Etica e deontologia delle professioni psicologiche PDF

Summary

Questo documento fornisce una panoramica dell'etica e della deontologia delle professioni psicologiche, con particolare attenzione alle norme e ai principi giuridici che regolano l'esercizio di queste professioni. Vengono presentati concetti chiave come il diritto pubblico e privato, le norme giuridiche e l'equità.

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LEZIONI: Codice deontologico: adottato nel 1999, cambiato ed evoluto nel 2012, vengono apportati emendamenti nel 2023. Costituzione: entrata in vigore il 1° Gennaio 1948. Ordinamento giuridico: applicazione di norme per dare ordine nella società, tende a cambiare con l’evolvere della società; è lo S...

LEZIONI: Codice deontologico: adottato nel 1999, cambiato ed evoluto nel 2012, vengono apportati emendamenti nel 2023. Costituzione: entrata in vigore il 1° Gennaio 1948. Ordinamento giuridico: applicazione di norme per dare ordine nella società, tende a cambiare con l’evolvere della società; è lo Stato che emette le norme, egli è una entità superiore a tutto/i ma tra loro gli Stati devono riconoscersi uguali secondo il diritto internazionale > nessuna delle due cose in realtà avviene (lo Stato riconosce alcune cose sopra di sé, es. l’Unione Europea (organizzazione internazionale come tante) tocca tutti i settori > grazie agli art. 10 e 11, si fa spazio alle norme del diritto internazionale, generalmente riconosciute ma non scritte, ma è difficile che vengano rispettate (ad es. gli eventi bellici, non vengono fermati perché magari ordinamenti interni prevedono di sorvolare su ciò che richiede il diritto internazionale). Diritto pubblico (tutto l’apparato statale: parlamento, governo, camere, corte costituzionale) Diritto privato (regolato da Codice civile e costituzione) Diritto oggettivo (comprende regole e norme) Diritto soggettivo (potere di agire per il soddisfacimento del proprio interesse individuale, protetto dall’Ordinamento giuridico e perciò considerato meritevole di tutela, es. il diritto di proprietà) Diritto positivo (positivo = posto da qualcuno, nel nostro caso dallo Stato, da esso abbiamo quindi la norma positiva) Diritto naturale (che discende dalla natura, universale e valido per tutti, non è posto da nessuno, ma non ha validità scientifica, es. il senso di giustizia, di onestà, di moralità). Norma: regola Norma giuridica: regola che appartiene al diritto oggettivo, dotata di autorità che la rende vincolante (da rispettare) e ciò la distingue da tutte le altre norme > es. la norma morale, eteronoma, la si ritrova in sé, l’autorità la troviamo in noi stessi, se una norma la consideriamo valida la rispettiamo, altrimenti no, la norma giuridica è invece imposta dall’esterno e se non la si osservasse si avrebbe conseguenze; ciò non toglie che norma penale e giuridica possano coincidere e sovrapporsi. Legge: può contenere una o più norme, norma ≠ legge: la legge è il testo scritto, la norma va ricavata da tale testo Struttura della norma giuridica: struttura di tipo ipotetico “se A, allora B”: periodo ipotetico dove A rappresenta la fattispecie astratta (species factis significa ipotesi che razionalizza il diritto, ad es. superare limite di velocità) e B è la conseguenza giuridica che può essere una sanzione utile a far osservare una norma (ad es. una multa); ad A va collegata la fattispecie concreta (il fatto della conseguenza di A, ad es. investire qualcuno), la fattispecie concreta va sussunta nella fattispecie astratta tramite quella che si chiama tecnica della sussunzione > ma mai e quasi mai una fattispecie concreta è riconducibile a una sola fattispecie astratta (es. incidente stradale, tampono Sinner, si rompe una gamba e muore la madre, in questo caso quel caso concreto andrà ricondotto a una pluralità di norme). Norma primaria (norma di condotta, prevista dal legislatore) VS Norma secondaria (prevista per la sanzione). Caratteri della norma giuridica: generalità (attiene al profilo d ella persona a cui si rivolge la norma, a chi si rivolge la norma, cioè a tutti i consociati, cioè a tutti noi, si dice “erga omnes”, rivolta a tutti; ma può essere anche un senso relativo a determinate categorie, ad es. relativo a determinate categorie di persona, ma mai norme ad personam (rivolte al singolo, Berlusconi)) e astrattezza (quando ci chiediamo a cosa si rivolge, ad es. a una serie di ipotesi, di casi fut uri ed eventuali che abbracciano una pluralità di ipotesi, una serie indeterminata di ipotesi) > per entrambe va rispettato sempre il Principio di uguaglianza: la norma che esprime il pdu è l’art. 3: tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali > tale principio serve a ispirare ogni legislatore che pone in essere qualsiasi norma. Equità: giustizia del caso concreto singolo, che pone in essere quasi sempre il giudice, si dice “il giudice agisce secondo equità”, ma quando ha davanti a sé il caso concreto, “il massimo grado di applicazione del diritto può portare al massimo grado di ingiustizia” (in latino?), per evitare questo il giudice può applicare un senso di equità. Norme inderogabili (cogenti, non tollerano eccezioni, più del diritto pubblico) e Norme derogabili (dispositive, possono avere eccezioni, più diritto privato). Fonti di produzione delle norme: atti (attività legislativa posta in essere/emanata/adottata da un ente autorizzato a farlo, es. lo Stato (che adotta leggi), il Consiglio degli psicologi (che adotta il codice deontologico)) o fatti (usi e consuetudini) idoni a produrre regole nel nostro ordinamento giuridico. Fonti di cognizione del diritto: documenti o pubblicazioni ufficiali da cui la collettività (i consociati, tutti noi) possono prendere conoscenza del testo normativo, le leggi vengono pubblicate in una fonte di cognizione per eccellenza che è la gazzetta ufficiale Ignorantia legis not excusat: la legge non ammette ignoranza (non è possibile dire a un giudice che non sapevo della legge) Criteri di risoluzioni delle antinomie = possibili contrasti tra norme: Criterio cronologico: prevarrà la legge adottata successivamente. Criterio di specialità: la norma speciale prevale sulla norma generale. Criterio di gerarchia delle fonti: nel codice civile ci sono 16 articoletti/pre-leggi che ci dicono molto su fonti e interpretazioni, l’art. 1 del codice civile ci detta la gerarchia delle fonti: Gerarchia delle leggi: 1° posto - Costituzione: ma solo i primi 12 articoli/principi fondamentali e quelli successivi che prevedono i diritti inviolabili. 2° posto - Unione Europea: trattati dell’Unione Europea, diritto internazionale. 3° posto - Le restanti leggi della Costituzione 4° posto - Leggi ordinarie dello Stato e regionali: tutte le leggi che lo Stato adotta (tra cui il codice civili), ma anche le leggi regionali, e il diritto secondario dell’Unione Europea. 5° posto - Regolamenti: adottati da ministeri, agenzie, rientra in questo posto il Codice deontologico. 6° posto - Consuetudini: comportamenti posti in essere da società o gruppi di persone nella convinzione che siano obbligatori; 2 elementi fondamentali di una consuetudine: diuturnitas (ripetizione costante del comportamento, elemento soggettivo) e opinio iuris ac necessitatis (convinzione che quel comportamento sia doveroso, elemento oggettivo) > se si verificano questi due elementi si ha una consuetudine che può andare a far parte della gerarchia delle fonti. 