Biologia Vegetale PDF - Lezione 1

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TriumphantNovaculite8373

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Università degli Studi di Torino

2020

Amodeo Francesca / Caporaso Monica

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biologia vegetale botany organismi vegetali scienza

Summary

This document is a lecture on the introduction to plant organisms, covering their definition, functions and the significance of studying plant biology, including their role as a scientific model for ecological and biological research. The lecture also discusses the importance of photosynthesis and the functions of plant cells, highlighting the use of Arabidopsis thaliana as a model organism for understanding fundamental biological mechanisms.

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Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 5creo Introduzione agli organismi vegetali. Iniziando un corso di biologia vege...

Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 5creo Introduzione agli organismi vegetali. Iniziando un corso di biologia vegetale, è essenziale definire che cosa si intende per organismo vegetale. La risposta non è univoca perché possiamo utilizzare una definizione più di tipo funzionale oppure una più di tipo tassonomico. Possiamo, infatti, definire gli organismi vegetali come gli organismi che appartengono ad un regno ben preciso, ovvero il regno Plantae (delle piante), ma al tempo stesso, in maniera più funzionale, sono anche descritti come organismi dalla capacità fotosintetica. Quest’ultima consiste nella capacità di fissare l’anidride carbonica atmosferica in una molecola organica che è uno zucchero. Utilizzando questa definizione si va oltre i confini tassonomici del regno plantae in quanto anche le alghe, pur appartenendo al regno dei Protisti, sono organismi fotosintetici così come lo sono i batteri fotosintetici (es. i cianobatteri) che invece appartengono addirittura ad un diverso dominio, cioè ad una gerarchia tassonomica ancora più ampia del regno. Secondo poi il botanico svedese Linneo, anche i funghi possono essere considerati organismi vegetali pur non essendo né fotosintetici nè gerarchicamente appartenenti al regno Plantae. L’accezione del termine è perciò molto ampia, per questo motivo nel corso si farà riferimento principalmente agli organismi del regno Plantae ormai considerati dominatori degli ecosistemi. Perché studiare la biologia vegetale? Perché gli organismi vegetali, considerando la definizione funzionale, ovvero la capacità fotosintetica, sono alla base del funzionamento di tutti gli ecosistemi, compreso quello antropico, in cui vive l’uomo. Bisogna considerare, inoltre, che essi rappresentano la maggiore biomassa sul pianeta. Capacità fotosintetica La fotosintesi è un processo straordinario, che le biotecnologie stanno cercando da anni di riprodurre anche se senza successo se non per alcune piccole parti. Attraverso questo processo gli organismi vegetali producono energia sotto forma sia di sostanza organica, quindi sotto forma di glucosio o cibo ad alto contenuto energetico, 1 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 che ossigeno. Quest’ultimo si ottiene da una trasformazione energetica: l’energia luminosa (radiante) viene trasformata in una forma di energia chimica e in questo processo l’anidride carbonica atmosferica, in presenza di acqua, viene trasformata in glucosio e ossigeno rilasciato nuovamente nell’atmosfera (prodotti di reazione). Per questo motivo le piante sono anche chiamate i produttori primari perché forniscono all’interno di un sistema ecologico cibo ed energia per i successivi livelli tropici. Inoltre, producendo l’ossigeno necessario ad un ambiente aerobico come il nostro, ci permettono di respirare e poter ossidare la materia organica come il glucosio, ricavandone energia. L’ossigeno rilasciato nell’atmosfera dalla fotosintesi è importante anche per il mantenimento di quello strato di ozono che protegge tutti gli organismi sulla crosta terrestre dalla radiazione elettromagnetica solare. Gli organismi vegetali sono quindi gli unici in grado di poter ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera, responsabile dell’effetto serra. Le piante come un modello scientifico Aldilà dell’interesse ecologico, gli organismi vegetali hanno rappresentato negli anni veri modelli sperimentali per processi cellulari, per processi di sviluppo e per processi legati alla lettura dell’informazione genetica. Questo perché le piante rappresentano un buon sistema modello per studiare processi di base della biologia. Un organismo modello è un organismo studiato da molti gruppi di ricerca e su cui ci sono molte conoscenze. Esso può consentire di capire e dissezionare anche i meccanismi più complessi, captandone i funzionamenti cellulari. Sicuramente la pianta modello più importante è stata ARABIDOPSIS THALIANA, che è l’equivalente della drosophila in campo animale, in quanto: Ha un ciclo vitale molto rapido (partendo dal seme occorrono 2-3 mesi per riottenere i semi). Ha un genoma molto piccolo, già completamente sequenziato (nel 2000) e facilmente manipolabile. 2 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Esistono molti mutanti disponibili. I semi mutati possono essere utilizzati per andare a scoprire mutazioni in geni specifici e vedere qual è il fenotipo a seguito della mutazione. Nell’Arabidopsis Thaliana esistono molti o ortologhi, cioè geni che svolgono funzioni simili ma in organismi differenti, legati al cancro. Questa similitudine tra geni del modello vegetale e dell’essere umano non dovrebbe sorprendere, in quanto i tumori, molto spesso, insorgono da un malfunzionamento del controllo del ciclo cellulare proprio di entrambi questi organismi. Lo studio delle piante ha, dunque, rilevanza anche in campo bio-medico. Esempi: Lo stesso termine che si usa per indicare l’unità fondamentale di un organismo vivente, cioè cellula deriva proprio dall’osservazione di tessuti vegetali. Questo evento risale al ‘600, quando Robert Hooke osservando una sezione di sughero al microscopio, identificò molteplici comparti alla base del tessuto, delle piccole celle. Da qui il nome poi rimasto nella terminologia scientifica ad indicare l’unità base del vivente: la cellula. In realtà egli vide le pareti cellulari delle cellule vegetali che circondavano cellule morte. Un altro esempio di comprensione generale di fenomeni cellulari negli eucarioti a partire dall’osservazione di organismi vegetali è l’ereditarietà genetica. Gli studi di Mendel sulle piante di pisello sono serviti per capire la trasmissione di molte malattie ereditarie dell’uomo. La facilitazione nella tecnica è dovuta alla possibilità delle piante di autoimpollinarsi. 