Filologia Germanica a.a. 2023-2024 PDF
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2024
Valeria Micillo
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Lezione introduttiva di Filologia Germanica a.a. 2023-2024, tenuta dalla prof. Valeria Micillo. L'appunto descrive cos'è la filologia germanica e il suo ruolo nello studio delle lingue germaniche, con particolare attenzione all'evoluzione delle lingue e ai metodi di analisi dei testi antichi.
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**[FILOLOGIA GERMANICA]** **prof. Valeria Micillo** **a.a.2023-2024** ***[Lezione 1 - 03/10/2023]*** ***Cos'è la filologia germanica?*** In senso tecnico, la parola \"germanico\" si riferisce ai Germani, popolazioni cosiddette \"barbare\" (termine usato durante il periodo antico e medievale, so...
**[FILOLOGIA GERMANICA]** **prof. Valeria Micillo** **a.a.2023-2024** ***[Lezione 1 - 03/10/2023]*** ***Cos'è la filologia germanica?*** In senso tecnico, la parola \"germanico\" si riferisce ai Germani, popolazioni cosiddette \"barbare\" (termine usato durante il periodo antico e medievale, soprattutto dalle popolazioni greche e latine). Inizialmente, i Germani parlavano diverse lingue e dialetti; probabilmente, hanno superato un\'iniziale fase unitaria dopo la quale si sono sciolti in tanti gruppi linguistici, dai cui sono poi derivate le varie lingue germaniche (come l\'inglese). Conoscere la storia di queste lingue innanzitutto completa il quadro culturale della lingua inglese; inoltre, come lo studio del latino fa per l\'italiano o altre lingue romanze, ci aiuta a capire i motivi di alcune eccezioni, casi particolari, cose che non si capiscono nella lingua moderna e altri motivi strettamente linguistici. Per esempio, sappiamo che sia in inglese che in tedesco esistono dei verbi che chiamiamo in inglese - \"irregolari\", in tedesco, invece, in altri modi come \"*Ablaut*\" ecc.; si tratta di quei verbi che differiscono da quelli utilizzati normalmente (es. *ring/rang/rung, eat/ate/eaten, forget/forgot/forgotten* ecc.). Studiare la filologia ci aiuta a capire perché determinati verbi da regolari sono diventati irregolari. In realtà, anticamente esistevano due modalità diverse, entrambe considerate regolari. Una di queste varianti è poi diventata meno frequente, rimanendo una classe chiusa e quindi non suscettibile ai cambiamenti. Questi verbi possono al massimo tendere a diventare regolari, ma non aumentano nella loro forma. Certamente, quelli che sono rimasti sono dei verbi che ci ricordano del fatto che, anticamente, esisteva un\'altra modalità utilizzabile per formarli. Il fulcro della linguistica storica è l\'assunzione dell\'esistenza di una fase comune della lingua che comprendeva culture che andavano dall\'India all\'Europa (**indoeuropeo**), quindi, comprendeva una parte di civiltà asiatica confinante con tutte le fasi europee (o quasi tutte); anche il germanico risente di questa impostazione. Il termine \"filologia\" deriva dalle parole greche *philos* ("amore, propensione") e *logos* ("parola"). La filologia è quindi l\'amore per la parola, per il discorso in senso lato, ma anche per il testo (nel momento in cui il discorso da orale diventa scritto). Quindi, [la filologia è una disciplina che studia i testi]**.** Il testo si può intendere in vari modi; possono essere considerati tali, seppur di diversa natura, anche un cartello stradale o un testo musicale. I testi da noi studiati sono generalmente antichi, frammentari e di difficile interpretazione. Ogni testo, in filologia, non è apprezzato dal punto di vista estetico, come oggetto estetico: questa è una grande differenza rispetto ad altre discipline, come la letteratura. Le due discipline possono talvolta sovrapporsi, ma sono tra loro diverse: mentre la letteratura si occupa degli aspetti 'estetici' del testo, analizzando ciò che lo rende bello o interessante, la filologia vede il testo come un 'testimone' che rappresenta una determinata fase storica; il testo viene studiato in quanto rappresentante di una determinata tradizione culturale e linguistica nella quale rientra anche una visione della società. Il testo viene quindi analizzato da tanti punti di vista - e da tanti altri punti di vista rispetto alla letteratura. Infatti, come afferma il professor Alberto Varvaro (grande linguista e filologo romanzo), la filologia non è un ambito d\'indagine, ma è un metodo: qualsiasi testo, scritto o orale, può essere trattato con le metodologie e gli strumenti filologici. [La filologia è una scienza multidisciplinare] che comprende dalla letteratura alla linguistica, dalla storia alla critica testuale, dalla paleografia alla codicologia alla letteratura, all'arte\... Per esempio, per leggere dei codici incisi su delle monete, c\'è bisogno di uno studioso di monete; oppure, nel caso di un manoscritto contenente un testo con delle note musicali (che non si chiamavano ancora note nell\'antichità) c\'è bisogno di un filologo musicale). Un altro ambito linguistico per noi molto importante è la critica del testo - lo studio delle testimonianze, generalmente manoscritte, di quest\'epoca e il confronto fra loro ai fini della ricostruzione di un testo che un tempo si riteneva l\''originale' (la prima copia scritta dall\'autore). Questo è fondamentale per le lingue come quelle germaniche, che hanno frammentarie e pochissime attestazioni, oppure sono molto antiche. Testi del genere non avevano centinaia di migliaia di copie come quelli moderni, ma erano scritti a mano e ricopiati da pochissime persone (gli amanuensi, o scribi in antico Egitto ecc., sono coloro che utilizzano la mano per realizzare, generalmente, una copia scritta); quindi, i testi che noi possediamo di questo periodo sono solitamente testi manoscritti. Ciò implica tutta una serie di caratteristiche proprie; gli amanuensi potevano, per esempio, compiere degli errori - elementi interessanti dal punto di vista filologico poiché ci aiutano a comprendere cosa pensava il linguista, il motivo di quell\'errore, se nel testo che ricopiava era presente qualcosa che potesse indurlo a sbagliare (es. era illeggibile, o la grafia non si comprendeva bene). Tutti questi elementi ci danno un\'idea dell\'ambiente in cui vivevano o di come la pensavano in quell\'epoca (ciò può avvenire, per esempio, anche tramite l\'osservazione delle congetture dietro eventuali correzioni fatte dall\'amanuense). La Molinari descrive la filologia germanica come 'la scienza che studia e interpreta le testimonianze scritte di quelle civiltà che hanno avuto comuni origini nel mondo germanico antico e che riflettono tali origini nella loro successiva evoluzione'. Sono quindi quelle popolazioni in cui si riconoscono una comunanza di origini e un\'appartenenza collettiva alla stirpe e alla civiltà dei Germani, che si riflettono anche nella loro successiva evoluzione. Le lingue che noi studiamo attualmente possono dimostrare questa comune origine, per esempio: **ing**. *father* / **ted**. *Vater* (/f/), **lat**. *pater* Tra le due c\'è solo una piccolissima divergenza: la *th*. Questa è un\'importantissima caratteristica del germanico. **ing**. *mother* / **ted**. *Mutter,* **lat**. *mater*) Anche queste parole si somigliano molto, c'è la m, c'è una dentale, er finale. Questo è il tipo di indagine che facevano gli antichi filologi, quando cominciarono ad analizzare le lingue con una prospettiva un po\' più allargata, come fece - ad esempio - il grande studioso Jacob Grimm (uno dei fratelli Grimm, conosciuti per le fiabe che scrissero, non di loro pugno, ma recuperando e mettendo insieme un sostrato folklorico preesistente). **Jacob Grimm,** che può essere considerato il più grande linguista nell\'ambito della filologia germanica, nell\'800, questi mise insieme un grande numero di dati, creando il più grande dizionario delle lingue germaniche (Deutsche, che all\'epoca non significava \"tedesco\", ma \"germanico\"), contenente tutte le lingue germaniche che conosceva. Scrive anche 'La Grammatica Tedesca', *Deutsche Grammatik* (anche in questo caso non si tratta solamente della grammatica tedesca, ma di quella delle lingue germaniche nel loro insieme). Inoltre, fu lui a scoprire l\'importantissimo fenomeno conosciuto come prima - e successivamente seconda - **mutazione o rotazione consonantica**. La prima interessa tutte le lingue germaniche, pertanto, quando la troviamo, significa che abbiamo davanti una lingua che appartiene a quel gruppo. La filologia opera entro limiti cronologici che vanno [dall\'Alto Medioevo agli inizi dell\'era moderna] (almeno fino al 500/600), ma generalmente il periodo principale è quello delle origini, tant\'è vero che si può risalire alle radici più remote, ovvero al periodo di fasi comuni, che erano in qualche modo differenti. Le lingue romanze, per esempio, (italiano, spagnolo, francese, romeno ecc.) sono accomunate nella loro discendenza dal latino e per questo vengono chiamate anche 'lingue neolatine'. Conosciamo questa lingua perché ne sono presenti moltissime testimonianze scritte che ci mostrano com\'era la fase prima dell\'italiano, dello spagnolo o del francese. Da questo sappiamo per esempio che il francese ha palatalizzato il gruppo \"k\" in \"ʃ\" (lat. *cattus* / fr. *chat*); oppure che l\'italiano ha palatalizzato il latino *speculum* in *specchio*. Confrontando queste varie lingue, abbiamo, quindi, abbastanza elementi per dedurre che derivino dal latino. Non è così per le lingue germaniche, che non hanno nulla di assimilabile al latino: [non abbiamo una testimonianza scritta di una fase comune precedente che appartenesse a tutte le lingue germaniche]. Tuttavia, la ipotizziamo sulla base sia del comportamento di altre lingue, ma anche sulla base delle somiglianze descritte poc\'anzi. Gli studiosi, già a partire dal 1700/800, hanno iniziato a notare delle somiglianze tra alcune lingue, e che quindi doveva esserci stato tra loro un antenato comune da cui avevano ereditato determinati elementi. Ci sono anche altre ipotesi che si possono fare in base a queste somiglianze, come quella secondo cui queste lingue avrebbero convissuto insieme, sviluppando rapporti anche linguistici e dando luogo a elementi comuni. Tuttavia, l\'idea più diffusa che ancora oggi persiste, è la possibilità di una fase comune, sia essa di tipo generico (momento iniziale da cui parte la lingua madre e da cui sono poi discese tutte le altre lingue), sia che si tratti di un avvicinamento graduale che nel tempo ha dato luogo a delle comunanze (es. condivisione di un territorio). Quindi, la filologia germanica studia in particolare gli elementi comuni che consentono di individuare origini comuni in alcune determinate lingue e culture che definiamo 'germaniche', il modo in cui queste civiltà sono venute in contatto fra loro o con il mondo europeo non germanico (celti, latini, slavi ecc.), e le modalità e le direzioni della loro evoluzione. **Ricapitolando:** La filologia è una disciplina di carattere storico con una forte componente linguistica e interdisciplinare. I testi, per essere correttamente interpretati, devono essere studiati per sé stessi e all\'interno dell'ambito culturale (sociale, storico, letterario ecc.) ad essi coevo. L\'interpretazione filologica è un sistema consiste sia nella ricostruzione dell\'originaria forma linguistica del testo, sia nella lettura secondo i codici stilistici e letterari a essi contemporanei, per la cui individuazione si necessita il contributo di altre discipline come la storia, la linguistica, la paleografia (studio della scrittura antica, fondamentale quando si parla di testi antichi scritti a mano, poiché la scrittura antica aveva anche differenze nella comprensione, è stato dimostrato che ci sono stati degli errori di interpretazione dovuti a determinati tipi di grafia), l\'archeologia. L'archeologia è un'altra disciplina fondamentale per la filologia, poiché ci sono tutta una serie di testi che sono scritti tramite incisioni (es. graffiti o vere e proprie iscrizioni su un materiale rigido, da oggetti di legno, ossa o metallo, fino alle grandi incisioni su pietra, che possono essere ritrovate soprattutto in Scandinavia). Pertanto, l\'analisi del testo non può prescindere dallo studio del supporto in quanto materiale del testo stesso, la menzione del tipo di supporto in cui il testo è contenuto è rilevante ai fini della sua interpretazione. La maggior parte di questi testi è