Capitolo 4 La Formazione Dei Comuni PDF
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Questo capitolo tratta la formazione dei comuni in Italia e Europa. Descrive le diverse forme politiche, le istituzioni e i rapporti con il contado. Si parla di comuni consolari, podestarile e dei conflitti politici.
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CAPITOLO 4: LA FORMAZIONE DEI COMUNI LA NASCITA DEI COMUNI lo sviluppo della città aveva portato importanti trasformazioni economiche. le strutture politiche registrarono, cambiamenti istituzionali e rilevanti. I ceti emergenti, artigiani e mercanti, insieme agli intellettuali laici contribuivano al...
CAPITOLO 4: LA FORMAZIONE DEI COMUNI LA NASCITA DEI COMUNI lo sviluppo della città aveva portato importanti trasformazioni economiche. le strutture politiche registrarono, cambiamenti istituzionali e rilevanti. I ceti emergenti, artigiani e mercanti, insieme agli intellettuali laici contribuivano all’economia delle città e volevano ricevere la propria importanza sociale. Si crea un’istituzione chiamata comune. L’obiettivo dei comuni consisteva nel proteggere gli interessi collettivi attraverso dei patti detti coniurationes o comuni (giuramento comune). Sono associazioni famiglie nobili che intendevano ottenere l’autonomia rispetto all’imperatore. I comuni ottennero il godimento giuridico di specifici diritti e libertà e li mise in condizione di governare direttamente la città. In Europa si creano diverse modalità di comuni. In Francia i sovrani concedono sostegni e privilegi e garantiscono la libertà dei comuni per indebolire i grandi signori. Nelle aree normanne, come l’Inghilterra, i comuni non hanno autonomia politica. In Germania le città dipendono dall’imperatore. Inoltre, si possono individuare elementi che costituiscono il comune: – La conquista di autonomia politica – La capacità di esercitare i poteri di tipo fiscale legislativo, imporre tasse e leggi – L’estensione dell’immunità che diventa pubblica – La capacità di dar vita a istituzioni (magistrature e statuti). LE ISTITUZIONI COMUNALI IN ITALIA Il processo della creazione dei comuni non avvenne in eguale modo in tutta Italia. Alcune città del centro Nord fecero nascere originali forme politiche. Il vescovo, governava affiancato dall’assemblea dei cittadini, che aveva funzione consultiva. Nella gestione amministrativa delle città era sempre forte l’influenza dei nobili che orientavano le scelte del vescovo. Nelle città si erano insediati i nuovi soggetti come mercanti, che entrano a far parte del gruppo dei maggiorenti, cioè coloro che avevano ricchezze e competenze tali da poter partecipare all’amministrazione. Importanti furono i notai ed esperti del diritto che mettevano a disposizione la propria cultura. Si crearono condizioni per esercitare nuove forme di partecipazione alla vita politica. Ci fu il raggiungimento della libertà e il godimento di alcuni diritti che furono alla base del laboratorio politico. La tendenza dei comuni trova giustificazione nel principio della libertas civitatis cioè la volontà di affermare le antiche tradizioni delle città. IL COMUNE CONSOLARE Quando le più importanti famiglie di una città riuscivano a rimuovere dal potere un conte si impossessavano dal governo. Per evitare i contrasti fra le famiglie si costruirono delle associazioni.nella sua fase iniziale il Comune affidò la responsabilità della gestione ad alcuni magistrati che i cittadini eleggevano, detti consoli. Dovevano garantire l’unione e la pacifici cittadina. I consoli erano affiancati da un consiglio, l’arengo, un’assemblea che raccoglie tutti i componenti dell’associazione e che veniva coinvolta nelle più importanti decisioni politiche.stabilivano per esempio le imposte da far pagare sulle merci, esercitavano poteri di polizia, controllavano le monete. Erano queste le cosiddette regalie, cose del re, le prerogative del potere che spettavano al re. Il Comune consolare ebbe un carattere aristocratico. Il potere era nelle mani della militia, un ceto di cavaliere importanti. Il rafforzamento del comune consolare fu grazie alla redazione di statuti cittadini. La sua instabilità fu dovuta alle contrapposizioni fra le famiglie. I RAPPORTI CON IL CONTADO La presenza di una nobiltà terriera nelle città determinò uno stretto legame con le aree rurali. Mercanti e professionisti con il possesso della