà a ripartirsi nella stessa concentrazione sia nel solvente A che B. Ovvero facendo un rapporto tra le concentrazioni che rilevo nel solvente A e nel solvente B si vede che è costante ed è la costante di ripartizione. K dipende dalla temperatura quindi, a seconda della temperatura a cui andiamo a calcolarlo si possono avere dei risultati di erenti. Fase normale: la fase stazionaria è più polare della fase mobile Fase inversa: la fase stazionaria è apolare e la fase mobile è relativamente polare CROMATOGRAFIA A SCAMBIO IONICO la fase stazionaria presenta una super cie con gruppi funzionali acidi o basici o comunque capaci di ionizzarsi. Questa tecnica viene impiegata con campioni di tipo ionico o ionizzabili, ad un opportuno pH. Importante: pH e la forza ionica della fase mobile (di solito un tampone acquoso). Si parla di solito di resine a scambio anionico (fase stazionaria carica +) o cationico (fase stazionaria carica -) a seconda che leghino anioni o cationi. Sistemi eluente: si usano sistemi acquosi generalmente tamponati (cambiando il pH si può ad esempio o stabilizzare una carica sul composto o ionizzarlo). Se cambio il pH posso indurre la ionizzazione di alcuni composti (gioco col pH per poi separare questi composti). 21 fl ff fi ffi CROMATOGRAFIA AD ESCLUSIONE MOLECOLARE la fase stazionaria è costituita da materiale che presenta pori di dimensioni controllate (in questo caso la separazione dei campioni viene fatta in base alle dimensioni delle molecole). Il campione viene “escluso” cioè ltrato in funzione delle dimensioni molecolari. Con questa cromatogra a separo due composti solo in base alla loro dimensione (la molecola più grossa non interagisce coi pori perché è di dimensioni maggiori). Molecole più piccole trovano un’invaginazione e si fermano quindi stazionano in colonna per più tempo. CROMATOGRAFIA DI AFFINITÀ la fase stazionaria è funzionalizzata con un ligando speci co (viene ssato su un supporto e lega solo una molecola o un tipo di molecola), di solito il ligando è costituito da un anticorpo (vengono prodotti anticorpi speci ci nei confronti di determinate molecole), perciò non si lega nulla se non le sostanze che l’anticorpo riconosce e lega. Tutto ciò che non si lega al ligando viene eliminato Non è universale perché viene fatta solo quando si devono risolvere delle problematiche speci che (usata per puri care una cosa sola ad esempio: dopo aver eliminato tutto ciò che non è d’interesse si fa desorbire la sostanza dal ligando per recuperarla) CROMATOGRAFIA PLANARE cromatogra a su strato sottile - Thin layer chromatography (TLC) e cromatogra a su carta – Paper Chromatography (PC). Possono essere o di adsorbimento o di ripartizione TLC la fase stazionaria è solida, si tratta su un sottile strato depositato su un sopporto inerte piano (piastra di vetro o di alluminio su cui è depositato uno strato sottile di fase stazionaria). Il campione solubilizzato in un solvente volatile, viene depositato sulla lastra. Sul fondo della vasca di solito c’è il sistema eluente, il solvente sale per capillarità (i composti che hanno più a nità per la fase stazionaria stanno più in basso e quelli che hanno meno a nità arrivano più in alto), il tempo di corsa dipende dal grado di interazione tra le fasi. In questo modo vengono separati i diversi composti. Scelta del sistema eluente se i composti sono rimasti alla base il solvente è troppo poco polare 22 fi fi fi fi ffi fi fi ffi fi fi fi Soprattuto quando si studia un estratto per la prima volta è molto importante questa fase preliminare di prova Rivelazione ci sono composti che non sono visibili quindi si osserva la lastra con una lampada UV (se i composti sono uorescenti si vedono spot di uorescenza con spot di colori diversi) - composti colorati - composti dotati di uorescenza - utilizzo