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Summary

This document provides an overview of commercial law, focusing on the concept of an enterprise. It details the characteristics of an enterprise, including organization, professionalism, and economic viability.

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Diritto Commerciale ►Capitolo 1 È l’insieme di norme del diritto privato che disciplinano le attività produttive ed il loro esercizio, cioè si occupa dei rapporti interprivatistici delle attività produttive. Si occupa principalmente di tutela del mercato, che comprende: Tutela del credito>>riso...

Diritto Commerciale ►Capitolo 1 È l’insieme di norme del diritto privato che disciplinano le attività produttive ed il loro esercizio, cioè si occupa dei rapporti interprivatistici delle attività produttive. Si occupa principalmente di tutela del mercato, che comprende: Tutela del credito>>risolta attraverso il fallimento Tutela dei traffici giuridici>>risolta con la rappresentanza commerciale Tutela della concorrenza ►L’IMPRESA Art. 2082 C.C.>>imprenditore è chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi Il diritto di impresa è il complesso di istituti e di disposizioni destinati a chiunque intraprenda un’iniziativa economica avente le caratteristiche descritte nell’art. 2082. Caratteristiche dell’impresa Organizzazione Professionalità Economicità L’impresa è un’attività>>modello comportamentale in cui sul piano normativo più singoli comportamenti sono considerati come un accadimento unitario, si classifica in base al suo scopo L’impresa è un’attività produttiva>>attività orientata al perseguimento di un risultato produttivo, rivolta cioè a produrre un’utilità che prima non esisteva e ad incrementare la ricchezza complessiva >>Non è un’attività di godimento, cioè l’esercizio del diritto soggettivo su un bene senza dar luogo ad incrementi di ricchezza 1) Organizzazione>>mezzi impiegati nello svolgimento dell’attività, che deve essere esercitata con la capacità lavorativa e l’ausilio di fattori produttivi. >>Non deve necessariamente manifestarsi nella realizzazione di un apparato organizzativo tangibile. >>Non necessariamente devono essere utilizzati entrambi i fattori per parlare di impresa. >>L’organizzazione permette di trarre un’utilità che in proprio non si otterrebbe. >>Quando c’è organizzazione il lavoro proprio del titolare è un elemento non essenziale e non è indefettibile →Fattori produttivi>>lavoro (forza lavoro acquisita sul mercato del lavoro) e capitale (qualunque entità materiale o immateriale>>liquidità e beni strumentali) →Opera di organizzazione>>stabilire un ordine funzionale e strutturale dei fattori produttivi da parte del titolare (ruolo del titolare)>>acquisizione e coordinamento dei fattori produttivi da parte dell’imprenditore ‣Distinzione imprenditore-lavoratore in proprio>>L’imprenditore coordina i fattori produttivi, tra cui rientra il lavoro proprio (che non è indispensabile), nel caso del lavoratore in proprio si basa tutto sul soggetto e sulle sue capacità 2) Professionalità>>frequenza relativa allo svolgimento dell’attività, che deve avvenire in maniera abituale, stabile (destinata a ripetersi nel tempo) e reiterata, non occasionale o sporadica. -Non è sinonimo di esclusività, per cui il soggetto può svolgere più attività produttive differenti. -Non è sinonimo di continuità, per cui può essere svolta in modo non continuativo purché le interruzioni siano legate ad esigenze naturali del ciclo produttivo sottostante (intervallo di interruzione costante) -Non è sinonimo di pluralità di risultati, per cui può essere finalizzata alla risoluzione di un unico affare 3) Economicità>>metodo che deve essere seguito nello svolgimento dell’attività. Ci sono due orientamenti: -Metodo Lucrativo>>prezzi fissati ex ante, ottenimento di un margine di profitto -Metodo Economico in senso stretto>>pareggio tra ricavi e costi (no profitto), mantenimento di un equilibrio economico che permette autonomia da altre economie (visione preferita poiché meno restrittiva). >>In entrambi i casi si presenta la necessità di tutela del credito (rischio di impresa), per cui qualsiasi fenomeno produttivo (che necessita di capitale, proprio o di credito) è governato comunque dal diritto di impresa. Il modello comportamentale descritto dall’art. 2082 è esaustivo, poiché contiene gli elementi necessari e sufficienti a caratterizzare un fenomeno come impresa. Anche le questioni seguenti che emergono nei dibattiti sulla fattispecie vengono risolte dalla completezza della norma: 1) Imprese per conto proprio>>un fenomeno produttivo è impresa se la produzione non è destinata ad essere collocata sul mercato? 2) Imprese illegali>>un fenomeno produttivo è impresa se svolta senza osservare le condizioni richieste dalla legge? 3) Imprese immorali o mafiose>>un fenomeno produttivo è impresa se persegue direttamente o indirettamente una finalità illecita? Se il fenomeno è riconducibile a quanto dettato dall’art. 2082, cioè se si tratta di un fenomeno produttivo che presenta le tre caratteristiche oggettive di organizzazione, professionalità ed economicità, allora si parla di impresa. ►Capitolo 2 Dalla nozione unitaria di impresa il legislatore ha enucleato due sottofattispecie alle quali vengono applicate solo alcune disposizioni. Questo perché per alcuni fenomeni produttivi l’applicazione del diritto commerciale risulta eccessiva. Esistono varie categorie di impresa: Impresa Agricola>>si guarda alla natura della produzione Piccola Impresa>>si guarda alla natura dell’organizzazione Impresa Commerciale Le due sottofattispecie sono l’impresa agricola e la piccola impresa, a cui viene dunque applicata una rilevanza normativa più ristretta. Solo all’impresa commerciale viene indirizzato il diritto commerciale nella sua interezza, in quanto necessita di istituti volti alla tutela dei finanziatori dal rischio di impresa. ►Impresa Agricola Art. 2135 C.C.