terra, volevano consolidare la propria ricchezza. Il rapporto fra campagne e città divenne solido grazie alla subordinazione del contado alla città. L’espansione avvenne attraverso conquiste militari oppure sulla base di accordi con le comunità rurali, che furono sottomesse. Esse ottennero tuttavia dei benefici grazie all’introduzione di statuti di libertà per i contadini. IL COMUNE PODESTARILE La vita politica dei comuni italiane fu caratterizzata da continui scontri tra le varie fazioni della militia. Per questo si decisero nuove forme di gestione politica. Si stabilì di affidare il comando a una nuova singola figura, il podestà (magistrato che deteneva il potere) e il suo compito consisteva nel tenere a bada le fazioni che mettevano in crisi la stabilità. Era scelto inizialmente all’interno della città, successivamente si pensò che dovesse essere forestiero per la sua imparzialità. Il podestà era affiancato da giudici e funzionari. La sua carica aveva durata massima di un anno per evitare di assumere poteri tirannici.ciò determinò una notevole mobilità di magistrati da una città all’altra. Il periodo del comune podestarile corrisponde al momento di massimo splendore delle città, ma non si ottenne l’obiettivo di porre fine alle lotte fra le più potenti famiglie che non esitavano a imporsi con aggressioni. IL COMUNE DEL POPOLO Si formò un potere parallelo a quello del podestà, che aveva come protagonisti i ceti imprenditoriali, mercantili e artigianali, che si opposero ai nobili detentori del potere, i cosiddetti magnati. Questi nuovi ceti borghesi si organizzarono in associazioni detti popolo e riuscirono a limitare il dominio del magnate. Il popolo si distingue in due fasce: piccoli commercianti e artigiani riuniti nelle arti minori, popolo minuto, e ricchi commercianti e artigiani associati alle arti maggiori, popolo grasso. GUERRA E LOTTA POLITICA I contrasti politici all’interno di comuni e fra comuni vicini per il dominio di un territorio, avevano provocato il frequente ricorso alla violenza. Questi conflitti vedevano i due poteri universali affrontarsi sul piano politico.dopo la morte dell’imperatore Enrico V, era scoppiata una lotta per la successione fra due fazioni contrapposte: i Welfen, della Baviera, e i Waiblingen della Svevia. In Italia, contrapposizioni invece ci furono fra i guelfi e ghibellini. IL CASO DI FIRENZE Nel 200 la città di Firenze era diventata il più importante centro manifatturiero per la produzione di lana e tessuti. I ceti borghesi avevano assunti importanza con la conquista del potere da parte del popolo grasso. La lotta cittadina era centrata sulla divisione fra guelfi e ghibellini. I guelfi ottennero il comando della città. La costituzione del priorato delle arti, composta da sei magistrati, segnò il trionfo delle arti maggiori, che esprimevano gli interessi delle attività del commercio. Una particolare forme istituzionale fu promulgata dagli ordinamenti di giustizia, con i quali si impediva l’accesso alle cariche pubbliche a tutti coloro che non erano iscritti alle arti. I magnati non praticavano alcun mestiere quindi erano esclusi. Promulgatore di queste norme era stato Giano della Bella. Poco dopo ritornarono i magnati e con la cacciata di giano della bella i ceti popolari persero il controllo delle magistrature. Il conflitto politico continuò a manifestarsi tanto da spaccare la parte guelfa in: bianchi, coloro favorevoli a far partecipare ai ceti borghesi al governo della città, i neri che volevano affidare alla gestione agli aristocratici. In altri comuni come Venezia, la gestione oligarchica del potere sotto il controllo dei dogi assicurò stabilità politica. L’oligarchia è il potere di pochi. Il doge è il magistrato più alto della Repubblica. LOTTE FRA COMUNE E IMPERO Una delle ragioni che aveva consentito alle città di svilupparsi era il fatto che il potere imperiale non esercitava il controllo sul regno. Ciò aveva determinato la possibilità per le città di sottrarsi agli obblighi di natura feudale. Le città assunsero quindi poteri che erano prerogativa dell’imperatore, come promulgare leggi e farle rispettare, imporre e riscuotere tasse. FEDERICO BARBAROSSA La situazione italiana cambiò quando fu eletto imperatore Federico I soprannominato Barbarossa. Il legame familiare, madre bavarese e padre Svevo, gli aveva permesso di ristabilire l’autorità imperiale tra le