Lo Stilnovo e Guido Cavalcanti PDF
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This document provides an overview of the Italian poetry style known as Stilnovo and the life and works of Guido Cavalcanti. It analyzes the themes, including the portrayal of love as a powerful, destructive force. This is a scholarly analysis of the poet and his work.
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LO STILNOVO E GUIDO CAVALCANTI LODE STILNOVISTA La donna amata, strumento di L’effetto dell’amore conoscenza, superiore, sull’innamorato bellezza estranea al corpo GUIDO CAVALCANTI Per Cavalcanti : - la poesia...
LO STILNOVO E GUIDO CAVALCANTI LODE STILNOVISTA La donna amata, strumento di L’effetto dell’amore conoscenza, superiore, sull’innamorato bellezza estranea al corpo GUIDO CAVALCANTI Per Cavalcanti : - la poesia è il racconto della sofferenza. - la maggior parte delle poesie di Guido Cavalcanti, è una poesia dolorosa. - la poesia ha un valore sostanzialmente metaforico e la donna cantata dal poeta nei versi è un'immagine, è essa stessa la metafora l'immagine di qualcosa. - la donna non è ancora salvifica lo sarà poi con Dante, infatti la poesia di Dante è una poesia teologica, mentre quella di Cavalcanti è una poesia letteraria. Cavalcanti aveva una formazione filosofica importante: era averroista Averroè - è un filosofo, filosofo arabo di origine, arabo di spagna, del XII secolo - è stato uno dei più importanti interpreti e mediatori anche della filosofia di Aristotele. - Averroè separa la fede dalla conoscenza razionale, secondo gli averroisti esiste un intelletto; l'intelletto non è individuale non esiste una sorta di spirito individuale relativo alla singola persona, ma esiste un unico immortale impersonale intelletto, il che ha una conseguenza: - quando l'essere umano muore quindi quando l'individuo muore, lo spirito, l'intelletto dell'individuo si ricongiunge allo spirito intelletto universale. - Conseguenza : l’uomo in quanto individuo singolo dopo la morte non esiste più. concezione dell'anima : - l'anima individuale non era in sè immortale, perché esisteva un'unica entità superiore globale alla quale si ricongiungeva dopo la morte - questo non coincide con il cattolicesimo: e Dante infatti colloca gli averroisti all'inferno. - la posizione filosofica di Cavalcanti spiega la sua propensione per il lato più distruttivo, più melanconico, più doloroso dell'esperienza poetica e dell'esperienza amorosa. Uno tra i Sonetti rappresentativi di Cavalcanti è : «Voi che per li occhi mi passaste al core» - parole-chiave tipiche del poeta. - "l'angosciosa vita" del poeta, - la poesia di Cavalcanti è una poesia essenzialmente dolorosa che lascia al poeta soltanto la possibilità di sospirare, quindi "sospirando" amore, distrugge, quindi annienta il poeta. - immagine ricorrente degli spiriti: i "deboletti spiriti" , immagine che torna in modo ricorrente quasi ossessivo in Cavalcanti - questi spiriti non sono delle sostanze astratte immateriali, ma erano considerate delle entità che regolavano il funzionamento dell'organismo umano - in questo sonetto la forza di amore fa sì che questi spiriti si disgreghino e se ne vadano (quindi questi "deboletti spiriti van via") : uno sconquassamento fisico che lascia soltanto una parvenza di essere umano (già visto in Guinizzelli: l’immagine della "statua di ottone" quindi resta solo un involucro dell'essere umano...) - l'insistenza sugli aspetti anche dolorosi della poesia e sulla "vertù" cioè la forza sulla forza dell'amore che distrugge ("amor m'ha disfatto"): l'amore che distrugge il poeta a partire dallo sguardo dagli occhi della donna. Il sonetto si conclude con un'immagine quasi quasi teatrale in cui l'anima del poeta si risveglia per la violenza di questo urto di questo scontro con l'amore, quindi l'anima si riscuote si risveglia nel vedere con sbigottimento che il cuore del poeta è morto. Voi che per li occhi mi passaste ´l core Voi che per li occhi mi passaste ’l core e destaste la mente che dormia, guardate a l’angosciosa vita mia, che sospirando la distrugge Amore. E’ vèn tagliando di sì gran valore, che’ deboletti spiriti van via: riman figura sol en segnoria e voce alquanta, che parla dolore. Questa vertù d’amor che m’ha disfatto da’ vostr’ occhi gentil’ presta si mosse: un dardo mi gittò dentro dal fianco. Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto, che l’anima tremando si riscosse veggendo morto ’l cor nel lato manco. altro sonetto molto celebre di Cavalcanti: "Chi è questa che vèn". - Si chiede «chi è questa che viene» (l'immagine del passaggio della donna) - che "ogn'om" quindi che ciascuno, che tutti la guardano; "che fa tremare di chiaritate" (quindi di luce) l'aria. - L’aria trema per la potenza del passaggio della donna, immagine molto cavalcantiana, perché mostra degli effetti fisici e concreti di una di una... della forza dell'amore. - tutti gli elementi anche naturali subiscono un impatto dal passaggio di questa donna. La donna passa accompagnata da amore ("mena Seco", porta con sé Amore) sì che "parlare null'omo pote ma ciascun sospira" : è un evento talmente potente e forte, che i presenti ammutoliscono non riescono più a parlare perché sono di fronte ad un fenomeno troppo difficile anche da sostenere, e resta solo la possibilità di sospirare. "sospirare" : è una delle parole chiave che ritornano moltissimo nella poesia degli stilnovisti. O Dio che sembra" (= Che cos'è) quando gira gli occhi: - poeti della scuola siciliana dell'importanza degli occhi dello sguardo come tramite come finestra attraverso la quale l'amore in un certo senso comunica. "Dical' Amor", (=lo dica amore), che io "nol savria contare" (=non saprei raccontarlo, non saprei dirlo): l'immagine di un fenomeno talmente portentoso da far ammutolire "Cotanto d'umiltà donna mi pare": "d'umiltà donna" è una donna così umile che ogni altra donna "ver di lei" (=paragonata a lei) io la chiamo ira (=sdegno) Continua sull'aspetto dell'impossibilità di descrivere qualcosa di tanto eccelso: "non si poria" (=non si potrebbe) "contar" (=dire) la sua "piagenza" (=la sua bellezza) "che a lei si inchina ogni gentil vertute" : difronte a questa donna si inchina ogni virtù nobile, nel senso che è la signora di ogni virtù, la più nobile la più virtuosa tra le nobili "e la beltade" (=la bellezza) "la mostra" (=la indica) come sua dea: propone in modo molto enfatico l'eccezionalità di questa donna. L'ultima terzina è più enigmatica e più filosofica: "forse" dice "non fu" non è così "alta" così elevata la nostra mente (= le nostre facoltà mentali non arrivano a una tale altezza) "e non non si pose" (=quindi non è stata riposta) "in noi tanta salute", (=cioè tanta grazia) da poterne avere "propriamente" (= in modo adeguato) conoscenza: la vera e profonda essenza di questa donna va oltre tutte le possibilità umane di conoscenza Cavalcanti insiste sulla impossibilità non soltanto di descrivere adeguatamente questa donna e l'effetto che produce, ma anche di comprendere fino in fondo chi è che cos'è e perché ha questo potere.