di reattivi (si spruzza la lastra con un reattivo che dà luogo alla formazione di clorazione quando va ad interagire con il composto sulla lastra) una volta visualizzate le barre si calcola il fattore di ritardo (Rf) = numero tra 0 e 1 che indica la distanza che il composto ha percorso durante il processo. Si misura dalla linea di base no a b e poi no ad a —> Rf = b / a Quindi è il rapporto tra la distanza percorsa dal composto e la distanze tra la base ed il fronte del solvente. Derivatizzazione: esposizione a vapori di HCl da HCl 37% con CH3OH 4% v/v per 5’ COMATOGRAFIA SU CARTA (PC) è una cromatogra a di ripartizione, prevede l’uso di un foglio di carta = cellulosa. In questo caso il foglio non si può mettere nella vasca come il caso di prima: viene appeso in alto, la parte bassa è immersa nel sistema eluente che sale e trascina i diversi componenti. Non viene considerata una cromatogra a di adsorbimento ma di ripartizione (si parte dall’assunto che nella cellulosa siano presenti molte molecole di acqua, è come se una fase liquida fosse supportata sulla cellulosa) quindi si considera che avvenga una ripartizione tra le molecole di acqua adese alla cellulosa ed il sistema eluente. Molto poco usata, se non in casi speci ci. CROMATOGRAFIA SU COLONNA (a gravità) quella che introdusse Tswett, nella parte bassa della colonna c’è un rubinetto, la colonna viene riempita della fase stazionaria e viene caricato l’estratto in alto e viene aggiunto il solvente nella parte alta un po’ alla volta. Viene raccolto l’eluato nella parte bassa. Viene indicata “a gravità” perché i composti che costituiscono il sistema eluente scendono per gravità. Il difetto più grande è la lentezza. Per questo è stata introdotta la Flesh chromatography che si basa sugli stessi principi della cromatogra a su colonna ma che lavora a basse pressioni: i solventi vengono pompati all’interno della colonna quindi il processo viene reso più rapido. 23 fi fi fi fl fl fl fi fi fi HPLC - High performance liquid chromatography disponibile in commercio dagli anni 70, è una cromatogra a liquida ad alte prestazioni. I pescanti risucchiano il solvente e, tramite una pompa, vengono pompati all’interno della colonna. C’è un sistema di iniezione attraverso una siringa, questi solventi passano attraverso la colonna ed arrivano ad un rivelatore (sistema che consente di vedere). Questa è una cromatogra a condotta a pressioni elevate. Le colonnine (da 5 a 25 cm), dato che devono resistere ad alte pressioni, sono in acciaio. Nel gra co si vede una linea ed, ogni tanto, un picco (dove c’è il picco c’è un composto se la separazione è stata fatta bene). GASCROMATOGRAFIA (GC) usata soprattutto per analisi di composti volatili o volatilizzabili (che si possono rendere volatili), la fase mobile è un gas liquido (fase stazionaria o solida o liquida). Sia la colonna che l’iniettore si trovano dentro una sorta di stufa in cui la temperatura è controllata e si può andare ad agire sulle temperature a seconda della volatilità. Se siamo ad una temperatura abbastanza bassa si rende volatile per primo quello più volatile. Ora si usano colonne con un diametro piccolissimo e molto lunghe (anche 50m) Questo nella foto è un tipico gascromatogramma (si vedono anche in questo caso dei picchi più o meno risolti) Principali metodiche cromatogra che usate in tochimica 24 fi fi fi fi fi METODI SPETTROSCOPICI nella caratterizzazione dei tocostituenti Spettroscopia: studio della interazione della radiazione elettromagnetica, in tutte le sue forme, con la materia [spettroscopia UV-Vis, IR ed NMR] Spettrometria di massa (consente di avere informazioni sulla massa di un composto, si ottengono dei frammenti) Il lattone è un estere ciclico I MATTONI BIOSINTETICI i mattoni biosintetici usati per costruire i metaboliti