scritta a mano su un materiale che oggi non viene più utilizzato, la **pergamena**. Ci sono vari tipi di pergamena: nel mondo germanico è utilizzata la pergamena di ovino e caprino, così come in Italia e nell\'entroterra europeo; esiste anche una pergamena di bovino che veniva chiamata 'vello' (lat. *vellum*), utilizzata soprattutto nell\'area insulare (area inglese e irlandese). Se si rinviene, poi, un\'iscrizione su un piccolo oggetto di tipo portatile, bisognerà tener presente che l\'iscrizione potrebbe non appartenere al territorio dove è stata ritrovata, poiché l\'oggetto potrebbe essere stato trasportato lì da chiunque. Ci sono, infatti, delle iscrizioni presumibilmente gotiche che al momento si trovano in territorio slavo: in questo caso, bisogna capire se le iscrizioni appartengono al territorio slavo, oppure sono state portate lì - presumibilmente - durante le migrazioni di queste popolazioni gotiche. Questo tipo di informazioni ci vengono date dal supporto. Ci sono diverse lingue germaniche che possiedono una documentazione di un certo rilievo, e altre che sono [di frammentaria attestazione], ovvero, anziché avere dei veri e propri testi (come libri, poemi ecc.), presentano delle 'prove', talvolta incomplete, che vengono chiamate '**glosse'**, termine importante sia per la filologia che per altre discipline linguistiche. La parola deriva dal greco *glossa* (con variante *glotta*), che vuol dire \"*lingua*\", sia in senso fisico che nel senso di "parlar"' (da questo termine deriva, per esempio, la parola "glottologia\"). Con il tempo, dal significato di \"lingua\" si è passati al significato di \"interpretazione\". Quindi, una glossa può essere [un chiarimento, una spiegazione, un\'interpretazione o anche una semplice traduzione di una parola o di un testo più ampio], che possiamo trovare in una lingua straniera o, talvolta, in una lingua madre. Nei manoscritti si possono trovare moltissime glosse che ci danno tante informazioni sulla storia e sul significato linguistico di questi testi. Quindi, quando parliamo di lingue di frammentaria attestazione, ci riferiamo a quelle lingue di cui sappiamo pochissimo perché non abbiamo dei veri e propri testi - generalmente abbiamo delle glosse, oppure dei residui in altre lingue. ***Le principali lingue germaniche*** Le principali lingue germaniche che posseggono una documentazione antica rilevante, tale da consentire l'individuazione di elementi culturali caratteristici: - - - - - - - - ***Albero genealogico del germanico*** Fra i successivi sviluppi dell'indoeuropeo vi sono il germanico, il greco, l'italico (tra cui anche il latino), e il balto-slavo. Il germanico qui compare nelle sue fasi antiche, medie e moderne. ***L'unità culturale germanica*** Per la conoscenza delle lingue germaniche e dell'unità culturale germanica, di cui non abbiamo testimonianze scritte, bisogna servirsi delle fonti. L'esame delle fonti relative ai popoli germanici permette di individuare una serie di tratti culturali e linguistici che riscontriamo in tutte (o talvolta quasi tutte) le singole tradizioni germaniche antiche. Possiamo ritenere questi tratti, proprio perché comuni alle varie tradizioni germaniche, come riconducibili ad una originaria unità culturale germanica. Questa deve essere stata precedente all'epoca della documentazione diretta relativa alle singole lingue germaniche. Quanto più queste fonti sono antiche, tanto più valore avranno, poiché più vicine al momento in cui presupponiamo la presenza di questa unità. Esistono diversi tipi di fonti: - - - - - ***Le fonti storiche*** Le fonti storiche non possono essere germaniche, ma sono sostanzialmente latine e greche. La tradizione storiografica ed etnografica greca suddivide gli abitanti del Nord Europa in due gruppi etnici: i **Celti** a Ovest e gli **Sciti** a Est. I Germani, quindi, non compaiono ancora nella documentazione storica greca dei primi secoli a.C. Nel I a.C. iniziano le invasioni di Cimbri e Teutoni (il termine viene dalla radice indoeuropea e diffusa in germanico che ci ha dato il termine *deutsch*, questa però è la versione latineggiante e non germanica della parola), che preoccupano il mondo greco-romane per la loro aggressività: sia i Romani che i Greci iniziano quindi a interessarsi a questi gruppi, per capire chi fossero e come sconfiggerli. Tuttavia, il termine germanico ancora non appare: fino al I secolo a.C. non abbiamo testimonianze del nome 'Germani'. Testimonianze sulla popolazione dei Germani cominciano a venir fuori tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.: [si sapeva dell'esistenza dei germani come di una popolazione che viveva lungo il Reno, ma non venivano distinti particolarmente dai Celti], neanche da storici e geografi come Posidonio (90 a.C.) Ciò vuol dire che probabilmente i Germani non erano ancora arrivati a una fase militare. ![Immagine che contiene testo, mappa Descrizione generata automaticamente](media/image60.png) ***[Lezione 2 -- 05.10.2023]*** Abbiamo visto le lingue che sono comprese in questo ambito germanico: lingue antiche (come il gotico); lingue estinte, di cui sappiamo poco o nulla (longobardo, burgundico, vandalico ecc.); poi ci sono lingue che hanno avuto una continuazione nel periodo moderno (inglese, tedesco, islandese ed altre), che quindi avranno una fase antica, una fase media ed una fase moderna, preceduta probabilmente da una fase proto-moderna; abbiamo visto casi particolari come quello del nederlandese, che ha la possibilità di avere una doppia lingua moderna che è il suo continuatore; abbiamo visto il frisone, che invece non è una lingua standard di nessuno stato e si realizza solo come un continuum dialettale; ci sono poi delle lingue che fanno parte dell'area nordica (norvegese, svedese, danese). Abbiamo detto che non c'è una testimonianza scritta di un'unità culturale germanica, quindi bisogna tentare di ricostruirla, attraverso le fonti (storiche, archeologiche e linguistiche). ***Fonti storiche*** Le fonti più adeguate allo studio sono fonti generalmente di altre lingue, perché i Germani non avevano ancora iniziato a scrivere (ricordiamo sempre che siamo in un periodo a.C.), quindi i testi di cui possiamo disporre sono testi di altre lingue che parlano di Germani, e non sono moltissime. Le fonti storiche principali sono quelle che riconduciamo a due grandi storici latini, **Cesare** e **Tacito**, che sono quelli che più ci danno notizie sui Germani. - [Cesare è il primo in cui la collettività germanica si presenta come un'unità etnica], cioè, discendente da uno stesso capostipite, [ben definita e proprio con il nome di Germani]. Cesare, che vive tra il 100 ed il 44 a.C. (I secolo a.C.) scrive il ***De bello Gallico*** ('La guerra dei Galli/contro i Galli') nel 50 a.C. Che cosa ci dice Cesare? Naturalmente i Germani non sono Galli, quindi dei Germani a Cesare interessa quel tanto per distinguerli dai Galli, che sono una popolazione celtica. I Celti sono una cultura molto importante anche per i Germani, perché hanno diviso per molto tempo una cultura in senso anche storico, archeologico, lungo il Reno ed anche in una zona più ampia. Cesare, quindi, in realtà, non è tanto interessato ai Germani, perché fondamentalmente a lui interessano i Galli, è interessato a sapere dove si trovano e cosa fanno i Galli, ma, soprattutto, lui è interessato alla possibilità di definirli rispetto ad altre popolazioni, per cui Cesare individua il Reno come confine etnico e politico tra Galli e Germani. secondo Cesare, almeno nella parte iniziale del *De Bello Gallico*, i Germani sono quelli che abitano al di là del Reno (*qui trans Rhenum incolunt*), mentre i Galli sono quelli che vivono al di qua, cioè quelli che occupano la Francia, o almeno parte di essa. Cesare mostra scarso interesse per usi e costumi dei Germani, non dice nulla della lingua (se non una o due glosse), pochissimo della religione (solo che c'è qualche uso religioso molto primitivo, che i Germani sono abituati a adorare piante, fenomeni naturali, elementi della natura e del territorio, quindi, non ci sono rappresentazioni antropomorfe degli Dei) e della loro cultura in generale. Però, è la prima volta che i Germani vengono fuori come entità collettiva. In precedenza, invece, noi non abbiamo praticamente nessuna attestazione dei Germani come tribù, quelle che ci sono non sono sicure, sono molto contrastanti. Quindi, con Cesare i Germani cominciano ad apparire, ma non c'è ancora l'immagine dei Germani come collettività in senso stretto. Anche il Reno come confine tra Galli e Germani non è certissimo, in realtà non è storicamente plausibile in quel periodo. Lo stesso Cesare, più avanti, parla dei Germani come stanziati sulla riva occidentale del fiume, cioè dove dovrebbero stare i Galli, quindi, deduciamo che ci sono evidentemente dei Germani che si spostavano da una parte all'altra del fiume. Peraltro, questo uso del confine renano sembra provenire dall'abitudine dei militari ad utilizzare dei confini naturali per questioni di strategie militari, cioè per poter definire anche il territorio (anche ora si utilizzano degli elementi territoriali). Invece storicamente non è plausibile, è ancora presto perché i Germani abitino un territorio definito e perché ci sia una netta separazione tra Celti e Germani, questa avverrà nel periodo poco dopo la nascita di Cristo. - Mentre Cesare è un condottiero che scrive anche di storia, Tacito (I secolo d.C.) è proprio uno storico e quindi ragiona ed utilizza le fonti esattamente come noi. Tacito scrive, tra le varie cose, gli *Annales* (cioè annali di storia) e le *Historiae*, e, soprattutto, un trattatello che si chiama *De Origine et situm Germanorum*, anche noto come ***Germania***[^1^](#fn1){#fnref1.footnote-ref} nel **98 d.C.** Sembra che questo trattatello sia stato finito, pubblicato, ed è questa la fonte principale della nostra conoscenza dei Germani, perché è tutto dedicato proprio ai Germani, quindi è la prima volta che sappiamo qualcosa di veramente esaustivo sui Germani (anche se poi vedremo che ci sono dei problemi). Nell'opera di Tacito le popolazioni germaniche costituiscono ormai una unità, una entità in senso etnico ed in parte anche politico. Sono infatti consapevoli delle affinità e dei legami religiosi e culturali che li uniscono. Tacito ci racconta, tra gli altri miti, il mito di una semi-divinità, un essere mitico, un'entità superiore ma non una vera e propria divinità, **Mannus**, parola che fa riferimento alla radice germanica \**mannaz* (l'asterisco significa che è una forma ricostruita, una forma cioè che non ci è testimoniata ma che noi ricostruiamo sulla base di alcuni criteri linguistici e questo, infatti, riguarda il germanico, che è una lingua di cui noi non abbiamo testimonianze dirette), da cui viene *man* in inglese, e significa 'uomo'. Da Mannus derivano tre figli, i quali danno poi il nome a tre tribù che costituiscono, secondo Tacito, la suddivisione dei Germani: - - - Si tratta di una tripartizione che inizialmente gli studiosi hanno attribuito a tutte le tribù germaniche. Oggi noi sappiamo che probabilmente riguarda solo una parte dei Germani, cioè i Germani occidentali, quella parte che probabilmente era più vicina al mondo latino e che quindi Tacito conosceva meglio (bisogna sempre considerare che Tacito è uno storico, non è andato a combattere, non ha fatto il servizio militare o viaggiato, è uno che utilizza le fonti, di conseguenza, non ha conosciuto molto probabilmente da vicino il mondo germanico, ha conosciuto qualche germano che veniva a Roma, magari come prigioniero di guerra, e poi si è affidato ai racconti dei viaggiatori e ad altri scritti di storici come lui, ma lo ha fatto comunque in maniera abbastanza accurata). Questi tre gruppi di Germani non sono benissimo definiti, ma questa è una ripartizione che generalmente gli studiosi usano per individuare elementi affini e differenze tra i vari gruppi delle lingue germaniche. Molto probabilmente, gli ingevoni, istevoni ed erminoni non sono altro che un\'ulteriore suddivisione del germanico occidentale, il quale attualmente comprende il gruppo dell'inglese (inglese antico, medio, moderno), il frisone (antico, medio e attuale) ed il tedesco (diviso in alto ed in basso). Dove si trovavano queste popolazioni? Secondo Tacito, che ci dà giusto qualche indicazione approssimativa, gli ingevoni si trovano vicino al mare, lungo le coste del mar del