3 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Un altro esempio è quello riguardante un organismo appartenente al regno dei protisti per la comprensione del ruolo che il nucleo svolge come contenitore dell’informazione genetica. Fondamentale fu negli anni ‘50 un esperimento effettuato da Hammerling (1953) in cui venne utilizzata un’alga appartenente al genere Acetabularia (ne esistono di due tipi, crenulata o mediterranea, a seconda della morfologia dell’ombrellino apicale) che è costituita da un’unica enorme cellula strutturata in un lungo filamento con alla base il nucleo. Lo scopo dell’esperimento fu quello di capire se la definizione di un fenotipo, come quello dell’ombrellino apicale, fosse operata dal citoplasma o dal nucleo. Sia forme di acetabularia mediterranea che di crenulata sono state tagliate a metà del filamento (quest’operazione non porta a morte cellulare, in quanto l’altra metà col tempo si rigenera), dopo di che è stato effettuato un trapianto incrociato dei nuclei per mezzo di sottili tubi di vetro, o capillari, da un individuo di una specie a quello dell’altra, privo del proprio nucleo. Si è lasciata rigenerare la parte mancante dell’alga e si è osservato che il fenotipo del cappellino terminale dipendeva dal nucleo presente nella parte basale dell’alga. L’informazione genetica, di fatto, era responsabilità del nucleo e non del citoplasma. Un altro esempio è quello dei trasposoni, gli elementi mobili del genoma. Barbara McClintock (Nobel nel 1984) negli anni ‘50, aveva intuito studiando le cariossidi del mais che l’informazione genetica degli organismi viventi non è stabile. Andando ad analizzare la pigmentazione dei semi del mais ipotizzò che ci fossero degli elementi in grado di spostarsi all’interno del genoma (i trasposoni, detti anche jumping genes). I trasposoni possono andare, nel mais, ad interrompere un gene che è importante per la pigmentazione dei semi. Per cui se il trasposone, correlato inizialmente ad un seme con colorazione violacea, “salta via” dal gene avremo la pigmentazione e poichè questo gene viene, così, ricostituito (era inattivo) diventa funzionale ed esprimendosi darà luogo alle chiazze colorate (colorazione a mosaico). Più evidente è la macchia, più precoce, nello sviluppo del seme, è il salto degli elementi mobili nel genoma. L’evento di trasposizione può avvenire anche prima della formazione del seme stesso. Dopo gli studi di Barbara McClintock la presenza dei trasposoni fu riconosciuta non solo nelle piante ma anche negli 4 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 organismi animali. Così come il mais ha una percentuale elevata di questi elementi anche l’uomo ne ha molti, e la loro funzione è quella di aumentare la variabilità genetica. Un altro esempio ancora di come le piante abbiano consentito la comprensione di meccanismi intracellulari è il silenziamento genico. L’esperimento avvenne prendendo in considerazione studi sulla petunia negli anni ‘80. Con esso si voleva aumentare la pigmentazione, cioè l’intensità della colorazione, dei petali dei fiori attraverso una trasformazione genetica che consisteva dell’inserire una copia in più del gene costitutivo, quindi molto espresso, della pigmentazione. L’aggiunta di una copia esterna del gene per la pigmentazione causò del mosaicismo in alcuni casi, ma nella maggior parte dei trasformanti si notava la mutazione a fiore bianco. In questo caso non era stato silenziato soltanto il gene esogeno ma anche quello endogeno (inizialmente era un fiore viola). Si scoprì, così, l’esistenza di piccoli RNA interferenti (siRNA), che interferiscono, appunto, con l’espressione genica. Oggi, infatti, grazie ai O siRNA è possibile silenziare un gene endogeno, modificando l’espressione genica. La notizia ne valse un Nobel quando si scoprì che lo stesso meccanismo funzionava anche negli organismi animali (c.elegans), aprendo prospettive alla terapia genica. Importanza applicativa degli organismi vegetali. Settore agro-alimentare: gli organismi vegetali sono alla base dell’alimentazione umana e animale. Ambiente: le piante sono utilizzate da sole o in sinergia con funghi e batteri per il ripristino ambientale, come quello dei suoli inquinati. Vengono utilizzate anche per bilanciare il consumo della CO2 nell’atmosfera come bio-indicatori. Industria: tantissimi prodotti derivano dalle piante, adesso, per esempio, sono molto utilizzati i prodotti derivanti da fonti rinnovabili in un contesto di esaurimento delle scorte di combustibili fossili (biofluel). 5 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Medicina: le piante producono molti metaboliti secondari che hanno azione sull’organismo umano da un punto di vista farmacologico. Le piante possono essere modificate tramite biotecnologie vegetali con la conseguente creazione di OGM. Un esempio è la sintesi di vaccini orali a partire da piante utilizzate nell’alimentazione, che vengono modificate tramite tecniche di ingegneria genetica per produrre frammenti di microorganismi patogeni, che possono immunizzare gli organismi attraverso la digestione. La trasformazione genetica delle piante è estremamente semplice anche grazie all’esistenza di alcuni batteri presenti nell’ambiente che fungono da ingegneri genetici vegetali. PIANTE E ANIMALI A CONFRONTO. Le grosse differenze fra piante e animali hanno origine a livello microscopico e cellulare, riflettendo così le differenze macroscopiche. Se guardiamo una cellula vegetale e una cellula animale vediamo che sono molti i comparti e le strutture comuni (tutti quelli indicati in mezzo nell’immagine). Sono solo tre i comparti presenti nella cellula vegetale e assenti in quella animale: i plastidi, di cui il cloroplasto è il componente più noto, la parete cellulare che si sviluppa all’esterno della membrana plasmatica e immobilizza la cellula e il vacuolo che occupa gran parte del volume cellulare. 6 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Le principali differenze tra piante ed animali possono essere raggruppate in: 1. Utilizzo delle risorse 2. Crescita e sviluppo 3. Riproduzione 1. Utilizzo delle risorse Le piante sono capaci di fotoautotrofia, cioè sono in grado di prodursi da sole gli alimenti attraverso il processo fotosintetico. Questa capacità è legata alla presenza nelle cellule vegetali dei cloroplasti. Per questo motivo le piante non necessitano di alcuna mobilità. La fotoautotrofia fa si che le piante abbiano bisogno veramente di poco per sopravvivere, cioè di acqua da cui attingere dal suolo, elementi minerali, anidride carbonica, come gas da trasformare in zucchero, ed energia radiante come forza motrice di questa trasformazione. Diversamente gli organismi animali, essendo eterotrofi dovranno impegnarsi mobilmente per la ricerca delle risorse nell’ambiente, a differenza delle piante che sono sessili. Importante per le piante è, perciò, l’ambiente in cui avviene la fotosintesi: nell’atmosfera troverà luce (essenziale) e anidride carbonica ma non acqua che, invece, sarà presente nel suolo, insieme ai sali minerali. L’assenza di suolo porterebbe a disidratazione della pianta, mentre l’assenza di atmosfera causerebbe la mancanza di luce (il suolo è una matrice opaca in cui i raggi solari sono impenetrabili) che è invece essenziale per la sopravvivenza della pianta. Per questo l’apparato vegetativo si è evoluto nel cormo. 