secondari, i quali derivano dai metaboliti intermedi che, a loro volta, derivano da metaboliti primari In questa foto è racchiuso tutto quello che fa parte del metabolismo secondario. Al centro si vede la glicolisi con tutti i metaboliti intermedi che si formano a partire dal glucosio-6P no all’Acetil-CoA (mattone biosintetico estremamente importante). Anche l’acido scichimico, altri due intermedi importantissimi sono il metileritritol-4P e l’acido mevalonico. L’Acetil CoA è precursore degli acidi grassi e molti composti fenolici (il mattone di base viene usato per biosintesi di importanti metaboliti primari e secondari). 25 fi fi Acido scichimico prende origine dal fosfoenolpiruvato e dal 4-eritroso-P, è precursore di fenoli, acido cinnamico, lignani ed alcaloidi Questi intermedi non è che si mettano insieme da soli, qualche volta si uniscono tra loro come composti che derivano sia da acido scichimico che da Acetil-CoA: avonoidi, stilbenoidi, xantoni e stirilpironi. Si parla di origini biosintetiche miste. L’acetil-CoA è precursore dell’acido mevalonico —> coinvolto nella biosintesi dei terpeni (che derivano anche dal metileritritol-P) Il tuto prende origine da molecole molto piccole. I diversi intermedi della glicolisi sono anche i precursori di tanti altri amminoacidi (cisteina, serina, valina, alanina e leucina). Gli intermedi del ciclo di Krebs entrano in gioco nella biosintesi di alti metaboliti. Si usano mattoni piccoli arrivano a costruire composti di complessità estrema Tassolo: struttura a ascinante (le piante hanno una fantasia che il chimico organico non ha). Si cerca di scindere le molecole nei mattoni costituitivi —> vanno guardate con occhio diverso. Sintone = si chiamano sintoni i frammenti ideali che si ottengono mediante il processo di disconnessione di legami (es: monoterpene costituito da 10C è costituito da due sintoni, composti da due unità isopreniche) il più semplice mattone biosintetico è composto da un singolo atomo di C, di solito sotto forma di gruppo metilico, è quasi sempre legato ad un atomo di O o N, ma talvolta anche ad un deriva dall’S-metile della C1 atomo di C. L-metionina Il gruppo diossimetilenico (OCH2O) è un altro esempio di unita C1. Non lo chiamiamo metile ma metossile (OCH3) nelle reazioni non una unità a due atomi di C può interviene l’acetato ma un essere fornita dall’Acetil-CoA. derivato più reattivo: il Può essere un semplice gruppo C2 malonil (nel momento in acetilico o far parte di una catena cui si condensa perde un alchilica o di un sistema C sotto forma di anidride aromatico carbonica) l’unità isoprenica C5 a catena rami cata è una caratteristica dei è precursore di tutti i C5 composti formati dal mevalonato composti terpenici o dal metileritritol fosfato 26 fl fi ff unità fenilpropilica ottenuta dallo scheletro carbonioso dell’L- Una parte della struttura fenilalanina o dell’ L- costituita da un anello aromatico tirosina (che sono due di 6 termini ed una struttura amminoacidici i essenziali lineare formata da 3 termini (tot = aromatici). C6C3 9C). È precursore di tutti i Dalla Fenilalanina si forma per fenilpropanoidi e di classi deamminazione C6C3 di composti strettamente (eliminazione di gruppo legata a questi; amminico) C6C1 e C6C2 —> derivano dal C6C3, anche se ci sono casi in cui C6C1 non derivano dai C6C3 mattone biosintetico molto importante, prima viene eliminato si forma da L-fenilalanina C6C2N il gruppo amminico o molto più spesso dalla dall’aminoacido per formare il L-tirosina mattone biosintetico sistema biciclico con un anello a 6 termini ed un eterociclo Indolo contenente un N. Questa unità deriva dall’amminoacido C2N aromatico L-triptòfano, viene perso il gruppo carbossilico dell’amminoacido per formare l’indolo deriva dall’amminoacido non proteico L-ornitina (perso sia