Nord; gli Istevoni dovrebbero essere quelli all'interno; gli Erminoni sono gli altri. Quindi, Tacito non ci dice molto sostanzialmente della collocazione di queste popolazioni, non ci dice neanche come sono fatte. Però, il fatto stesso che lui ritenga di raccontare questo mito di Mannus ci dà l'indicazione che i [Germani si riconoscono in un antenato unico], cioè i Germani stessi ritengono di essere discendenti da un unico capostipite e quindi si credono comunità anche in senso etnico. Tacito vede i Germani come una sorta di 'buon selvaggio', forti, e soprattutto **barbari**, perché latini e greci vedevano tutti tranne se stessi come 'barbari'. Il termine 'barbaro' viene dall'onomatopea *bar bar*, quindi 'balbettio', una lingua che non si capisce bene, che non parlano bene, perché erano lingue che i latini e i greci non riuscivano a capire e, soprattutto, che non avevano ancora una cultura scritta come invece le lingue 'classiche'; l'etimologia proposta invece dagli stessi latini, da Isidoro, è di *barbarus* come derivante da *barba* *et rure*: *barba*, perché erano vestiti male, erano sporchi, si facevano crescere la barba e *rure*, nel senso che erano grezzi, rozzi e privi di quella civiltà raffinata che avevano invece i latini. Loro vengono presentati da Tacito come, sì, barbari, ma anche **puri**, perché hanno questa associazione con la natura, non hanno quel tipo di corruzione che ormai nel periodo in cui viveva Tacito ormai la comunità latina, la comunità romana aveva preso: sta per terminare anche il periodo dell'Impero Romano e Tacito vede intorno a sé questa corruzione, questo periodo di decadenza, e molto probabilmente accentua degli aspetti dei Germani proprio a scopo politico, per mettere in evidenza questa differenza con i latini, suoi compatrioti, dell'epoca (quindi, anche se Tacito ci dà delle informazioni, bisogna considerarle con cautela, perché possono avere anch\'esse degli scopi politici). - Tra altri storici c'è Plinio il Vecchio (I secolo d.C.), che pure militò nell'esercito romano e quindi conobbe direttamente la Germania. Plinio il Vecchio ha scritto la *Naturalis Historia*, che però purtroppo è andata perduta, abbiamo solamente qualche passo. che è riportato in altre opere, e quindi ben poco. Immagine che contiene testo, mappa, atlante Descrizione generata automaticamente Questa è una mappa dell'Impero Romano e della 'Germania' all'epoca di Tacito, ricostruita sulla base di quello che lui ci racconta. Sono nominate moltissime tribù germaniche (70/80), di cui sappiamo praticamente quasi nulla (almeno all'epoca), di molte di queste sappiamo solamente il nome, di qualcun\'altra invece sappiamo qualcosa in più. In rosa sono i Germani del Nord, in azzurro più intenso i Germani del mare del Nord, all'interno ci sono i Germani dell'Elba, a destra ci sono i Germani del Reno e del Weser e infine, dall'altro lato, delle altre tribù poco conosciute; inoltre, vi è questa parte rosa che è la cosiddetta Germania Inferiore (non si sa il perché). Sono tutte tribù molto poco conosciute, al massimo conosciamo i Vandali, i Goti nell'area orientale... Questa è la rappresentazione geografica di quella tripartizione che abbiamo detto prima: ramo occidentale, ramo settentrionale e ramo orientale. ***L'etnonimo 'Germani'*** Il nome 'Germani' ha un'etimologia molto discussa. Sempre a partire da Tacito, nella sua *Germania* notiamo che inizialmente Tacito ci dice che i Germani non usavano il termine 'Germani' per definirsi, cioè non si chiamavano così, ma avevano dei nomi diversi per indicare le loro collettività. [Il termine 'Germani' nasce nel momento in cui si intende designare l'aggregazione di queste popolazioni]. L'uso di questo etnonimo ('etnonimo': nome del popolo, *ethnos*) sarebbe emerso circa nel **I secolo a.C**., da come ci dice Tacito, [quando una tribù, che all'epoca si definiva con il nome di 'Germani' ma che dopo prese il nome di 'Tungri', oltrepassa il Reno e invade parte della Gallia], provocando anche grande terrore nelle popolazioni galliche. Questi all'epoca si facevano chiamare 'Germani', Tacito ci dice che dopo furono chiamati 'Tungri' ma non si sa il perché, di questi Tungri non sappiamo nulla. I Galli poi, suggestionati dalla paura di questi temibili invasori, avrebbero dato il nome della tribù che li aveva invasi, cioè quello di 'Germani', a tutto l'insieme delle genti germaniche. Quindi, originariamente sembra che l'etnonimo sia stato la designazione di un'unica tribù e solo successivamente, in seguito ad un'aggregazione di queste genti, il nome 'Germani' sia stato esteso ad indicare tutta la collettività di queste tribù. In seguito, i Germani stessi si appropriano di questo nome affibbiatogli dai Galli e si autodefiniscono 'Germani', quindi fanno proprio questo nome. ***Etimologie del nome 'Germani'*** Numerose proposte etimologiche, spesso fantasiose, sono state avanzate per l'etnonimo, attestato per la prima volta in Giulio Cesare. - - - Quindi, non c'è un'opinione definitiva su questo argomento. ***Origine dei Germani*** Di dove sono originari i germani? Dove sono nati? Dove sono sorti? *Ipsos Germanos indigenas crediderim minimque aliarum gentium adventibus et hospitis mixtos*. (*Germania*, cap.2) Tacito, nel capitolo 2 della *Germania*, dice: 'Sono incline a ritenere che questi Germani siano indigeni e privi di mescolanze dovute a immigrazioni o contatti amichevoli'. Indigeni di cosa? Fondamentalmente della zona che viene chiamata **'cerchia nordica'.** Questo cerchio prende parte della Scandinavia meridionale, vediamo la penisola Scandinava, che nell'antichità era chiamata Scania, la Danimarca con la penisola dello Jutland, Sjaelland, Bornholm, quindi la zona del Baltico, parte del Mare del Nord con le zone prospicenti al mare del Nord e la piccola parte della zona interna della costa europea. In questa cerchia nordica si ipotizza la persistenza e forse addirittura la nascita di questa stirpe germanica ed è qui che troviamo la maggioranza delle fonti anche archeologiche, ed è qui che Tacito ci dice che per la prima volta vivono i Germani, che sembrano di essere indigeni di questa zona, quindi, non si sono mai mossi e, per di più, non si sono mai mescolati (o comunque ben poco) con altre popolazioni che sono venute nel loro territorio. A partire dal **IV secolo d.C.,** le testimonianze e i dati storici non fanno più riferimento ai 'Germani', o meglio, ne parlano, ma sempre più raramente; si fa riferimento invece direttamente alle singole popolazioni germaniche. Quindi [il concetto di germanesimo come unità etnica e culturale sembra lasciare il passo ad un concetto più legato alle singole etnie], così come il nome 'Germani' lascia il passo alle denominazioni delle singole tribù (Franchi, Alemanni, Goti ecc.). Quindi, si scriveranno storie non più dei Germani, come ad esempio quella di Tacito, ma storie dei Franchi, degli Ostrogoti, dei Goti, dei Longobardi ecc. - - - - - - Cosa vuol dire questo? Vuol dire che evidentemente c'è stato un momento in cui i germani sono venuti fuori come unità ed è quello il momento in cui è plausibile che si sia sviluppata [un'unità non soltanto culturale ma anche linguistica]. [A partire, però, dal IV secolo, cominciamo a vedere delle differenziazioni]: così come il latino ha poi dato luogo a diverse lingue, il germanico può aver dato luogo ad altre lingue germaniche, che derivano da una successiva suddivisione post-aggregazione, cioè dopo l'aggregazione che deve essere avvenuta pochi secoli prima di Cristo fino a pochi secoli dopo di Cristo. Vediamo se con questo quadro storico riusciamo a far coincidere i dati che ci vengono dati dall'archeologia. ***Fonti archeologiche*** Uno studioso tedesco, **Gustav Kossinna**, alla fine dell''800, in piena epoca di rivalutazione della ricerca delle origini, cerca le origini dei Germani nella lontana preistoria **(II millennio a.C.)**, cioè lui pensa di riuscire a ritrovare tracce dei Germani nel II millennio a.C. Questa è una posizione che verrà poi fortemente criticata, anche perché tracce dei Germani in quanto unità le abbiamo viste solamente poco prima di Cristo, cioè a partire da Cesare circa, forse qualche secolo prima, ma non prima di quest'epoca. Kossinna, a partire sempre da Tacito, visto che ci diceva che i Germani abitavano nella Scandinavia, andò a cercare lì, o meglio, **nella 'cerchia nordica'** (che corrisponde al mar del Nord, alla Danimarca e alla parte meridionale della Scandinavia) le origini dei Germani, però parte da molto indietro. Quando si parla di fonti archeologiche, si scava e si ricerca la cultura, che è fatta soprattutto di cultura materiale, cioè di oggetti, reperti. Quindi, Kossinna è sceso molto all'interno e, quando ha trovato qualcosa, l'ha arbitrariamente attribuita ai Germani, e questa è un po' il problema principale. Lui, infatti, [identifica arbitrariamente l'*ethnos* e la cultura], cioè il popolo, l'unità etnica, e la cultura, e tale identificazione deriva dalla commistione arbitraria e discutibile tra dati archeologici, storici e linguistici: cioè, [si serve dei dati storici e dei dati linguistici per confermare le sue ipotesi archeologiche]. Lui è il **teorico del *Kulturkreis***, il suo motto è "*Kulturgebiete sind Volkerstamme*": regioni geografiche e culturali ben definiti corrispondono direttamente a specifiche unità etniche e culturali, quindi, sulla base della cultura materiale, si può immediatamente risalire alla popolazione. Ovviamente non è così, questa è una posizione che oggi non verrebbe condivisa, perché cultura e razza sono considerate due cose a parte, non c'è un'identificazione tra queste due; mentre, nei primi del 900, quest'identificazione fu molto evidente. Quindi, riassumendo, Kossina ha proposto un'interpretazione storica dei dati archeologici, condizionata dalle fonti storiche, basata sulla concezione del Germanesimo come un'unità etnica, concezione fondata su un principio di identità tra regioni culturali ben determinate archeologicamente e precise unità etniche; anche i dati linguistici vengono utilizzati per identificare unità etniche, ma in modo del tutto arbitrario, perché associati arbitrariamente a varie scoperte archeologiche; Kossinna ha ritrovato quella determinata cultura e l'ha attribuita arbitrariamente ai Germani. Questa associazione tra dato linguistico, storico ed etnico è stata fortemente criticata per anni. L'ipotesi che è stata fatta nel tempo dagli studiosi dell'800 è che il Germanesimo (inteso come unità etnica, culturale e linguistica), abbia avuto origine dalla [fusione tra la cultura megalitica] (i megaliti sono dei grandi massi di pietra, caratteristici di questa cultura, risalente al 4000 a.C.-1500 a.C.), caratteristica già nel neolitico delle zone costiere dell'Europa settentrionale, una società pacifica, cui viene attribuita una caratteristica di stanzialità, legata alla coltivazione e all'allevamento, quindi una società non nomade, [e i portatori di una nuova cultura] fino ad allora sconosciuta al Nord, che prevedeva l'uso di tombe singole a tumulo (rispetto alle altre che avevano dei campi di urne, cioè cimiteri collettivi), l'uso dell'ascia da guerra (quindi è una popolazione nomade combattente) e l'ornamentazione a cordicella nei manufatti di ceramica. Questi sono tutti elementi di cultura materiale, che riguardano l'archeologia; sono fatti culturali effettivi e reali, ma non è detto che poi abbiano dato realmente origine ai Germani. **Come interpretiamo oggi il dato archeologico e le fonti archeologiche?