Teorie e tecniche della progettazione e della valutazione educativa PDF
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Questo documento tratta di teorie e tecniche della progettazione e della valutazione educativa, concentrandosi sulle opere di John Dewey. Vengono discussi concetti chiave come l'unità della scienza, la metodologia della ricerca in ambito educativo, e l'importanza dell'esperienza umana nel metodo scientifico.
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Teorie e tecniche della progettazione e della valutazione educativa Testi: teams codice qn3q7t1 1) Dewey ‘’L’unità della scienza come problema sociale’’ 2) Lucisano e Salerni ‘’Metodologia della ricerca in educazione e formazione’’ Capitoli 1,2,3 3) Torre, ‘’Dalla progettazione alla valutazione: mod...
Teorie e tecniche della progettazione e della valutazione educativa Testi: teams codice qn3q7t1 1) Dewey ‘’L’unità della scienza come problema sociale’’ 2) Lucisano e Salerni ‘’Metodologia della ricerca in educazione e formazione’’ Capitoli 1,2,3 3) Torre, ‘’Dalla progettazione alla valutazione: modelli e metodi per educatori e formatori’’ 4) Bondioli Bettinelli ‘’La valutazione di contesto nei servizi dell’infanzia italiani Riflessioni ed esperienza’’. Lettura selezionate: Capitoli 1, 2, 11 e 12 Ted talks di Ken Robnsons ‘Do schools kill creativity?’: Temi centrali->Tutti i bambini hanno un talento e noi li sprechiamo senza pietà. I bambini non hanno paura di sbagliare ma quando diventano adulti tale capacità nella maggior parte dei casi viene meno, iniziano ad aver paura di sbagliare e si stigmatizzano gli errori. Si educano i bambini dalla pancia in su, concentrandosi in particolare nella testa. Esiste una gerarchia delle materie, nella quale le arti si trovano alla fine. Ted talks di Anindya Kundu ‘The oppurtuniy gap in US public education and how to close it’: Temi centrali->Il sistema scolastico mantiene e riproduce la divisione sociale. Il futuro di un bambino non dovrebbe essere predeterminato dalle situazioni in cui è nato. Si dovrebbe osservare più profondamente l’istruzione pubblica con il fine di risolvere dei problemi sociali. È necessario coltivare la maggior parte dei talenti e fornire delle risorse che meritiamo non solo per sopravvivere ma anche per prosperare Non si può progettare se prima non si analizza il contesto con gli agenti e i fattori che influenzano il contesto, se non si hanno gli strumenti necessari, se non si prendono in considerazione interventi precedenti. Le 10 questioni chiave sono quindi: educazione, scienza, efficacia, equità, ricerca, ipotesi, esperimento, validità e affidabilità degli strumenti, valutare e misurare, pedagogia e pedagogia sperimentale. La metodologia della ricerca delineata nasce dunque dal pensiero moderno più innovativo, a partire da Bacone e da Locke, ma trova il suo ancoraggio più saldo e il punto di riferimento costante nelle impostazioni di John Dewey. I due saggi di John Dewey ‘Unity of Science as a social problem’ e ‘Theory of Valutation’ sono stati pubblicati tra il 1938 e 1939 nella raccolta di scritti curata da Otto Neurath dal titolo ‘International Encyclopedia of Unified Science’ dall’University di Chicago Press. I due scritti sono da leggere all’interno del contesto dell’opera, ‘‘L’Enciclopedia unificata della scienza’’ che assume come riferimento il lavoro del Circolo di Vienna, che si sviluppò fra le due guerre mondiali, ad opera di un gruppo di studiosi scienziati e filosofi che facevano riferimento come origine all'esperienza del circolo di Vienna. L'Enciclopedia può essere considerata come un tentativo di raccogliere assieme le voci più autorevoli di quel movimento filosofico (chiamato ora neopositivismo, ora positivismo logico, ora empirismo logico) che avevano per obiettivo l'unità della scienza. L'enciclopedia è dunque un'opera complessa che contiene lavori di diverso taglio nel tentativo di raggiungere un metodo scientifico comune ed applicabile al complesso dell'attività umana e nell'attribuzione al linguaggio di una funzione determinante in questo processo. L'avvento del nazismo e il conseguente scioglimento del ‘circolo di Vienna’ e dei pensatori della ‘scuola di Berlino’ spostò la riflessione dal continente europeo negli Stati Uniti. L’impatto con il pensiero americano ed in particolare con il pragmatismo di Mead e di Dewey aiutò il neopositivismo a liberarsi degli ultimi residui metafisici ed a mettere a fuoco il rapporto tra discorso teoretico ed esperienza. Si voleva introdurre il metodo scientifico anche nelle scienze sociali, e il primo passo fu quello di definirlo declinando le caratteristiche. Dewey essendo un pragmatista filosofico americano e fondatore dell’attivismo pedagogico affermò che tutto è fondato sull’esperienza e che c’è la necessità di coniugare la teoria alla pratica. Dewey ha un approccio pedagogico e filosofico al problema di unificazione delle scienze ancora attuale. L’idea di metodo e di atteggiamento in Dewey nasce da un’avversione per le posizioni irrazionali e preconcette, non ci sono pregiudizi né dogmi né credenze non fondate. C’è lo sforzo di trovare un linguaggio comune tra diversi settori di indagine tale da consentire una concezione scientifica del mondo. Il contributo di Dewey consiste appunto nel proporre l'esperienza, e non solo quella di laboratorio, ma l’esperienza umana nel suo complesso, come banco di prova del metodo scientifico, che deve dunque poter trovare applicazione in tutti gli ambiti dell’esperienza umana. Emerge nel saggio di Dewey la necessità di un fondamento etico di questo atteggiamento scientifico che consenta di contrastare le molteplici resistenze ad un riferimento costante alla ragione nell'assumere decisioni relative al complesso ambito dell'attività umana. Dunque, il discorso sull’unità della scienza deve necessariamente potersi estendere alle discipline umanistiche. L’altra chiave di lettura di