Economia Pubblica 2023/2024 PDF
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2024
Sergio Beraldo
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Summary
Le note del corso di Economia Pubblica 2023/2024 analizzano il settore pubblico, le entrate e uscite, il debito pubblico e la pressione fiscale in Italia, dal 1970 ad oggi. Si evidenzia l'evoluzione storica della pressione fiscale, la composizione delle entrate e le variazioni della spesa pubblica.
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Corso di Economia Pubblica 2023/2024 Sergio Beraldo 89-101 Dimensioni del settore pubblico General government spending provides an indication of the size of government across countri...
Corso di Economia Pubblica 2023/2024 Sergio Beraldo 89-101 Dimensioni del settore pubblico General government spending provides an indication of the size of government across countries. https://data.oecd.org/gga/general-government-spending.htm https://www.programmazioneeconomica.gov.it/andamenti-lungo-periodo-economia-italiana/#Tasso%20di%20crescita%20del%20PIL%20reale Entrate AP, Italia (% PIL) Spese AP, Italia (%PIL) Conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche, 2022 Conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche, 2022 Va fatta una distinzione tra entrate ed uscite correnti e in conto capitale. Le prime si riferiscono a entrate e spese necessarie per il normale funzionamento degli enti delle Ap; le seconde, a entrate di tipo straordinario o a spese di investimento destinate ad aumentare la capacità produttiva sociale. Tra le entrate correnti troviamo le principali forme di imposizione: le imposte dirette, le imposte indirette e i contributi sociali effettivi, a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori. Imposte dirette imposte indirette = pressione tributaria Pressione tributaria + contributi sociali effettivi = pressione fiscale Tra le uscite è importante distinguere le voci che costituiscono una domanda diretta di beni e servizi dai trasferimenti. Tra le spese correnti troviamo le retribuzioni ai dipendenti pubblici e gli acquisti di altri beni e servizi, mentre per quelle in conto capitale troviamo gli investimenti diretti delle Ap. Entrate correnti – uscite correnti = risparmio pubblico Risparmio pubblico + risparmio privato = risparmio tot. Economia Entrate tot – uscite tot = indebitamento netto, quest’ultimo non deve essere confuso con il debito pubblico (stock) in quando è un flusso. Il saldo primario è invece pari all’indebitamento netto con l’esclusione delle spesa per interessi. Con l’espressione spesa primaria si intende, la spesa al netto degli interessi. Spese AP e pressione fiscale, Italia (% PIL) Indebitamento netto, saldo primario, vincolo Patto stabilità e crescita (%PIL) Le entrate: dal 1970 ad oggi, la pressione fiscale in Italia è aumentata in misura impressionante. Negli anni successivi si osserva una sostanziale stabilità delle pressione fiscale, con una fase di lieve declino fino al 2005, seguita da un trend lievemente positivo. Nel corso degli ultimi cinquant’anni la composizione delle principali entrate si è profondamente modificata. Nel 1970 il sistema era fortemente sbilanciato a favore dei contributi sociali e delle imposte indirette, mentre era molto modesto il ruolo delle imposte dirette. Si lamentavano iniquità e distorsioni. La fondamentale riforma del 1973-74 ha gradualmente modificato la situazione, dando un peso crescente alle imposte dirette, grazie al ruolo centrale dell’IRPEF, il cui gettito è aumentato significativamente anche per effetto del fiscal drag. Metà degli anni 90: imposizione diretta diviene la fonte principale del sistema fiscale. Fine anni 90: entrata nell’unione monetaria, ridurre i contributi sociali, abbassare il costo del lavoro che influisce sulla competitività delle imprese. Influisce la riforma Visco 1997 con una nuova imposta sul valore aggiunto netto. 2001-06: i governi di destra si preoccupano degli effetti distorsivi che possono avere imposte sui redditi troppo elevate. Riforma Tremonti si concentra sulla riduzione della tassazione dei redditi delle società e dell’imposta personale sui redditi, con l’introduzione della no tax area e di un sistema di deduzioni, che hanno avuto l’effetto di abbassare il carico delle imposte dirette di circa un punto di Pil, compensate da aumenti di prelievi indiretti e dei contributi sociali. Negli ultimi anni si osserva tuttavia una ripresa dell’aumento della pressione fiscale, dovuto ad un recupero dell’evasione (governi centro-sinistra) e maggiori vincoli della finanza pubblica. Le spese. La storia della dinamica della spesa pubblica in rapporto al pil degli ultimi cinquant’anni può essere suddivisa in sotto periodi: il periodo dagli anni 70 fino al 1992, caratterizzato da una grande espansione, soprattutto negli anni 80; il periodo dal 1992 al 1997 caratterizzato da un significativo rientro; gli anni successivi che segnalano una moderata crescita della spesa ma con picchi in occasione della grande crisi finanziaria del 2008 1992 dopo la sottoscrizione del trattato di Maastrich, che implicava impegni molto severi di consolidamento fiscale, si abbatte sulla lira una grave crisi valutaria. Con il governo Amato inizia il risanamento finanziario e portata a termine dal governo Prodi. Debito pubblico, OECD 101-103 Evoluzione del debito pubblico italiano (1962-2020 - Dati: Osservatorio Conti Pubblici Italiani, Università Cattolica) 180 160 140 120 100 80 60 40 Divorzio Banca Crisi SME EURO Crisi sub- Crisi debito covid 20 d’Italia- Maastricht prime sovrano Tesoro 0 2020* 1972 1986 2000 2014 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2015 2016 2017 2018 2019 Variazione nella spesa pubblica (al netto degli interessi), 2009-2017, %PIL Fiducia nel governo Trust in government refers to the share of people who report having confidence in the national government. Data reflect the share of respondents answering “yes” to the question: “In this country, do you have confidence in… national government?. The sample is ex ante designed to be nationally representative of the population aged 15 and over. This indicator is measured as a percentage of all survey respondents. Sfiducia Frammentazione Breve durata parlamentare dei governi Struttura Sfiducia da parte costituzionale dei cittadini inadeguata (es. Bicameralismo perfetto) Durata dei governi (in giorni!) Durata dei governi – un confronto 70 60 50 40 30 20 10 0 Italy (1946-2016) France (1958-2016) Germany (1949-2016) Number of Governments Duration (months) Determinanti dell’evoluzione del rapporto debito /PIL* Determinanti dell’evoluzione del rapporto debito /PIL* Determinanti dell’evoluzione del rapporto debito /PIL* 10 -10 -8 -6 -4 -2 0 2 4 6 8 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1976 1977 1978 1979 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Osservatorio Conti Pubblici Italiani, Università Cattolica) 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 Evoluzione del tasso di crescita reale dell’economia (1962-2020 - Dati: Fonte: https://www.programmazioneeconomica.gov.it/andamenti-lungo-periodo-economia-italiana/#Tasso%20di%20crescita%20del%20PIL%20reale 15-22 Bilancio pubblico Richard Musgrave The theory of public finance (New York 1959) → Attraverso il bilancio pubblico si perseguono finalità connesse con la stabilizzazione (del ciclo economico), l’allocazione delle risorse, la redistribuzione Incentivazione economica distribuzione del carico tributario può agevolare alcune aree o attività Correzione di distorsioni o inefficienze (es: imposte pigouviane) Anche a causa di una tale molteplicità di obiettivi, nei sistemi tributari avanzati non esiste una sola imposta, ma una varietà di imposte Il mercato non può esistere in assenza di altre istituzioni, senza le quali non potrebbe esprimere il meglio della sua funzione. Tra queste istituzione, troviamo lo stato, che manifesta la sua presenza in molteplici campi (sicurezza, giustizia, amministrazione, infrastrutture, scuole) e a molti livelli nazionali e locali. Il ruolo dello stato si traduce in attività che hanno una rilevanza finanziaria. Affrontando lo studio della scienza delle finanze è naturale cercare di ordinare e classificare le funzioni che lo stato deve assolvere attraverso lo strumento di bilancio e della regolamentazione. La tripartizione proposta da R. Musgrave è articolare l’attività finanziaria dello stato in tre fondamentali funzioni: allocazione, redistribuzione e stabilizzazione. In questa visione lo stato è visto come un benevolente pater familis, che ha come finalità il perseguimento del bene comune, in nome e per conto del popolo. Lo stato è visto come un attore con proprie finalità e obiettivi Allocazione L’allocazione cerca di capire in che modo lo stato influenza l’efficienza economica. Con i fallimenti del mercato possiamo spiegare l’intervento dello stato, nella sua attività di regolazione delle attività private o di produzione dei beni e servizi che il mercato non ha interesse a produrre o non produce nella dimensione adeguata, finisce fatalmente per avere degli effetti allocativi. Redistribuzione È la seconda funzione dello stato e realizzata con il bilancio pubblico. Lo stato ha il potere di modificare questa distribuzione e lo in misura molto intensa. Le forme delle sue