Libro Italiano Leopardi PDF
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2018
Claudio Giunta
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This is a guide to the life and works of the Italian poet Giacomo Leopardi, written for students. It includes an analysis of his major works, exploring his themes and historical context.
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Cuori Intelligenti Claudio Giunta giacomo leopardi PER LO STUDENTE...
Cuori Intelligenti Claudio Giunta giacomo leopardi PER LO STUDENTE C. Giunta Volume 1a + Volume 1b + Modelli di scrittura + eBook scaricabile + Contenuti Digitali Integrativi Volume 2a + Volume 2b + eBook scaricabile + Contenuti Digitali Integrativi 978-88-6964-532-7 978-88-6964-533-4 Giacomo Leopardi Volume 2a + Volume 2b + Preparazione all'Esame di Stato + eBook scaricabile + Contenuti Digitali Integrativi 978-88-6964-550-1 Giacomo Leopardi + eBook scaricabile + Contenuti Digitali Integrativi 978-88-6964-534-1 CUORI INTELLIGENTI Giacomo Leopardi Volume 3a + Volume 3b + eBook scaricabile + Contenuti Digitali Integrativi 978-88-6964-535-8 Volume 3a + Volume 3b + Preparazione all'Esame di Stato + eBook scaricabile + Contenuti Digitali Integrativi 978-88-6964-551-8 ROSSA DIDATTICA INCLUSIVA Percorsi di base 1 + eBook scaricabile 978-88-6964-523-5 Percorsi di base 2 + eBook scaricabile 978-88-6964-524-2 Percorsi di base 3 + eBook scaricabile 978-88-6964-525-9 Disponibili anche in formato eBook e PDF. 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Claudio Giunta Giacomo Leopardi ROSSA I O R N ATA NE AGG EDIZIO internet: deascuola.it e-mail: [email protected] Redattore responsabile: Laura Lanzeni Progetto grafico: Alessandra Soi Redazione: Marta Falco Impaginazione: Rossana Salvi Ricerca iconografica: Laura Lanzeni Copertina: Erika Barabino Redazione multimediale: Matteo Garlaschi Tecnico responsabile: Daniela Maieron Art Director: Nadia Maestri Questo volume è stato scritto da Emilio Torchio e da Claudio Giunta. La scheda Come è fatta la letteratura è a cura di Matteo Largaiolli. Le pagine di Preparazione all’Esame di Stato, sono a cura di Michele Ruele I Laboratori sono a cura di Michele Ruele e Stefano Lotti. La revisione didattica è a cura di Alfredo Panigada. In uno scenario di profonda trasformazione dell’azione formativa e della didattica De Agostini Scuola ha ripensato e potenziato gli strumenti di supporto al lavoro dei docenti. Le guide pratiche e i materiali didattici per lo sviluppo, la valutazione e la certificazione delle competenze, sono stati progettati con la supervisione scientifica dei professori Mario Castoldi, Giorgio Bolondi, Lerida Cisotto e Graziano Cecchinato. Proprietà letteraria riservata © 2018 De Agostini Scuola SpA – Novara 1a edizione: gennaio 2018 Printed in Italy Le fotografie di questo volume sono state fornite da: De Agostini Picture Library, Archivi Scala Firenze, Webphoto&Services Immagini in copertina: De Agostini Picture Library L’editore dichiara la propria disponibilità a regolarizzare eventuali omissioni o errori di attribuzione. Nel rispetto del DL 74/92 sulla trasparenza nella pubblicità, le immagini escludono ogni e qualsiasi possibile intenzione o effetto promozionale verso i lettori. Tutti i diritti riservati. Nessuna parte del materiale protetto da questo copyright potrà essere riprodotta in alcuna forma senza l’autorizzazione scritta dell’Editore. 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Stampa: Grafica Veneta S.p.A. – Trebaseleghe (PD) Ristampa 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Anno 2018 2019 2020 2021 2022 2023 Indice AUTORE PERCORSO 1 2 4 Le Operette morali T12 Storia del genere umano 95 101 Giacomo Leopardi n La trama della Storia del genere umano 102 La meraviglia del pensiero e delle parole T13 Dialogo della Natura e di un Islandese 104 n Leopardi e il problema del male 113 1 La vita e le opere 5 T14 Cantico del Gallo Silvestre 114 La famiglia e la formazione 5 T15 Dialogo di un Venditore d’almanacchi Leopardi a Recanati 7 e di un Passeggere 119 n Una lettera di Leopardi al padre Monaldo 10 T16 Dialogo di Tristano e di un amico 122 Leopardi lontano da Recanati 11 5 Lo Zibaldone di pensieri 125 n Pessimismo storico e pessimismo cosmico 12 T17 Tutto (anche la vita) ci è caro solo n LETTERATURA E CINEMA Il giovane favoloso 14 se temiamo di perderlo 126 T18 Ritratto di una madre terribile: 2 Vita, poesia e filosofia 17 Adelaide Antici 127 I temi della poesia leopardiana 19 T19 Meditazione sulla morte eBook I lettori di Leopardi 21 T20 Il ruolo della donna nella società ottocentesca: madre o monaca 129 3 I Canti 23 T21 I ragazzi e la società: il processo di crescita 132 La genesi, la struttura, le edizioni 23 T22 La conoscenza, la vecchiaia, il dolore 133 n Le edizioni dei Canti 24 T23 Come ottenere la fama eBook Un modo nuovo di fare poesia 25 T24 Perché si vive? I viventi e la vita eBook Le Canzoni 27 T25 Il progresso: lo scetticismo di Leopardi 134 n Leopardi difende la mitologia classica 28 T26 L’uomo ha bisogno di illusioni 136 T1 Ultimo canto di Saffo 29 T27 La noia 137 Gli Idilli 34 LETTURE CRITICHE eBook T2 Il passero solitario 36 C2 L. Polato, La felicità è solo nell’immaginazione T3 L’infinito 40 C3 S. Timpanaro e U. Carpi, C1 LETTURA CRITICA L. Blasucci, Come si legge Leopardi visto da sinistra un verso: «Sempre caro mi fu quest’ermo colle» 43 C4 G. Sangirardi, Le Operette morali: un libro troppo nuovo per poter essere capito n COME È FATTA LA LETTERATURA Gli autografi di Leopardi: L’infinito 45 n MAPPA DI SINTESI n BIBLIOGRAFIA 139 T4 La sera del dì di festa 46 n AUTORI A CONFRONTO Dante e Leopardi: la luce vista da un luogo in ombra 51 LA LETTERATURA COME DOCUMENTO PERCORSO 2 140 Un'idea dell’Italia I canti pisano-recanatesi 51 I costumi degli italiani: T5 A Silvia 53 T6 Canto notturno di un pastore errante da Leopardi al Novecento dell’Asia 58 1 Il Discorso sopra lo stato presente n NEL MONDO DELL'ARTE Leopardi, Friedrich dei costumi degl’Italiani 140 e Ajvazovskij 64 T1 G. Leopardi, Un popolo che ride e deride 141 T7 La quiete dopo la tempesta ▶ANALISI ATTIVA 66 T2 G. Leopardi, Il bisogno di una T8 Il sabato del villaggio 69 «stretta società» 144 Il “ciclo di Aspasia” 72 T3 G. Leopardi, La solitudine è bellissima 146 n Chi era Aspasia? 74 T9 A se stesso 75 2 I «costumi degl’Italiani» cent’anni dopo 147 Gli ultimi canti 77 T4 C. Alvaro, Sulle macerie dell’Italia 148 n Palinodia 78 T5 A. Arbasino, Un popolo di conformisti 149 T10 Il tramonto della luna 80 T6 C. Garboli, «Ed ora veniamo allo sport... » 151 T11 La ginestra o il fiore del deserto 84 PREPARAZIONE ALL’ESAME DI STATO 154 Indice III Autore Percorso 1 Giacomo Leopardi La meraviglia del pensiero e delle parole Giacomo Leopardi ha vissuto per meno di quarant’anni, ma in questo breve arco di tempo è stato molte cose diverse: un filologo, un poeta, un narratore, un filosofo. Soprattutto, ha scritto pagine che “suonano” in maniera molto diversa tra loro. Versi tra i più solari ed esaltanti che siano mai stati scritti: «Così tra questa / immensità s’annega il pensier mio: / e il naufragar m’è dolce in questo mare» (così si chiude la sua lirica più celebre, L’infinito). Pagine di puro genio satirico: «il più savio partito – scrive nel Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani – è quello di ridere indistintamente e abitualmente d’ogni cosa e d’ognuno, incominciando da se medesimo». Ma anche frasi terribili, che non lasciano scampo: Non gli uomini solamente, ma il genere umano fu e sarà sempre infelice di necessità. Non il genere umano solamente, ma tutti gli animali. Non gli animali soltanto ma tutti gli altri esseri al loro modo. Non gl’individui, ma le specie, i generi, i regni, i globi, i sistemi, i mondi. (Zibaldone, 22 aprile 1826) Questo pessimismo ha influenzato e, anzi, ha quasi plasmato l’immagine che noi oggi abbiamo di Leopardi: il poeta sofferente, deforme, sfortunato con le donne, isolato, destinato a morire giovane. È uno stereotipo e, come accade spesso con gli stereotipi, contiene una parte di verità. E non si può dire che l’«ostinata nera orrenda barbara malinconia», che Leopardi confessa di provare in una sua lettera giovanile, non influenzi la sua opera: al contrario, diventerà una parte essenziale della sua poetica e della sua visione del mondo. 