>>È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Le prime tre sono attività essenziali, mentre le ultime sono attività agricole per connessione. Impresa Agricola nel 1942 Nel 1942 l’impresa agricola non presentava esigenze particolari di investimento poiché i fattori produttivi coincidevano con il fondo (bene già posseduto), per cui la disciplina applicata era più circoscritta. Un eventuale finanziamento alla produzione veniva acquisito attraverso operazioni che consentivano al creditore autotutela>>diritto privato attraverso l’ottenimento di garanzie reali ‣Nella versione originale della normativa del 1942, il fattore produttivo centrale era il fondo, seguito anche dai fattori accessori (ad esempio i macchinari). ‣Veniva applicato l’esercizio del diritto di proprietà sul fondo (l’imprenditore ne era anche il proprietario), per cui l’impresa agricola consisteva nello sfruttamento del fondo attraverso la sua coltivazione e/o utilizzo come luogo di allevamento. ‣A questa attività principale si poteva aggiungere l’attività accessoria di trasformazione e commercializzazione dei prodotti provenienti dall’attività principale. Impresa Agricola nel 2001 A causa di una riforma di modernizzazione, l’art. 2135 è stato integrato di due commi, che sanciscono i limiti delle attività per evitare di sfociare in attività commerciali: Comma 2>>descrive cosa sono le attività agricole essenziali >>Sono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico ‣Nella versione originaria vi rientravano solo la coltivazione e l’allevamento che si svolgevano sul fondo. ‣Nella versione moderna l’attività è di coltivazione o allevamento se utilizza o può utilizzare il fondo. ‣Il fondo è dunque un fattore produttivo eventuale (non è più elemento essenziale). ‣L’elemento centrale è il la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico. Comma 3>>descrive cosa sono le attività agricole per connessione >>Sono le attività di conservazione, manipolazione, trasformazione e commercializzazione che hanno ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalle attività agricole essenziali ‣Sono connesse le attività trasformative a condizione che utilizzino come materia prima prevalente (non esclusiva, per cui una parte può essere acquisita sul mercato) i prodotti derivanti dall’attività agricola essenziale. ‣Sono inoltre connesse le attività di produzione e fornitura di beni e servizi ottenuti impiegando principalmente le attrezzature e risorse che costituiscono l’azienda agricola (tale attività deve rimanere subordinata a quella essenziale)>>agriturismo ‣La connessione può essere oggettiva (i prodotti devono provenire prevalentemente dall’attività dell’imprenditore) o soggettiva (le attività connesse devono avere ad oggetto prodotti dell’attività principale svolta dal medesimo soggetto) ‣L’unica attività agricola che rimane esclusa dalla definizione è la pesca, a meno che non si tratti di allevamenti ippici. ‣Nella versione originale le attività connesse dovevano necessariamente essere marginali, altrimenti si trattava di imprenditore commerciale a cui veniva applicato il diritto commerciale. ‣Per accertare la prevalenza (50%+1) nel prodotto si distinguono due casi: Prodotto omogeneo>>si guarda alla percentuale non usata di prodotto Prodotto non omogeneo>>si guarda al valore economico dei prodotti ‣L’imprenditore agricolo era soggetto ad un duplice rischio: Rischio di Mercato Rischio legato ai Cambiamenti Climatici ►Piccola Impresa Art. 2083 C.C.>>Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia. La piccola impresa è dunque un’attività professionale organizzata con il lavoro del titolare e dei componenti della sua famiglia, in particolare si tratta di coltivatore diretto del fondo, artigiano e piccolo commerciante. ‣Si attribuisce ristretta rilevanza normativa a questo tipo di impresa per le caratteristiche che connotano il suo processo produttivo, incentrato sul fattore produttivo che è il lavoro del titolare e dei suoi familiari, di cui quindi si dispone già. ‣Nella piccola impresa le esigenze di investimento attengono dunque solo a fattori produttivi secondari, per cui le esigenze finanziarie non sono significative al punto da dover applicare il diritto commerciale. ‣Si basa su un criterio identificativo fondato sul parametro qualitativo della prevalenza>>essenzialità del lavoro del titolare e dei suoi familiari nel processo produttivo ‣La prevalenza va accertata in senso qualitativo>>si verifica che il lavoro del titolare e dei familiari costituisca il fattore essenziale, imprescindibile e centrale nel processo produttivo. ‣Distinzione piccola impresa-impresa: Piccola Impresa>>qui è il titolare ed i familiari a svolgere un ruolo esecutivo che caratterizza il processo produttivo sottostante>>lavoro del titolare indispensabile Impresa>>il titolare può non avere alcun ruolo esecutivo in quanto surrogabile all’organizzazione, limitandosi a svolgere il ruolo imprescindibile ed indefettibile di carattere organizzativo>>lavoro del titolare non indispensabile ►Impresa Minore Si identifica in base a parametri quantitativi: due di carattere patrimoniale e uno reddituale. Devono essere rispettate congiuntamente tre grandezze dimensionali: Esposizione debitoria non superiore a 500 mila euro Attivo patrimoniale nei tre esercizi precedenti non superiori per ogni esercizio a 300 mila euro Ricavi lordi nei tre esercizi precedenti non superiori per ogni esercizio a 200 mila euro ‣Impresa Civile Sono tutti quei fenomeni produttivi che non hanno natura agricola ma neanche commerciale, per cui inizialmente alcuni studiosi avevano ipotizzato una terza categoria di imprese sotto il nome di imprese civili. Si presenta però il problema dell’individuazione della disciplina applicabile, che potrebbe benissimo essere quella delle imprese agricole o commerciali, per cui in realtà non esiste la categoria delle imprese civili. ►Impresa Commerciale Non si rinviene una norma che contenga la nozione di impresa commerciale, che però si può desumere dall’art. 2195 C.C., che consiste in una norma di disciplina che contiene un precetto comportamentale (obbligo di pubblicità, cioè iscrizione nel registro delle imprese) indirizzato a chi realizza un comportamento in una delle attività indicate dalla norma. Si evince la definizione di impresa commerciale (definizione in positivo) nei primi due punti dell’articolo, mentre le attività ai punti seguenti specificano le prime due. L’impresa commerciale è dunque un’attività di produzione di beni e di servizi che si qualifica come industriale e/o un’attività di circolazione di beni che si qualifica come intermediaria. ‣I tratti identificativi dell’impresa commerciale sono quindi intermediarietà ed industrialità: Intermediarietà>>attività commerciale di acquisto all’ingrosso e rivendita al dettaglio>>scambio Industrialità>>processo produttivo di trasformazione fisica della materia per ricavarne prodotti nuovi>>non agricolo ‣Impresa Commerciale Non Residuale>>definizione dell’impresa commerciale in negativo, per cui sono imprese commerciali tutti i fenomeni imprenditoriali che, in ragione della loro natura, non possono qualificarsi come agricoli. ‣L’impresa commerciale si classifica in impresa pubblica e privata. ‣Impresa Pubblica È un fenomeno produttivo imprenditoriale di natura commerciale esercitato da o riconducibile ad un soggetto di diritto pubblico (ente pubblico). Si distinguono tre tipologie di enti pubblici: 1)Ente Pubblico Economico>>ente che persegue il suo fine istituzionale principalmente attraverso un’attività commerciale (che è dunque l’oggetto esclusivo o principale dell’ente). ‣Privatizzazione in senso formale>>la maggioranza degli enti pubblici formali ha subìto un processo di privatizzazione che li ha trasformati in società di capitali>>forma giuridica di un soggetto privato, interesse economico di natura pubblica attraverso partecipazioni sociali dello Stato o altri enti pubblici ‣Residua per di più nei mercati in regime di monopolio. 