azioni redistributive sono molteplici. ❖ Trasferimenti monetari a favore di particolari gruppi di cittadini ❖ Redistribuzioni derivanti dal modo in cui è costruito o modificato un sistema tributario. ❖ Redistribuzione intervenendo sui prezzi dei beni. ❖ Infine le redistribuzioni possono essere realizzate attraverso la fornitura diretta di servizi ai cittadini, in funzione dei loro bisogni e non della capacità che hanno di pagare i servizi offerti Redistribuzione È in ogni caso molto difficile immaginare un intervento pubblico che non abbia effetti redistributivi, che non modifichi la distribuzione delle risorse, e quindi del benessere, da un soggetto ad un altro della società. Molte volte questi effetti non sono intenzionali, ma sono il risultato di azioni intraprese con altre finalità (allocative, ad esmpio). Stabilizzazione È la terza funzione dello stato proposta da Musgrave, a cui è affidato il compito di garantire un livello di produzione il più vicino possibile a quello di pieno impiego. Il modello dell’equilibrio economico generale, ha come esito il pieno impiego dei fattori produttivi, fra cui riveste particolare interesse il lavoro. Teoria positiva, teoria normativa ed Economia del benessere. Teoria positiva: Si occupa di descrivere e spiegare la realtà così com’è. È basata su dati, osservazioni ed esperimenti. Ha un carattere oggettivo e mira a formulare modelli e leggi generali. Teoria normativa: Si occupa di come la realtà dovrebbe essere secondo valori etici, morali o sociali. Ha un carattere soggettivo e prescrittivo, basato su giudizi di valore. È utilizzata per proporre riforme o miglioramenti. La teoria normativa è diventata una disciplina a sé stante e la si è chiamata Economia del benessere (Welfare Economics). Teoria positiva, teoria normativa ed Economia del benessere. L’economia del benessere, studia il funzionamento di un’economia di produzione e di scambio da un altro punto di vista. Essa si domanda quale debba essere la configurazione ottimale di un sistema economico, in cui siano presenti piu individui, con diversi sistemi di preferenze e diversi dotazioni iniziali di fattori e di beni. Il suo fine è definire un ottimo sociale, vale a dire la quantità di beni e servizi da produrre e la distribuzione degli stessi che consentono si realizzare una situazione di massimo benessere collettivo. L’economia del benessere attribuisce un particolare valore al principio di efficienza, noto anche come principio di Pareto. Principio di Pareto Con riguardo alla produzione, il principio di efficienza è strettamente connesso all’idea di razionalità. Con riguardo allo scambio, dovendo distribuire tra gli individui della società una certa quantità di beni, una riallocazione delle risorse che migliori il benessere di un individuo senza arrecare danno agli altri rappresenta un miglioramento del benessere della società. La razionalità dell'efficienza produttiva e la plausibilità dell'efficienza nello scambio sono sembrate agli studiosi di economia del benessere punti di riferimento utili per porre le basi della ricerca dell'ottimo sociale, tali da motivare gli sforzi per individuare le situazioni in cui tali principi possono essere realizzati (i punti di ottimo paretiano) Principio di Pareto La teoria economica ha infatti dimostrato che se si può restare rigorosamente fedeli ai presupposti di scritti dall'economia del benessere (razionalità, individualismo, ecc.) e al principio di efficienza parità, è impossibile arrivare a definire una certa regola di decisione collettiva e cioè una regola di scelta fra diversi Stati sociali che conduca al massimo benessere della società (Teorema dell'impossibilità di Arrow) Accanto al principio di efficienza paretiana, si devono quindi prendere in considerazione altri principi che riflettono giudizi di valore, nozioni di equità e giustizia. I due teoremi dell’economia del benessere e l’ottimo sociale Pur senza alcun bisogno di caratterizzare il contesto istituzionale, vale a dire senza dover specificare se ci troviamo in un'economia decentrata in cui esistono imprese private o in un'economia a pianificazione centralizzata, è possibile definire alcune condizioni che devono essere rispettate affinché si possa raggiungere il massimo benessere collettivo. Le condizioni del primo gruppo sono note come condizioni di efficienza paretiana. Nella situazione di ottimo: 1. il saggio marginale di sostituzione tra i beni X1 e X2 dell'individuo 1 è identico all'analogo saggio marginale di sostituzione dell'individuo 2 (efficienza nello scambio) 2. i saggi marginali di sostituzione tecnica dei fattori produttivi K e L sono uguali nella produzione di entrambi i beni (efficienza nella produzione) 3. per il sistema nel suo complesso, il saggio marginale di trasformazione tra due beni calcolato sulla frontiera della produzione eguaglia il tasso marginale di sostituzione dei due individui (efficienza nella composizione del prodotto). Se queste tre condizioni sono rispettate, siamo in presenza di una situazione Pareto efficiente, e cioè di una situazione di ottimo paretiano in cui non è possibile riorganizzare la produzione e la distribuzione dei beni in modo da migliorare la posizione di benessere di un individuo senza danneggiare quella di un altro individuo. I due teoremi dell’economia del benessere e l’ottimo sociale Le condizioni del secondo gruppo riguardano la funzione del benessere sociale, la quale non compare nella definizione delle condizioni del primo gruppo. Esse affermano che nella situazione di ottimo sociale l'utilità marginale sociale prodotta dall'incremento di un'unità addizionale di bene, X1 o X2, messa a disposizione di un individuo deve essere uguale per ogni individuo. Partendo da una data grande frontiera dell'utilità e da una funzione del benessere sociale, questo secondo gruppo di condizioni consente di individuare il punto della grande frontiera dell'utilità a cui corrisponde il massimo benessere sociale. I due teoremi dell’economia del benessere e l’ottimo sociale I due teoremi dell’economia del benessere e l’ottimo sociale Tutti i punti che giacciono sulla curva sono punti di ottimo paretiano e sono posizioni di first best I punti fuori la frontiera come il punto F, descrivono livelli di benessere che non sono raggiungibili dall’economia considerata con le tecniche e risorse disponibili. Il punto P rappresenta l’ottimo sociale Primo teorema dell’economia del benessere Il primo teorema dell'Economia del benessere afferma che le condizioni di efficienza paretiana (nella produzione, nello scambio e nella composizione del prodotto) sono realizzate in una particolare configurazione istituzionale: un’ economia decentrata di concorrenza perfetta. In altre parole, se lasciamo operare un mercato in condizioni di concorrenza perfetta, come quella descitta dalla teoria positiva dell’equilibrio economico generale, partendo da date dotazioni iniziali, l’allocazione dei fattori produttivi e la produzione dei beni che ne emergono sono Pareto efficienti. Questo teorema sancisce che un’economia di mercato di concorrenza perfetta possiede caratteristiche di ottimalità paretiana. Primo teorema dell’economia del benessere La soluzione Pareto efficiente definita dal mercato concorrenziale dipende però dalla distribuzione iniziale delle risorse. Partendo da una diversa distribuzione, si arriva ad una diversa soluzione sulla grande frontiera dell'utilità, anch'essa Pareto efficiente, ma caratterizzata da una diversa distribuzione del benessere tra gli individui e quindi da un diverso valore della funzione del benessere sociale. Dal punto di vista sociale il mercato di concorrenza perfetta permette di realizzare l'efficienza paretiana, ma non può risolvere il problema della distribuzione ottimale del benessere tra gli individui. In altre parole, dal punto di vista distributivo la soluzione individuata da un'economia di mercato solo per caso può coincidere con quella di ottimo sociale. Secondo teorema dell’economia del benessere Il secondo teorema dell'Economia del benessere afferma che, modificando opportunamente le dotazioni iniziali con particolari strumenti di redistribuzione, imposte o sussidi in somma fissa (lump sum taxes), un'economia concorrenziale consente di raggiungere qualsivoglia stato sociale Pareto efficiente sulla grande frontiera dell'utilità. Grazie a questo teorema si può allora fornire un ulteriore motivo per sostenere la validità normativa di un economia decentrata di tipo concorrenziale. Lasciandola operare si risolve intatti il problema dell'impiego efficiente delle risorse (problema in cui hanno fallito le economie pianificate dal centro) e si è quindi in grado di raggiungere un punto sulla grande frontiera dell'utilità. La soluzione offerta dal mercato può però non essere gradita dal punto di vista distributivo; può darsi infatti che, sulla base della funzione del benessere sociale, in quella società si preferisca altro punto della grande frontiera dell’utilità. Secondo teorema dell’economia del benessere Il problema può allora essere risolto utilizzando lump sum taxes, che consentono di passare alla soluzione ottimale individuata dalla funzione del benessere sociale, come punto di tangenza fra tale funzione e la grande frontiera dell’utilità. Cos’è una lump sum tax? È una forma di imposta/sussidio che