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Questo manuale di Diritto Privato presenta i concetti fondamentali dell'ordinamento giuridico, passando dalle norme giuridiche ai diversi tipi di ordinamenti: quello dello stato, sovranazionale (Unione Europea). Viene inoltre spiegata la struttura di una norma, includendo la fattispecie e la sanzione, e i concetti di diritto positivo e diritto naturale.

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Manuale di Diritto Privato CAPITOLO I – ORDINAMENTO GIURIDICO Æ 1. L’ordinamento giuridico – pag. 3 Ubi societas, ibi ius : ogni società, ogni Stato moderno possiede un complesso di regole che disciplino i rapporti tra le persone = complesso di norme che regolino i rapporti tra i citt...

Manuale di Diritto Privato CAPITOLO I – ORDINAMENTO GIURIDICO Æ 1. L’ordinamento giuridico – pag. 3 Ubi societas, ibi ius : ogni società, ogni Stato moderno possiede un complesso di regole che disciplino i rapporti tra le persone = complesso di norme che regolino i rapporti tra i cittadini e gli uffici. L’uomo è sociale per natura, cerca aiuto e collaborazione dei suoi simili (cooperazione ai fini di realizzare bisogni e interessi dei singoli). Si ha una collettività, un gruppo organizzato : x Se ci sono regole di condotta, per assicurare pacifica e ordinata convivenza x Se esistono degli organi che stabiliscano quelle regole, e se il compito di loro stessi è regolato in base a precise regole di struttura o di competenza o organizzative x Se tali regole sono rispettate in base al principio di effettività, che stabilisce il limite entro cui si può dire che un ordinamento disciplina la sua società. Il sistema di tutte queste regole è l’ORDINAMENTO GIURIDICO, così detto per sottolineare la sua funzione di ordinare la realtà sociale : è risultato di una continua evoluzione della stessa società. Costituisce dunque il diritto di una collettività, in senso: x Oggettivo : sistema di regole che organizzano la vita sociale x Soggettivo : situazione giuridica appartenente ad un determinato individuo Æ 2. L’ordinamento giuridico dello Stato e la pluralità degli ordinamenti giuridici – pag. 5 Tra i vari tipi di collettività la società politica assume preminente importanza poiché ha come scopo quello di soddisfare tutti i bisogni dei consociati e di fare in modo che tutte le loro attività si svolgano in modo ordinato e pacifico. Deve quindi : x Impedire /scoraggiare attraverso sanzioni le aggressioni tra i componenti x Potenziare la difesa della collettività rispetto a pericoli esterni x Promuovere lo sviluppo e il benessere. La società politica per eccellenza è lo stato definito come una certa comunità di individui stanziata in un certo territorio sul quale si dispiega la sovranità dello stato, ed organizzata in base ad un certo sistema di regole, ossia un ordinamento giuridico. In epoca moderna i compiti dello stato sono aumentati, in virtù di fenomeni come la rivoluzione industriale e la crescente alfabetizzazione. Un ordinamento si dice originario quando superiorem non recognoscit, cioè quando la sua organizzazione non è soggetta a un controllo di validità da parte di un’altra organizzazione (è il caso ad esempio delle organizzazioni internazionali). 1 Æ 3. Gli ordinamenti sovranazionali. L’Unione Europea - pag. 7 Secondo l’articolo 10 della Costituzione, l’Italia si conforma alle norme del diritto internazionale, il quale ha fonte principalmente consuetudinaria (prassi di relazione tra gli stati) o pattizia (appositi accordi bilaterali o plurilaterali). Secondo l’articolo 11 della Costituzione, l’Italia accetta limitazioni di sovranità se esse sono necessarie a favorire la pace e purché gli altri stati appartenenti a tale ordinamento sovranazionale si sottopongano alle stesse limitazioni. Con l’Unione Europea, infatti, ciò è avvenuto : ad esempio, le leggi comunitarie sono fonti del diritto in Italia. Æ 4. La norma giuridica – pag. 9 Una norma è giuridica nel momento in cui fa parte di un ordinamento giuridico e a causa di ciò, viene considerata dotata di autorità. Non va confusa con la norma morale in quanto essa è assoluta (valida nel suo contesto) ed autonoma (in quanto il soggetto decide di adeguarvisi, condividendo il valore che esprime) : la norma giuridica è invece eteronoma poiché è imposta da altri, ovvero dall’ordinamento giuridico nel suo complesso, dotato di autorità Le norme giuridiche provengono da fonti che hanno la facoltà, l’autorità di elaborare regole, poi promulgate attraverso un documento normativo; una legge scritta possiede: x Testo Æ formulazione concreta della norma x Precetto Æ il significato, che si trova attraverso l’interpretazione del testo. Se testo e precetto consentissero una sola, vera, unica interpretazione vi sarebbe identità tra le due nozioni: è quindi importante capire quale sia il significato che ogni norma assume, in che modo viene intesa e applicata. Bisogna distinguere la norma giuridica dalla legge: la legge infatti è un atto normativo, elaborato da organi a ciò competenti secondo le procedure previste dall’articolo 70 della Costituzione, e si compone di norme giuridiche; possono comunque esistere delle norme aventi forza di legge che sono gerarchicamente superiori e norme frutto di altri atti o fenomeni normativi (ordinanze, sentenze, …). Æ 5. Diritto positivo e diritto naturale – pag.11 Le norme di ciascun ordinamento formano il diritto positivo di quella società. Si è poi sempre parlato di diritto naturale, inteso in vari modi (matrice dei singoli ordinamenti positivi, principi eterni e universali, …). Il diritto naturale, in ogni caso, ha assunto maggiore rilevanza nei momenti di conflitto politico considerando il diritto positivo come un’imposizione, realizzata per mezzo della forza, senza legittima giustificazione. Nonostante ciò il diritto naturale non possiede un fondamento obbiettivo ed univoco anche perché, sebbene giudicato universale e invariabile, ha subito modifiche nel corso del tempo (a Roma, ad esempio, era naturale che esistesse la schiavitù). Il concetto di diritto evoca quello di giustizia (ad esempio si parla di Ministero della Giustizia), ma in alcuno stato è realizzato un sistema di rapporto univocamente considerato giusto. 2 Æ 6. La struttura della norma. La fattispecie – pag. 13 La norma si articola come un periodo ipotetico : si compone della previsione di un eventuale accadimento, ovvero la fattispecie, e dell’affermazione di una conseguenza giuridica che deriva dal concreto verificarsi dell’evento prefigurato. La fattispecie si caratterizza in vari modi: x Astratta : un fatto non realmente accaduto ma descritto ipoteticamente. La sua individuazione è un’operazione intellettuale, di interpretazione. x Concreta : un complesso di fatti realmente verificatisi, rispetto ai quali occorre verificare quali effetti giuridici ne siano derivati, attraverso l’accertamento del fatto storico, quale materialmente verificatosi. x Semplice : consiste in un solo fatto x Complessa : consiste in una pluralità di fatti giuridici x A formazione progressiva : si compone di una serie di fatti che si succedono nel tempo con effetti prodromici o preliminari, prima che l’intera seria sia completata. Æ 7. La sanzione – pag. 15 Secondo un’antica concezione, le norme giuridiche sono suscettibili di attuazione forzata (coercizione) e sono garantite da una conseguenza (pena ) per il trasgressore, che è appunto la sanzione, la cui minaccia dovrebbe avere funzione dissuasiva. Si parla di : x Norme di condotta, primarie x Norme di risposta, reazione, secondarie : scattano in caso di inosservanza del comportamento prescritto Oltre a misure repressive, vengono applicate anche misure preventive, di vigilanza, di discussione o anche norme che si limitano ad enunciare un principio esemplare; altre norme sono promozionali ed incentivanti a favore di soggetti che si trovano in particolari situazioni. L’ordinamento ha l’autorità di far applicare le proprie regole anche attraverso la forza (diverso da violenza) in modo da giungere al suo obiettivo, ovvero la salvaguardia della collettività e dei suoi valori e interessi contro minacce esterne o interne; di conseguenza, sempre con la forza, ha facoltà di rendere effettive le conseguenze sanzionatorie in caso di inadempienza. In particolare, lo stato ha il monopolio sull’uso della forza. La sanzione può operare in modo: x Diretto : realizza il risultato che la legge prescrive x Indiretto : l’ordinamento si avvale di altri mezzi per ottenere l’osservanza della norma o per reagire alla sua violazione. In diritto privato, tendenzialmente, la sanzione non opera direttamente. 3 Æ 8. Caratteri della norma giuridica. Generalità e astrattezza. Il principio costituzionale di eguaglianza. – pag. 16 La norma giuridica avente forza di legge è caratterizzata da: x Generalità: è destinata a tutti i consociati o a classi generiche di soggetti; x Astrattezza: non è dettata per specifiche situazioni concrete ma per situazioni individuate ipoteticamente (fattispecie astratte). Serve a regolare una serie indeterminata di casi futuri ed eventuali. A volte, comunque, sono ammesse delle leggi in senso formale che non dettino leggi generali ed astratte. x Principio di eguaglianza : possiede due profili: ¾ Formale : infatti tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e non sono distinti per sesso, razza, lingua, religione, grado sociale, …. A parità di condizioni (stessa categoria sociale di imprenditori, commercianti, …) devono corrispondere trattamenti uguali, a diverse condizioni trattamenti differenziati. ¾ Sostanziale : bisogna attuare misure idonee ad attuare le differenze di fatto, economiche e sociali, che discriminano le condizioni di vita dei singoli. L’obiettivo è quello di rimuovere gli ostacoli che impediscono la realizzazione di rapporti sociali più equi. x Principio di imparzialità: applicare le leggi in modo eguale, senza arbitrare differenziazioni di trattamento a favore o danno dei singoli interessati (La legge è uguale per tutti). Æ 9. L’equità – pag. 19 L’equità è la giustizia del singolo caso. L’ordinamento ritiene pericolo affidarsi alla valutazione soggettiva del giudice, preferendo che i singoli sappiano esattamente quali sono le conseguenze dei loro comportamenti (principio della certezza del diritto). È comunque la legge stessa che decide in quali casi il giudice può ricorrere al principio di equità, il che avviene soprattutto nelle cause di minor valore, affidate al giudice di pace. Anche in questi casi, il giudice non deve far prevalere le proprie concezioni personali (equità cerebrina) ma ispirarsi a quelle dell’ordinamento vigente e ricercare quindi come si sarebbe comportato il legislatore. Si tratta invece di equità integrativa quando la legge prevede che il giudice possa integrare o determinare secondo equità gli elementi di una fattispecie o di un regolamento contrattuale predisposto dalle parti. CAPITOLO II – IL DIRITTO PRIVATO E LE SUE FONTI Æ 10. Diritto pubblico e diritto privato – pag- 21 Si distinguono: x Diritto pubblico : disciplina l’organizzazione dello stato e degli altri enti pubblica, regolando la loro azione tra di essi e verso privati (si divide in commerciale, tributario, penale, costituzionale, …) x Diritto privato : disciplina le relazioni interindividuali tra singoli o tra entri privati. Sono situazioni in cui il singolo, o l’ente privato, opererà in una situazione di parità, non di fronte a un organo dotato di superiorità. 