3 tipi di consuetudini: contra-legem (contro legge), prete-legem (al di là della legge), secundum-legem (secondo la legge), quelle che possono andare a far parte della gerarchia delle fonti sono solo le secundum-legem > 2° e 3° posto non sono rigidi, può avvenire un contrasto e tale contrasto è risolto dalla Teoria dei controlimiti: disciplina i rapporti tra Diritto Interno e Diritto Europeo, quando una norma introdotta dall’Unione europea contrasta con una legge ordinaria dello Stato italiano, prevale quella dell’Unione europea (l’altra viene “disapplicata”). > il diritto dell’Unione europea si suddivide in diritto primario (trattati) e diritto derivato (deriva dai trattati) che ha all’interno due atti normativi: regolamenti (atto più forte, rivolto a tutti gli stati membri dell’Unione ed è direttamente applicabile) e direttive (atto che rivolge a uno o più Stati e che vincola lo Stato nell’obiettivo da raggiungere). INTERPRETAZIONE: i giuristi interpretano le leggi, che non sono mai semplici e chiare, il giudice interpreta la norma nell’applicarla, applicazione di norma = interpretazione della norma, si svolgono nello stesso momento nella testa del giudice, il giudice quando interpreta non deve limitarsi ad applicare la norma per come la legge, ma per come la interpreta; l’art. 12 delle preleggi: nell’applicare la legge ad essa non si può attribuire altro senso se non quello palese delle parole, sennò si passa all’interpretazione del giudice, il comma 1 distingue: Interpretazione letterale: attribuire il senso delle parole fatto palese dal significato delle parole e dalla connessione di esse. Interpretazione teleologica: volta a indagare la ragione per cui il legislatore ha adottato quella disposizione, gli effetti di questa interpretazione sono relativi e limitati, valgono solo per le parti. Interpretazione autentica: fatta dal legislatore, è retroattiva, cioè è una legge interpretativa che spiega una legge precedente. = l’art. 12 è tuttavia dibattuta e desueta, oggi si usano diversi Criteri interpretativi: Logico: ad es. si prende caso A e si valuta cosa accadrebbe nel caso opposto, cioè Z, opp si prendono due casi simili A e B per vedere a quali soluzioni si può arrivare per A. Ad absurdum: usato spesso dagli avvocati, forzare così tanto una norma fino a tirar fuori un significato che non intendeva, portarla all’estreme conseguenze pur di portarla a un risultato vantaggioso per il proprio cliente (risvolti deontologici). Storico: la norma va vista nella sua evoluzione normativa, una stessa legge può essere più volte modificata nel tempo. Sociologico: il giudice va a vedere l’intera società di riferimento, gli aspetti che possono riguardare la risoluzione del caso. Sistematico e Assiologico: possono essere messi insieme perché quello che deve fare il giudice è un’interpretazione sistematica e assiologica, in quanto comprende in sé tutti gli altri criteri, ma sopratt guarda ai principi e valori che formano l’intero ordinamento, l’intero sistema, per non essere miope. In relazione al risultato, l’interpretazione si distingue in: Dichiarativa: quando l’interpret letterale e teleologica coincidono. Estensiva: quando alle parole della norma si attribuisce più ampio significato tra quelli possibili. Restrittiva: quando l’ambito di applicazione della norma risulta meno esteso della formulazione letterale. Analogia/procedimento analogico: il comma 2 dell’art 12 dice che se l’ordinamento ha una lacuna (vuoto normativo, non c’è una regola che disciplina un certo aspetto della vita sociale), allora il giudice si ritrova un caso che non è regolato da nessuna norma/legge, ma vince il principio di necessità di decidere (il giudice ha l’obbligo di decidere), ma non può farlo secondo il suo libero arbitrio, allora usa l’analogia, due tipi: (1) analogia legis, applicazione di una regola simile a un caso non regolato, (2) analogia iuris, se l’analogia legis non è applicabile (non c’è una regola analoga) il giudice si deve basare sui principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato > Art 14: è vietato il ricorso all’analogia in caso di norme penali e leggi eccezionali. Diritto potestativo: si esercita su un altro soggetto (es. genitori su figli). Diritti assoluti: sono diritti reali, cioè che si incentrano su un oggetto (es. l’appartamento), opp i diritti della personalità (diritti al nome, alla reputazione, alla salute). Diritti relativi: si instaurano in un rapporto di credito tra due soggetti non assoluti (creditore e debitore, creditore = colui che si aspetta di ricevere una prestazione, debitore = colui che deve adempiere a questa prestazione), si chiamano obbligazioni = sono tutti i rapporti che intratteniamo col prossimo, con gli altri soggetti, rapporti che possono assumere una rilevanza giuridica (es: la prestazione tra psi e pz, lo psi è sia debitore di prestazione professionale che creditore di somma economica, idem all’inverso il pz). Fonti delle obb: un contratto, un fatto illecito Hanno carattere della patrimonialità: ogni obbligazione, quindi ogni prestazione oggetto dell’obbligazione, è suscettibile di valutazione economica, cioè può essere monetizzata (es. compenso tra psi e pz). Obb civili vs naturali: civili = tipizzate dal legislatore, naturali = trovano la propria fonte in un dovere morale o sociale. Presupposti delle obb: capacità di chi esegue la prestazione, capacità di agire (capacità che la legge presume raggiunta a 18 aa), spontaneità (non dev’essere costretto da terzi a eseguire quella prestazione), proporzionalità (ci dev’essere un equilibrio, una proporzione tra il patrimonio del soggetto che esegue la prestazione e la prestazione stessa). Modi di estinzione delle obb: adempimento (il più tipico), compensazione (uno è creditore e debitore dell’altro e si compensano le prestazioni), confusione (creditore e debitore si confondono e uniscono nella stessa persona), novazione (sostituisco il debito con un altro), remissione del debito (il creditore decide l’estinzione del debito, ma dev’essere approvata dal debitore) impossibilità sopravvenuta della prestazione (una causa che impedisce di eseguire la prestazione). CONTRATTO: accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale, attraverso il contratto noi esprimiamo la nostra libertà: il contratto ha forza di legge tra le parti, cioè l’ordinamento giuridico riconosce ai contraenti (i soggetti del contratto) la possibilità di istituire una legge che vale solo tra di loro, Ha elementi essenziali (l’accordo (tra le parti), la causa (NON sono i motivi del contratto, è la funzione che svolge il contratto), l’oggetto (la prestazione), la forma (es. orale, verbale) e accidentali (condizioni, termine, modo). Può essere tipico (previsti dal legislatore) o atipico ( non // e quindi le parti inventano un nuovo contratto). Validità del contratto: distinguiamo nullità e annullabilità, due forme che si distinguono per il grado di gravità Nullità: forma più grave, è quando il contratto ha un profilo di invalidità talmente grave che non produce effetti fin dal momento in cui è stato stipulato, la norma che prevede la nullità è il 1418 del Codice civile: il 1° comma parla di nullità virtuale (il contratto è contrario a norme molto importanti), il 2° comma di nullità strutturale (manca uno degli elementi essenziali del contratto, opp uno di questi ha problemi), il 3° comma di nullità testuale (quando è il legislatore a dirci se un contratto è nullo). Annullabilità: forma meno grave, si ha quando stipulato da un incapace (chi non è dotato di capacità di agire), il contratto è annullabile in caso di: errore (essere indotti in errore sull’oggetto della prestazione, non capire cosa si è firmato), violenza (mi impongono con violenza di sottoscriverlo), dolo (inganno posto in essere dall’altra parte per sottoscrivere il contratto) > ma a patto che io riesca a provare che il mio consenso, che deve essere libero e consapevole. RESPONSABILITA’: penale, professionale, sociale, civile (contrattuale (c’è un contratto) o extracontrattuale (senza contratto)) Norma 2043: governa la responsabilità civile extracontrattuale: (1) il fatto illecito (elemento oggettivo della responsabilità), (2) l’imputabilità del fatto al danneggiante (elemento soggettivo della responsabilità, l’imputabilità può essere per dolo (forma più grave, è l’intenzionalità del fatto) o per colpa (meno grave del dolo, si suddivide in lieve o grave, 3 casi di colpa: imprudenza, negligenza e imperizia del soggetto agente), (3) il nesso causale tra il fatto e l’evento