** Possiamo solo dire che non abbiamo dati sufficientemente certi per il periodo più antico, cioè dal II millennio a.C. fino ai primi secoli a.C. (periodo in cui secondo Kossinna avevano vissuto i Germani), dal punto di vista dell'archeologia moderna è un quadro che non ci dà dei dati certi. Notiamo anche che ci sono notevoli variazioni culturali tra singoli popoli germanici e rispetto all'ipotetica unità culturale preistorica (potrebbero essere degli avvenimenti storici, secondo Kossinna erano l'esito di qualche pacifico incontro o comunque del fatto che erano intervenute delle altre popolazioni, ma noi non sappiamo bene valutare questo periodo fino ai primi secoli a.C., non sappiamo interpretare). Oggi, infatti, tendiamo a cercare l'origine della civiltà germanica (e quindi della sua unità culturale) non nella preistoria, ma molto più vicino, nei primi secoli dell'era volgare, quando si cominciano a creare movimenti di popoli (III-IV secolo in poi, anche un po' prima di Cristo ma non molto oltre). Per questo periodo, noi abbiamo dei dati archeologici, storici e linguistici, per cui possiamo dire qualcosa di più certo. ***Il Reno*** Anche da un punto di vista della valutazione storico-archeologica, il Reno ci dà un'interessante documentazione. Abbiamo visto che in Cesare il Reno era considerato un confine tra i Galli e i Germani: in base a questa interpretazione, nulla sponda occidentale del Reno dovremmo trovare la cultura celtica, mentre in quella orientale dovremmo trovare la cultura germanica. In realtà, invece, [fino al I secolo a.C]., i reperti archeologici a destra e a sinistra del Reno corrispondono, sono simili (ceramiche a tornio, roccaforti e insediamenti fortificati, conio di monete di tipo celtico), fino al I a.C. non troviamo differenze tra le due culture del Reno, la cultura era la stessa, quindi, [il Reno non costituiva un confine dal punto di vista archeologico], e questo contrasta con quello che aveva detto Cesare- A partire dal I secolo d.C., queste caratteristiche, a destra del fiume, nella zona dei Germani, scompaiono o comunque tendono a impoverirsi, e comincia a comparire una *facies* (aspetto generale archeologico) più povera, di tipo rurale, orientata verso nord. Questo tipo di cultura è quella da cui è nato il Germanesimo, quindi, **solo dopo il I secolo d.C. il Reno diventa un vero e proprio confine culturale** fra la civiltà romanza (non germanica) a occidente e quella germanica a oriente. In quest'area al di là del Reno, che comprende la cerchia nordica (Germania Settentrionale, Danimarca, Scandinavia, fino a parti dell'Europa orientale, alla Slesia e alla Polonia meridionale), abbiamo una completa differenziazione rispetto all'altra zona, che è quella della riva sinistra del Reno, dove dovrebbe esserci la cultura celtica, che continua ad evolversi secondo il **La Tène,** che è un modo per definire una cultura che viene attribuita alla cultura celtica del tardo periodo del I secolo a.C. ![Immagine che contiene clipart, illustrazione, Arte bambini, grafica Descrizione generata automaticamente](media/image62.png) In arancione troviamo la zona del Reno dove continua l'evoluzione della cultura celtica, il La Tène. A destra del Reno, noteremo questa 'cerchia nordica' (quella in verde è la Scandinavia meridionale), in cui però ben presto si cominciano ad identificare dei sotto-raggruppamenti, che sono in colori diversi. Queste regioni si distinguono in **3 gruppi di culture** **in base agli usi funerari:** - - - Queste aree culturali, pur essendo ben distinte e differenziate l'una dall'altra e pur non costituendo una individualità sul piano archeologico, hanno già al loro interno una certa tendenza all'unità, rappresentano una unità culturale in senso lato, per la presenza di alcune caratteristiche comuni assenti nei territori vicini: in questo periodo le vediamo avvicinarsi, ma in precedenza erano differenti. L'esame delle epoche archeologiche mostra come la molteplicità rilevabile all'inizio dell'era volgare (ossia la molteplicità delle diverse tradizioni germaniche) abbia i suoi antecedenti in altrettante culture differenti: - - - Queste 3 culture sono gli antenati della successiva frammentazione culturale; sono queste che risalgono al I millennio a.C. e che poi si evolveranno contemporaneamente a quella celtica (La Tène) e daranno nuovo alla cultura germanica (Germanesimo). **Ricapitolando:** L'immagine che danno i linguisti è quella di un'unità originaria che poi si disgrega in vari rami successivi, per progressiva ramificazione avremo sempre un numero superiore di lingue. Invece, la prospettiva che viene fuori mettendo insieme dati archeologici, storici e linguistici è diversa: [c'è una prima differenziazione in quest'area e sono tre grandi gruppi di culture] (che al loro interno hanno delle diversità ma grossomodo potranno definirsi un'unità perché hanno delle caratteristiche parzialmente in comune); quindi sono diverse, ma man mano, dal I millennio a.C., [tendono ad avvicinarsi], fino ai secoli intorno alla nascita di Cristo, in cui troviamo il [maggior momento di aggregazione], quello che possiamo definire **'Germanesimo'**, quello che cioè ci mostra una comunità linguistica e una comunità in senso anche culturale; poi di nuovo successivamente avremo [un'ulteriore disgregazione]. Di conseguenza, non si parte dall'unità per arrivare alla molteplicità, ma si parte da una molteplicità, si arriva ad una simil-unità, che ritorna a diventare una molteplicità. Gli studi archeologici e storici, dunque, inducono a ritenere che la varietà culturale attestata all\'inizio dell\'era volgare (dopo la nascita di Cristo) non nasce dalla disgregazione di una unità precedente (non documentata - ma ipotizzata da Kossinna), ma, al contrario, la relativa coesione osservabile nei primi secoli d.C. ha origine da un graduale processo di aggregazione. I portatori di tale cultura \'aggregante\' possono essere associati con i Germani di Tacito in virtù di una coincidenza cronologica, geografica, culturale (questo otteniamo mettendo insieme i dati, ma ciascuno per conto proprio, non in maniera circolare). Le cronache degli storici antichi confermano poi gli spostamenti, a tratti bellicosi, dei Germani. Immagine che contiene mappa, diagramma, atlante, testo Descrizione generata automaticamente Questo è prima dell'epoca delle migrazioni: vediamo i Germani del Reno-Weser, i Germani dell'Elba, quelli dell'Oder e della Vistola (Germani di Przeworsk), c'è poi una specificità, che è quella dei Germani del Mare del Nord e i Germani settentrionali. ***[Lezione 3 - 10/10/2023]*** C'è una differenza tra i termini 'germanico', 'germanesimo' e 'germani'. I termini 'germanico' (o anche 'protogermanico') e 'germanesimo' hanno un utilizzo scientificamente valido esclusivamente all'interno dell'ambito linguistico, possiamo parlarne solo in riferimento alla lingua; mentre, quando parliamo di 'germani', quindi da un punto di vista etnologico, si analizzano delle fonti che non sono di tipo linguistico, bensì storiche e archeologiche: i due elementi (quello linguistico e quello storico) sono differenziati, ma si possono mettere insieme e noi siamo consapevoli di questa differenza. Una delle problematiche si basa sul capire quali fonti siano da prendere in considerazione per una corretta ricostruzione omogenea del mondo germanico e di quali lingue ne facciano effettivamente parte. È stato notato che, intorno ai primi secoli prima e dopo Cristo, intorno agli inizi dell'era volgare, iniziò a crearsi una sorta di aggregazione tra delle popolazioni che un tempo erano distanti tra loro sia da un punto di vista geografico che culturale ed etnico. Da qui si nota un principio di unità di tipo culturale e linguistica, che in questo caso non coincide con il concetto di uniformità, non possiamo definirla come totalmente uniforme, perché c'erano comunque delle differenze sul piano culturale e linguistico tra queste popolazioni. Questo in realtà succede anche nelle altre lingue moderne: prendiamo come esempio la lingua italiana, della quale conosciamo una standardizzazione composta da elementi comuni ad ogni gruppo linguistico, ma si sa che ci sono tante sfumature che variano da un gruppo linguistico all'altro. Un altro problema nell'identificazione di una lingua e di una cultura deriva dal fatto che sono pervenute fino a noi delle fonti prevalentemente indirette, fonti che ci esporranno un quadro non del mondo germanico in generale, bensì delle singole popolazioni germaniche (queste fonti fanno quindi riferimento ad una già avviata disgregazione del mondo germanico in quel periodo, successiva alla presupposta unità e aggregazione). Per il momento ci si limita ad analizzare quelle fonti (storiche, archeologiche e linguistiche) che possano ricondurre ad un'epoca unitaria. ***Fonti linguistiche*** Ci si chiede quale lingua parlassero queste popolazioni in un periodo che va dai primi secoli a.C. fino ai primi secoli d.C. e di quali fonti linguistiche possiamo servirci. Come nel caso delle fonti storiche e quelle archeologiche, si parla anche in questo caso di **fonti indirette**. Si definiscono fonti linguistiche indirette tutte quelle fonti che ci offrono parole, voci lessicali o elementi morfologici [sulle] lingue germaniche, ma non direttamente [in] lingue germaniche, quindi, che ci vengono trasmessi non attraverso le vere e proprie lingue germaniche, bensì attraverso dei testi o dei parlanti appartenenti a culture differenti, come ad esempio quella greca e in particolar modo quella latina, per cui queste informazioni linguistiche ci giungono attraverso il filtro di altre tradizioni linguistiche. Le fonti pervenute a noi della cultura latina provengono da Cesare, Tacito e Plinio il Vecchio. Le fonti linguistiche indirette però, presentano delle problematiche: molti dei termini germanici riportati da questi autori classici vengono filtrati attraverso il sistema fonologico e morfologico del latino: subiscono quindi un [processo di latinizzazione]. Tramite questo processo di adeguamento, che si verifica quasi sempre, si ottengono quelli che chiamiamo **prestiti** (prestito = parola straniera che entra in un'altra lingua, molto spesso rimane, e generalmente viene adeguata al contesto linguistico in cui entra in uso, le parole straniere vengono aggiustate, anche semplicemente eliminando il plurale, come per l'inglese, oppure aggiustando suoni che non sono presenti nel sistema fonologico della propria lingua). Questo ragionamento, quindi, vale anche per fonti di questo tipo, che sono per la maggior parte **glosse**; le glosse sono parole singole in un contesto straniero, in questo caso latino, che a volte vengono anche tradotte, quindi si parla di glosse e ***interpretamentum*,** ovvero il significato che viene dato loro in un'altra lingua; ad esempio, in un contesto italofono potrei utilizzare il termine tedesco *Weltanschauung*, il cui significato è 'visione del mondo', e ho una glossa con il suo *interpretamentum*, e questa è una glossa contestuale, cioè che sta all'interno di un contesto. Per quanto riguarda invece le fonti linguistiche **dirette**, esse presuppongono che il germanico fosse scritto, e questo costituisce un problema di cui i filologi si occupano, visto che proprio attraverso questi studi si tenta di ricostruire quelle forme scritte antiche, e visto che, anche supponendo che una tipologia di scrittura fosse esistita già in quel periodo, probabilmente non era conosciuta e diffusa. Di conseguenza, le uniche e prime fonti linguistiche dirette su cui si possa fare affidamento le informazioni che ci vengono da testi originariamente scritti in una lingua germanica o anche proprio in lingua germanica o protogermanica, le primissime testimonianze che possediamo. Quindi, si definiscono fonti linguistiche dirette tutte quelle informazioni di carattere linguistico che ci vengono [fornite direttamente da parlanti di lingua madre germanica], quindi avremo fonti linguistiche in inglese antico, tedesco antico, in gotico, nelle singole tradizioni linguistiche germaniche documentate. Sono i Germani che parlano di se stessi nelle proprie lingue. Si tratta di testimonianze che alcuni hanno ipotizzato addirittura fossero appartenenti al periodo protogermanico, ma, nella maggioranza dei casi, si tratta di testimonianze che già vanno verso una determinata e specifica lingua. - Le fonti linguistiche indirette sono costituite prevalentemente da nomi (propri e comuni). Si tratta di nomi e forme isolate riportate in scritti di autori classici (greci e latini), che risalgono ai primi secoli a.C. e d.C. In Tacito, per esempio, vengono troviamo citazioni di decine e decine di tribù attribuite al gruppo germanico, ma dopo, facendo l'etimologia, non tutti questi nomi sono risultati germanici, quindi, è probabile che non siano di origine germanica ma magari Tacito li ha solo erroneamente messi insieme. Troviamo quindi: - - - - - - **NOMI DI ANIMALI:** I nomi di animali riportati rimandano direttamente al mondo immerso nella natura, in cui vivevano queste popolazioni germaniche. Un esempio è *alces* 'alci' (pl. in Cesare)*.