7 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Organizzazione di una tipica cormofita per attingere a risorse collocate in ambienti diversi O Il cormo è un adattamento alla vita in un ambiente terrestre in cui le risorse sono ripartite tra un ambiente suolo e un ambiente atmosfera. I tre organi che troviamo a in una cormofita sono: le radici, necessarie per assorbire acqua e nutrienti minerali dal suolo. il fusto, l’organo di collegamento che porta l’acqua assorbita dalle radici fino alle foglie, il fusto ha anche altre funzioni, ovvero la produzione stessa delle foglie. le foglie, l’organo fotosintetico per eccellenza per l’abbondanza di cloroplasti. Con il tempo questi organi hanno assunto funzioni aggiuntive, per esempio con l’aumento delle biomasse e l’espansione della parte epigea (cioè superiore) delle piante, anche le radici hanno dovuto assumere una funzione di sostegno insieme al fusto che, oltre che produrre le foglie, si è evoluto a dare origine agli organi riproduttivi in alcune piante. Le foglie svolgono funzioni aggiuntive in base alla loro anatomia. Questa organizzazione a cormofita porta ad un funzionamento particolare rispetto agli animali. Le risorse vengono utilizzate con uno scambio molto più cospicuo nei vegetali, grazie alla presenza del vacuolo. In particolare, gli animali hanno molti apparati interni e sono chiusi rispetto ad una pianta. Le piante, infatti, cercano di massimizzare, nei limiti delle caratteristiche dell’ambiente, il rapporto superficie/volume, favorendo le superfici rispetto ai volumi come accade nelle foglie e nelle radici, in modo tale, ad esempio, da facilitare gli scambi gassosi. Anche a livelli subcellulari si verifica tale massimizzazione del rapporto superficie/volume grazie ai sistemi di membrana interni, come accade, ad esempio, nei cloroplasti. 8 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 2. Crescita e sviluppo Crescita delle piante. Per quanto riguarda la crescita, si parla sempre di crescita di dimensioni, crescita in biomassa, crescita in altezza. Se andiamo a confrontare come cresce in dimensioni un organismo animale con un organismo vegetale è evidente, come appare nel grafico, che la pianta continua a SAM crescere nel tempo dalla nascita alla morte, a differenza degli organismi animali che, invece, presentano una fase iniziale di crescita che poi si stabilizza nel tempo mantenendo tali dimensioni per sempre. Gli animali hanno, dunque, una crescita finita mentre le piante hanno una crescita continua e indefinita, in quanto non è possibile definire l’altezza dell’organismo adulto (come si fa con gli organismi animali). Ovviamente ci sono O RAT piante annuali o pluriennali e quindi l’accrescimento è riferito alla durata della vita della pianta. Possiamo misurare l’altezza di una pianta nel tempo a partire dalla germinazione del seme prendendo due punti di riferimento diversi: un punto di riferimento sono le foglioline già presenti nell’embrione, dette cotiledoni, mentre l’altro è l’altezza da terra della pianta. Misurando la crescita partendo dal primo punto di riferimento notiamo che la crescita è finita. Prendendo, invece, come riferimento la zona apicale è evidente che la crescita è continua. La pianta, dunque, tende a crescere sempre all’apice, mentre il tronco o fusto può rimanere stabile. Stesso fenomeno si manifesta nelle radici, in cui si verifica un aumento continuo delle dimensioni. Questo meccanismo è detto meccanismo di crescita apicale. Nelle zone apicali ci sono dei tessuti specializzati, detti meristemi, responsabili della crescita delle piante. Esiste il meristema apicale alla sommità del fusto detto SAM (shoot apical meristem) e il meristema al livello delle radici detto RAM o Responsabili della crescita apicale sono due gruppi di cellule staminali (root apical meristem). I meristemi sono posti agli apici dei fusti e delle radici presenti già dall’embrione e sono costituiti SAM= shoot apical meristem da cellule staminali, che sono specializzate nella divisione cellulare. Esse si dividono Meristemi primari originando una cellula indifferenziata e una cellula che andrà incontro ad un processo I meristemi sono tessuti specializzati nella divisione di differenziamento detta cellula derivata. In cellulare, composti da cellule un meristema primario ci sono sia cellule staminali e da cellule derivate staminali che cellule derivate. Queste cellule continuano a dividersi per tutta la vita della pianta aumentando le dimensioni dell’organismo. RAM= root apical meristem 9 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Le piante hanno due modalità di accrescimento. Una deriva dalla presenza costante di cellule staminali nei meristemi apicali ed è detta modalità per divisione, l’altra consiste nel fatto che le cellule derivate prima di differenziarsi vanno incontro ad un aumento delle dimensioni. Tale processo è chiamato distensione cellulare e porta ad un accrescimento generale. Entrambe le modalità intervengono nel processo di crescita della pianta. manco nellealtresbornie Sviluppo embrionale I principi dello sviluppo embrionale sono di base gli stessi sia nell’organismo animale, che nell’organismo vegetale. Si parte in entrambi i casi da una singola cellula fecondata, cioè lo zigote, per poi arrivare ad un organismo in cui ci sia un’architettura e un piano di sviluppo da conseguire nelle fasi adulte. Ci sono però delle differenze: il piano di sviluppo durante l’embriogenesi animale definisce già l’organismo adulto: tutti gli organi sono disposti nel modo giusto e ben definiti nel numero. Il piano di sviluppo Yo vegetale, invece, non è già definito a livello embrionale, ma è prevalentemente post-embrionale. Nell’embrione vengono soltanto definiti alcuni assi di sviluppo e simmetrie radiali, oltre ai meristemi. Il numero di organi e la posizione non è già definita, nelle piante si parla perciò di organogenesi continua post-embrionale. Le piante 10 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 sono sessili e devono potersi adattare momento per momento ai cambiamenti dell’ambiente circostante, per questo l’organogenesi è continua. Lo stesso non vale per un animale che, se l’ambiente cambia, ha l’opzione di potersi spostare altrove. io suono post.it Fpa Fa III Un esempio di organogenesi continua è una non meno sueconsuzione pianta che vive in ambiente acquatico e che ammeatore sviluppa organi sia per l’ambiente acquatico che superficiali nel corso della sua vita. Ciò che si osserva è un dimorfismo fra le foglie deveessere sommerse e quelle emerse. Finchè il SAM si ORGANOGENESI sviluppa in ambiente acquatico formerà delle ANNUA foglie frastagliate e ramificate più adatte a funzionare dove c’è movimento d’acqua evitando, così, che ci siano delle lacerazioni e facilitando anche gli scambi gassosi. Quando il SAM arriva a toccare la superficie ed a emergere nell’ambiente aereo, va a formare foglie galleggianti morfologicamente diverse da quelle sottostanti, capaci di svolgere funzioni aerobiche. Questa plasticità nel cambiamento, che consente l’adattamento della pianta, è detta plasticità fenotipica in quanto il cambiamento non è genotipico (il genoma si mantiene invariato) ma avviene a livello fenotipico portando ad architetture diverse. Totipotenza delle cellule e capacità di rigenerazione. Sia organismi animali che vegetali presentano cellule staminali, cioè cellule che attraverso mitosi producono due cellule figlie geneticamente identiche fra di loro ma che hanno destini differenti (staminale e derivata). Una delle due rimane staminale generando sempre ogni volta una staminale e una cellula chiamata progenitore nell’organismo animale e derivata nel vegetale. Queste cellule derivate possono andare incontro a mitosi ma il loro destino è quello di generare tipi cellulari differenziati. generava vegetava Le cellule staminali si distinguono per il grado di potenza, correlato al numero di tipi cellulari diversi generati dalla stessa cellula staminale. Una potenza è elevata quando il numero di tipi cellulari è alto e viceversa. 