2 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo dolore Canti Operette morali luna poesia noia Italia ginestra infinito Leopardi Zibaldone «studio matto Recanati Canzoni Idilli e disperatissimo» filosofia filologia Ma è proprio questo spessore filosofico, questo continuo lavoro del pensiero, che rende uniche – e straordinariamente interessanti – le pagine leopardiane. Il suo è «pensiero poetante», come è stato detto giustamente adoperando una formula del filosofo Martin Heidegger: «il vero poeta – annota Leopardi nello Zibaldone (8 settembre 1823) – è sommamente disposto ad esser gran filosofo, e il vero filosofo ad essere gran poeta». Dunque si possono leggere con entusiasmo e partecipazione poesie celebri come L’infinito o La sera del dì di festa, che possiamo considerare come la quintessenza del genere lirico; ma poi è bene passare ai Canti concettualmente più impegnativi, come La ginestra, alle Operette morali e ad alcuni passi dello Zibaldone, in modo da familiarizzare non solo con le parole ma anche con il pensiero di Leopardi. In nessun altro scrittore italiano la vocazione del lirico e la vocazione del filosofo si sono, infatti, così splendidamente fuse. Questa accoppiata tra poesia e filosofia può spaventare: i poeti-filosofi sono spesso seriosi e noiosi. Leopardi no. Leopardi non parla di massimi sistemi in modo oscuro: fissa l’attenzione sulle cose più importanti dell’esistenza – l’amore, la morte, il dolore, l’arte – e dice, su ciascuna di queste cose, parole che sono insieme bellissime e illuminanti. Soprattutto, Leopardi non è un “vecchio saggio”. Scrive la maggior parte dei suoi capolavori tra i venti e i trentacinque anni, e anche per questo – perché era giovane quando lavorava ai Canti, allo Zibaldone e alle Operette morali – in ogni sua pagina, anche nella più amara, si avverte un disperato bisogno di vita: Leopardi, insomma, non è affatto lo scrittore dei pessimisti, è lo scrittore di tutti coloro che amano vivere a occhi aperti, facendosi delle domande sulla propria esistenza. Percorso 1 Giacomo Leopardi 3 ATTIVA I TESTI SU EBOOK PERCORSO NEI TESTI Le Canzoni T1 Ultimo canto di Saffo T2 Il passero solitario Gli Idilli T3 L’infinito T4 La sera del dì di festa T5 A Silvia I Canti I canti T6 Canto notturno di un pastore errante dell’Asia pisano-recanatesi T7 La quiete dopo la tempesta T8 Il sabato del villaggio Il “ciclo di Aspasia” T9 A se stesso T10 Il tramonto della luna Gli ultimi canti T11 La ginestra o il fiore del deserto T12 Storia del genere umano T13 Dialogo della Natura e di un Islandese T14 Cantico del Gallo Silvestre Le Operette morali Dialogo di un Venditore d’almanacchi T15 e di un Passeggere T16 Dialogo di Tristano e di un amico T17 Tutto (anche la vita) ci è caro solo se temiamo di perderlo T18 Ritratto di una madre terribile: Adelaide Antici T19 Meditazione sulla morte Il ruolo della donna nella società ottocentesca: T20 madre o monaca T21 I ragazzi e la società: il processo di crescita Lo Zibaldone di pensieri T22 La conoscenza, la vecchiaia, il dolore T23 Come ottenere la fama T24 Perché si vive? I viventi e la vita T25 Il progresso: lo scetticismo di Leopardi T26 L’uomo ha bisogno di illusioni T27 La noia LETTURE CRITICHE Leopardi è stato, oltre che il più grande poeta L. Blasucci, Come si legge un verso: italiano dell’Ottocento, anche il nostro C1 «Sempre caro mi fu quest’ermo colle» più grande pensatore. Trovi nell’eBook un’ampia C2 L. Polato, La felicità è solo nell’immaginazione scelta di pagine dello Zibaldone. C3 S. Timpanaro e U. Carpi, Leopardi visto da sinistra G. Sangirardi, Le Operette morali: un libro troppo C4 nuovo per poter essere capito 4 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo 1 La vita e le opere La famiglia e la formazione Nascere a Recanati nel 1798 Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno 1798 in un pic- colo centro dello Stato Pontificio, Recanati (attualmente nelle Marche). È un borgo chiuso, arretrato dal punto di vista culturale, e Leopardi lo detesterà sempre: «[Reca- nati] M’è tanto cara che mi somministrerebbe le belle idee per un trattato dell’odio della patria». Suo padre, il conte Monaldo, è una persona colta: ha una biblioteca vastissima ma non aggiornata. È ben fornita di scrittori classici (poeti, storici, filosofi, scienziati greci e latini) e cristiani (i padri della Chiesa, i teologi medievali e moderni), di libri d’erudizione e antiquaria (quella branca della storiografia che studia le arti e gli og- getti antichi, come le medaglie e le monete). Monaldo è senz’altro un conservatore: cattolico osservante, nemico giurato dell’Illuminismo, a disagio con le idee moderne. Ha sposato Adelaide Antici, donna dura e bigotta, che amministra con severità il patrimonio di famiglia, in parte sperperato dal marito, bibliofilo accanito. Hanno cinque figli: il più grande è Giacomo. La formazione da autodidatta e gli studi classici Appassionatissimo agli studi, ingegno precoce, avido di cultura, Giacomo legge ancora a notte inoltrata, fino a quando la candela non si consuma. Monaldo scrive al cognato, Carlo Antici, il 17 gennaio 1815: Giacomo contando a niente1 la occupazione della scuola, trasportato da una voglia ardentissima di sapere e dotato non solo di ingegno ma di memoria quasi prodi- giosa, ha letto tanto da sé che ha superata qualunque aspettativa, e appena di 16 anni, trovasi al caso di gareggiare per la erudizione con molti. Devo continuamente sgridarlo perché non tolga al sonno, al cibo, al sollievo ogni momento che può, per darlo allo studio. Delli 12 mila volumi, circa, che ho nella mia Libraria2 non credo siavene3 un solo a lui sconosciuto e di cui non possa darne ragione. 1. contando a niente: considerando facilissima. 2. Libraria: libreria. 3. siavene: ve ne sia. Nella lettera a Pietro Giordani del 2 marzo 1818, Leopardi rievoca così la sua giovi- nezza appena trascorsa: io mi sono rovinato con sette anni di studio matto e disperatissimo in quel tempo che mi s’andava formando e mi si doveva assodare la complessione1. E mi sono rovinato infelicemente e senza rimedio per tutta la vita, e rendutomi l’aspetto miserabile, e dispregevolissima tutta quella gran parte dell’uomo [il corpo], che è la sola a cui guardino i più. 1. assodare la complessione: irrobustire il corpo. Grazie ai suoi studi da autodidatta, Leopardi acquisisce una cultura vastissima nel campo della filologia classica. Diventa, cioè, un esperto di livello europeo di tutti gli aspetti del mondo antico: storia, geografia, filosofia, letteratura, scienza. Conosce in profondità – anche se non è la materia che predilige – la letteratura italiana, mentre meno ampia è, almeno in questi anni, la sua conoscenza delle letterature straniere moderne. Tuttavia, come lui stesso riconosce amaramente nel brano appena citato, paga sul suo corpo il desiderio smodato di sapere. Rimane poco sviluppato e gracile; Percorso 1 Giacomo Leopardi 5 una malformazione alla spina dorsale lo rende gobbo e gli danneggia la funzionalità di cuore e polmoni; la vista è debole. I suoi rapporti con gli uomini, e molto di più quelli con le donne, vengono compromessi. A proposito del rapporto tra le menoma- zioni fisiche di Leopardi e il suo pensiero, il grande filologo Sebastiano Timpanaro (1923-2000) ha scritto: Il torto […] [da parte degli interpreti di Leopardi] non sta nell’aver affermato l’esistenza di un rapporto tra «vita strozzata» e pessimismo, ma nel non aver riconosciuto che l’esperienza della deformità e della malattia non