2)Società in Mano Pubblica>>comuni società in cui la partecipazione di controllo è detenuta da un ente pubblico>>società in house providing (partecipazioni totalitarie) 3)Ente Pubblico Non Economico>>ente che realizza i fini istituzionali con numerose iniziative che non presentano i caratteri dell’impresa ma che talvolta sono vere e proprie imprese. ‣Persegue interessi diversificati e solo secondariamente esercita anche attività economiche che offrono servizi al mercato (svolge maggiormente servizi pubblici privi di rilevanza economica) ‣L’oggetto dell’attività economica è vario e può consistere anche nella fornitura di servizio pubblico, che è di due tipi e può assumere le fattezze di attività commerciale: Servizi Pubblici a Rilevanza Economica>>forniti con l’obiettivo di realizzare un margine di profitto per i quali si immagina un mercato concorrenziale di riferimento. L’ente pubblico non può gestire questi servizi direttamente, che sono quindi affidati a società in house. Servizi Pubblici Privi di Rilevanza Economica>>forniti con l’obiettivo di copertura dei costi per i quali non c’è un mercato concorrenziale di riferimento. La gestione di questi servizi è a discrezione dell’ente pubblico. ‣Impresa Privata È un fenomeno produttivo imprenditoriale che assume la forma giuridica di diritto privato, cioè: Persona Fisica>>impresa individuale Società>>impresa societaria Altro ente privato non societario 1)Impresa Individuale>>si applica il diritto di impresa 2)Società>>si applica il diritto societario (norme specifiche nate da esigenze dovute alla struttura complessa della società). È un’attività esercitata da un soggetto collettivo (società). 3)Impresa Collettiva Non Societaria>>ha la forma di un ente privato non societario. Nel codice mancano riferimenti in merito all’applicazione della disciplina di impresa ad enti non societari. Nelle associazioni e fondazioni che esercitano un’attività commerciale la disciplina dell’impresa si applica nella sua interezza. Impresa Sociale>>è un’attività che presenta tutti i requisiti ma a cui manca il fine di lucro (che non è indispensabile per definire l’impresa come tale). Perseguono finalità di interesse generale, non perseguono fini di lucro per cui il margine di profitto non viene distribuito tra i soci ma viene reinvestito nella stessa attività o donato ad enti con altri obiettivi solidaristici. L’impresa sociale consiste in enti del terzo settore che operano nelle aree di interesse generale attraverso l’esercizio di un’impresa. Viene assoggettata al diritto d’impresa. ►Capitolo 3 Le professioni intellettuali consistono nella produzione di servizi professionali. Non sono considerate attività d’impresa. ‣Art. 2238 C.C.>>la norma subordina l’applicazione delle disposizioni contenute nel titolo II alla condizione che l’esercizio della professione costituisca l’elemento di un’attività organizzata in forma d’impresa. La professione deve dunque rappresentare la componente di una più ampia attività organizzata in forma d’impresa, in cui il servizio professionale sia realizzato a favore di un’attività imprenditoriale. Nei casi in cui l’attività produttiva si esaurisce nella realizzazione di un servizio professionale non si applica il titolo II, per cui non si parla di impresa. L’art. 2238 costituisce dunque un privilegio a favore dei professionisti. Per individuare la categoria relativa si utilizza un criterio oggettivo secondo il quale nello svolgimento dell’attività deve essere utilizzato il contratto d’opera intellettuale. Questo è connotato dai requisiti di minimo di intellettualità nello sforzo professionale e di un minimo di personalità nella prestazione. ‣L’attività del professionista può presentare tutte le caratteristiche della fattispecie impresa, ma non rientra né nelle attività industriali, né in quelle intermediarie. Il professionista opera senza organizzazione (simile al lavoratore autonomo, anche perché il servizio offerto si basa sulle sue capacità, sul solo lavoro del professionista)>>la professione può essere un’attività organizzata (non deve). In caso di attività organizzata si può accertare se il lavoro del professionista è prevalente rispetto agli altri fattori, cioè qual è la dimensione dell’organizzazione impiegata nell’attività. Nel caso in cui la dimensione dell’organizzazione impiegata nell’attività professionale è al di sopra del livello di piccolezza dell’art. 2083, l’attività professionale è analoga all’impresa commerciale. ‣Le professioni intellettuali sono un’attività economica e lucrativa, in quanto il servizio è ceduto ad un prezzo superiore al costo sostenuto. La professione intellettuale è dunque un’attività produttiva che presenta tutti i tre requisiti dell’art. 2082 e può essere un fenomeno analogo all’impresa non piccola e a quella commerciale. ‣Esistono due tipi di professioni intellettuali: Professioni Protette>>regolate da una specifica disciplina, richiedono un titolo abilitativo per essere esercitate Professioni Non Protette>>non hanno specifica regolamentazione, non richiedono un titolo abilitativo Le professioni intellettuali sono immaginabili come una successione di comportamenti coordinati, cioè orientati al raggiungimento di un risultato economicamente apprezzabile (si presentano nella forma di attività produttiva). Se un soggetto svolge la professione di tanto in tanto producendo singoli servizi professionali, si realizza il fenomeno dell’attività produttiva occasionale, dunque non esercitata professionalmente. Si parla di attività esercitata professionalmente quando si esercita la professione intellettuale a tempo pieno, cioè non sporadicamente o occasionalmente ma producendo servizi in modo sistematico e continuativo. ►Capitolo 4 L’inizio e la fine dell’impresa si valutano secondo un criterio di effettività rispetto alla sussistenza del fenomeno. ‣Inizio dell’impresa>>momento dal quale comincia a trovare applicazione la disciplina dell’impresa. Questo momento è accertato secondo il criterio di effettività e viene dunque associato al momento in cui l’imprenditore inizia ad organizzare, cioè dall’approntamento di fattori produttivi alla successiva attività produttiva. Inoltre, l’impresa inizia quando si possono ravvisare tutti gli elementi dell’art. 2082 C.C. L’individuazione dell’inizio dell’impresa prescinde da qualunque tipo di adempimento formale, cioè l’assolvimento della pubblicità nei registri non influenza l’inizio (o la fine) dell’impresa. ‣Fine dell’impresa>>l’attività può dirsi cessata quando vengono a mancare gli elementi di cui all’art. 2082 C.C. a prescindere dall’iscrizione nel registro delle imprese. La fine dell’impresa deve essere identificata nel momento in cui nella realtà viene meno il fattore produttivo qualificabile come impresa. Si esclude che occorra attendere la fase di liquidazione (disgregazione del complesso produttivo in cui si monetizzano tutti i beni e si risolvono i rapporti pendenti) per decretare la fine dell’impresa. Infatti, la liquidazione è una fase non