fazioni della Germania. Il suo intento era ristabilire il controllo imperiale in Italia. Papa Adriano IV Aveva sollecitato l’aiuto dell’imperatore perché si trovava in difficoltà a Roma, dove si era insediato il governo comunale del monaco Arnaldo da Brescia. Federico scese in Italia nel 1154 con l’intento di riappropriarsi dei poteri che i comuni gli avevano sottratto. Convocò un’assemblea, la dieta di Roncaglia, in cui riunisce feudatari e rappresentanti dei comuni stabilendo l’annullamento di tutte le regalie che i comuni avevano usurpato. Ridimensionò le ambizioni di Milano di volersi espandere, ristabilì il potere pontificio a Roma e Arnaldo da Brescia venne prima impiccato e poi bruciato. Alcuni anni dopo fece ritorni in Italia per una seconda spedizione. Convocò la seconda dieta a Roncaglia, chiedendo l’assistenza di alcuni giuristi affinché trovassero un fondamento giuridico alle sue rivendicazioni contro i comuni. La cancelleria delle imperatore utilizzò la denominazione di sacro Romano impero per legittimare l’unione Della parte germanica e quella italiana. Nel documento Constitutio de regalibus stabilirono il principio secondo cui “ il volere del principe ha forza di legge” è l’imperatore e la fonte della legge. Le regalie erano attributo specifico dell’imperatore, da lui derivava la concessione alle autorità locali dei poteri. SCONTRO FRA LEGA LOMBARDA E IL PAPA Il privato universale dell’imperatore era stato ribadito a livello giuridico. Si rinnovò lo scontro fra papato e impero in occasione delle elezione del nuovo pontefice. Venne eletto Papa Alessandro III che scomunicò l’imperatore e cercò l’alleanza con i comuni che andavano contro le decisioni imperiali. Federico rispose colpendo in modo esemplare Crema e Milano distruggendole. Gli altri comuni decisero di riunirsi, nel 1167 si costituì ponti da la lega lombarda.sostenuti dal Papa Alessandro III, il 29 maggio 1176 i comuni della lega si scontrarono a Legnano con le truppe imperiali. la vittoria sancì la fine delle ambizioni di Federico di ricostruire il suo potere. Dopo pochi anni fu stipulata la pace a Costanzo nel 1183. Essa stabiliva il riconoscimento dell’autorità imperiale da parte dei comuni, con il giuramento di e essi di fedeltà all’imperatore, che in cambio dava alle città il potere di esercitare le regalie che già praticavano. FEDERICO I E L’ITALIA MERIDIONALE L’Italia meridionale si trovava fin dal XI secolo sotto il dominio dei normanni, che con le loro abilità militare avevano conquistato il territorio nei pressi di Napoli fondando una contea che rappresentò il loro primo insediamento. A capo ci fu la famiglia degli Altavilla. Roberto il Guiscardo fu nominato da Papa Niccolò II vassallo della chiesa con il titolo di duca. La conquista dell’isola di Sicilia avvenne dopo numerosi tentativi e nel 1130 ci fu l’assegnazione del titolo di re di Sicilia, Ruggero II. Il regno normanno ebbe a Palermo la sua capitale. Il regno fu caratterizzato da istituzioni feudo vassallatiche per il controllo politico del territorio. La dinastia dell’Altavilla si interruppe a metà del XII secolo per mancanza di eredi maschi.Federico Barbarossa voleva far sposare suo figlio Enrico VI con l’unica erede degli Altavilla, Costanza. Il matrimonio portò il regno di Sicilia nella dinastia imperiale Sveva. Da quel matrimonio nascerà il futuro imperatore Federico II. LE AMBIZIONI DI FEDERICO II DI SVEVIA La morte di Federico I nel 1197 provocò l’assunzione della reggenze, l’incarico di reggere lo Stato, da parte di Costanza. In Germania Ottone aveva ottenuto il titolo di imperatore con l’appoggio del Papa Innocenzo III, che però non esitò a toglierli il suo favore. Il Papa scomunicò quindi Ottone e appoggiò il quindicenne Federico II che dopo la morte della madre era stato affidato a lui. Ottone fu sconfitto nella battaglia di Bouvines e così Federico nel 1220 ottenne l’incoronazione imperiale. Divenuto imperatore tenne per sé il regno di Sicilia e affidò al figlio di nove anni, Enrico, il regno di Germania. Federico II fu assente dalla Germania e questo portò a un livello di disgregazione del potere nei territori. Prese atto della situazione con un decreto concesse ai privilegi e ai principi e agli ecclesiastici. La sua distanza alimentò il potere dei nobili feudatari tedeschi che riuscirono a mettere Enrico contro suo padre e Federico fu costretto a deporre