redistribuisce risorse senza influenzare i segnali (i prezzi relativi) che i consumatori e i produttori hanno come punto di riferimento nel compiere le proprie scelte in un mercato concorrenziale. Essa consente di evitare distorsioni nei comportamenti dei soggetti e non violare le tre condizioni di efficienza paretiana. Una lump sum tax è dunque caratterizzata dal fatto di essere commisurata a fattori che sono esogeni, cioè fuori dal controllo dell'individuo a cui viene applicata. La realizzazione di un sistema di imposte/sussidi di questo tipo è chiaramente impossibile. Il governante, cioè il soggetto politico che ha il controllo della funzione del benessere sociale e il compito di massimizzarla, dovrebbe disporre di numerose informazioni sugli individui della società, ad esempio, conoscere le funzioni di preferenza di tutti, ed essere in grado di individuare strumenti fiscali che ben difficilmente potrebbero funzionare senza costi di gestione enormi. Se, per correggere la distribuzione realizzata dal mercato concorrenziale, il governo non è in grado di usare strumenti neutrali come le lump sum taxes, ma utilizza imposte che generano distorsioni, l'intervento correttivo comporta l'abbandono della grande frontiera e quindi di soluzioni di First Best. Secondo teorema dell’economia del benessere In realtà, il valore del secondo teorema è prevalentemente di tipo negativo: Ci insegna cioè che se ci poniamo nella prospettiva di privilegiare l'economia di mercato come strumento per realizzare l'ottimo sociale, anche se l'economia reale corrispondesse esattamente ad un sistema di concorrenza perfetta (e già questo è, un bel problema!), il problema distributivo non sarebbe ancora risolto. La conclusione da trarre è che, sebbene l'economia decentrata e concorrenziale assolva un ruolo importante che può essere valutato con favore dal punto di vista normativo, essa non è in grado di garantirci il raggiungimento della soluzione desiderata di First Best sulla grande frontiera dell'utilità. Nella realtà in cui viviamo ci troviamo quasi sempre in situazioni di Second Best, dovute o all'assenza delle condizioni di concorrenza perfetta o all'uso di strumenti non neutrali messi in atto per realizzare equilibri distributivi coerenti con la funzione del benessere sociale. L'interpretazione del primo teorema dell'economia del benessere in equilibrio parziale L’equilibrio parziale si concentra su un singolo mercato, invece che sull’intera economia (equilibrio generale). Applicando il primo teorema dell’economia del benessere in questo contesto, si ottiene che, in un singolo mercato competitivo, il prezzo di equilibrio garantisce un’allocazione efficiente delle risorse in quel mercato, dato che: 1.I consumatori massimizzano la loro utilità: ognuno sceglie quanto consumare in base ai prezzi e al proprio vincolo di bilancio. 2.Le imprese massimizzano il profitto: producono fino al punto in cui il costo marginale è uguale al prezzo di mercato. 3.Il mercato raggiunge un equilibrio: la quantità domandata è uguale alla quantità offerta. In sintesi, in un equilibrio parziale, il primo teorema dell’economia del benessere implica che un mercato concorrenziale conduce a un’allocazione efficiente delle risorse entro quel mercato specifico, ma non necessariamente nell’intero sistema economico. La funzione del benessere sociale 1. Funzione benthamiana: il benessere è la somma delle utilità degli individui, questa concezione mira a massimizzare il benessere collettivo senza guardare a quello singolo. 2. Funziona equalitaria: ogni individuo delle società deve raggiungere lo stesso livello di benessere. 3. Funzione Rawlsiana: il benessere aumenta se viene migliorata la posizione di chi sta peggio nella società La realtà in cui viviamo non è riconducibile ai teoremi dell’economia del benessere per due ragioni. La prima è connessa all'impossibilità di utilizzare il secondo teorema dell'Economia del benessere, a causa dell'impraticabilità delle lump sum taxes. In questo contesto, l'intervento pubblico, nel perseguire obiettivi di redistribuzione e/o stabilizzazione, non può evitare di fare uso di strumenti distorsivi. La seconda circostanza è connessa all'impossibilità di conformare la realtà alla concorrenza perfetta in condizioni di pieno utilizzo delle risorse produttive disponibili. Una delle più patenti violazioni delle condizioni di First Best, in un'economia di mercato, è costituita dalla presenza della non piena occupazione. Il fatto che non tutti coloro che desiderano lavorare abbiano l'opportunità di farlo è il più evidente segno che il sistema economico non sta sfruttando al massimo le proprie possibilità di generare benessere. Per questa e per molte altre imperfezioni dei mercati, lo status quo del mondo in cui viviamo è necessariamente costituito da una posizione di Second Best. Anche in questo contesto, la ricerca di una maggiore efficienza paretiana può entrare in conflitto con l’equità, cosi come questa risulta descritta dalla funzione del benessere sociale. Fallimenti del mercato L ’espressione «fallimenti del mercato» indica quelle situazioni in cui l’efficienza allocativa non si realizza spontaneamente. Il libero interagire degli interessi individuali, in altri termini, non conduce a un esito socialmente soddisfacente. Il mercato fallisce se per qualche ragione non è possibile attraverso lo scambio raggiungere posizioni Pareto efficienti. In tutti i casi di fallimento del mercato esistono scambi mutuamente vantaggiosi che non sono posti in essere. Tipicamente il mercato fallisce in presenza di: Esternalità Beni pubblici Monopoli Asimmetrie informative Monopolio Le posizioni monopolistiche portano dunque ad una sottoproduzione e ad un minore benessere. L’intervento pubblico in tal caso può essere giustificato e le forme di intervento possono essere molto diverse. La piu semplice sarebbe quella di rimuovere le cause che comportano una situazione di monopolio. Vi sono però casi in cui questa politica può rilevarsi inefficace. Possono esserci delle situazioni in cui il formarsi di situazioni monopolistiche è inevitabile, queste situazioni sono conosciute come monopoli naturali. Un altro caso di fallimento del mercato: i beni pubblici I Beni pubblici puri sono caratterizzati da: non rivalità nel consumo; non escludibilità dai benefici Non rivalità : il consumo da parte di un individuo non preclude il consumo del bene da parte di altri (né riduce il beneficio che essi ottengono) La quantità di bene consumata è uguale per tutti (anche se, ovviamente, il beneficio che ciascuno ottiene da un certo livello di fornitura può essere diverso); una volta che il bene sia fornito, l’aggiunta di un consumatore addizionale non aumenta il costo di produzione, ossia il costo marginale connesso al consumo di un ulteriore individuo è nullo (es: la difesa nazionale, un faro, l’illuminazione stradale ecc) Non escludibilità : escludere qualcuno dal consumo è tecnicamente impossibile (faro, difesa nazionale) oppure è economicamente non conveniente (parco, strada) Ciò induce gli individui a non dichiarare veridicamente le proprie preferenze in modo da avvantaggiarsi senza costo della fornitura del bene (free-riding) - Il problema è che in presenza di free-riding è possibile che non si rendano disponibili risorse necessarie a finanziare la fornitura del bene Un altro caso di fallimento del mercato: i beni pubblici Si supponga che gli individui dichiarino veridicamente le proprie preferenze. In tal caso è possibile individuare la disponibilità marginale a pagare di ogni individuo per ciascuna unità di bene addizionale; essa è pari al saggio marginale di sostituzione (la quantità di bene privato o reddito che ciascun individuo è disposto a cedere per un’unità aggiuntiva di bene pubblico), ossia al beneficio marginale che si ottiene dal bene pubblico Nel caso dei beni pubblici, poiché la quantità consumata è la stessa per tutti i consumatori, la domanda complessiva si calcola sommando per ciascuna unità di bene la disponibilità marginale a pagare degli individui Fin quando la somma delle disponibilità a pagare è superiore al saggio marginale di trasformazione (indicante la quantità di bene privato cui occorre rinunciare, data la tecnologia per un’ulteriore unità di bene pubblico) è opportuno espandere l’offerta La quantità efficiente di bene pubblico è quella per cui la somma dei saggi marginali di sostituzione eguaglia il saggio marginale di trasformazione Beni Pubblici Le caratteristiche principali sono: 1. Non rivalità: il consumo da parte di un soggetto non impedisce ad un altro soggetto di consumare quel bene. 2. Non escludibilità: il bene non ricade su tutti, non esclude nessuno dal poter usufruire di quel determinato bene Oltre al caso di bene pubblico possiamo avere anche beni misti 1. Escludibile-rivale= bene privato 2. Escludibile- non rivale= bene tariffabile (autostrada) 3. Non Escludibile- rivale= bene comune (pesca) 4. Non escludibile- non rivale= bene pubblico Equilibrio concorrenziale con beni privati e beni pubblici Equilibrio concorrenziale con beni privati e beni pubblici Come funziona un’economia concorrenziale in cui esistono anche beni pubblici oltre ai beni privati lo si può intuire grazie al contributo di Samuelson. In un contesto positiva, se gli individui sono disposti a rilevare le