4 Il confine non è strettamente marcato, infatti lo stato può concedere la privatizzazione di alcuni servizi, enti privati possono offrire servizi che sono pubblici, società possono essere in parte private, in parte pubbliche ed, in generale, un medesimo fatto può essere disciplinato sia dal diritto privato, che dal diritto pubblico. Æ 11. Distinzione tra norme cogenti e norme derogabili – pag. 23 Si distinguono: x Norme derogabili (dispositive) : l’applicazione può essere evitata mediante un accordo degli interessati. Maggiormente presenti nel diritto privato, ma non solo. Il legislatore pone un criterio di disciplina nel caso in cui la volontà dei singoli non è manifestata. x Norme cogenti (inderogabili) : imposte a prescindere della volontà dei singoli. Maggiormente diffuse nel diritto pubblico. Il carattere cogente si deduce dalla formulazione, dalla previsione della nullità del fatto compiuto senza l’osservanza della norma o in contrasto con specifici limiti alla libertà dei privati di regolare i loro rapporti. x Norme suppletive: applicate quando i soggetti non hanno provveduto a disciplinare un determinato aspetto della fattispecie (lacuna). Anche se le norme di diritto pubblico sono quasi sempre cogenti e quelle di diritto privato soprattutto dispositivo, è vero anche che possono aversi norme di diritto pubblico suscettibili di deroga e norme di diritto privato cogenti. Æ 12. Fonti delle norma giuridiche – pag. 25 Le fonti si distinguono in : x Fonti di produzione : atti (esplicazioni dell’attività di un determinato organo o autorità muniti del potere di produrre norme e fatti (consuetudine affermata nella comunità, ad esempio) che sono idonei a produrre diritto; x Fonti di cognizione : documenti e pubblicazioni ufficiali che permettono la conoscenza del testo dell’atto normativo. Quando si tratta di un atto (caso più frequente) si può individuare: x L’autorità dotata del potere di emanarlo x Il procedimento formativo, cioè il procedimento di emanazione (legge costituzionale, ordinanza regionale, …) x Il documento normativo (il testo della legge) x I precetti ricavabili dal documento (il significato, l’interpretazione del testo) Ogni ordinamento deve stabilire le norme sulla produzione giuridica ; vista la pluralità delle fonti, è indispensabile regolarne il rapporto gerarchico (gerarchia delle fonti, appunto regola della produzione giuridica). Ha avuto un’evoluzione nel tempo: nel Codice Civile del 1942 in ordine, legge, regolamenti, norme corporative, usi. 5 Con la fine del regime fascista le norme corporative sono venute meno; nel dopoguerra, con l’entrata in vigore della Costituzione, la gerarchia delle “fonti interne” è stata così ricostruita: x Principi supremi, fondamentali, da cui si originano i diritti inviolabili x Disposizioni della Carta Costituzionale e leggi di rango costituzionale x Leggi statali ordinarie. Sono state poi aggiunte le leggi regionali e le norme di matrice comunitaria. Æ 13. a) La Costituzione e le leggi di rango costituzionale – pag.27 È la norma fondamentale, anche sulla produzione giuridica; le disposizioni costituzionali si integrano con l’art. 1 disp. Prel. Cod. civ. (gerarchia delle fonti) e con l’art. 2 disp. Prel. Cod. civ. La Costituzione pone limiti all’operato dello stesso legislatore in quanto i principi supremi, di solito, non sono suscettibili di revisione. La ipotetica revisione di una norma costituzionale deve essere approvata da un’apposita procedura. La Costituzione è rigida, in quanto una legge ordinaria non può modificarla e neppure essere in contrasto con essa. L’organo preposto a presidio della rigidità è la Corte Costituzionale, che ha il potere di dichiarare l’incostituzionalità della norma viziata: le sue analisi avvengono di solito, per via incidentale, quando è un giudice a chiedere l’esame, o per via principale quando il giudizio viene richiesto dal Governo o da una Regione. I privati invece non possono denunziare l’illegittimità di una norma. Æ 14. b) Le leggi dello Stato e le le leggi regionali – pag. 19 Le leggi statali sono approvate dal Parlamento con una precisa procedura, che prevede infine la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La legge ordinaria può abrogare ogni norma non avente valore di legge e non può essere modificata o abrogata se non da una legge successiva. Inoltre vi sono materie che possono essere regolamentate solamente da leggi (riserva di legge). Alle leggi statali sono equiparati i decreti legislativi delegati e i decreti legge d’urgenza, provvedimenti emanati dal Governo (invece che dal Parlamento) o in virtù di una legge di delega o in casi di necessità e urgenza ; in questo ultimo caso il Parlamento deve convertire in legge il decreto entro 60 giorni, altrimenti perde validità. La legge ordinaria può essere abrogata attraverso un referendum popolare. Il ruolo delle leggi regionali è mutato nel corso della storia: secondo la Carta Costituzionale del 1948 la regione aveva la possibilità di emanare leggi in ambiti descritti dall’articolo 117, ma comunque la legislazione regionale sottostava a quella nazionale. Con le modifiche del 2001, si definisco le precise competenze (non si tratta più, pertanto, di gerarchia): x Lo stato ha potestà legislativa esclusiva in determinate materie, enumerate nell’articolo 117 della Costituzione; x Esistono “materie di legislazione concorrente”, comunque elencate nell’articolo 117. La potestà legislativa spetta alle regioni, ma compete allo stato la determinazione dei principi fondamentali; 6 x Le regioni hanno potestà legislativa in tutte le materie non espressamente riservate alla legislazione statale. Æ 15. c) I regolamenti – pag. 30 I regolamenti (nominati nell’articolo 1 delle preleggi, insieme a norme corporative e usi) sono fonti secondarie del diritto emanate dal governo, dai ministri o da autorità amministrative ( ad esempio le autorità indipendenti) nell’ambito di apposite prescrizioni di legge. Disciplinano l’organizzazione e il funzionamento di pubblici uffici e organi costituzionali e regolano specifiche materie in forza di una delega o autorizzazione contenuta in una legge. Æ 16. d) Le fonti comunitarie – pag. 30 Le fonti comunitarie si distinguono in: x Regolamenti: contengono norme applicabili dai giudici dei singoli stati membri. In Italia, in caso di contrasto tra una legge interna e un regolamento comunitario, il giudice deve far prevalere il regolamento. x Direttive: non sono immediatamente efficaci nei singoli stati, ma devono essere attuate mediate l’emanazione di leggi apposite. Si rivolgono agli organi legislativi con lo scopo di armonizzare le legislazioni interne dei singoli stati: se uno stato si rifiuta di fronte all’obbligo di attuare una direttiva, può essere sanzionato dagli organi comunitari. In caso di direttiva non attuata mediante la corrispondente legge, si ritiene che gli organi amministrativi vi si adeguino lo stesso, scaduto il termine per la sua attuazione. Per consentire la rapida attuazione delle direttive stesse, l’Italia ha introdotto la “legge comunitaria”, che consente ad una diretta di trasformarsi in legge, con delega al Governo, tramite decreti legislativi, senza attraversare il lungo iter parlamentare di approvazione. È prevista poi la “legge europea”, in modo da dare attuazione agli atti europei e trattati internazionali, stipulati nell’ambito delle relazioni esterne dell’Unione. Le fonti comunitarie limitano la sovranità degli Stati e trasferiscono parte del loro potere legislativo ad un organo esterno, come anche la stessa Costituzione ritiene ammissibile. Æ 17. e) La consuetudine – pag.33 La tradizione giuridica è dominata dalla distinzione tra due tipi modi di produzione del diritto: x Legge x Consuetudine (uso). La consuetudine è meno considerata poiché si privilegiano le forme scritte. Anche nel diritto contemporaneo ci sono settori in cui la consuetudine ha mantenuto un ruolo importante; si ritiene una norma consuetudinaria quando ricorrono: x La ripetizione in un certo ambiente di un comportamento osservabile come regola di condotta tra i privati x Un atteggiamento di osservanza di quel comportamento in quanto ritenuto doveroso (opinio iuris ac necessitate) e non semplicemente di prassi. 7 Esistono tre tipi di consuetudini: x Secundum legem, operano in accordo con la legge; Contra legem, si pongono contro la legge; x Praeter legem, operano al di là della legge, in materie non disciplinate da fonti normative scritte; La consuetudine non è prevista e disciplinata dalla costituzione; è fonte di diritto in virtù della’art. 1 disp. Prel. Cod. civ. : è quindi subordinata a qualsiasi legge, operando solo nei limiti ad essa consentiti. Non sono quindi ammesse le consuetudini contra legem come pure la desuetudine. Nelle materie regolate da leggi e regolamenti, gli usi hanno valore solo se sono da essi richiamati: vanno quindi distinte: x Fattispecie o materie disciplinate da leggi e regolamenti : si può ricorrere alla consuetudine solo se la norma ne fa espresso rinvio. In questo caso si parla di consuetudine secundum legem. In caso di norme con riserva di legge, il ricorso alla consuetudine è precluso. x Fattispecie o materie che non trovano disciplina in fonti scritte. Il codice non parla degli ambiti non disciplinati dall’ordinamento; i più ritengono di affidarsi alla consuetudine (praeter legem), ma l’articolo 12, comma 2, disp. Prel. Cod. civ. prevede il ricorso all’analogia e ai principi generali per colmare le lacune, rendendo, quindi, l’uso della consuetudine limitato a situazioni non gestibili in altro modo. Ricorrendo alla consuetudine vi è il problema della sua conoscenza, sia da parte del giudice che dei contendenti : per provarne l’esistenza si possono usare documenti, testimonianze, precedenti applicazione che comunque non hanno valore normativo, ma determinano la presenza degli usi nominati. La consuetudine può avere: x Usi normativi (caso sopra descritto) x Usi negoziali (contrattuali, convenzionali) : valgono per l’integrazione degli effetti del contratto. x Usi interpretativi : assolvono a una funzione interpretativa del contratto Æ 18. Il codice civile – pag. 35 Codice deriva dal latino “codex” e possiede molteplici significati. In campo giuridico, inizialmente, indicava una raccolta di materiali normativi, manipolando testi precedenti (ad esempio il Codice contenuto nel corpus iuris civilis). In seguito ciò assunse il nome di compilatio; per codice si intendeva quindi una legge del tutto nuova, che implica quindi l’abrogazione di ogni legge precedente e l’accentramento della disciplina dell’interno territorio, in modo da rendere più facile il reperimento dello stesso codice. Ha come caratteristiche principali: x Organicità x Sistematicità (coordinamento logico delle singole regole per