il figlio. L’obiettivo di Federico era quello di creare uno Stato centralizzato nelle mani del sovrano. In Sicilia si trovò di fronte alla nobiltà normanna che non voleva seguire un sovrano di origine tedesca. Federico II si ispirò alla tradizione giuridica romana che esaltava il ruolo dello Stato per emanare le costituzioni di Melfi. Nel 1231 questa raccolta di leggi esaltava la funzione universale dell’imperatore che rappresentava l’autorità suprema ed era detentore del monopolio, ovvero il diritto esclusivo, per cui tutte le formazioni politiche si dovevano sottomettere di fronte alla legge. Nel 1224 fondò l’università di Napoli e chiamò intorno a sé poeti e scrittori che fondarono alla corte imperiale la scuola siciliana, uno dei primi rilevanti centri di produzione poetica in lingua volgare. Il massimo esponente fu Pier delle vigne. LOTTA TRA I COMUNI E IL PAPATO Il programma politico di Federico non era condiviso dai comuni italiani che erano gelosi delle autonomie acquisite. Papa Gregorio IX appoggiò un’alleanza contro l’imperatore perché vedeva il rischio di restare accerchiato dai domini svevi. Riprese così la lotta dell’impero contro i comuni. La battaglia di Cortenuova del 1237 sancì la vittoria dell’esercito imperiale e la restituzione dei poteri regali all’imperatore. Federico II era già stato scomunicato da Papa Gregorio IX per non aver svolto una crociata in Terrasanta e fu nuovamente scomunicato al ritorno dalla sesta crociata perché era stata condotta in modo del tutto autonomo.una terza scomunica fu emessa da Papa Innocenzo IV perché era ritenuto un nemico di Cristo. Nel 1249 i comuni italiani sconfiggono l’imperatore a Fossalta. FINE DEL SOGNO FEDERICIANO Federico II muore nel 1250, lasciando fra mille difficoltà il suo stato. Il suo erede fu il figlio Manfredi che fu costretto a continuare la lotta contro il papato. Manfredi sostenne le truppe che sconfissero le forze guelfi che erano sostenitrici della politica papale. Il Papa rivendicò l’accaduto offrendo al fratello, Carlo D’Angiò i suoi possessi feudali. Nel 1266 nella battaglia di Benevento il re Manfredi fu ucciso e Carlo D’Angiò prese possesso dell’Italia meridionale. Il nuovo re restituì ai feudatari i poteri di cui Federico si era impossessato. Il regno ritornò sotto il dominio dei baroni. DIVISIONE DEL REGNO DI SICILIA Gli Angiolini proseguirono un’ambiziosa politica nell’area mediterranea, mettendosi in competizione con la politica del regno di Aragona. Il re Carlo trasferì la sede del regno da Palermo a Napoli. La rivolta scoppiata a Palermo nel 1282 detta dei vespri fu espressione del dissenso politico che si manifestava da parte dell’aristocrazia siciliana verso gli angioini. Il popolo propose di ottenere la liberazione dell’isola dal dominio angioino e chiesero il sostegno al re d’Aragona, Pietro III. Il conflitto tra Angiolini e aragonesi si concluse dopo vent’anni nel 1302 con la pace di Caltabellotta che consegnò la Sicilia in mano agli aragonesi e Napoli agli angioini. LE CITTÀ MARITTIME ITALIANE Si inserisce il fenomeno delle città marittime italiane, furono protagoniste Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Le capacità di queste città di creare una fitta rete di basi commerciali nel Mediterraneo consentì il loro di intrattenere relazioni con i mercanti bizantini e musulmani. Amalfi praticava un commercio con l’impero bizantino e fu tra le prime a intrattenere rapporti con i paesi arabi dai quali importava metalli preziosi e tessuti in seta. Pesa ebbe un’importanza nel Mar Tirreno e riuscì ad imporsi anche nel Mediterraneo grazie alle crociate. Genova aveva raggiunto una sua autonomia grazie agli accordi tra i cittadini e le famiglie più potenti della città. Alla base di questi rapporti c’era l’organizzazione dei traffici marittimi. La postazione principale era la base di Caffa da cui presero i primi contatti con i mercati dell’impero mongolo. Venezia riuscì ad ottenere un’autonomia politica e le grandi famiglie avevano costruito robuste istituzioni che sostennero il governo dei dogi, fondato sull’assemblea cittadina chiamata maggior consiglio. La potenza della città è evidente grazie ai privilegi che riusciva a ottenere nella sua attività mercantile come il diritto di commerciale liberamente senza pagare imposte. Si era creato un vasto impero commerciale che portò alla competizione con gli arabi.