Teorie e Metodi di Progettazione e Valutazione Scolastica PDF
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Davide Capperucci
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Questo documento esplora teorie e metodi di progettazione e valutazione in ambito scolastico. Analizza l'autonomia scolastica, la progettazione curriculare, e la differenza tra insegnamento ed educazione. Inoltre, descrive i vari organi collegiali e le diverse tipologie scolastiche. Argomenti come il programma, la programmazione e il curricolo sono approfonditi, e si descrivono i campi di esperienza della scuola dell'infanzia.
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TEORIE E METODI DI PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE SCOLASTICA CON LABORATORIO DI PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE SCOLASTICA 9 CFU PROF: Capperucci Davide, davide.capperucci\@unifi.it LIBRI: - D. Capperucci, C. Cartei, Curricolo e intercultura. Problemi, metodi e strumenti, Franco Angeli, Milano, 2010. -...
TEORIE E METODI DI PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE SCOLASTICA CON LABORATORIO DI PROGETTAZIONE E VALUTAZIONE SCOLASTICA 9 CFU PROF: Capperucci Davide, davide.capperucci\@unifi.it LIBRI: - D. Capperucci, C. Cartei, Curricolo e intercultura. Problemi, metodi e strumenti, Franco Angeli, Milano, 2010. - D. Capperucci (a cura di), La valutazione degli apprendimenti in ambito scolastico, Franco Angeli, Milano, 2011. - C. Corsini, La valutazione che educa. Liberare insegnamento e apprendimento dalla tirannia del voto, Franco Angeli, Milano, 2023. - I. Scierri, La valutazione come autoregolazione e sostenibilità dell\'apprendimento, Franco Angeli, Milano, 2024 (non ancora stampato) ESAME: esame scritto in forma articolata- sia a risposta aperta da argomentare che con risposta a scelta multipla ed esercizi di risoluzione di situazioni problematiche LA PROGETTAZIONE CURRICULARE NELLA SCUOLA DELL'AUTONOMIA Il 1999 è un anno importante per la scuola italiana, poiché si segna un punto di passaggio dalla vecchia scuola a quella di oggi. In questo anno viene approvato un importante regolamento sull'autonomia delle istituzioni scolastiche (DPR 275 del 1999). Nel '97 vi è la legge sull'autonomia delle pubbliche amministrazioni (legge Bassanini- legge n.59 del 1997), con tale legge tutti i servizi della pubblica amministrazione vengono riformati, nella scuola si parla solo nell'articolo n. 21, nonostante la mole del provvedimento. Il regolamento specifico invece è quello del '99 sopra citato. Il modello della scuola del vecchio ordinamento si basava su due parole-chiave: PROGRAMMA E PROGRAMMAZIONE, questi due pilastri sono sostituiti da CURRICOLO E PROGETTAZIONE. Franco Frabboni dà una definizione di varie parole della didattica nel '94, nel testo "Le 10 parole delle didattica": - PROGRAMMA: Il manifesto culturale nazionale scritto dal legislatore (commissione del ministero dell'istruzione composta da diverse persone del settore) che esplicita obiettivi e contenuti disciplinari Caratteristiche principali: validità nazionale (comprendeva tutte le discipline ed era uguale in tutte le scuole) e prescrittività (andavano svolti tutti gli argomenti delle varie discipline contenute nell'elenco). Poca autonomia e poca libertà. Questa idea così rigida, senza differenziazione, entra in crisi con varie proteste e manifestazioni sia nel mondo universitario che lavorativo nel 1968, dove si contestava principalmente una società poco democratica che usava la scuola, l'università e il mondo proletario come strumenti di controllo sociale. Si contrappongono a questi concetti rigidi i concetti di uguaglianza (dare nell'offerta formativa a tutti le stesse cose) ed equità (nelle classi degli anni '60 le classi sono la rappresentazione della separazione sociale in base al mestiere del proprio genitore, un personaggio che critica molto questo aspetto classista è Don Milani. Il principio di equità si basa sul dare a tutti gli alunni ciò di cui hanno bisogno, anche se non necessariamente deve essere la stessa cosa, basata quindi sull'inclusività. Il programma invece dava a tutti le stesse cose, non tenendo conto che i punti di partenza non erano gli stessi). Qualche anno dopo al programma viene affiancata la programmazione, nel '74 vengono pubblicati i "Decreti Delegati", che cercano di rendere la scuola italiana più democratica ed aperta alle famiglie. Prima, infatti, nel momento che il bambino entrava a scuola ogni responsabilità educativa veniva interamente affidata alla scuola escludendo completamente la famiglia. Per tale motivo nascono gli ORGANI COLLEGIALI, che in alcuni casi consentono la partecipazione anche dei genitori, rendendo la scuola più aperta. Questi organi sono: - **Collegio docenti** (docenti curriculari, di sostegno, di religione cattolica, specialisti di inglese, di educazione fisica) -\> decide sulla didattica, sulla valutazione degli apprendimenti, sull'organizzazione della scuola e sui progetti scolastici, esiste anche il "collegio docenti allargato" dove si racchiude tutto il collegio unitario di tutte le scuole dell'istituzione scolastica. - **Consiglio di classe (**secondaria 1 e 2 grado) / **interclasse** (primaria)/**intersezione** (infanzia) -\> decidono sulla didattica, sui progetti, su attività educative di quel singolo [plesso scolastico] (singola scuola; [l'istituzione scolastica] è dotata di personalità giuridica; gli [istituti comprensivi] comprendono scuola dell'infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di 1 grado). All'interno di questi collegi i rappresentanti dei genitori posso accedere con valore propositivo. - **Consiglio di istituto** (organo politico della scuola) -\> prende le decisioni sul funzionamento della scuola; ad esso partecipano i rappresentanti dei docenti, dei genitori, degli studenti, del personale ATA e il dirigente scolastico (tutti questi rappresentanti vengono eletti e non mandati d'ufficio); il presidente del consiglio è un genitore - **Giunta esecutiva** -\> si riunisce prima del consiglio di istituto perché è un organo istruttorio che prepara i lavori e gli argomenti di cui si discuterà nel consiglio - PROGRAMMAZIONE: L'edizione locale del manifesto nazionale, che tiene conto delle specificità dei contesti e dei soggetti coinvolti nel processo formativo Caratteristiche principali: dimensione locale (che si vede nelle scelte educative, dà agli insegnanti la facoltà di scegliere tra i contenuti prioritari), flessibilità didattico-organizzativa, programmazione educativa (riguarda le finalità educative a cui tende la scuola, le scelte strategiche; di cui era responsabile il collegio dei docenti) e programmazione didattica (programmazione specifica che riguarda tutti i team docenti, ha una durata settimanale, che oggi esiste solo nella primaria, nella scuola primaria un insegnante deve lavorare 22h di insegnamento frontale e 2h di programmazione, mentre le insegnanti dell'infanzia 25h senza le due di programmazione che avviene al di fuori del loro orario di servizio; gli insegnanti inoltre hanno circa 80h annue da spendere in riunioni tra docenti e genitori). L'autonomia scolastica viene integrata dalla legge 107, detta anche "legge della buona scuola". [Il **PTOF**] (piano triennale dell'offerta formativa, ovvero POF che viene riformulato ogni tre anni e dopo la legge del '99 è divenuto obbligatorio[) è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale] (ogni scuola cerca di tramandare un certo tipo di cultura) [e progettuale] ( le scuole danno molta importanza a questo aspetto e ogni scuola è libera di promuovere tutti i progetti desiderati senza autorizzazione) [delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare] (insieme di tutte le discipline o attività educative obbligatorie che sono offerte da una scuola) [, extracurricolare] (quello che sta fuori dall'obbligo, tutte le attività erogate ad esempio nel pomeridiano che sono su frequentazione volontaria in base alla scelta dei genitori), [educativa] (ogni scuola è considerata un'agenzia formativa e quindi può fare corsi a qualsiasi tipo di utente, ad esempio i corsi di aggiornamento degli insegnanti, quelli per i genitori o i corsi di alfabetizzazione per gli stranieri) [ e organizzativa] ( specificare come si organizza il tempo scolastico, lo spazio, l'uso delle attrezzature, l'assegnazione dei docenti alle classi, compito che spetta al dirigente scolastico che ha sotto mano le esigenze della scuola) [ che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia] (DPR 275/99, L. 107/2015). In ambito di identità progettuale prima del DPR 275/99 l'organo che stava sopra alle scuole di ogni provincia era il provveditorato agli studi che approvava tutti i bilanci delle scuole, dava autorizzazioni per usciti didattiche, formulava le graduatorie per docenti e supplenti ed approvava ogni progetto o sperimentazione che si voleva effettuare. Con l'autonomia scolastica ognuna di queste mansioni viene riaffidata alla scuola che in questo modo può svolgere progetto in modo autonomo, nonostante esso venga proposto e formulato dal collegio docenti. Con l'autonomia anche l'amministrazione cambia radicalmente e viene affidata all'ambito territoriale delle province e all'ufficio scolastico regionale (ogni regione ha il proprio) entrambi sottogruppi del MIM (Roma, viale Trastevere). Il dimensionamento delle scuole (scuole che devono stare insieme) viene scelto dalle regioni. DIFF. Tra EDUCAZIONE-INSEGNAMENTO: la differenza sostanziale è che l'insegnamento deve avere un corrispettivo di ore ben preciso e prestabilito, l'educazione civica fa parte dell'insegnamento (33h obbligatorie, perché tutto l'anno scolastico è composto da 33 settimane, quindi gli orari sono tutti multipli di 3); mentre l'educazione non ha mai un orario prestabilito. Nella scuola dell'infanzia non esistono discipline ma CAMPI DI ESPERIENZA, che sono 5: - Il sé e l'altro - Il corpo e il movimento - I discorsi e le parole - Immagini, suoni, colori - La conoscenza del mondo Con l'autonomia scolastica anche gli orari sono decisi dalla scuola, ci sono due modelli diversi: - SCUOLA A TEMPO PIENO -\> 40h su 5 giorni, una classe a tempo pieno ha all'incirca 2 insegnanti, tranne alcune casistiche (insegnante educazione fisica, di inglese o di religione -\> questo nel caso in cui le due insegnanti non vogliano insegnare religione cattolica e quindi la diocesi si occupa di inviare un maestr\*) - SCUOLA A TEMPO NORMALE -\> non sono tutte della stessa durata e qui ci sono varie possibilità: - Minimo 24 h - 27 h - 30 h In ogni caso di scelta il ministero invia insegnanti come se tutte le classi facessero 27h, se avanzassero delle ore la scuola che ha le risorse potrebbe scegliere anche di fare 28h oppure 32h, in modo che tutto sia ben calibrato e nessun insegnante rimanga con ore in avanzo. Le famiglie per conoscere il PTOF, considerando che ogni genitore può scegliere la scuola che preferisce senza vincoli territoriali, devono visionarlo sul sito della scuola, per motivi di trasparenza, infatti, la scuola è obbligata a pubblicarlo. Nella scuola dell'infanzia il numero massimo di ore è 40 h, nonostante l'orario sia molto flessibile se concordato con i genitori. CURRICOLO -\> "Percorso formativo intenzionale progettato dalle singole istituzioni scolastiche, tenuto conto dei bisogni della popolazione scolastica e delle risorse del territorio (F. Frabboni)", nel rispetto sia dell'autonomia delle singole scuole che degli obiettivi generali del sistema di istruzione. Un sistema è un insieme di parti che sono tenute insieme perché rispettano le stesse regole e vincoli. La natura giudica della