proprie preferenze per i beni pubblici, in un mercato concorrenziale è possibile definire un insieme di quantità e di prezzi rispettivamente per i beni privati e per i beni pubblici, purché si possa immaginare per i beni pubblici, l’esistenza di una sorta di mercato individualizzato, che consenta di determinare prezzi personalizzati. Per i beni pubblici in equilibrio il prezzo per un’unità non è uguale alla valutazione marginale che del bene da ciascun individuo, ma sarà pari alla somma di tali valutazioni marginali. Questo aspetto è stato messo in evidenza da Bowen in un contesto di equilibrio parziale ma non nel caso di equilibrio generale. Equilibrio concorrenziale con beni privati e beni pubblici Bowen: nel caso di beni privati la domanda aggregata di un bene si ricava sommando orizzontalmente le domande individuali, mentre la domanda aggregata di un bene pubblico si ottiene sommando verticalmente le domande individuali. In un contesto normativo, utilizzando cioè lo stesso impianto dell’economia del benessere sulla cui base sono stati derivati i due fondamentali teoremi, Samuelson ricava le condizioni di ottimo sociale anche in presenza di beni pubblici. La sua analisi, afferma che, per i beni pubblici, la condizione di ottimo paretiano si realizza quando la somma dei saggi marginali di sostituzione tra bene privato e pubblico di tutti gli individui è uguale al costo marginale della produzione del bene pubblico. Equilibrio concorrenziale con beni privati e beni pubblici In un contesto normativo, utilizzando cioè lo stesso impianto dell’economia del benessere sulla cui base sono stati derivati i due fondamentali teoremi, Samuelson ricava le condizioni di ottimo sociale anche in presenza di beni pubblici. La sua analisi, afferma che, per i beni pubblici, la condizione di ottimo paretiano si realizza quando la somma dei saggi marginali di sostituzione tra bene privato e pubblico di tutti gli individui è uguale al costo marginale della produzione del bene pubblico. Questo risultato è ottenibile se il governante è in grado di conoscere le valutazioni degli individui, relativamente sia ai beni privati sia ai beni pubblici. Samuelson non si preoccupa però di individuare, con riferimento alla teoria positiva, i meccanismi istituzionali che consentano di determinare i prezzi- imposta che gli individui dovrebbero pagare Il fallimento del mercato in un’economia con beni pubblici Gli individui non hanno interesse a rilevare le loro preferenze: tale fenomeno è noto come free riding. Dato che un’unità di bene pubblico, una volta disponibile, sarà godibile, senza possibilità di esclusione, da tutti i soggetti, nessuno si farà avanti per pagare. Poiché il prezzo che copre il costo, in un’economia con beni pubblici deve essere pari alla somma delle valutazioni marginali individuali, la sottovalutazione da parte degli individui fa si che le imprese non possano produrre i beni pubblici nella quantità ottimale, perché produrrebbero in perdita. Un modo per risolvere il problema del free riding potrebbe essere quello di affidare allo stato l’offerta e la determinazione dei prezzi-imposta (situazioni di difficile applicazione, lo stato dovrebbe avere una quantità enorme di informazioni) Il fallimento del mercato in un’economia con beni pubblici con riferimento al problema del free rider, se considerassimo la decisione di rilevare o meno le proprie preferenze come un gioco, tale situazione si configurerebbe come un gioco non cooperativo simile al Dilemma del prigioniero. La soluzione scelta dai partecipanti al gioco è quella di non dichiarare le proprie preferenze, raggiungendo una situazione (non produzione del bene pubblico) che è meno preferita di un'altra strategia che potrebbe essere superiore dal punto di vista paretiano. Non rilevare le preferenze è cioè una strategia dominante per tutti i soggetti del sistema economico e pertanto il bene pubblico in un’economia decentrata non verrà né offerto ne domandato. Si ha cosi un primo caso di fallimento del mercato, che può richiedere l’intervento pubblico. Fallimenti del Mercato Alcuni economisti (cfr. Inman, Handbook of Public Economics, 1987) ritengono che il dilemma del prigioniero sia in grado di catturare la logica sottostante tutti i fallimenti del mercato Esitono scambi mutuamente vantaggiosi che - per le particolari circostanze nelle quali avviene l’interazione - gli agenti non effettuano Una consolidata tradizione all’interno della Scienza Economica ritiene che in questi casi debba essere l’autorità di governo a intervenire per assicurare un esito maggiormente soddisfacente Questo è ciò che Robert Sugden etichetta come lo US Cavalry approach Un approccio alternativo indaga i meccanismi che spontaneamente s’innescano in modo da limitare o eliminare il fallimento Regolazione spontanea o intervento pubblico? Il caso delle esternalità è emblematico Secondo una tradizione consolidata, risalente ad Alfred Marshall (1842-1924) e soprattutto ad Arthur Cecil Pigou (1877-1959), in presenza di esternalità si rende necessario l’intervento dell’autorità di governo. Muovendosi lungo la linea di ricerca inaugurata dal premio Nobel Ronald Coase con un articolo pubblicato nel 1960 (The problem of social cost Il Dilemma del Prigioniero cattura il tratto comune a tutti i http://www.econ.ucsb.edu/~tedb/Courses/UCSBpf/readings/coase.pdf) fallimenti del mercato. Vi è un unico esito «razionale». Tale esito è molti economisti hanno analizzato in quali circostanze il libero caratterizzato dal fatto che nessuno dei due individui coopera. accordo tra gli individui consente di superare il fallimento del mercato senza alcuna necessità d’intervento da parte dell’autorità di governo Nella stessa direzione i contributi della premio Nobel Elinor Ostrom Definizione di esternalità Le decisioni di un agente (di produzione o consumo) non influenzano esclusivamente la sua condizione, ma anche quella di altri agenti Esempio: impresa che scarica in un fiume i residui della produzione di prodotti chimici; l’acqua del fiume è utilizzata anche da un’altra impresa, che la utilizza per produrre birra L’impresa che produce prodotti chimici sceglie il livello della produzione in modo da massimizzare i propri profitti; non tiene conto degli effetti della propria produzione sui profitti dell’altra impresa Esternalità Produttore-consumatore negativa Produttore-produttore negativa Produttore-produttore positiva Consumatore-produttore negativa Consumatore-produttore positiva Consumatore-consumatore positiva Consumatore-consumatore negativa Un semplice modello Si denoti con x il livello di attività dell’impresa inquinante. Si supponga che l’impresa chimica produca l’output e gli scarichi in proporzioni fisse; i suoi profitti B(.), possono essere considerati funzione degli scarichi prodotti, x Il danno, in termini di mancati profitti per l’impresa che produce birra sia D(x) Livello efficiente di attività produttiva (e dunque di inquinamento), x* 2 possibili regimi: permissivo ( 𝑥 = 𝑥1 ), restrittivo ( 𝑥 = 0 ) → Esternalità legata ad un’attività produttiva. entrambi inefficienti - Guadagni potenziali dallo scambio Si supponga, per ipotesi, che per la distribuzione dei diritti di proprietà il regime in atto sia quello permissivo; nel passaggio da x1 a x*, i profitti dell’impresa che produce vernici si riducono di c, mentre quelli dell’impresa che produce birra aumentano di c+d Rimedi esternalità 1. Produzione pubblica: produzione da parte dello stato dell’attività che genera esternalità 2. Fusione delle imprese: incentivi economici da parte dello stato in modo da raggiungere la fusione tra 2 imprese, ovviamente ci riferiamo ad imprese le quali una genera esternalità e un’altra subisce esternalità 3. regolamentazione: disposizioni di legge per impedire comportamenti inquinanti. In questo modo la legge ricadrà su tutte le imprese indifferentemente dal contesto. Rimedi esternalità 4. Imposte pigouviane: imposte pari al costo marginale esterno, valutato nel punto efficiente, che inducano il produttore A al livello efficiente di produzione. L’adozione di imposte di questo tipo non costituisce una soluzione di facile applicazione. 5. Teorema di Coase: le conclusioni degli economisti in tema di fallimento del mercato attribuibile ad effetti esterni negativi non sono corrette, perché non tengono in adeguato conto le possibilità di reazione degli individui alle esternalità stesse. L'intervento dello Stato, ad esempio utilizzando imposte pigouviane, non sarebbe necessario, data la natura «reciproca» dell'esternalità. Il problema secondo Coase è quello di definire con esattezza l’attribuzione dei diritti ai soggetti interessati. Una volta fissati i diritti e indipendentemente dalla scelta compiuta, è sufficiente lasciare alle parti la possibilità di contrattare, cioè lasciare il mercato operare, al fine di raggiungere una situazione efficiente. Questo teorema presenta alcuni limiti. Quello piu grave è costituito dal fatto che una contrattazione privata tra le parti interessate non è sempre agevole o possibile. In ogni caso, poi la soluzione di Coase lascia indeterminato il problema redistributivo che inevitabilmente si deve affrontare quando di allocano i diritti di proprietà. 