fronteggiare i casi più difficili) x Universalità x Eguaglianza 8 Il medioevo aveva lasciato una grande complessità, una disordinata pluralità di giurisdizioni, cioè di organismi investiti del potere di applicare le leggi. Il codice civile ha centralità nel diritto privato; regola x i soggetti (persone fisiche e giuridiche), x i beni (ad esempio la proprietà), x l’attività (ad esempio il contratto) e i principi della responsabilità civile. Il primo codice dell’età moderna è stato il Codice Napoleone, emanato in Francia nel 1804, sorto dall’ideologia della Rivoluzione Francese; favorisce elementi come l’uguaglianza tra i cittadini, il primato del diritto di proprietà, la libertà dei commerci e delle attività economiche tra privati. È stato da modello, spesso quasi interamente adottato, per i codici di molti Paesi. In Italia prima dell’unificazione vi era una moltitudine di leggi nei singoli stati: nel 1865 fu emanato un nuovo codice civile (ispirato a quello francese) con separato un codice di commercio, modificato nel 1882. Nel 1938 sono emanati singoli libri di un nuovo codice civile, entrato in vigore nel 1942. Era il periodo della dittatura fascista, che comunque sarebbe terminata dopo poco più di un anno (21 aprile 1942 - 25 luglio 1943): il codice non conteneva l’ideologia fascista, almeno non detto, in quanto era stato redatto da giuristi di formazione liberal-borghese. Con la fine del regime il codice è stato purificato in alcuni suoi aspetti come la parte sulle corporazioni e più tardi, nel 1975, è stata modificata la sezione dedicata alla famiglia. Anche i codici sono soggetti al controllo della Corte Costituzionale che può quindi modificarli con delle leggi successive : di solito si inseriscono delle Novelle, ovvero fermando la numerazione degli articoli se ne introducono di nuovi. CAPITOLO III – L’EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI Æ 19. L’entrata in vigore di una legge – pag. 41 Per entrare in vigore un decreto legislativo deve avere: x l’approvazione delle due Camere x la promulgazione da parte del presidente della Repubblica x la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica x il decorso di un certo periodo di tempo (vocatio legis) dalla pubblicazione all’entrata in vigore, che di solito è di 15 giorni. Tale disciplina costituzionale è integrata dal Testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica Italiana. Con la pubblicazione la legge si ritiene conosciuta da tutti e quindi obbligatoria per ognuno (ignorantia iuris non excusat); si ritiene scusabile l’ignoranza di una legge solamente quando l’errore è considerato inevitabile. Æ 20. Abrogazione di una legge – pag. 20 Una norma viene abrogata quando un nuovo atto dispone che ne cessi l’efficacia; tale atto deve avere valore gerarchico pari o superiore. 9 L’abrogazione può essere: x Espressa : ¾ Se la legge posteriore dichiara esplicitamente l’abrogazione di una norma anteriore ¾ In caso di referendum, attuato con almeno 500.000 elettori o 5 consigli regionali che lo richiedono. La norma sarà effettivamente abrogata se la maggioranza dei votanti, vuole l’abrogazione. x Tacita, se la norma posteriore: ¾ È incompatibile con una o più disposizioni antecedenti ¾ Introduce una nuova regolamentazione dell’intera materia già regolata da legge precedente. x Ripristinatoria : l’abrogazione di una norma, che aveva abrogato un’altra norma, di solito non fa tornare efficace quest’ultima, salvo che non sia espressamente disposto (ripristinatoria). Anche una norma dichiara incostituzionale perde il suo valore, ma lo fa ex tunc, come se non fosse mai esistita; d’altra parte invece, una norma abrogata perde efficacia solamente ex nunc, pertanto può ancora essere applicata a fatti accaduti mentre era in vigore. Diversa dall’abrogazione è la deroga, che si ha quando una nuova norma, valida solo per specifici casi, che disciplina in maniera diversa rispetto alla norma precedente. Æ 21. Irretroattività della legge – pag. 43 Una norma ricollega una determinata fattispecie, posta astrattamente, ad una conseguenza, che si attiva nel momento in cui avvengono concretamente i fatti astrattamente previsti. Tendenzialmente la norma non ha effetto retroattivo, ovvero si applica solo a fatti conseguenti la sua entrata in vigore. Nel codice penale la norma non può mai avere effetto retroattivo, mentre nel codice civile in alcuni casi sì: x Quando il legislatore lo afferma inequivocabilmente x In caso di “leggi interpretative”, ovvero promulgate per chiarire il contenuto di una legge precedente. Æ 22. Successioni di leggi – pag. 44 In caso di passaggio da legge vecchia a nuova sorgono dei problemi. In alcuni casi il legislatore promulga delle leggi dette transitorie (ad esempio nel caso della riforma sul diritto di famiglia); nelle altre situazioni potrebbero sorgere delle questioni di diritto transitorio o di successione delle leggi nel tempo. A soluzione di ciò ci sono due teorie: x Teoria del diritto quesito : la legge non può colpire i diritti quesiti, ciò già entrati a far parte del patrimonio di un soggetto; però è difficile, talvolta, stabilire se si tratti di diritto quesito o di aspettativa di esso (ad esempio nel momento in cui è stata cambiata la maggiore età da 21 a 18 anni) 10 x Teoria del fatto compiuto (facta praeterita) : è maggiormente seguita. La nuova legge non si estende a fatti effettivamente perfezionati sotto la legge precedente, anche se gli effetti dei fatti passati sono ancora pendenti Bisogna sempre risalire alla volontà del legislatore, cioè capire se egli vuole attribuire efficacia immediata alla norma disposta estendendola ai fatti precedenti, oppure limitarne l’applicazione alle sole vicende materiali accadute successivamente. Si parla di ultrattività quando una disposizione di legge stabilisce che atti o rapporti, svoltisi nel vigore di una nuova normativa, debbano continuare ad essere regolati dalla legge anteriore. CAPITOLO IV – L’APPLICAZIONE E L’INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE Æ 23. L’applicazione della legge – pag. 47 L’applicazione di una legge è la concreta realizzazione di quanto è ordinato dalla regola stessa. In diritto pubblico l’applicazione è compito dello stato, mentre in diritto privato è il singolo che sceglie se seguire le regole o meno, in quanto niente e nessuno può imporle in modo autoritario. Se un diritto individuale viene leso da un altro soggetto, si ricorre ad un autorità giurisdizionale, ovvero un giudice, che applicherà la legge, pronunciando i provvedimenti previsti dal diritto processuale, in modo da tutelare l’interesse della parte istante. Æ24. L’interpretazione della legge. Il precedente giurisprudenziale. – pag. 48 Interpretare secondo Cicerone significava trarre un significato da segni oscuri (obscura explanare interpretando). Interpretare un testo normativo in particolare significa innanzitutto conoscere quanto esso esprime, ma anche attribuire un senso, decidere il significato effettivo e come vadano risolti i conflitti che possono insorgere applicandolo. Non esiste un’interpretazione esatta, ma sono ammesse letture plurime in funzione del caso da risolvere. L’attività di interpretazione non si risolve nel mero esame dei dati testuali ma comprende altre operazioni: x Bisogna ricavare il significato dei singoli vocaboli, che non hanno significato univoco, attraverso elementi extra-testuali; benché il legislatore abbia prescritto di attribuire loro “significato proprio”, impone anche di tener conto della “intenzione del legislatore” in virtù del contesto. x Poiché le leggi si riferiscono in generale a classi di rapporti, l’interprete deve considerare i casi concreti inclusi nella disciplina della singola norma oppure no, e tal fine deve impiegare tecniche di estensione o integrazione, attingendo a criteri extra-legislativi o meta-legislativi. x Poiché spesso si verificano conflitti tra le stesse leggi, si utilizzano dei criteri di gerarchia tra le fonti, cronologici, di specialità. x Di solito occorre riferirsi non ad una sola norma ma ad un’ampia combinazione di disposizioni, attraverso delle nozioni sistematiche a carattere dottrinario ed extra-testuali. È necessario quindi eseguire altre operazioni come la ricerca e l’individuazione della norma da applicare al caso, l’integrazione della legge e l’analisi dei comportamenti e delle situazioni da regolare, tutto da integrare con l’interpretazione della norma in senso stretto. 11 Ci sono due tipi di interpretazione: x Dichiarativa (in claris non fit interpretatio) : prescrive di attribuire al testo un significato immediato e intuitivo x Correttiva: attribuisce un significato diverso da quello che apparirebbe proprio a prima vista, nelle sue due forme di : ¾ Estensiva ¾ Restrittiva (che può anche arrivare al limite di abrogante) A volte si distinguono l’interpretazione (attribuzione di un significato a un determinato documento) dall’integrazione (individuazione di una nuova norma non deducibile da una semplice e immediata lettura), ma tale contrapposizione non va accettata poiché l’integrazione è una forma di interpretazione stessa. Dal punto di vista dei soggetti che compiono l’interpretazione si distingue tra : ¾ Interpretazione giudiziale : è compiuta da giudici dello Stato nell’esercizio della funzione giurisdizionale e si traduce in provvedimenti di efficacia vincolante solamente per le parti in giudizio, anche se può fungere da precedente giurisprudenziale per altre sentenze simili. In ogni caso i giudici tendono a seguire un certo orientamento applicativo espresso dalla prassi degli stessi giudici, detto giurisprudenza, che non è comunque obbligatorio in quanto il giudice può decidere l’interpretazione che ritenga preferibile, anche in contrasto con la prassi. ¾ Interpretazione dottrinale : è eseguita da studiosi di materie giuridiche e non ha autorità normativa, ma ha lo scopo di raccogliere materiale utile all’interpretazione delle disposizioni per illustrare i possibili significati e le conseguenze delle varie soluzioni interpretative. ¾ Interpretazione autentica : è effettuata dallo stesso legislatore che emana, talvolta, delle norme interpretative in modo da chiarire il significato della disposizione a cui si riferisce; è retroattiva poiché si riferisce anche a fatti accaduti sotto l’imperio della legge precedente, ma non su casi già risolti. Bisogna poi distinguere la norma interpretativa da quella novativa, che ha efficacia solo per fatti accaduti solo dopo la sua entrata in vigore (non è retroattiva). Æ 25. Le regole dell’interpretazione – pag. 52 L’indagine dell’interprete non si limita alla “lettera” della legge, soprattutto quando si fa riferimento alle clausole generali (buona fede, malafede, forza maggiore, giusta causa, …): già i Romani dicevano che scire leges non est verba earum tenere sed vim ac potestatem anche il Codice Civile infatti prevede di far riferimento non solo al significato delle parole ma anche all’intenzione del legislatore. In realtà non è corretto riferirsi all’intenzione soggettiva un legislatore in realtà inesistente, ma concreto: bisogna concentrare l’attenzione sullo scopo