C4N carbossile che gruppo amminico, mantenuto N che fa parte del gruppo amminico terminale) deriva dall’amminoacido L-lisina (viene perso sia struttura a 5 termini pirrolidinica e carbossile che gruppo struttura a 6 termini piperidinica C5N amminico). (sono eterocicli perché composti Importanti nella da un N al posto di un C) formazione degli alcaloidi insieme alla C4N I mattoni biosintetici sono impiegati in sequenze di reazioni che sono, nella maggior parte dei casi, catalizzate da enzimi. In molti casi partecipa alla reazione un cofattore, ad esempio il CoA (CoA, CoASH, HSCoA) che trasporta gruppi aciclici che sono legati a questo come tioesteri (= foto a destra, è un estere con uno zolfo al posto del carbonio accanto al carbossile). 27 Acido orsellinico: si forma per condensazione di 4 unità di acetato (4 C2) Partenolide (lattone sesquiterpenico): 3 C5 (isoprene = mattone costitutivo fondamentale nella formazione dei terpeni) Naringina (in parte bianca buccia agrumi, avannone): C6C3 + C2 + zuccheri. I avonoidi sono composti che hanno origine biosintetica mista. Podo llotossina: (C6C3 2 + C1 4) Acido tetraidrocannabinolico: 6 C2 + 2 C5 Papaverina (alcaloide*): C6C2N + (C6C2) + 4 C1 Acido lisergico (alcaloide): C2N + C5 + C1 Cocaina: C4N + 2 C2 + C6C1 + 2 C1 *gli alcaloidi contengono azoto Glicoside o Eteroside [glicoside = glicone + aglicone] indica tutti quei prodotti, con struttura più o meno complessa, caratterizzati da una parte zuccherina complessa glicone, legata ad una non zuccherina detta aglicone o genina (struttura fondamentale della molecola = tutto ciò che non è zucchero). Il tutto quindi si chiama glicoside. Classi cazione dei glicosidi - il tipo di legame che unisce l’aglicone alla porzione zuccherina - la parte che rappresenta l’aglicone (es: glicosidi antocianici) - la parte zuccherina (usando “glucoside” ad esempio si sottolinea il fatto che sia presente un glucosio o usando “ramnoside” si sottolinea la presenza di un ramnosio) - le proprietà siche e/o farmacologiche (glicosidi cardioattivi) O-glicosidi: lo zucchero è legato all’aglicone attraverso un ponte ossigeno. Sono i più comuni nel regno vegetale. Nella foto c’è un glucoside cardioattivo (digitossina) in cui c’è la porzione agliconica che, in questo caso, è uno steroide che è legata ad un trisaccaride. C-glicosidi: composti che sono caratterizzati da un legame C-C tra la parte zuccherina e l’aglicone. Questi sono più stabili (si idrolizzano meno facilmente) degli O- glicosidi. S-glicosidi (o tioglicosidi): è presente un atomo di zolfo che fa da ponte tra l’aglicone e lo zucchero (sono i famosi glucosinolati che si consumano soprattuto in inverno e sono presenti nella famiglia delle brassicacee = broccoli, cavolini di bruxelles, rucola ecc) N-glicosidi (glicosilammide): lo zucchero si lega attraverso un OH ad una funzione amminica 28 fl fi fi fi fl Parte non zuccherina (o genina) ↴ è responsabile dell’attività farmacologica (lo zucchero non determina l’attività ma ha la sua struttura e le sue caratteristiche chimico- siche: uno zucchero è solubile in acqua, quindi la presenza di uno o più zuccheri legati all’aglicone in uenza molto la solubilità e l’assorbimento del principio attivo). Parte zuccherina ↴ per la presenza di gruppi ossidrilici idro li in uenza la solubilità e quindi l’assorbimento del principio attivo ↴ modula la farmacocinetica della molecola Le piante attaccano questi zuccheri perché così sono più solubili in acqua (idro li) e vengono immagazzinati nel vacuolo (= compartimento acquoso): molti composti che non sono molto solubili in acqua vengono legati a zuccheri e poi immagazzinati a livello vacuolare. La compartimentazione è importante perché alcuni metaboliti secondari sono tossici (è importante per la cellula andarli a relegare in dipartimenti