essenziale dell’impresa, serve solo ad eliminare il centro autonomo di imputazione. È escluso che l’inizio dell’impresa sia anticipato al momento della costituzione ed è escluso che la fine dell’impresa sia posticipata al momento dell’estinzione. ►Capitolo 5 Nell’ordinamento manca una norma specifica che stabilisca il criterio di applicazione dell’attività di impresa, ma esistono due principali orientamenti: Criterio Formale o della Spendita del Nome>>è imprenditore colui che svolge l’attività d’impresa a proprio nome Criterio Sostanziale o dell’Interesse Perseguito>>è imprenditore colui nel cui interesse l’impresa è svolta La teoria prevalente è quella formale, in quanto l’impresa che viene svolta in nome e per conto di uno stesso soggetto prevede che l’elemento formale della spendita del nome e quello sostanziale dell’interesse perseguito convergano sulla stessa sfera soggettiva. Nelle imprese non piccole l’esercizio dell’attività può essere affidato dall’imprenditore ad uno o più altri soggetti (collaboratori)>>l’esercizio dell’attività è affidato all’organizzazione. 1)Criterio della Spendita del Nome L’elemento decisivo ai fini dell’imputazione è la spendita del nome. A fronte della mancanza nell’ordinamento di un criterio di imputazione dell’attività, si pone rimedio attraverso il criterio previsto dall’ordinamento per l’imputazione degli atti giuridici, in quanto l’attività è un insieme di atti giuridici. Questo criterio è rappresentato dalla spendita del nome, per cui si imputano anche gli atti che costituiscono l’attività e dunque l’attività stessa. Ci sono delle perplessità che emergono in seguito a tale conclusione: L’attività viene definita come un insieme di atti giuridici, però nel diritto commerciale non rilevano i singoli atti ma l’attività come fenomeno unitario La sistemazione degli interessi in gioco avviene secondo il principio dell’affidamento>>scarsa tutela dei creditori Quest’ultimo punto è rilevante in quanto porta a forme di abuso, specialmente quando il soggetto che svolge l’impresa a proprio nome è un nullatenente che funge da prestanome nello svolgimento dell’impresa per conto di un terzo. In questo caso, se l’iniziativa non va a buon fine, il peso economico dell’insolvenza grava integralmente su coloro che hanno finanziato l’iniziativa a titolo di credito. Infatti, il patrimonio del prestanome non contiene sostanze patrimoniali sufficienti, per cui l’azione esecutiva dei creditori risulterà infruttuosa. Inoltre, il patrimonio del terzo in nome e per conto del quale viene svolta l’attività non può essere aggredito dai creditori del prestanome a meno che questi vantino nei confronti del terzo una garanzia diretta nei suoi confronti. Il rimedio si ha nell’impresa fiancheggiatrice>>il dominus dell’iniziativa acquisisce la qualifica di imprenditore (dunque è assoggettato alla disciplina d’impresa) se si accerta che abbia attuato un comportamento qualificabile come impresa (un’impresa che fiancheggia l’iniziativa svolta dal prestanome). Dunque, l’attività di coordinamento e direzione della società è qualificabile come attività di impresa (attività parallela). L’impresa fiancheggiatrice risponde dei debiti specificamente riferiti a quell’attività. L’azione di direzione e coordinamento produce un’utilità economica distinta da quella prodotta dalle attività fiancheggiate. Dunque, costituisce essa stessa un’impresa a sé stante (risulta qualificata dai requisiti di professionalità, economicità ed organizzazione)>>al dominus viene riconosciuta la qualifica di imprenditore Non è sempre agevole dimostrare che il comportamento del dominus sia qualificabile come impresa>>es. caso Caltagirone La liquidazione giudiziale del dominus consente solo ai pochi creditori che da lui avevano ottenuto una garanzia di beneficiare della tutela, che rimane irrilevante per tutti gli altri creditori. 2)Criterio dell’Interesse Perseguito ‣Teoria dell’Imprenditore Occulto>>si basa sull’assunto per cui nell’ordinamento vi sia una relazione biunivoca tra potere e rischio, per cui chi ha la direzione di un’iniziativa economica ed imprenditoriale non possa sottrarsi alle conseguenze sul piano patrimoniale. La teoria cerca di dimostrare che un dominus è responsabile per le obbligazioni ma acquista anche la qualifica di imprenditore, essendo quindi assoggettato alla disciplina dell’impresa e alle procedure concorsuali. ‣Art. 256 c.ins.>>si evince il principio generale per cui l’impresa si imputa in funzione dell’interesse perseguito a prescindere dal nome speso nel suo svolgimento. La norma si riferisce al caso di liquidazione giudiziale di una società di soci illimitatamente responsabili, stabilendo che l’apertura della procedura determini la liquidazione giudiziale in estensione>>Non fa distinzioni tra soci palesi e occulti La norma dispone il medesimo trattamento anche per l’impresa all’apparenza individuale esercitata per conto di una società occulta>>se la liquidazione giudiziale viene dichiarata verso un’impresa individuale ed emerge che l’imprenditore sia legato ad un altro soggetto da un rapporto di società (in cui entrambi sono soci illimitatamente responsabili), la procedura si estende anche nei confronti del socio occulto. È dunque possibile affermare che un’impresa esercitata per conto di una società occulta debba essere imputata alla società, restando irrilevante il fatto che l’attività è stata svolta senza spendere il nome di questa. ‣Art. 147, comma 4/5 legge fallimentare>>se dopo il fallimento della società, e di conseguenza dei soci, si scoprono soci occulti, falliscono anch’essi Il criterio sostanziale permette di abbattere il muro della personalità giuridica della società, usualmente separata da quella dei soci. ►Capitolo 6 Il diritto d’impresa presenta tre esigenze fondamentali: Trasparenza del Mercato Sicurezza dei Traffici Giuridici e Commerciali Tutela dei Creditori La disciplina dell’impresa comporta un obbligo di pubblicità finalizzato ad assicurare trasparenza informativa su fatti o atti previsti dal dato normativo. Si tratta di un obbligo pubblicitario minimo che contempera due esigenze: Esigenza dell’imprenditore di poter contare sulla certezza legale che certe informazioni possano considerarsi conosciute dai terzi Esigenza dei terzi e del mercato di poter fruire di certe informazioni riguardanti l’impresa L’obbligo pubblicitario è informato al principio di tassatività o tipicità, per cui le informazioni da sottoporre a pubblicità sono tutte quelle, ma soltanto quelle, per le quali la legge impone siffatto obbligo pubblicitario. Si adempie a tale obbligo attraverso il registro delle imprese, un registro pubblico (accessibile a tutti) affidato alla gestione delle camere di commercio di ogni provincia e in particolare alla persona del segretario generale (conservatore) sotto la vigilanza del giudice del registro. Il registro assolve alla funzione di trasparenza del mercato e di agevolazione e sicurezza dei traffici giuridici. Il registro delle imprese