obiettivo (la ratio) che la disposizione persegue, secondo un criterio di interpretazione teleologico. La norma è infatti spesso un compromesso, risultato delle discussioni tra diversi progetti, interessi e finalità. Altri criteri utilizzati per l’interpretazione possono essere : ¾ Criterio logico, attraverso x Argumentum a contrario : per escludere dalla norma ciò che non appare espressamente compreso 12 x Argumentum a smili : per estendere la norma comprendendo fenomeni simili a quelli disposti dal contentuo letterale x Argumentum a fortifori: per estendere la norma a fenomeni che a maggior ragione meritano il trattamento delle situzioni descritte nella disposizione x Argumento ad absurdum : per escludere l’interpretazione che darebbe luogo ad una norma assurda ¾ Criterio storico, poiché una norma ha sempre della motivazioni profonde alle sue spalle ¾ Criterio sistematico,come affermava già Celso, in quanto, per una migliore interpretazione, è bene inserire la norma nello specifico quadro complessivo ¾ Criterio sociologico, facendo rifermento a aspetti economici e sociali dei rapporti regolati ¾ Criterio equitativo, per evitare interpretazioni che contrastino con il senso di giustizia della comuità, favorendo soluzioni equilibrate. Æ 26. L’analogia. – pag. 54 È impossibile che il legislatore riesca a disciplinare l’intero ambito dell’esperienza umana, prevedendo ogni controversia: restano quindi delle lacune nell’ordinamento, di fronte alle quali il giudice è comunque costretto a prendere una decisione : deve procedere per analogia applicando : x disposizioni che regolino casi simili o materie analoghe (analogia legis). Applica quindi ad un caso non regolato una norma non scritta desunta da una norma scritte, dettata per risolvere un caso diverso, ma simile. La somiglianza è da identificare nella ratio, nella giustificazione della disciplina del caso :devono esserci esigenze legate all’elemento che risulta comune ad entrambe le fattispecie. x i principi generali dell’ordinamento giuridico (analogia iuris), estrapolando la regola risolutorio dai generali orientamenti del sistema legislativo. L’analogia ha dei limiti, anche se Il divieto non vale in caso di interpretazione estensiva (adeguare la portata letterale della norma all’effettiva volontà legislativa), ovvero: x nelle norme penali : nullum crimen sine previa lege penali (nessuno può essere ounito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto compiuto) x nelle norme eccezionali, di deroga in modo da non estendere le deroghe, privilegiando la disciplina normale. In ogni caso non è sempre facile distinguere un’interpretazione estensiva da una applicazione per analogia, così come in caso di norme eccezionali, stabilire la natura eccezionale della norma stessa. CAPITOLO V – I CONFLITTI DI LEGGI NELLO SPAZIO Æ 27. Il diritto internazionale privato. – pag. 58 Gli ordinamenti primitivi sono caratterizzati dalla forte territorialità delle proprie leggi, ovvero esse si applicano a tutti, cittadini e stranieri, chi siano sul territorio. Tale principio è vigente tuttora per quanto riguarda il diritto pubblico, le norme di polizia e il diritto penale ma non per il diritto privato. Per il diritto privato si pone il dubbio di quale ordinamento sia da applicare in caso rapporto giuridico che presenti elementi di estraneità rispetto al sistema giuridico di un determinato Paese. Spesso 13 provvedono convenzioni internazionali ma sono valide solo nei paesi che vi aderiscono e riguardano solo determinate materie. Vengono quindi elaborate in ogni paese delle norme di “diritto internazionale privato”, che stabiliscano quale tra le varie leggi internazionali vada applicata in ogni singola ipotesi. La definizione di d. i. p. è abbastanza imprecisa e fuorviante: bisogna chiarire : x che il d. i. p. non è davvero un diritto internazionale (tale è invece il pubblico, che regola i rapporti tra stati o soggetti internazionali) in quanto ogni stato stabilisce il proprio. x che il d. i. p. non riguarda solo norme relative a rapporti di diritto privato ma anche di altri tipi, come quello processuale. x che il d. i. p. comprende non regole materiali, bensì strumentali poiché porta ad individuare a quale ordinamento far riferimento per risolvere la controversia. Sono dette anche norme di conflitto, poiché appunto risolvono un conflitto tra le leggi potenzialmente applicabili ad una fattispecie transnazionale. il d. i. p. è quindi un insieme di regole che il giudice deve applicare per individuare alla legge di quale Stato far riferimento (si può trattare quindi anche di una legge straniera) Æ opera secondo una tecnica di rinvio. Parallelamente si sta sviluppando un processo di uniformazione a livello internazionale, che ha mosso grandi passi con la legislazione comunitaria, che regola sia aspetti di diritto sostanziale che di diritto processuale. Æ 28. Qualificazione del rapporto e momenti di collegamento. – pag. 61 Per stabilire quale sia l’ordinamento da applicare bisogna innanzitutto procedere alla qualificazione del rapporto in questione, evidenziandone la natura (coniugale, mortis causa, di obbligazione contrattale, …) : la classificazione utilizzata è generalmente quella dello stato in cui si procede alla disciplina del rapporto (lex fori). Bisogna poi che la norma di diritto internazionale privato assuma un elemento del rapporto per elevarlo a momento di collegamento, ossia ad elemento della fattispecie decisivo per l’individuazione dell’ordinamento competente a regolare il rapporto in oggetto, in quanto ordinamento più vicino al caso concreto ed appropriato per disciplinarlo. Æ 29. I vari momenti di collegamento. – pag. 61 Le principali disposizioni di diritto internazionale privato italiano sono : x Capacità giuridica delle persone fisiche: si applica la lex originis, cioè la legge nazionale della persona. Se ha più cittadinanze si applica la legge con il cui stato essa ha collegamento più stretto. Se tra le cittadanze vi è quella italiana, si applica quella. x La capacità di agire, regolata dalla lex originis. Se si deve applicare un diverso ordinamento che prevede condizioni speciali bisogna applicare quest’ultima legge. x Gli enti sono regolati dalla legge dello stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica la legge italiana se la sede amministrativa, o comunque l’oggetto principale, è in Italia. x Il matrimonio, in diversi profili: ¾ La capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre un matrimonio, regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio 14 ¾ La forma del matrimonio, per cui vale la legge del luogo di celebrazione, ma anche la legge nazionale di uno dei due sposi, o la legge dello stato di comune residenza di quel momento ¾ I rapporti personali tra coniugi, cui si applica la legge nazionale se hanno uguale cittadinanza, altrimenti la legge dello stato in cui la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata ¾ I rapporti patrimoniali tra coniugi, regolati come i rapporti personali a meno che i coniugi non abbiano convenuto per iscritto (lex voluntatis) l’applicabilità della legge dello stato in cui almeno uno è cittadino o risiede ¾ La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio (divorzio) , cui si applica la legge nazionale dello stato in cui si è fatta domanda; in mancanza di essa si applica la legge dello stato in cui la vita matrimoniale ha avuto maggiormente luogo; se non è applicabile, si usa quella italiana ¾ I giudizi di nullità, annullamento, separazione personale e divorzio, per i quali si può sempre ricorrere (= adire il giudice) al giudice italiano se uno dei due coniugi è italiano o il matrimonio è stato celebrato in Italia. x Lo stato di figlio, è determinano dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, oppure per il riconoscimento del figlio naturale si può utilizzare anche la legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento. La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello stato in cui è compiuto x L’adozione è regolata dal diritto nazionale dell’adottato o se mancante dal diritto dello stato in cui gli adottanti sono residenti, dove la vita matrimoniale è prevalente svolta x La successione mortis causa è regolata dalla legge nazionale in cui avviene il decesso. La forma del testamento deve rispettare quella stessa legge oppure la legge dello stato in cui il defunto era cittadino al momento del decesso, o la legge dello stato in cui aveva residenza o domicilio. x Per i beni immobili si applica la lex rei sitae; x Per i beni immateriali la legge dello stato di ubicazione; x Per le obbligazioni contrattuali dal 1995 si fa riferimento alla Convenzione di Roma del 1980, che ha introdotto un diritto internazionale privato uniforme, in modo che tutti gli stati aderenti si vincolino ad utilizzare identici criteri per individuare la legge regolatrice del rapporto contrattuale in questione. Nel 2008 è stato poi introdotto il Regolamento “sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali” (Roma I). È di applicazione universale, ovvero destinata anche a stati non comunitari. Si applica la lex voluntatis, richiamata da apposita clausola contrattuale, oppure in difetto di essa, la legge dello stato con cui il contratto ha collegamento più stretto, ovvero in cui la parte che deve fornire la “prestazione caratteristica” ha l’amministrazione centrale o la residenza abituale. x Per le obbligazioni non contrattuali si fa riferimento al Regolamento del 2007 (Roma II). Anche esso è di applicazione universale; i criteri principali sono i seguenti: ¾ Se derivano da un fatto illecito, si applica la legge del Paese in cui si è verificato ¾ Se derivano da un arricchimento senza causa, dalla gestione di affari altrui o dalla restituzione di un pagamento ricevuto indebitamente (ripetizione dell’indebito), si applica la legge che disciplina quel rapporto, se si collega ad un rapporto preesistente, oppure la legge della residenza comune delle parti o del luogo in cui è avvenuto il fatto. 