dannoso. Nella nostra professione di psi, 3 elementi imp: il fatto illecito (condotta professionale sbagliata o dannosa), l’evento dannoso (lesione sul soggetto in cura), il nesso di causalità tra queste due componenti > il nesso causale è difficile da trovare, nei casi di responsabilità penale è più difficile da provare (si deve provare che “oltre ogni ragionevole dubbio” quel danno non si sarebbe determinato in assenza di quella condotta) di quanto lo sia nella responsabilità civile (vige il principio del “più probabile che non”, cioè è più probabile che questo danno si sia verificato che non verificato a seguito di una certa condotta dello psi) (!!!!) LIBRO – IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI Lo.p.p = Legge 18 Febbraio 1989 n. 56, legge che disciplina l’ordinamento della professione di psicologo in Italia PARTE 1 – PRINCIPI GENERALI: ART.1 – VINCOLATIVITA’, CONOSCENZA VS IGNORANZA, PRESTAZIONI DIGITALI Le norme deontologiche sono vincolanti per tutti gli iscritti all’Albo degli psi. (tutti: generalità della norma, a chi si rivolge?) Lo psi è tenuto alla loro conoscenza, l’ignoranza di esse non esime la responsabilità disciplinare. (ignorantia legis not excusat!) I primi due comma fissano l’obbligo di conoscenza delle norme deontologiche, esse sono vincolanti, devono essere oggetto di studio ed esame sia da parte di coloro che già esercitano la professione, sia di coloro che intendono esercitarla in futuro; ed esse, una volta condivise, devono continuare a vivere all’interno della comunità professionale in cui lavora. Le norme deontologiche si applicano anche in caso di prestazioni, o parti di esse, effettuate a distanza, internet o telematica, in quanto sempre prestazioni professionali, a riguardo è stato approvato dal Consiglio dell’Ordine degli Psi della Lombardia, Le linee guida per le prestazioni psi a distanza, un “kit pronto all’uso”, esse sono strumento imprescindibile per un corretto esercizio professionale e provengono da fonti autorevoli, tuttavia non hanno stessa forza vincolante di una norma deontologica (sono però imp perché incidono sul grado di diligenza richiesto, rinvio implicito all’art.1176 c.v che parla di diligenza nell’adempimento delle obbligazioni) Rinvii: art. 1 Lo.p.p – Istituzione all’albo: è istituito l’albo degli psicologi; gli iscritti all’albo sono soggetti alla disciplina stabilita da: art. 622 del codice penale – Rivelazione del segreto professionale; art. 348 c.p. – Esercizio abusivo di una professione. ART. 2 – INOSSERVANZA, PROCEDURE DISCIPLINARI E SANZIONI Ogni inosservanza delle norme deontologiche, ogni azione od omissione contraria al decoro, alla dignità e al corretto esercizio della professione è punita secondo: (1) sanzioni previste dall’art. 26 della legge Lo.p.p (rinvio esplicito), che prevede in ordine di gravità: avvertimento > censura > sospensione esercizio professionale per non più di un anno > radiazione > impugnazioni delle eventuali sanzioni: ricorso al tribunale competente del territorio. (2) procedure disciplinare previsto dall’art. 27 della legge Lo.p.p, infatti, chi è iscritto a un Albo professionale ha responsabilità civile, penale, amministrativa… ma anche disciplinare: il giudizio disciplinare fa da garante reale dell’identificazione dell’eventuale violazione di tali regole e del grado di gravità. Casi in cui l’iscritto all’Albo professionale può rispondere disciplinarmente: (1) Oltre le situazioni di attività professionale, ma anche in situazioni fuori dal contesto professionale: l’iscritto all’Ordine può essere soggetto a procedimento disciplinare anche per fatti non riguardanti la professione, quando il comportamento posto in essere si rifletta sulla sua reputazione professionale o comprometta l’immagine dell’intera classe professionale a cui appartiene (es. il non accoglimento dei bisogni sanitari di un pz). (2) Se il pz necessita un percorso di psicoterapia, il professionista è tenuto ad accogliere e ad “accompagnare” il pz nell’individuare un percorso alternativo, non ridursi ad affermare che sarebbe meglio che il pz si trovi un altro terapeuta. (3) Mal gestione dell’asimmetria della relazione col pz/cliente, il pz si trova sempre in situazione di minor autonomia e/o dipendenza, rispetto al terapeuta, quest’ultimo ha quindi maggiori e diverse responsabilità nella corretta gestione del rapporto. (4) Divulgazione pubblica dottrine prive di credito scientifico, perché ripudiate dalla comunità (medica) di riferimento. (5) L’osservanza delle norme deontologiche e la responsabilità disciplinare si estende anche a dipendenti, collaboratori, coadiuvanti od operanti a stretto contatto con psi e pz ART. 3 – CARATTERISTICHE E MISSIONE, RESPONSABILITA’ SOCIALE 1° e 2° comma: Il dovere dello psi è accrescere le conoscenze sul comportamento umano e utilizzarle per promuovere il benessere psicologico di individuo, gruppo e comunità. Quindi opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in modo consapevole, congruo ed efficace. Il primi due comma dichiarano caratteristiche e missione della professione di psi, il 2°comma indica anche gli strumenti: lo psi in primis deve avere capacità di comprensione di sé e del prossimo e di comportarsi in modo consapevole, congruo ed efficace. 3° comma: Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale e del fatto che nell’esercizio professionale può intervenire in modo significativo nella vita degli altri, quindi deve prestare particolare attenzione a non usare in modo negativo e inappropriato la propria capacità di influenza sul pz, la sua fiducia e la sua dipendenza. 4° comma: Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze* *= date da un rapporto causa-effetto, cioè la condotta è l’antecedente senza il quale la conseguenza non si sarebbe verificata. Dalla casistica dei procedimenti disciplinari risulta che la violazione dell’art 3 C.D. è quella più frequentemente contestata L’art. 3 è violato in caso di: inadeguata diagnosi iniziale: compromette la conduzione e la presa in carico di un pz (es. procedere con un lavoro psicoterapeutico con strumenti usati per nevrosi in presenza di una struttura psicotica). ART. 4 – RISPETTO, PERSONA Nell’esercizio della professione, lo psi rispetta la dignità, la laicità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione e all’autonomia del pz: questo art. ribadisce la centralità del concetto di “persona” nell’attività psicologica, il rapporto tra psi e pz è, prima di tutto, l’incontro tra due persone, quindi tra due sistemi di valori, credenze e opinioni che possono essere diversi ed entrare in conflitto, se il sistema di valori dello psi contrasta quello del pz, lo psi deve astenersi dall’imporre il proprio. Lo psi deve riconoscere le differenze individuali e promuovere inclusività: non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità. Lo psi deve stare attento al rischio, insito in una professione d’aiuto come questa, di ergersi giudice del destino altrui, non lasciando che le proprie convinzioni e vissuti emotivi lo condizionino fino a spingere chi decidere chi, come e quanto curare. Lo psi usa metodi e tecniche che salvaguardano tali principi, in caso di collaborazioni a iniziative lesive di tali principi deve rifiutarsi di collaborare, o in caso di conflitti d’interesse con l’istituzione presso cui lo psi opera, lo psi deve esplicitare alle parti con chiarezza le proprie responsabilità e i vincoli cui è professionalmente tenuto. Diritto alla riservatezza: non può essere violato, può tuttavia essere sacrificato in caso di: (1) urgenza, es. lo psi deve accedere alla cartella clinica di tale utente per recuperare un suo recapito telefonico al solo fine di poter garantirgli una tempestiva assistenza; (2) per difendersi in giudizio, essendo il diritto di difesa prevalente rispetto alle esigenze di segretezza. quando si necessita colloquio con familiare di un pz per vari motivi (raccolta dati anamnestici più completa, istruire il familiare a nuove forme