* Se si basa l'analisi sulla terminazione latina della parola, si pensa che questa parola sia latina, ma, in realtà, c'è la probabilità che sia stata solo adattata al lessico latino prima di essere introdotta nel lessico germanico nuovamente. Altra ipotesi, infatti, è che questa parola sia legata da tempo al moderno germanico: cioè *Elch* del tedesco moderno e *elk* dell'inglese moderno. Si nota una differenza tra *alces* ed *elk*: ovvero un processo di metafonia vocalica nella radice (a\>e). La metafonia durante l'epoca di Cesare non era ancora avvenuta; quindi, questo dettaglio ci fornisce informazioni dal punto di vista cronologico riguardo l'evoluzione di questo fenomeno. **NOMI DI OGGETTI:** un esempio è *glaesum* 'ambra' in Tacito, che ricolleghiamo ad una parola moderna ovvero ted*. Glas,* ingl*. glass*, con il significato di 'vetro'. Si può notare come durante il percorso evolutivo di questa parola ci sia stato un cambiamento di significato (l'ambra è una resina che viene estratta soprattutto dagli alberi e veniva utilizzata per creare gioielli e suppellettili, ed è di colore trasparente con delle sfumature marroncine, quindi molto probabilmente la variazione di significato subita nel tempo è dovuta alla trasparenza di questa resina, che ricorda molto il vetro). Altro esempio è la parola *sapo, saponis* 'sapone' in Plinio (evidentemente anche se erano una popolazione barbara, i Germani usavano il sapone, anche se non si sa in che modo). Questo ci riconduce al ted*. Seife;* e l'ingl*. soap*; si può notare che questa parola durante il passaggio alla lingua inglese non ha subito molte variazioni, mentre in tedesco sì: variazione della vocale radicale a\>e (metafonia vocalica) e passaggio dall'occlusiva sorda *p* alla fricativa sorda *f* (mutazione consonantica o prima legge di Grimm). **ONOMASTICA \> Antroponimi:** gli antroponimi germanici sono composti da due elementi, due radici messe insieme che rappresentano una sola forma lessicale; sono termini che hanno singolarmente il loro valore semantico e che, messi insieme, possono anche assumere un nuovo significato, esprimere un concetto, una qualità, essendo queste parole legate a nomi di tipo militare, spesso nobiliare. Questi sono poi stati tramandati anche all'italiano (*N.B. questo non vuol dire che noi siamo discendenti dai Germani, non lo dire!)* e ne sono testimonianza nomi come ad esempio 'Roberto', la cui radice *bert*- ha il significato di 'lucente'. Altri nomi italiani riconducibili ad un'origine germanica sono quelli che terminano in *-rico*, come ad esempio 'Federico', 'Enrico'*.* 'Federico' deriva da *Friedrik*: *Fried* = 'pace', *rik* viene dalla radice celtica (gallica) \**rig* = 'regno', entrata come \**rik* in germanico, che nelle varie lingue germaniche ci ha dato got. \**reiks* (si legge *riks*) = 're', antico ingl. \**rice* = 'regno', Ted. *Reich*; la sua traduzione potrebbe quindi essere 'la pace del regno', oppure 'potente nella pace', a indicare una persona potente, quindi anche in grado di governare e di mantenere la pace. Un altro nome di origine germanica è 'Rodrigo', poiché la Spagna ha subìto l'influenza dei goti, che vi hanno vissuto per lungo tempo. I nomi terminanti in -*rico* sono testimoniati in molti testi storici. Il nome cui si ispira lo stadio della città di Salerno *'*Arechi' si ispira ad Arechi, principe longobardo, che aveva il suo insediamento nell'area salernitana, perché il centro-sud Italia è stato per lungo tempo sotto il dominio longobardo. Altri nomi di origine germanica sono quelli composti da -*brando.* Esiste un componimento poetico intitolato *Il carme di Ildebrando* in lingua tedesca antica. La storia narra di questo Ildebrando che si scontra, non volendo, con il figlio di nome Adubrando, il quale non riconosce suo padre, poiché era partito quando era molto piccolo. Ildebrando è a sua volta figlio di Eribrando: Questo ci fa capire che nelle famiglie germaniche c'era una tendenza nel mantenere la parte finale del nome affinché si desse continuità alla stirpe, non esistendo a quei tempi il cognome (all'epoca si utilizzava il patronimico al posto del cognome, il quale si basa sul nome del padre o dell'antenato della stirpe, tuttora in islandese moderno si usa); in questo caso la parte -*brando* veniva mantenuta. 'Ildibrando viene da: *hilti* = radice germanica 'battaglia', legato al concetto di società guerriera; *brant* = 'splendente, luminoso' (delle varianti ci hanno poi dato l'inglese moderno *bright*) oppure anche 'spada' (si pensi anche all'italiano 'brandire'. Il suo significato potrebbe essere 'spada della battaglia' oppure 'splendente in battaglia', a indicare un grande guerriero. Un altro nome di origine germanica è 'Eriberto': tutti i nomi terminanti in -*berto* sono di origine germanica, come ad esempio il nome italiano 'Roberto' (-*bert* ha come significato *'*luminoso, splendente'; mentre la radice *ro*- significa *'*fama, gloria'*,* quindi il significato complessivo sarebbe 'splendente nella gloria'). Quindi, abbiamo una raccolta di lemmi, di termini (o almeno radici), che appartengono alle lingue germaniche, i quali, confrontati tra di loro, ci consentono di risalire al loro percorso evolutivo in quanto testimoniano i fenomeni linguistici, come ad esempio la metafonia vocalica, o la prima mutazione/rotazione consonantica/ legge di Grimm (es. \**rig* celtico \> \**rik* germanico, l'occlusiva sonora è diventata occlusiva sorda); questi fenomeni sono caratteristici delle lingue germaniche. Tra gli antroponimi ritroviamo in Tacito anche i nomi 'Sigismondo' *Sigismundus* (anche i nomi che terminano in -*mondo* sono di origine germanica). In questo caso, data la desinenza in -*us*, terminazione latina, per alcuni antroponimi e toponimi, si potrebbe pensare che siano di origine latina, mentre invece sono di origine germanica. Tra i vari nomi germanici, consideriamo anche l'epiteto del re di Norvegia Harald Blåtand/Blàtonn Gormsson, ove *Blàtonn* significa letteralmente 'dente blu' (non si sa il motivo, si ipotizza avesse un dente marcio divenuto perciò azzurro, ma non c\'è certezza), il che ci induce a pensare al *bluetooth*: sembra che il termine *bluetooth* derivi proprio da *Blàtonn,* appellativo di questo Harald, perché la tecnologia *bluetooth* consente lo scambio tra strumenti elettronici, come Harald aveva favorito la comunicazione tra tribù germaniche in contrasto; di tutto ciò non c\'è certezza, potrebbe essere una leggenda. **ONOMASTICA \> Etnonimi:** Per quanto riguarda invece gli etnonimi, portiamo l'esempio dei 'Longobardi' *Langobardi*: la radice *lang*- è una varietà latineggiante che deriva proprio dall'aggettivo *longus 'lungo'*, ma il termine è di origine germanica. La radice *long*- ha subìto un processo di metafonia vocalica, secondo cui la vocale o breve è diventata a breve. La seconda parte è -*bard* e, come *longus*, ha un'origine indoeuropea; ted. *Bart*, ing. *beard* che vuol dire *'*barba': ciò riconduce alla storia etnografica secondo cui, nell'ottica dei latini, i longobardi si chiamavano così per le loro 'lunghe barbe'. Secondo la storia, infatti, una volta, essendo pochi in battaglia e circondati dai nemici, decisero di far legare i capelli delle proprie donne sotto il mento per far sì che sembrassero delle lunghe barbe, tutto ciò per far aumentare il numero di guerrieri e spaventare i nemici. Nell'ambito etimologico è più probabile che -*bard* abbia a che fare con la 'lancia', quindi popolo 'dalle lunghe lance', in riferimento alle loro armi. Un altro termine di origine germanica è *Alemande* (francese); *Alemaña* (termine spagnolo con il significato di Germania). Questi toponimi fanno capo al termine di origine germanica che è *Ala-manni* (ingl. *all,* radice germanica \**al-* 'tutti'; *men* 'uomini' \> 'tutti gli uomini'; diverse tribù, anche italiche, hanno nel proprio nome, come nel caso degli Alemanni, qualcosa che abbia a che fare con l'idea di 'tutti'). Questo etnonimo in italiano è stato reso in maniera diversa, ovvero con il termine 'Tedeschi'. 'tedesco' è un termine endogene, cioè interno al germanico, ma è una variante di un termine latino, *Theudisk* o *Theodisk,* antenato di 'tedesco', che è presente anche in germanico e ci darà il termine *Deutsche* *(theud-/theod- =* 'popolo' *\> deutsch; -isk =* 'appartenente, popolare'*:* il termine *theudisk* quindi può assumere il significato di 'popolare', 'volgare', quindi in riferimento alla lingua volgare, popolare, in opposizione al latino). **ONOMASTICA \> Toponimi**: Per quanto riguarda i toponimi presenti in Tacito, abbiamo anche il nome *Asciburgium (sc* si legge *sk)*: *Aski*, che potrebbe essere legato a 'cenere' (inglese moderno *ash*), ma potrebbe anche aver a che fare con 'arma'; *borg* 'borgo', cioè un insediamento fortificato, una città fortificata. In inglese la sua variante è *borough*, ma anche *bury* (come in Canterbury), che viene dall\'inglese antico *byrig,* che è la variante con metafonia di *burg*, che indica una città fortificata. Un altro toponimo, che troviamo in Cesare, è *Silva Bacenis*: *Silva* è la 'selva' (in realtà è il bosco ma fa soprattutto riferimento alla montagna); *Bacenis* è un luogo che non è stato possibile identificare, però è ipotizzabile è che sia un composto con una radice *Bac-* e la desinenza aggettivale di seconda classe del latino -*enis*, che fa riferimento al fatto che si tratti di una caratteristica e di una proprietà (come i nostri toponimi, aggettivi di nazionalità, es. 'italiano'). La radice si ipotizza che derivi dalla radice indoeuropea *\*bhag,* in cui avremmo due fenomeni che appartengono alla prima mutazione consonantica: 1\) il passaggio da occlusiva sonora aspirata dell'indoeuropeo *bh* che alla occlusiva sonora semplice nel germanico *b* 2\) l\'occlusiva sonora *g* che, come abbiamo visto anche prima, diventa occlusiva sorda *k*. Questo passaggio è tranquillamente attestato a più riprese e quindi siamo abbastanza sicuri che possa essere questo. Da*\*bhag* viene il latino *fagus*, cioè 'faggio'; ma anche nelle varie lingue germaniche ci ha dato il termine per 'faggio': in inglese moderno è *beech,* in tedesco è *Buche*. Di conseguenza, *Bacenis* è un composto misto, con una prima parte di tipo germanico ed una seconda parte latineggiante, che significherebbe nell\'insieme 'montagna di faggio', questa è considerata come ipotesi etimologica più diffusa. Come facciamo a dire che tutte queste non sono voci latine ma sono voci germaniche? Sicuramente, infatti, la veste germanica di questi sostantivi non è visibile a occhio nudo, perché sembrano voci latine, ma queste fonti linguistiche spesso mostrano dei caratteri linguistici germanici (maggiormente dal punto di vista fonologico, mentre dal punto di vista morfologico spesso sono latinizzati); questi nomi non ci arrivano nella forma originale, ma nella forma in cui l\'autore latino o greco li ha recepiti (ecco il perché dell\'asterisco, si cerca di ricostruire la forma originale), quindi è una fonte non germanica, in quanto i termini sono adattati alla lingua dell\'informatore. ***Prestiti dal germanico in finnico*** *(ca. I a.C./d.C.)* Abbiamo detto che tra le varie fonti linguistiche ci sono i prestiti, che sono molto importanti per noi per identificare soprattutto fenomeni pre-documentari, cioè quando non c\'era la scrittura e quindi non sappiamo bene come identificarli, relativi proprio alle mutazioni consonantiche in particolare, la quale ha diversi passaggi al suo interno ed ha quindi impiegato probabilmente diversi secoli per realizzarsi. A questo scopo ci servono i prestiti dal latino in germanico e viceversa, dal celtico al germanico (che, insieme a quelli dal latino, serviranno a datare la prima mutazione consonantica), ma, soprattutto, dal germanico in finnico, ovvero in antico finlandese. Sappiamo anzitutto che **il finlandese NON È una lingua germanica,** bensì è una lingua ugrofinnica, ha dunque ha più a che fare con l\'ungherese che con le lingue germaniche. Gli scambi linguistici tra i Germani ed i Finnici sono testimoniati soprattutto **tra il I a. C. ed il I d. C.