15 Æ 30. Il rinvio ad altra legge. Il limite dell’ordine pubblico. – pag. 64 In diritto internazionale una legge rinvia ad un’altra legge, la quale potrebbe a sua volta rinviare ad un’ulteriore. Il vecchio (abrogato ) art. 30 delle preleggi affermava che in caso di rinvio ad una legge straniera non si doveva tenere conto di un ulteriore rinvio. Ora invece si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato straniero se il diritto di tale stato accetta il rinvio o se si tratta di rinvio alla legge italiana. L’ordinamento vuole che la legge straniera sia applicata solo se i suoi effetti sono non contrari all’ordine pubblico, che è un ordine pubblico internazionale, non interno, quindi riferito ai principi fondamentali cui l’ordinamento italiano si ispira (il divieto di schiavitù, poligamia, …). Æ 31. La conoscenza delle legge straniera. – pag. 66 Prima della nuova legge, era onere delle parti, accertare l’esistenza di una legge straniera, dimostrandone l’applicabilità al caso portato in giudizio. La nuova disciplina, invece, stabilisce che spetta al giudice accertare il contenuto della legge straniera applicabile. Nel caso in cui ciò non avvenga, si applica la legge italiana. Æ 32. La condizione dello straniero. – pag. 67 Bisogna distinguere tra : x Cittadini comunitari : nell’Unione Europea i cittadini assumono la cittadinanza europea grazia a cui possono circolare e alloggiare liberamente in ogni stato membro, godendo degli stessi diritti civili del cittadino nazionale, ma con delle limitazioni sui diritti politici. Hanno trattamento di favore i famigliari di un cittadino UE, nonostante facciano parte di paesi terzi. x Extracomunitari : la disciplina è affannosa e spesso modificata, in forza delle continue immigrazioni, di frequente clandestine e illegali. Possiedono il diritto di asilo (in caso non possano esercitare l’esercizio delle proprie libertà ) e l’inammissibilità dell’estradizione per reati politici. Se l’extracomunitario è regolarmente soggiornante in Italia gli è assicurato il godimento dei diritti civili come i cittadini italiani. Tutti i lavoratori stranieri godono dello stesso trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. Vige inoltre il principio di reciprocità, orami poco applicato, secondo cui un determinato diritto è riconosciuto ad uno straniero se, in quello stato straniero, lo stesso diritto sarebbe riconosciuto ad un cittadino italiano. CAPITOLO VI – LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE Æ 33. Il rapporto giuridico – pag. 73 Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggetti, regolata dall’ordinamento giuridico. I due soggetti, detti parti (in contrapposizioni si parla di terzo, per indicare colui che è estraneo al rapporto giuridico e che, in regola, non è né favorito né danneggiato da esso) sono : x Attivo, colui al quale l’ordinamento attribuisce un potere (diritto soggettivo) x Passivo, colui a carico del quale sussiste un dovere. 16 Æ 34. Situazioni sogg. attive (diritto soggettivo, potestà, facoltà, aspettativa, status) – pag. 74 Il soggetto attivo del rapporto giuridico è titolare di un diritto soggettivo. Il diritto oggettivo prescrive una certa norma; se qualcuno arreca danni a qualcun altro, egli può essere tutelato, se richiede il risarcimento dei danni, se applica il suo diritto soggettivo: egli non è obbligato a chiedere il risarcimento, manifestando la propria libertà. Per definizione il diritto soggettivo è il potere di agire per il soddisfacimento di un proprio interesse individuale, protetto dall’ordinamento giuridico (non tutti gli interessi, detti irrilevanti, sono tutelati). Se l’interesse non è individuale, bensì altrui si parla di potestà o uffici: il fenomeno è più rilevante in diritto pubblico ma vi sono casi anche in diritto privato (ad esempio la potestà genitoriale). In ogni caso l’esercizio della potestà deve ispirarsi al fine della cura degli interessi altrui. Le facoltà (diritti facoltativi) sono manifestazioni del diritto soggettivo che non hanno carattere autonomo; sono una delle manifestazioni del potere di escludere gli altri dal possesso e godimento della cosa, in cui si sostanzia il diritto di proprietà. Si estinguono solamente se viene meno il diritto del quale sono espressione, non è ammessa cioè la prescrizione delle sole facoltà, anche se non esercitate per tempo. Si parla di aspettativa quando l’acquisto di un diritto deriva dal concorso di elementi successivi; è un interesse individuale tutelato in via provvisoria, come mezzo per assicurare la possibilità del sorgere di un diritto. Non è considerata solo dal lato del soggetto ma anche della fattispecie, poiché si parla di fattispecie a formazione progressiva, in quanto il risultato si realizza per gradi, progressivamente. A volte alcuni diritti e doveri si ricollegano alla qualità di una persona, derivante dalla posizione sociale: è quindi una qualità giuridica che si collega alla posizione di un individuo nella società. Si parla di: x Status di diritto pubblico x Status di diritto privato Æ 35. L’esercizio del diritto soggettivo. – pag. 76 Colui al quale l’ordinamento attribuisce un diritto è detto titolare del diritto stesso. L’esercizio del diritto consiste nell’esplicazione dei poteri di cui il diritto soggettivo consta. L’esercizio e la realizzazione (soddisfazione dell’interesse protetto) del diritto non sono la stessa cosa, anche se nella maggioranza dei casi coincidono. La realizzazione può essere: x Spontanea x Coattiva: quando occorre far riferimento ai mezzi che l’ordinamento predispone per la tutela del diritto soggettivo. Alcune disposizioni legislative vietano l’abuso del diritto soggettivo, cioè l’esercizio anomalo delle prerogative concesse dalla legge al titolare del diritto; si ha abuso quindi, quando il titolare si avvale del suo diritto non per perseguire l’interesse che è oggetto del suo diritto soggettivo, bensì per realizzare fini ulteriori, oltre l’ambito di interesse che la legge intende tutelare. Per valutare se si tratti di abuso, in casi non contemplati dall’ordinamento, si utilizzano i principi di solidarietà, correttezza, buona fede. Tra gli abusi maggiormente frequenti, in particolari situazioni materiali di vantaggio nelle quali un soggetto possa venire a trovarsi, si ricorda l’abuso della situazione di dipendenza economica o l’abuso di posizione dominante, a tutela della concorrenza. 17 Æ 36. Categorie di diritti soggettivi. – pag. 78 Una fondamentale distinzione è da farsi tra: x Diritti assoluti : garantiscono al titolare un potete che egli può far valere verso tutti (erga omnes), tra cui: ¾ Diritti reali, cioè i diritti sulle cose. L’interesse del proprietario è quello di conservare la disponibilità di un bene che gli appartiene e di poterne trarre conseguente utilità, attraverso il godimento esclusivo. Gli altri soggetti subiranno un divieto (dovere negativo). ¾ Diritti della personalità, tutelati in capo al singolo nei confronti di tutti i consociati. x Diritti relativi : assicurano al titolare un potere che egli può far valere solamente nei confronti di determinate persone, tra cui: ¾ Diritti di credito (personali), cioè i dove una persona è tenuta a un certo comportamento nei confronti di un’altra. L’altro soggetto subir{ un obbligo (dovere) x Diritti potestativi: garantiscono il potere di operare un cambiamento nella condizione giuridica di un altro soggetto. Non c’è un dovere dall’altra parte, ma solo uno stato di soggezione. Basta l’iniziativa del titolare perché il diritto realizzi l’interesse tutelato: esercizio e realizzazione coincidono; il comportamento del soggetto passivo è irrilevante. x Diritti personali di godimento: un soggetto si è obbligato a far godere di un proprio bene un altro soggetto. Æ 37. Gli interessi legittimi. - pag. 81 L’interesse è qualsivoglia vantaggio o utilità che costituisce l’obiettivo o il movente dell’agire di un soggetto. Può essere pubblico o privato a seconda di chi sia il portatore. Un interesse privato può essere: x Semplice (di fatto), quando non fruisce di alcuna particolare protezione giuridica. Se il mio interesse riceve attenzione giuridica, è diritto soggettivo. x Legittimo, nell’ambito di rapporti tra privato e pubblici poteri. Il singolo può sollecitare un controllo giudiziario sul comportamento corretto o meno della pubblica amministrazione. Si configurano veri e propri obblighi e diritti soggetti, che vanno sotto il nome di norme di relazione; diverse sono le norme di azione che regolano il funzionamento delle pubbliche amministrazioni. Se vengono violate, il cittadino portatore di uno specifico interesse individuale (candidato ad un concorso pubblico viziato, ad esempio) assume potere di controllo della regolarità dell’azione pubblica e un potere di impugnativa sugli atti eventualmente viziati. Non è propriamente una tutela del singolo nel veder realizzato il proprio bisogno o aspirazione, ma è una tutela solamente strumentale o mediata, nel controllo del corretto esercizio delle funzioni pubbliche. Il privato può far procedere all’impugnazione dell’atto amministrativo illegittimo, al fine di ottenerne l’annullamento. Il vizio rilevato può essere: x Di incompetenza, l’atto è stato compiuto da un organo che non ne aveva facoltà x Di violazione della legge, l’atto è contrasto rispetto alla legge x Di eccesso di potere, l’atto contiene illogicità, contraddittorietà 18 Inoltre il privato che ha subito una perdita a causa di un atto amministrativo ha diritto ad ottenere risarcimento. Æ 38. Situazioni di fatto. – pag. 84 Oltre alle situazioni giuridiche legittime l’ordinamento protegge anche le situazioni di fatto, ovvero in cui il soggetto di trova provvisoriamente rispetto a un bene. Sono importanti in tema di società, di pre-uso di un marchio, di famiglia, di rapporti di lavoro. Æ 39. Situazioni soggettive passive (dovere, obbligo, soggezione, onere) – pag. 85 Si distingue tra: x Dovere genere di astensione: astenersi dal ledere il diritto assoluto di un'altra persona x Obbligo cui è tenuto il soggetto passivo di un rapporto obbligatorio. Nel soggetto attivo si riscontra una pretesa, il potere di esigere uno specifico comportamento (prestazione) dal soggetto passivo. x Soggezione, che corrisponde al diritto potestativo. x Onere (è diverso totalmente dagli altri tre): il soggetto ha un potere ma esso è condizionato ad un adempimento, che non è obbligatorio, ma condizionante appunto. Si parla di: ¾ Onere della prova : non è un vero e proprio onere, è più un rischio per il soggetto che ne è gravato ¾ Onere o modus: è sinonimo appunto di modus negli elementi accidentali del negozio. Æ 40. Vicende del rapporto giuridico. – pag. 86 Il rapporto giuridico si costituisce allorché il soggetto attivo acquista il diritto soggettivo; per acquisto di un diritto infatti si intende il fenomeno del collegarsi di un diritto con una persona che ne diventa titolare, ovvero entra a far parte della situazione giuridica del soggetto. Può essere di due specie: x A titolo originario, se sorge in favore di una persona senza esserle trasmesso da nessuno x A titolo derivativo se si trasmette da una persona ad un'altra. L’atto o il fatto giuridico che giustifica l’acquisto è il titolo d’acquisto (causa adquirendi). Il passaggio di un diritto dal patrimonio giuridico di un soggetto ad un altro si chiama successione: x Colui che per effetto della successione perde il diritto si chiama autore o dante causa, x Chi acquista il diritto è il successore o avente causa. Il mutamento del rapporto può avere effetto: ¾ Attivo (successione nel lato attivo) ¾ Passivo (successione nel lato passivo), quando ad esempio resta in eredità un debito. 