rimase affatto nel Leopardi un motivo di lamento individuale, un fatto privato e meramente biografico, e nemmeno un puro tema di poesia intimistica, ma divenne un for- midabile strumento conoscitivo. Vale a dire che Leopardi è partito dalla sua deformità per riflettere sulla condizio- ne dell’uomo, e che la sua riflessione amara, disperata, ha un valore e una verità in se stessa, indipendentemente dalle condizioni nelle quali Leopardi si è trovato a vivere. A partire dai dieci, un- dici anni, Leopardi scrive versi, abbozza trattati filo- sofici, traduce testi classici. La biblioteca di Palazzo Leopardi a Recanati. Scrive le prime canzoni Partecipa (All’Italia e Sopra il monumento Nasce a Recanati alla polemica di Dante) e il Discorso di un italiano il 29 giugno classico- intorno alla poesia romantica romantica; inizia a tradurre Tentativo di fuga da Recanati; Corrispondenza inizia la composizione Giacomo Leopardi i classici e a con Pietro comporre versi degli Idilli Giordani; inizia la stesura Ad Angelo Mai dello Zibaldone Gli anni giovanili e la formazione Gli anni a Recanati 1798 1799 1815 1816 1817 1818 1819 1820 1821 Colpo Congresso Inizio dei moti Napoleone di stato di di Vienna rivoluzionari muore a Napoleone e sconfitta Sant’Elena di Napoleone a Waterloo 6 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo Rispettivamente nel 1813 e nel 1815 compone due opere che danno la misura delle sue conoscenze: la Storia dell’astronomia dalla sua origine fino all’anno MDCCCXI e il Saggio sopra gli errori popolari degli antichi. In entrambe, Leopardi si interessa alle interpretazioni dei fenomeni naturali elaborate dagli antichi (interpretazioni per gran parte fantastiche), a paragone di quelle razionali e sperimentali dei moderni. Leopardi a Recanati La conversione poetica: «dall’erudizione al bello» Nel 1816 Leopardi matura quel- lo che egli stesso definisce il passaggio «dall’erudizione al bello»: desidera diventa- re non più (o non solo) uno studioso, ma uno scrittore, un poeta. E infatti l’interesse per la poesia cresce: traduce in versi il libro I dell’Odissea e il libro II dell’Eneide e prova a comporre versi. Il dibattito fra classicisti e romantici Leopardi cerca, inoltre, di inserirsi nel dibattito culturale corrente inviando una Lettera ai Sigg. compilatori della «Biblioteca Italiana», che però non viene pubblicata. Nella Lettera Leopardi prende posizione sulle questioni sollevate da Madame de Staël (1766-1817) nell’intervento Sulla maniera e la utilità delle traduzioni, che aveva dato origine al dibattito italiano sul Romanticismo [▶ Volume 2B, Sezione III, Percorso 6]: la de Staël affermava l’arretratezza della poesia italia- na rispetto a quella tedesca ed esortava gli italiani a sprovincializzarsi, aprendosi alla conoscenza delle letterature straniere moderne; Leopardi replica che i letterati italiani possono trovare tutti i modelli di cui hanno bisogno nella tradizione latina e greca. Nella polemica fra classicisti e romantici, Leopardi si schiera dunque a favore dei primi. L’idealizzazione degli antichi porta con sé il disprezzo per la società contempo- ranea, colpevole – secondo Leopardi – di aver corrotto la natura rendendo impossibile per gli uomini vivere con essa un rapporto diretto e autentico. È la fase di quello che i critici (non Leopardi) chiameranno “pessimismo storico”: il male dell’uomo è causato dall’uomo stesso e dal processo di civilizzazione, non dalla natura [▶ Pessi- mismo storico e pessimismo cosmico]. Stesura delle Si trova Operette morali (prima edizione) Si trasferisce Canti prime venti a Bologna, a Napoli (seconda edizione) Operette morali; Soggiorna Si trasferisce a Canti dove pubblica (prima con Antonio pubblicazione delle i Versi a Firenze, Firenze, dove edizione) Ranieri Operette morali Canzoni; Discorso sopra poi a Pisa; stringe (terza edizione) lo stato presente dei composizione amicizia con dei canti Antonio Inizia la Operette Muore a Napoli costumi degl’Italiani pisano- Ranieri composizione morali il 14 giugno Si recanatesi del “ciclo di (seconda Soggiorno trasferisce edizione) La Aspasia” a Roma ginestra a Milano Gli anni a Roma, Milano, Bologna, Firenze e Pisa Gli ultimi anni a Napoli 1822-1823 1824 1825 1826 1827-1828 1830 1831 1833 1834 1835 1836 1837 Mazzini Moti carbonari nei In Francia, Trattato Nella Penisola viene Ducati di Modena alla morte di Londra si diffonde mandato e Parma e nello di Luigi XVIII un’epidemia in esilio Stato Pontificio; subentra di colera Mazzini fonda la Carlo X “Giovine Italia” Percorso 1 Giacomo Leopardi 7 Luigi Basiletti, Enea incontra Andromaca a Butrinto, 1811. Zibaldone Zibaldone è, in origine, un piatto composto di molti ingredienti diversi; poi, per metafora, passa a indicare qualsiasi mescolanza di cose eterogenee, quindi (ed è l’uso che del termine fa Leopardi) anche un diario di lavoro nel quale si registrano note e pensieri sparsi. È probabile che la parola derivi da zabaione. Nel 1817 Leopardi inizia a tenere una sorta di diario (che continuerà a scrivere fino al 1832) in cui trascrive brani di opere altrui, annota riflessioni, spunti filosofici e letterari, osservazioni filologiche e linguistiche, progetti poetici, considerazioni autobiografiche. Questo diario, per il suo contenuto eterogeneo, viene chiamato da Leopardi stesso Zibaldone. L’amicizia con Pietro Giordani e le canzoni di argomento civile Sempre nel 1817, Leopardi stampa a Milano la sua traduzione del libro II dell’Eneide e ne invia una copia ad Angelo Mai, cardinale e dotto filologo, una a Vincenzo Monti e una a Pietro Giordani. Gli rispondono tutti e tre, ma solo quest’ultimo, dopo aver saputo l’età del traduttore, è entusiasta: «nel Novecento – scrive – il conte Leopardi (che già amo) sarà numerato tra’ primi». Leopardi trova finalmente in Giordani il suo primo inter- locutore di alto livello: «Le sue lettere m’han dato animo. Ho veduto ch’ella è un signore da sopportarmi, e da acconciarsi anche ad istruirmi» (21 marzo 1817). Il rapporto con Giordani è di notevole importanza: «la sua fama di ateo [di Gior- dani] […] avvalorò la leggenda che egli avesse indotto all’ateismo il Leopardi. Fu Monaldo Leopardi il primo a convincersi che l’incredulità religiosa e il liberalismo politico del figlio fossero dovuti alle nocive suggestioni di Pietro Giordani […]. Ma, molti anni dopo, l’accusa di Giordani fu rinnovata da Vincenzo Gioberti [che] asse- riva di avere udito ciò direttamente dal Leopardi […]. Nel […] Giordani l’esigenza predominante era quella anticlericale […]. Nel Leopardi invece il motivo anticleri- cale era meno fortemente sentito […] ma molto più fortemente quello antireligio- so» (S. Timpanaro). Vale a dire che Leopardi non ama certamente i preti e la gerar- chia ecclesiastica; tuttavia il suo vero bersaglio polemico sarà, fino alla morte, la religione, la fede in un mondo ultraterreno, quale che sia la dottrina che lo predica. Le prime due poesie pubblicate da Leopardi sono, dal punto di vista metrico, can- zoni: All’Italia e Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze. Queste due canzoni di argomento civile compaiono a Roma nel 1818, con dedica a Vincenzo Monti, modello e termine di confronto del giovane Leopardi. Nello stesso anno Leopardi scrive il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica, in cui riprende il ragionamento sul rapporto fra Classicismo e Romanticismo; come il precedente tentativo di inserirsi nel dibattito letterario, anche questo fallisce: il testo infatti rimane inedito fino al 1906. 