per far si che questi non vadano ad in uenzare in modo negativo l’attività cellulare). Le piante medicinali contengono questi glicosidi che possono essere considerarti profarmaci (molecole proattive), perché spesso succede che il glicoside di per sé non sia molto attivo ma lo diventi nel momento in cui viene idrolizzato (nella corteccia di salice ad esempio la Salicina presenta un glucosio = O-glucoside, che a livello di ora intestinale viene staccato, si forma la saligenina che viene ossidata a livello gastrico per dare l’acido salicilico che è responsabile dell’attività), quindi sono molecole che diventano attive dopo che vengono modi cate in seguito all’assunzione. Queste molecole con e senza zucchero hanno anche caratteristiche diverse (Naringina glicoside —> è molto amara [dà l’amaro al succo di pompelmo], staccando gli zuccheri si perde il gusto amaro). Etere: presenta due atomi di carbonio al medesimo ossigeno (ci sono anche ciclici) Estere: presenta un ossigeno di tipo etereo legato al carbonile (possono essere anche ciclici = lattoni) FENOLI classe che comprende molti composti responsabili dell’attività della maggior parte delle piante usate nell’integrazione alimentare, tanti composti responsabili dell’attività degli integratori alimentari Composti fenolici presentano almeno un anello aromatico con legato almeno un ossidrile. Classe numerosissima di composti che sono ubiquitari e sono l’esempio più eclatante della plasticità dei metaboliti secondari, sono così tanti e strutturalmente di erenti che fanno capire come una pianta li usi per difendersi dall’esterno e, come negli anni, abbia aggiunto nuove strutture per rispondere ai tipi di stress che doveva a rontare. L’ossidrile può essere: - libero - impegnato in legame etereo, estereo o glicosidico (qualche volta non vediamo l’ossidrile come tale) 29 fl ff fl fi fi fl ff fi fi fl Nei due composti si vede la struttura della molecola dei fenoli ma nessuno dei due è un fenolo (il secondo è un alcaloide ad esempio). Quindi la de nizione chimica strutturale di un composto fenolico non è su ciente per introdurli nella de nizione di fenoli —> bisogna introdurre dei concetti biosintetici. Composto fenolico di origine vegetale: composto privo di azoto, che presenta un anello aromatico (o più anelli aromatici) ed un ossidrile fenolico (o più), che deriva principalmente (nella maggior parte dei casi) dal metabolismo dell’acido scichimico, o di un poliacetato o di entrambi Dall’acido scichimico derivano fenoli semplici, acidi fenolici, fenilpropeni e tannini idrolizzabili; dall’Acetil-CoA derivano i chinoni. Da entrambi derivano xantoni, stilpironi, stilbenoidi, avonoidi e tannini condensati. Prendendo in considerazione le principali classi di fenoli (aumenta man mano la complessità dello scheletro di base): atomi scheletro atomi di classe scheletro di base classe di C di base C fenoli semplici, 6 C6 13 C6-C1-C6 xantoni benzochinoni 7 C6-C1 acidi benzoici 14 C6-C2-C6 antrachinoni, stilbenoidi acetofenoni, acidi 8 C6-C2 15 C6-C3-C6 avonoidi fenilacetici acidi cinnamici, 9 C6-C3 18 (C6-C3)2 lignani fenilpropeni 10 C6-C4 naftochinoni 30 (C6-C3-C6)2 bi avonoidi (C6-C3)n lignine n (C6)n melanine (C6-C3-C6)n tannini condensati il primo a sinistra è di tipo C6, quello sotto anche 30 fl fl fl fi fi ffi L’insieme dei fenoli naturali che apparentemente può sembrare disomogeneo forma un quadro più coerente nel momento in cui vengono fatte considerazioni sulla loro biogenesi, che deriva principalmente dal metabolismo dell’acido scichimico, o di un poliacetato, o di entrambi. Noi umani non siamo in grado di sintetizzare l’anello aromatico quindi tutto quello che è aromatico (la parte degli ormoni) lo introduciamo con la dieta —> sono le piante quelle in grado di sintetizzare l’anello aromatico. L’acido