19 L’acquisto a titolo derivativo può essere di due specie: x Acquisto derivativo traslativo: si può trasmettere proprio lo stesso diritto che aveva il precedente titolare x Acquisto derivativo - costitutivo o successione a titolo derivativo - costitutivo : può attribuirsi al nuovo titolare un diritto differente che scaturisce dal diritto del precedente titolare. Valgono due regole: ¾ Il nuovo titolare non può vantare di un diritto di portata più ampia di quello che spettava al precedente titolare ¾ L’acquisto del diritto del nuovo titolare dipende dall’effettiva esistenza del diritto del precedente titolare. Se il fenomeno dell’acquisto a titolo derivativo è considerato non con riferimento alla persona a cui favore si verifica, ma avendo riguardo alla persona che trasferisce il diritto, si ha il concetto di alienazione. La successione è di sue specie: x A titolo universale, quando una persona subentra in tutti i rapporti di un'altra persona e cioè sia in posizione attiva che passiva. Si verifica in caso di morte (erede). x A titolo particolare, quando una persona subentra solo in un determinato diritto o rapporto. Si verifica in caso di fusione tra due società (legatario). La vicenda finale del rapporto è la sua estinzione; il titolare perde il diritto senza che questo sia trasmesso ad altri. Non di tutti i diritti soggettivi è consentito al titolare disfarsi o trasferendoli ad altri rinunziandovi. Si parla di: x Diritti disponibili x diritti indisponibili, che tendono a soddisfare un diritto superiore (ad esempio potestà e diritti familiari) CAPITOLO VII – IL SOGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO Æ 41. Soggetto e persona. – pag. 89 Le situazioni giuridiche soggettive fanno a capo a quelli che vengono definiti soggetti : l’idoneità ad essere soggetti (essere titolari di situazioni giuridiche soggettive) è la capacità giuridica. La capacità giuridica compete sia alle persone fisiche che agli enti, distinti tra persone giuridiche (hanno autonomia patrimoniale perfetta, e sono riconosciuti dalla legge) e enti non dotati di personalità. I concetti di persona e soggetto pertanto non coincidono. 20 A) LA PERSONA FISICA Æ 42. La capacità giuridica della persona Kisica. – pag. 90 L’uomo assume capacità giuridica con il fatto stesso della nascita, divenendo soggetto di diritto. quindi ciò compete a tutti gli uomini, tutti uguali, senza distinzioni, tale traguardo è stato raggiunto con la caduta del vecchio regime a seguito della Rivoluzione Francese. La capacità giuridica compete anche al cittadino straniero nei confini del principio di reciprocità, il quale può provocare pesanti limitazioni dello straniero, non cittadino degli stati UE: nonostante ciò, la legge prevede che i diritti inviolabili della persona umana siano da rispettare in favore di chiunque, cittadino o straniero (anche extracomunitario) che sia, indipendentemente dal principio di reciprocità. Æ 43. La nascita e la morte. – pag. 92 La persona fisica acquista capacità giuridica con la nascita e la perde con la morte. Per nascita si intende l’acquisizione della piena indipendenza dal corpo materno, con l’inizio della respirazione polmonare: nel dubbio, per sapere se un feto è nato morto, oppure se la morte sia sopraggiunta dopo la nascita, si esegue un esame medico-legale, detto docimasia polmonare, per accertarsi se i polmoni hanno respirato. Se, quindi il neonato è morto subito dopo la nascita ha acquisito capacità giuridica. La nascita, entro dieci giorni, deve essere registrata all’ufficiale di stato civile per la formazione dell’atto di nascita. La morte è la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo4; tale è una previsione normativa resasi necessaria a causa delle sempre nuove tecniche di riabilitazione capaci di mantenere in vita per lungo tempo l’attività circolatoria e respiratoria. Entro 24 ore dalla morte, essa deve essere dichiarata all’ufficiale di stato civile per la formazione dell’atto di morte. Con la morte i diritti e rapporti del defunto: x Si estinguono (ad esempio il matrimonio) x Possono essere sciolti su iniziativa dei familiari eredi o dell’altra parte x Se sono diritti patrimoniali, si trasmettono secondo le regole di successione mortis causa x Se non si tratta di interessi patrimoniali, essi vengono gestiti dal coniuge superstite e dai prossimi congiunti Æ 44. Le incapacità speciali. – pag. 94 Per l’accesso a taluni rapporti, non è sufficiente la nascita, ma è richiesto il concorso di altri presupposti. Si parla di incapacità speciali, che possono essere: x Assolute, se al soggetto è precluso un certo tipo di rapporto o di atto x Relative, se al soggetto è precluso un certo tipo di rapporto o atto ma solamente con determinate persone o solamente in determinate circostanze. 21 Æ 45. Il concepito. – pag. 95 Il nostro ordinamento tutela anche il concepito. Infatti : x Il concepito può succedere mortis causa, sia per legge che per testamento5 x Il concepito può ricevere per donazione x Il concepito può essere risarcito per danni. In particolare in seguito a: ¾ danneggiamento della salute ed integrità fisica, prima o durante il parto ¾ uccisione da parte di terzi del padre, causando sofferenza al nascituro ¾ omessa diagnosi di malformazione del feto, non permettendo alla madre di esercitare il suo diritto di non portare a termine la gravidanza. Tali diritti, in ogni caso, sono subordinati all’evento della nascita, ovvero vengono fatti valere solo la gravidanza viene portata a buon fine, ovvero nel momento della nascita. Si discute, comunque, se il concepito quindi abbia una sua capacità giuridica prenatale, sia dotato di una sua autonoma soggettività giuridica o sia solamente un oggetto di tutela. La capacità di succedere per testamento o di ricevere una donazione è riconosciuta anche a chi non è ancora stato concepito, ma sia figlio di una determinata persona fisica vivente al momento dell’apertura della successione del testatore o al momento della donazione. Æ 46. La capacità di agire. – pag. 96 Con la nascita si acquisisce la capacità giuridica, concretizzata con l’acquisto dei diritti della personalità. Al compimento del diciottesimo anno d’età, la maggiore età, il soggetto acquista anche la capacità di agire, ovvero l’idoneità a porre in essere atti negoziali destinati a produrre effetti nella sua sfera giuridica (capacità giudiziale), cioè egli deve essere in grado di compiere personalmente e autonomamente atti di amministrazione dei propri interessi. Può essere, inoltre, che nonostante la maggiore età, il soggetto non possegga capacità di agire, ad esempio per malattia, per decadenza delle facoltà intellettive e volitive in conseguenza all’età. L’ordinamento tutela questi soggetti, prevedendo quindi degli “istituti a protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia”, a causa delle incapacità negoziali che posseggono, ovvero: x minore età x interdizione giudiziale x inabilitazione x emancipazione x amministrazione di sostegno x incapacità di intendere o di volere (incapacità naturale). Vi è inoltre l’interdizione legale, che non ha scopo protettivo, bensì sanzionatorio. 22 Bisogna distinguere x capacità negoziali: idoneità del soggetto a compiere personalmente ed autonomamente atti di autonomia negoziale x capacità extranegoziali : idoneità del soggetto a rispondere delle conseguenze dannose degli atti dallo stesso posti in essere Æ 47. La minore età. – pag. - 97 La legge fissa il compimento del diciottesimo anno di età, come raggiungimento della maggiore età: prima di esso il soggetto è legalmente incapace, mentre successivamente diviene legalmente capace. Può compiere tutti gli atti per i quali non sia prevista un’età diversa. Il minore non può stipulare atti negoziali destinati ad incidere sulla propria sfera giuridica, ma nemmeno decidere il loro compimento. Gli atti eventualmente posti in essere da un minore sono annullabili, salvo che lo stesso abbia occultato la sua minore età. L’atto, in genere, può essere impugnato fino a cinque anni dopo il conseguimento della maggiore età, dal legale del minore o dallo stesso, se raggiunta la maggiore età, ma non dalla controparte, in quanto l’ordinamento intende proteggere il minore. Se l’atto viene annullato per incapacità legale del minore, egli ha diritto alla restituzione di quanto prestato in esecuzione di esso, mentre è tenuto a restituire la prestazione ricevuta se essa sia stata in suo vantaggio. In ogni caso il minore può avere accesso a tutti quegli atti necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana (comprare il giornale, un biglietto del cinema, far riparare la bicicletta, …), in quanto la minore età è un istituto di protezione e si rischierebbe di trasformarlo in un istituto di emarginazione del minore dal contesto sociale. La gestione del patrimonio del minore (potere di amministrazione) e il compimento di ogni atto relativo (potere di rappresentanza) competono ai genitori: x disgiuntamente per le questioni di ordinaria amministrazione (che non comportano rischi per l’integrità del patrimonio) x congiuntamente per le questioni di straordinaria amministrazione (suscettibili di incidere in termini significativi sulla struttura e sulla consistenza del patrimonio) e per gli atti con cui si concedono o acquistano diritti personali di godimento. x Con l’autorizzazione del giudice tutelare, al fine di controllare preventivamente che gli atti maggiormente rischiosi per il patrimonio del minore siano effettivamente funzionali ai suoi interessi, per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Gli atti posti in essere senza l’autorizzazione del giudice tutelare possono essere annullati sia dagli stessi genitori che dal figlio, una volta maggiorenne. Se uno dei genitori è morto o impossibilitato ad esercitare la propria responsabilità genitoriale sul figlio, essa ricade completamente sul genitore superstite. Se entrambi i genitori sono morti o impossibilitati, la gestione del patrimonio e la relativa rappresentanza competono ad un tutore nominato dal giudice tutelare; offrendo egli minori garanzie rispetto ai genitori, la legge prescrive che debba munirsi dell’autorizzazione del giudice tutelare per il compimento degli atti previsti dall’articolo 374 del codice civile, mentre della preventiva autorizzazione del tribunale per gli atti descritti nell’articolo 375 del codice civile. Æ 48. L’interdizione giudiziale. – pag. 100 L’interdizione giudiziale è pronunciata dal tribunale quando si presentano i seguenti presupposti 10 e, di conseguenza viene revocata, attraverso una sentenza del tribunale, nel momento in cui uno di essi venga meno (di solito si procede quindi all’apertura di una procedura di amministrazione di sostegno): 23 x Infermità di mente, malattia che mini profondamente il soggetto nella sua sfera intellettiva e volitiva x Abitualità di detta infermità, ovvero non transitoria x Incapacità del soggetto di prevedere ai propri interessi, non solo quelli economici ma anche quelli extrapatrimoniali x Necessità di assicurare all’oggetto un’adeguata protezione: vi si può accedere solamente se ogni altro mezzo sia risultato non idoneo (ad esempio l’amministrazione di sostegno) L’interdizione può avvenire solamente a carico di un maggiorenne, in quanto il minore è già tutelato; il procedimento può essere promosso dallo stesso interdicendo, dal coniuge, dal convivente, da partenti entro il quarto grado ed affini entro il secondo grado, ma anche dal pubblico ministero. La fase centrale è l’esame diretto dell’interdicendo da parte del giudice, seguito dalla nomina di un tutore provvisorio dell’interdicendo. La sentenza viene annotata dal cancelliere nel registro delle tutele e comunicata all’ufficiale dello stato civile per essere annotata a margine dell’atto di nascita. La condizione dell’interdetto è molto simile a quella del minore: x Non può compiere atti negoziali, se non quelli necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana x Se compie atti negoziali possono essere annullati entro cinque anni dalla cessazione dello stato di interdizione x La gestione del patrimonio dell’interdetto e gli atti negoziali ad esso riferiti sono compiuti da un tutore nominato da parte del giudice tutelare o del tribunale x Il tutore deve munirsi dell’autorizzazione del giudice tutelare per il compimento degli atti previsti dall’articolo 374 del codice civile, mentre della preventiva autorizzazione del tribunale per gli atti descritti nell’articolo 375 del codice civile. Alcuni atti di ordinaria amministrazione, a volte, a seconda della decisione del giudice, possono essere compiuti autonomamente dall’interdetto o con l’assistenza del tutore. All’interdetto sono preclusi: x Il matrimonio x Il riconoscimento dei figli naturali x La possibilità di fare testamento. È inoltre legittima, a suo danno, la richiesta di esclusione da una società di persone o da una società cooperativa, così come la divisione giudiziale dei beni, in modo da estinguere la comunione legale tra coniugi. Æ 49. L’interdizione legale. – pag. 108 L’interdizione legale è prevista dal codice penale come pena accessoria all’ergastolo o alla reclusione per reati non colposi oltre i cinque anni; ha quindi una funzione sanzionatoria. 