6. Diritti di inquinamento trasferibili Il «Teorema di Coase» Un contratto in cui l’impresa chimica si impegnasse a ridurre la produzione in modo da passare da x1 a x*, ottenendo come corrispettivo dall’impresa produttrice di birra un pagamento pari a c+θd (0< θ media dei tre paesi più virtuosi Tassi d’interesse non superiori di più di due punti rispetto a quelli medi dei tre paesi ad inflazione più bassa Rispetto degli accordi di cambio nei due anni precedenti Indebitamento netto PA non > 3% PIL Rapporto debito Pil non > 60% Qual è la ragione dei vincoli stringenti sui disavanzi? Ricorso del singolo Paese al finanziamento con debito può comportare un incremento dei tassi d’interesse a livello Unione [esternalità] → questa spiegazione non è ritenuta efficace Qual è la ragione dei vincoli stringenti sui disavanzi? Strumento addizionale di protezione della BCE da pressioni per un bail-out del debito con conseguenze inflazionistiche. Secondo questo punto di vista potrebbe verificarsi una sequenza di eventi del tipo che segue: 1. Situazione di deficit eccessivo non controllato di un Paese → 2. I mercati temono che gli impegni non saranno onorati o paventano forzose conversioni delle condizioni di prestito → 3. Vendite dei titoli del Paese, i cui corsi crollano → 4. Le Banche che hanno titoli in pancia subiranno perdite in conto capitale; possibilità di crisi finanziaria → 5. I problemi si trasmetteranno anche alle altre Banche dell’Unione → 6. Per ovviare alla crisi di sfiducia, il SEBC può essere costretto a comprare i titoli dello Stato in crisi, aumentando la liquidità e i rischi di inflazione → 7. La crisi di un paese dell’Unione è sopportata da tutti i cittadini europei → 8. Se tutto ciò è ritenuto plausibile, ogni Stato avrà interesse ad adottare comportamenti poco virtuosi Principali tappe evolutive del patto di stabilità e crescita Trattato di Amsterdam (1997) → Patto di Stabilità e crescita (PS) – Disciplina le procedure per i disavanzi eccessivi Con il PS i paesi si impegnano ad avere nel medio termine un obiettivo di bilancio prossimo al pareggio o con saldo positivo Il saldo di bilancio a medio termine è stato interpretato come saldo di bilancio strutturale: saldo di bilancio in corrispondenza di una situazione in cui il prodotto effettivo corrisponde a quello potenziale Principali tappe evolutive del patto di stabilità e crescita – Fase preventiva Patto di stabilità e crescita: le procedure di controllo del rispetto dei vincoli di bilancio si articolano in due fasi: 1. Fase preventiva 2. Fase correttiva Principali tappe evolutive del patto di stabilità e crescita – Fase preventiva Fase preventiva – I Paesi partecipanti all’UM predispongono Programmi di stabilità [Presentati alla Commissione che li sottopone ad istruttoria e quindi alla valutazione del Consiglio dell’Unione Europea] Programmi di stabilità: Contengono informazioni sull’evoluzione dei saldi di Finanza Pubblica e le ipotesi circa l’evoluzione delle principali variabili macroeconomiche– L’indicazione delle misure di politica economica necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati I programmi si devono estendere almeno ai tre anni successivi (i governi generalmente indicano un percorso di avvicinamento agli obiettivi, che si concretizza nell’anno finale) Principali tappe evolutive del patto di stabilità e crescita – Fase preventiva Il Consiglio dell’Unione Europea valuta i Programmi e può: Dare luogo ad un avvertimento preventivo (early warning), proposto alla Commissione e sancito dall’ECOFIN – Invito a mettere in atto misure adeguate ad evitare lo sfondamento del 3% Consigli di Policy Principali tappe evolutive del patto di stabilità e crescita – Fase correttiva Fase correttiva: Apertura procedura per disavanzi eccessivi (superato il limite del 3% nel rapporto deficit/pil) Invio Raccomandazioni cui uniformarsi entro due anni In caso di mancata realizzazione sono previste sanzioni (0.2% del PIL) - Depositi infruttiferi presso la BCE Nel 2002 la procedura per disavanzi eccessivi fu avviata per Francia e Germania [no sanzioni] In seguito alla pandemia le regole la sorveglianza sulla disciplina fiscale è stata notevolmente ammorbidita. Le regole sono attualmente in fase di revisione Documenti di Finanza pubblica I documenti di finanza pubblica contengono le politiche economiche e finanziarie decise dal Governo. Nel corso degli ultimi decenni i documenti programmatici hanno assunto sempre di più un ruolo chiave nella definizione ed esposizione delle linee guida di politica economica del Paese. In una economia caratterizzata da continui e rapidi cambiamenti, essi svolgono una delicata e importante funzione informativa a livello nazionale, comunitario e internazionale, in grado di rendere pienamente visibili le scelte di policy. L’elaborazione dei documenti programmatici implica un processo lungo e articolato che vede partecipi tutti i Dipartimenti del MEF. Definizioni Quando si discute di finanza pubblica è fondamentale chiarire l’aggregato cui si fa riferimento. Vi sono diverse definizioni di settore pubblico. Le due più importanti sono: Amministrazioni pubbliche, settore pubblico Amministrazioni pubbliche Amministrazione centrale (enti di competenza generale la cui attività si estende su tutto il territorio nazionale: Stato, Organi costituzionali, Camere, Corte dei conti. Authorities, ISTAT, CNR,..) Enti di previdenza (INPS, INAIL,…); enti che si finanziano con i contributi sociali Amministrazione locale (Regioni, Comuni, Province, Asl, Camere di commercio, Università,…) Conti delle AP: conti economici (escludono le entrate e uscite finanziarie che non danno luogo a variazioni patrimoniali), consolidati (elidono le transazioni tra enti appartenenti all’insieme), di competenza (vengono conteggiate le erogazioni la cui maturazione è avvenuta nell’anno di competenza, a prescindere dallo effettivo esborso monetario) Il settore pubblico è un aggregato più ampio che comprende anche le Aziende autonome statali e gli enti ad esse assimilate Nuove regole A partire dal 2011, in reazione agli effetti della crisi sulla finanza pubblica, a livello comunitario è stato istituito un insieme di procedure volte ad assicurare un miglior coordinamento delle politiche economiche Politiche di bilancio articolate in due semestri Primo semestre (cd semestre europeo) il Consiglio europeo stabilisce le priorità di politica economica e di bilancio cui gli stati nazionali sono chiamati ad adeguarsi mediante la redazione di Piani nazionali di riforma e di Piani di stabilità e crescita Questi Piani debbono essere inviati al Consiglio dell’Unione Europea entro aprile; La Commissione elabora Raccomandazioni per i singoli Stati poi approvati dall’ECOFIN Secondo semestre: gli stati nazionali propongono i propri progetti di bilancio tenendo conto di queste Raccomandazioni, la cui attuazione è monitorata dalla Commissione. Nuove regole Il governo attua la manovra di finanza pubblica attraverso il Disegno di legge di stabilità e il Disegno di legge di bilancio, presentati insieme ad un Documento programmatico di bilancio che aggiorna le stime del Piano di stabilità (Doc. Econ. e Finanza, presentato ad aprile … http://www.mef.gov.it/documenti-pubblicazioni/doc-finanza-pubblica/index.html#cont5) Entro il 30 novembre la Commissione esprime un parere Da tenere presente: aggregato di riferimento per la programmazione finanziaria, conto AP Gli obiettivi vengono fissati nell’anno che precede l’esercizio finanziario di riferimento – previsione quadro macroeconomico, cruciale – errori di previsione possono rendere necessarie manovre correttive in corso d’anno Art. 81 [per le nuove esigenze modificato nel 2012] Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale. Nuove regole Dato il Bilancio a legislazione vigente [esprime andamento tendenziale entrate e spese a legislazione vigente dato il quadro macroeconomico]… Dati gli obiettivi programmati della politica di bilancio (espressi prevalentemente come saldi) la cui formulazione comincia ad aprile con la redazione del Documento di Economia e Finanza [Il Documento di economia e finanza (DEF), previsto dalla Legge 7 aprile 2011 n. 39, viene presentato alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno. E’ il principale strumento della programmazione economico-finanziaria in quanto indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine. Viene proposto dal Governo e approvato dal Parlamento. Si compone di tre sezioni e di alcuni allegati.] e si conclude con la nota di aggiornamento al DEF in settembre (NADEF)… Si mette in atto una manovra di correzione del bilancio a legislazione vigente, di cui la Legge di Stabilità è lo strumento – obiettivo: modificare gli andamenti tendenziali per metterli in linea con quelli programmati Documento di Economia e Finanza Il Documento di economia e finanza (DEF), previsto dalla Legge 7 aprile 2011 n. 39, viene presentato alle Camere entro il 10 aprile di ogni anno. E’ il principale strumento della programmazione economico-finanziaria in quanto indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine. Viene proposto dal Governo e approvato dal Parlamento. NADEF - Aggiornamenti al DEF La “Nota di aggiornamento” viene presentata alle Camere entro il 20 settembre di ogni anno per aggiornare le previsioni economiche e di finanza pubblica del DEF in relazione alla maggiore stabilità e affidabilità delle informazioni disponibili