8 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo La conversione filosofica: «dal bello al vero» Nel 1819, diventato maggiorenne, Leopardi cerca di fuggire di casa, ma il tentativo viene scoperto dai familiari [▶ Una lettera di Leopardi al padre Monaldo]. Il 1819 è un anno importante per l’evoluzione del pensiero leopardiano. Oltre alla frustrazione per la mancata fuga da Recanati, a partire da marzo una malattia agli occhi gli impedisce di leggere e scrivere. Nella lettera del 19 novembre 1819 Leopardi si sfoga con Giordani: Non ho più lena [respiro, forza] di concepire nessun desiderio, neanche della morte, non perch’io la tema in nessun conto, ma non vedo più divario tra la morte e questa mia vita, dove non viene più a consolarmi neppure il dolore. Questa è la prima volta che la noia non solamente mi opprime e stanca, ma mi affanna e lacera come un dolor gravissimo; e sono così spaventato della vanità di tutte le cose, e della condizione degli uomini, morte tutte le passioni, come sono spente nell’animo mio, che ne vo fuori di me, considerando ch’è un niente anche la mia disperazione. Le riflessioni concepite in questo periodo sono state etichettate dagli storici della letteratura in vari modi: “conversione filosofica”, “passaggio dal bello al vero filoso- fico” o “passaggio dalla poesia alla filosofia”; in sostanza, Leopardi – che nell’adole- scenza aveva soprattutto studiato le letterature classiche e scritto poesie – comincia a mettere su carta le sue riflessioni sulla propria esistenza e sul mondo: La mutazione totale in me, e il passaggio dallo stato antico al moderno, seguì si può dire dentro un anno, cioè nel 1819, dove, privato dell’uso della vista, e della continua distrazione della lettura, cominciai a sentire la mia infelicità in un modo assai più tenebroso, cominciai ad abbandonar la speranza, a riflettere profondamente sopra le cose […], a divenir filosofo di professione (di poeta ch’io era), a sentire l’infelicità certa del mondo, in luogo di conoscerla, e questo anche per uno stato di languore [malessere] corporale, che tanto più mi allontanava dagli antichi e mi avvicinava ai moderni. (Zibaldone, 1° luglio 1820) In una lettera a Giordani del 4 settembre 1820, Leopardi annuncia: «in questi giorni, quasi per vendicarmi del mondo, e quasi anche della virtù, ho immaginato e abboz- zato certe prosette satiriche». Sono le prime prove delle Operette morali. Il passaggio «dal bello al vero filosofico» coincide anche con l’abbandono della religione cattolica e la maturazione di una visione del mondo atea e materialisti- ca. In questa fase, la poesia acquisisce per Leopardi un ruolo specifico: diventa il luogo in cui più propriamente trovano spazio e voce le illusioni. Tra il 1819 e il 1821 scrive la serie degli Idilli, alla quale appartiene anche il celeberrimo Infinito, oltre ai componimenti La ricordanza (che poi diventerà Alla luna), Lo spavento notturno, La sera del dì di festa, Il sogno e La vita solitaria (Leopardi aspetterà però i mesi a cavallo tra il 1825 e il 1826 per stamparli sulla rivista milanese «Nuovo Ricoglitore»). Insieme agli idilli, dopo le prime sperimentazioni del 1818 vengono composte altre canzoni: nel gennaio del 1820 Ad Angelo Mai e, tra l’ottobre del 1821 e il luglio del 1822, Nelle nozze della sorella Paolina, A un vincitore nel pallone, Bruto minore, Alla Primavera, o delle favole antiche, Ultimo canto di Saffo, Inno ai Patriarchi, o de’ principii del genere umano. La “scoperta del vero” e la conseguente “caduta delle illusioni” determinano la nascita di una consapevolezza nuova, mediata tuttavia da una visione ancora posi- tiva della natura: l’idea dell’infelicità dell’uomo nella storia. Percorso 1 Giacomo Leopardi 9 UNA LETTERA DI LEOPARDI AL PADRE MONALDO La famiglia Leopardi non era una famiglia felice. E l’atmosfera gran genio è cominciata dalla disperazione, perciò non mi che si respirava in casa non doveva essere molto piacevole. sgomenta4 che la mia cominci così. Voglio piuttosto essere Il padre, Monaldo, era un uomo colto e intelligente, ma ter- infelice che piccolo, e soffrire piuttosto che annoiarmi, tanto ribilmente conservatore. La madre era severa e attentissima più che la noia, madre per me di mortifere malinconie, mi ai soldi. A un giovane eccezionale come Leopardi la famiglia nuoce assai più che ogni disagio del corpo. I padri sogliono stava stretta; e gli stava stretta anche la cittadina di Recanati, giudicare dei loro figli più favorevolmente degli altri, ma che nei primi anni dell’Ottocento doveva essere davvero un Ella per lo contrario ne5 giudica più sfavorevolmente d’ogni deserto: ameno, accogliente, persino confortevole, ma pur altra persona, e quindi non ha mai creduto che noi fossi- sempre un deserto. Sin da quand’era adolescente, Leopardi mo nati a niente di grande: forse anche non riconosce altra grandezza che quella che si misura coi calcoli, e colle norme fece ogni sforzo per andarsene. Ma gli mancava un’occupa- geometriche. Ma quanto a ciò molti sono d’altra opinione; zione che lo rendesse economicamente indipendente, e la quanto a noi, siccome il disperare di se stessi non può altro sua cattiva salute rendeva tutto ancora più difficile. che nuocere, così non mi sono mai creduto fatto per vivere Nell’estate del 1819 decise di partire, senza un vero progetto, e morire come i miei antenati. all’avventura. Il tentativo di fuga venne scoperto, e Leopar- di dovette rimanere a casa (se ne andrà, temporaneamente, È solo uno stralcio, corrispondente a circa un quinto della solo tre anni dopo, nel 1822, recandosi a Roma, ospite dello lettera che Giacomo scrisse a suo padre. Ma già da queste zio Carlo Antici). Ma prima della progettata partenza scrisse poche righe si può percepire la rabbia e l’indignazione che una lettera, dura e sincera, al padre, nella quale lo accusava questo ventenne prova (nonostante gli professi il suo affet- di non aver mai veramente pensato al suo bene: to) per chi lo ha tenuto prigioniero tanto a lungo nel limbo di Recanati. … Ella conosceva […] la miserabilissima vita ch’io menava La prima parte del brano è un’analisi del passato, analisi per le orribili malinconie, ed i tormenti di nuovo genere che che si conclude con la decisione, già presa da tempo, di non mi procurava la mia strana immaginazione, e non pote- va ignorare quello ch’era più ch’evidente, cioè che a que- «confidare se non in se stesso», cioè di non cercare alleati in sto, ed alla mia salute che ne soffriva visibilissimamente, famiglia. La seconda parte è un programma per il futuro, e ne sofferse sino da quando mi si formò questa misera ed è un programma esaltante e commovente. Il “pessimi- complessione1, non v’era assolutamente altro rimedio che sta” Leopardi pensa che ogni essere umano dovrebbe «esser distrazioni potenti, e tutto quello che in Recanati non si contento», e per raggiungere questo obiettivo è pronto a poteva mai ritrovare. Contuttociò2 Ella lasciava per tanti mendicare, a soffrire, a essere trattato come un pazzo: tutto, anni un uomo del mio carattere, o a consumarsi affatto in pur di lasciarsi alle spalle la «vile prudenza» insegnatagli dal istudi micidiali, o a seppellirsi nella più terribile noia, e per padre e pur di non «vivere e morire» come quegli antenati i conseguenza, malinconia, derivata dalla necessaria solitu- cui cupi ritratti Giacomo vedeva appesi ai muri di casa. dine, e dalla vita affatto disoccupata, come massimamente negli ultimi mesi. Non tardai molto ad avvedermi che qua- 1. mi si … complessione: diventai di costituzione così debole. lunque possibile e immaginabile ragione era inutilissima a 2. Contuttociò: Ciononostante. 3. Ed ora … me: Leopardi ha 21 anni ed è maggiorenne. rimuoverla dal suo proposito, e che la fermezza straordi- 4. sgomenta: spaventa. naria del suo carattere, coperta da una costantissima dis- 5. ne: ci. simulazione, e apparenza di cedere, era tale da non lasciar la minima ombra di speranza. Tutto questo, e le riflessioni Palazzo Leopardi a Recanati. fatte sulla natura degli uomini, mi persuasero, ch’io, benché sprovveduto di tutto, non dovea confidare se non in me stesso. Ed ora che la legge mi ha già fatto padrone di me3, non ho voluto più tardare a incaricarmi della mia sorte. Io so che la felicità dell’uomo consiste nell’esser contento, e però più facilmente potrò esser felice mendicando, che in mezzo a quanti agi corporali possa godere in questo luogo. Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende in- capaci d’ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz’altro pensiero. So che sarò stimato pazzo, come so ancora che tutti gli uomini grandi hanno avuto questo nome. E perché la carriera di quasi ogni uomo di 10 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo Leopardi lontano da Recanati Il soggiorno romano, le Canzoni e le Operette morali Dopo aver a lungo deside- rato di allontanarsi da Recanati, tra il novembre del 1822 e il maggio del 1823 Leopar- di è a Roma presso gli Antici, i suoi zii materni. L’ambiente culturale lo delude molto. Instaura pochi rapporti importanti, tra cui quello con il tedesco Barthold Niebuhr (1776-1831), grande storico dell’antica Roma. Nel 1824, di ritorno a Recanati, scrive il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani, pubblicato solo nel 1906. Sempre nel 1824 Leopardi pubblica a Bologna il volume delle Canzoni, in cui sono raccolte le nove canzoni composte fino al luglio del 1822, alle quali si aggiunge Alla sua donna. Le canzoni sono ancora precedute da una dedica a Monti e seguite da annotazioni linguistiche. Dopo la pubblicazione delle Canzoni Leopardi abbandona temporaneamente la poesia: tra il gennaio e il novembre del 1824 scrive in prosa le prime venti Operette morali, che verranno pubblicate per la prima volta in volume a Milano nel 1827. In quest’opera, il pessimismo leopardiano si approfondisce; la natura, responsabile di ogni male, non è più madre amorevole ma matrigna indiffe- rente, e per l’uomo non esiste più alcuna speranza di affrancarsi dal male. Milano, Bologna e Firenze Leopardi ha bisogno di soldi per mantenersi, in modo da poter tagliare i ponti con la famiglia. L’editore Stella gli commissiona un’edizione di tutte le opere di Cicerone. Per questo motivo, Leopardi giunge a Milano nel luglio del 1825, dove desidera subito incontrare Vincenzo Monti. Il soggiorno è breve e il progetto ciceroniano non va in porto. Si avviano però altri lavori, che permettono a Leopardi di rendersi indipendente dalle finanze paterne e di risiedere fuori casa. Fra il settembre e il novembre del 1826 è a Bologna: prepara un commento alle Rime di Petrarca (pubblicato nel 1826) sempre per l’editore Stella e pubblica una sua raccolta di Versi. Per intermediazione di Giordani, tre Operette morali vengono stampate sulla rivista fiorentina «Antologia». Rientra per alcuni mesi a Recanati e poi torna, alla fine dell’aprile 1827, a Bologna. Per lo Stella lavora alla traduzione del Ma- nuale del filosofo greco Epitteto (I-II secolo d.C.), edita postuma nel 1845, e pubblica una Crestomazia [antologia] italiana della prosa (1827) e una della poesia (1828). Tra giugno e ottobre del 1827 è a Firenze. Entra in contatto con il gruppo del- l’«Antologia», a cui gli viene chiesto di collaborare. Questa rivista era stata fondata nel 1821 da Giovan Pietro Vieusseux (1779-1863), un mercante ligure di origine svizzera che si era stabilito a Firenze nel 1819: qui aveva dato vita al Gabinetto scientifico-letterario (il termine gabinetto significa “piccola stanza”, “salottino”), un punto di ritrovo per la diffusione di libri e periodici, e poi, insieme a Gino Capponi, aveva fondato l’«Antologia». A Firenze, Leopardi conosce di persona Manzoni e lo scrittore francese Stendhal. Pisa e i canti pisano-recanatesi Attratto da un clima migliore per la sua salute, Leo- pardi sverna a Pisa, dove si trattiene fino a giugno del 1828, quando ritorna a Firenze. Nel novembre del 1828 non ha più denaro ed è costretto a rientrare a Recanati. Nel frattempo, a partire dall’aprile 1828, riprende a scrivere poesie: è l’epoca dei co- siddetti canti pisano-recanatesi (Il risorgimento, A Silvia, Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia). Il ritorno a Firenze, l’amicizia con Ranieri e la prima edizione dei Canti Alla fine dell’aprile 1830 Leopardi accetta un sussidio economico di un anno offertogli dall’a- mico Pietro Colletta a nome degli «amici di Toscana»: può quindi tornare a Firenze. Percorso 1 Giacomo Leopardi 11 È celebre – perché insieme magnanima ed elegante – la formula con cui Colletta gli offre il denaro, raccolto da amici-benefattori che hanno voluto rimanere anonimi: Mi diceste una volta che 18 francesconi [la moneta corrente, al tempo, nel Gran- ducato di Toscana] il mese bastavano al vostro vivere: ebbene, 18 francesconi al mese Voi avrete per un anno; a cominciare, se vi piace, dal prossimo aprile. Io passerò in vostre mani, con anticipazione da mese a mese, la somma su detta; ma non avrò altro peso ed uffizio che passarla: nulla uscirà da mia borsa: chi dà non sa a chi dà; e Voi che ricevete, non sapete da quali. Sarà prestito qualora vi piaccia di rendere le ricevute somme; e sarà meno di prestito, se la occasione di restituire mancherà: nessuno saprebbe a chi chiedere: Voi non sapreste a chi rendere. PESSIMISMO STORICO E PESSIMISMO COSMICO Per un’intelligenza fuori dal comune come quella di Leo- i filosofi antichi sia gli illuministi deisti o atei come Voltaire pardi, i giorni valgono come settimane, le settimane come (1694-1778), Diderot (1713-1784), d’Holbach (1723-1789) – ca- mesi, i mesi come anni: vale a dire che il suo pensiero evolve pisce cioè che anche i più saggi tra i Greci e i Latini erano rapidamente, si arricchisce, sia perché Leopardi riflette di infelici, e ne trae la conclusione che l’infelicità umana non è continuo sui problemi che gli stanno a cuore sia perché è dovuta al distacco dalla natura e all’abbandono delle illusio- un lettore instancabile e onnivoro, e soprattutto negli anni ni in cambio di “aride verità”, ma dipende dal semplice fatto della formazione queste letture influenzano profondamen- di essere in vita. Ogni organismo vivente, preso nell’ingra- te, e cambiano, la sua visione del mondo. naggio dell’esistenza, è votato alla morte. Ciò che è peculiare Uno dei primi interpreti di Leopardi, Bonaventura Zum- dell’uomo, rispetto alle piante e agli animali, non è il dolore, bini, parlò, nei suoi Studi sul Leopardi (1902-1904), di «pes- ma la triste consapevolezza di questo comune, inevitabile simismo storico» leopardiano, distinguendolo da un suc- destino. Per questo, nel Canto notturno [▶ T6], il pastore cessivo atteggiamento che egli stesso chiamò «pessimismo può dire di invidiare le sue pecore, che non sanno ciò che le cosmico». Naturalmente, le etichette contano poco nella aspetta: «O greggia mia che posi, oh te beata, / che la mise- ricostruzione del pensiero di un autore, e soprattutto di un ria tua, credo, non sai! / Quanta invidia ti porto!». autore tanto complesso come Leopardi. Ma queste due eti- E per questo il Leopardi maturo, trentenne, può, nello Zi- chette hanno avuto fortuna, nella storia della critica, e sono baldone, assolvere gli uomini e, capovolgendo la sua visio- servite a fissare, seppure in maniera certamente schemati- ne giovanile, accusare di ogni male la natura, e la vita stessa: ca, la trasformazione a cui va incontro la visione della vita La mia filosofia, non solo non è conducente alla mi- di Leopardi poco dopo i vent’anni. santropia, come può parere a chi la guarda superfi- Nelle sue prime poesie, e nelle prime pagine dello Zibal- cialmente, e come molti l’accusano; ma di sua natura done, Leopardi mostra di credere che l’infelicità degli uo- esclude la misantropia, di sua natura tende a sanare, mini (e la sua) sia dovuta al fatto che la civiltà moderna, a spegnere quel mal umore, quell’odio, non sistematico, basata sulle verità scientifiche scoperte attraverso l’uso ma pur vero odio, che tanti e tanti, i quali non sono della ragione, si è allontanata irrimediabilmente da quel se- filosofi, e non vorrebbono esser chiamati né creduti mi- reno mondo naturale che era stata la patria degli antichi. Il santropi, portano