Dewey è la cooperazione, ossia la ricerca di un atteggiamento scientifico che sia di premessa ad un intenso lavoro di cooperazione tra i ricercatori delle diverse discipline coniugato con la necessità di un fondamento etico (i fini/ il perché si fanno delle cose) e del contrasto alle resistenze culturali. Quindi, ci si riferisce all'unità della scienza soprattutto in relazione all'unificazione dei risultati della scienza. Il problema del raggiungimento dell'unità della scienza è quello del coordinare l'immenso corpo di scoperte specializzate in un tutto sistematico. Nelle scienze dure si può operare agevolmente in laboratorio per tenere sotto controllo le variabili che rendono il problema complesso. Ma, nella vita reale e nelle scienze umane i problemi sono più difficili, in quanto le variabili da considerare e da tenere sotto controllo sono molteplici e complesse quasi impossibili da gestire tutte insieme. Questo però non ci deve scoraggiare ad essere rigorosi, ma semplicemente avere la consapevolezza che nelle scienze umane il campione non sarà controllabile tanto quanto quello di un laboratorio. Lo scrittore Tahibb, ad esempio, afferma che ci sono eventi che non riusciamo a prevedere ma che hanno un impatto sulla realtà talmente grande da cambiare la vita di tutti. È necessario proporre una distinzione fra scienza come atteggiamento e metodo, e scienza come corpo di conoscenze; anche se ciascuna esiste solo in relazione all'altra. Un metodo scientifico è un modo di trattare delle conoscenze e la scienza come insieme di conoscenze è il prodotto di un metodo. Il metodo scientifico non è patrimonio riservato solo a coloro che vengono definiti scienziati. L'insieme di conoscenze e di idee che è il prodotto del lavoro, è il risultato di un metodo che è stato seguito da molte altre persone interagendo semplicemente con oggetti ed eventi dell’ambiente comune. La scienza in senso tecnico è un'elaborazione, spesso altamente tecnologica, di operazioni quotidiane. Dewey afferma che la scienza non può essere banalmente ridotta ai suoi prodotti/nozioni, con il rischio di confondere scienza e tecnica. L’insegnamento delle scienze, e non solo, non può ridursi alla trasformazione di questi prodotti in nozioni, impartite evitando di trasferire la consapevolezza metodologica che ne ha consentito l’elaborazione. Le scienze non si formano su dogmi, anche se è vero che in alcune scienze esistono modelli assiomatici di teorie, le quali a volte non sono dimostrabili. Ciononostante, tali teorie si possono confutare per poi crearne una nuova. Inoltre, è anche vero che la scienza non è ben accolta ma frequentemente respinta quando invade il campo già occupato da istituzioni religiose, morali, politiche ed economiche. Non ci si deve limitare a trasmettere l’insieme delle conoscenze, ma trasmettere i processi metodologici che ci sono dietro tali conoscenze. Dewey afferma che non ci sarebbero conoscenze scientifiche se non fossero derivate dall’applicazione di un metodo scientifico. L’altra idea di fondo che c’è in Dewey è, una volta appurato cosa sia il metodo scientifico, egli si pone la domanda ‘Quando adottare tale atteggiamento? Quando utilizzare il metodo?’ e Dewey afferma che lo si deve fare sempre, nell’interezza della vita, in particolare, ogni volta che ci si pone di fronte un problema applicando una scelta intelligente dei mezzi e un adattamento intelligente dei mezzi ai fini, e non per abitudine o a caso. L'atteggiamento scientifico è una qualità che si manifesta in ogni passo della vita. Ciascuno con le sue competenze e bagaglio di esperienze utilizza un atteggiamento scientifico. L'atteggiamento è rivolto prioritariamente agli oggetti e agli eventi della vita quotidiana, e solo in modo subordinato a ciò che è argomento di scienza. Nel senso comune troviamo atteggiamenti simili a quelli della scienza nel senso più specializzato, e insieme altri atteggiamenti che sono completamente non scientifici. Soprattutto è l’atteggiamento scientifico che ha radici nei problemi che sono posti e nelle domande che sono sollevate dalle condizioni del contesto. Laddove operiamo, troveremo problemi e domande che ci fanno applicare tale atteggiamento. L'atteggiamento non scientifico è quello che sfugge questo tipo di problemi, che si allontana da questi o li nasconde invece di affrontarli. Non c'è forma di interazione con l'ambiente fisico e con l'ambiente umano, che non generi problemi che possono essere gestiti se non con un atteggiamento obbiettivo e con un metodo intelligente. La definizione di metodo scientifico per Dewey (data per opposti-negativo e positivo): ‘‘In breve, l’atteggiamento scientifico, com’è qui concepito, è una qualità che si manifesta in ogni passo della vita. E allora che cos’è? Se la definiamo per negazione, è libertà dalla schiavitù, dall’abitudine, dal pregiudizio, dal dogma, dalla tradizione accettata in modo acritico, dal puro egoismo (Dewey è convinto che ponendosi con atteggiamento scientifico si ha più democrazia). In termini positivi è il desiderio di ricercare, esaminare, discriminare (nel senso di distinguere), tracciare conclusioni solo sulla base dell’evidenza, dopo essersi presi la pena di raccogliere tutti i dati possibili (misurazione). È l’intenzione di raggiungere credenze (convinzioni), e di provare quelle che risultano accettabili, sulla base dei fatti osservati, riconoscendo al tempo stesso che i fatti sono privi di senso a meno che non indichino idee (coniugazione teoria e prassi). È, d’altra parte, un atteggiamento sperimentale che riconosce come, mentre le idee sono necessarie per l’organizzazione dei fatti, esse sono al tempo stesso ipotesi di lavoro da verificare sulla base delle conseguenze che producono (efficacia).’’ Popper, molto dopo, ci dirà infatti che le cose sono scientifiche solo se sono verificabili. Tutto ciò che Dewey iniziò a dire nel 1938-1939, si sviluppò poi in movimenti che hanno avuto ricadute concrete sul sistema educativo di oggi. Tutte le definizioni attuali di competenze raccolgono gli sforzi pedagogici dell’ultimo secolo. In particolare, la definizione delle competenze scientifiche ci permette di intravedere la teoria di Dewey. Dewey afferma che in maniera diffusa quando si parla di unità sociale della scienza si pensa ad un’unificazione del corpo di conoscenze che deriva da tutte le altre scienze. Ci si riferisce all'unità della scienza soprattutto in relazione all'unificazione dei risultati della scienza. In questo terreno, il problema del raggiungimento dell'unità della scienza è quello del coordinare l’immenso corpo di scoperte specializzate in un tutto sistematico. L'impegno cooperativo considerato come fine dall'attuale movimento per l'unità della scienza è indirizzato a chiarire gradualmente le cause delle grandi divergenze attuali e ad indicare dove e come possono essere costruiti ponti sulle voragini che ancora separano chi lavora in campi differenti. Ma c'è anche un significato umano, un significato culturale, dell'unità della scienza. C'è per esempio, il problema dell'unificazione degli sforzi di tutti coloro che esercitano il metodo scientifico nel proprio campo, in modo che questi sforzi possano arricchirsi della forza che viene dall’unione. Dewey afferma che la soluzione per raggiungere l’unità utilizza la metafora del ponte affermando la necessarietà di costruire ponti tra una scienza e l'altra, superando così gli abissi ‘‘Mi sembra [...] che il bisogno principale sia il collegamento delle scienze fisico-chimiche con l’area delle scienze psicologico sociali. Al giorno d'oggi (1938 n.d.r), coloro che si oppongono all’atteggiamento scientifico sono numerosi e organizzati, molto più di quanto appaia ad una analisi superficiale. (Dewey faceva riferimento alle religioni) Nondimeno è grande il prestigio della scienza, soprattutto nelle sue applicazioni pratiche [...]. Ci dovrebbe essere invece un movimento essenzialmente cooperativo, in modo tale che dettagliati e specifici riferimenti e idee comuni risultino dal processo di cooperazione stesso. La sola cosa necessaria in termini di accordo è la fede nell'atteggiamento scientifico e nell'importanza umana e sociale di preservarlo ed estenderlo.’’ Dewey, sempre nel 1938, continua ‘‘Il progresso del metodo scientifico ha portato con sé, dove l’influenza del metodo è stata sentita, un grande aumento della tolleranza. (Dewey ritiene che la tolleranza sia una chiave di soluzione) Siamo attualmente in un mondo in cui c’è una crescita accelerata di intolleranza. Noi abbiamo bisogno di un cambiamento e l’unica strada è l’assunzione di responsabilità attiva nel promuovere la diffusione del metodo scientifico.’’ È per questo che Dewey chiude il saggio parlando di educazione, in quanto dei promotori della diffusione di tale metodo sono anche gli educatori/i maestri. Nel testo ‘’Il Danno scolastico - La scuola progressista come macchina della disuguaglianza’’ – P. Mastrocola e L. Ricolfi – 2022 si effettua una riflessione a seguito dell’anniversario della riforma della scuola media unificata del 1962. Gli autori ci riportano esperienze di vita, ricordi e impressioni personali come maestri e professori, entrambi ritengono che degli studenti definiti ‘‘gattini ciechi’’ non si costruiscono dei modelli e delle mappe cognitive che gli consentono di apprendere così da continuare sempre a trascinarsi delle lacune. La tesi centrale di tale testo era la vera e propria catastrofe cognitiva che secondo gli autori era stata creata a causa delle pessime riforme attuate dalla sinistra e dalla pedagogia progressista. Ciononostante, i ricordi e le impressioni degli autori non sono stati corredati da nessun dato empirico. Gli autori concordano nel fatto che la scuola del passato, basata sul rigore, sulla severità e sulla distanza, su sentimenti di vergogna e terrore, era migliore, loro sostenevano che tale tipo di scuola fosse la chiave per acquisire tutte le competenze necessari. Mastrocola e Ricolfi pensano che il classico sia l’unico indirizzo in grado di non formare dei ‘’gattini ciechi’’. Nell’approccio di ‘‘Il presunto assassinio della scuola italiana’’ di Luciano Benadusi (pedagogista) e Vittoria Gallina (italianista) si offre una visione totalmente differente. Tale saggio è una risposta al testo ‘‘Il danno scolastico- La scuola progressista come macchina della disuguaglianza’’, cercando di smontare le tesi del saggio precedente. Gallina e Benadusi attestano che la riforma della media unificata è stata interrotta, tanto che tutt’ora al giorno d’oggi anche se c’è una innovazione ordinamentale, non c’è una innovazione pedagogico-didattica. Questi due ultimi autori sottolineano l’assenza di dati empirici nel saggio di Mastrocola e Ricolfi, inoltre Gallina e Benadusi a seguito di un’indagine riferiscono che le generazioni che hanno frequentato la scuola riformata hanno ottenuto livelli medi di competenza linearmente e notevolmente più elevati rispetto alle generazioni precedenti. Tale indagine ci fa capire che in realtà la riforma ha segnato un punto di svolta nel processo di democratizzazione culturale e di unificazione linguistica nel nostro paese. Dewey più volte ci dice che la scienza e i suoi prodotti erano, anche a suo tempo, molto apprezzati. La successione temporale non implica causalità, purtroppo però il nostro cervello opera al contrario. Dewey afferma infatti che coloro che si opponevano al metodo scientifico erano molti e ben organizzati, anche se allo stesso tempo c’era un atteggiamento positivo nei confronti dei prodotti della scienza. Per Dewey, le agenzie educative sono il punto cruciale di qualsiasi movimento per raggiungere una maggiore e progressiva unità dello spirito scientifico. Dewey non è stato il primo ad avere questa idea, non è un caso se infatti spesso si interveniva e si interviene sull’insegnamento, in quanto proprio