11 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Le cellule staminali totipotenti (massimo grado di potenza), sono cellule staminali che possono dare origine a tutti i tipi cellulari specializzati, lo zigote e le cellule embrionali ne sono un esempio. Il grado di potenza può ridursi a pluripotenti, dando origine a molti, ma non tutti i tipi cellulari, un caso sono le cellule emopoietiche. Il grado più basso di potenza lo troviamo nelle cellule unipotenti che originano un solo tipo di cellule differenziate, come le cellule staminali che producono derivate che si differenziano soltanto in cellule epiteliali. Un confronto tra il grado di potenza delle cellule staminali in animali e vegetali Cellula animale Cellula vegetale Negli organismi animali ci sono poche Perdita della totipotenza delle Mantenimento della totipotenza cellule staminali durante lo nelle cellule staminali vegetali cellule totipotenti (zigote e cellule derivate sviluppo embrionale animale dalle immediate divisioni dello zigote) in Totipotente Totipotente quanto successivamente nello sviluppo embrionale e post-embrionale sviluppo e differenziamento embrionale il grado di potenza viene perso, sviluppo embrionale cioè il numero di tipi cellulari rigenerati è Non è attualmente Le cellule vegetali sempre più basso, fino ad arrivare possibile recuperare rimangono la totipotenza delle totipotenti durante lo all’unipotenza. cellule staminali sviluppo embrionale e nei meristemi Unipotente Totipotente Negli organismi vegetali la situazione è diversa, durante lo sviluppo le cellule staminali mantengono la totipotenza per tutto il periodo embrionale. Tutte le cellule che si originano dallo zigote mantengono un grado alto di potenza. Inoltre, anche nella pianta adulta permangono delle cellule staminali negli apici (SAM e RAM), parliamo infatti di organogenesi continua. 12 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Nella vita di una cellula vegetale si susseguono tre momenti: si passa dall’origine della cellula per divisione, alla distensione cellulare con accrescimento a cui segue poi la fase del differenziamento durante la quale le cellule vegetali nascono e si modificano per andar a svolgere il loro ruolo all’interno dell’organismo vegetale. Una cellula differenziata vegetale che mantiene i suoi organelli può andare in contro al fenomeno di de-differenziamento, cioè può de-differenziarsi tornando a comportarsi come una cellula staminale che può riprendere a proliferare. Una cellula de-differenziata riacquista infatti la totipotenza. Non soltanto le cellule staminali nei meristemi sono totipotenti, ma qualsiasi cellula può de-differenziarsi riacquisendo totipotenza. Questa proprietà di rigenerazione viene sfruttata nelle colture cellulari. Si può partire da qualsiasi tessuto di una pianta adulta in cui vengono mantenuti intatti gli organuli e l’informazione genetica e se ne può prelevare una porzione per indurre in vitro un de-differenziamento giungendo alla formazione del callo che è una massa in proliferazione di cellule de-differenziate che hanno O riacquisito la loro proprietà di cellule staminali totipotenti. Essendo totipotenti da queste cellule possiamo ottenere un nuovo individuo. Questo concetto è alla base delle tecniche di micropropagazione, che portano alla generazione, a partire da un callo, di organismi geneticamente identici. Essa non è un’operazione solo svolta in laboratorio, ma è alla base di molte attività d’azienda nell’ambito dell’ortofrutta che producono piante uguali tra loro in gran numero. Grazie a queste proprietà di differenziamento e rigenerazione gli organismi vegetali sono considerati plastici in quanto le cellule possono subire numerosi danni ma sono in grado di rigenerare organi che sono stati utilizzati da consumatori primari. 13 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Un esempio di rigenerazione riguarda le talee, se prendiamo un frammento di un fusto, cioè la talea, e lo mettiamo nel suolo, alla base del fusto le cellule si de-differenziano e proliferano dando origini a nuove radici, la pianta poi cresce esattamente come era originariamente da seme. Movimento e migrazione cellulare in compaiono questeiene devono un mi distretto migrare Pper La migrazione cellulare è un processo che risulta essere importante innanzitutto nell’embriogenesi. Le cellule che si formano in alcuni distretti dell’embrione migrano e si spostano durante lo sviluppo embrionale, come accade, ad esempio, per le cellule del sacco vitellino o per quelle della cresta neurale. Le cellule devono migrare all’interno dei tessuti per raggiungere l’organo di destinazione. È importante in tal contesto per gli organismi animali il concetto di linee cellulari. Le cellule sono etichettate e si spostano mantenendo una certa identità. La migrazione della cellula animale si basa sulla sua capacità di deformarsi. Quando una cellula deve migrare ha bisogno di un punto di aggancio, cioè della matrice extracellulare, e, sfruttando la componente citoscheletrica, si sposterà in avanti per mezzo di movimenti di contrazione. Nella cellula vegetale è leggermente diverso. Vi è la parete cellulare, un involucro rigido che circonda la cellula collocandosi all’esterno della membrana plasmatica, quindi la sua presenza impedisce qualsiasi deformazione. Pertanto, la cellula vegetale non può muoversi. Questo ha delle conseguenze importanti su due aspetti, uno è la forma che vengono ad assumere gli organi vegetali e l’altro è legato al destino cellulare. 14 conseguenze IMMOBUÀdellaPIANTA allaparetecell dovuto Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Forma cellulare Un organismo vegetale deve poter progettare con attenzione la divisione cellulare perché questo andrà a determinare la forma dei vari organi. A seconda di come vengono ruotati i piani di divisione, alla fine della mitosi si assumono forme diverse dell’organismo dal momento che successivamente le cellule non potranno più spostarsi le une sulle altre per la comparsa della parete cellulare. Un organismo unidimensionale, con un solo piano di divisione e tante cellule unite insieme, è detto filamentoso (le alghe più semplici sono un esempio). Se i piani di divisione sono due l’organismo sarà bidimensionale, e sarà detto laminare (come le alghe laminari). Se invece la divisione avviene su tre piani, si ottengono organismi tridimensionali (alghe tubulari). La struttura citoscheletrica che determina la posizione e l’orientamento della nuova parete cellulare si chiama banda pre- profasica. Questa è un aggregato di microtubuli e actina molto addensato che si forma tra l’interfase (fine fase g2) e l’inizio della profase. La posizione della III.siFF banda determina la posizione esatta del futuro piano di oq Imanuomini divisione, nonché della nuova parete alla fine della citodieresi. La banda pre-profasica scompare nel momento in cui la cellula entra in profase, cioè quando comincia a dissolversi l’involucro nucleare. È evidente che, anche se non la si osserva più, la banda lascia una traccia che segnalerà alle strutture responsabili della costruzione della parete cellulare la posizione predisposta. Da studi molecolari si è visto che esistono delle chinesine particolari che vanno a marcare la posizione in cui si trovava la banda e permangono fino alla fine della divisione anche se la struttura citoscheletrica scompare. Una stessa cellula, a seconda dell’orientamento della banda, potrà dividersi con un piano verticale o orizzontale. 