però cordialmente a’ loro simili, sia progresso scientifico e tecnologico ha spento tutte le belle abitualmente, sia in occasioni particolari, a causa del illusioni sulla natura e sulla vita che facevano vivere gli uo- male che, giustamente o ingiustamente, essi, come tut- mini in armonia con il loro ambiente e tra di loro: illusioni ti gli altri, ricevono dagli altri uomini. La mia filosofia che, secondo il giovane Leopardi, sono alla base dei valori fa rea d’ogni cosa la natura, e discolpando gli uomini umani più nobili ed eroici, come l’onore, la virtù, l’amor di totalmente, rivolge l’odio, o se non altro il lamento, a patria, il desiderio di gloria, lo spirito di sacrificio. principio più alto, all’origine vera de’ mali de’ viventi. Se invece si leggono le poesie della maturità, le pagine del- (Zibaldone, 2 gennaio 1829) lo Zibaldone dei pieni anni Venti e, soprattutto, le Operette morali, si osserva come questo pessimismo legato all’evo- Leopardi non è un misantropo, un odiatore degli esseri luzione storica della civiltà umana si trasformi in un pessi- umani: al contrario, la sua idea del mondo toglie agli esseri mismo metafisico, assoluto, non legato al modo in cui gli umani ogni colpa trasferendola sulla natura, cioè su tutto uomini pensano e si comportano ma al modo in cui è fatta ciò che circonda gli uomini dal giorno della loro nascita al l’esistenza stessa. Leopardi – che nel frattempo ha letto sia giorno della loro morte. 12 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo Nella città toscana Leopardi si innamora, non ricam- biato, di Fanny Targioni Tozzetti, una nobildonna sposata, che aveva un salotto letterario e, si diceva, parecchi amanti. Inoltre stringe amicizia con il na- poletano Antonio Ranieri (1806-1888), conosciuto durante il precedente soggiorno fiorentino: Ranieri è un patriota esiliato per motivi politici dalla sua città e un romanziere modesto, che dal 1861 sarà deputato e infine, nel 1882, senatore del Regno. Con lui Leopar- di vivrà gli ultimi anni della sua vita. Ai primi di maggio del 1831 compare la prima edi- zione dei Canti, che comprende ventitré componi- menti dedicati «Agli amici suoi di Toscana». Durante il periodo fiorentino, scrive altre due ope- rette: il Dialogo di un Venditore d’almanacchi e di un Passeggere e il Dialogo di Tristano e di un amico. Gli ultimi anni: il periodo napoletano Fra l’otto- bre del 1831 e il marzo del 1832 segue a Roma Ra- nieri, che vuole stare vicino all’attrice che ama. I due proseguono poi per Napoli, dove arrivano il 2 ottobre 1833: da qui non si sposteranno più. Piazza del Duomo Nel 1835 Leopardi pubblica la seconda edizione dei Canti, insieme alla terza con il Battistero edizione (parziale) delle Operette (che segue la seconda edizione fiorentina del e il campanile di 1834). Sono previsti altri tre o quattro volumi di scritti, ma la censura ecclesiastica Giotto, a Firenze, nell’Ottocento, blocca ogni progetto, vietando la distribuzione del tomo stampato (che contiene in un dipinto di tredici Operette) e la prosecuzione dell’opera. In una lettera del 22 dicembre 1836 a Lorenzo Aliani. Ludwig von Sinner (1801-1860) Leopardi commenta: «La mia filosofia è dispiaciuta ai preti, i quali e qui ed in tutto il mondo, sotto un nome o sotto un altro, possono ancora e potranno eternamente tutto». La novità maggiore è la presenza, nel libro dei Canti, del cosiddetto “ciclo di Aspasia”, ispirato dall’amore per Fanny Targioni Tozzetti. I cinque canti che lo com- pongono, scritti tra il 1831 e il 1835, sono Il pensiero dominante, Amore e Morte, Consalvo, A se stesso e Aspasia. Nella Palinodia al marchese Gino Capponi (scritta probabilmente nel 1835, ma la data è incerta), un altro testo nuovo, Leopardi spiega le ragioni del suo materialismo e ateismo. Gli ultimi due canti, Il tramonto della luna e La ginestra o il fiore del deserto, vengono scritti nella primavera del 1836, in una villa alle falde del Vesuvio, dove Leopardi e Ranieri si sono rifugiati per sfuggire al colera che imperversa a Na- poli. A questo periodo risale anche la satira in terzine I nuovi credenti, che rimane esclusa dall’edizione postuma dei Canti (1845). Leopardi, afflitto da gravi problemi di vista, continua a scrivere versi, con l’aiuto di Ranieri che glieli trascrive e rilegge a voce alta: sono i Paralipomeni alla Batra- comiomachia (composti tra il 1831 e il 1837). La Batracomiomachia (“battaglia dei topi e delle rane”) è un poemetto greco attribuito falsamente a Omero, che Leopar- di ha tradotto tre volte nel corso dei decenni. Appartiene al genere eroicomico: gli eroi non sono i grandi combattenti dell’Iliade, ma animali ignobili, le cui battaglie sono comiche ma descritte con stile tragico, cioè “alto”, “epico”. I Paralipome- ni leopardiani (la parola greca significa “cose tralasciate”, dunque “appendice”), Percorso 1 Giacomo Leopardi 13 iniziati già nel 1831, sono un poemetto di otto canti in ottave (circa 3000 versi), che rimane privo dell’ultima revisione dell’autore. Non sono un poema solo eroi- comico, ma satirico, simile per questo aspetto alla Palinodia e ai Nuovi credenti: Leopardi si scaglia contro la politica del suo tempo, prendendosela con i liberali italiani, la polizia austriaca, i reazionari, la moda delle gazzette (cioè dei periodi- ci), le sètte politiche come la Carboneria. Il filosofo Vincenzo Gioberti (1801-1852) nel Gesuita moderno scrive: «Il Leopardi verso il fine della sua vita scrisse un libro terribile, nel quale deride i desideri, i sogni, i tentativi politici degl’Italiani». Le idee leopardiane rimangono insopportabili per un pensatore cattolico e patriottico come Gioberti, e non avranno buona accoglienza, in generale, tra gli intellettuali del Risorgimento. Leopardi muore il 14 giugno 1837. Il corpo, secondo le norme igieniche appli- cate nei periodi di colera, avrebbe dovuto essere gettato in una fossa comune, ma Ranieri riesce a seppellirlo nell’atrio della chiesa di San Vitale a Fuorigrotta (un quartiere di Napoli). Nel 1939 la tomba viene spostata nel Parco Vergiliano a Piedigrotta1. 1. Questo è il testo della lapide posta sulla tomba di Leopardi: «Al conte Giacomo Leopardi Recanatese / filologo ammirato fuori d’Italia / scrittore di filosofia e di poesie altissimo / da paragonare solamente coi Greci / che finì di XXXIX anni la vita / per continue malattie miserissima / fece Antonio Ranieri / per sette anni fino alla estrema ora congiunto / all’amico adorato. MDCCCXXXVII». Il giovane favoloso Regia Mario Martone LETTERATURA E CINEMA Interpreti Elio Germano, Isabella Biopic è la parola che in inglese si usa per designare i film (pictures) che par- Ragonese, Michele Riondino, Massimo Popolizio, Edoardo Natoli, Anna lano della vita (biography) di un personaggio del passato. Non è un genere Mouglalis, Valerio Binasco, Paolo Graziosi facile, perché bisogna lavorare molto sull’ambientazione, sui costumi, sui Genere Biografico, Storico, Drammatico dialoghi; bisogna cioè dare allo spettatore l’impressione di calarsi in un’altra Sceneggiatura Mario Martone epoca, senza anacronismi e senza goffaggini: il ridicolo è sempre in agguato. Fotografia Renato Berta Ma se qualsiasi biopic è difficile, difficilissimi sono quelli che parlano non di Musiche Sascha Ring donne o uomini d’azione (come per esempio Lincoln di Spielberg, o Mussoli- Produzione Palomar, Rai Cinema, Ministero per i Beni e le Attività Culturali ni ultimo atto di Lizzani) ma di grandi scrittori, perché in questo caso il regista deve mostrare non tanto ciò che il protagonista fa, quanto ciò che il prota- gonista pensa e scrive. Il compito diventa quasi impossibile quando lo scrit- tore è Leopardi: perché Leopardi è un autore su cui tutti quanti, soprattutto grazie ai ricordi scolastici, sanno o credono di sapere qualcosa; e perché dire “Leopardi” significa dire “il mito-Leopardi”, il grande poeta malato, gobbo, pessimista, a disagio nel mondo. Il