24 Per quanto riguarda: x I rapporti patrimoniali, l’interdetto legale, durante la pena, si trova nella stessa situazione dell’interdetto giudiziale, con una differenza: l’annullabilità degli atti compiuti dall’interdetto legale può essere richiesta sia dall’interdetto stesso e del suo tutore, sia da chiunque abbia interesse (annullabilità assoluta) x Gli atti a carattere personale, nessuna incapacità consegue all’interdizione giudiziale. Æ 50. L’inabilitazione. – pag. 104 L’inabilitazione è pronunciata con sentenza dal tribunale quando ricorre una delle seguenti situazioni, che inducono il soggetto a esporre sé e la sua famiglia a gravi pregiudizi economici (a parte cecità e sordità): x Infermità mentale, non talmente grave da ricorre all’interdizione x Prodigalità, impulso patologico che incide negativamente sulle capacità del soggetto di valutare la rilevanza economica dei propri atti x Abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti x Sordità o cecità dalla nascita o dalla prima infanzia, salvo che il soggetto sia stato educato in modo da fargli acquisire la capacità necessaria per attendere personalmente ai propri affari. Il procedimento di inabilitazione, così come quello di revoca dell’inabilitazione, corrispondono a quelli dell’interdizione; l’inabile può comunque compiere autonomamente fatti di ordinaria amministrazione, mentre per quelli di straordinaria amministrazione necessita dell’assistenza del curatore nominato dal giudice tutelare, che comunque non si sostituisce all’inabile, integrandone la volontà, previa autorizzazione giudiziale. L’assistenza del curatore è necessaria se lo stesso è citato in giudizio. Il giudice può, inoltre, permettere che l’inabile svolga autonomamente, senza il sostegno del curatore, taluni atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Æ 51. L’emancipazione. – pag. 105 L’emancipazione insorge a carico di un minore ultrasedicenne a seguito delle nozze, sottraendolo alla disciplina della minore età. La sua condizione giuridica simile a quella dell’inabilitato: x Può compiere autonomamente atti di ordinaria amministrazione x Per gli atti di straordinaria amministrazione necessita dell’assistenza di un curatore, munito di autorizzazione giudiziaria; se compie tali atti senza il curatore, essi sono annullabili. Se il coniuge è maggiorenne, egli sarà il curatore; se entrambi sono minorenni, il curatore potrà essere il medesimo, scelto preferibilmente tra i genitori. L’annullamento del matrimonio per cause diverse dal difetto di età, così come lo scioglimento dello stesso, non fanno venire meno l’emancipazione. Tale stato cessa con il raggiungimento della maggiore età. Æ 52. L’amministrazione di sostegno. – pag. 106 25 L’amministrazione di sostegno si apre attraverso un decreto motivato del giudice cautelare quando ricorrano, congiuntamente, i seguenti presupposti: x Infermità o menomazione fisica o psichica, sia che sia abituale che temporanea (si nomina un amministratore di sostegno a tempo determinato) x Impossibilità di provvedere ai propri interessi, anche solamente in merito a taluni profili soltanto della sua personalità L’amministrazione di sostegno può essere aperta nei confronti di una persona che ha raggiunto la maggiore età, in quanto il minore è già tutelato in quanto tale. Può essere richiesta dallo stesso beneficiario, così come da partenti entri il quarto grado, ma anche dal pubblico ministero o dai responsabili dei servizi sociali e sanitari impegnati direttamente nella cura della persona. Fase centrale del procedimento è l’audizione personale da parte del giudice, che in caso di necessit{, si deve recare ove l’interessato si trova. Il giudice adotta i provvedimenti urgenti per la cura della persona, nominando ad esempio un amministratore di sostegno provvisorio, con l’indicazione degli atti che egli può compiere. Gli effetti dell’amministrazione di sostegno decorrono da momento del deposito del relativo decreto di apertura, emesso dal giudice tutelare e annotato dal cancelliere nell’apposito registro delle amministrazioni di sostegno; ciò viene quindi comunicato all’ufficiale di stato civile che provvede ad annotarlo in margine all’atto di nascita. L’amministrazione di sostegno è un istituto duttile e flessibile in quanto i suoi effetti vengono determinati di volta in volta dal giudice tutelare; inoltre l’amministratore di sostegno, scelto tendenzialmente in base alla volontà del beneficiario, o tra i parenti più stretti, non ha dei compiti descritti dalla legge, ma indicati dal giudice, ovvero: x Gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, il quale perde la possibilità di porli in essere personalmente (se ciò avviene, tali atti sono annullabili) x Gli atti cui l’amministratore di sostegno deve dare il proprio assenso, prestando assistenza al beneficiario, che quindi perde la capacità di porli in essere autonomamente (se ciò avviene, tali atti sono annullabili.) Di conseguenza il beneficiario conserva la propria capacità di agire in tutti quegli ambiti e azioni che il giudice non ha posto sotto il pieno o parziale controllo dell’amministratore di sostegno. Gli atti compiuti dall’amministratore in violazione delle disposizioni del giudice sono annullabili. Il giudice stesso può, inoltre, disporre che determinati effetti conducano ex lege all’interdizione o all’inabilitazione. Æ 53. L’incapacità naturale. – pag. 109 Un soggetto pur legalmente capace di compiere un determinato atto, può anche trovarsi, nel momento in cui lo pone in essere, in una situazione di incapacità di intendere o di volere (incapacità naturale), sia permanente che transitoria. L’ordinamento tutela quindi anche il soggetto in cui la situazione giuridica, ovvero la capacità legale, non coincide con la situazione di fatto, ovvero l’incapacità naturale. Bisogna però distinguere: x Il matrimonio, il testamento e la donazione sono impugnabili solo se di dimostra che il soggetto era incapace di volere o intendere nel momento in cui ha compiuto l’atto 26 x Gli atti unilaterali sono annullabili se si dimostra che nel momento in cui li ha compiuti il soggetto era incapace di intendere o di volere e che da tali atti derivi un grave pregiudizio per l’incapace stesso x I contatti sono annullabili se si dimostra che il soggetto era incapace di volere o intendere nel momento in cui li ha posti in essere e che l’altro contraente era in malafede, ovvero che avrebbe dovuto rendersi conto, con l’ordinaria diligenza, di trovarsi di fronte un incapace Æ 54. Incapacità legale e incapacità naturale. – pag. 111 Si distingue tra: x Incapacità legale, in cui si rileva solo ed esclusivamente il fatto che il soggetto sia in una determinata situazione (non il fatto che sia concretamente essere incapace di intendere o di volere) ovvero: ¾ Minore età ¾ Interdizione giudiziale ¾ Interdizione legale ¾ Inabilitazione ¾ Emancipazione ¾ Amministrazione di sostegno x Incapacità naturale, in cui si rileva solo ed esclusivamente il fatto che il soggetto si sia trovato concretamente nel momento in cui ha compiuto l’atto, in una situazione di incapacità di intendere o di volere, ovvero in una situazione di menomazione della propria sfera intellettiva e/o volitiva Si distingue inoltre tra: x Incapacità assoluta, in quanto precludono il compimento di ogni atto negoziale, e sono: ¾ Minore età ¾ Interdizione giudiziale x Incapacità relativa, in quanto lasciano permanere al soggetto una più o meno ampia capacità negoziale, e sono: ¾ Inabilitazione ¾ Emancipazione ¾ Amministrazione di sostegno Æ 55. La legittimazione. – pag. 112 La legittimazione è l’idoneità del soggetto a esercitare o disporre di un determinato diritto; il soggetto deve quindi trovarsi nella situazione giuridica richiesta dalla legge. Non sempre la legittimazione coincide con la titolarità del diritto soggettivo ma nemmeno ogni volta il difetto di legittimazione coincide con l’invalidità dell’atto: a volte l’ordinamento applica il principio 27 dell’apparenza (non comunque tutelata da principi generali dell’ordinamento), subordinato al ricorso ad almeno due presupposti: ¾ Una situazione di fatto non corrispondente alla situazione di diritto ¾ Il convincimento dei terzi che la situazione di fatto rispecchi la situazione di diritto Æ 56. La sede della persona. – pag. 113 Il luogo in cui la persona fisica vive e svolte la propria attività è importante: x In ambito processuale x In ambito sostanziale Anche se, spesso, coincidono, la legge distingue tra: x Domicilio, luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi, che può essere: ¾ Legale, se fissato direttamene dalla legge ¾ Volontario, se scelto dall’interessato come luogo centrale della propria vita Generale, è la sede principale degli affari e degli interessi della persona, ed è unico Speciale, per particolari atti e affari. La sua elezione deve essere fatta per iscritto e con dichiarazione espressa x Dimora, luogo in cui la persona abitualmente abita x Residenza, luogo in cui la persona ha la sua volontaria ed abituale dimora. Dipende dall’elemento oggettivo della permanenza abituale del soggetto in un determinato luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali. Æ 57. La cittadinanza. – pag. 115 La cittadinanza è la situazione di appartenenza di una persona nell’ambito di un determinato stato. In Italia si acquista: x Iure sanguinis; sono cittadini italiani i figli di genitori che siano, almeno uno, cittadini italiani. Allo stesso modo i figli adottivi assumono cittadinanza italiana se almeno un genitore è italiano. x Iure soli, sono cittadini italiani tutti coloro che nascono sul territorio della Repubblica italiana, qualora i genitori siano ignoti o apolidi (cittadini di nessuno stato), ovvero se il figlio non acquisisce la cittadinanza di questi ultimi, in base alla legge del loro stato x Per iuris communicatio, acquista cittadinanza italiana il coniuge straniero o apolide di un cittadino italiano che risieda legalmente da almeno due anni nella repubblica. x Per naturalizzazione, il presidente della repubblica può conferire la cittadinanza italiana a chi si trova nelle condizioni previste dall’articolo 9 L. n. 91/1992. 