sull’andamento del quadro macroeconomico. Il documento contiene l'aggiornamento degli obiettivi programmatici, le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione Europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma. Legge di stabilità \1 La legge di stabilità rappresenta il principale strumento di attuazione degli obiettivi programmatici definiti dal Governo e, insieme alla legge di bilancio, costituisce la manovra di finanza pubblica. Il disegno di legge di stabilità viene presentato in Parlamento entro il 15 ottobre e contiene le norme dirette a realizzare gli adeguamenti alla legislazione vigente necessari ad assicurare gli effetti finanziari che consentono il raggiungimento degli obiettivi programmatici nel triennio ricompreso nel bilancio pluriennale. Sono escluse dal suo contenuto le norme a carattere ordinamentale o organizzatorio, le norme di delega nonché quelle relative ad interventi di natura localistica o micro settoriale. Legge di bilancio \1 Il bilancio di previsione dello Stato è un atto con forma di legge, predisposto su base annuale e pluriennale, sia in termini di competenza che di cassa, col quale il Parlamento autorizza il Governo a prelevare ed utilizzare le risorse pubbliche necessarie per l’esecuzione delle politiche pubbliche e delle attività amministrative dello Stato e rappresenta il principale documento contabile per l’allocazione, la gestione e il monitoraggio delle risorse finanziarie dello Stato. L’iter che porta all’approvazione della legge di bilancio annuale e pluriennale inizia con la predisposizione del Disegno di legge di bilancio a legislazione vigente che viene presentato al Parlamento entro il 15 ottobre di ogni anno, contestualmente al Disegno di legge di stabilità Legge di bilancio \2 I due provvedimenti costituiscono la manovra di finanza pubblica e vengono approvati dal Parlamento entro il 31 dicembre dell’anno precedente all’anno finanziario cui si riferisce. Il bilancio di previsione è costituito da uno stato di previsione dell'entrata e da tanti stati di previsione della spesa quanti sono i ministeri con portafoglio, con le allegate appendici dei bilanci delle amministrazioni autonome, e dal quadro generale riassuntivo con riferimento al triennio. Tassonomia entrate pubbliche \1 Forme di entrata pubblica: Prezzo privato -- produzione e vendita di beni e servizi al fine di massimizzare il profitto – area assai limitata Prezzo quasi-privato -- il prezzo di vendita di beni e servizi e la regolazione del flusso di offerta sottendono una finalità di carattere pubblico; es: vendita legname da parte delle aziende forestali – finalità pubblica: sfruttamento oculato della risorsa) Prezzo pubblico (tariffa) – obiettivo è quello di favorire il consumo di particolari beni, ceduti ad un prezzo minore rispetto a quello che garantirebbe la massimizzazione del profitto (es: trasporto pubblico) – Il costo complessivo del servizio deve (dovrebbe!) essere coperto dalle entrate complessive - il vantaggio è infatti per coloro che domandano questo servizio – prezzo = costo medio – discriminazione prezzo possibile (es: agevolazioni per studenti, pensionati, etc.) Tassonomia entrate pubbliche \2 Tassa - Consumo del servizio non reca vantaggio solo a coloro che lo domandano (esternalità) – es: istruzione universitaria – prezzo < costo medio – disavanzo coperto da altre entrate – la presenza di disavanzi nella gestione di alcuni servizi non è quindi necessariamente qualcosa cui porre rimedio con l’inasprimento delle tariffe Contributo speciale – Indipendente dalla domanda dei singoli (questo lo distingue dalla tassa)– Non è possibile discernere il vantaggio proprio di ciascuno (es: illuminazione di strada privata in quartiere residenziale) Imposta – quando il vantaggio, indivisibile, dei servizi prodotti corrisponde ad un interesse generale , la forma di entrata appropriata è l’imposta – l’imposta è un prelievo coattivo che non ha corrispondenza diretta con la prestazione di un servizio – forma più importante di entrata pubblica Classificazione delle imposte Si definiscono generali le imposte che gravano nella stessa misura su tutti i rami dell’attività economica e su tutti i contribuenti; Si definiscono speciali (o selettive) le imposte che colpiscono soltanto (o in diversa misura rispetto ad altri) alcuni rami dell’attività economica o alcune categorie di contribuenti Ad esempio: l’Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche è un’imposta generale perché si applica a tutte le persone fisiche che percepiscono almeno una delle tipologie di reddito ricomprese nei presupposti dell’imposta. Anche l’Imposta sul Valore Aggiunto è di tipo generale. Per contro, le accise sui tabacchi sono imposte speciali perché si applicano solo a questa categoria di beni di consumo. Sistema tributario Il termine imposta indica un pagamento obbligatorio, regolato da norme di legge, che una determinata categoria di soggetti (i debitori legali tenuti al pagamento del tributo) deve corrispondere all’amministrazione pubblica che ne è titolare. Caratteristica dell’imposta è che in genere non vi è alcuna corrispondenza, per i singoli contribuenti, fra imposta versata e benefici ottenuti dai servizi pubblici con essa finanziati. Per contro, quando vi è una qualche corrispondenza, a livello individuale, fra ammontare del tributo e benefici si usano i termini tassa o tariffa. Elementi costitutivi dell’imposta /1 Per descrivere un’imposta occorre specificare quattro caratteristiche essenziali: Il presupposto – situazione di fatto (es: percezione di un reddito) cui la legge associa l’obbligo di pagare l’imposta Il soggetto passivo – persona fisica o giuridica che ha l’obbligo di pagare l’imposta La base imponibile – Traduzione quantitativa del presupposto. Può essere espressa: in termini monetari (es: valore del patrimonio ad una certa data), e l’imposta sarà allora definita ad valorem; in termini fisici (litri di benzina, nel caso di imposta di fabbricazione sugli oli minerali): l’imposta sarà allora detta specifica (o accisa) L’aliquota: ciò che è dovuto dal contribuente per ogni unità di base imponibile – nelle imposte ad valorem è espressa in termini percentuali – Nelle imposte specifiche è fissata in unità monetarie per ogni unità di base imponibile (es: 1euro per ogni litro di benzina) Elementi costitutivi dell’imposta /2 Nel passaggio dal presupposto dell’imposta alla determinazione della base imponibile possono essere introdotte esclusioni, esenzioni e agevolazioni di varia natura che comportano differenze tra la base imponibile potenziale (la più ampia possibile dato il presupposto) e quella effettiva Il prodotto tra aliquota e base imponibile determina il debito d’imposta del contribuente A livello aggregato, il prodotto tra aliquota e base imponibile costituisce il gettito dell’imposta Struttura delle aliquote e progressività delle imposte \1 L’aliquota può variare al variare della base imponibile Aliquota media -- quanto dovuto, in media, dal contribuente per ogni unità di base imponibile -- rapporto tra debito d’imposta T(y) e base imponibile y → ta=T(y) / y Aliquota marginale – variazione del debito d’imposta al variare della base imponibile → tm=ΔT(y) / Δ y In relazione alle aliquote è possibile distinguere 3 diverse tipologie di imposta: proporzionali, regressive, progressive Struttura delle aliquote e progressività delle imposte \2 Imposta proporzionale → al crescere della base imponibile, il debito d’imposta aumenta nella stessa proporzione (aliquota unica, che non varia con la base imponibile –- ta= tm) Imposta regressiva →al crescere della base imponibile il debito d’imposta cresce meno che proporzionalmente (l’aliquota media diminuisce al crescere della base imponibile – ta > tm) Imposta progressiva → al crescere della base imponibile il debito d’imposta cresce più che proporzionalmente (l’aliquota media cresce al crescere della base imponibile – ta < tm) Imposte specifiche e ad valorem Base imponibile e aliquota dell’imposta possono essere espresse in due modalità. Quando la base imponibile è espressa in termini fisici (ad esempio, numero di unità prodotte e vendute) e l’aliquota è espressa in unità monetarie (ad esempio, in euro), si ha un’imposta specifica o accisa. In genere, questo tipo di imposta è utilizzato per tassare particolari categorie di prodotti, come gli olii e i gas combustibili, i tabacchi, gli alcolici. Quando, invece, la base imponibile è espressa in termini monetari (ad esempio, in euro) e l’aliquota è espressa in termini percentuali, si ha un’imposta ad valorem. La maggior parte delle imposte esistenti appartiene a quest’ultima categoria (ad esempio, l’Imposta sul Valore Aggiunto e l’Imposta sui Redditi delle Società). l’imposta determina un cuneo fiscale tra il prezzo pagato da un soggetto (acquirente del bene o del servizio) e il prezzo ricevuto da un altro soggetto (il venditore del bene o del servizio). Tassonomia delle Imposte \1 Imposte dirette e indirette Due approcci alla distinzione (indici che le singole imposte utilizzano per valutare la capacità contributiva del contribuente; probabilità della traslazione) Primo approccio Imposte dirette: colpiscono manifestazioni immediate della capacità contributiva del contribuente, quali il reddito e il patrimonio Imposte indirette: colpiscono