di comunicazione col pz), il familiare si presta alla presa in carico del pz, ma non matura un proprio diritto autonomo alla riservatezza, bensì solo attenuato: cioè se il pz chiedesse una relazione sul proprio percorso, lo psi potrebbe menzionare questi colloqui e il loro contenuto anche senza il consenso del familiare > ciò non vale se la comunicazione tra psi e familiare coinvolgesse direttamente il familiare, i suoi vissuti, elementi specifici della sua vita, in quanto rispetto a essi avrebbe una propria autonoma posizione personale, non più tutelata in maniera attenuata, bensì piena. Due situazioni in cui il tema del rispetto della dignità diventa delicato: (1) le prestazioni si svolgono in contesto carcerario: è un contesto in cui i diritti di libertà, autonomia e autodeterminazione vengono meno e dove i diritti individuali non sono sufficientemente garantiti in nome della tutela della sicurezza e della difesa sociale > La società Italiana Penitenziaria ha emesso documento che aggiunge 18 articoli relativi a raccomandazioni per l’operatività professionale dello psi in carcere : la persona con cui si è in relazione (detenuto) è “cliente involontario” sia dell’istituzione (carcere) sia dello psi (non sempre la richiesta di colloquio psi è frutto del desiderio del detenuto), quindi il punto di partenza del lavoro dello psi non è l’analisi della domanda portata dal pz, bensì il tentativo di far riflettere e rendere il detenuto consapevole dei propri bisogni e della propria attuale condizione detentiva, lo psi deve cercare di comprendere chi è la persona davanti a sé, la sua storia, il suo sistema di valori e credenze e come questo è stato costruito, evitando però di assecondare posizioni irrazionali e di colludere con sistemi di valori che siano contrari all’etica e ai principi del diritto umanitario, operando per quanto possibile il tentativo di proporre al detenuto un modello eticamente accettabile; lo psi deve rispettare la libertà di scelta del pz/cliente del professionista a cui rivolgersi, egli non può scegliere lo psi, ma può richiedere l’intervento di un professionista, anche esterno al carcere, che lo possa seguire durante il percorso; in questo contesto di “obbligo” ci sono resistenze, meccanismi di difesa, simulazioni/dissimulazioni di patologie e manipolazioni allo scopo di ottenere vantaggi, tutto ciò può ostacolare la comunicazione autentica tra psi e pz, creare l’alleanza terapeutica è tuttavia possibile partendo dal farlo riflettere sull’attuale condizione di detenuto, garantendo un luogo terapeutico nonostante il setting non dignitoso (carcere), un atteggiamento consapevole delle proprie competenze relazionali e della propria mission aiuteranno lo psi ad aggirare le resistente del pz, secondo un’ottica motivazionale. (2) libertà di scelta dei soggetti tossicodipendenti: caratteristica che accomuna i pz tossicodipendenti è che si avvicinano ai servizi presentando una richiesta ambivalente di aiuto per il proprio disagio fisico unita a minimizzazione, se non negazione del problema stesso, cioè lo psi ha davanti a sé “un paziente che non si riconosce tale”; durante le prime fasi, l’obiettivo dello psi è costruire una relazione in cui si definiscano i ruoli, arrivando a porre il paziente nel proprio ruolo di “paziente” e di esplicitare le richieste implicite e ambivalenti > quindi in realtà il rispetto della dignità e dell’autonomia del pz si realizza, in questo caso, astenendosi dalla formulazione di giudizi e rispettando i tempi del paziente stesso, evitando valutazioni affrettate che portano spesso a inserimenti in percorsi riabilitativi non appropriati che sfociano in fallimenti, vissuti dal pz come “suo fallimento”. ART. 5 – COMPETENZA PROFESSIONALE Lo psi deve mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, sopratt nei settori specifici in cui opera, ha quindi l’obbligo di formazione continua e se violato si va incontro a procedure disciplinari e sanzioni. Usa solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza (riconosce i limiti della propria competenza) e di cui in grado di indicare le fonti e i riferimenti scientifici, imp per la ricostruzione e la comprensione dei passaggi del suo agire professionale (utili in caso debba difendersi), MA alla preparazione teorica deve associare la pratica e la consapevolezza della specificità del singolo pz. Non suscita aspettative infondate o illusioni nel pz, ad es. magnificando risultati precedenti o la potenza metodologica. ART. 6 – AUTONOMIA PROFESSIONALE Lo psi deve difendere la sua autonomia professionale, di valutazione e di giudizio, accetta solo condizioni di lavoro che non la compromettano e che rispettano le norme deontologiche, in assenza i tali condizioni, informa il proprio Consiglio territoriale. Lo psi salvaguardia la propria autonomia professionale anche nelle scelte di metodi, tecniche e strumenti, è perciò responsabile della loro applicazione, dei risultati, delle interpretazioni che ne ricava. Nella collaborazione con altri professionisti di altre discipline esercita la piena autonomia professionale pur rispettando le competenze altrui, deve approcciarsi alle richieste di un collaboratore con senso critico, chiarezza e fermezza, affermando la propria autonomia metodologica, testimoniando il plusvalore dato dall’apporto psicologico. Contesti critici: comunità terapeutiche e carcere in cui si opera con molti altri professionisti, soggetti, regole e prassi; lo psi deve porsi in una “etica attiva” = compie azioni finalizzate al benessere individuale/collettivo guidate da motivazioni professionali e personali, 3 obiettivi: tutela utente e committente, tutela singolo professionista, tutela intera categoria psicologi ART. 7 – VALIDITA’ DEI DATI E DALLE INFORMAZIONI Nelle attività di ricerca e di didattica, lo psi valuta attentamente il grado di validità e di attendibilità di dati, informazioni e fonti su cui basa le conclusioni raggiunte, espone ipotesi interpretative alternative, esplicita i limiti dei risultati, esprime valutazioni e giudizi professionali solo se fondati su conoscenza professionale diretta, cioè su documentazione adeguata e attendibile. Collegato all’art 5 ma in relazione a terzi: lo psi formula diagnosi con metodi basati sull’evidenza, non può giudicare o fare inferenze su un soggetto senza averlo mai incontrato/osservato direttamente sulla base dei racconti ne fanno terzi. ART. 8 – TUTELA DELLA PROFESSIONE E CONTRASTO ALL’ESERCIZIO ABUSIVO Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo della professione come definita dagli art 1 e 3 della legge Lo.p.p. e segnala al Consiglio dell’Ordine i presunti casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Usa il proprio titolo professionale esclusivamente per attività a esso pertinenti, non avalla con esso attività ingannevoli/abusive. Rinvii: Art. 1 e 3 Lo.p.p; - Definizione della professione di psicologo – Esercizio dell’attività psicoterapeutica. Art. 348 c.p. – Esercizio abusivo di una professione. Art. violato se: (1) esercita senza abilitazione di Stato; (2) esercita la professione durante sospensione; (3) usa il proprio titolo professionale per condurre da istruttore un corso di formazione non avente scopi di natura psicologica ,e applica durante il corso strumenti tipici della professione, consentendo che individui non psicologi facciano altrettanto. ART.9 – CONSENSO INFORMATO NELLA RICERCA - Nella sua attività di ricerca lo psi è tenuto ad informare adeguatamente i soggetti coinvolti rispetto a procedure, metodi, scopi, tempi, rischi, modalità di trattamento dei dati personali raccolti, si deve fornire informazioni anche relative a nome, status scientifico e professionale del ricercatore e sua eventuale istituzione di appartenenza, il fine è acquisire il consenso del soggetto, garantendo sempre la piena libertà di rifiutare o ritirare tale consenso. - Se la natura della ricerca non consente di informare preventivamente o correttamente i soggetti su alcuni aspetti