scuola può essere: - Statale, comunale, regionale - Paritarie -\> scuole nate come private, gestite da privati, ma che poi nel tempo sono state equiparate alle scuole statali nel tempo. Tale parità riguarda i titoli rilasciati, che sono gli stessi delle scuole statali - Private -\> possono rilasciare titoli di studio solo se alla fine del percorso tale titolo viene riconosciuto da una scuola paritaria o statale il significato che i programmi davano alla parola apprendimento era la mera conoscenza delle info delle varie discipline per acquisirne più sapere possibile, nonostante non tutte le informazioni poi venissero usate nulla vita. La stessa parola disciplina significa "sapere disciplinato". Si fa riferimento ad un bambino ideale, con nessuna differenza individuale. La parola curricolo deriva alla maturazione di un apprendimento, che è diverso proprio nella sua natura. Infatti, per formulare l'apprendimento si parte dall'analisi dei bisogni (bambini reali con bisogno diversi e singoli), svolta attraverso questionari per i genitori e l'osservazione dei bambini nei primi momenti dell'anno. A partire da questo si fa la progettazione, chiaramente mantenendo la centralità delle discipline. I saperi però cambiano di funzione, se nel programma sono il fine, nel curriculo sono un mezzo per sviluppare le competenze. Una scuola progetta il proprio curriculo tramite il collegio docenti, che si può organizzare al suo interno in dipartimenti (gruppi di docenti che si occupano della stessa materia), all'inizio di settembre (il primo del mese, nonostante i bambini arrivino circa nella metà del mese, ma questi 15 giorni servono per revisionare o formulare il proprio curricolo). Per la scuola, inoltre, è importante durante gli anni che gli organi competenti si occupino di monitorare l'andamento dell'applicazione del curricolo. Il termine della scuola è circa metà giugno per la primaria e fine giugno per l'infanzia, gli insegnanti in questo periodo, infatti, si occupano della revisione del curricolo. Da contratto le insegnanti hanno 36 gg di ferie, che non possono essere usate durante tutto l'anno scolastico. TIPI DI CURRICOLO: - Curricolo chiuso -\> Modello francese. Molto simile al programma, redatto interamente dal ministero oppure dalle autorità locali (comuni, nonostante questo vari in base al paese), vi è una differenziazione forte a livello territoriale sul funzionamento delle scuole. - Curricolo aperto -\> modello anglosassone. Ogni singola scuola decide il proprio curricolo, scegliendo proprio le materie di insegnamento. - Curricolo integrato -\> modello vicino al nostro (art. 8 della regola sull'autonomia). In questo caso si integrano i due modelli, il curricolo deve rispondere sia a istanze nazionali che locali ARTICOLAZIONI DEL CURRICOLO: - *QUOTA NAZIONALE DEL CURRICOLO* -\> parte obbligatoria che è comune a tutte le scuole; serve a dare attuazione alle Indicazioni Nazionali (insegnare quello che c'è scritto nelle IN); Ammonta almeno all'80% del monte ore annuo di tutte le discipline obbligatorie - *QUOTA LOCALE DEL CURRICOLO O QUOTA DELL'AUTONOMIA* -\> parte obbligatoria che ammonta ad un tot di ore, ciò che fa parte di questa parte viene deciso interamente dalla scuola tramite il collegio docente; Ammonta al massimo al 20% del monte ore annuo di tutte le discipline; Può prevedere: - Introduzione di nuove discipline o attività didattiche non previste dal curricolo obbligatorio - L'attivazione di laboratori disciplinari - L'attivazione di laboratori trasversali - L'attivazione di gruppi di apprendimento svincolati dalle classi - La predisposizione di interventi di recupero - La realizzazione di progetti didattici a livello di classe o di istituto - *QUOTA EXCURRICOLARE AGGIUNTIVA (OPZIONALE, AMPLIAMENTO DELL'OFFERTA FORMATIVA)* Oggi il fine delle istituzioni scolastiche è quello di formare competenze spendibili (anche) in contesti formativi e professionali diversi da quello scolastico. Le competenze nelle IN del 2004 (la prima edizione delle IN è del 2001, a cura di Tullio De Mauro, nonostante non sia mai stata pubblicata a causa della caduta del governo; le IN del 2004 entrano in vigore a cura della ministra Moratti e vengono indicate come le prime; poi abbiamo la versione del 2007; passando a quelle del 2012 revisionate ed aggiornate poi nel 2018) (nel 2004 le IN trattano e definiscono per la prima volta il curricolo per competenze) vengono definite come*: «**L'agire personale di ciascuno, basato sulle conoscenze e abilità acquisite, funzionale all'esecuzione di un compito, alla realizzazione di un progetto*** (competenza è sempre un'azione -\> saper agire). *Non è mai un agire semplice, atomizzato, astratto, ma è sempre un agire complesso che coinvolge tutta la persona e che connette in maniera unitaria e inseparabile i saperi (conoscenze), i saper fare (abilità), i comportamenti individuali e relazionali, gli atteggiamenti emotivi, le scelte valoriali, le motivazioni e i fini. Per questo, nasce da una continua interazione tra persona, ambiente e società, e tra significati personali e sociali, impliciti ed espliciti».* Lo sviluppo di una competenza richiede molto tempo per essere sviluppata ed è un insieme di conoscenze e di abilità. Esse sono una componente importante ma non sono automatiche nell'applicazione, necessitano di esercitazione. ![Immagine che contiene testo, lettera, Prodotto di carta, schermata Descrizione generata automaticamente](media/image2.png) Immagine che contiene testo, schermata, linea, diagramma Descrizione generata automaticamente ![](media/image4.png)nel 2007 il ministro Pieroni rende obbligatorie come competenze chiave per l'obbligo di istruzione le 8 competenze europee del 2006. Oltre a queste, egli identifica altre competenze di base che si dovrebbero sviluppare nel corso dei 10 anni del ciclo di istruzione obbligatoria (aumentato proprio in questi anni, prima era 8 anni). Queste competenze di base sono competenze molto varie e ad ampio raggio, ma vengono suddivise in quattro assi, ovvero macro-suddivisioni, che contengono le forme più specifiche: - Asse dei linguaggi - Asse matematico - Asse scientifico-tecnologico - Asse storico-sociale Chiaramente queste suddivisioni sono un punto di riferimento per tutti gli ordini di scuola, anche per l'infanzia nonostante essa non sia obbligatoria. Dopo vengono le discipline, o campi di esperienza all'infanzia, che sono molto più specifiche. Al loro interno le indicazioni nazionali del 2012 prevedono due aspetti importanti: traguardi per lo sviluppo delle competenze (infanzia e primo ciclo, esse sono le competenze da sviluppare disciplina per disciplina, campo di esperienza per campo di esperienza; nel secondo ciclo si chiamano solo competenze e gli obbiettivi diventano specifici) e collegati ad essi ci sono gli obiettivi per l'apprendimento. Qui di vedono divise in due cicli: primo che riguarda primaria e secondaria di primo grado (otto anni) e secondo ciclo che riguarda scuola secondaria di secondo grado (cinque anni). Volendo individuare due dimensioni importanti di questo modello: una dimensione formativa più trasversale della formazione dei cittadini, lo sviluppo di competenze generali e non specifici; mentre l'altra dimensione è quella didattica, dedicata allo sviluppo di competenze specifiche attraverso le discipline. Il curricolo delle scuole autonome deve avere come punto di arrivo lo sviluppo di competenze trasversali e competenze disciplinari: - [Competenze trasversali] -\> competenze chiave di cittadinanza contenute del DM n. 139/2007. Fioroni riprende le otto competenze europee e le riadatta come competenze chiave di cittadinanza, ovvero competenze applicabili ad ogni situazione una volta che vengono sviluppate. Le otto competenze chiave per l'apprendimento permanente formulate dall'UE nel 2006 sono (che competenze deve avere un cittadino europeo): 1. Comunicare nella lingua madre 2. Comunicazione in lingue straniere 3. Competenza matematica e competenza di base in campo scientifico e tecnologico 4. Competenza digitale 5. Imparare a imparare (capacità di imparare da soli, alcuni la considerano una metacompetenza) 6. Competenze sociali e civiche 7. Spirito di iniziativa e di imprenditorialità 8. Consapevolezza ed espressione culturali Nel 2007 vengono riadattate all'obbligo di istruzione italiano: 1. Imparare ad imparare 2. Progettare 3. Comunicare 4. Collaborare e partecipare 5. Agire in modo autonomo e responsabile 6. Risolvere problemi 7. Individuare collegamenti e relazioni 8. Acquisire ed interpretare l'informazione - [Competenze disciplinari] -\> Indicazioni Nazionali e Linee Guida. Sono le competenze più vicine alle singole discipline e si trovano scritte nelle Indicazioni Nazionali (infanzia e primo ciclo) e nelle Linee Guide (secondo ciclo per tecnici e professionali, solo i licei hanno le IN poiché essi derivano dalla riforma Moratti del 2006; mentre le linee guida derivano dalla riforma del ministro Fioroni). Le competenze disciplinari nel primo ciclo vengono indicate col nome di **traguardi per lo sviluppo delle competenze**. Essi sono definiti nelle IN del 2012 come: *"riferimenti ineludibili per gli insegnanti, indicano piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare l'azione educativa allo sviluppo integrale dell'allievo. Nella scuola del primo ciclo i traguardi costituiscono criteri per la valutazione delle competenze attese e, nella loro scansione temporale, sono prescrittivi, impegnando così le istituzioni scolastiche affinché ogni alunno possa conseguirli, a garanzia dell'unità del sistema nazionale e della qualità del servizio"*, inoltre, vengono collocati alla fine della scuola dell'infanzia e della scuola primaria, poiché richiedono tempo per essere sviluppati. Le competenze si valutano per livelli di padronanza, quindi non è detto che tutti sviluppino tali competenze agli stessi livelli, la cosa importante è che almeno tali competenze disciplinari siano sviluppati ad un livello iniziale, se ne evince quindi che i traguardi non siano standard per ogni bambino ma piuttosto lo sono per gli insegnanti. Ovviamente, per raggiungere taluni traguardi sono necessari dei saperi più specifici, indicati come **obbiettivi di apprendimento**, definiti come*: "individuano campi del sapere, conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze."* Nella scuola dell'infanzia gli obbiettivi di apprendimento non sono contenuti nelle IN, ma trattano solo quello che riguarda i traguardi, lasciando la libertà agli insegnanti di individuare loro gli obbiettivi per ogni campo di esperienza considerando la tenera età e la poca scolarizzazione dei piccoli. Nella scuola primaria sia i traguardi che gli obbiettivi sono contenuti, ma primi hanno cadenza quinquennale e i secondi durano fino alla classe terza e alla classe quinta, per gli anni non specificati gli insegnanti devono scegliere e progettare gli obbiettivi andando a ritroso (si parte da quelli di terza per andare a definire quelli di prima e seconda ad esempio); questo perché mentre i traguardi sono ineludibili, gli obbiettivi sono solo delle proposte di lavoro sulle conoscenze che possono essere utili, ma possono essere modificati ed integrati nel caso gli insegnanti ne sentano il bisogno, e non sono vincolanti (altrimenti ci sarebbero ancora i programmi). I traguardi nelle IN sono SEMPRE scritti all'indicativo presente terza persona singolare, sottintendendo l'azione del bambino, mentre gli obbiettivi sono scritti all'infinito presente e NON sono prescrittivi. Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente](media/image6.png) Immagine che contiene testo, elettronica, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente ![](media/image8.png)Gli insegnanti oltre a progettare le competenze devono anche valutarle, per verificare che esse siano state apprese. Dal 2015 si parla anche di certificazione delle competenze, ovvero vanno attestate e messe per iscritto le competenze che sono raggiunge e il loro livello, documento di valutazione che poi verrà consegnato alla famiglia. Ed è obbligatorio alla fine della primaria, mentre per la fine dell'infanzia è facoltativo. il termine UDA nasce con la riforma Moratti, nonostante oggi rappresenti qualcosa di molto differente come significato e per questo si predilige l'uso di UDC (unità di competenza). UDC è un modello di micro-progettazione che viene formulato a cadenza settimanale, ma che segue la linea del curriculo generale, entrando però nello specifico degli argomenti, delle prove di verifica, dei tempi, delle attività, degli strumenti e delle metodologie usate durante quel periodo ristretto (una settimana specifica). AUTONOMIA SCOLASTICA L'autonomia scolastica in Europa: - Riforme dei sistemi scolastici europei: l'autonomia rappresenta la trasformazione più significativa degli ultimi decenni - In quasi tutti i paesi membri dell'unione europea e buona parte di quelli dell'OCSE è stato registrato un forte aumento di provvedimenti legislativi a favore dell'autonomia scolastica. La rete Eurydice ha svolte diverse ricerche: "L'autonomia scolastica in Europa. Politiche di attuazione" e "Autonomia e responsabilità dei docenti in Europa" Sussistono molte analogie tra il percorso europeo e quello italiano di approdo all'autonomia. - *Anni Ottanta* -\> il motivo principale dell'autonomia: promozione della "partecipazione" e dell'"apertura", mediante la sperimentazione di forme di democrazia partecipativa e l'apertura della scuola alla comunità di riferimento da coinvolgere anche nelle attività di gestione. Paesi coinvolti: Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio - *Anni Novanta* -\> i motivi principali: decentramento amministrativo, affermazione del new public management, ispirato alla cultura del servizio, della qualità, della centralità dell'utente, della responsabilizzazione degli operatori pubblici in ordine alla rendicontazione, non è un caso se è proprio in questo periodo che nasce la parola accoutability, ovvero l'attenzione alla spesa delle risorse pubbliche affinché esse vengano ottimizzate al massimo per il perseguimento di fini precisi e socialmente rilevanti, nonché utilizzate in modo trasparente. Paesi coinvolti: espansione in molti Stati del nord, del centro, dell'est Europa e anche del sud con il Portogallo e l'Italia. - *Anni Duemila* -\> il motivo principale: il miglioramento della qualità dell'istruzione anche alla luce dei risultati dell'indagine internazionale OCSE-PISA. Paesi coinvolti: Lituania, Bulgaria, Romania, Germania, Lussemburgo, Liechtenstein, Grecia I Paesi europei sono arrivati ad attuare l'autonomia scolastica attraverso modalità diverse, attraverso: \- una legge generale sull'istruzione, quindi nell'ambito di una riforma complessiva del sistema scolastico - una legge specifica per l'autonomia \- una regolamentazione amministrativa. Nella maggioranza dei casi si è trattato di un processo top-down voluto dal legislatore o dall'amministrazione, e solo in pochissimi casi esso è nato dal protagonismo delle scuole. Tre diverse tipologie di autonomia adottate: 1. " [autonomia completa":] le istituzioni scolastiche decidono senza interventi esterni (Belgio, Lettonia, Svezia). 2. "[scarsissima autonomia":] la scuola ha scarsi margini di decisione e di discrezionalità a fronte di autorità superiori che definiscono criteri dettagliati e precisi sulle azioni e i provvedimenti da attuare sul fronte organizzativo, amministrativo e gestionale (Bulgaria, Francia, Irlanda, Cipro, Romania) 3. "[autonomia funzionale":] autonomia su alcuni aspetti specifici -- didattici, organizzativi, di ricerca -- mentre l'autonomia di spesa, il più delle volte, è limitata alle spese di funzionamento e meno presente per le spese in conto capitale (nei Paesi rimanenti, tra cui l'Italia). L'autonomia scolastica in Italia: L'esigenza di una scuola autonoma, garante della libertà di insegnamento e del pluralismo culturale, comincia ad essere avvertita in modo sempre più forte a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Domanda sociale e didattico-culturale fortemente differenziata richiede un modello di scuola democratica e di qualità capace di portare avanti sia un progetto culturale e formativo nazionale, sia di fornire interventi efficaci rispondenti a specifiche esigenze locali. 1990: Sabino Cassese presenta in occasione della Conferenza Nazionale della scuola un progetto di Autonomia scolastica 1993: proposta di riforma scolastica che prevedeva la sopravvivenza di due soli livelli amministrativi: il Ministero dell'Istruzione e le istituzioni scolastiche. L'articolato sull'Autonomia scolastica dell'allora Ministro alla Funzione Pubblica, muoveva dal presupposto che le scuole pubbliche autonome dovessero essere dotate di tutti i livelli di autonomia, da quella didattica a quella organizzativa, finanziaria, di ricerca, contemplando persino la scelta del personale e la quindi soppressione dei Provveditorati agli Studi. Seconda Riforma della Pubblica Amministrazione Legge 15 marzo 1997 n. 59 "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa", la cosiddetta "Legge Bassanini" o "legge sul federalismo amministrativo" (a Costituzione invariata) Trasformazione dell'assetto amministrativo del nostro ordinamento nella direzione di un ampio trasferimento di competenze amministrative dallo Stato alle Regioni ed agli enti locali. **Art. 21 della Legge n. 59/1997** -\> L\'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della riorganizzazione dell\'intero sistema formativo. Ai fini della realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell\'Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonché gli elementi comuni all\'intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l\'estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e degli istituti d\'arte ed ampliando l\'autonomia per tutte le tipologie degli istituti di istruzione (\...) Il riconoscimento della personalità giuridica ha trasformato le scuole in veri e propri soggetti di diritto, quali centri di imputazione di interessi, dotati di autonomia patrimoniale e decisionale e di conseguenza anche responsabili in ordine alla gestione del servizio di istruzione. In buona sostanza, la personalità giuridica, nell'ottica della Legge n. 59/97, è da considerarsi una condizione necessaria affinché la scuola possa esercitare tutti i poteri che l'autonomia comporta. A tale proposito l'Avvocatura Generale dello Stato con un proprio parere (16507/2000) ha affermato che: *"la sopravvenuta personalità giuridica delle istituzioni scolastiche autonome non ha fatto venir meno il loro inserimento nell'apparato organizzativo dello Stato, atteso che la personalità giuridica è rilevante nei confronti dei terzi, finalizzata all'imputazione alla scuola delle attività negoziali e della responsabilità civile, e quindi a una maggiore agilità di operazioni" ; "ma nei confronti dello Stato, l'istituto dotato di personalità giuridica permane nella sua qualità di organo, sia pure con l'autonomia riconosciuta".* Il conferimento di detta personalità giuridica non ha pertanto trasformato la scuola in un soggetto indipendente e svincolato dall'organizzazione statuale, cioè non ha reso la scuola avulsa dal sistema amministrativo dello Stato. **Art. 21 della Legge n. 59/1997 (continua)** -\> 8. L\'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell\'efficienza e dell\'efficacia del servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all\'introduzione di tecnologie innovative e al coordinamento con il contesto territoriale. Essa si esplica liberamente, anche mediante superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell\'unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e temporali, fermi restando i giorni di attività didattica annuale previsti a livello nazionale, la distribuzione dell\'attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali, il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di un\'apposita programmazione plurisettimanale. 9. L\'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostanzia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale, compresa l\'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle esigenze formative degli studenti. A tal fine, sulla base di quanto disposto dall\'articolo 1, comma 71, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sono definiti criteri per la determinazione degli organici funzionali di istituto, fermi restando il monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l\'obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi. 10. Nell\'esercizio dell\'autonomia organizzativa e didattica le istituzioni scolastiche realizzano, sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dell\'offerta formativa che prevedano anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell\'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e, nell\'ambito di accordi tra le regioni e l\'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi. Le istituzioni scolastiche autonome hanno anche autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo nei limiti del proficuo esercizio dell\'autonomia didattica e organizzativa. Il concetto di autonoma e sussidiarietà è già presente nell'art. 5, par. 2 del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, come: - Sussidiarietà verticale -\> La sussidiarietà verticale, richiamata successivamente anche dal nuovo art. 118, comma 1, della Costituzione, prevede che le funzioni amministrative vengano esercitate di regola dall'ente territorialmente più vicino ai cittadini e, solo quando incompatibili con la dimensione territoriale di quest'ultimo, dette funzioni devono essere esercitate dall'ente avente una competenza più generale. In questo caso l'autonomia delle istituzioni scolastiche si configura come la migliore risposta organizzativa e istituzionale funzionale all'allocazione delle funzioni attinenti all'istruzione, pur garantendo all'orizzonte formativo quel "respiro" nazionale ed internazionale che serve ad evitare chiusure e localismi. - Sussidiarietà orizzontale -\> La sussidiarietà orizzontale (art. 118, comma 4, Cost.), di matrice liberale, oppone la libertà e l'intervento pubblico, si fonda su una concezione antagonistica del rapporto tra Stato e società in cui la funzione del principio di sussidiarietà è una funzione prevalentemente di delimitazione dell'intervento statale e di difesa da questo \[1\]. Ne deriva un'interpretazione secondo la quale tale principio, corrisponde "\[...