regista e sceneggiatore Mario Martone ha deciso di accettare questa sfi- da impossibile, e ne è nato un film, Il giovane favoloso, che nel 2014 ha avuto un successo notevole sia tra i critici sia tra il grande pubblico. Per molti (anche se non per tutti, come vedremo), Martone ha mostrato come la cultura “seria” possa essere mediata e rinnovata attraverso una forma d’ar- te di massa come il cinema. Il film si può dividere in tre parti. Nella prima vediamo Giacomo Leopardi nel suo palazzo di Recanati, insieme ai fratelli Carlo e Paolina, entram- bi amatissimi, alla madre Adelaide (che Martone ci presenta come una donna gelida e bigotta) e al padre Monaldo, che cura in maniera mania- cale l’educazione di Giacomo, facendone un ragazzo dottissimo ma in- 14 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo I LUOGHI DI LEOPARDI Nel 1824 a Bologna pubblica le Canzoni e, Nel luglio 1825 si trasferisce fra il 1826 e il 1827, collabora con l’editore a Milano, dove svolge Stella. La sua raccolta di Versi viene alcuni incarichi per pubblicata nel 1826. l’editore Stella e conosce Vincenzo Monti. Tra il 1827 e il 1828 Nasce a Recanati il 29 soggiorna a Pisa, giugno 1798 e vive nella casa attratto dal clima dolce dei genitori fino al 1822. e favorevole per la sua Nel 1828, per mancanza di salute: è l’epoca dei canti denaro, rientra a Recanati pisano-recanatesi. per un breve periodo, per poi lasciarla definitivamente nell’aprile 1830. Nel 1827 a Firenze entra Soggiorna una prima volta a in contatto con il gruppo Roma tra il 1822 e il 1823, ospite dell’«Antologia» e conosce degli Antici, i suoi zii materni. Nel 1833, insieme ad Giovan Pietro Vieusseux. Vi Vi ritorna una seconda volta a Antonio Ranieri, si ritorna nel 1830: si innamora cavallo tra il 1831 e il 1832, con trasferisce a Napoli, dove di Fanny Targioni Tozzetti Antonio Ranieri. muore il 14 giugno 1837. e stringe amicizia con Antonio Ranieri. Nel 1831 esce la prima edizione dei Canti. felice. L’evento cruciale di questa parte, l’obiettivo si allarga, e il ritrat- prima parte è – nel settembre del to di Leopardi dà anche l’occasione 1818 – la visita del letterato Pietro al regista per fare un ritratto della Giordani a Recanati. Giordani città di Napoli e del suo popolo ammirava moltissimo Giacomo, negli anni Trenta dell’Ottocento: i e Giacomo ricambiava l’ammira- caffè, i postriboli, i giocatori di pal- zione e l’affetto: ma il loro incon- lone, il Vesuvio sullo sfondo. Se la tro e la loro confidenza non pia- vita di Recanati e di Firenze era una ce a Monaldo, perché teme che vita trascorsa soprattutto al chiuso, Giordani – che è un materialista e qui la scena si riempie di gente e un anticlericale – possa avere una di quadri naturali. Di tanto in tan- cattiva influenza sul figlio. to, durante il film, la macchina da Passano dieci anni, e nella seconda presa ci mostra Leopardi nell’atto parte del film Leopardi è a Firenze, di comporre o di ricordare i suoi dove frequenta i letterati più in vi- versi: L’infinito, La sera del dì di festa, sta della città, riuniti nel circolo di Aspasia; e il film si conclude appun- Giovan Pietro Vieusseux (il Gabi- to con un “notturno” – la luna in netto Vieusseux è tuttora uno dei cielo, il Vesuvio che tuona – e con la più noti centri culturali della città voce del poeta, malato e prossimo di Firenze), e dove soprattutto fa alla morte, che declama i versi della due incontri cruciali: con Fanny Ginestra. Targioni Tozzetti, della quale s’in- Scrivere una biografia, o girare un namora, non corrisposto (per lei, film biografico, significa fare delle o meglio contro di lei, scriverà poi la poesia Aspasia), e con scelte: su che cosa, delle tante possibili, bisogna concentrare Antonio Ranieri, che diventerà l’amico e il confidente dei suoi l’attenzione? A quali eventi o a quali sfumature del carattere ultimi anni. bisogna dare più peso nella ricostruzione? Martone ci mostra Insieme a Ranieri, appunto, Leopardi si trasferisce a Napoli, soprattutto un Leopardi diverso ed estraneo: ai genitori, alla dove la vita è meno cara e il clima è più mite. In questa terza cittadina dove è nato e cresciuto, ai “colleghi” letterati che (a ▶ Percorso 1 Giacomo Leopardi 15 parte Giordani) fingono di amarlo ma non lo amano, e gli rim- corretta. Molte situazioni sono state messe in scena sulla proverano il suo pessimismo (perché tutte queste poesie «così base dei testi, anche se a volte sono state manipolate, in- afflittive»!) senza però volerne discutere le ragioni, a una socie- ventando personaggi o mescolando vari contesti, appar- tà aristocratica che egli trova falsa e superficiale, e infine a un tenenti magari a epoche diverse. Ho ritrovato il Leopardi popolo (i contadini di Recanati, la povera gente di Napoli) che che conoscevo (o immaginavo) in modo alquanto fedele. lo attrae ma con il quale – per cultura e per sensibilità – non ha Quali aspetti della vita sono stati resi meglio? Mi sembra quasi niente da spartire. che l’infanzia sia molto riuscita, per quel che possiamo Era così, Leopardi? È la domanda – ingenua ma necessaria sapere della vita recanatese e del rapporto con i genitori – che ognuno trova naturale porsi, una volta uscito dal ci- e con i fratelli. Non so se si può dire che il periodo napo- nema. Possiamo dire che era anche così: del resto, Martone letano sia più o meno ben rappresentato, perché abbia- ha fatto pronunciare all’attore Elio Germano, che interpreta mo documenti più scarsi (che tipo di relazione ci fosse Leopardi, parole che si trovano nello Zibaldone o nelle lette- tra Leopardi e Ranieri, per esempio, è difficile dirlo), ma re. Ma naturalmente, come si diceva, fare una biografia si- la loro resa rappresenta un ottimo equilibrio rispetto ai gnifica leggere la vita di un uomo secondo una determinata dati che conosciamo; introduce quella vibrazione, quella prospettiva, prospettiva che alcuni possono trovare corretta oscillazione, quella rete di possibili significati che i testi ci e altri no. Così, è abbastanza normale che alcuni esperti di danno, ma che non decidono. Qualcuno ha rimproverato Leopardi abbiano apprezzato il film, mentre ad altri non sia al regista di non aver rappresentato il Leopardi che scrive piaciuto per niente. Per dare un saggio di questa divergenza o che pensa, ma questo mi sembra un falso problema, di opinioni, ecco i pareri (pacati e ben argomentati) di tre perché la vita interiore di uno scrittore è talmente com- studiosi, raccolti da Giulia Abbadessa e Lorenzo Adone per il plessa e insondabile, che o si rende in modi più personali, sito www.letterefilosofia.it, dell’Università Sapienza di Roma. fantastici, “spettacolari”, oppure è legittima la scelta, fatta Emilio Russo da Martone, di limitarsi ai “fatti” tramandati dalle lettere Credo che la scommessa di Martone sia stata quella di e dalle testimonianze. Lo spettatore sarà poi libero di im- selezionare dei quadri, delle zone della vita di Leopardi maginare e collegare quei fatti a un certo mondo interiore che potessero essere rappresentative delle diverse fasi di e alle opere. pensiero, di passaggio e di maturazione del poeta. In ter- mini di peso relativo, mi sembra che vengano privilegiati Luigi Blasucci Recanati e poi gli ultimi anni napoletani: è molto affa- L’altra sera ho visto il film di Martone: sono diviso tra il scinante la sezione conclusiva, mentre ho trovato solo in rispetto per il regista e il rifiuto per il leopardista. Tratta- parte convincente quella di Recanati. La cosa che mi ha re Leopardi da personaggio è un’operazione fatalmente convinto meno del film, più in generale, è la volontà di esposta alla falsificazione. Di fatto, ho dovuto sorbirmi utilizzare brani dell’opera leopardiana, perché la scelta di per tutto il film le scompostezze di un protagonista urlan- incapsulare dentro il film zone della scrittura crea un ef- te e sciancato (anche gobbo, va da sé) e a chiedermi ogni fetto