della ricerca, lo psi ha l’obbligo, alla fine della ricerca, di fornire le informazioni e di ottenere l’autorizzazione all’uso dei dati raccolti. - Per quanto concerne i soggetti che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere validamente il loro consenso, questo deve essere dato da chi ne ha la potestà genitoriale o la tutela. - Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto dei soggetti alla riservatezza, alla non riconoscibilità e all’anonimato. ART. 10 – ATTIVITA’ PROFESSIONALI CON GLI ANIMALI Quando le attività professionali hanno oggetto il comportam degli animali, lo psi ne rispetta la natura ed evita loro sofferenze. Nuove norme c.p.: Art. 544-bis c.p: prevede il reato di uccisione di animali, Art. 544-ter c.p.: reato di maltrattamento di animali. Legge costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1: riforma costituzionale molto recente che ha novellato (riformulato) l’art. 9 cost.: (1) la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica; tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione; (2) Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni; la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali = tutte parole nuove, prima non presenti. ART. 11 – SEGRETO PROFESSIONALE Lo psi è strettamente tenuto al segreto professionale, che ha la funzione di difendere il rapporto di fiducia che si instaura tra terapeuta e pz, per la cura e la tutela del benessere della persona. Pertanto, non rivela informazioni, fatti o notizie apprese nel suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste negli articoli seguenti a questo. Rinvio: art. 622 c.p. – Rivelazione di segreto professionale ART. 12 – TESTIMONIANZA E CONSENSO Testimonianza: mezzo di prova attraverso cui l’autorità giudiziaria chiede a un soggetto che vada a testimoniare/riferire fatti che lo coinvolgono direttamente o che riguardano terzi di cui è venuto a conoscenza. Nel caso in cui lo psi deve testimoniare all’autorità giudiziaria su quanto da lui conosciuto professionalmente, egli può derogare all’obbligo del segreto professionale se riceve un consenso valido e dimostrabile dalla persona destinataria della prestazione; tuttavia valuta comunque l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando prima di tutto la tutela psicologica dello stesso (tutela della persona). Consenso, requisiti: informato (il pz deve rendersi conto delle conseguenze della testimonianza), valido (la persona doveva essere in grado di vagliare, giudicare, decidere per quanto lo riguarda), attuale (deve essere attuale, si stabilisce fin dall’inizio del rapporto e permane per tutto il percorso), libero (può essere revocato in qualsiasi momento), dimostrabile (documentabile, meglio che sia in forma scritta o che preveda testimoni, così che la verità divenga fattuale). Il Codice penale punisce lo psi che rivela un segreto senza “giusta causa”, 2 tipi di giuste cause: imperative (denunce, certificati obbligatori,referti, perizie) e permissive (legittima difesa, stato di necessità, consenso del pz stesso, notorietà già avvenuta (il pz ha già comunicato quanto lo psi ha rivelato), caso fortuito). ART. 13 – OBBLIGO DI DENUNCIA, OBBLIGO DI REFERTO, DEROGA ALLA RISERVATEZZA In caso di obbligo di denuncia od obbligo di referto, limitare a quanto strettamente necessario l’adempimento di tale obbligo, ai fini della tutela psicologica della persona (principio di contingenza: in caso di testimonianza, attenersi strettamente a quanto è necessario o richiesto dall’autorità giudiziaria, non esagerare, non riportare né più né meno dei fatti di cui è a conoscenza). Qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica della persona o di terzi, valutare con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria riservatezza (importanza della tutela psicologica della persona) Rinvii: l’obbligo di denuncia e di referto da parte di uno psi è regolamentato da art. 361, 362, 365 c.p. che ci parlano di: Obbligo di denuncia: è reato istantaneo se il pubblico ufficiale omette o ritarda la denuncia all’Autorità giudiziaria di un reato perseguibile d’ufficio, cioè considerato grave dall’ordinamento (quindi che non ha bisogno della querela, è già perseguibile) (pubblico ufficiale = chiunque eserciti una pubblica funzione, es. dipendenti pubblici come medico, psi); non basta il semplice sospetto, prima di denunciare verificare l’effettiva sussistenza di reato; non è necessario che si avveri il reato potenziale, l’Autorità Giudiziaria valuterà poi se sarà il caso di procedere a liv penale o no; lo psi che lavora non da libero professionista ha obbligo di denuncia più restrittivo e deve denunciare senza ritardi; se si rileva che il proprio pz possa costituire pericolo per una terza persona, si deve intervenire per tutelare quest’ultima, allertandola del rischio che corre, quindi non solo allertare le forze dell’ordine, ma anche la persona stessa in pericolo! Obbligo di referto: referto = atto di natura puramente informativa, col quale lo psi riferisce all’autorità giudiziaria di avere prestato la propria assistenza in casi di reati perseguibili d’ufficio VS rapporto = atto con cui il pubblico ufficiale (anche psi) denuncia all’autorità giudiziaria un reato perseguibile d’ufficio, di cui ha avuto notizia a causa del suo servizio > lo strumento che deve usare lo psi è il referto e deve farlo pervenire entro 48h o se vi è pericolo nell’immediato. Art. 14 – GRUPPI In caso di intervento su o attraverso gruppi, lo psi deve informare, nella fase iniziale, delle regole che governano l’intervento, e deve impegnare i componenti del gruppo, quando necessario, al rispetto del diritto alla riservatezza di tutti. Responsabilità penale: è sempre personale, nessuno può rispondere a un reato commesso da qualcun altro. Responsabilità civile: è solidale, cioè al contrario della penale, se più persone sono responsabili di un fatto, si risponde tutti insieme, se un membro del gruppo viola la privacy di un altro membro del gruppo, rispondono sia il membro che lo psi. ART. 15 – CONDIVISIONE INFORMAZIONI NELLE COLLABORAZIONI INTERPROFESSIONALI In caso di collaborazione con altre figure professionali (medici, avvocati, giudici) parimenti tenute al segreto professionale, lo psi, può condividere solo le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione (princip di contingenza), previo consenso della persona destinataria della prestazione (previo consenso = parte nuova del testo normativo, ribadisce l’importanza del consenso). ART. 16 – ANONIMATO Lo psi redige le comunicazioni scientifiche in modo da salvaguardare in ogni caso l’anonimato del destinatario della prestazione Essendo nell’ambito della scienza (comunicazioni scientifiche) abbiamo a che fare con persone che possono finire ad es. negli articoli scientifici, quindi bisogna garantire l’anonimato. ART. 17 –PROTEZIONE DATI E DOCUMENTI, PRIVACY La riservatezza delle comunicazioni deve essere protetta e garantita attraverso la “custodia e controllo” di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che riguardino il rapporto professionale; tale documentazione deve essere conservata per almeno 5 anni successivi alla conclusione del rapporto professionale; lo psi deve provvedere affinché, in caso di sua morte o impedimento, tale protezione sia affidata a un collega (all’Ordine prof); lo psi che collabora alla costituzione e all’uso di sistemi di documentazione si adopera per la realizzazione di garanzie di tutela dei soggetti interessati. Privacy: termine che indica il diritto di un soggetto di proteggere la propria sfera privata ma anche il diritto di controllare l’uso e la circolazione dei propri dati personali. Rinvii: a tanti articoli relativi alla privacy, art che hanno tante fonti diverse, tra cui costituzione italiana, carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, codice civile, codice della privacy, regolamento europeo GDPR del 2018 (regolamento generale su protezione dati): Art. 31 Codice della Privacy: ci