\] alla riduzione del ruolo del pubblico nei limiti in cui il servizio o l'attività possono essere assicurati dai soggetti privati in modo efficiente e secondo gli interessi di pubblica utilità prefissati dallo stesso potere pubblico" \[2\]. Nel caso della scuola, il convergere di soggetti pubblici e privati sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale per il perseguimento congiunto di fini di utilità pubblica, crea un'alternanza il cui vero obiettivo è la realizzazione del principio costituzionale di uguaglianza sostanziale, attraverso la rimozione degli ostacoli riguardanti appunto l'istruzione e la formazione. Un obiettivo al cui perseguimento i soggetti pubblici non possono sottrarsi, perché questa è la mansione che la Costituzione assegna loro; un obiettivo, inoltre, che anziché il "ritirarsi" dei soggetti pubblici richiede al contrario l'utilizzazione di tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, nella consapevolezza che la complessità delle società moderne è tale per cui né le amministrazioni pubbliche, né tanto meno i cittadini possono pensare di risolvere da soli i problemi. E quindi la soluzione sta unicamente nella condivisione delle risorse e delle capacità di tutti i soggetti interessati, dando vita a forme di amministrazione condivisa SISTEMA PUBBLICO D'ISTRUZIONE (legge n. 62/1990) Tra le due accezioni di sussidiarietà, quella verticale, ha avuto un impatto più immediato all'interno del sistema della Pubblica amministrazione e quindi anche in quello dell'istruzione. Attuazione della legge Bassanini -\> Tra i decreti attuativi della Legge n. 59/97, è il Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112 \"Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59\", che ridefinisce in modo piuttosto analitico la ripartizione delle competenze in materia di istruzione tra Stato, Regioni e Enti Locali come indicato rispettivamente agli artt. 137, 138 e 139, riportati qui di seguito. Ripartizione delle competenze in materia di istruzione: 1. allo Stato spettano funzioni di indirizzo, programmazione, controllo e valutazione, in particolare, la determinazione degli obiettivi generali del processo formativo e degli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, l'individuazione delle discipline e delle attività relative alla quota nazionale dei curricoli e il relativo monte ore annuale, la definizione di standard di qualità di livello nazionale, la selezione dei criteri e dei parametri per l'organizzazione della rete scolastica, la definizione delle funzioni di valutazione del sistema scolastico e soprattutto di quelle relative alla determinazione e all'assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato; 2. alle Regioni spettano funzioni amministrative relative a: programmazione dell'offerta formativa; programmazione, sul piano regionale della rete scolastica; suddivisione del territorio regionale in ambiti funzionali al miglioramento dell'offerta formativa; determinazione del calendario scolastico; concessione di contributi alle scuole non statali; iniziative e attività di promozione relative all'ambito delle funzioni conferite; 3. agli Enti Locali spettano funzioni di programmazione, quali: istituzione, soppressione e aggregazione di scuole, nonché la redazione dei piani di utilizzazione di edifici e delle attrezzature, previa intesa con le istituzioni scolastiche. Il regolamento sull'autonomia scolastica -\> - L'art. 1, infatti, al comma 1 del citato D.P.R. n. 275/99 recita: *"Le istituzioni scolastiche sono espressioni di autonomia funzionale e provvedono alla definizione e alla realizzazione dell\'offerta formativa, nel rispetto delle funzioni delegate alle regioni e dei compiti e funzioni trasferiti agli enti locali, ai sensi degli articoli 138 e 139 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. A tal fine interagiscono tra loro e con gli enti locali promuovendo il raccordo e la sintesi tra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione".* Quale autonomia? Come precisato dalla norma, le scuole sono autonome non perché collocate al di fuori del sistema statale, ma perché svolgono la loro attività nell'ambito del sistema statale, e, quindi, nell'ambito delle norme generali e degli indirizzi nazionali, sebbene ciascuna di esse sia dotata di una propria autonoma progettualità che è espressione di autonomia funzionale. L'autonomia scolastica presuppone pertanto un'autonomia del e nel sistema e non un'autonomia dal sistema. Qualsiasi "autonomia" presuppone delle regole (diversamente si connoterebbe come un sistema autarchico) che ne regolamentano e definiscono i campi d'azione all'interno di un sistema più ampio di cui comunque fa parte. n L'autonomia delle istituzioni scolastiche è orientata a garantire una maggiore flessibilità didattico-organizzativa delle singole unità scolastiche, condizione necessaria per un'effettiva libertà di insegnamento come previsto anche dal testo costituzionale (art. 33) - Il comma 2 dell'art. 1 del D.P.R. n. 275/99, continua precisando che: *"L\'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l\'esigenza di migliorare l\'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento".* Lo sforzo, pertanto, che viene chiesto alle scuole autonome nella definizione del loro «progetto pedagogico» è quello di tenere di conto delle indicazioni e delle finalità prospettate dallo Stato, interpretandole in stretto rapporto con le esigenze e le aspettative degli alunni, delle famiglie e dei bisogni locali. La lettura pedagogica dei principi dell'autonomia scolastica si collega alla necessità che la comunità scolastica diventi luogo reale ed autentico di esplicitazione di proposte, assimilazione, elaborazione, fruizione di esperienze educative guidate e affidate, innanzitutto, alla professionalità e alla responsabilità dei docenti, dei dirigenti scolastici in concerto con le competenze messe a disposizione dalle altre agenzie formative presenti sul territorio. L'autonomia, infatti, necessita di essere preparata e sostenuta da parte di tutti gli operatori scolastici e da coloro che direttamente o indirettamente sono interessati alla scuola, creando così nuovi spazi di libertà progettuale e di attenzione alla qualità dei risultati, in modo da stimolare positivamente i docenti e gli alunni impegnati nei processi di insegnamento-apprendimento. P.O.F. (piano dell'offerta formativa) 1\. "Ogni istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue componenti, il Piano dell'offerta formativa. Il Piano è il documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia". 2\. "Il Piano dell'offerta formativa è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi di indirizzi di studi determinati a livello nazionale (...) e riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell'offerta formativa". (DPR 275/99, art. 3) Il Piano dell'Offerta Formativa, non è uno dei molteplici progetti, ma «il PIANO» che riproduce in chiave formativa la specificità e l'identità di ciascuna scuola. - «identità culturale e progettuale» della scuola, data da: 1. grado e ordine cui si riferisce l'istituto in base alle finalità generali previste dagli Ordinamenti 2. integrazione dei vari progetti educativi con le attività prettamente curricolari Tre livelli di progettazione del POF - Primo livello: unitarietà delle prestazioni, capace di soddisfare l'interesse nazionale e l'unitarietà del sistema, il POF sul piano didattico deve essere coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei vari tipi e indirizzi di studi - Secondo livello: territoriale, locale, che rimanda al soddisfacimento dei bisogni formativi connessi a specifiche realtà socioculturali - Terzo livello: riferito alla singola scuola che elabora intenzionalmente un proprio progetto pedagogico, di cui è responsabile in termini di adeguatezza, pertinenza ed efficacia dei risultati, tendente al raggiungimento di finalità formative calibrate in base alle richieste delle famiglie e degli alunni. 1. ATTIVITà PRELIMINARI ALL'ELABORAZIONE DEL POF - Il ruolo del DS -\> in questa fase preliminare il Dirigente scolastico, avvalendosi del supporto del suo staff e eventualmente di un apposito gruppo di lavoro, oltre ad esercitare la sua funzione di membro del Consiglio di Istituto, può attivare il processo decisionale attraverso una propria autonoma azione di indirizzo nella quale può farsi carico della proposta di obiettivi, di riflessioni critiche, di ipotesi dalle evidenti ricadute sul fronte della gestione della didattica. In questo frangente egli viene ad esercitare l'attività di coordinamento e di indirizzo riconosciuta dal suo profilo professionale per assicurare la "gestione unitaria del servizio", a cui fa riferimento l'art. 25 del D.Lgs n. 165/2001. - Il gruppo di lavoro (o commissione) del Collegio docenti -\> elabora concretamente il POF che deve essere poi approvato dal Collegio e in ultima istanza dal Consiglio di Istituto I 4 pilastri del POF: 1. Ripresa degli obiettivi dell'autovalutazione (RAV) La costruzione del POF prende avvio dai traguardi del RAV, individuati a partire dalle priorità delle aree esiti e accompagnati da obiettivi di processo 2. la definizione del curricolo e di apposite aree progettuali I fronti su cui intervenire in questo frangente sono principalmente due: - le attività istituzionali, cioè ordinarie, curricolari - le "zone" di innovazione didattica, metodologica, organizzativa, contenutistica, che sono funzionali all'arricchimento e/o miglioramento della didattica spesso legate a progetti specifici Un'elaborazione efficace del POF deve fornire una chiara visibilità della ripartizione tra l'attività didattica generale e l'attività progettuale, sempre ai fini della loro allocazione nel programma annuale (schede attività e schede progetto) 3. la possibilità di apportare eventuali aggiustamenti di anno in anno -\> gli aggiustamenti apportati in itinere e/o anno dopo anno in seguito alle attività di monitoraggio e autovalutazione messe in atto non vanno a minare la stabilità del POF. Quest'ultima, infatti, è data dagli obiettivi di miglioramento che la scuola si è data a partire dalle criticità individuate nel RAV. Gli interventi del PTOF sono finalizzati a raggiungere gli obiettivi di miglioramento che la scuola ha individuato. 4. il richiamo ad accordi in corso di definizione o definiti con i partner -\> la realizzazione di accordi di collaborazione e intese con soggetti territoriali e sociali genera una certa "solidità" pattizia tra i soggetti che si sono impegnati a sostenere l'attività della scuola, sfruttando a pieno le potenzialità organizzativo-didattiche e finanziarie connesse all'attivazione di reti territoriali e tra scuole previste dallo stesso Regolamento sull'autonomia scolastica (art. 7). Pof e programma annuale: - Il D.I. n. 44/2001 ha introdotto il "nuovo regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche" - Il Programma annuale: documento di programmazione finanziaria delle scuole, che sul piano finanziario supporta la realizzazione del POF I tre fronti dell'autonomia scolastica: 1. L'autonomia didattica (DPR 8 marzo 1999, n. 275, art. 4) - L'autonomia didattica consente agli istituti di differenziare, in una certa misura, la propria offerta formativa nel rispetto di alcuni parametri caratterizzanti e definiti per l'intero sistema formativo nazionale, quali: a\) un monte annuale orario per ciascun curricolo; b\) un monte annuale orario per ciascuna disciplina o attività indicate come fondamentale di ciascun tipo o indirizzo di studi; c\) l\'obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione delle produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi. - L\'autonomia didattica consente alle singole scuole: a\) una libera scelta e programmazione di metodologie, strumenti, organizzazione e tempi di insegnamento; b\) l'individuazione di ogni possibile iniziativa \"compresa l\'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi"; c\) la realizzazione di attività extrascolastiche ed extracurriculari che possono prevedere: percorsi formativi per adulti; iniziative di prevenzione dell\'abbandono e della dispersione scolastica; iniziative di utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro; iniziative di partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari e nell\'ambito di accordi tra le Regioni e l'Amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi; esperienze di ricerca, sperimentazione e sviluppo. 