presenta due sezioni: 1. Sezione Ordinaria>>vi sono iscritti imprenditori non agricoli e non piccoli 2. Sezioni Speciali>>vi sono iscritti tutti gli altri 1)Sezione Ordinaria Accoglie le imprese commerciali non piccole, le forme giuridiche commerciali e altre forme giuridiche. Prevede un obbligo di iscrizione con l’aggiunta di due forme giuridiche (una di fonte europea e l’altra di fonte interna). L’iscrizione deve avvenire con la presentazione di una domanda (nelle società coincide con l’atto costitutivo) da cui risultano le informazioni oggetto dell’obbligo di pubblicità. Le informazioni sono quelle relative agli elementi dell’assetto organizzativo strutturale dell’impresa stabilite dall’art. 2196, comma 1. A queste informazioni basilari se ne aggiungono altre nel corso dell’iniziativa, che variano a seconda del contesto soggettivo di riferimento. L’iscrizione deve essere richiesta entro il termine di trenta giorni dall’inizio dell’impresa o dal verificarsi del fatto o atto oggetto di pubblicità. L’iscrizione è subordinata ad un controllo finalizzato ad accertare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l’iscrizione>>controllo del rispetto del principio di tipicità (cioè che sia un’iscrizione prescritta dalla legge) e della regolarità formale della domanda. Se l’iscrizione avviene senza che ricorrano le condizioni, si pone rimedio attraverso la cancellazione d’ufficio (rimedio ad eventuali errori commessi in sede di iscrizione). Presunzione Assoluta>>atto iscritto Presunzione Relativa>>atto non iscritto ‣L’iscrizione ha un’efficacia dichiarativa, cioè determina una presunzione di conoscenza del fatto o dell’atto per il quale c’è l’obbligo di pubblicità, con cui la relativa informazione si considera conosciuta senza bisogno di accertare che lo sia in concreto>>presunzione assoluta>>non ammette prova contraria (il soggetto non è tenuto a provare che la controparte sapesse della vicenda e la controparte non può dire di non conoscerla) ‣Se la vicenda non viene iscritta nel registro si ha la presunzione di non conoscenza da parte dei terzi, cioè una presunzione relativa. È una presunzione di ignoranza dei fatti o degli atti che avrebbero dovuto essere iscritti. La presunzione relativa può essere superata dall’imprenditore se dimostra che, nonostante l’omissione della pubblicità, il fatto o l’atto era comunque conosciuto dal terzo. ‣Il diritto europeo ha imposto di rendere la presunzione relativa per i primi quindici giorni di iscrizione con riferimento ai soli atti o fatti delle società di capitali, mentre dal sedicesimo giorno la presunzione diventa assoluta. L’effetto dell’iscrizione non è quello di rendere l’atto efficace tra le parti. L’efficacia dichiarativa ha funzione di rendere l’atto opponibile ai terzi, dunque l’iscrizione opera sul piano dell’opponibilità (=efficacia verso i terzi)>>diverso dalla validità (=efficacia tra le parti) Nella sezione ordinaria si possono trovare anche altri tipi di efficacia: Efficacia Costitutiva>>si ha nell’iscrizione delle società di capitali. Le iscrizioni hanno l’effetto di far venire ad esistenza la società come centro autonomo di imputazione, cioè l’atto produce effetti solo con l’iscrizione. L’iscrizione è un presupposto affinché l’atto iscritto sia valido ed efficace tra le parti. Efficacia Normativa>>l’obbligo pubblicitario costituisce condizione per rendere applicabile una certa disciplina o un certo regime giuridico. L’iscrizione consente di applicare una particolare disciplina diversa a quell’atto. 2)Sezioni Speciali Hanno l’obiettivo di razionalizzare le diverse forme di pubblicità e preservare la funzione originaria del registro delle imprese quale strumento di pubblicità legale. Queste sezioni nascono con il compito di farvi confluire le imprese e le forme giuridiche che trovano collocazione in queste differenti forme di pubblicità, che non potevano transitare nella sezione ordinaria in quanto imprese diverse da quelle commerciali non piccole, o forme giuridiche per cui non è previsto obbligo di pubblicità. In questa sezione vengono iscritti: Imprese Agricole Piccole Imprese Società Semplici Imprese Artigiane L’effetto è quello di pubblicità notizia, cioè la mera conoscibilità di fatto delle informazioni rese disponibili, senza le presunzioni di conoscenza e di ignoranza collegate alla sezione ordinaria. L’iscrizione è obbligatoria ma non ha effetto sul piano giuridico in quanto l’unica funzione è quella di informare i terzi (senza che da ciò derivino conseguenze giuridiche). ‣Eccezione>>imprese agricole: Nonostante le imprese agricole facciano parte delle sezioni speciali, la legge ha esteso l’efficacia dichiarativa alle iscrizioni relative a queste imprese ►Capitolo 7 Il diritto non fornisce specifici strumenti giuridici per l’organizzazione dell’impresa. Per il procacciamento di fattori produttivi, l’imprenditore si avvale delle comuni fattispecie contrattuali (compravendita, contratti di lavoro, …). Dunque, vige il principio di libertà organizzativa dell’imprenditore, che discende dall’art. 41 Cost. (principio di libera iniziativa economica). Il diritto commerciale si occupa della dimensione funzionale, cioè della struttura decisionale dell’impresa>>si occupa dell’organizzazione e coordinamento dei poteri decisionali Dunque, opera una moltitudine di collaboratori, investiti di diversi poteri, che vengono in contatto con i terzi in nome e per conto dell’imprenditore. Poiché il fenomeno prevede un’organizzazione autonoma indipendente dall’imprenditore, la disciplina non riguarda la piccola impresa e neanche l’impresa agricola. Il Codice civile disciplina delle figure funzionali che operano all’interno dell’apparato organizzativo: Institori Procuratori Commessi Queste sono le principali forme di collaboratori e se l’imprenditore se ne avvale si ha potere di rappresentanza per ciascun collaboratore commisurato al potere dell’imprenditore (lo rappresenta nell’esercizio del potere). Altri collaboratori possono essere affidatari di poteri decisori, ma operando dall’esterno, cioè come collaboratori autonomi che rimangono strutturalmente estranei all’impresa, alla quale sono legati da rapporti contrattuali di diritto privato. ‣Institore Sono i collaboratori che occupano il livello più elevato. Sono preposti all’esercizio dell’impresa, ad una sede secondaria o ad un ramo particolare, cioè al vertice dell’iniziativa o di una sua parte. Sono soggetti con qualifiche dirigenziali (direttori generali). Sono subordinati al solo imprenditore. Può esservi un unico institore preposto all’intera iniziativa oppure una molteplicità di institori. Nel caso in cui vi siano più institori, essi agiscono disgiuntamente, cioè ognuno agisce indipendentemente dall’altro. ‣L’institore può compiere tutti gli atti pertinenti all’impresa, cioè i suoi poteri sono dettati dal criterio della pertinenza d’impresa>>può decidere e fare tutto ciò che sia congruo rispetto all’iniziativa gestita. Dunque, l’institore non può spingersi