l’educazione permette di creare un via maestra. Per Dewey le diverse scienze hanno trovato una loro collocazione nelle istituzioni educative, ma in gran parte esse vivono fianco a fianco con ad altre discipline, che hanno a malapena avvertito il tocco della scienza. Questa convivenza non favorisce la creazione di spirito scientifico negli studenti. Inoltre, un ulteriore problema potrebbe risiedere nel fatto che la scienza ha scarsamente influenzato l'educazione elementare. Ma Dewey ritiene necessario implicare anche l’educazione elementare. In quanto, di fatto questa è l'età in cui la curiosità è più vivace, l'interesse per l'osservazione meno tardo, e il desiderio di nuove esperienze più attivo. È anche il periodo in cui si formano le basi degli atteggiamenti che controlleranno, in modo più o meno cosciente, atteggiamenti e modi di fare successivi. Dewey afferma che se le scuole vengono usate con lo scopo di instillare la fede in certi dogmi e le materie scientifiche vengono insegnate prevalentemente come insieme di contenuti [...] e questa tendenza continua a crescere, ciò avviene, in qualche modo, perché la scienza non è concepita e praticata come il solo metodo universale per affrontare in modo intelligente tutti i problemi. Inoltre, secondo Dewey la maggior parte del denaro ed energie vengono spese per istituzioni in cui le persone vengono preparate ad una specifica attività professionale. Infine, come punto corollario è che la scienza viene separata in un suo territorio specifico in quanto si teme l'impatto del metodo scientifico nelle questioni sociali e ci sono influenze interne alla condizione della scienza nel sistema educativo che promuovono l'isolamento della scienza stessa. Il movimento per l'unione di quanti lavorano nei diversi campi della scienza è precondizione dello sforzo per dare all’atteggiamento scientifico quel ruolo nelle istituzioni educative che potrà creare un sempre maggiore numero di persone che adottino abitualmente l’atteggiamento scientifico nell’affrontare i problemi che incontrano. Il futuro dell'atteggiamento scientifico come forza socialmente unificata dipende più dall'educazione dei bambini e dei giovani che da ogni altra singola forza. L'atteggiamento e il metodo scientifico non sono, in sostanza, altro che il metodo dell'intelligenza libera ed efficace. La prima condizione da soddisfare è attivarsi per diventare consapevoli di che cosa sia l’atteggiamento scientifico e di che cosa riguardi in modo da poter essere militanti assidui nello spiegare le sue legittime richieste. Si tratta di un obiettivo realizzabile perché tutte le persone hanno potenzialità per rendere tale un risultato possibile. La sola libertà reale, quella di sapere prevedere gli effetti dei propri comportamenti, valutare i mezzi per raggiungere i nostri scopi, conoscere i nostri limiti. Questo atteggiamento costituisce in sostanza, la sola e definitiva alternativa al pregiudizio, al dogma, all'autorità, all'uso coercitivo della forza in difesa di interessi particolari. L'intervista all'astrofisica Ersilia Vaudo-> La scienza ha avuto un grande cambiamento, è diventata più agile, c’è molta più interdisciplinarità in quanto si sono abbattute molte barriere. La matematica ha un valore strategico molto forte, ha la capacità di farci acquisire un’alfabetizzazione che permette di esercitare a pieno il nostro ruolo da cittadini. Slide-Fare ricerca in campo educativo Nessuno intraprende attività di ricerca senza avere una qualche idea di dove vuole arrivare. Il punto di arrivo, lo scopo per cui si intraprende un cammino ha infatti una funzione regolativa importante in tutto il processo che si vuole avviare. Quando si vuole fare una ricerca, è necessario sapere l’obiettivo di tale; si prefigura una soluzione, che diventerà l’obiettivo da perseguire. Il punto di arrivo di una ricerca non può non influenzare il suo punto di partenza. È il fine che guida la scelta dei mezzi, che ne consente una corretta valutazione anche alla luce di considerazioni di tipo pratico e di tipo etico. Per cercare bisogna sapere che cosa cercare, l’inizio è il fine. Fermo restando che non si possono distorcere dati e risultati al fine di piegare la ricerca ai risultati attesi. Come abbiamo visto in Dewey metodo, strumenti e fini sono così strettamente legati gli uni agli altri da costituire un continuum in cui gli uni si trasformano negli altri. Il punto di partenza della ricerca in ambito educativo è la volontà di comprendere i fenomeni educativi al fine di assumere decisioni educative che abbiano maggiori probabilità di essere efficaci. È una funzione orientativa che ci sostiene sulle decisioni. Prendere decisioni è difficile, ci sono molte strade possibili e quindi molte soluzioni possibili. Ogni volta che siamo chiamati a prendere decisioni in presenza di alternative cerchiamo di valutare infatti i pro e i contro di ciascuna soluzione ipotizzata. In alcuni casi possiamo fare riferimento all'esperienza personale in situazioni analoghe, in altri casi possiamo invece far riferimento ad esperienze di cui abbiamo avuto conoscenza per tradizione diretta o indiretta. Rispetto ad alcune situazioni il sapere collettivo intorno alle conseguenze di certe decisioni è talmente consolidato da aver assunto le caratteristiche di regola, di legge. Allora abbiamo l’esigenza di conoscere e di indagare, di fare appello alle conoscenze pregresse e ai saperi consolidati come base per la costruzione di un nuovo percorso di indagine. Nessuna delle conoscenze pregresse deve divenire un dogma, la mente deve essere aperta e con una posizione critica, infatti, anche in questo caso dobbiamo evitare che queste conoscenze divengano un vincolo insuperabile o ci portino a distorcere la teoria o gli elementi a nostra disposizione al fine dispiegarli a una teoria che siamo portati a considerare immodificabile. Dewey afferma ‘‘L’esistenza del metodo scientifico ci preserva