informa delle sanzioni in caso di violazione art. 17: sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila a centomila euro e sanzione penale dell’arresto fino a due anni. Art. 32 GDPR: una volta acquisiti i dati, chi acquisisce dati diventa automaticamente titolare del trattamento di quei dati, quindi si necessita custodia e controllo che si risolve nel mettere in atto da parte dello psi misure di sicurezza vote a garantire un liv di sicurezza adeguato al rischio del trattamento. Cassazione: ci dice di individuare efficaci e adeguate misure di sicurezza che deve porre in essere lo psi. Corte dei Conti: ci dice che la mancata adeguata custodia della postazione informatica dell’utente è sia elemento oggettivo dell’illecito sia soggettivo, specie se l’incolpato non ha adottato precauzioni o abbia reiterato il comportamento omissivo un gran numero di volte o abbia sottovalutato la circostanza di aver rilevato un insolito accesso senza modificare le password. ART. 18 – LIBERTA’ DI SCELTA In ogni contesto professionale lo psi deve adoperarsi affinché sia il più possibile rispettata la libertà di scelta, da parte del pz, del professionista cui rivolgersi; pone l’accento su principi fondamentali quali quello di autodeterminazione e di libertà di cura del malato, che ha diritto anche di non curarsi e di andarsene. Oltre a fornire indicazioni veritiere ed esaurenti, lo psi deve prestare attenzione all’eventuale stato di dipendenza (anche culturale o emotiva) del pz, affinché egli sia in grado di compiere scelte di cura efficaci. ART. 19 – CONTESTI DI SELEZIONE E VALUTAZIONE Lo psi che lavora in contesti di selezione e valutazione (selezione del personale in ambito lavorativo-organizzativo, valutazione in ambito psico-forense, ecc) deve rispettare i criteri della specifica competenza, qualificazione e preparazione, necessita doppio grado di competenze e forma mentis specifiche, in quanto campi peculiari e diversi dalla clinica, ad es per operare come esperti in ambito forense, ci sono requisiti minimi che variano in base al tribunale (rinvio all’art. 5 di questo codice). Questo art. ci parla anche del fatto che nella selezione del personale non bisogna operare alcuna discriminazione, con rinvio implicito all’art. 3 cost. ART. 20 – DOCENZA Nella sua attività di docenza, di didattica e di formazione, lo psi stimola negli studenti, allievi e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la propria condotta professionale. ART. 21 – INSEGNAMENTO DI METODI, TECNICHE E STRUMENTI PROFESSIONALI 1° comma, linee guida: Lo psi, anche attraverso l’insegnamento, promuove e diffonde conoscenze e cultura psicologica. 2° comma: quando è violata la norma: Tuttavia, costituisce grave violazione deontologica l’insegnamento a persone estranee alla professione psicologica dell’uso di strumenti, metodi e tecniche conoscitive e di intervento propri della professione. 3° comma: aggravante: Costituisce aggravante se tale insegnamento abbia come obiettivo quello di precostituire esercizi abusivi o ingannevoli della professione. Rinvio: art. 33 cost (l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento!) PARTE 2 – RAPPORTI CON L’UTENZA E CON LA COMMITTENZA ART. 22 – CONDOTTE NON LESIVA 1°: Lo psi adotta condotte non lesive per le persone di cui si occupa professionalmente, e nelle attività sanitarie si attengono alle linee guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali 2°: Non utilizza il proprio ruolo e i propri strumenti per assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi. Buone pratiche = riferimento a consuetudini Condotte non lesive = carattere consequenziale della norma giuridica (se A, allora B) Inoltre, si parla di illecito di pericolo = affinché si abbia soddisfazione e integrazione di questo illecito, è sufficiente che si pongano in essere delle condotte tali per cui si realizza il danno, cioè non è importante che si realizzi il danno, ma è sufficiente che lo psi con condotte lesive ponga in essere un pericolo per il pz o per determinati beni (vs reato di danno, che si realizza nel momento stesso in cui si realizza il danno), lo psi deve soffermarsi sull’illecito di pericolo. Pronuncia importante da parte dell’Ordine degli psi: Grado di lesività ulteriore e qualificato: lo psi pone in essere una condotta lesiva per coloro di cui si occupa professionalmente se agisce senza una chiara regola metodologica, ricorrendo a continue minacce di sospensione della terapia, cedimenti verso atteggiamenti più amicali, così non consentendo ai pz di avere un quadro preciso della patologia ed infine emettendo la parcella molto elevata. ART. 23 – COMPENSO PROFESSIONALE combinato con l’art. 30 c.d. (rinvio interno) 1°: Lo psi pattuisce quanto attiene al compenso professionale nella fase iniziale del rapporto professionale (= obbligo di preventivo, esso è pre-, deve precedere il rapporto professionale). 2°: La misura del compenso deve essere adeguata alla natura e alla complessità dell’attività professionale, 3°: In ambito clinico, tale compenso non può essere condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale = contrapposizione tra obbligazioni di risultato (il debitore mira al risultato) e obbligazioni di mezzo (il debitore si impegna a porre in essere tutti i mezzi necessari per raggiungere il risultato, al di là che venga raggiunto o meno, non lo garantisce). Rinvio: Testo Unico della Tariffa Professionale degli Psicologi: abbiamo delle tariffe, un range, stabilito dall’Ordine degli psi. ART. 24 – CONSENSO INFORMATO SANITARIO NEI CONFRONTI DI PERSONE ADULTE CAPACI Molteplici rinvii interni: Art. 9 (che va sull’ambito della ricerca, qui assume senso più ampio e generale), Art. 31 1°: Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge. 2°: L’acquisizione del consenso informato è un atto di specifica esclusiva responsabilità dello psi. 3°: Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni al contesto e alle condizioni della persona, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazione o, per la persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare. 4°: Lo psi informa la persona interessata in modo comprensibile, completo e aggiornato (=dare le modalità giuste al pz per comprendere il consenso) su finalità modalità del trattamento sanitario, eventuale diagnosi e prognosi, benefici, eventuali rischi (= rinvio Art 32 cost. - diritto alla salute e sua tutela), possibili alternative (= diritto di autonomia, autodeterminazione), conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento (= nullità e annullabilità, caratteristica di specificità della norma (casi eventuali futuri), caratteristica consequenziale della norma giuridica). Il consenso è adeguatamente informato in caso di presenza di 3 presupposti: (1) capacità di agire del soggetto di comprendere la materia su cui presta il consenso (che si acquisisce a 18 anni tranne in certi casi (vs capacità giuridica che si acquisisce dalla nascita)), (2) chiarezza e comprensibilità delle informazioni fornite usando un linguaggio chiaro e adeguato, (3) pertinenza, rilevanza e completezza delle informazioni, tenendo conto della capacità di comprensione del soggetto. Responsabilità sanitaria: Cassazione del 2013: la violaz del professionista sanitario di informare il pz può causare sia un danno alla salute che un danno da lesione al diritto di autodeterminazione, subendo danno patrimoniale e/o non patrimoniale Danno patrimoniale = lesione (diminuzione) del patrimonio del danneggiato, facilmente individuabile e si risarcisce sempre VS danno non patrimoniale = alla salute (è anche patrimoniale perché si potrebbe dover spendere soldi per curarsi), alla reputazione, al benessere psicofisico, difficile da individuare, si risarcisce solo in 3 tipi di danni: morale, esistenziale, biologico. ART. 25 – USO DEGLI STRUMENTI, RESTITUZIONE E COMUNICAZIONE DEI RISULTATI 1°: Lo psi non usa impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di cui dispone. 