** (come vediamo, è sempre lo stesso periodo in cui ipotizziamo la creazione di una sorta di aggregazione). In questo periodo sono entrati in finnico parecchi prestiti e sono interessanti perché possono testimoniare che fenomeni come la prima mutazione consonantica ed altri sono o meno avvenuti, ci danno una sorta di fotografia di quello che era all\'epoca. Bisogna però tenere presente che si tratta sempre di prestiti, che sono entrati a far parte di un\'altra lingua, e dobbiamo quindi immaginare che ci possano essere anche nel finnico diversi adattamenti di questi termini (qui siamo però meno sicuri perché non conosciamo bene le modalità del finnico antico e non sappiamo bene come possa essere, però alcuni casi sono abbastanza chiari). Un esempio è il finnico *kuningas* significa 're' e viene dal germanico \**kuningaz (*la z finale in germanico non è \[z\] ma \[s\]); notiamo ancora la presenza dell\'asterisco, perché non è testimoniato ma è ricostruito, e, dopo averlo ricostruito, si sono accorti che in finnico c\'era *kuningas*. \**Kuningaz* viene a sua volta dalla radice indoeuropea, che presenta la \[g\] invece della \[k\] (prima mutazione consonantica). Un altro caso di elementi entrati nel finnico lo ritroviamo nel finnico *rengas* 'anello', che deriverebbe dal germanico *\*hrengaz*, con la fricativa sorda velare \[x\] iniziale: anche questo verrebbe dalla radice indoeuropea \**(s)kreng-/(s)ker-,* ed anche questo, come il precedente *kuningas*, dimostrerebbe che [già nel I a.C. era avvenuta la prima mutazione consonantica] (\[k\] è diventata \[x\]). Altro prestito è *vantus* 'guanto', dal germanico *\*wantuz*, ma anche in italiano stesso guanto; come possiamo osservare, in germanico la semivocale bilabiale \[w\] è sempre rappresentata in italiano dalla \[gw\] (come in 'guardare', 'guerra') **Conclusioni:** [dal I a. C. al I d. C., anche dal punto di vista linguistico,] sembra delinearsi una progressiva diffusione di tipi lessicali e tratti fonetici caratteristici delle lingue germaniche, che nell'onomastica dei secoli successivi diventeranno sempre più frequenti. Quindi, questa rapida esamina delle fonti linguistiche indirette ci ha dato la possibilità di vedere esattamente ciò che abbiamo visto in ambito storico ed archeologico, cioè che poco prima e poco dopo Cristo sembra esserci una maggiore diffusione di elementi riconducibili al germanico e che fanno sì che il germanico sia in una [fase di aggregazione tendente all\'unità]. - Tra le fonti linguistiche dirette abbiamo le rune. Cosa sono le rune? Le rune sono una serie grafica, esattamente come l'alfabeto, solo che non possiamo definirle 'alfabeto', perché l\'alfabeto è basato sulla sequenza *alfa*, *beta* ecc., mentre le rune hanno una serie grafica tutta loro, che è stata molto difficile da interpretare e tutt\'ora è argomento di discussione, e che sicuramente rappresenta la modalità grafica utilizzata dai Germani nei primi secoli in cui si cominciava a scrivere, dunque è la primissima modalità di scrittura di cui si servono i germanici, e, quindi, il primo esempio di testimonianza linguistica germanica diretta. Le rune possono aver avuto, nei primissimi tempi, un utilizzo prevalentemente magico-rituale o rituale-religioso, legato all'ambito della divinazione. L'utilizzo delle rune è fondamentalmente quasi unicamente epigrafico, cioè, erano incise, non scritte, su supporti rigidi come metallo, pietra, legno, osso ecc. In generale, una maggioranza di rune ci sono testimoniate, poi sicuramente una parte saranno andate perse, però, grazie alle caratteristiche del supporto molto spesso, molte sono state conservate. Questa serie di caratteri è chiamata ***Fuþark*** (si legge *futhark,* con la r quasi muta) dove la þ prende il nome di *thorn* (stesso termine utilizzato per \'spina\' in inglese, infatti ha la forma di un'asta con una punta a destra): il *thorn* è un elemento caratteristico delle lingue germaniche, che si trova in tutti i manoscritti germanici, e che rappresenta nella lingua germanica la fricativa interdentale sorda \[[θ](https://it.wikipedia.org/wiki/Aiuto:IPA)\] (es. suono iniziale dell'inglese moderno *three*); questo suono è talmente specifico delle lingue germaniche che era difficile da rendere in altre lingue, soprattutto in una lingua latina, quindi è stato largamente interpretato, adattato ecc. Il *thorn* è una runa (da non confondere con la p) e quando lo troviamo siamo di fronte quasi sicuramente ad una parola di tipo germanico. Perché si chiama *futhark*? Perché è la sequenza delle prime sei lettere: ![](media/image50.png) Si parla di un *futhark* antico e di uno recente, poi ci sono altri tipi di *futhark*. ll *futhark* antico è composto da 24 segni: Immagine che contiene testo, Carattere, numero, tipografia Descrizione generata automaticamente Si tratta, come abbiamo detto, di un alfabeto epigrafico, destinato quindi prettamente all\'incisione, per questo non ha naturalmente le stesse caratteristiche delle scritture manuali, perché naturalmente deve essere incisa con forza ed anche in maniera abbastanza visibile su diversi elementi. La \[f\] e la \[u\] somigliano vagamente a quelle della nostra scrittura manuale, anche se la \[f\] ha le linee trasversali e la \[u\] è capovolta; la þ è unica, quindi non somiglia a nulla; quella che somiglia invece maggiormente ad una f con le due aste trasversali verso il basso è invece una \[a\], la \[r\] è molto simile alla nostra e la \[k\] è piuttosto simile ad una c, ed è il modello utilizzato anche dai romani per l\'incisione sul materiale, anche la \[h\], la \[i\], la \[b\], la \[t\], la \[s\], la \[r\], somigliano alle nostre dell'alfabeto latino, altre invece, come la \[e\] o la \[n\], non presentano una somiglianza, la \[w\] assomiglia invece a una p, mentre altre ricordano l'alfabeto greco, come la \[l\], che è simile a una *lambda* λ, la \[g\], che somiglia a un *chi* χ, o la \[z\], che somiglia a una *psi* ψ, la \[o\] con la *omega* ω. Perché le rune ci interessano? Perché, come abbiamo detto, sono la prima modalità di scrittura delle lingue germaniche, prima ancora che intervenissero i latini con il processo di conversione e l\'introduzione della grafia (quindi i libri). ***Caratteristiche della scrittura runica*** La parola 'runa' (isl.a. *rún*, che già nelle iscrizioni indica i singoli segni grafici) in italiano viene dal termine germanico *rūna* e fa riferimento ad una radice che è presente in tutte le lingue germaniche antiche con il significato di '**mistero**, segreto, sussurro'. got., ant.sass., ant.altoted. *rūna*; ingl.ant. *rūn*; got. *ga-rūni*, ant.sass., ant.altoted. *gi-rūni* 'discussione segreta'; cfr. ted.mod. *Geraune* 'mormorio', *raunen* 'sussurrare'; componente nei nomi *Sigrun*, *Gudrun*, *Albrūna* (in Tac.) In tutte le lingue germaniche c\'è quindi il termine *runa* che può significare sia runa come carattere grafico, ma in altri casi, ad esempio la forma antica tedesca *gi-rūni,* vuol dire 'discussione segreta\', cioè tutti i termini fanno riferimento a questa sensazione di mistero e di segreto, qualcosa che deve essere sussurrato e mormorato. In tedesco moderno c\'è il termine *Geraune*, che vuol dire proprio 'sussurro', e *raunen*, che significa 'sussurrare'. Questo mistero da dove viene? Dal fatto che si tratta di una scrittura che normalmente non tutte le persone conoscono, una persona che non ha la capacità di leggere, scrivere e soprattutto di interpretare può essere molto spaventata da questi caratteri, perché non sa che funzione possano avere; all\'interno di una civiltà la scrittura è sempre legata ad una piccola **élite** che comincia ad utilizzarla e questa élite è dotata di una sorta di potere, che è quello della parola, che in questo caso è scritta, perché con la parola si può, in quest\'ottica, attuare la propria volontà. Naturalmente, questo vale per civiltà che non avevano ancora conosciuto la parola. Perché si parla di élite? Perché il tipo di tecnica (soprattutto essendo una tecnica epigrafica che prevede l\'incisione su supporti duri, ad esempio la pietra) prevede delle competenze in ogni piano: è necessario conoscere come incidere sul materiale, come creare ad esempio sulla superficie le lettere stesse, tant\'è vero che troviamo molte varanti di questi simboli grafici estremamente complessi. La scrittura runica antica e moderna è di tipo generalmente **bustrofedico** (*bus, buos \>* 'buoi'*, strefo \>* \'volgono\' = come volgono i buoi quando girano l\'aratro): se pensiamo a come si ara, si parte ad esempio dal lato destro e si va a sinistra, poi da sinistra si ritorna a destra e viceversa, creando una sorta di serpentina e di zig-zag, che può essere anche in verticale; così, anche per le rune, la direzione di lettura/scrittura può variare da sinistra verso destra e da destra verso sinistra, oppure dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto. Per questo motivo questa grafia è piuttosto complessa ed è anche difficile da interpretare. Ogni runa ha un nome basato secondo un **principio acrofonico** (*acro* = l'\'inizio'), cioè il nome inizia con il suono che la runa stessa vuole indicare (solo il nome di due rune non rispetta il principio acrofonico: *ingwaz* e *algiz*, che indicano suoni non presenti in posizione iniziale di parola). Anche nelle altre lingue le lettere hanno un nome: ad esempio, in italiano il nome della h è 'acca', oppure la m la chiamiamo 'emme', o ancora la p la chiamiamo 'pi', ma questi sono legati alla sequenza fonica; invece, per le lingue germaniche ed il germanico, il suono è dato dall\'inizio della parola e questa parola diventa l\'espressione di una runa. Per questo motivo, se scrivo una runa che abbia un significato che possa essere interpretato in senso positivo, posso augurare del bene; se invece scrivo una runa che può essere interpretata in modo negativo, induco del male e, naturalmente, si può intendere che questo male possa avvenire effettivamente. Ecco perché l\'utilizzo delle rune, che aveva questa caratteristica di avere un nome associato, e quindi un concetto ed un simbolo, ha la possibilità di essere utilizzato in senso **magico-religioso o magico-rituale**. C'è un rituale che ci racconta Tacito, nel capitolo 10 della sua opera *Germania*: quando c\'era da fare una predizione relativa ad un evento, fausto o infausto che fosse (ad esempio una battaglia o il raccolto), per saperne gli esiti, se la cosa riguardava la famiglia, allora era il *pater familias* ad ufficiare, se invece la cosa riguardava tutta la comunità, allora era il sacerdote; si può ipotizzare che il *pater familias* o il sacerdote si raccoglieva in preghiera alzando gli occhi al cielo e dopodiché, disteso un telo di lino candido per terra, su esso venivano gettate delle tavolette di legno con sopra quelle che Tacito chiama 'note', (quindi sopra poteva esserci sostanzialmente qualsiasi cosa, che fosse scritto, dipinto o inciso non si sa), e poi loro estraevano a sorte tre tavolette, che avrebbero quindi dato l\'auspicio. Perché dovevano essere delle rune quelle 'note'? Perché si presuppone che le prime rune siano state incise proprio sul **legno**; questo perché la civiltà germanica dell\'epoca è ancora una civiltà nomade, basata sull'allevamento, sulla caccia, sul raccolto dei frutti del bosco, che è sicuramente uno degli elementi importanti dei Germani, il legno è presente un po\' ovunque, i cacciatori avevano sempre con sé un coltello e quindi potevano raschiare la superficie ed incidere le rune. Se diamo un\'occhiata alle caratteristiche delle rune, vediamo che non ci sono forme tondeggianti, non presentano curve; questo perché sono difficili da effettuare su un pezzo di legno, perché c\'è la grana, ed è per lo stesso motivo che non ci sono tratti orizzontali, perché si incideva sempre in senso perpendicolare alla trama al fine di evitare che il tratto orizzontale possa confondersi con il resto della fibra del legno, quindi s\'intuisce proprio dalle caratteristiche di questa scrittura che doveva essere adeguata per un primo utilizzo sul legno. Inoltre, abbiamo visto che la radice *\*bhag/bach* veniva associata al faggio, ma da questa stessa radice viene l\'inglese *book*, mentre in tedesco abbiamo *Buche* ma anche *Buch*. Quindi, dalla stessa radice ma con delle varianti per il termine 'libro', e del resto 'libro' è *liber*, e viene da uno stesso termine che ha a che fare con le fibre del legno dell\'albero, la parte interna, e la stessa 'pagina' è un termine che deriva da 'foglia'; quindi, molti termini che hanno a che fare con le piante e con il legno sono riportate nella terminologia del libro e della scrittura. Perché, quindi, non abbiamo quasi nessuna testimonianza delle primissime incisioni? Perché il legno è un materiale organico, facilmente deperibile, quindi non abbiamo testimonianze sul legno di questi secoli così arcaici. Invece, ogni tanto esce qualcosa risalente ad un tempo leggermente susseguente, ad