inoltre dal pericolo che accompagna le attività di uomini di capacità eccezionali, pericolo di servile imitazione e di partigianeria e di una devozione così esclusiva per loro e per il loro lavoro da ostacolare la strada del progresso futuro’’. È necessario quindi assumere un atteggiamento critico, problematico e pragmatico. In ogni approccio alla ricerca ci sono punti di forza e di debolezza, questo non ci esime dal richiedere con forza un comune atteggiamento scientifico. Ogni volta che una soluzione viene proposta dovrebbero essere disponibili per la comunità non solo gli esiti finali, ma anche i percorsi, i dati e le evidenze sulla base delle quali le decisioni sono state assunte. Dewey continua ‘‘metodi sistematici di ricerca, che quando vengono applicati a un complesso di fatti, ci consentono una migliore comprensione e un controllo più intelligente e meno confuso e abitudinario’’. Tutto questo è più facile da applicare nelle scienze dure, in quanto per certi versi sono situazioni più facili da modellare. Il ritardo della pedagogia nell'affrontare il problema delle decisioni che attengono al suo campo di indagine attraverso il ricorso alla ricerca scientifica è facilmente spiegato attraverso questi limiti delle ricerche in educazione: a) Le situazioni educative non le realizziamo in laboratorio ma nel vivo dell’esperienza; b) La pedagogia e le scienze dell’educazione sono ‘‘relativamente’’ recenti e non hanno uno statuto epistemologico stabile e chiaramente definito. La stessa espressione “scienze dell'educazione” ha cominciato a essere utilizzata a livello istituzionale solo nella seconda metà del 900; c) In questo campo hanno continuato a prevalere altri tipi di autorità a partire da quelle religiose per arrivare a quelle politiche, quindi, le scelte educative sono influenzate da fattori politici, culturali, religiosi e socioeconomici. Inoltre, l'azione educativa ha una forte connotazione politica nel senso che la verità del suo esito non risiede solo nell'esito stesso ma nella lettura che ne viene fatta dalle diverse correnti di pensiero presenti nella società; d) La decisione educativa chiama in causa una molteplicità di saperi e di scienze con propri statuti autonomi e la pedagogia si riduce a una sintetizzazione teorica finalizzata all’azione educativa che tuttavia ha ricavato elementi informativi da altre scienze o da altri corpi di norme più o meno scientificamente fondati; e) Essendo l'educazione un'esperienza diffusa universalmente di cui tutti hanno conoscenza diretta, tutti si sentono in grado di prendere decisioni in ambito educativo per la sola ragione che ne hanno fatto esperienze di vita, ma non tutti hanno le competenze sufficienti e necessarie per esprimersi a riguardo f) Essendo dotati di libero arbitrio ci riteniamo liberi di adeguare o meglio i nostri comportamenti alle indicazioni della ricerca, consapevoli anche di rischi non indifferenti sul piano personale o sociale. Si intravede quindi una situazione problematica che stiamo vivendo nel presente che ci fa organizzare una ricerca, ma che fa riferimento al passato per esperienze personali, senso comune, regole sociali e norme scientifiche, e ci si protetta nel futuro per porre una soluzione al problema. Alla possibile definizione di uno statuto epistemologico della pedagogia come scienza e del suo rapporto con le scienze dell’educazione si sono dedicati nel tempo numerosi studiosi quali Kant, Dilthey, Durkheim, Weber e Dewey. Il pedagogista italiano Visalberghi afferma ‘‘Il processo di trasformazione della pedagogia tradizionale basata un po’ sulla filosofia, un po’ sul buonsenso in qualcosa che abbia fondamento o natura scientifica è un processo che dura da molti decenni anzi da secoli.’’ Durkheim afferma ‘‘la pedagogia ha il compito di riflettere sui fatti educativi (teoria pratica dell’educazione) mentre alla scienza dell’educazione spetta invece il compito di affrontare su base scientifica le tematiche dell’educazione (è in fase di sviluppo e legata alla psicologia e alla sociologia).’’ Dewey nel 1929 nel testo ‘Le fonti di una scienza dell’educazione’ ipotizza che a partire dai problemi educativi la scienza dell’educazione debba saper coordinare i contributi di tutte quelle scienze che possono fornire elementi conoscitivi utili ad affrontare le questioni educative. De Bartolomeis nel 1953 sostiene che ‘La pedagogia come scienza sperimentale si identifica in tre specializzazioni principali: Psicologia dell’educazione, Sociologia dell’educazione e pedagogia sperimentale’. Mialaret negli anni ’70 del secolo scorso, in ‘Le scienze dell’educazione’ del 1976, tenta di identificare un modello complessivo che cerchi di spiegare le relazioni fra le diverse scienze dell’educazione e di giungere a una loro classificazione. Ci sono: 1) Scienze che studiano le condizioni generali e locali dell’istituzione scolastica (come storia dell’educazione, sociologia scolastica, demografia scolastica, economia dell’educazione, educazione comparata) 2) Scienze che studiano il rapporto pedagogico e lo specifico atto educativo con scienze che studiano le condizioni immediate dell’atto (come fisiologia dell’educazione, psicologia dell’educazione, psicosociologia dei gruppi, scienze della comunicazione) e scienze della didattica e delle discipline (come scienza dei metodi e delle tecniche, scienze della valutazione) 3) Scienze della riflessione e dell’evoluzione (come filosofia dell’educazione, pianificazione dell’educazione e teoria dei modelli) Più complessa e articolata la visione di Visalberghi che in ‘‘Enciclopedia pedagogica’’ propone un modello circolare fondato su una forte continuità tra le diverse scienze o discipline necessarie per affrontare i problemi educativi. Punto di debolezza di questo approccio è lo stretto legame con la conoscenza disciplinare, con le premesse teoriche che rischia di produrre una frammentazione dei modelli e dei