manifestazioni mediate della capacità contributiva del contribuente, atti quali il consumo di beni o il trasferimento di attività da cui si desume l’esistenza di un reddito o di un patrimonio Tassonomia delle Imposte\2 Secondo approccio Imposte dirette: imposte il cui onere grava effettivamente sul contribuente individuato dalla legge, che si trova nell’impossibilità di trasferirlo su altri soggetti economici Imposte indirette: imposte il cui onere può essere trasferito dal contribuente ad altro soggetto economico (es: aumento del prezzo di vendita) e che quindi gravano, indirettamente, su tale soggetto economico Imposte dirette, indirette, contributi sociali Imposte dirette → base imponibile il reddito o il patrimonio. Le imposte sul reddito possono essere a loro volta classificate in base alla fonte, distinguendo fra redditi da lavoro, da capitale, d’impresa (profitti) e guadagni in conto capitale. Imposte dirette sulla ricchezza sono quelle applicate alla proprietà immobiliare (terreni, fabbricati), a lasciti ereditari e donazioni, alla ricchezza finanziaria netta. Le varie forme di imposte possono essere classificate anche in base ai soggetti passivi, distinguendo così fra imposte a carico di persone fisiche e imposte a carico di persone giuridiche (come le società per azioni) dirette Imposte indirette → si applicano alla produzione, allo scambio o al trasferimento di beni e servizi. Le imposte sul valore aggiunto e le imposte sulle vendite fanno in genere parte delle imposte indirette di tipo generale, mentre le accise sugli olii minerali, sugli alcolici, sui tabacchi e le imposte sulle lotterie fanno parte delle imposte indirette di tipo speciale Contributi sociali → pagamenti obbligatori finalizzati al finanziamento dei sistemi previdenziali pubblici: nel caso dei contributi sociali si ha un nesso, assente nel caso delle imposte, fra pagamenti e benefici individuali Criterio convenzionale Criterio convenzionale coerente con la pratica amministrativa Imposte dirette: reddito e patrimonio Imposte indirette: tutte le altre imposte (sui consumi, sulla fabbricazione, sui trasferimenti) (Imposte dirette + imposte indirette /PIL) = pressione tributaria (Imposte dirette + imposte indirette + contributi sociali) /PIL= pressione fiscale Tassonomia delle Imposte\4 Imposte dirette sono considerate lo strumento migliore per un’equa ripartizione del carico tributario Le imposte indirette non solo si rifanno ad indici mediati della capacità contributiva di un soggetto, ma tendono anche ad essere regressive rispetto al reddito; esse gravano prevalentemente sui consumatori (direttamente o per via dei processi di traslazione) e colpiscono pertanto i soggetti con maggiore propensione al consumo (che generalmente si riduce al crescere del reddito); questo aspetto regressivo è accentuato se la tassazione si concentra sui beni di largo consumo (la spesa per i quali assorbe una proporzione maggiore delle risorse man mano che il reddito decresce) Metodi per realizzare la progressività delle imposte \1 Progressività continua – l’aliquota media viene espressa come funzione crescente e continua della base imponibile (laborioso, in disuso) Progressività per scaglioni – Il reddito è suddiviso in scaglioni cui corrispondono aliquote crescenti Scaglioni (€) Aliquote 0 – 10.000 10% Oltre 10.000-20.000 20% Es: Reddito 15.000 € – Debito d’imposta 2000€ ta= 2000/15000 = 13.33%; tm = 20% Evoluzione curva IRPEF Aliquota marginale Metodi per realizzare la progressività delle imposte \2 Progressività per deduzione e detrazione. Si riscontra principalmente nel disegno delle imposte personali sul reddito RC → somma dei redditi del contribuente rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta (T) Una deduzione (D) è una riduzione del reddito complessivo che in base alla legge viene operata per individuare il reddito imponibile (RI) su cui va applicata l’aliquota legale t RI = RC – D T = t ×RI = t ×(RC – D) = t ×RC - t ×D Se non sono previste deduzioni, reddito complessivo e reddito imponibile coincidono Metodi per realizzare la progressività delle imposte \3 Una detrazione è un abbattimento dell’imposta. Tlorda = t ×RC Tnetta = t ×RC – d Si osservi che l’imposta netta che si ottiene in presenza di una detrazione, è pari all’imposta netta che si ottiene con una deduzione, se t × D = d Detrazioni e deduzioni possono pertanto essere considerati strumenti alternativi per perseguire le medesime finalità. Aliquote d’imposta legali ed effettive Discrepanza tra reddito complessivo e reddito imponibile induce a distinguere tra aliquote legali e aliquote effettive d’imposta Aliquota legale: quanto è dovuto dal contribuente per ogni unità di reddito imponibile Aliquota effettiva: quanto è dovuto dal contribuente per ogni unità di reddito effettivo Esempio: progressività per deduzione/detrazione Reddito Reddito T Aliquota media complessivo (RC) Imponibile = RC Effettiva –Deduzione 0 0 0 0% 6000 0 0 0% 12000 6000 1800 15% 20000 14000 4200 21% 30000 24000 7200 24% Aliquota costante 30% -- Deduzione (D) = 6000€ L’imposta sarebbe proporzionale (in quanto prevede una sola aliquota); con l’introduzione della deduzione risulta progressiva (con riferimento al reddito complessivo del contribuente) Esempio: progressività per deduzione/detrazione Reddito Imposta lorda Imposta netta Aliquota media complessivo (RC) effettiva 0 0 0 0% 6000 1800 0 0% 12000 3600 1800 15% 20000 6000 4200 21% 30000 9000 7200 24% Aliquota costante 30% -- Detrazione (d) = 1800€ L’imposta sarebbe proporzionale (in quanto prevede una sola aliquota); con l’introduzione della detrazione risulta progressiva (con riferimento al reddito complessivo del contribuente) Il risultato ottenuto con una deduzione di 6000€ è lo stesso che si ottiene con una detrazione di 1800€ Progressività per deduzione/detrazione Caratteristica dei sistemi fiscali in cui la progressività è ottenuta con deduzioni o detrazioni è quella di realizzare un’imposta fortemente progressiva sui redditi più bassi (l’aliquota media effettiva cresce rapidamente nella prima parte della distribuzione), che tende a divenire proporzionale al crescere del reddito. Si parla pertanto di flat rate tax Generalmente, se il debito d’imposta è inferiore a zero (data la deduzione/detrazione) esso viene semplicemente annullato Progressività per deduzione/detrazione I soggetti il cui reddito non è sufficientemente elevato (capiente) per permettergli di godere della deduzione/detrazione vengono detti incapienti Si noti che gli incapienti non possono godere dei vantaggi del sistema di deduzioni/detrazioni come gli altri soggetti -- ciò è criticabile – occorrerebbe ad esempio concedergli un beneficio monetario pari al proprio (negativo) debito d’imposta I modelli che a fronte di un’imposta negativa ottenuta applicando deduzioni o detrazioni riconoscono un rimborso al contribuente son chiamati modelli di imposta negativa Progressività per deduzione/detrazione Le deduzioni sono generalmente di ammontare variabile (decrescono con il reddito in modo da limitare i benefici fiscali a soggetti con reddito complessivamente via via più elevato) In tal caso acquista importanza il concetto di aliquota marginale effettiva Δ𝑇𝑛 Δ𝐼𝑚𝑝𝑜𝑠𝑡𝑎 𝑛𝑒𝑡𝑡𝑎 𝑡𝑒𝑓𝑓 = = Δ𝑅𝐶 Δ𝑅𝑒𝑑𝑑𝑖𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑚𝑝𝑙𝑒𝑠𝑠𝑖𝑣𝑜 L’aliquota marginale effettiva coincide con l’aliquota legale se deduzioni/detrazioni sono costanti Questo è uno dei punti di forza del modello flat rate tax Progressività per deduzione/detrazione Quando le deduzioni/detrazioni sono variabili, potrebbe non essere immediato stabilire l’aliquota marginale effettiva Si tenga presente che una detrazione comporta per tutti i contribuenti che si trovino nella medesima situazione lo stesso vantaggio monetario; nel caso delle deduzioni invece, il vantaggio monetario è maggiore per gli individui che hanno un’aliquota marginale più elevata Progressività per deduzione/detrazione Esempio: supponiamo che la struttura del prelievo sia la seguente Supponiamo che il contribuente possa scegliere tra una deduzione di 1000€ e una detrazione di 100€ Un individuo con reddito pari a 10.000 € avrà in ogni caso un debito d’imposta pari a 900 € Un individuo con reddito pari a 20.000 € avrà un debito d’imposta pari a 3900 € se opta per la detrazione e 3800 € se opta per la deduzione Per questo motivo si ritiene più equo il ricorso alle detrazioni d’imposta anziché alle deduzioni dall’imponibile. Deduzioni dall’imponibile, detrazioni dall’imposta e tax expenditures Scopo deduzioni/detrazioni: - Disegno di un sistema fiscale progressivo - Personalizzazione dell’imposta - Discriminazione qualitativa dei redditi - Incentivare specifici impieghi del reddito -- deducibilità o detraibilità delle spese sostenute per - Interessi passivi relativi a mutui contratti per l’acquisto della prima casa - Contributi versati a fondi pensione - Premi per la sottoscrizione di polizze assicurative - Donazioni a enti di beneficenza, O N G , etc. [finalità collettive raggiunte attraverso l’incentivazione di particolari comportamenti individuali] Deduzioni dall’imponibile, detrazioni dall’imposta e tax expenditures - Riduzioni di gettito dovute a previsioni legislative che permettano deduzioni/detrazioni, esclusioni, esenzioni, aliquote preferenziali o differimento dell’imposta sono