15 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Un esempio lo vediamo a livello della radice di una felce, pianta primitiva in cui il meristema apicale, che contiene le cellule staminali, è formato da un'unica enorme cellula di forma piramidale. Questa cellula staminale si può dividere secondo piani di divisione diversi. A seconda di come si divide questa grande cellula avremo o una fila di cellule verticali o una fila orizzontale. Le derivate possono ancora andare incontro a divisione cellulare prima di specializzarsi. Destino cellulare Nell’embriogenesi di un organismo animale è possibile identificare precocemente delle linee cellulari, cioè delle cellule che sanno già cosa faranno da adulte, delle cellule che sono già predestinate al loro ruolo da adulte. Nei vegetali non esiste il concetto di linea cellulare poiché le cellule si differenziano solo a seconda della loro posizione. Il destino è legato, non all’appartenenza ad una linea cellulare, ma solo alla posizione rispetto alle cellule vicine. Questo vale non solo nella fase embrionale ma anche nell’organismo adulto data la possibile totipotenza. In seguito ad esperimenti con ablazione laser, cioè eliminazione di singole cellule attraverso il laser (le cellule vengono distrutte dal calore anche in maniera localizzata), sono state eliminate delle cellule superficiali. Si è osservato che, eliminando una cellula superficiale, le cellule sottostanti si dividono e quella più esterna va a differenziarsi in una cellula superficiale. Quindi una a cellula già differenziata per svolgere un ruolo interno è in grado di de-differenziarsi, di dividersi e di dare origine a cellule che assumono una nuova funzione che va a sostituire le cellule venute meno dall’ablazione laser. Ciò va a dimostrare che non esiste una linea cellulare e che determinare il differenziamento è la posizione della cellula. cena socosafare i dichenovicino secondi avessi Enneconcence o 16 Amodeo Francesca / Caporaso Monica - Lezione n°1- Biologia Vegetale - Prof.ssa Silvia Perotto - 05/10/2020 Le cellule vegetali sanno dove si Differenziamento cellulare vegetale trovano in quanto sono collegate tra di Relazione diretta tra: loro. Infatti, al momento della divisione posizione destino cellulare si formano delle comunicazioni della cellula cellulare intercellulari che consistono in dei ponti citoplasmatici fra cellule adiacenti, detti Le cellule vegetali plasmodesmi, in cui avviene uno “sanno dove sono” scambio continuo di informazioni. perchè sono in diretto Quindi, cambiando la sua posizione, la collegamento con le cellule circostanti cellula vegetale cambia anche il suo (plasmodesmi) destino. Sezione di radice 3. Riproduzione Negli animali la riproduzione è sempre prevalentemente sessuale, nelle piante, invece, si alternano la riproduzione sessuale e quella di tipo vegetativo. Negli organismi vegetali, infatti, sono presenti sia organi per la riproduzione sessuale (in rosso) che per quella vegetativa (in verde). Quest’ultima si basa sulla In caratteristica totipotenza delle cellule vegetali. La riproduzione vegetativa è molto frequente nelle specie erbacee. Ad esempio, una pianta di o fragola può generare degli stoloni, ovvero dei fusti le cui gemme, derivanti dai meristemi apicali, formano delle radici. In alcune piante stolonifere le stesse foglie possono dare origine alle gemme che poi, cadendo al suolo, potranno generare delle nuove piante. In conclusione, cellule vegetali e animali hanno molte caratteristiche in comune, ma esistono delle differenze sostanziali che causano le evidenti differenze macroscopiche. Gli animali non godono di due caratteristiche principali delle piante cioè la fotoautotrofia e la totipotenza. 17 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 INGEGNERIA GENETICA DELLE PIANTE L’ingegneria genetica è un approccio fondamentale per capire, attraverso la manipolazione del materiale genetico, la funzione dei singoli geni. È, quindi, una tecnica importante nella biologia e nelle biotecnologie vegetali per disegnare e produrre delle piante con caratteristiche nuove attraverso l’aggiunta, l’eliminazione o la modificazione dei geni presenti nel genoma. L’ingegneria genetica è anche chiamata tecnica del DNA ricombinante, in quanto si basa sull’utilizzo di particolari vettori (molecole di DNA o di RNA ricombinanti). Tali vettori vengono preparati all’esterno dell’organismo bersaglio e, una volta inseriti al suo interno attraverso vari meccanismi, ne modificano il materiale genetico. Gli strumenti per la manipolazione del DNA Polymerase Chain Reaction (PCR) Per la preparazione di un vettore ricombinante, è necessario un sistema che consenta di creare numerose copie del gene che ci interessa introdurre. A tale scopo, si utilizza la reazione a catena della polimerasi, la PCR è, infatti, la tecnica dedita all’amplificazione del gene di interesse, in quanto in grado di produrre numerose copie di tale gene a partire dalla sua sequenza di DNA. Durante questo processo vengono costruiti degli oligonucleotidi, chiamati primer, che delimitano la zona di DNA da amplificare. Enzimi di restrizione e Ligasi (un sistema taglia e cuci) Una volta prodotte, le copie del gene di interesse devono essere inserite all’interno di un vettore che può essere un plasmide batterico, un virus o un cromosoma artificiale (vettore di grandi dimensioni), a seconda della natura dell’organismo bersaglio. Per inserire il gene nel vettore è necessario utilizzare un “sistema taglia e cuci” costituito da: Enzimi di restrizione: enzimi in grado di tagliare il DNA del vettore in punti molto precisi (dove verrà poi inserito il gene); Ligasi: enzimi in grado di unire le estremità del vettore tagliato con quelle del gene da inserire. Si ha in questo modo la produzione del vettore ricombinante. Nelle piante, l’applicazione dell’ingegneria genetica è resa estremamente semplice ed efficiente da due elementi: Capacità di rigenerazione cellulare: le cellule già differenziate delle piante possono, infatti, dedifferenziarsi ritornando ad uno stato di totipotenza potendo così dare origine a dei nuovi individui in coltura; Sistema di trasformazione naturale dato dalla presenza nell’ambiente di un gruppo di batteri del genere Agrobacterium che sono stati indispensabili per lo sviluppo dell’ingegneria genetica applicata al mondo vegetale. 