paradigmi, di mettere in dubbio la sostanziale unità dei problemi che si affrontano e di non sciogliere il nodo del problema concreto da affrontare. Wilhelm Dilthey (1883-1911) è uno dei più autorevoli rappresentanti dello storicismo tedesco. Tra i principali contributi ricordiamo ‘Introduzione alle scienze dello spirito’ (1883) e ‘La costruzione del mondo storico’ (1910). Dilthey propone la distinzione tra scienze della natura e scienze dello spirito, le prime con il compito limitato di stabilire le connessioni tra fatti e le seconde in grado di attingere al vero. La comprensione storica può essere raggiunta solo con uno sforzo di penetrazione simpatetica, con il quale ci si trasferisce e ci si immedesima negli altri e nelle altre epoche storiche. Egli afferma ‘La volontà negli esseri umani è libera e di conseguenza non è possibile predire le nostre azioni o fare generalizzazioni che le riguardino’. ‘La pedagogia è intesa non come scienza universale ma come sapere prassico e, di conseguenza, storicamente determinato’. Immanuel Kant (1724-1804) ‘Si crede che nell’educazione non siano necessari esperimenti rigorosi e che si possa decidere in via meramente razionale se qualcosa sarà buono oppure no’(precursore di Dewey). ‘Si tratta di un errore grossolano e l’esperienza insegna che sovente i nostri tentativi-se be regolati- mostrano degli effetti del tutto opposti a quelli che si sarebbero aspettati.’ ‘L’educazione è considerata come un’esigenza primaria dell’uomo. Un cammino verso la realizzazione piena dell’umanità che prosegue di generazione in generazione per avviare a sviluppare le potenzialità umane e le conoscenze. Gli istinti devono essere sottomessi dalla disciplina mentre l’istituzione deve servire per insegnare a pensare e raggiungere i propri scopi. Il processo educativo si fonda dunque sulla libertà, che però non può essere lasciata a se stessa nella dimensione istintuale, per questo è indispensabile che alla dimensione naturale subentri la guida esterna dell’educatore.’ Max Weber (1864-1920), professore di Economia politica prima a Friburgo e poi a Heidelberg. Scrive ‘L’oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale’ e ‘Studi critici sulla logica delle scienze della cultura’. Le indicazioni metodologiche furono da Weber concretizzate in due lavori ‘L’etica protestante e lo spirito capitalismo’ e ‘Le sette protestanti e lo spirito del capitalismo’, nell’ultimo periodo gli scritti da menzionare sono ‘Il senso della avalutatività delle scienze sociologiche ed economiche’ e ‘Il lavoro intellettuale come professione’. Egli scrive John Dewey (1859-1952), dopo aver insegnato nelle università del Michigan e del Minnesota, ha lavorato per dieci anni fino al 1904 a Chicago ed infine all’università di New York dove rimase fino al 1929. Tra le opere ricordiamo ‘Democrazia e educazione’, ‘La condotta dell’uomo’, ‘Esperienza e natura’, ‘L’arte come esperienza’, ‘Logica come teoria dell’indagine’, e i due saggi pubblicati nell’Enciclopedia delle scienze unificate intitolati ‘Teoria della valutazione’ e ‘L’unità della scienza come problema sociale’. (1939) Egli afferma. Il ricercatore che si occupa di un problema educativo è chiamato ad assumersi la responsabilità di selezionare i diversi contributi sull’argomento che deve affrontare e di formulare le conclusioni, necessarie provvisorie, del suo lavoro di indagine, secondo una modalità che consenta ad altri di verificare gli elementi di evidenza e i contributi di ricerca utilizzati. La ricerca ha dunque il compito di contribuire a scegliere tra le diverse soluzioni possibili di problemi educativi. È necessario quindi adottare un atteggiamento scientifico. Andando oltre le definizioni già viste nello studio di Dewey che cosa intendiamo quindi per scienza? Abbiamo due approcci/metodi che sono necessari per fare ricerca e sperimentare: a) Natura empirico-sperimentale-impianto metereologico-Un corpo di conoscenze basate su esperienze replicabili che autorizzano a fare sensate generalizzazioni dei risultati ottenuti e perciò previsioni. Si parte da esperienze precostruite replicabili in seguito o fatti realmente accaduti anche se non esplicitamente replicabili in quanto reali, il fatto eseguito per poi generalizzare i risultati e fare affermazioni che avranno valore per l’intera popolazione, e non solo per il campione d’esame. b) Natura logica deduttiva-Impianto logico- Un insieme ordinato e coerente di concetti ben definiti o leggi che già conosciamo e connessi in proposizioni fondamentali da cui altre sono deducibili secondo regole ben definite. Bailey nel suo Manuale del 1982 sui metodi della ricerca sociale dice che la ricerca sociale ha il compito ‘della raccolta dei dati che possono aiutarci a rispondere a domande concernenti i diversi aspetti della società, così da permetterci di comprenderla’ (osservare per comprendere). Allo stesso tempo ci sono anche degli approcci che permettono, dapprima con un’osservazione, di progettare attraverso una metodologia che ci permette di portare cambiamenti nella realtà, poi tale metodologia si applica ad un gruppo e ad un altro no (che di solito sono simili), si fanno infine le rilevazioni per misurare gli effetti. Si agisce per trasformare quello che c’è. La scienza invece non si limita a fornire risposte a domande, ma oltre a fare delle domande si procede a verificare le possibili ipotesi di risposte. La percezione stessa di una situazione problematica comporta che se ne immagini una diversa/ una soluzione al problema, a cui si aspira e che sarà il fine dei nostri sforzi. L’applicazione del metodo scientifica consiste nel cercare di raggiungere questo fine attraverso uno specifico percorso, adeguatamente progettato. Ogni volta che formuliamo delle domande, queste contengono già un’idea di risposta. Ogni attività di ricerca è semplicemente la verifica di soluzioni possibili. Lo schema che sintetizza tutti i passi del processo: 