2. L'autonomia organizzativa (DPR 8 marzo 1999, n. 275, art. 5) Si riferisce alle modalità e ai tempi dell'insegnamento, ovvero all'impiego dei docenti nelle classi e nelle sezioni che può prevedere soluzioni diversificate in coerenza con le scelte progettuali previste nel piano dell'offerta formativa; L'autonomia organizzativa è legata: - agli adattamenti del calendario scolastico in relazione alle esigenze derivanti dal POF nel rispetto delle funzioni in materia di determinazione del calendario scolastico esercitate dalle Regioni a norma dell'articolo 138, comma 1, lettera d); - all'organizzazione flessibile dell'orario complessivo del curricolo e di quello destinato alle singole discipline e attività anche in base ad una programmazione plurisettimanale articolata in non meno di cinque giorni settimanali e rispettosa del monte ore annuale, pluriennale o di ciclo previsto per le singole discipline e attività obbligatorie. - alla possibilità di ricorrere alla modularizzazione dei tempi di insegnamento-apprendimento - Dette scelte organizzative devono essere preventivamente deliberate dal Consiglio di circolo o di istituto. LE INDICAZIONI NAZIONALI Esistono tre diversi livelli del curricolo: 1. Di istituto (macro-progettazione) 2. Della singola classe (meso-progettazione) 3. Della micro-progettazione individuale (nel caso di necessità -\> PEI o PDP) \_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_\_ *Chi sono gli alunni che necessitano di una progettazione individuale?* Gli alunni con BES si dividono in tre categorie: - Alunni con *disabilità* di varia natura (intellettiva, motoria, sensoriale -\> causa degli spasmi magari quando si sentono forti rumori e relazionale) -\> in questo caso è necessaria la produzione di un [PEI,] piano educativo individuale, che consiste in una micro-progettazione per il piano del bambino e che prevede l'assegnazione di un eventuale insegnante di sostegno (insegnante che necessita di conseguire una specializzazione mirata sulle disabilità) - Alunni con *DSA* (disturbi specifici dell'apprendimento), non sono classificate come disabilità ma disturbi legati dal punto di vista neurologico al metodo di apprendimento scolastico. Questi possono presentarsi nelle abilità di: lettura, scrittura e fare di conto. Sono di quattro tipi, spesso abbinati: 1. DISGRAFIA -\> difficoltà nella scrittura a mano, spesso si presenta con una grafia difficile da leggere 2. DISLESSIA -\> difficoltà nella lettura di testi scritti 3. DISORTOGRAFIA -\> difficoltà nell'applicazione delle regole grammaticali 4. DISCALCULIA -\> difficoltà nell'eseguire calcoli di ogni natura Questi disturbi dipendono da un diverso funzionamento del sistema neurologico centrale. Anche in questo caso viene riconosciuta la possibilità di avere un percorso personalizzato ([PDP] -\> prevede un percorso personalizzato ma senza insegnante di sostegno) - Alunni con *BES,* cioè tutti quegli alunni che hanno necessità di bisogni educativi speciali di qualsiasi natura: a livello socio-familiare, economico, a causa della provenienza (magari perché non parlano la lingua), a causa di un forte cambiamento (ad esempio l'adozione); anche per loro potrebbe essere studiato un [PDP] nel caso di necessità. Il tema dell'accoglienza è molto legato al tema dell'inclusione, nel punto in cui si deve adattare il trattamento ai bisogni specifici di ogni alunno (scuola equa), tramite della micro-progettazioni che si possono concentrare anche su un singolo alunno. La macro-progettazione riguarda la formazione del curricolo di istituto sulla base delle Indicazioni Nazionali (introdotti con la riforma Moratti nel 2004), che riguardano la scuola dell'infanzia e del primo ciclo. Le indicazioni nazionali vengono aggiornate ogni tre anni, questo a causa: 1. Della nostra società, in cui i cambiamenti sono molto repentini e le conoscenze aumentano sempre di più ogni anno, come aumentano i temi da trattare (basti pensare all'intelligenza artificiale) e quindi la scuola non può restare un sistema rigido e strutturato 2. A causa del fatto che è un documento culturale, ma anche politico (la cultura non è mai neutra e una cultura rappresenta la visione di una popolazione che indubbiamente è legata alla visione politica) Il documento di divide in due parti: la prima che fa da premessa sulla scuola, sull'insegnamento e sui fondamenti pedagogici su cui la scuola dovrebbe basarsi e la seconda più didattica che dà indicazioni più o meno vincolanti agli insegnanti su cosa devono insegnare. Una parte importante è quella che definisce il rapporto SCUOLA-SOCIETà. La scuola, infatti, nasce per merito della società ma è anche vero che la stessa scuola influenza la società (rapporto di osmosi), per questo è impossibile ignorare tale relazione. *Quali sono gli aspetti caratterizzanti della società contemporanea e come si riflettono sulla scuola?* - Un primo aspetto da considerare è il fatto che gli ambienti siano più ricchi di stimoli culturali, ma più contraddittori, con una varietà maggiore di esperienze formative (nella scuola, nello sport, nella famiglia -\> aumento del senso di cura per l'infanzia), ovviamente i tipi di insegnamento non devono essere conflittuali, per tale motivo è importante che la scuola dia senso alla varietà delle esperienze (per questo l'aspetto collaborativo tra famiglia e scuola è importantissimo); le informazioni sono sempre più numerose ed eterogenee. La scuola in questa società deve: formare saldamente sul piano cognitivo e culturale, promuovere la capacità di cogliere gli aspetti essenziali dei problemi e far acquisire strumenti di pensiero per selezionare le informazioni distinguendo anche tra quelle vere e false (competenza chiave di cittadinanza). - La nostra società convive anche con molteplici cambiamenti, discontinuità e imprevedibilità, che chiaramente si riversa sui bambini che vivono in ambiente così tanto mutevole creando instabilità. Come scuola si possono mettere i bambini in condizione di affrontare i cambiamenti (parlandone a scuola con un linguaggio adatto), insegnare ad apprendere ed elaborare mappe cognitive in grado di evolvere (organizzare il pensiero in mappe concettuali). - Un'altra dimensione della società da considerare è l'intreccio tra il globale e il locale (glocalismo), la pluralità di culture presenti nel territorio e le esperienze formative. Nella scuola per bilanciare tali aspetti di può: educare alla consapevolezza delle interdipendenze, trasmettere le tradizioni e le memorie nazionali, promuovere la collaborazione e l'integrazione tra culture ed educare alla cittadinanza unitaria e plurale Un altro aspetto considerato nelle indicazioni è il rapporto tra la persona e la comunità-scuola. La formazione di una comunità parte dal formare un gruppo classe unito (questo si svolge attraverso l'acquisizione sociale della volontà di socializzazione), dalla promozione di legami cooperativi e dall'insegnare le regole del vivere e del convivere. Ovviamente non si deve dimenticare la singolarità di ognuno e si deve favorire l'autonomia di pensiero. - Le finalità dell'insegnamento nella scuola dell'infanzia (ci si riferisce alla parte più didattica delle indicazioni): 1. PROMUOREVERE LO SVILUPPO DELL'INDENTITÀ 2. PROMUOVERE LO SVILUPPO DELL'AUTONOMIA -\> autonomia sia personale che in ambito scolastico, chiaramente in modo crescente 3. PROMUOVERE LO SVILUPPO DELLA COMPETENZA -\> per la scuola dell'infanzia si usa il singolare per la parola competenza, per ribadire il ruolo di questa fase scolastica 4. PROMUOVERE LO SVILUPPO ALLA CITTADINANZA -\> che sia locale, nazionale o globale - Le finalità dell'insegnamento nella scuola del primo ciclo: 1. ACQUISIRE GLI ALFABETI DI BASE DELLA CULTURA -\> siano essi matematici, linguistici o di altra natura 2. ELABORARE IL SENSO DELLA PROPRIA ESPERIENZA -\> abituare i bambini fin da piccoli a riflettere su quello che fanno, sviluppando una competenza riflessiva, pensando ad eventuali conseguenze delle proprie azioni 3. PRATICARE CONSAPEVOLMENTE LA CITTADINANZA ATTIVA -\> tema molto ricorrente poiché la scuola forma i cittadini di domani - Organizzazione del curricolo alla scuola dell'infanzia *"La costruzione del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l'innovazione educativa per la valorizzazione della persona ed il successo formativo". \[Indicazioni curricolo, pag. 23\]* Il curricolo è la base di partenza per tutti gli studenti ed è soggetto alla personalizzazione della scuola che si basa sui bisogni individuali di bambini e bambine, tenendo ovviamente conto di tutte le innovazioni. Il curricolo alla scuola dell'infanzia è basato su: 1. [cinque campi di esperienza] -\> sono luoghi del fare e dell'agire (apprendimento molto esperienziale e concreto, poiché la loro astrazione ha necessità di essere portata nel concreto: Piaget) del bambino orientati dall'azione consapevole degli insegnanti e introducono ai sistemi simbolico-culturali (discipline nella scuola primaria, vi è un avvio alla differenziazione dei saperi). Essi sono: Il sé e l'altro, il corpo e il movimento, i discorsi e le parole, immagini, suoni, colori e la conoscenza del mondo 2. [traguardi di sviluppo della competenza] -\> rappresentano riferimenti per gli insegnanti, indicano piste da percorrere e aiutano a finalizzare l'azione educativa allo sviluppo integrale dell'alunno, sono ineludibili e prescrittivi. Nella scuola dell'infanzia suggeriscono all'insegnante orientamenti, attenzioni e responsabilità per favorire esperienze volte allo sviluppo della competenza, che a questa età va inteso in modo globale e unitario. 3. [la valutazione], che deve avvenire con gli strumenti più adatti - Organizzazione del curricolo alla scuola del primo ciclo In questo caso il curricolo si articola in: 1. [Discipline] -\> che possono essere raggruppate in apposite aree disciplinari come linguistico, artistico ed espressiva, storico-geografica e matematico, scientifico e tecnologico. Alla quale sono state recentemente aggiunte discipline come l'educazione fisica (insegnante specializzato). *"Le competenze sviluppate nell'ambito delle singole discipline concorrono a loro volta alla promozione di competenze più ampie e trasversali, che rappresentano una condizione essenziale per la piena realizzazione personale e per la partecipazione attiva alla vita sociale, nella misura in cui sono orientate ai valori della convivenza civile e del bene comune. Le competenze per l'esercizio della cittadinanza attiva sono promosse continuamente nell'ambito di tutte le attività di apprendimento, utilizzando e finalizzando opportunamente i contributi che ciascuna disciplina può offrire". \[Indicazioni curricolo, pag. 43\]* 2. [traguardi per lo sviluppo delle competenze] -\> rappresentano riferimenti per gli insegnanti, indicano piste da percorrere e aiutano a finalizzare l'azione educativa allo sviluppo integrale dell'alunno, sono ineludibili e prescrittivi. Nella scuola del primo ciclo favoriscono l'apprendimento e la costruzione dell'identità degli alunni ponendo le basi per lo sviluppo delle competenze indispensabili per continuare ad apprendere a scuola e lungo l'intero arco della vita. 3. [obbiettivi di apprendimento] -\> sono conoscenze e abilità delle discipline definiti in relazione al termine del terzo e del quinto anno della scuola primaria e al termine del terzo anno della scuola secondaria di primo grado (non sono previsti nel testo delle Indicazioni per la scuola dell'infanzia, in questo caso spetta ai docenti individuarli). Sono obiettivi ritenuti strategici al fine di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze previsti dalle Indicazioni, non sono prescrittivi ma possono essere adattati, selezionati e integrati dai docenti in base alle caratteristiche