al di là della gestione di impresa, cioè non può alienare l’azienda, cambiare l’oggetto dell’impresa gestita e non può alienare o ipotecare gli eventuali beni immobili di cui si compone l’azienda (a meno che non abbia la procura, gli atti conclusi che non rientrano nei suoi poteri non hanno alcun effetto). ‣Ai poteri dell’institore possono essere applicate ulteriori limitazioni da parte dell’imprenditore attraverso apposita procura. Tali limitazioni devono essere rese opponibili verso i terzi attraverso la pubblicità della procura nel registro delle imprese (che fa scattare una presunzione assoluta di conoscenza). L’eventuale omissione di pubblicità della procura non consente di rendere opponibili ai terzi i limiti in essa contenuti, salvo che non si provi che i terzi ne erano comunque a conoscenza. Preposizione Institoria>>non c’è bisogno di atto scritto per l’institore, è necessaria per stabilire limiti al potere dell’institore ‣L’institore aggiunge ai poteri sostanziali i poteri processuali, cioè può stare in giudizio per l’imprenditore come attore o convenuto. È tenuto all’osservanza delle disposizioni sulle scritture contabili e la pubblicità commerciale (cioè all’osservanza degli obblighi di impresa). È tenuto a spendere il nome dell’imprenditore e, in caso di omissione, diventa titolare di tutti gli atti compiuti a proprio nome. Se si tratta di atti pertinenti all’impresa, si affianca anche la responsabilità dell’impresa. ‣Procuratore Occupano un livello intermedio, sono collaboratori preposti al compimento di atti riconducibili ad uno specifico ambito funzionale. Sono soggetti con qualifiche dirigenziali rispetto ad uno degli ambiti funzionali. Il procuratore è il collaboratore che compie gli atti pertinenti all’esercizio dell’impresa, pur senza esservi preposto. È dotato solo di poteri di rappresentanza commisurati al settore in cui opera (dunque non possiede poteri processuali), ma ha poteri decisionali circoscritti al proprio ambito operativo. Entrambi i poteri possono essere limitati dall’imprenditore con apposita procura. ‣Commesso Sono i collaboratori che occupano il livello più basso, sono preposti al compimento delle operazioni che consentono all’impresa di interfacciarsi con i terzi e con il mercato (cessione di beni e servizi ai clienti). Sono soggetti con qualifiche esecutive e gli unici a non avere margine decisionale. Sono dotati di potere di rappresentanza commisurato al loro incarico (riscuotono la vendita e pagano i fornitori in nome e per conto dell’imprenditore). ‣Ciascuna di queste figure è investita dei poteri necessari al compimento delle mansioni: Sono investiti dei poteri decisori>>assumere decisioni rientranti nel proprio ambito operativo Sono investiti dei poteri dichiarativi>>dare esecuzione alle decisioni prese attraverso la stipulazione di atti negoziali e contratti con i terzi ‣Vengono attribuiti ad ogni collaboratore poteri di gestione esterna (di rappresentanza) congrui rispetto ai poteri di gestione interna (decisori). Questo è finalizzato all’agevolazione dello svolgimento dei traffici commerciali con la massima sicurezza, in quanto i terzi non devono accertare l’esistenza di poteri di spendita del nome che sono connaturati alla figura del collaboratore. ‣La procura che contiene gli eventuali limiti ai poteri dei collaboratori è soggetta ad un regime di pubblicità: Pubblicità di impresa>>iscrizione nel registro delle imprese se riferita a institori e procuratori Pubblicità di fatto>>resa conoscibile con mezzi idonei nel caso sia riferita ai commessi In assenza di pubblicità, la procura e i limiti che contiene non possono essere opposti ai terzi, a meno che non si provi che questi ne erano a conoscenza. L’inopponibilità fa sì che la violazione dei limiti non abbia conseguenze all’esterno (non pregiudica l’efficacia degli atti posti in essere), ma ha conseguenze solo all’interno dell’impresa (azione di responsabilità del collaboratore per i danni recati all’imprenditore). ►Capitolo 8 Art. 2086, comma 2>>principio di adeguatezza della struttura organizzativa L’imprenditore ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. La norma attribuisce l’istituzione degli assetti organizzativi alla competenza esclusiva degli amministratori per renderli responsabili del suo corretto adempimento (senza scaricare le colpe su altri). Non vengono imposti certi modelli organizzativi, ma vengono stabiliti dei criteri generali. L’adeguatezza è richiesta per l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, per cui si deve assicurare: Fattori produttivi>>devono essere congrui rispetto al programma imprenditoriale Articolazione del processo decisionale>>coerente con la complessità dell’iniziativa Centri decisionali>>sorretti da un sistema informativo capace di mettere nelle condizioni di assumere decisioni ponderate Sistema informativo>>deve essere in grado di intercettare i segnali di una crisi Dunque, la struttura organizzativa adeguata deve consentire all’imprenditore di ravvisare i primi segnali di crisi dell’impresa. Questo è possibile grazie all’inserimento di presidi organizzativi, cioè sistemi di controllo interno. In piccole e medie imprese, non essendo presenti pianificazione e controllo, non si reagisce tempestivamente alle crisi. ‣A carico dell’imprenditore commerciale non piccolo c’è l’obbligo di documentazione di impresa. È l’obbligo di dare rappresentazione scritta dei diversi accadimenti relativi allo svolgimento dell’attività d’impresa, che viene assolto con l’obbligo di tenuta delle scritture contabili. L’obiettivo è quello di creare le condizioni per una conduzione razionale ed efficiente dell’impresa, accrescendo il livello di tutela dei terzi coinvolti. Attraverso le scritture contabili, l’imprenditore ha un riscontro ex post di come si è svolta l’iniziativa e se i risultati siano in linea con quanto programmato ex ante, così da poter decidere se proseguire la gestione o riprogrammarla. ‣L’imprenditore deve adottare scritture contabili adeguate al tipo di attività. C’è dunque un criterio di carattere generale che impone che la tenuta delle scritture debba essere richiesta dalla natura e dalla dimensione dell’impresa. Ci sono due scritture contabili obbligatorie minime: 1) Libro Giornale>>scrittura contabile in cui si indicano giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio dell’impresa secondo l’ordine con cui si susseguono. Va dunque tenuta secondo un criterio cronologico. Nel libro giornale rilevano i fatti di gestione nel loro profilo patrimoniale e reddituale, cioè accertandone l’impatto sulla consistenza del patrimonio o sulla formazione del risultato di esercizio. 