shikimico prende origine dall’Eritrosio-4P (deriva dalla via dei pentoso-fosfati) e dal Fosfoenolpiruvato (intermedio della glicolisi). Via dell’acido shikimico i due incorniciati in alto a sinistra sono il fosfoenolpiruvico/ fosfoenolpiruvato ed il 4-fosfato-eritrosio/eritrosio-4P —> da questi due intermedi che si fondono tra loro si forma un intermedio a 7 termini (catena a 7C), questo è l’immediato precursore di una molecola che è l’acido 3-deidro chinico (anello saturo = è il primo passaggio nella formazione dell’anello). Da questo si forma l’acido 3-deidro shikimico (ha un ossidrile in meno e si forma un’insaturazione 1, 2 per eliminazione di una molecola di acqua), da questo si forma l’acido shikimico (ricordare e saper scrivere) che è un cicloesene con il gruppo carbossilico in 1 ed i tre ossidrili. Illicium anisatum è un anice simile all’anice stellato ma non è la stessa specie, questa è una specie tossica ed è la pianta dalla quale per la prima volta è stato isolato l’acido shikimico e, siccome in giappone viene chiamato shikimi illicium anisatum, la molecola è stata chiamata cosi. L’acido corismico (ricordare e saper scrivere) deriva dall’acido shikimico, ha un anello non ancora aromatico, un carbossile, un ossidrile ed è stata introdotta un’altra unità di fosfoenolpiruvato in posizione 3. In realtà ci sono numerose tappe di 31 reazioni per passare dall’acido shikimico all’acido corismico (seconda foto). Il glifosato è una molecola usata come erbicida perché sono andati ad osservare la struttura del fosfoenolpiruvato (hanno delle caratteristiche strutturali in comune): il glifosato va ad inibire l’enzima (E2) che è coinvolto nell’introduzione di una molecola del fosfoenolpiruvato sull’acido shikimico —> blocca la formazione dei composti aromatici (= la pianta muore). Dall’acido corismico si forma l’acido prefenico (ricordare nome): il residuo di fosfoenolpiruvato migra alla posizione 3 dalla 1 perché l’acido corismico può assumere due conformazioni = quando è in conformazione pseudoequatoriale (il residuo di fosfoenolpiruvato è dritto rispetto all’anello) non si veri ca, in conformazione pseudoassiale c’è la possibilita che il metilene vada a legarsi al C a cui è legato il gruppo carbossilico. Sia nell’acido corismico che prefenico sono presenti due dopo legami (ci si avvicina all’aromaticità). L’acido prefenico è precursore immediato di una molecola che è già aromatica. Si ha l’eliminazione del gruppo carbossilico (decarbossilazione), in particolare si ha un’aromatizzazione decarbossilativa (eliminata una CO2, contemporaneamente anche una di H2O e si forma il terzo doppio legame) si forma l’acido 4- idrossi fenilpiruvico. Tutte queste reazioni sono catalizzate da enzimi speci ci (in presenza di una deidrogenasi NAD+ dipendente l’aromatizzazione decarbossilativa avviene con conservazione della funzione ossidrilica). Qualche volta, quando è presente una deidrogenasi NAD dipendente, l’aromatizzazione avviene senza la perdita di acqua perché si ha prima l’ossidazione del gruppo ossidrilico al carbonile e l’introduzione di un protone quindi la riduzione ossidrile (l’ossidrile viene prima ossidato e poi ridotto, avviene sempre la decarbossilazione con formazione dell’acido 4-idrossi fenilpiruvico) Acido fenilpiruvico è il precursore di L’-fenilalanina e dall’acido 4- idrossifenilpiruvico deriva la L-tirosina. La fenilalanina si forma tramite una reazione di transaminazione (al posto dell’ossigeno viene introdotto un gruppo amminico), tramite la stessa reazione si forma anche la tirosina. A partire da due molecole molto semplici si formano questi due importantissimi amminoacidi essenziali. Questi due amminoacidi sono precursori di due molecole (= acido cinnamico ed acido 4-cumarico/acido 4-idross

Use Quizgecko on...
Browser
Browser