1 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 Prima della scoperta dell’Agrobacterium, l’unico modo di poter inserire del DNA ricombinante all’interno di una cellula vegetale era il metodo balistico. Tale metodo consisteva nell’utilizzare una pistola ad aria compressa per sparare i vettori contenenti DNA ricombinante all’interno della cellula, sperando di centrare il nucleo. Nonostante sia un metodo poco efficiente, viene ancora utilizzato per particolari tecniche di ingegneria genetica sulle piante. Di Agrobacterium esistono diverse specie (come mostrato nel video caricato su moodle) ma, fondamentalmente, tutte hanno la capacità di fungere da ingegneri genetici naturali in grado di trasformare geneticamente le piante. L’Agrobacterium, infatti, ha la capacità di inserire un tratto di DNA presente su un plasmide all’interno di un cromosoma delle cellule vegetali bersaglio. La funzione dell’Agrobacterium, combinata alla capacità rigenerativa delle cellule vegetali a seguito della formazione del callo, può portare alla formazione di molti individui tutti geneticamente modificati e uguali tra loro, pur partendo da un singolo evento di trasformazione. AGROBACTERIUM La specie più utilizzata è l’Agrobacterium tumefaciens. È un parassita che vive nel suolo, ma non è un vero e proprio patogeno, in quanto non invade la pianta ma è in grado di percepire quando essa, per diversi motivi, viene danneggiata. A quel punto l’Agrobacterium viene richiamato nelle zone di ferita, in particolare alla base del fusto, dove si ha l’interfaccia tra aria e suolo e, grazie alla presenza di un apparato di iniezione, può inserire nella cellula vegetale un tratto di DNA, detto T-DNA, importato attraverso un plasmide-T. L’inserzione casuale del T-DNA all’interno di un cromosoma della cellula vegetale produrrà nel punto di infezione un tumore. Il T-DNA viene letto normalmente dalla cellula e codifica per la produzione di una serie di ormoni che indurranno il de-differenziamento e la proliferazione cellulare favorendo, così, lo sviluppo del tumore. Oltre a questi ormoni, il T-DNA permette alla pianta di produrre delle molecole ricche in carbonio e azoto, dette opine. 2 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 Le opine hanno la particolarità di non poter essere degradate dalla pianta che le sintetizza, nonostante questa non sia in grado di utilizzarle. Esse subiscono, quindi, un processo di secrezione attraverso le radici che le riversano nel suolo. Una volta giunte nel suolo le opine vengono utilizzate 00 come fonte di C ed N dalle popolazioni di Agrobacterium che vi risiedono. Dunque, il parassitismo di Agrobacterium risiede nel fatto che le opine necessarie per la sua sopravvivenza vengono sintetizzate interamente a carico della pianta: esso, infatti, devia il metabolismo della pianta verso la produzione di una molecola che la pianta non può in alcun modo utilizzare. Del T-DNA inserito nella pianta, si possono eliminare i geni indesiderati per la produzione ormonale e per la sintesi delle opine, in quanto per l’inserzione del T-DNA sono necessarie soltanto le due zone ad esso limitrofe, dette left e right border. Tramite gli enzimi di restrizione e le ligasi, è quindi possibile eliminare la zona indesiderata del T-DNA e, inserendo al suo posto il gene di interesse, si ottiene, in provetta, il plasmide ricombinante pronto ad essere iniettato nella cellula vegetale attraverso l’attività naturale dell’Agrobacterium. Nel corso del tempo, la tecnologia è migliorata. Per questo motivo, oggi si trovano in commercio plasmidi in cui è già stato rimosso il T-DNA indesiderato, oppure plasmidi-T scorporati in due più piccoli e più manipolabili, di cui quello contenente il DNA indesiderato viene rimosso mentre nel batterio resta soltanto la parte a noi utile. Questa tecnica di trasformazione è stata scoperta nel 1983 ed a oggi ne sono presenti molte variabili. Ad esempio, la pianta di arobidopsis può essere modificata soltanto immergendone i fiori in una sospensione batterica, ottenendo una modificazione dei semi in formazione. 3 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 Esempi di trasformazione Trasformazione a partire da callo Può avvenire la trasformazione di un callo semplicemente immergendolo in una sospensione batterica: a seguito dell’azione dell’Agrobacterium, si potranno selezionare le cellule del callo che hanno subito la trasformazione. Questo metodo di trasformazione è molto efficiente, ma non al 100%. È quindi necessario selezionare le cellule che hanno ricevuto il T-DNA inserendo in esso, oltre al gene di interesse, anche un marcatore di selezione. Il marcatore di selezione è un gene che consente alla cellula di crescere e creare delle plantule su un terreno contenente una sostanza selettiva (se, ad esempio, la coltura viene fatta su un terreno contenente antibiotico, sarà necessario inserire nel T-DNA un gene di resistenza all’antibiotico utilizzato: in questo modo, le cellule che sopravvivranno saranno senza dubbio quelle trasformate). Trasformazione a partire da foglie Tagliuzzando la foglia e mettendola in sospensione di Agrobacterium, si viene a generare il callo da cui poi nasceranno le plantule. 4 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 LE PRINCIPALI DIFFERENZE TRA PIANTE E ANIMALI LA RIPRODUZIONE Come già detto, le piante presentano due alternative di riproduzione: la riproduzione vegetativa, operata dalle cellule totipotenti, e quella sessuale. Soffermandoci sulla riproduzione sessuale, che permette il verificarsi della variabilità genetica (poi esplicata nel fenotipo su cui agirà la selezione naturale), si possono evidenziare le principali differenze tra il ciclo vitale delle piante e quello degli animali. EVOLUZIONE PER SELEZIONE NATURALE Innanzitutto, bisogna partire da una popolazione caratterizzata da una certa variabilità fenotipica. Devono essere, quindi, presenti nella popolazione organismi che mostrano delle caratteristiche diverse e che possono essere più o meno adattati ad un determinato ambiente. Sarà proprio l’ambiente, attraverso un processo di selezione naturale, a favorire la riproduzione degli organismi meglio adattati. La variabilità fenotipica dipende strettamente dal genotipo. I meccanismi che consentono di mantenere una elevata variabilità fenotipica mediante la variabilità genotipica sono le mutazioni e la ricombinazione genica. Le mutazioni geniche Le mutazioni geniche riguardano normalmente singole basi del DNA. Possono portare a triplette che codificano per amminoacidi diversi da quelli previsti, e ciò può causare la sintesi di proteine con funzioni anormale. Si tratta, in genere, di un processo lento, in quanto le mutazioni sono puntiformi e non è detto che la modifica di una singola base porti necessariamente ad un malfunzionamento proteico, proprio perché il codice genetico è degenerato. Ad esempio, la terza base della tripletta è poco influente nella determinazione dell’amminoacido corrispondente alle tre basi. Inoltre, il meccanismo è anche rallentato dalla presenza di meccanismi di riparo del DNA, che riducono il rischio di mutazioni genetiche. La ricombinazione genica È un meccanismo molto rapido che porta a nuovi assortimenti di caratteri, ed è presente sia in procarioti che in eucarioti. Negli eucarioti, ad esempio, avviene nella fase del crossing over durante la meiosi. La ricombinazione genica porta a dei nuovi assortimenti, fermo restando che ci sia variabilità nelle sequenze geniche di partenza. 