2) Libro degli Inventari>>scrittura contabile in cui vanno periodicamente indicate le attività e le passività relative all’impresa ed estranee alla medesima. Devono cioè esservi riportati tutti gli elementi patrimoniali attivi e passivi dell’impresa ed estranei all’impresa. Va tenuta secondo un criterio sistematico. È redatto all’inizio dell’attività e con cadenza annuale al termine di ogni esercizio. Dà contezza di tutto il patrimonio dell’imprenditore (beni personali e strumentali)>>gli elementi devono essere indicati e valutati, cioè riportati in forma descrittiva e poi valutati. L’inventario annuale si chiude con il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite (stato patrimoniale+conto economico>>bilancio di esercizio) →Bilancio di Esercizio Manca una disciplina giuridica generale sul bilancio di esercizio. Comprende lo stato patrimoniale (documento che rappresenta sinteticamente i diversi elementi patrimoniali attivi e passivi suscettibili di valutazione economica) ed il conto economico (documento che rappresenta sinteticamente le diverse componenti di reddito positive e negative dalla cui somma si ottiene il reddito di esercizio). Il bilancio di esercizio è corredato di quattro elementi: Stato Patrimoniale Conto Economico Rendiconto Finanziario>>evidenzia la composizione delle disponibilità liquide dell’impresa e la variazione avvenuta nell’esercizio per effetto della gestione Nota Integrativa>>documento descrittivo che chiarisce i documenti quantitativi, spiegando i valori ed il processo di valutazione di stato patrimoniale e conto economico ►Capitolo 9 L’impresa è diversa dall’azienda e dalla ditta. →Impresa>>attività produttiva dotata dei requisiti di organizzazione, economicità e professionalità>>art. 2082 →Azienda>>complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa>>art. 2555 →Ditta>>segno distintivo che indica il nome con il quale l’imprenditore esercita l’impresa L’azienda appartiene agli oggetti di diritto e la disciplina che la riguarda (artt. 2556 ss.) regola certi aspetti della sua circolazione. La cessione (o concessione in godimento) dell’azienda realizza il subentro di un nuovo soggetto nella sua gestione, per cui il legislatore si concentra sull’avvicendamento di un soggetto ad un altro nell’esercizio dell’attività in corso>>si integra la disciplina comune dell’atto traslativo (compravendita, affitto, …) con una normativa di settore che assicuri il trasferimento ‣La Nozione di Azienda L’azienda è un complesso di beni strumentali all’esercizio dell’attività. Tra i beni aziendali è dunque presente un vincolo di interdipendenza e complementarietà per il conseguimento di un determinato fattore produttivo. Tale vincolo è dato dall’organizzazione, cioè il coordinamento dei diversi elementi da parte dell’imprenditore. Imprime una destinazione specifica ad ogni bene, permettendo di tratte un’utilità dal complesso altrimenti irrealizzabile. Alla base della sua attuazione vi è un progetto imprenditoriale, sviluppato nella fase di formazione, che richiede una costante attività di mantenimento dell’efficienza produttiva. L’attitudine alla produzione di nuova ricchezza e alla maturazione di un reddito è l’avviamento dell’azienda, che può essere iscritto a bilancio dell’impresa e che costituisce il maggior valore del complesso rispetto alla somma di quelli dei singoli beni. L’avviamento rappresenta una qualità dell’azienda, non può essere ceduto separatamente dal complesso ma partecipa alla determinazione del prezzo di quest’ultimo. Avviamento Oggettivo>>dipende da fattori intrinseci al complesso Avviamento Soggettivo>>componente dipendente dalle abilità e dalla reputazione personale dell’imprenditore L’azienda è composta da un insieme vario di beni eterogenei: →Beni Materiali: 3) Beni Immobili>>fabbricati 4) Beni Mobili>>macchinari 5) Materie Prime →Beni Immateriali: 6) Opere e servizi prestati dai collaboratori L’unica caratteristica che accomuna tutti questi beni è l’essere strumentali, cioè utili all’attività di impresa. Giuridicamente ogni bene conserva la propria autonomia, rimanendo oggetto di una posizione giuridica indipendente. Non è necessario che l’imprenditore sia proprietario di ciascun bene, è sufficiente che abbia un titolo giuridico per poterne godere. Spesso, infatti, l’imprenditore non è proprietario di tutti questi beni ma gode del loro utilizzo grazie a contratti. L’azienda è inoltre un complesso di beni mutevole, la cui composizione è destinata a variare quotidianamente per effetto dell’ingresso e della cessione di elementi. La legge dà rilevanza a questo insieme di beni (qualificato come insieme unitario), cioè lo riconosce come oggetto di diritti, concedendo dunque all’imprenditore la possibilità di cederlo>>cessione o trasferimento dell’azienda Il trasferimento d’azienda si ha anche quando circola un apparato produttivo incompleto che traduca in atto un preciso progetto organizzativo. L’azienda non viene meno nel caso in cui l’attività viene interrotta, almeno finché l’insieme non viene disgregato o non perde radicamento rispetto all’ambito di attività originario. All’interno dell’azienda si possono individuare dei sottoinsiemi che hanno una funzionalità autonoma sul piano produttivo, cioè i rami d’azienda. Un ramo d’azienda è un’articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata. Non è necessario che sussista una completa separazione organizzativa rispetto alle restanti parti del complesso, nella misura in cui gli elementi che vengono a mancare con la sua effettiva separazione (in occasione del trasferimento) siano qualificabili come non essenziali e siano quindi integrabili dall’acquirente. La circolazione autonoma del ramo è soggetta alle regole della cessione dell’azienda. L’art. 2556 si riferisce all’esistenza di una proprietà sull’azienda, indicando con “proprietà” la titolarità delle diverse posizioni giuridiche aventi ad oggetto i singoli beni aziendali. ‣Il Trasferimento dell’Azienda Si ha trasferimento dell’azienda quando viene trasferito l’insieme dei diritti dell’imprenditore su quei beni. La fattispecie del trasferimento della proprietà si riferisce alla cessione del fascio di posizioni giuridiche eterogenee, che fanno capo all’alienante, su ogni bene aziendale. Il trasferimento dell’azienda non costituisce un tipo negoziale autonomo (non esistono contratti di trasferimento), ma è una fattispecie trasversale ai diversi tipi di contratti consueti caratterizzata per il suo particolare oggetto. Si applica integralmente la rispettiva disciplina negoziale. Si tratta di un sottotipo contrattuale per il quale il trasferimento è finalizzato ad immettere l’acquirente nel contesto imprenditoriale concreto. Lo scopo di questo tipo di contratto comprende, oltre alla cessione di uno o più beni, l’introduzione dell’acquirente nel contesto relazionale e di mercato dell’attività servita dall’azienda. Questo porta ad integrare la disciplina generale del contratto con le regole speciali. Infatti, il diritto privato prevede dei contratti tipici di trasferimento della proprietà o dei diritti di godimento (donazione, compravendita, affitto, …), ma quelle norme non considerano che, oltre alla cessione del bene, in questa situazione si realizza l’ulteriore effetto di sostituzione del soggetto titolare dell’attività>>esigenza di