degli alunni. Si trovano al termine della classe terza della scuola primaria, della classe quinta della scuola primaria e della classe terza della scuola secondaria di primo grado, gli anni precedenti sono programmati a ritroso 4. [la valutazione e la certificazione] (stabilita da una circolare del 2015 e una del 2017). - Ambiente di apprendimento -\> struttura dello spazio ai fini didattici. - Scuola dell'infanzia -\> Spazio accogliente, caldo, curato, tempo disteso, documentazione, stile educativo: osservazione, ascolto, progettualità e partecipazione - Scuola del primo ciclo -\> - Valorizzare l'esperienza e le conoscenze degli alunni "per ancorarvi nuovi contenuti" \[Indicazioni curricolo, pag. 44\]; - Attuare interventi adeguati nei riguardi delle diversità "per fare in modo che non diventino disuguaglianze". \[Indicazioni curricolo, pag. 45\]; - Favorire l'esplorazione e la scoperta "al fine di promuovere la passione per la ricerca di nuove conoscenze". \[Indicazioni curricolo, pag. 45\]; - Incoraggiare l'apprendimento collaborativo "Imparare non è solo un processo individuale. La dimensione comunitaria dell'apprendimento svolge un ruolo significativo". \[Indicazioni curricolo, pag. 45\]; - Promuovere la consapevolezza del proprio modo di apprendere "al fine di "imparare ad apprendere". \[Indicazioni curricolo, pag. 45\]; - Realizzare percorsi in forma di laboratorio "per favorire l'operatività e allo stesso tempo il dialogo e la riflessione su quello che si fa". \[Indicazioni curricolo, pag. 46\] I grandi problemi della nostra epoca richiedono: - L'elaborazione delle molteplici connessioni tra le discipline - Una ricomposizione dei grandi oggetti della conoscenza CURRICOLO INTERCULTURALE E INCLUSIONE DEGLI ALUNNI STRANIERI NEL SISTEMA SCOLASTICO ITALIANO ![](media/image10.png)L'interesse verso il tema dell'educazione interculturale si sviluppa conseguentemente ad un fenomeno sociale importante che riguarda tutti i paesi occidentali, ovvero le migrazioni. Come data di interesse maggiore per il nostro paese verso tale fenomeno è 1985, data in cui l'Italia passa da paese di emigrazione a paese di immigrazione. Un'immigrazione che nel corso degli anni avrà provenienze molto diverse: Nord Africa e Africa Subsahariana, paesi dell'ex Jugoslavia, paesi del Cossovo, Albania. Sia negli anni '80, come ancora oggi, l'Italia non è un Paese di approdo, ma solo di transito per cercare di andare in paesi nordici. Nella nostra costituzione e nei documenti per il diritto all'infanzia viene sancita la misura in cui il diritto all'istruzione precede il diritto alla cittadinanza, garantendo ad ogni bambino, anche senza cittadinanza, la possibilità di frequentare la scuola, mentre sancisce che i genitori hanno il dovere di far frequentare ai loro figli le scuole, che hanno il dovere di accogliere tutti i bambini che ne fanno richiesta. Come si nota dal grafico il numero dei bambini che frequentano le scuole ed hanno background migratorio è un numero crescente che aumenta progressivamente, indicando un dato sociale che impatta molto per le ragioni sopra elencate. Immagine che contiene testo, schermata, design, diagramma Descrizione generata automaticamente![Immagine che contiene testo, schermata, diagramma, Parallelo Descrizione generata automaticamente](media/image12.png) Vi è presenza maggioritaria di alunni con background migratorio nella scuola primaria, anche se sono presenti in ogni ordine e grado; oggi la situazione è in parte differente, poiché abbiamo una percentuale media del 10% di alunni con background migratorio, questo ci fa capire che tale condizione non è provvisoria ma bensì definitiva, indicando un radicale mutamento della società. Oggi il tema dell'immigrazione è legato molto a quella dei diritti. La presenza degli alunni stranieri rappresenta una questione critica (non un problema) per la scuola che non è capace di farsi carico della tematica. Vediamo questo dai tassi di successo, una percentuale alta di alunni che hanno una situazione di dispersione scolastica, fallimento, ripetenze e abbandono scolastico sono alunni con background migratorio, spesso maschi. La percentuale aumenta all'aumentare del grado scolastico, soprattutto nella scuola di secondo grado. Inclusione scolastica degli alunni stranieri: - Fenomeno in aumento nel corso degli ultimi decenni - In questa prospettiva l'educazione interculturale diventa opportunità di rinnovamento per tutti gli alunni, siano essi autoctoni o meno. Si parla di scuola interculturale ovvero incontro e scambio tra culture differenti, un conto è assimilare (adeguarsi in tutto e per tutto alla cultura del paese ospitante) ed uno è integrare. - Dall'emergenza all'individuazione di pratiche e strategie di intervento - Strategie per l'accoglienza degli alunni non cittadini italiani e diffusione di una pedagogia e didattica interculturali orientate non ad annullare le differenze ma a valorizzarle. La sfida della scuola interculturale: - Promuovere il pluralismo culturale così da rendere l'educazione interculturale un modo naturale e quotidiano di fare scuola. - Occorre allora passare da un «io multiplo» a un «io plurale» che sia capace di accogliere la molteplicità degli altri, per costruire insieme obiettivi comuni. Identità e alterità: - Per questo identità e alterità diventano termini dialetticamente interdipendenti, poiché ciascuno può acquisire coscienza di sé attraverso il confronto con l'altro. - La padronanza di una propria identità implica e determina la capacità di integrare l'altro come elemento costitutivo del proprio "io" a sostegno e valorizzazione della propria unicità. Capisco il mio io quando mi rapporto con altri poiché ciascuno può acquisire coscienze di sé con il confronto con l'altro, senza far emergere gerarchie o scale sociali. Ciò che ci tiene insieme nella diversità è il rispetto delle stesse regole. Questa è la differenza tra una scuola che punta all'assimilazione e una che punta alla valorizzazione. La posizione sulla questione dell'intercultura dal punto di vista globale partendo da due documenti: - Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948), art. 2 comma 1*: «Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione»* - Convenzione sui diritti dell'infanzia del 1989 (ratificata dall'Italia nel 1991), art. 2 comma 1: *«Gli Stati parte si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipenda dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione pubblica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza».* La posizione europea sulla questione dell'intercultura a partire da alcuni documenti: - Trattato istitutivo CEE, Roma, 24 marzo 1957 - Consiglio Europeo, Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, Nizza, 7-9 dicembre 2000 Gli obiettivi principali di entrambi i documenti rimandano: 1. alla promozione del dialogo interculturale come processo attraverso il quale quanti vivono nella Comunità Europea possono migliorare la propria capacità di adattarsi in un ambiente più aperto, ma anche più complesso dove coesistono identità culturali e credenze diverse; 2. allo sviluppo di una cittadinanza europea aperta sul mondo rispettosa delle diversità culturali, fondata sui valori comuni definiti sia nell'articolo 12 del Trattato Istitutivo della Comunità Europea, che sancisce il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità Il Gruppo dei Saggi costituito dalla Commissione Europea nell'ottobre del 2003, attraverso il Documento «Il dialogo tra i popoli e le culture nell'area Euro-Mediterranea», ha inteso rilanciare la riflessione e la comprensione reciproca tra le culture. In esso sono delineati tre fattori chiave: 1. l'educazione alla diversità; 2. la mobilità e lo scambio delle buone pratiche come dialogo quotidiano che rappresenta il cuore del processo; 3. i media fondamentali per consolidare, pubblicizzare e sostenere il dialogo interculturale. I media hanno sicuramente aiutato a creare dei ponti tra culture diverse e in alcuni casi a sostenere le democrazie, considerando che il confronto con paesi con diritti che sono la negazione dei nostri, basti pensare alla questione dell'indipendenza femminile, ci spinge alla riflessione. Inoltre, alcune proteste in paesi regimi stringenti dilagano attraverso i media portando alla luce questioni che rimarrebbero taciute altrimenti. Da questi 3 elementi sono scaturite 4 linee operative che, attraverso specifiche misure, hanno inteso garantire il successo del dialogo e massimizzarne gli effetti mediante la diffusione e la creazione di reti tra scuole e agenzie del territorio. Tali misure prevedono: 1. l'apprendimento delle lingue; 2. l'insegnamento comparativo di religioni e culture; 3. la mobilità degli studenti; 4. la condivisione di moduli di insegnamento per creare programmi di conoscenza partecipata. L'intercultura deve divenire un'attività che deve riguardare tutte le scuole, anche se gli alunni stranieri non sono presenti, per sviluppare un maggiore senso verso l'altro. Nel giugno 2004, l'Unità Europea di Eurydice (centro di ricerca che ha il compito di studiare a livello transnazionale i sistemi di formazione ed istruzione dei paesi membri) ha pubblicato il rapporto «Integration of immigrant children in to schools in Europe», che ha permesso di comparare i diversi sistemi scolastici europei in ordine al tema dell'educazione interculturale. Il rapporto individua tre principali approcci per favorire un'educazione interculturale in Europa: 1. [Approccio culturale]: attenzione della diversità culturale, che dovrebbe aiutare gli alunni a sviluppare i valori di rispetto e tolleranza; conoscenza di vari punti di vista, storico, culturale, religioso, di varie culture. 2. [Approccio economico]: valorizzazione dell'internazionalizzazione, che - attraverso lo studio delle problematiche economico-sociali sottostanti alle relazioni internazionali (Nord-Sud del mondo) -- favorisce la comprensione della diversità culturale odierna; 3. [Approccio storico]: comprensione delle caratteristiche dei popoli, della storia della migrazione e il ruolo svolto da ciascun Paese europeo allo sviluppo di un'identità europea. Il rapporto Eurydice sottolinea come, nella maggior par te dei Paesi, la prospettiva interculturale sia inserita fra gli obiettivi generali dei curricoli nazionali e/o in altri documenti ufficiali sull'istruzione (primi casi: Regno Unito, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi dal 2007). Nei curricoli dei Paesi europei l'approccio interculturale emerge, generalmente, nella forma di competenze, tematiche o valori da sviluppare su basi trans-curricolari e quindi attraverso le differenti componenti del curricolo. Non a caso quasi la metà dei Paesi presi in considerazione ha individuato specifiche discipline o educazioni attraverso le quali svilupparlo. Nel 2004 l'Italia risultava ancora uno dei pochi Paesi europei in cui l'istruzione interculturale non era veicolata da alcuna proposta pedagogica funzionale alla promozione dell'interazione tra culture e allo sviluppo di valori di rispetto e tolleranza. CM 26 luglio 1990, n. 205, «La scuola dell'obbligo e gli alunni stranieri -- L'educazione interculturale». Obiettivo primario dell'educazione interculturale diventa la «promozione delle capacità di convivenza costruttiva in un tessuto culturale e sociale multiforme» Pronuncia del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione 24 marzo 1993 «Razzismo e antisemitismo oggi: il ruolo della scuola» sottolinea come la più alta e globale proposta di prevenzione e opposizione al razzismo e all'antisemitismo risieda nelle attività educative e didattiche che la riflessione pedagogica ha denominato «educazione interculturale». La Legge sull'immigrazione 6 marzo 1998, n. 40 pone a sua volta l'attenzione sul valore formativo delle differenze linguistiche e culturali. «Nell'esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa, le istituzioni scolastiche realizzano per tutti gli alunni progetti interculturali di ampliamento dell'offerta formativa, finalizzati alla valorizzazione delle differenze linguistico culturali e alla promozione di iniziative di accoglienza e di scambio» (art. 36). Il Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, art. 38 comma 3 «Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» pone particolare attenzione al diritto allo studio, all'inserimento, all'apprendimento dell'Italiano L2, alla valorizzazione dell'identità e dell'appartenenza e all'integrazione sociale. CM 15 gennaio 2009, n. 4 «Iscrizione alle scuole dell'infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado» riconferma, ai sensi dell'art. 26 del Decreto Legislativo del 19 gennaio 2007 n. 251 il diritto di accesso agli studi di ogni ordine e grado da parte di minori titolari dello status di rifugiato o di quello di protezione sussidiaria. È stato soprattutto ribadito il diritto dei minori non cittadini italiani di accedere all'istruzione fornita dalle scuole e al conseguente obbligo delle stesse di accoglierli, anche in corso d'anno, indipendentemente dalla regolarità della loro posizione. In particolare, l'iscrizione scolastica può avvenire in qualunque momento dell'anno; spetta al Collegio dei docenti formulare proposte per la ripartizione degli alunni stranieri nelle classi, evitando la costituzione di sezioni in cui la loro presenza sia predominante. Il Collegio dei docenti può inoltre definire il necessario adattamento dei programmi di insegnamento in relazione alle competenze, alle abilità, ai livelli di preparazione posseduti, al corso di studi eventualmente seguito, al titolo ottenuto, accompagnato da traduzione in lingua italiana. Il primo organo con la quale le famiglie entrano in contatto è la segreteria, per questo è importante educare all'intercultura anche il personale amministrativo. La scuola può anche avvalersi, tramite il comune, di un mediatore culturale, ma in assenza di esso è probabile che sia il figlio (che ha imparato sia la lingua d'origine che un po' di quella del paese ospitante) ad essere mediatore tra i genitori e la scuola. Inoltre, anche il piano dell'offerta formativa dovrebbe essere redatto, magari anche in forma ridotta, anche in altre lingue, così che anche i genitori stranieri possano consultare tale piano per scegliere la scuola migliore per le proprie esigenze e quelle del bambino. Gli alunni, per i quali si accerti la presenza di particolari difficoltà o un insufficiente livello di conoscenza della lingua italiana, possono essere iscritti a classi inferiori a quella cui aspirano (non corrispondenza della classe all'età anagrafica), se tali difficoltà non sono riscontrate si provvede ad inserire il bambino nell'età anagrafica corrispondente anche se è un nuovo arrivo. Inizialmente, infatti, i bambini stranieri venivano inseriti nelle classi considerando i punteggi ottenuti con delle prove di ingresso ed era la commissione che attribuiva la classe di appartenenza, di solito inferiore rispetto all'età anagrafica. Questo sistema non risultava essere particolarmente efficace poiché nel corso del tempo la differenza anagrafica si manifestava in modo preponderante, specialmente visibile nelle classi quinte dove il divario era particolarmente forte. VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI IN AMBITO SCOLASTICO Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente *Che cos'è la valutazione?* La valutazione è l'atto dell'attribuzione di valore a qualcosa o \[e\] qualcuno. Per rendere la valutazione valida ed attendibile occorre che le modalità e lo strumento di "misura" impiegati, cioè le operazioni compiute e il metro usato per attribuire quel dato valore a quel preciso evento, siano resi espliciti (G. Domenici, 1993). 1. Valutazione iniziale -\> funzione diagnostica a\) la valutazione iniziale-individuale e collettiva (o valutazione in ingresso o diagnostica) ha lo scopo di effettuare una ricognizione delle conoscenze disciplinari e delle competenze (cognitive, affettive, sociali) che l'alunno possiede all'inizio di un iter di formazione; b\) la valutazione dei prerequisiti, più specifica della precedente, rimanda al possesso di capacità strumentali, abilità, conoscenze ritenute necessarie per iniziare una nuova unità di lavoro. 2. Valutazione in itinere/ intermedia -\> funzione formativa La valutazione in itinere prende in esame sia lo stato di avanzamento dell'intervento educativo, verificando la corrispondenza fra i risultati di percorso raggiunti e gli obiettivi intermedi individuati, sia i livelli di apprendimento dei soggetti rispetto alle conoscenze e alle competenze acquisite. La valutazione formativa (o intermedia) punta non tanto al raggiungimento di un giudizio valutativo (qualitativo o quantitativo), quanto a individuare i "punti di forza e di debolezza" dell'apprendimento. Dovrebbe servire da feedback non solo per l'alunno ma anche per i docenti che gestiscono e progettano l'offerta formativa. Essa, pertanto, aiuta a individuare soluzioni concrete per un'adeguata regolazione del percorso formativo (interventi di recupero/potenziamento). 3. Valutazione finale -\> funzione sommativa La valutazione finale è successiva all'intero ciclo di attività formative realizzate e può essere individuale o collettiva (alunno/intera classe). Punta ad accertare in chiave sommativa la corrispondenza dei risultati di apprendimento raggiunti dagli alunni con traguardi finali prefissati (efficacia formativa/rendimento). Essa può essere espressa con giudizi analitici o sintetici, qualitativi o numerici in decimi come previsto dalla normativa nazionale per il I ciclo (Legge 30/10/08, n. 169). LA NORMA RECENTE SULLA VALUTAZIONE SCOLASTICA Secondo il D.Lgs. 13 APRILE 2017, N. 62, la valutazione rientra nella funzione docente nella dimensione: - INDIVIDUALE - la responsabilità della valutazione - la cura della documentazione - la scelta dei relativi strumenti Secondo il D.Lgs. 13 APRILE 2017, N. 62, la valutazione rientra nella funzione docente nella dimensione: - COLLEGIALE - nel quadro dei criteri deliberati dagli organi collegiali - La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. - Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate, promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine - Assume una preminente funzione formativa, di accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo Finalità della valutazione -\> la valutazione concorre, con la sua finalità formativa, attraverso l'individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno: - Ai processi di autovalutazione degli alunni medesimi - Al miglioramento dei livelli di conoscenza, abilità e competenza - Al successo formativo Oggetti della valutazione: - il processo formativo (descrizione del processo formativo in termini di progressi nello sviluppo culturale, personale e sociale) - i risultati di apprendimento (voti in decimi + livello globale degli apprendimenti, sinteticamente descritto rispetto al metodo di studio maturo, a livello di consapevolezza e ai progressi registrati relativamente alla situazione di partenza) - il comportamento (si riferisce allo sviluppo delle competenze di cittadinanza, espressa collegialmente dai docenti con un giudizio sintetico riportato nel documento di valutazione) OSSERVAZIONE SISTEMATICA E STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DEGLI APPRENDIMENTI Nella scuola dell'infanzia e primaria l'osservazione del comportamento e delle prestazioni ricopre un ruolo fondamentale. Alcune raccomandazioni generali: - Osservazione sistema=ca con uso di check list - Pluralità degli osservatori per evitare distorsione dell'"equazione personale" - Videoregistrazioni - Strumenti di osservazione e documentazione in itinere dei processi e dei prodotti di apprendimento (diari, portfolio, fascicolo dell'alunno, ecc.) Per formulare una valutazione è necessario predisporre strumenti di verifica o prove valide e attendibili. Validità delle prove di verifica: - Capacità di una prova di misurare proprio quegli aspetti che si vogliono rilevare e non altri - Una prova di verifica è valida quando i risultati da essa rilevati sono adeguati agli scopi che si vogliono perseguire, i quali devono essere chiaramente esplicitati nella progettazione (delle attività didattiche, del progetto didattico, ecc.) (Vertecchi, 2003) Attendibilità delle prove di verifica: - Capacità di una prova di rilevare informazioni significative sugli apprendimenti degli studenti a prescindere da chi è il correttore della prova - La valutazione rimane costante a prescindere dal variare dei correttori (Vertecchi, 2003) Le prove di verifica hanno un valore strumentale rispetto alla valutazione, nella misura in cui concorrono, attraverso delle "evidenze" rilevate, a fornire elementi di giudizio Le informazioni che emergono dalle prove di verifica vanno lette alla luce dei criteri e dei parametri di valutazione, meglio se definiti collegialmente - Criteri: indicatori di riferimento, aspetti considerati indispensabili nell'esecuzione di un compito o di una prestazione che consentono di valutarla in modo intersoggettivo, riducendo al massimo i condizionamenti del singolo osservatore/valutatore - Parametri: valori di riferimento quantitativi e qualitativi riferiti a criteri precedentemente determinati, che misurano la qualità di esecuzione di un compito o di una prestazione Elementi costitutivi delle prove di verifica: stimolo e risposta Classificazione delle prove di verifica rispetto allo stimolo e alla risposta: Prove a stimolo aperto e risposta aperta -\> Esempi: interrogazioni/colloqui liberi oppure temi scritti. Lo stimolo consiste nell'indicare una certa area di problemi o tematiche entro cui orientarsi. La risposta richiede l'utilizzo della capacità di argomentare in modo personale, di raccogliere e organizzare le conoscenze/informazioni possedute. L'apertura dello stimolo e della risposta impediscono a posteriori di leggere le prestazioni fornite in maniera univoca. Prove a stimolo aperto e risposta chiusa -\> Esempio: interrogazione/colloquio orale. Si tratta di una pseudo-prova in cui il docente sollecita l'alunno ad esprimere consenso verso ciò che egli afferma. Chi pone le domande, si aspetta una risposta precisa sia rispetto ai contenuti che alla struttura. Lo stimolo è solitamente ampio e generico. La risposta deve essere però specifica e riferirsi a quello che l'insegnante ha in mente. Prove a stimolo chiuso e risposta aperta -\> Esempio: - costruzione di testi/racconti (scritti e orali) con l'uso di formati testuali diversi - testi scritti con finali aperti - intervista o colloquio strutturato - lavori su "casi" - project work e percorsi di ricerca (individuali o di gruppo) - problemi matematici a più soluzioni - giochi di ruolo. Lo stimolo si presenta accuratamente predisposto in funzione del tipo di prestazione che si intende sollecitare. La risposta, tuttavia, può essere fornita in modo adeguato solo se l'allievo, facendo ricorso alle sue abilità e conoscenze, riesce ad organizzare una propria linea di comportamento che lo conduca a fornire la prestazione richiesta Prove a stimolo chiuso e risposta chiusa -\> Esempio: - prove oggettive (vero/falso, completamenti, corrispondenze e a scelta multipla) o strutturate - prove carta-matita - prove semistrutturate (R aperta, ma vincolata o limitata a poche opzioni già