esempio in Inghilterra sono state trovate una serie di tavolette di legno di soldati romani che vi erano stanziati, tra cui c\'erano probabilmente anche dei Germani, che avevano inciso direttamente in tavolette nel legno delle vere e proprie lettere verso le loro famiglie ecc.; in Scandinavia troviamo delle annotazioni commerciali quali liste di magazzini, archivi e cose del genere; poi ci sono tutte le rune che troviamo sulle cosiddette \"pietre runiche\". Vediamo quindi un utilizzo delle rune multiforme: probabilmente, almeno all\'inizio venivano utilizzate per i rituali, ma successivamente devono essere state utilizzate come un qualsiasi altro alfabeto per tutti gli usi. Molto spesso le rune sono stata interpretate con valore magico senza validi motivi: ci sono quelli che credono che le rune avessero questo significato magico sempre (o quasi sempre) e quelli che credono che non lo avessero praticamente mai, ma l'ipotesi più accreditata, che sta un po\' nel mezzo tra queste, è che [inizialmente avessero un uso magico e in seguito siano state impiegate per usi diversi.] Abbiamo numerosi casi in cui alla fine di un'incisione c'è scritto 'f, f, f'. Cosa indica questa f? ![](media/image65.png) : La runa **\[f\]** ha il nome del termine germanico *\***f**ehu*, quindi 'ricchezza' o 'bestiame', quindi, se scrivo \[f\] ripetutamente, sto augurando ricchezza, fortuna e benessere. *\***f**ehu* cosa ci fa pensare? In tedesco c\'è *Vieh* ('bestiame') ed in inglese abbiamo *fee*, 'tassa', 'pagamento', questo termine quindi dal tedesco all\'inglese ha la stessa pronuncia ma differente significato: nelle varie lingue germaniche alcuni termini vanno verso 'ricchezza', altri verso 'bestiame', perché, nell'antichità, i capi di bestiame erano la ricchezza della famiglia, della popolazione ecc. ᚢ **: \[u:\]**, questa runa si chiama \****ū**ruz*, ovvero 'uro' (ted. *Auerochse*), cioè ruminante selvatico, progenitore del bue, che dovrebbe essere simbolo della forza maschile, della forza virile e quindi anche della fecondità, della fertilità ecc.; chiaramente, ha un significato positivo anche questo. (oppure *uram* 'acqua/scoria'; ingl. *water*, *slag*) **:** Il **\[θ\]** (th) noi lo chiamiamo *thorn* come simbolo grafico ma, in realtà, nel *futhark* antico, il nome di questa runa è *\***þ**urisaz*, 'gigante, orco', che fa riferimento alla lotta dei giganti conto gli dei; i giganti sono molto temuti e ritenuti molto pericolosi nella mitologia germanica, e, di conseguenza, questo è considerato una cosa molto brutta e pericolosa da augurare. Per esempio, nel *Viaggio di Skirnir*, un poema nordico, una gigantessa viene circuita da una divinità germanica e quest'ultima, non riuscendoci, manda il suo messaggero, ma la gigantessa lo rifiuta; ad un certo punto il messaggero, che si era stancato, incide tre rune come maledizione, 'gigante', 'pazzia' e 'inimicizia/tormento'. Ci sono quindi delle rune che possono avere un significato negativo. ![](media/image68.png) **: \[k\],** *\***k**aunan*, 'ulcera, malattia' (ted. *Geschwür*, ingl. *illness*), che può augurare una malattia. **: \[a\],** *\***a**nsuz*, 'uno degli Asi'. ![](media/image67.png) **: \[g\],** *\***g**ebo*, 'dono' (ted. *Gabe*, ingl. *gift*). **:** **\[w\],** *\***w**unjo* 'gioia' (ted. *Wonne*, ingl. *joy*), che ha chiaramente un senso positivo. ![](media/image70.png) **: \[h\],** *\***h**aglaz*, 'grandine' (ted. *Hagel*, ingl. *hail*), ed è molto negativo perché la grandine distruggeva i raccolti e naturalmente questo suscitava una carestia. **: \[n\],***\***n**audiz*, 'bisogno' (ted. *Not*, ingl. *need*) ed indica un problema molto grave. ᛁ **: \[i\]** \****i**san*, 'ghiaccio' (ted. *Eis*, ingl. *ice*). ***[Lezione 4 -- 12.10.23]*** ***L'origine della scrittura runica*** Abbiamo notato una somiglianza tra alcune rune e le corrispondenti lettere degli alfabeti greco (in parte) e, soprattutto, latino. Infatti, sulla base di ciò, è stato affrontato uno studio sull'**origine delle rune** e ci sono [3 ipotesi principali]: - *Una tesi latina* - *Una tesi greca* - *Una tesi pre-latina (pre-italica)* - Sulla tesi latina si sono esercitati una serie di studiosi importanti (Wimmer, Seebold, Rausing, Moltke e Williams) tra l'800 e la prima metà del 900. In base alla coincidenza di alcune rune con le corrispondenti lettere latine (*f, r, b, m*) e in base all\'area di influenza del latino e di Roma (che avrebbe potuto avere un influsso sul prestigio dell'alfabeto latino) [i caratteri runici sarebbero stati creati sulla base dell\'alfabeto latino] nell\'area geografica che comprende l\'odierna **Danimarca** e la parte meridionale della penisola dello Jutland, o le isole Fünen-Seeland. Per questo dato geografico, questa tesi alla fine non ha trovato riscontro. - Ha avuto rilievo soprattutto grazie a **Wulfila** (IV secolo), vescovo dei visigoti, il quale aveva creato un alfabeto nuovo per poter tradurre la Bibbia dal greco, e si suppone che egli stesso abbia addirittura creato le rune. Questa tesi non è attendibile dal punto di vista cronologico, in quanto abbiamo testimonianze delle rune molto più antiche, risalenti ai primi secoli, mentre Wulfila appartiene al IV secolo. Però potrebbe essere stato comunque il popolo gotico, o comunque qualcun altro tra i goti, a fare questo tipo di modellazione delle rune sull'alfabeto greco. Secondo i sostenitori di questa tesi (Bugge, von Friesen e Hempl), infatti, il futhark sarebbe stato creato sulla base dell'alfabeto greco nella regione del Ponto, nei pressi del Mar Nero, in particolare [sulla base di un alfabeto greco arcaico del VI secolo a.C]., ma questa ipotesi è stata contestata da Kabell, Antonsen e Morris, in quanto, come quella latina, essa non trova conferma nei ritrovamenti archeologici, sia dal punto di vista geografico che da quello cronologico, poiché le prime attestazioni di alfabeto provengono dalla Scandinavia e sono datate al 200 d.C., quindi non potrebbero essere collegate ai goti, in quanto in questo periodo essi si erano stanziati nella zona orientale dell'Europa, non più in Scandinavia; di conseguenza, anche la tesi greca è da rigettare. - **Tesi prevalente** - secondo cui la scrittura runica si sarebbe sviluppata [sulla base di un alfabeto etrusco settentrionale] dell\'area delle Alpi italiane e delle pianure venete nell\'ambito degli alfabeti prelatini. A questa ipotesi hanno aderito Marstrander, Scardigli, Krause, Rix, Markey e Hammarström, studiosi che, avendo una maggior competenza negli alfabeti etruscoidi, che sono vicini a quelli celti in qualche modo, si sono apprestati a fare dei confronti e hanno notato che c'erano delle somiglianze. Queste somiglianze non riguardano solo il tracciamento del carattere, ma piuttosto la corrispondenza tra il carattere e il suono delle lettere, ma anche le tecniche di incisione, le tecniche epigrafiche, perché queste persone che hanno creato le rune, hanno dovuto imparare ovviamente a tracciarle, inciderle, e qualcuno deve averlo insegnato loro, per cui le tecniche sembrano simili. Dunque, secondo questa teoria, si tratterebbe di un tipo di scrittura influenzata non da uno, ma da più alfabeti prelatini dell'Italia settentrionale (in particolare, si fa riferimento all'alfabeto etrusco settentrionale e un alfabeto venetico). Quindi, l'ipotesi più accreditata è la terza, cioè quella che sottolinea la connessione delle rune con gli alfabeti prelatini dell\'Italia settentrionale. ***Come avrebbero fatto i germani ad apprendere e a creare questo alfabeto?*** Le popolazioni che vivevano in **Danimarca** avrebbero importato la scrittura prelatina attraverso una delle [vie commerciali] (soprattutto tramite le vie dell'ambra e del ferro, materiali che venivano commercializzati con grande successo) che all\'inizio dell\'era volgare collegavano via terra o via mare il Mediterraneo con il Nord giungendo fino alla Danimarca. Inoltre queste vie seguivano una certa rotta che dalla Scandinavia passava, per arrivare al Mediterraneo, per l'Italia: sarebbe quindi questo il modo in cui coloro che hanno inventato le rune hanno preso conoscenza degli alfabeti prelatini. Alcuni reperti archeologici rinvenuti in Danimarca confermano che lì, all\'inizio dell\'era volgare, l'ambiente culturale e sociale era molto dinamico e stimolante (molto più vivace rispetto al resto del mondo settentrionale), dunque, l'ideale per lo sviluppo di un nuovo tipo di alfabeto (runico). In Danimarca, dunque, la scrittura sarebbe stata rielaborata ed adattata all\'uso germanico dove avrebbe avuto: - originariamente un **impiego magico e oracolare**, al fine di creare oracoli e divinazioni fini oracolari come ci dice Tacito (nel capitolo 10) - in seguito (forse per influsso romano) sarebbe stata usata per usi più comuni, come il "**marchio di proprietà**" ovvero indicare o il nome del proprietario su armi e oggetti, o quello dell\'artigiano e dell'incisore, o il destinatario dell'oggetto (spesso una divinità o una donna), che a volte era accompagnato da una dedica. Dunque, inizialmente, essendo legata alla proprietà di oggetti, troviamo solo singoli nomi e poco altro, non abbiamo vere e proprie frasi. Nel V secolo d.C. troveremo il primo importante documento con una vera e propria frase. **ELMO B DI NEGAU** Risalente al **V secolo**, è un importante documento ritrovato verso la metà del 1800 in una cittadina all'epoca chiamata Negau (oggi Negova, Slovenia), che insiste in un territorio che è il norico, la Stiria, una zona confinante con l'Austria, e quindi vicina al territorio dei germani. Si tratta di un elmo, che stava insieme ad altri circa 200 elmi, ritrovati in un deposito sotterraneo, tutti della stessa fattura, allungati sopra, con una specie di piccola tesa circolare attorno. Tra questi elmi, questo è l'unico che sembra avere un'iscrizione, che **non è una iscrizione runica vera e propria**, ma ha comunque dei collegamenti con le rune.![](media/image1.png) Questo elmo ha una tesa attorno con un'iscrizione. L'iscrizione va da destra verso sinistra ed è composta da caratteri assomiglianti a numeri o comunque altri caratteri grafici non identificati. La **scrittura** è stata identificata dagli studiosi come di **base venetica**, quindi non sono rune; tuttavia, la lingua con cui è stata scritta sembra avere tutte le caratteristiche di una **lingua germanica** \> la scrittura è venetica per quel che riguarda i caratteri (alfabeto venetico), quindi non sono ancora rune, ma mostra tratti germanici dal punto di vista linguistico. ***Incisione: harikhasti teiva** **(hil/p?)*** Immagine che contiene panorama Descrizione generata automaticamente con attendibilità bassa Il testo è costituito da una sequenza continua di lettere, cui seguono, distaccati, due gruppi di segni; altri gruppi di segni si trovano incisi all'interno. Vediamo che ci sono degli elementi affini alle rune. Abbiamo una *h* che si definisce 'a scala', perché ha più tratti in mezzo, poi la *a*, la *d*, la *i* ecc., questi carattteri sono abbastanza riconoscibili. ![](media/image48.png) La lettura delle prime due parole sembra chiara, *harikhasti teiva*, tutti la interpretano in questo modo (*kh* è probabilmente un simbolo grafico che dovrebbe rappresentare la \[g\], quindi si leggerebbe *harigasti*). Gli ultimi tratti, invece, non si capiscono bene, non è chiaro cosa vogliano dire: secondo alcuni possono essere *hil*, secondo altri *hip*, ma comunque non è chiarissimo cosa possano significato. Sappiamo che le prime due parole sono quelle più importanti, se la lettura è corretta (bisogna considerare che l'incisione è arcaica e che l'elmo è molto rovinato). Se *harikhasti* è corretto, corrisponderebbe al germanico \**harja-gastiz* o \**hari-gastiz:* *[hari-]*: gm. \**harjaz-* (\< ie. \**korjo*- \"esercito, (banda di) guerrieri\") *[khasti]*: forse gm \**gastiz* (\< ie. \**ghostis* \"ospite, straniero"), da cui il tedesco *Gast*, l'inglese moderno *guest*, che è passato però prima attraverso il francese e poi tornato all'inglese, in inglese antico c'era la forma *gest* (si legge *jest*) Quindi, il composto *harikhasti* potrebbe significare sia **"ospite dell'esercito"** (potrebbe essere un [nome proprio] e significherebbe "guerriero", qualcuno che ha a che fare con l'esercito); oppure può significare anche **"straniero nell'esercito",** perché il termine *gast* ha a che fare, soprattutto originariamente in indoeuropeo, con il significato di "straniero", infatti lo 'straniero' può essere inteso sia come "ospite da accogliere" sia come "nemico" (la stessa radice in latino è poi diventata *hostis* = "nemico"), quindi questo termine, 'straniero nell'esercito', farebbe pensare a un [mercenario] (uno di quelli, ad esempio, germani, che venivano chiamati negli eserciti latini o di altre popolazioni per aiutare). *[teiva]*: gm \**teiva* \"divinità, dio\", \**Tiwaz* "divinità" oppure "dio Tiw/Týr"; ant.nord. *tivar* 'gli dei'; (\< ie. \**deywos*, da cui lat. *deus/divus*). Ci sono una serie di **elementi che indicano che si tratta di germanico**, in particolare riferiti alla prima mutazione consonantica. **ie. \*korjo \> gm. \*harja:** - passaggio da *k* (occlusiva velare sorda) a *h* \[x\] (fricativa velare sorda) - passaggio da *o* breve ad *a* breve **ie. *\*ghostis* \> gm. *gastiz*:** - passaggio da *gh* (occlusiva velare sonora aspirata) a *g* (occlusiva sonora semplice) - passaggio da *o* breve ad *a* breve **ie. \**deywos* \> gm \**teiva***: - passaggio da *d* (occlusiva dentale sonora) a *t* (occlusiva dentale sorda) - passaggio da *o* breve ad *a* breve Il problema, a questo punto, è l'utilizzo di caratteri non germanici ma venetici: **perché un germano, scrivendo in lingua germanica, dovrebbe aver utilizzato dei caratteri venetici?