integrazione della disciplina È sufficiente che le parti convengano di trasferire l’azienda identificandola in base ad elementi estrinseci, perché l’effetto negoziale traslativo coinvolga tutti i singoli elementi>>è necessario il riferimento all’azienda per identificare tutti i beni che ne fanno parte Inoltre, ogni bene aziendale, conservando la propria autonomia giuridica, può costituire l’oggetto di atti dispositivi indipendenti. Le parti possono escludere uno o più beni dal trasferimento, specificando quali rimangono in capo all’alienante, ma non devono essere esclusi beni essenziali per il ciclo produttivo (in quel caso non si avrebbe trasferimento di azienda). L’esclusione di un bene essenziale non comporta l’invalidità del trasferimento, ma la sua non qualificabilità come trasferimento di azienda>>è solo una valida ed efficace cessione di una pluralità di beni ‣La Forma e la Pubblicità del Contratto La prima delle norme speciali è dedicata alla forma e alla pubblicità del trasferimento. Il contratto traslativo dell’azienda è a forma libera, a meno che una determinata forma non sia richiesta dalla natura del contratto stesso. L’azienda non ha una propria legge di circolazione ed è assoggettata allo statuto dei diversi tipi contrattuali. Devono essere rispettate le prescrizioni pubblicitarie relative al trasferimento di ciascun bene. L’art. 2556 impone la forma ad probationem quando il contratto abbia ad oggetto aziende relative ad imprese soggette a registrazione. La norma condiziona alla redazione per iscritto la possibilità per le parti contraenti di provare esistenza e contenuto dell’atto senza pregiudicarne la validità. La forma scritta non è un requisito di validità ed efficacia ma vale solo per la prova>>se voglio provare l’esistenza del contratto lo faccio per iscritto Il contratto deve essere redatto in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve poi essere depositato per l’iscrizione nel registro delle imprese con la finalità dell’informazione di mercato. Il presupposto per l’applicazione della norma è che il contratto sia redatto in una delle forme indicate (tale requisito serve solo a permettere l’adempimento dell’obbligo di deposito>>un contratto verbale o privo di autentica è comunque efficace) Sono soggetti all’obbligo di iscrizione i trasferimenti di qualsiasi azienda purché almeno una delle due parti sia un imprenditore soggetto allo stesso obbligo. L’iscrizione viene effettuata presso il registro e la sezione ai quali è iscritto l’alienante ma, se l’acquirente è soggetto a registrazione, l’iscrizione si effettua nel registro presso il quale è iscritto quest’ultimo. Per gli imprenditori commerciali (che hanno l’obbligo di iscrizione) l’iscrizione ha efficacia dichiarativa oltre alla finalità pubblicitaria, mentre se l’alienante è un imprenditore iscritto nelle sezioni speciali e l’acquirente è imprenditore commerciale, entrambi hanno l’obbligo di iscrizione. La legge regola la cessione di azienda attraverso delle norme specifiche riguardanti tre aspetti principali: 1) Divieto di Concorrenza 2) Trasferimento dei Rapporti Pendenti 3) Trasferimento di Debiti e Crediti 1)Divieto di Concorrenza L’art. 2557 vieta all’alienante dell’azienda di iniziare, dopo il trasferimento, qualsiasi attività imprenditoriale che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta. Infatti, l’alienante ha esperienza diretta e specifica delle abitudini e inclinazioni dei propri clienti, per cui può facilmente raggiungerli e dirottarli vero la propria nuova attività, pregiudicando il compimento della sostituzione nella conduzione dell’impresa. Il divieto è limitato all’avvio di una nuova attività e ha una durata quinquennale. Sono vietate le attività intraprese per conto proprio e per conto di terzi, è precluso l’avvio di un’impresa individuale e anche di un’impresa societaria. In quest’ultimo caso si distingue a seconda che la partecipazione rappresenti un mero investimento finanziario (socio minoritario, è lecito e consentito intraprendere l’attività) o una partecipazione di controllo con cui il soggetto esercita l’attività economica (socio di maggioranza, divieto). Non vengono specificati l’oggetto ed i caratteri dell’attività preclusa, poiché l’estensione del divieto deve essere determinata in concreto in ragione dell’idoneità alla distrazione della clientela (criterio flessibile del legislatore, si valuta caso per caso). Le parti possono regolare questo aspetto nel contratto traslativo dell’azienda, cioè possono definire la dimensione del divieto eliminandolo o riducendone la portata. Il divieto si applica a tutte le ipotesi di cessione dell’azienda commerciale, mentre nel caso di impresa agricola riguarda solo le attività connesse. 2)Trasferimento dei Rapporti Pendenti Attorno all’azienda si sviluppano numerosi rapporti giuridici che fanno capo all’imprenditore. Art. 2558 C.C.>>dispone l’automatico subingresso dell’acquirente nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda, che non abbiano carattere personale. Sono contratti con cui il titolare può godere dei beni aziendali di cui non è proprietario, contratti di approvvigionamento dei fattori produttivi e contratti nascenti dall’attività imprenditoriale. In questi rapporti subentra l’acquirente dell’azienda in quanto è nel suo interesse l’acquisizione di un complesso pienamente operativo e il mantenimento della clientela, oltre all’interesse dei terzi ad avere il soggetto che continua l’esercizio dell’attività di impresa. La successione in tali rapporti contrattuali è un effetto naturale ed automatico del trasferimento dell’azienda e si determina ex lege, cioè al momento in cui il trasferimento diventa efficace. È una previsione normativa che deroga alla disciplina generale in tema di cessione del contratto: 1) Il subentro dell’acquirente prescinde dalla sua volontà e da quella del cedente>>succede alla posizione dell’alienante anche se ignora che ci sia un contratto in corso alla sola condizione che sia un contratto inerente all’azienda (non di carattere personale) 2) Non è richiesto il consenso del terzo contraente>>a prescindere dalla sua volontà il rapporto prosegue con il solo acquirente che acquista la titolarità dei crediti e dei debiti con immediata liberazione dell’alienante Il passaggio automatico riguarda solo i contratti pendenti, cioè contratti a prestazioni corrispettive non ancora eseguite dalle parti. La regola della successione automatica, inoltre, non opera in caso di contratti a carattere personale, cioè contratti che continuano a far capo all’alienante. Questo perché sono contratti nella cui stipulazione il terzo contraente ha attribuito specifica rilevanza a qualità personali della controparte, per cui la prestazione promessa dall’alienante è oggettivamente o soggettivamente infungibile. Si ha trasferimento automatico di questo tipo di contratti solo se specificato tra le parti. 3)Trasferimento di Debiti e Crediti

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