5 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 Negli eucarioti, il principale meccanismo che consente la ricombinazione genica è la riproduzione sessuale che è, quindi, fonte di “novità biologica” e variabilità fenotipica a livello delle popolazioni. Vi sono numerosi momenti in cui avviene la ricombinazione genica, soprattutto durante la meiosi e la gamia, che sono le tappe principali della riproduzione sessuale. MEIOSI Durante la meiosi ha luogo il crossing over: fenomeno di ricombinazione che avviene tra cromosomi omologhi. Inoltre, alla fine della meiosi I avviene la segregazione casuale dei cromosomi omologhi (ereditarietà dei due cromosomi è un fattore casuale). Infine, anche i cromatidi fratelli vengono segregati in modo casuale tra le cellule figlie aploidi. GAMÌA È un fenomeno di whole genome recombination, cioè un fenomeno in cui vengono ricombinati insieme interi genomi e, se i loro caratteri sono differenti, avremo diversi assortimenti nello zigote. Sulla meiosi e sulla gamia, che sono le tappe fondamentali della riproduzione sessuale, ogni organismo eucariote ha costruito un proprio ciclo vitale (diverso a seconda del tipo di organismo). IL CICLO VITALE Meiosi e gamia devono necessariamente alternarsi all’interno di un ciclo vitale, in quanto sono due processi complementari. Infatti, se la gamia permette la fusione di due cellule aploidi in una diploide, la meiosi ristabilisce necessariamente il numero dimezzato di base di cromosomi (N). Se così non fosse, la gamia porterebbe ad un aumento ingestibile del numero di cromosomi. Due cellule aploidi che si fondono in un processo di gamia danno origine ad una cellula aploide detta zigote. In tutti i cicli vitali si possono distinguere due fasi: Una fase diploide dove è presente almeno una cellula con corredo 2N, lo zigote Una fase aploide dove sono presenti le cellule derivanti dalla meiosi con corredo N 6 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 Nel ciclo vitale umano, ad esempio, l’individuo diploide va incontro a meiosi, nella quale vengono prodotte 4 cellule aploidi chiamate gameti, entrando così nella fase aploide. Durante il processo di gamìa, due gameti si uniranno per dare origine uno zigote: questo segna il nuovo passaggio alla fase diploide. Lo zigote, a questo punto, si dividerà per mitosi dando origine all’individuo pluricellulare diploide pronto per ricominciare il ciclo. Poiché, in questo caso, si ha la presenza di un individuo pluricellulare solo nella fase diploide, il ciclo viene definito CICLO DIPLONTE, ed è proprio di tutti gli animali e di alcune alghe (Heterokontophyta). Per altri organismi come i funghi, alcune alghe verdi e molti protozoi, la gamia porta alla formazione dello zigote, che va immediatamente incontro a meiosi. Dalla meiosi, vengono prodotte delle meiospore aploidi che poi, dopo la mitosi, formeranno l’individuo pluricellulare che, in questo momento, si trova nella fase aploide del ciclo (e non in quella diploide come accade per l’uomo). A questo punto, l’organismo pluricellulare aploide darà origine ai gameti, tramite mitosi, che si fonderanno durate la gamia per dare lo zigote, in modo che il ciclo possa riavere inizio. Un ciclo di questo tipo è definito CICLO APLONTE. Per quanto riguarda le piante, la questione è più complicata: queste formano un individuo pluricellulare sia nella fase aploide che in quella diploide. Quindi, nel ciclo di una pianta si trovano sia individui pluricellulari aploidi sia diploidi. Il ciclo vitale delle piante prende il nome di CICLO APLO-DIPLONTE, ed è così strutturato: 7 Monica Caporaso / Arianna Colombino - Lezione n° 2 – Biologia Vegetale – Prof.ssa Silvia Perotto 06/10/2020 1. Durante la gamia, la fusione dei gameti dà origine ad uno zigote diploide; 2. Lo zigote andrà incontro a successive mitosi fino alla produzione dell’individuo pluricellulare diploide, detto SPOROFITO (pianta che produce le spore); 3. Questo individuo, a seguito della meiosi, produrrà le meiospore aploidi; 4. Le meiospore andranno incontro a mitosi fino alla formazione dell’individuo pluricellulare aploide, detto GAMETOFITO (pianta che produce i gameti); 5. L’individuo aploide, a seguito della mitosi, produrrà i gameti pronti a ridare inizio al ciclo. Questo ciclo, oltre ad essere caratteristico di tutte le piante (Regno Plantae), è anche tipico di alcune alghe e di alcuni funghi (Chitiridiomiceti). Nello sporofita, il processo della meiosi - e quindi della produzione delle meiospore - non riguarda tutto l’organismo, ma avviene all’interno di un apposito “contenitore” detto SPORANGIO. Analogamente, nel gametofito, la produzione dei gameti avviene all’interno dell’apposito organo detto GAMETANGIO. Di seguito è rappresentato il ciclo vitale della felce (pianta primitiva): in blu è evidenziata la fase aploide del ciclo, mentre in verde è rappresentata la fase diploide. Numerose sono le ipotesi riguardanti il perché le piante abbiano un ciclo vitale aplo-diplonte, ma le principali sono due. 1. Si pensa che mantenere un organismo pluricellulare aploide nel ciclo vitale sia probabilmente un meccanismo di difesa contro possibili mutazioni letali del DNA. Questo perché il gametofito, essendo aploide, ha soltanto un allele per ciascun gene e, nel caso di mutazioni che possono alterare il funzionamento di proteine, enzimi… etc, esso non sopravvivrebbe. In questo modo, si evita la trasmissione di mutazioni pericolose alla prole. 2. Un’altra ipotesi sul perché le piante abbiano sviluppato un ciclo vitale di questo tipo è il fatto che le piante terrestri derivano ancestralmente da delle alghe che hanno un ciclo aplonte. È comunque verosimile che la spiegazione ottimale sia una somma di queste due ipotesi: c’è un punto di partenza da un ciclo aplonte che, a seguito dell’evoluzione, è stato mantenuto per i suoi vantaggi nel combattere le mutazioni genetiche. 8 prete cellulare vuole e cloroplasti Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 COMPARTIMENTI CELLULARI COMUNI MEMBRANA PLASMATICA La membrana plasmatica circonda la cellula e, nel caso degli animali, è il limite esterno della cellula mentre nei vegetali delimita il citoplasma ed è rivestita esternamente dalla parete cellulare. Microtubuli corticali: sono presenti vicino alla membrana plasmatica durante l’interfase e hanno il compito di sintetizzare alcuni componenti della parete cellulare. La membrana cellulare nelle cellule vegetali è sempre rivestita dalla parete cellulare e non si espone all’esterno a meno che venga manipolata in laboratorio rimuovendo la parete cellulare per o mezzo di enzimi particolari. Si ottiene un protoplasto, ovvero una cellula vegetale priva di parete cellulare. Possono essere utilizzati in varie tecnologie come la fusione somatica che consente di ottenere cellule con nuove proprietà. L’organizzazione della membrana plasmatica nei vegetali è come quella degli animali, che presenta un doppio strato fosfolipidico con all’interno proteine con diversa mobilità secondo il modello a mosaico fluido. Differenze tra cellule vegetali e animali: Le cellule vegetali hanno una membrana che non contiene colesterolo Le cellule vegetali presentano delle proteine che sono coinvolte nella sintesi della parete cellulare, tra queste il complesso enzimatico della cellulosa sintasi, che produce cellulosa, ovvero il principale polimero strutturale della parete cellulare vegetale. La pompa sodio-potassio (delle cellule animali) viene sostituita in quelle vegetali con la o pompa protonica, il principale sistema di trasporto attivo nelle cellule vegetali che utilizza l’energia dell’ATP per trasferire protoni attraverso la membrana creando gradienti (sia chimici che elettrici). 