1) Identificazione del problema o percezione della soluzione problematica 2) Ipotesi di ricerca su soluzioni possibili, si pongono domande di ricerca o ipotesi di ricerca 3) Indagine sulle conoscenze pregresse o sugli studi in corso sul problema in oggetto o sulle conclusioni di altri studi 4) Progettazione del processo di sperimentazione 5) Attuazione del processo di sperimentazione (e a volte con monitoraggio in itinere per capire se è necessario modificare) 6) Verifica dei risultati 7) Accettazione o revisione delle ipotesi di ricerca La mancanza di metodo impedisce di trarre profitto dall’esperienza. L’accumulazione del sapere nell’ambito delle scienze sociali non ha dato luogo finora a progresso lineare. Da qui e dall’ipotesi che si possa anche in questo ambito realizzare quello che ormai è patrimonio acquisito in altri ambiti conoscitivi nasce il tentativo delle scienze sociali di costruire un sapere consolidato sulle materie di loro pertinenza. Non si riesce a far tesoro delle esperienze acquisite perché esiste una tendenza forte a separare le capacità critiche di cui disponiamo dalle modalità con cui effettuiamo le scelte. I due atteggiamenti errati che si possono sviluppare sono: a) Si assumono quindi fini in assenza di un’analisi approfondita dei mezzi che occorrono per raggiungerli e della necessaria coerenza che i mezzi debbono avere con i fini stessi. Basti pensare ai danni enormi fatti con l’auspicio di servire il nobile fine della conversazione religiosa di altri popoli. b) Si agisce nella convinzione che ogni situazione è unica e che dunque nella nuova situazione non si ripeteranno le condizioni che hanno impedito in passato il raggiungimento dell’obiettivo e che sarebbe inutile analizzarlo e osservarlo nuovamente in quanto non si può modellizzare. (succede spesso in campo educativo). Si evidenzia in questo approccio la mancanza di atteggiamento scientifico. Sarebbe doveroso riflettere sul concetto fisico- matematico di modello e di esperimento in condizioni ideali. Spesso disponiamo delle informazioni che ci sarebbero utili a prender la decisione migliore ma non le utilizziamo: 1)Intervengono gli automatismi-> si risponde al problema di istinto senza pensare 2)Pigrizia-> scarsa affezione al fine, vagheggiato, ma non desiderato 3) Mancanza di memoria-> a livello sociale e individuale si innesta una sorta di rimozione dell’esperienza pregressa 4) Conformismo-> utilizzazione della soluzione di moda, si è portati ad abbracciare paradigmi 5) Malafede -> I ricercatori possono pensare ogni esperienza è unica quindi dato che la propria è ancora più unica è inutile ascoltare gli altri; o possono pensare che non perseguendo il fine dichiarato non si ha bisogno di sapere come si può raggiungere (come ad esempio la legge Moratti che prese in considerazione la soluzione per evitare la continua tendenza a svalutare alcuni indirizzi di studio- in realtà non si persegue il fine); o semplicemente ci sia conflitto con chi dispone dell’esperienza Le scelte si fanno considerando le probabilità di successo. Le leggi scientifiche hanno un carattere ipotetico e probabilistico. Anche per quanto riguarda l’educazione è possibile verificare relazioni che hanno carattere ipotetico e probabilistico. Possiamo dire che esperienze sperimentali adeguate ci consentono di affermare che esiste una certa probabilità, in taluni casi molto alta, che un certo evento si verifichi o che a un evento o a una serie di eventi ben definiti, e quindi identificabili, conseguano un altro evento (che già conosciamo e che si è già verificato) o una serie di eventi. Talvolta la probabilità del verificarsi di un evento è talmente elevata (sopra il 95% nella maggior parte dei casi, ma a volte anche 99% o 90%) da poter essere assunta per regolare i comportamenti da adottare in situazioni simili, siamo a volte molto confidenti sul fatto che l’evento si verifichi anche se non è un fatto deterministico. Nella realtà spesso assumiamo come elementi regolatori anche fatti/eventi/leggi che hanno una probabilità minore di verificarsi ma dobbiamo sapere con quale grado di fiducia possiamo utilizzarla. La nozione di probabilità appartiene al nostro senso comune. Quando dobbiamo scegliere tra alternative, in mancanza di certezze, tendiamo a scegliere l’alternativa che riteniamo abbia maggiori possibilità di avere successo. Se la scelta riguarda l’agire in modo tale da provocare un determinato evento, ciò che stimiamo nel nostro ragionamento è la probabilità che questo evento si verifichi rispetto alla probabilità che questo evento non si verifichi. Nell’agire comune utilizziamo l’esperienza pregressa per la stima della probabilità, sono tutte stime di probabilità che si fanno in modo intuitivo. Non siamo però buoni statistici intuitivi. Finora abbiamo spesso richiamato il senso comune, sono tuttavia molti i rischi nell’uso ingenuo del senso comune quando si parla di probabilità. In eventi come il lancio o l’estrazione, il caso precedente non ha alcuna influenza sul successivo. Il calcolo della probabilità muove dalla formalizzazione teorica del concetto di probabilità e si sviluppa sulla base del confronto tra probabilità teorica e risultati ottenuti. La teoria della probabilità e delle decisioni statistiche studia in modo formale questi problemi e richiede per chi intende approfondirne la conoscenza competenze in calcoli complessi. Accenniamo due teorie che risultano importanti per la valutazione dei risultati delle nostre ricerche: teoria classica e teoria frequentista in quanto ha senso comprendere queste due teorie, che fra l’alto non prevedono competenze pregresse particolari. Esistono differenti approcci anche al calcolo delle probabilità e teoremi che ci indicano come calcolare o stimare la probabilità del verificarsi di un evento o della combinazione di più eventi. a)Definizione di probabilità classica secondo la quale la probabilità del verificarsi