** Vediamo innanzitutto la presumibile **datazione**, per cui dobbiamo analizzare due aspetti: l'incisione e il manufatto. - - Allora, se effettivamente questa iscrizione è del II secolo a.C., possiamo dire che il motivo è che in quel periodo probabilmente **le rune** non erano ancora disponibili, **non erano state inventate**, infatti, le primissime iscrizioni runiche risalgono al II secolo d.C. Inoltre, questa iscrizione potrebbe essere, in realtà, una presumibile **testimonianza di una fase intermedia verso il *futhark* antico**, verso la creazione delle rune, perché magari su questa base, su una base simile a quella derivante dall'alfabeto etruscoide settentrionale, si sarebbe potuto modellare la serie runica, e questa iscrizione potrebbe appunto confermare ciò. Esiste infatti un'altra interpretazione dell'iscrizione, che potrebbe infatti essere **un'iscrizione votiva** "**al Dio Harigast**" (dedica a questa divinità Harigast) oppure, secondo un'ipotesi più recente, "**al dio dei guerrieri/dei mercenari**" (dedica a Tyr o ad un\'altra divinità dei guerrieri, non specificatamente Harigast). Secondo altri, quest'iscrizione potrebbe essere solo un'**indicazione di possesso,** ma non avrebbe senso in quanto morfologicamente sbagliata: "[*harikhasti*" dovrebbe essere infatti al nominativo], mentre qui non lo è. Nonostante l'incertezza sul significato, questa incisione è una conferma, anche se parziale, del fatto che i Germani stavano cercando una modalità per poter comunicare per iscritto, documentando quindi un momento di passaggio per la creazione di una nuova scrittura. **Da chi è stata scritta quest'iscrizione?** Si suppone che sia stato scritto, su commissione di un germano, da uno **scriba**, che si ipotizza essere di base di cultura e lingua venetica (uno scriba germanico in fase pre-runica sembra improponibile) e verisimilmente plurilingue, in quanto aveva conoscenza sia del germanico che del venetico (area venetica-germanica-celtica). ***Le iscrizioni runiche*** Per quanto riguarda le iscrizioni runiche in senso stretto, quelle più antiche risalgono al **II secolo d.C**. (anche se si può ipotizzare che qualcuna risalga alla fine del I secolo d.c.) **FIBULA DI MELDORF** Un'iscrizione molto discussa è quella ritrovata sulla fibula di Meldorf (trovata a Meldorf, Schleswig-Holstein nel 1979, datata alla metà del I secolo), una specie di spilla da balia (le fibule servivano per chiudere gli abiti, questa è chiusa al lato, come una spilla), probabilmente proveniente dalla tomba di una donna. Su quest'oggetto, c'è un'incisione scritta in puntiforme (ha tanti puntini) che sembra essere in rune, o, meglio, è stata interpretata dalla maggioranza come runica, anche se altri che ipotizzano sia latina. L'incisione potrebbe essere letta in due modi: - *hiwi* = "per la sposa/padrona di casa" - *iṛiḷi* = "al maestro/esperto delle rune" (termine tecnico) \> se così fosse, sarebbe la primissima iscrizione runica e quindi risalirebbe al I d.C. Da alcuni è interpretata come latina, *Idin*, che farebbe riferimento a un nome di donna ("a Ida"). Tra le primissime iscrizioni runiche troviamo anche un pettine fatto di osso, probabilmente del I-II secolo d.C., su cui sembra esserci il nome del possessore. Alcune delle iscrizioni runiche più antiche, risalenti al **III-IV secolo**, su oggetti, in particolare armi, rinvenuti nell'Europa orientale, nella zona dei goti (partiti dalla Scandinavia e poi sono spostati verso est, arrivarono in Crimea, ma anche in Russia, dove hanno lasciato degli oggetti) possono essere attribuite ai Germani del ramo orientale in base ad alcune particolarità linguistiche; infatti, si possono considerare come scritte in gotico o in qualche dialetto affine. **PUNTA DI LANCIA DI KOWEL** In un villaggio dell'Ucraina, Kowel, in una zona dove sappiamo che si erano stanziati, all'inizio delle migrazioni, i **Goti**, fu ritrovata la punta di lancia di Kowel (III secolo d.C.). L'iscrizione (sinistrorsa, cioè da destra a sinistra) riporta, secondo l'interpretazione più accettata, *tilarids* = "che si slancia verso il bersaglio, che attacca, assalitore".![](media/image54.png) È formato da *tila* (si pensi all'inglese *till* "verso, fino a" o al tedesco *Ziel* "bersaglio") + *rid* (radice di *ride*, cioè "cavalcare, slanciarsi, correre") + *s* (nominativo maschile). Alcuni simboli grafici, come quello per *d*, che è una sorta di rettangolo, sono ancora fonte di discussione. Altri simboli sono solo iscrizioni ornamentali. Ovviamente, questa iscrizione è appositamente fatta su una punta di lancia per augurare al possessore che arrivi al bersaglio, che colpisca il bersaglio, è un incitamento, ha uno scopo ben augurante. **COLLARE DI PIETROASA** Questo collare, risalente al 225 a.C.- 400 d.C. circa, è stato ritrovato in un tumulo a Pietroasa, distretto di Buzău, in Romania meridionale. È composto da un'incisione di 15 rune (è un composto, un insieme di parole scritte tutte insieme). L'iscrizione recita *gutaniowi hailag* ovvero "proprietà sacra (e) santa dei Goti", quindi indica un possesso e ha a che fare con i Goti \> *gutani* può essere il genitivo plurale del nome dei Goti (cfr. latino *Gutones*)*; wi hailag* "sacra e santa" potrebbe essere un calco strutturale del latino *sacrosanctum*; questa *o* in mezzo potrebbe indicare la "proprietà".![](media/image45.png) **CORNO B DI GALLEHUS** (Sud-Jutland, Danimarca, 440 d.C. circa) Abbiamo visto l'elmo B di Negau, e questo è il corno B di Gallehus. Perché li chiamiamo B? Perché ne sono stati trovati, sia di elmi che di corni, due insieme, denominati perciò A e B. Si trattava di corni della birra (*alu*), che venivano usati durante le bevute rituali per sancire pace, momenti di accordi, anche di felicità, e questi boccali a forma di corno si passavano di mano in mano per bere.![](media/image38.png) Il corno B presenta un'incisione in caratteri runici: questa è **la prima frase completa** (prima avevamo solo ad esempio il nome del proprietario di un oggetto, il nome dell'incisore delle rune ecc.) **in una lingua germanica a caratteri runici.** Questa incisione recita: ᛖᚲ ᚺᛚᛖᚹᚨᚷᚨᛊᛏᛁᛉ ᚺᛟᛚᛏᛁᛃᚨᛉ ᚺᛟᚱᚾᚨ ᛏᚨᚹᛁᛞᛟ *ek Hlewagastiz Holtijaz \|\| horna tawidō* "Io Hlewagast (=ospite della gloria), della stirpe di Holt (questo) corno feci" *[ek]* = io (ego, Ich tedesco) *[Hlewagastiz]* = composto simile a quello sull'elmo di Negau (*harikhasti*), formato da *hlewa* (stessa radice di un termine greco che significa "gloria") + *gastiz* ("ospite") *[Holtijaz]* = appellativo, che indica l'appartenenza ad una stirpe, quella degli Holt *[horna]* = cfr. inglese moderno *horn* *[tawido]* = è un verbo debole e regolare (presenza della *d* come nell'inglese moderno per fare il passato \> "io feci") [L'incisione delle rune prevede *3* diverse competenze:] - Il ***Runenritzer***, colui che incide le rune (lo scalpellino). - Il ***Runenschreiber***, colui che traccia, disegnando, la forma delle rune su determinati oggetti, per poi passarli allo scalpellino che ha il compito di incidere. Dunque, questo personaggio potrebbe anche solo conoscere la forma delle rune, e non necessariamente come leggerle. - Il ***Runenmeister***, colui con la capacità più elevata: non solo conosce come sono fatte le rune e la loro corrispondenza grafico-fonetica, ma sa anche interpretarle. Formula il testo di una iscrizione runica. Queste competenze possono essere unite tutte insieme oppure separate (come accade con le incisioni in altre lingue): il *Runenritzer* potrebbe saper solo incidere; anche il *Runenschreiber* potrebbe solo conoscere la forma delle rune e magari inciderle, ma non interpretarle; il *Runenmeister* è probabile che possegga tutte e tre le competenze. Le iscrizioni runiche forniscono informazioni riguardo al lessico legato alla tecnica della scrittura, troviamo infatti in queste iscrizioni verbi come: gm. ***wrītan*** (tedesco antico *rizan*), "incidere": noi lo attribuiremmo allo scrivere (inglese moderno *write)*, ma originariamente fa riferimento all'antica tecnica di incisione ed è l'esatto corrispondente del tedesco moderno *ritzen*, che significa appunto "incidere"; gm. ***faihian*** "dipingere, colorare" fa riferimento al fatto che alcune rune vengono colorate, o che possono essere semplicemente dipinte sulle tavolette di legno. gm. ***wurkijanan*** "produrre, creare, approntare", che ha la stessa radice di gm. *werkan*, "lavoro, lavorare" (\ - **Tyr**: è la forma nordica (ai. *Tiw*; aat. *Ziu*) - **Thor:** *Thor* è il nome in ambito nordico (la maggioranza di queste denominazioni nell'ambito occidentale sono passate attraverso il nordico), ai. *Þūnor*, è nella radice dell'inglese moderno *thunder* "tuono": è la divinità dei fenomeni naturali come tempeste, tuoni... Ma perché Tacito lo ha associato a Ercole e non a Giove? Perché Thor è rappresentato come una divinità fortissima, in grado di distruggere i giganti, protettore degli dei, per cui questa sua forza immensa, sovraumana, ha dato origine questa associazione con Ercole. Nei giorni della settimana, però, evidentemente ha avuto la meglio l'associazione con Giove. Queste tre divinità sono considerate le più importanti, anche se esistono una serie di **divinità femminili**; Tacito ne cita una che potrebbe essere identificata con Iside, anche se non ne specifica bene il nome, anche perché lo vede ovviamente dal punto di vista dei latini. Sul pantheon germanico abbiamo delle informazioni oltre che da Tacito, anche da altre fonti principali, dell'ambito soprattutto nordico, ed è per questo che molte di queste forme vengono dal nordico nella lingua occidentale. Abbiamo [due testi in nordico]: - ***Edda poetica***: una raccolta di 29 canti la cui una gran parte narra degli dei e dei miti dei Germani. Siccome è una raccolta, i canti hanno tutti diversa provenienza, autore e cronologia, risalgono a un periodo che va dal IX all'XI secolo; invece, il manoscritto che contiene l'*Edda poetica* è unico ed è stato scritto nel 1270; quindi il manoscritto risale al XIII secolo, ma le opere sono più antiche. - ***Edda di Snorri*:** un'opera in prosa con degli inserimenti poetici, che è una sorta di manuale per poeti, il cui autore è Snorri Sturluson ("figlio di Sturla"), risale al XIII secolo circa. **Perché si chiamano entrambe "Edda"?** Esistono diverse ipotesi. Il primo a chiamarsi così è stato l'*Edda Poetica*; quella di Snorri potrebbe chiamarsi così per le diverse citazioni a forme poetiche a passi tratti dell'*Edda* più antica. In ogni caso, *edda* significa varie cose in nordico: "nonna, ava", per cui il titolo dell'opera significherebbe "I racconti della nonna"; oppure, potrebbe far riferimento al monastero di Oddi, dove Snorri fu cresciuto. **Perché ci interessa l'*Edda*?** L*'Edda poetica* perché contiene una decina di canti incentrati sulle figure di varie divinità, oltre alle tre principali. L*'Edda di Snorri* è un manuale in prosa per gli apprendisti poeti. La prima parte (***Gylfaginning*** = "L\'Inganno di Gylfi") ci descrive la visione del mondo delle popolazioni scandinave (nordiche), dalla sua creazione fino alla sua presumibile