predefinite) - esecuzione di calcoli numerici/applicazione di formule - problemi logico-matematici con soluzione unica - percorsi motori obbligati. Lo stimolo è ben individuato e contiene un modello completamente definito di risposta. La risposta è unica e non prevede altre alternative giuste. VALUTAZIONE E CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE Si può parlare di valutazione autentica quando siamo in grado di esaminare direttamente le prestazioni dello studente nell'atto di svolgere significativi compiti intellettuali. (Wiggins, 1990) Una valutazione autentica deve esprimere un giudizio non solo su ciò che una persona conosce, ma su ciò che riesce a fare in compiti che richiedono di utilizzare processi elevati quali pensare criticamente, risolvere problemi, lavorare in gruppo, ragionare ed apprendere in modo permanente. Caratteristiche per la valutazione autentica di Wiggins (1998): - È autentica, cioè simile al reale - Richiede agli alunni di "agire" intervenendo su problemi sia intellettuali che operativi - Non si basa solo sul ricordo di informazioni e "frammenti disciplinari" - Accerta l'abilità dell'alunno di usare efficacemente e realmente un repertorio di conoscenze e di abilità per intervenire/risolvere un compito complesso - Fornisce un feedback all'alunno sull'efficacia del suo intervento e permette di perfezionare la prestazione e i prodotti Strumenti per la valutazione delle competenze: rubriche e compiti autentici 1. Costruire rubriche di valutazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze delle discipline/campi di esperienza (vedi esempio modello VA.R.C.CO.) 2. Costruire compi, autentici finalizza1 ad accertare il raggiungimento di competenze disciplinari o trasversali in base a diversi livelli di padronanza (4 livelli I ciclo) Le rubriche -\> la rubrica è uno strumento che individua le dimensioni (aspetti importanti) per descrivere, secondo una scala di qualità, una competenza (Comoglio, 2002; Stevens & Levi, 2005). Evidenzia ciò che lo studente "sa fare con ciò che sa" e non ciò che gli manca: "lavora sui pieni e non sui vuoti" (Wiggins, 1993; Trinchero, 2012; Castoldi, 2016). Evidenzia il livello di padronanza raggiunto per ciascuna competenza: spetta alla scuola definire i vari livelli di competenza su cui lavorare. 1. Costruire rubriche di valutazione dei traguardi per lo sviluppo delle competenze delle discipline/campi di esperienza (Infanzia e I ciclo) (modello VA.R.C.CO.) (Capperucci, 2016) - Fase 1: individuazione del traguardo da conseguire (Cfr. Indicazioni Nazionali) - Fase 2: scomposizione del traguardo in eventuali sotto-competenze o indicatori o componenti - Fase 3: definizione dei descrittori di padronanza per ciascun livello di competenza da certificare (4 livelli di competenza -- infanzia+I ciclo) ![Immagine che contiene testo, schermata, Sito Web, software Descrizione generata automaticamente](media/image14.png) 2. Costruire compiti, autentici finalizzati ad accertare il raggiungimento di competenze disciplinari o trasversali in base a diversi livelli di padronanza (4 livelli I ciclo) Ricorso ai cosiddetti compiti autentici o compiti di realtà da svolgere in situazioni reali o simulate, quali: - prove oggettive standardizzate che richiedono ragionamento e elaborazione di conoscenze - Griglie di osservazione sistematica per prestazioni in situazione - saggi brevi e uso di diverse tipologie di fonti - Project work - Colloqui strutturati - Simulazioni - Biografie cognitive - Esperienze e esperimenti laboratoriali - Esercitazioni addestrative, problem solving e lavori su casi - Attività di ricerca - Lavorio di gruppo mediante modalità di cooperative learning - E-tivity e classi virtuali su piattaforme e-learning La certificazione delle competenze *A che cosa serve la certificazione delle competenze?* - Il documento di certificazione non sostituisce il documento di valutazione degli apprendimenti e del comportamento degli alunni, ma si accompagna a questo in modo da aggiungere informazioni utili in senso qualitativo, descrivendo i risultati del processo formativo, quinquennale o triennale, compiuto dall'alunno. - Funzione valutativa, autovalutativa, orientativa La certificazione delle competenze I ciclo CM 3/2015; Nota MIUR 2017 e succ. -\> Sono previste due schede di certificazione: -1 per la scuola primaria; -1 per la scuola secondaria di I grado Le competenze oggetto della certificazione sono quelle previste dal profilo dello studente contenuto nelle indicazioni nazionali per il curricolo (2012) Caratteristiche del modello nazionale di certificazione: CM n. 3/2015 ha previsto 12 indicatori di competenze ripresi dal Profilo dello studente Decreto n. 742/2017: gli indicatori di competenze vengono portati a 8 e sono sempre ripresi dal Profilo dello studente Gli indicatori sono gli stessi per la scuola primaria e la scuola secondaria di I grado, ma indicano livelli di complessità crescenti Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, documento Descrizione generata automaticamente 4 livelli di certificazione: 1. Avanzato -\> L'alunno/a svolge compi= e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell'uso delle conoscenze e delle abilità; propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli. 2. Intermedio -\> L'alunno/a svolge compi= e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper u=lizzare le conoscenze e le abilità acquisite. 3. Base -\> L'alunno/a svolge compi= semplici anche in situazioni nuove, mostrando di possedere conoscenze e abilità fondamentali e di saper applicare basilari regole e procedure apprese. 4. Iniziale -\> L'alunno/a, se opportunamente guidato/a, svolge compi= semplici in situazioni note. VALUTAZIONE ESTERNA DEGLI APPRENDIMENTI E PROVE DEL SNV (INVALSI) La valutazione di sistema -\> Art. 3 c.1 le+. b Legge 28 marzo 2003, n. 53 -\> Ai fini del progressivo miglioramento e dell'armonizzazione della qualità del sistema di istruzione e di formazione, l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni scolastiche e formative I COMPITI DELL'INVALSI NEL D.LGS. 286/2004: effettua verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell\'offerta formativa delle istituzioni di istruzione e di istruzione e formazione professionale, anche nel contesto dell\'apprendimento permanente. assume iniziative rivolte ad assicurare la partecipazione italiana a progetti di ricerca europea e internazionale in campo valutativo (IEA, OCSE); la legge 176/2007 -\> la valutazione del valore aggiunto -\> A decorrere dall\'anno scolastico 2007-2008 il Ministro della pubblica istruzione fissa, con direttiva annuale, gli obiettivi della valutazione esterna condotta dal Servizio nazionale di valutazione in relazione al sistema scolastico e ai livelli di apprendimento degli studenti, per effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti, di norma, alla classe seconda e quinta della scuola primaria, alla prima e terza classe della scuola secondaria di I grado e alla seconda e quinta classe del secondo ciclo, nonchè altre rilevazioni necessarie per la valutazione del valore aggiunto realizzato dalle scuole. La missione dell'invalsi: - Produrre dati validi e attendibili - Fornire info utili a: decisori politico-istituzionali per orientare le politiche scolastiche e scuole per l'autovalutazione e il miglioramento L'invalsi contribuisce alla valutazione del sistema mettendo a mette a disposizione dei policy makers i risultati completi e attendibili di verifiche periodiche e sistematiche sugli apprendimenti e sulle loro determinanti, realizzando altresì analisi volte a fornire indicazioni utili alle scelte di governo e di indirizzo del sistema di istruzione e formazione. Cosa fa l'invalsi per il miglioramento a livello di scuola? Mette a disposizione delle Istituzioni Scolastiche Autonome elementi di conoscenza affidabili sui risultati degli apprendimenti, aggregati a livello di classe e disaggregati domanda per domanda, utili a stimolare la riflessione e il confronto con i livelli regionale e nazionale e a sviluppare azioni di miglioramento. I RISULTATI DELLE MISURAZIONI COME RISORSA PER L'AUTOVALUTAZIONE DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE: - i risultati medi di scuola - il posizionamento rispetto alla regione, alla macro-area geografica, al paese - l'analisi delle domande - l'analisi delle risposte domanda per domanda - i risultati distinti per genere, provenienza, regolarità del percorso - gli elementi di criticità negli apprendimenti di italiano e matematica ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente](media/image16.png) Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente ![Immagine che contiene testo, schermata, numero, Parallelo Descrizione generata automaticamente](media/image18.png) Immagine che contiene testo, numero, schermata, Parallelo Descrizione generata automaticamente ![Immagine che contiene testo, schermata, linea, diagramma Descrizione generata automaticamente](media/image20.png) ![Immagine che contiene testo, schermata, linea, Carattere Descrizione generata automaticamente](media/image22.png) Immagine che contiene testo, linea, diagramma, schermata Descrizione generata automaticamente ![](media/image24.png)Immagine che contiene testo, linea, Carattere, schermata Descrizione generata automaticamente ![Immagine che contiene testo, schermata, numero, Diagramma Descrizione generata automaticamente](media/image26.png) Immagine che contiene testo, schermata, linea, Diagramma Descrizione generata automaticamente ![Immagine che contiene testo, schermata, Diagramma, linea Descrizione generata automaticamente](media/image28.png) VALUTAZIONE DEGLI ALUNNI STRANIERI Sul fronte della valutazione, le istituzioni scolastiche sono tenute ad individuare modalità e criteri valutativi degli alunni, nel rispetto della normativa nazionale (DPR n. 122/2009 e succ.), con particolare riferimento agli alunni stranieri neoarrivati, per i quali devono essere accertate le competenze in ingresso e predisposti singoli percorsi di apprendimento anche mediante la progettazione di appositi PDP (Piani Didattici Personalizzati), che non sono una misura definitiva, ma piuttosto vengono istituito per un periodo nel tentativo di colmare il divario rispetto agli altri. Questo non succede nelle prove standardizzate nazionali (IVALSI) non prevedono misure di differenziazione in base ai propri bisogni, tranne per casi di disabilità; questo perché le prove devono essere uguali per tutti per cercare di capire dove si concentrano maggiormente le difficoltà degli alunni stranieri di prima generazione in quella classe in quella scuola. In particolare, nel momento in cui si decide il passaggio o meno da una classe all'altra o da un grado scolastico al successivo, occorre fare riferimento ad una pluralità di elementi, fra cui non può mancare una previsione di sviluppo dell'alunno. Il lavoro attorno alla progettazione di un curricolo interculturale: - consente di mettere al centro del processo di apprendimento i bisogni e le risorse individuali; - permette di lavorare sulle competenze trasversali necessarie a fronteggiare i continui cambiamenti socioculturali; - sposta l'attenzione dall'acquisizione del titolo alla verifica e certificazione delle competenze acquisite. Si privilegia la valutazione formativa rispetto a quella «certificativa», prendendo in considerazione il percorso dell'alunno, i passi realizzati, gli obiettivi perseguiti, la motivazione e l'impegno e, soprattutto, le potenzialità di apprendimento dimostrate. *Quali suggerimenti ha dato il ministero per fare educazione interculturale?* - Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri, uscite nel marz