di un certo evento è data dal rapporto fra casi favorevoli (quello che accade nell’evento) e casi possibili (tutto quello che può accadere) - (è il rapporto fra f/p detto anche f:p). Tale rapporto avrà come risultato un numero compreso fra 0, che è l’impossibilità assoluta, e 1, che è la La probabilità può essere stimata e non misurata e nel concetto di stima risiede la considerazione di una qualche incertezza del risultato. probabilità di un evento certo. Si utilizza una stima a priori. Possiamo definire la probabilità come un rapporto: p (E) = f/n. Dove p(E) è la probabilità che E si verifichi, f sono i casi favorevoli ed n i casi possibili. La probabilità di verificarsi di un evento è dunque un rapporto ed il suo valore è compreso tra 0 ed 1, dove 1 sta per la certezza del verificarsi di un evento e 0 per la certezza del suo non verificarsi. Conseguentemente se definiamo q(E) la probabilità che E non si verifichi, ossia l’evento contrario a quello che ci interessa, usualmente detta complementare, possiamo facilmente ricavare che q(E) = 1- p(E). b) Nel caso della concezione frequentista, c’è la possibilità delle equi probabilità. La stima di probabilità si fa a valle di un esperimento. La probabilità viene assegnata sulla base dei risultati di un esperimento ripetuto molte volte nelle stesse condizioni o sulla base di situazioni che possono essere ricondotte a tale contesto concettuale (ad esempio, utilizzo di statistiche correnti).L'esperienza dice che al crescere del numero delle prove fatte tutte nelle stesse condizioni, la frequenza relativa pur variando, tende a stabilizzarsi attorno ad un valore, cioè ordinariamente le fluttuazioni molto grandi sono sempre più rare, e tale valore attorno a cui le frequenze relative si stabilizzeranno corrisponde al valore della probabilità dell'evento. In ciò consiste la legge empirica del caso. Anche per quanto riguarda l’educazione è possibile verificare relazioni che hanno carattere probabilistico (esempio fallimento di certi programmi scolastici o di certe politiche scolastiche). Le conoscenze che abbiamo acquisito attraverso lo studio di esperienze di altri diventano dunque la guida per le nostre scelte successive. È l’esperienza che ci consente di prefigurare obiettivi e/o soluzioni, di anticiparne i vantaggi e gli svantaggi, di valutare l’appropriatezza dei mezzi necessari e il loro costo e decidere se vale la pena. È l’esperienza, infatti, che ci consente di prefigurare obiettivi nuovi e/o soluzioni nuove da adottare, di anticiparne i vantaggi e gli svantaggi, di valutare l’appropriatezza dei mezzi necessari e il loro costo e decidere della fattibilità di una sperimentazione. La ricerca pura è quella più orientata all’ambito teorico mentre la ricerca applicata si concentra sul trovare delle soluzioni a problemi specifici, verificando poi le soluzioni sul campo. La ricerca educativa è prevalentemente ricerca applicata, perché tende a verificare ipotesi di soluzione di problemi concreti, quali ad esempio «Qual è la grandezza migliore per una classe?», «Quale strategia di insegnamento può migliorare gli apprendimenti di un certo contenuto o l’acquisizione di una certa competenza?». Le ricerche son tante e la risposta è estremamente variabile in alcuni casi. La ricerca pura si muove sul piano dell’elaborazione e della verifica critica di teorie che non sono di immediata attuazione e di cui allo stato dell’arte non è possibile una verifica empirica, ma che tuttavia possono essere utilizzate come riferimento generale per il settore di indagine. La funzione della ricerca pura in educazione è proprio quella di cercare di cogliere, al di là del contingente, le finalità ultime che dovrebbero dare senso all’azione educativa e di costruire e verificare ipotesi di lavoro. Esempi ne sono l’elaborazione di modelli alternativi di educazione e di società, chiarendoci gli obiettivi e i fini dei processi educativi, o la riflessione teoretica sulla pedagogia. Quando ai ricercatori è chiesto di intervenire in modo concreto nei processi di riforma e ne viene sostenuto in modo cospicuo l’intervento, si realizza un prevalere di ricerca applicata. Quando invece le scelte politiche, ad esempio, vengono attuate senza alcuna considerazione del lavoro dei ricercatori, questi ultimi tendono a rifugiarsi nella ricerca pura. Dewey ragionando sull’unità della scienza si sofferma sul rapporto tra scienza pura e scienza applicata. Il suo ragionamento può essere così sintetizzato: 1. Le conoscenze e le idee sono prodotte dal lavoro e sono il risultato di un metodo che è stato seguito in modo intelligente dagli uomini che hanno interagito con l’ambiente; 2. La scienza in senso tecnico è una elaborazione formalizzata di operazioni quotidiane; 3. Il senso comune comprende assieme sia atteggiamento scientifici sia atteggiamenti non scientifici. I diversi approcci vanno ricondotti al processo conoscitivo nella sua essenzialità e alla naturale dialettica tra teoria e verifica empirica. Il fine ultimo dell’educazione era per Dewey sviluppare lo spirito critico degli studenti. «E’ d’altra parte l’atteggiamento sperimentale che riconosce come, mentre le idee sono necessarie per l’organizzazione dei fatti, esse sono al tempo stesso ipotesi di lavoro da verificare in base alle conseguenze che producono». (Dewey) Quindi anche quando si sviluppa la ricerca applicata. Consideriamo dunque ricerca pura ed applicata, non come modalità di ricerca contrapposte, ma come un continuo nel quale dalla riflessione intellettuale e dalla costruzione di modelli generali di tipo ipotetico deduttivo, si procede via via verso la costruzione di ipotesi sperimentali (ricerca pura e riflessione intellettuale-> Definizione di teorie e modelli-> Ipotesi sperimentali e ricerca applicata) Il primo passo da effettuare per comprendere ed attuare ricerche nell’ambito della pedagogia sperimentale è quello di definire il campo di indagine.