1 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 Questi sistemi di trasporto utilizzano energia per portare ioni/molecole contro gradiente. Il sistema primario utilizza fonti dirette di energia, come la H versointerno pompa protonica che sfrutta l’energia dell’ATP per trasferire contro gradiente dei protoni. Un altro tipo di pompa è la pompa foto alimentata che usa l’energia luminosa per trasportare ioni attraverso la membrana. Questi sistemi creano gradienti che vengono sfruttati dai sistemi secondari, dove avviene un movimento di ioni che passano da una zona a maggiore concentrazione a una a minore, quindi viene sfruttato il gradiente elettrochimico che si era formato per trasportare ioni o molecole complesse con un sistema di trasporto accoppiato (co-trasporto). In questo sistema avviene la migrazione degli ioni, dalla zona a maggiore concentrazione verso quella a minore concentrazione, che sono stati usati dai sistemi di trasporto primario per creare un gradiente, accoppiando un movimento nella stessa direzione (simporto) o nella direzione opposta (antiporto); i sistemi di trasporto secondario non utilizzano energia direttamente ma indirettamente attraverso il gradiente formatosi. hehe La membrana plasmatica presenta molti punti di collegamento (filamenti di Hecht) con la parete cellulare, visibili solo se la cellula viene sottoposta a plasmolisi, ovvero avviene una perdita d’acqua e viene ridotto il volume cellulare. 2 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 Nucleo Il nucleo è circondato dall’involucro nucleare, con all’interno i pori nucleari, mentre all’esterno si trova in continuità con il reticolo endoplasmatico rugoso. All’interno troviamo la cromatina e il nucleolo, dove vengono sintetizzati i ribosomi. Nei vegetali troviamo dimensioni del genoma nucleare estremamente variabili, dai genomi più piccoli come l’Arabidopsis, fino ai genomi più grandi come le Liliacee, che presentano un genoma con dimensioni più grandi di qualsiasi cellula animale. Il contenuto del DNA non è correlato con la complessità dell’organismo. Sono presenti numerose sequenze ripetute non codificanti. Questa variabilità nel genoma nucleare delle diverse specie si accompagna anche al fenomeno della POLIPLODIA, per questo motivo molte specie vegetali contengono grandi quantità di materiale nel nucleo soprattutto per la quantità di cromosomi, che troviamo ripetuti nel nucleo stesso. Esistono condizioni per cui il numero di cromosomi viene aumentato, ottenendo così un corredo triploide, tetraploide …… Conseguenze della poliploidia: Aumento delle dimensioni cellulari, questo causa un aumento della dimensione del frutto, quindi viene usato soprattutto nelle piante da coltivare come le fragole. Aumento del metabolismo, lo si può osservare in alcuni tessuti delle piante che presentano un metabolismo molto attivo. Meccanismo di speciazione, ad esempio la poliploidia indotta in una pianta di fragola da alcaloidi particolari come la colchicina (prodotta dal colchicum autumnale) che depolimerizza i microtubuli e impedisce la separazione dei cromatidi durante le divisioni mitotiche e meiotiche. Per motivi tassonomici (grandezza genoma) o poliploidia possiamo avere nelle cellule vegetali grandi quantità di DNA, costituendo un’importate differenza dalle cellule animali. 3 pom Ein oserei siamo A15 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 Piante con grandi quantità di DNA genomico tendono ad avere delle quantità di eterocromatina in interfase che possono essere anche molto elevate (perché data la quantità di materiale lo si deve tenere il più compatto possibile); questo porta a un aspetto diverso del nucleo. Un nucleo dove è presente prevalentemente eucromatina è chiamato nucleo cromocentrico o nucleo diffuso. Nelle piante con genomi di grandi dimensioni che devono mantenere almeno in parte il DNA in forma compatta durante l’interfase abbiamo un nucleo cromonematico o nucleo reticolato. MITOCONDRI Sono presenti sia nella cellula vegetale come in quella animale e presentano stesse funzioni e organizzazione, differiscono invece nelle dimensioni del genoma mitocondriale (che derivando dai batteri li rende degli organelli semi-autonomi). Il genoma nelle cellule vegetali è presente in quantità molto maggiori rispetto a quelle degli animali. Questo è probabilmente dovuto a una diversa storia evolutiva, e presenta delle informazioni in più riguardo le vie alternative nella respirazione cellulare. SISTEMA DI ENDOMEMBRANE Apparato del Golgi e reticolo endoplasmatico sono presenti in entrambi tipi di cellule avendo le stesse funzioni. Del RETICOLO ENDOPLASMATICO sappiamo che si divide in: Liscio, coinvolto nella sintesi dei lipidi Rugoso, è la prima via di ingresso delle proteine destinate a secrezione (anche ad altri destini) Funzioni aggiuntive della cellula vegetale rispetto a quella animale sono le funzioni di sintesi e accumulo di sostanze di riserva proteiche, così nei ribosomi si producono proteine direttamente all’interno del reticolo endoplasmatico, con la formazione di vescicole piene di proteine che hanno la funzione di riserva e vengono chiamate corpi proteici. Il reticolo endoplasmatico entra a far parte di una struttura di collegamento tra cellule vicine: i plasmodesmi, ovvero canali di comunicazione tra due cellule vicine che sono costituiti da una membrana tubulare che deriva dal reticolo endoplasmatico di una cellula e continua col reticolo endoplasmatico della cellula vicina. 4 Daniele Friolotto / Sara Greco - Lezione n° 03 - Biologia vegetale Prof.ssa Silvia Perotto 12/10/2020 APPARATO DEL GOLGI L’apparato del Golgi ha la stessa organizzazione che osserviamo nella cellula animale, quindi presenta anche nella cellula vegetale le cisterne della regione cis, mediana e trans. All’interno vengono modificate le proteine o lipidi che arrivano dal reticolo endoplasmatico. Nella cellula vegetale il Golgi ha due funzioni aggiuntive: 1) La sintesi di alcuni polisaccaridi di parete, specialmente quelli che formano la matrice della parete cellulare. 2) La modifica e indirizzamento delle proteine nei vacuoli (che mancano nella cellula animale). Sia Golgi che reticolo endoplasmatico interagiscono strettamente tramite filamenti di actina attraverso proteine miosiniche. CELLULA ANIMAL E VEGETALE A CONFRONTO Nella cellula vegetale non sono presenti: Lisosomi, la cui funzione di degradazione di componenti cellulari viene svolta dal vacuolo. Centrioli e altre strutture adibite al movimento come ciglia e flagelli, che comunque sono presenti in alghe e gameti. COMPARTI CARATTERISTICI CELLULA VEGETALE PARETE CELLULARE 1. Ha sviluppato nella cellula delle particolari strategie di sviluppo come la crescita continua, l’organogenesi continua, la plasticità fenotipica (capacità di recuperare la totipotenza). Queste strategie sono legate al fatto che la cellula vegetale non può muoversi relativamente alle altre, a causa della parete cellulare. 2. Ha una funzione simile ad un esoscheletro che conferisce sostegno alla cellula. 3. La sua rigidità è alla base del controllo della crescita e forma cellulare. 4. La composizione della parete cellulare determina la funzione del tessuto in cui si differenzia la cellula (per esempio le cellule adibite al sostegno meccanico hanno una parete più spessa). 5. Ha il compito di interagire con il mondo esterno, sia con la componente biotica (microrganismi simbionti e anche patogeni) che quella abiotica (fattori climatici). 5

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