28 È consentito avere doppia cittadinanza. Nessuno può essere privato della cittadinanza per motivi politici; la si può perdere solamente nei casi previsti dall’art. 12 L. n. 91/1992. Æ 58. La posizione della persona Kisica nella famiglia. – pag. 116 Il rapporto che lega le persone appartenenti ad una medesima famiglia dà luogo ad una serie di diritti e doveri. Le posizioni delle persone all’interno di una famiglia sono qualificate in base a : x Parentela, è il vincolo che unisce i soggetti discendenti dalla stessa persona, detta stipite. Al fine di determinare l’intensità del rapporto si considera: ¾ Linea retta, che unisce le persone di cui l’una discende dall’altra ¾ Linea collaterale, unisce le persone che pur avendo in comune uno stipite non discendono l’una dall’altra (es. fratello e sorella) ¾ Gradi, si contano calcolando le persone e togliendo lo stipite. Di regola la parentela si considera fino al sesto grado. x Affinità, è il vincolo che unisce un coniuge e i parenti dell’altro coniuge. Per stabilire il grado di affinità si tiene conto del grado di parentela con cui l’affine è legato al coniuge. Comunque, gli affini di un coniuge non sono affini dell’altro coniuge (il marito della sorella di mia moglie non è mio affine). La morte di uno dei due coniugi non estingue l’affinità, mentre essa cessa se il matrimonio è dichiarato nulla. Rimane comunque vietato il matrimonio tra gli affini in linea retta. x Coniugio, la relazione tra coniugi Æ 59. Scomparsa, assenza e morte presunta. – pag. 117 Per disciplinare i rapporti facenti capo a persone di cui sono perse le tracce, sono previsti gli istituti di: x Scomparsa, dichiarata con decreto del tribunale con i seguenti presupposti: ¾ Allontanamento della persona dal luogo del suo ultimo dominio o dell’ultima residenza ¾ Mancanza di sue notizie oltre il lasso di tempo che può essere giustificato dagli ordinari allontanamenti della persona per ragioni si lavoro, svago. Le finalità di tale istituto sono prettamente rivolte a conservare il patrimonio dello scomparso, pertanto il tribunale può dare i provvedimenti a ciò necessari. Se la persona ritorna gli effetti della dichiarazione di scomparsa cessano. x Assenza, dichiarata con sentenza del tribunale, se concorrono i seguenti presupposti: ¾ Allontanamento della persona dal luogo del suo ultimo dominio o dell’ultima residenza ¾ Mancanza di sue notizie da oltre due anni. Il tribunale ordina l’apertura dell’eventuale testamento; gli eredi testamentari o legittimi possono chiedere l’immissione temporanea nel possesso dei beni di lui. Non possono disporne se non per necessità o evidente utilità riconosciuta dal tribunale, ma ne hanno l’amministrazione ed il godimento, con diritto di farne propri frutti e rendite La dichiarazione di assenza non scioglie il matrimonio, ma fa sciogliere la comunione legale. 29 Se l’assente ritorna o è provata la sua esistenza, gli effetti della dichiarazione di assenza cessano e l’assente ha diritto alla restituzione dei beni. x Morte presunta è dichiarata con sentenza del tribunale quando si verificano i seguenti presupposti: ¾ Allontanamento della persona dal luogo del suo ultimo dominio o dell’ultima residenza ¾ Mancanza di sue notizie da oltre dieci anni, o due anni se la scomparsa è avvenuta per infortunio. Gli effetti sono simili a quelli che la legge collega alla morte effettiva: gli eredi conseguono la piena titolarità e disponibilità dei beni e diritti, secondo le regole della successione a causa di morte. È però obbligatorio l’inventario dei beni e il coniuge può passare a nuove nozze. Gli effetti cessano in forza di sentenza se egli torna o viene provata la sua esistenza. Recupera i propri beni; il nuovo matrimonio contratto dal coniuge è annullato, salvo si tratti di matrimonio putativo. Æ 60. Gli atti dello stato civile. – pag. 119 Gli archivi dello stato civile, tenuti presso ogni comune, contengono le vicende più importanti della persona fisica, riguardanti: x La cittadinanza x La nascita x I matrimoni x La morte Tali atti sono pubblici; i registri dello stato hanno quindi una funzione di pubblicità-notizia delle principali vicende della persona fisica. Essi fanno prova di ciò che l’ufficiale civile attesta essere avvenuto in sua presenza o da lui compiuto. Hanno quindi funzione probativa in materia di cittadina, nascita, matrimonio, morte. La rettificazione dell’atto inficiato da errori, omissioni, irregolarità, la ricostruzione di un atto andato distrutto o smarrito, la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto indebitamente registrato possono avvenire soltanto in forza di decreto motivato del tribunale. B) I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ Æ 61. Nozioni e caratteri. – pag. 120 La Costituzione (art. 2) proclama che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, ricordando l’idea giusnaturalista secondo cui la persona umana sarebbe portatrice di diritti innati che gli ordinamenti non devono concedere, bensì tutelare, motivo per cui sono inviolabili. La Costituzione garantisce il cittadino sia contro gli abusi e l’arbitro dei pubblici poteri, sia nei confronti degli altri consociati. Il codice penale, poi, sanziona i delitti contro la persona, distinguendoli in: x Delitti contro la vita e l’incolumità personale x Delitti contro l’onore x Delitti contro la libertà individuale 30 Il codice civile invece pone specifiche norme per la tutela: x Del nome x Dell’integrità fisica x Dell’immagine L’elenco dei diritti inviolabili è aperto, essendo ammissibili diritti atipici, ma è anche storicamente condizionato; la nostra giurisprudenza, comunque, tende ad ampliarne il novero. Per l’individuazione, si fa spesso riferimento a norme di derivazione extrastatuale, ovvero: x Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, approvata dalle Nazioni Unite il 10.12.1948 e garantita anche dalla corte internazionale di Giustizia dell’Aja. x Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4.11.1950, entrata in esecuzione in Italia il 4.08.1950. Dal 2009 (trattato di Lisbona) tali diritti fanno parte del diritto dell’Unione Europea. La tutela dei diritti della CEDU è azionabile di fronte alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, esaurito il ricorso alle vie interne. x Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottati a New York il 16.12.1966, in esecuzione in Italia dal 25.10.1977. la tutela di tali diritti è rimessa ad un apposito comitato, composto da rappresentanti degli stati che vi hanno aderito. x Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, proclamata dalle istituzioni comunitarie prima a Nizza il 7.12.2000 e a Strasburgo il 12.12.2007. dal 2009 (trattato di Lisbona) ha stesso valore giuridico dei trattati europei. La tutela di tali diritti è affidata alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee di Lussemburgo, utilizzabile però solamente in casi limitati. Tradizionalmente si afferma che i diritti della personalità sono qualificati dai caratteri: x Della necessari età, in quanto competono a tutte le persone fisiche, dalla nascita alla morte x Della imprescrittibilità, in quanto il non uso non provoca l’estinzione x Della assolutezza, in quanto implicano l’astensione dal ledere l’interesse presidiato da essi e valgono erga omnes, verso tutti x Della patrimonialità, in quanto tutelano valori della persona non suscettibili di valutazione economica x Della indisponibilità, in quanto non sono irrinunziabili Ci sono poi due teorie sulla portata di tali diritti: x Teoria monistica, un unico diritto della personalità avente ad oggetto la tutela della persona vista nella sua unitarietà e indivisibilità x Teoria pluralistica, tanti diritti distinti volti a tutelare i diversi interessi di cui la stessa persona è portatrice. 31 Æ 62. Diritto alla vita. – pag. 124 Il diritto alla vita è posto a presidio del fondamentale interesse della persona umana alla propria esistenza fisica. È problematico stabilire il momento esatto in cui si acquista il diritto alla vita. Il diritto a nascere trova tutela piena ed immediata nei confronti di soggetti diversi dalla madre, che non possono cagionare l’interruzione della gravidanza senza il manifesto consenso della donna, secondo la legge. Nei confronti della madre invece si distingue: x Interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento è rimessa alla sua libera determinazione. Si deve rivolgere a strutture apposite o al medico di fiducia manifestando tale volontà e spiegandone i motivi; se essi sono ritenuti validi e fondati il medico procede al rilascio del certificato attestante l’urgenza. Se il caso non è considerato urgente, il medico le rilascia un documento attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta; la donna ha tempo sette giorni per soprassedere, dopodiché può comunque procedere all’interruzione della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole. x Interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi 90 giorni, può essere praticamente unicamente quando la gravidanza o il parto comportino grave pericolo per la vita della donna. È l’unico caso in cui viene sacrificato il diritto del nascituro. Il suicidio non comporta nessuna sanzione al diritto interessato; sono però punibili l’istigazione al suicidio e l’aiuto al suicidio. Costituisce reato anche l’omicidio del consenziente, così come l’atto di chi provochi la morte di un infermo, affetto da malattia incurabile, attraverso un diretto intervento acceleratore (eutanasia attiva). Se invece il malato stesso rifiuta il trattamento medico, egli sta esercitando il suo diritto alla salute (principio di autodeterminazione), che vale anche nel suo risvolto negativo: diritto di non curarsi o diritto di lasciarsi morire. Quindi, viene meno, il dovere del medico di curarlo. Tutto ciò presuppone che l’individuo sia in grado di manifestare consapevolmente e liberamente il proprio intendimento in ordina al trattamento medico propostogli. In ogni caso, in caso d’urgenza, il medico deve attuare i trattamenti terapici urgenti idonei alla cura del paziente (stato di necessità); in seguito la decisione sulla continuazione delle cure viene affidata al suo rappresentante legale che deve agire nell’esclusivo interesse dell’incapace stesso. Per evitare tali incertezze, si propone l’impiego del testamento biologico, in cui il paziente dichiara il suo volere in merito all’essere o meno assoggettato a trattamenti sanitari, volti a prolungare la sopravvivenza, quando ancora si trova nel pieno delle sue facoltà; tali disposizioni non sono del tutto

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