didascalico molto forte. Penso al passaggio del Ven- volta: ma dov’è il divino autore dei suoi scritti? Ma dove ditore di almanacchi recitato per strada, o ancora alla mai, tra un urlo e l’altro, troverà il silenzio per dettare non lettura dell’Infinito sullo sfondo di una siepe nella prima dico L’infinito, ma una pagina dello Zibaldone? Dopo tut- parte del film. Passaggi in cui, secondo me, la scelta di ti quegli urli, la finale pacificata recitazione della Ginestra offrire a un largo pubblico alcune tra le pagine più belle arriva come un premio insperato per lo spettatore frastor- (e più note) di Leopardi può certo funzionare in termini nato: dunque, dietro l’urlante c’era quell’autore! E chi se di richiamo e di divulgazione, ma rischia di produrre, pa- n’era accorto? La Olimpia Leopardi («Lo sapevo che il film radossalmente, delle note meno autentiche e convincenti. non ti sarebbe piaciuto») mi ha obiettato timidamente che Nel complesso, malgrado diverse cose non mi convinca- il film poteva valere come un primo approccio a Leopardi: no (la scena della tentata iniziazione sessuale, o anche il le ho risposto che è proprio quello che bisognava evitare, personaggio di Ranieri), credo si tratti di un’operazione di interessare un ignaro a Leopardi come a un patologico coraggiosa, puntata più sulla vita che non sul pensiero soggetto da film. Però, come accennavo, il mio rispetto per leopardiano, pensiero che viene per forza di cose illumi- il regista non viene del tutto meno; del resto, a suo tempo nato per piccole focalizzazioni. apprezzai la trasposizione teatrale delle Operette. […] Franco D’Intino Il film scorre, ha i suoi momenti efficaci, ma lasciamo sta- Dal punto di vista biografico, mi sembra innanzitutto re Leopardi: lì si parla di un altro (anche se il regista so- che ci sia una notevole accuratezza. Avendo studiato per stiene di avergli posto in bocca solo battute sue, ricavate anni le carte e i testi leopardiani, ho ritrovato molti aspet- dai suoi scritti: sì, ma presentare uno scritto come parlato, ti della sua vita rappresentati in maniera filologicamente anzi urlato, è già un enorme tradimento). 16 III Dall’età napoleonica all’Unità d’Italia. Neoclassicismo e Romanticismo 2 Vita, poesia e filosofia Una vita difficile, lontana dal mondo Nella sua breve esistenza (muore a soli trentanove anni), Giacomo Leopardi riesce a essere e a fare molte cose diverse: ri- voluziona la poesia italiana con i Canti, scrive alcune delle più belle pagine di prosa della nostra tradizione (lo Zibaldone e le Operette morali) e porta contributi originali nel campo della filologia e dello studio della cultura classica. Tutto questo bastereb- be a fargli meritare l’appellativo di “genio” – uno di quegli esseri umani che nascono una o due volte ogni secolo. Ma i suoi meriti sono ancora più grandi, se pensiamo che Leopardi raggiunge questi risultati vivendo in condizioni tutt’altro che propizie. Per tutta la vita soffre di gravi problemi di salute: una scoliosi, frutto del gio- vanile «studio matto e disperatissimo», l’asma, una ricorrente malattia agli occhi. Inoltre, non trascorre che brevi periodi in grandi città, a contatto con gli intellettuali del suo tempo: vive invece quasi sempre lontano dal mondo, tra persone troppo inferiori a lui per potergli essere davvero di conforto. «Ma che crede Ella mai?», scrive a Giordani il 30 aprile 1817, diciannovenne, «che la Marca e ’l Mezzogiorno dello Stato Romano sia come la Romagna e ’l settentrione d’Italia? Costì il nome di letteratura si sente spessissimo: costì giornali accademie conversazioni librai in grandissimo numero. […] Qui, amabilissimo Signore mio, tutto è morte, tutto è insensataggine e stupidità. Si meravigliano i forestieri di questo silenzio, di questo sonno universale. […] Unico divertimento in Recanati è lo studio: unico diverti- mento è quello che mi ammazza». Le «favole antiche»: un passato irrecuperabile Non tutti i geni sono solitari, e non tutti sono votati all’infelicità: Goethe, per esempio, non lo fu. Ma Leopardi fu solo e infelice. Questa solitudine e questa infelicità sono ben presenti nelle cose che scrive, anzi sono uno dei Leitmotiv della sua opera, soprattutto a partire dalla fine dell’a- dolescenza. Il 1819 è, da questo punto di vista, un anno cruciale. Sino ad allora Leopardi ha soprattutto studiato i classici latini e greci, idealizzando il loro mondo. Jakob Philipp Hackert (1737-1807), Sino ad allora ha creduto che la ragione moderna e il pensiero degli illuministi Paesaggio italiano. abbiano allontanato l’uomo dal suo stato di felicità originaria: occorre quindi re- staurare quel perduto accordo tra uomo e natura, rendere alla fantasia i suoi diritti, tornare alle «favole antiche». Ma nel 1819, quando ha poco più di vent’anni, Leopardi capisce che quel mondo è perduto per sem- pre. Come spiega in apertura della canzone Alla Primavera, o delle favole antiche (vv.1-14), mentre la natura rinasce ogni anno, recuperando il suo vigo- re primigenio, le convinzioni dell’uomo antico non possono essere ripristinate nella mente dell’uomo moderno. Percorso 1 Giacomo Leopardi 17 Perché i celesti danni Anche se il sole è in grado di rimediare ristori il sole, e perché l’aure inferme ai danni provocati dalla stagione inver- Zefiro avvivi, […] nale, e anche se il vento primaverile (Ze- firo) sa ravvivare l’atmosfera, […] forse forse alle stanche e nel dolor sepolte alle menti umane, stanche e addolorate, umane menti riede può ritornare (riede) l’epoca bella, che la bella età, cui la sciagura e l’atra (cui) il destino avverso e la nera fiaccola face del ver consunse (l’atra face) del Vero hanno consumato troppo presto? innanzi tempo? La risposta a questa domanda è no. Il razionalismo moderno ha spento per sempre le fantasie, le passioni e i sentimenti che erano caratteristici del mondo primitivo, e non è più possibile tornare indietro. La filosofia leopardiana: lo Zibaldone e le Operette Da qui in poi, per il suc- cessivo quindicennio, l’opera di Leopardi ha uno svolgimento coerente, ed è un continuo esercizio a «riflettere profondamente sopra le cose». Nelle prose delle Operette morali (stampate nel 1827) questo esercizio sfrutta il registro comico- satirico: Leopardi si prende gioco del genere umano, della sua presunzione, della sua fiducia nel progresso, della sua fede nell’aldilà; e lo fa attraverso il genere del dialogo filosofico, al modo di Platone e, soprattutto, dello scrittore greco Luciano di Samosata (II secolo d.C.). Nella prosa dello Zibaldone, scritto tra il 1817 e il 1832, la riflessione sulle cose prende i tratti del diario filosofico: in quindici anni di annotazioni, in più di 4000 facciate di quaderno, Leopardi medita su qualsiasi argomento, dalla poesia alla grammatica, dalla politica alla scienza, ma soprattutto medita liberamente, e con straordinaria profondità, sull’esistenza umana. L’insieme non forma un’opera siste- matica (come non saranno sistematici, un secolo dopo, i Quaderni del carcere di Gramsci), ma ciò non toglie che a partire dalle pagine dello Zibaldone sia possibile ricostruire una “filosofia leopardiana”. La poesia dei Canti: il libro di una vita Infine, la poesia. Come lo Zibaldone accom- pagna Leopardi per quindici anni, così i Canti sono il libro di una vita. Non è strano, perciò, che essi documentino stili e modi di far poesia molto diversi tra loro. Ciono- nostante, la varietà, l’eterogeneità delle liriche leopardiane resta sorprendente. Nelle canzoni che aprono il libro, Leopardi è ancora un poeta eloquente, forte- mente legato alla tradizione di Monti. Gli idilli come L’infinito [▶ T3] o Alla luna sono, invece, pura lirica che il lettore odierno non ha difficoltà a sentire vicina: non a caso è questo il Leopardi più amato e più letto a scuola. E un testo come La gine- stra [▶ T11] sembra aprire una prospettiva del tutto inedita non solo nella letteratura italiana ma in tutta la letteratu