denominate tax expenditures – ad esse viene attribuita la natura di spese pubbliche, attuate però attraverso il sistema tributario [causa principale della cosiddetta erosione della base imponibile] Misura della progressività e della redistribuzione d’imposta La dinamica dell’aliquota media e/o il suo scostamento rispetto all’aliquota marginale costituiscono un punto di riferimento per fornire una misura della progressività I principali indici locali (misura la progressività con riferimento ad un dato livello del reddito) della progressività sono i seguenti: Liability Progression (elasticità del gettito rispetto all’imponibile) LP(y)=ET(y),y= y T’(y)/T(y) = tm/ ta Residual Progression (elasticità reddito netto rispetto all’imponibile) 𝟏−𝒕𝒎 RP(y) = E y-T(y),y = OC; poiché U' e decrescente, R pagherà un’imposta più alta (coerentemente con il criterio EV) Non segue da questo criterio che l’imposta debba essere progressiva (si può dimostrare che ciò sarebbe vero se l’elasticità di U' al reddito >1) Limite di questo criterio: può divenire confiscatorio; richiedere al contribuente più povero di rinunciare a tutto il proprio reddito Il principio della capacità contributiva e i principi del sacrificio: Principio del sacrificio proporzionale uguale Il sacrificio di utilità è una percentuale uguale per tutti i contribuenti, dell’utilità complessiva che essi derivano dal proprio reddito Se P paga PY1 e R paga P'Y2, dovrà essere verificata la condizione PY1 DK = P′Y2 D′K′ 0Y1 DM 0′Y2 D′M′ Principio coerente con EO, EV e non altera la scala distributiva Anche esso però non giustifica la progressività dell’imposta (a meno di condizioni specifiche sull’andamento dell’utilità marginale del reddito) Il principio della capacità contributiva e i principi del sacrificio: Principio del sacrificio marginale uguale In accordo con tale principio, se P paga FY1 e R paga F'Y2, il principio è soddisfatto se il sacrificio marginale di R è uguale al sacrificio marginale di P: FG=F‘G‘ Affinché tale condizione sia rispettata, è necessario che i redditi dopo l’imposta siano uguali Si tratta di un principio fortemente egualitario; il prelievo grava prima sul ricco, e solo se T è maggiore della differenza tra il reddito di R e quello di P si procede a tassare P Questo principio richiede la massima progressività compatibile con la condizione di no-reranking Il principio della capacità contributiva e i principi del sacrificio I criteri su esposti individuano nel sacrificio del contribuente la dimensione da valutare per un’equa ripartizione del carico tributario I criteri su esposti si basano su ipotesi molto restrittive (es: uguali preferenze; i primi due principi richiedono anche cardinalità delle preferenze) Dai primi due criteri non deriva alcuna indicazione a favore della progressività del prelievo Problemi di disegno dell’imposta 59-71(2) personale sul reddito Problemi di disegno dell’imposta personale sul reddito: 1. Scelta della base imponibile dell’imposta 2. Trattamento del risparmio nel ciclo di vita* 3. Scelta dell’unità impositiva Scelta della base imponibile Il reddito ammette una notevole varietà di definizioni e di criteri di misurazione Distinzione tra fonti e usi del reddito Fonti Usi Redditi di lavoro (dipendente e Consumo o spesa autonomo) Redditi di capitale (profitti, rendite, Risparmio interessi) Plusvalenze (minusvalenze) – riferite ad attività patrimoniali nel periodo di tempo in cui si misura il reddito Entrate straordinarie/occasionali Scelta della base imponibile Fonti Usi Nella ricerca più corretta della base imponibile la Redditi di lavoro Consumo o spesa dottrina finanziaria si è concentrata inizialmente sul (dipendente e autonomo) criterio delle fonti: Redditi di capitale Risparmio (profitti, rendite, interessi) Reddito prodotto Plusvalenze Reddito entrata (minusvalenze) – riferite ad attività patrimoniali nel periodo di tempo in cui si misura il reddito Una definizione collegata agli usi è il reddito Entrate consumato (o spesa) straordinarie/occasionali Scelta della base imponibile: Reddito prodotto Reddito prodotto (modello cui si sono ispirati i sistemi fiscali nell’800 e fino alla prima metà del ‘900)→ corrispettivo per la partecipazione ad attività produttiva in un dato periodo di tempo Base imponibile → valore dei beni e servizi che in un dato periodo sono stati prodotti con l’impiego di lavoro dipendente (salari, stipendi) o autonomo (proventi professionali) di capitale fisico (profitti), di capitali finanziari (rendite finanziarie) e di fattori non riproducibili (rendite urbane, fondiarie, agrarie) RP = σ 𝑌𝑖 i= lavoro, capitale, terra,.. Problemi: definizione del reddito al lordo o al netto dei costi sostenuti per la sua produzione? (soluzione corretta, reddito netto, visto che il reddito prodotto si identifica con il valore aggiunto) Ancora più problematico il profilo dell’equità: plusvalenze ed entrate occasionali sono assenti (ciò incentiverebbe gli individui a trasformare i redditi imponibili in plusvalenze per evitare l’imposta; esempio: obbligazioni a cedola nulla, in cui la remunerazione dell’investimento è tutta nella differenza tra valore di sottoscrizione e valore di rimborso) Scelta della base imponibile: Reddito entrata Reddito entrata (modello elaborato nei primi decenni del ‘900 – ha ispirato la riforma fiscale canadese a metà anni ‘60)→ ammontare massimo di risorse che può essere consumato in un dato periodo, garantendo alla fine dello stesso la medesima iniziale situazione patrimoniale Reddito è la somma del consumo e della variazione del patrimonio Si tiene così conto delle plusvalenze e delle entrate occasionali RE = (Wt-Wt-1) +C t = σ 𝑌𝑖+ CG t + AE t Capital gains, CG t Entrate straordinarie, AE t Sottoposte a tassazione tutte le fonti di reddito Particolare enfasi sulle plusvalenze (problema: da colpire al momento della maturazione, non della monetizzazione – problemi di liquidità – criterio normalmente utilizzato è quello di colpire le plusvalenze al momento in cui si monetizzano con la cessione dell’attività – questo potrebbe produrre effetti tipo immobilizzo - lock-in ) Scelta della base imponibile: Reddito spesa Reddito spesa → nozione di reddito imponibile che fa riferimento alla classificazione dei redditi secondo gli usi e propone come oggetto della tassazione la componente del consumo con esclusione del reddito risparmiato. Rispetto alla nozione di reddito prodotto, il fondamento equitativo di questa definizione della base imponibile è che gli individui vengono tassati sulla base delle risorse che essi sottraggono al valore prodotto dalla collettività (consumi) e non sulla base del contributo che essi danno alla formazione delle risorse (reddito prodotto). In questo caso il Consumo effettivo è considerato una approssimazione migliore della base imponibile rispetto al consumo potenziale RSt= C t = RPt + CG t - (Wt-Wt-1) Reddito speso, RSt Reddito prodotto, RPt Più semplicemente, RSt= C t = RPt –St [risparmio, St – si evita di tenere conto direttamente delle plusvalenze – ciò a condizione che tutto il risparmio sia versato in conti registrati] RSt= C t = RPt –(prelievi-versamenti) Reddito speso vs reddito entrata La preferibilità del RS rispetto al RE deve però essere valutata non solo sotto il profilo della semplicità di applicazione, ma principalmente sotto quello dell'equità e dell'efficienza. Sotto il profilo dell'equità è importante decidere se ci si pone in un'ottica uniperiodale o di ciclo vitale: se cioè nello scegliere la base più idonea dell'imposta personale si assuma come punto di riferimento ideale la capacità contributiva del contribuente in un solo periodo o nell'arco dell'intera vita. Reddito speso vs reddito entrata Se si accetta un'ottica uniperiodale, si aderisce all'idea che la capacità contributiva debba essere valutata con riferimento ad un dato intervallo di tempo limitato, di solito l'anno, il periodo entro cui si suppone sorgano obblighi fiscali. In questo contesto, si tratta di definire prioritariamente quale sia il migliore indicatore della capacità contributiva: il reddito prodotto, la capacità di consumo o il consumo effettivo. Tale scelta è logicamente antecedente alle decisioni dei contribuenti relative all'impiego delle loro risorse e non ha nulla a che vedere con valutazioni sul significato del risparmio come atto virtuoso. Reddito speso vs reddito entrata In un'ottica pluriperiodale, il presupposto è il fatto che il patto equitativo che si instaura tra cittadino e Stato faccia riferimento a criteri e obblighi che coinvolgono un lasso di tempo ampio: il ciclo vitale. In questo contesto è allora corretto fare riferimento al valore attuale delle imposte che ciascun contribuente sarà chiamato a pagare nell'arco della vita. È in tale prospettiva che possiamo inquadrare anche la nota tesi della doppia tassazione del risparmio, sostenuta dai più antichi cultori a favore del reddito speso, anche se non sempre con piena consapevolezza della distinzione qui posta tra ottica uni- o pluriperiodale. Secondo questa tesi, la tassazione del reddito entrata sottoporrebbe infatti il risparmio all'imposizione due volte: immediatamente, nel momento in cui esso è prodotto, e in un secondo tempo, quando i frutti dello stesso vengono sottoposti a tassazione come reddito da capitale. Reddito speso vs reddito entrata L