2°: Nel caso di un intervento commissionato da terzi, informa i soggetti circa la natura del suo intervento professionale, e non utilizza le notizie apprese che possono recare ad essi pregiudizio. 3°: Nella restituzione e comunicazione dei risultati dei risultati dei propri interventi diagnostici e valutativi, lo psi è tenuto ad adattare e regolare tale comunicazione anche relazione alla tutela psicologica della persona. ART. 26 – PRINCIPIO DELL’ASTENSIONE si può leggere congiuntamente agli art. 27 e 28 1° comma: Lo psi si astiene dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività professionale ove propri problemi o conflitti d’interesse, interferendo con l’efficacia delle sue prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte. 2°: Evita di assumere ruoli professionali e di compiere interventi, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti possa compromettere la credibilità e l’efficacia (credibilità ed efficacia = art. 5) I due commi sono speculari, complementari: il 1° richiama una valutazione interna, se dal punto di vista di coscienza vi sono impedimenti, allora deve astenersi (concetto di laicità, art. 4: assenza di qualsiasi elemento personale, di vita privata o ideologico che possa inficiare il proprio intervento); il 2° ci dice che lo psi deve compiere una valutazione esterna. ART. 27 – INTERRUZIONE DEL RAPPORTO PROFESSIONALE 1°: Lo psi valuta ed eventualmente propone l’interruzione del rapporto terapeutico quando constata che il pz non trae alcun beneficio dall’intervento psi e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento dello stesso. 2°: Ove necessario, fornisce al pz le informazioni necessarie a ricercare altri e più adatti interventi. Asimmetria della relazione: parla di ciò in quanto lo psi può interrompere il rapporto solo in presenza di giusta causa, il pz può invece in qualsiasi momento e anche senza motivare interrompere il rapporto. ART. 28 – COMMISTIONI TRA RUOLO PROFESSIONALE E VITA PRIVATA (transfert e controtrasfert) 1°: Lo psi evita commistioni tra ruolo professionale e vita privata che possano interferire con l’attività professionale o arrecare nocumento all’immagine sociale della professione (art. 2: decoro (come gli altri ci percepiscono) e dignità (concetto interiore)) 2°: Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi diagnostici rivolti a persone con cui ha intrattenuto o intrattiene relazioni di natura personale, sopratt di natura affettivo-sentimentale o sessuale. 3°: Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare tali relazioni nel corso del rapporto professionale (transfert) 4°: Allo psi è vietata qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per lui indebiti vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del compenso pattuito. 5°: lo psi non sfrutta la posizione professionale che assume nei confronti di colleghi in supervisione e tirocinanti, e fini estranei al rapporto professionale (nei confronti di = generalità della norma, a chi è rivolta) Cassazione del 2007: il divieto instaurare rapporti sentimentali o addiritt sessuali coi pz è regola cardine della professione psicologica e non può essere ignorata solo perché all’epoca non formalizzata né tipizzata (tipizzare = scrivere la legge). Rinvio al TUF (Testo Unico per l’intermediazione Finanziaria): compie reato di abuso di informazioni privilegiate il professionista che riceve informazioni privilegiate che non dovrebbe ricevere e le usa per avere un vantaggio patrimoniale (es. uno psi che ha in carica un pz che si occupa di alta finanza). ART 29 – CONDIZIONI PRELIMINARI ALL’INTERVENTO Lo psi può subordinare il proprio intervento ad altri trattamenti sanitari alla condizione che il pz si rivolga a determinati presidi, istituti o luoghi di cura soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale. (difesa del pz, trasparenza, lealtà) ART. 30 – PROPORZIONALITA’ TRA INTERVENTO E COMPENSO rinvio interno all’art. 23 c.d. Nell’esercizio della sua professione, allo psi è vietata qualsiasi forma di compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali. ART. 31 – CONSENSO INFORMATO SANITARIO NEI CASI DI PERSONE MINORENNI O INCAPACI 1°: I trattamenti sanitari rivolti a persone minorenni o incapaci sono subordinate al consenso informato di chi esercita su esse la potestà genitoriale o la tutela (vecchia formulazione diceva interdette anziché incapaci per allargare la generalità della norma, cioè a chi è rivolta, perché interdetti è la forma più grave di incapacità, quando il soggetto è affetto da gravi patologie che non consentono di vivere in autonomia, opp si è interdetti nello svolgimento di certe attività per aver commesso reati) 2°: Lo psi deve tenere conto della volontà della persona minorenne o della persona incapace in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, nel pieno rispetto della sua dignità. 3° e 4°: In caso di assenza di consenso informato, se lo psi ritiene necessario l’intervento professionale, la decisione è rimessa all’autorità giudiziaria. Sono fatti salvi i casi in cui il trattamento sanitario avvenga su ordine dell’autorità. Rinvii: questa norma va letta insieme all’Art. 316 Codice civile – Responsabilità genitoriale che tra le tante cose, ci dice che entrambi i genitori che hanno potestà genitoriale ha responsabilità, quindi il consenso lo si necessita da ENTRAMBI. ART. 32 – PRESTAZIONE RICHIESTA DA UN COMMITTENTE 1°: Quando lo psi acconsente a fornire una prestazione professionale su richiesta di un committente diverso dal destinatario della prestazione stessa, è tenuto a chiarire con le parti in causa natura e finalità dell’intervento. 2°: In tutti i casi in cui persona destinataria e committente non coincidano, lo psi tutela prioritariamente la destinataria dell’intervento stesso. (difesa del pz, trasparenza, lealtà) PARTE 3 – RAPPORTI CON I COLLEGHI ART. 33 – PRINCIPIO DI COLLEGANZA I rapporti fra psicologi devono ispirarsi al principio della colleganza, del rispetto reciproco e della lealtà. Lo psi appoggia e sostiene i colleghi che, nella loro attività, al di là della natura del loro rapporto di lavoro e la loro posizione gerarchica, vedano compromessi la loro autonomia e il rispetto delle norme deontologiche. Principio di colleganza: include un po’ anche gli altri due, il principio del rispetto reciproco e della lealtà, il diritto alla difesa è subordinato al principio di colleganza (lo psi non è giustificato dal fatto che per difendere il proprio cliente può offendere colleghi); è trasversale, non è valido solo nei confronti del collega psicologo ma anche nei confronti di tutti i colleghi professionisti (medico, avvocato), ciò per garantire approccio olistico di cura del pz, in cui il pz è al centro (l’Italia è un po’ indietro rispetto ad altri paesi in questo approccio olistico). ART. 34 – CONTRIBUTO ALLO SVILUPPO DELLE DISCIPLINE PSICOLOGICHE Lo psi si impegna a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche e a comunicare i progressi delle loro conoscenze e delle loro tecniche alla comunità professionale, anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale. Interpretarlo in maniera duplice: da una parte un incentivo a uno sviluppo costante dello p si della propria persona e delle proprie competenze; tuttavia questo sviluppo personale e professionale deve essere messo a servizio della comunità di riferimento e quindi del benessere di tutto la società (se cresce lo psi e lo stesso psi fa crescere la comunità, ne beneficia il paziente, che è sempre al centro). Rinvii: art. 3, art. 5. ART. 35 – INDICAZIONI DELLE FONTI Nel presentare i risultati di ricerche scientifiche e attività professionali, lo psi deve indicare gli altrui contributi e le relative fonti. Diritto d’autore: questo articolo riguarda il diritto di autore, quindi si può andare incontro a sanzioni pensali, si fa riferimento all’obbligo di lealtà per gli alti colleghi; si può fare parallelismo tra vecchia e nuova versione del CD. ART. 36 – GIUDIZI SULL’OPERATO DI COLLEGHI E COLLEGHE 1°: Lo psi non esprime pubblicamente su colleghi giudizi negativi relativi alla loro formazione o competenze, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della loro reputazione professionale. 2°: Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a sottrarre clientela ai colleghi. 3: Qualora ravvisino casi di scorretta condotta professionale e metodologica che possono tradursi in danno per le persone o enti destinatari o per il decoro della professione, lo psi deve darne tempestivamente comunicazione al Consiglio dell’Ordine. I 3 commi i sviluppa sui 3 livelli: 1°: Diritto di critica: è importante l’animus: l’effettiva volontà di ledere l’altrui diritto; 3 Rinvii: Art. 21 Cost. Diritto di Critica: tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione; la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Art. 10 della CELU (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo): Corte costituzionale (sentenza): l’onore comprensivo del decoro e della reputazione è a sua volta tra i beni protetti e garantiti della carta fondamentale 2°: Carattere della pubblicità: 3 tipi pubblicità: notizia (la meno rilevante, ma è imp perché rende conoscibile ai terzi determinati fatti, ne sono un es. le pubblicazioni matrimoniali, se essa non avviene il matrimonio è celebrato ed è comunque valido, quindi non è essenziale), dichiarativa (imp per il diritto civile, è quella che assicura la circolazione dei beni, ad es. se acquisto un bene immobile devo trascriverlo nei pubblici registri, questo serve non tanto per la validità dell’atto ma per la opponibilità, ovvero i terzi possono opporti e contestare) e costitutiva (caratterizza quegli atti che richiedono anche la pubblicità per essere validi, ad es. l’ipoteca, se devo costituire l’ipoteca su un immobile devo registrarla affinché sia valida). 3°: Dovere di comunicazione al Consiglio dell’Ordine: non è un invito alla comunicazione, è l’invito a non criticare i colleghi ART. 37 – ACCETTAZIONE DEL MANDATO Lo psi accetta il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle loro competenze. Qualora l’interesse della persona o dell’ente richiedente la prestazione comporti il ricorso ad altre competenze specifiche, lo psi propone l’invio ad altro collega o altro professionista. = lo psi deve riconoscere i propri limiti, non può occuparsi di tutto. ART. 38 – DIGNITA’ PROFESSIONALE E DECORO Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresentano pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, lo psi è tenuto a uniformare la propria condotta ai principi della dignità professionale e del decoro. PARTE 4 – RAPPORTI CON LA SOCIETA’ ART. 39 – PRESENTAZIONE PROFESSIONALE Lo psi presenta in modo corretto e accurato la propria formazione, esperienza e competenza. Riconoscono quale loro dovere quello di aiutare la comunità, le clienti e i clienti a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte. = sopratt oggi che si tende a esasperare titoli, competenze, esperienze, sopratt col mondo virtuale, sopratt tramite espressioni “suggestive” (= che suggerisce qualcosa, ad es. in tribunale le domande suggestive sono fuori luogo); l’Ordine degli Psi della Lombardia ci dice (2012) di non accostare la psicologia a discipline spirituali o magico-rituali e che non hanno niente a che vedere con la professione dello psicologo. Da leggere congiuntamente all’art. 40 ART. 40 – PUBBLICITA’ PROFESSIONALE 1°: Lo psi, indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, non assume pubblicamente comportamenti scorretti e finalizzati al procacciamento della clientela. 2°: In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto viene verificato, ove necessario, dai competenti Consigli dell’Ordine. (= “ove necessario” non c’è nel vecchio c.d.) 3°: Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica e alla tutela dell’immagine della professione. 4°: La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica. Pronuncia della Cassazione ’88/’98: pone l’attenzione più sul metodo (più che sulla sostanza) usato dal professionista per veicolare le informazioni (ad es. i social network), pone l’accento quindi sul caso concreto, che è molto più importante, ricordandoci che potrebbe non esserci un illecito giuridico o penale, ma potrebbe esserci un illecito deontologico. Decisione Ordine degli Psi del Lazio: viola l’art. 38 e 40 se lo psi mette in atto esibizionismo con foto personali sui social media usate per procacciare clientela. Decreto legge 145 del 2007: stabilisce le condizioni di illecità della pubblicità comparativa e tutela i professionista dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali. Direttiva 2005 n. 29 del Parlamento europeo: sulle pratiche commerciali scorrette. PARTE 5 – NORME DI ATTUAZIONE ART. 41 – OSSERVATORIO PERMANENTE SUL CDPI 1°: E’ istituito presso la “Commissione deontologica” dell’Ordine degli Psi l’“Osservatorio permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale dell’Ordine. 2°: L’Osservatorio ha il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare le proposte che la Commissione dovrà portare in Consiglio Nazionale dell’Ordine ai fini della revisione periodica del Codice Deontologico. ART. 42 – ENTRATA IN VIGORE DEL CDPI Il presente Codice Deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Lo.p.p. = (cioè segue lo stesso iter di una legge) SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO PER IL CODICE DEONTOLOGICO 24 DICEMBRE 2024 Secondo il principio tempus regis actum, il nuovo c.d. degli psi doveva essere valutato secondo la normativa vigente al momento della sua adozione, nonostante eventuali modifiche legislative successive (tempus regis actum: “il tempo regola l’atto”, principio giuridico stabilisce che ogni atto è regolato dalla legge vigente al momento in cui esso si verifica). Cosa è successo: Ricorso presentato da un gruppo di psicologici contro le modifiche al c.d. degli psi, alcuni motivi a carattere procedurale, altri a carattere più sostanziale > una sentenza del TAR (2024) ha respinto il ricorso > il Consiglio di Stato è intervenuto e ha a sua volta annullato la sentenza del TAR con la sentenza del 24 Dicembre 2024: ha ribaltato il TAR per quanto riguarda la parte sostanziale, problema espresso nel punto 9 della sentenza, in cui afferma che è illegittima l’esclusione della “premessa etica” nel quesito referendario, considerandola una parte fondamentale del codice, ciò ha reso illegittimo l’intero processo di approvazione del nuovo codice. Punto 4 e 8: riferimento esplicito alla modalità con cui il c.d. viene aggiornato costantemente: il rif esplicito è l’art 28. Della legge Lo.p.p. in cui si dice che il superamento degli aspetti procedurali avviene proprio in virtù di questo passaggio, non c’è una legge che obbliga gli scritti a partecipare a questo referendum, quindi in assenza di questo va bene qualsiasi modalità. 4 principi etici: 1. Rispetto e promozione dei diritti e della dignità delle persone e degli animali: quindi operano per la promozione della libertà, dell’autonomia e del benessere psicologico, nel rispetto della soggettività di ciascuna persona, gruppo o comunità. 2. Competenza: gli psi assicurano e mantengono altri standard di formazione e competenze nell’ambito professionale in cui operano, riconoscono i limiti delle loro specifiche competenze e i confini dei loro ambiti di intervento. 3. Responsabilità: gli psi hanno la responsabilità professionale e scientifica verso le persone che a loro si rivolgono, verso la comunità e verso la società in cui lavorano e vivono; si assumano la responsabilità della scelta dei metodi degli strumenti e delle tecniche, della loro applicazione e delle prevedibili conseguenze. 4. Giustizia: gli psi usano con giustizia il proprio potere, gestendo l’asimmetria di conoscenza tra professionista e cliente senza avere benefici personali; devono agire in modo da non provocare danno e rispettare l’autonomia e dignità del cliente.

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