Appunti Sociologia della Comunicazione PDF
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Questi appunti trattano la sociologia della comunicazione, analizzando diversi modelli e teorie. Viene discussa la teoria matematica della comunicazione, la semiotica, la dimensione sociale e l'intenzionalità nella comunicazione.
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SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE 01.03.2023 - lezione 01 INTRODUZIONE Che cos’è la comunicazione? Non esiste una definizione di comunicazione, è una parola super complessa perché è una materia multiforme ed ha molte definizioni e significati. La prima espressione di una spiegazione di come funziona...
SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE 01.03.2023 - lezione 01 INTRODUZIONE Che cos’è la comunicazione? Non esiste una definizione di comunicazione, è una parola super complessa perché è una materia multiforme ed ha molte definizioni e significati. La prima espressione di una spiegazione di come funziona un processo comunicativo è data da due ingegneri: Shannon e Weaver, che nel 1949 elaborano il primo modello descrittivo di come funziona la comunicazione, contribuendo anche a settare un linguaggio comune. Questa teoria viene chiamata TEORIA MATEMATICA DELLA COMUNICAZIONE, la quale scompone un processo di comunicazione in elementi. Affinché avvenga una comunicazione ci serve: - una sorgente, qualcosa o qualcuno che è in grado di elaborare un messaggio (ovvero l’insieme di informazioni+) - il messaggio viaggia in un apparato trasmettente, che trasforma il messaggio e lo mette in codice corretto affinché questo messaggio possa viaggiare attraverso il mezzo, il canale Il processo è poi speculare - dall’altra parte vi è l’apparato ricevente, fa la stessa operazione uguale e contraria di quello trasmettente, decodifica il messaggio, lo riporta a messaggio in quanto tale - il destinatario è il punto di arrivo del messaggio decodificato Che cos’è il rumore? elemento molto importante per S. e W., ovvero il rumore, ogni componente acustica, visiva e tecnica che può interferire insistendo sul canale sulla buona riuscita del processo. Il rumore disturba la comunicazione interferendo sul canale. Lo scopo dei due ingegneri era quello di descrivere tecnicamente come funziona un processo di comunicazione per isolarne le singole componenti in modo da studiare quali potessero essere le strategie migliori per far in modo che questa comunicazione da A a B in maniera più integra possibile. Le strategie per migliorare il processo: 1. Scegliere un canale di comunicazione meno esposto e suscettibile al rumore 2. scegliere un codice condiviso e robusto,ovvero un codice univoco, in cui quello che viene trasmesso abbia una capacità di comprensione tale da non creare fraintendimenti 3. codificare un messaggio in maniera ridondante, ribadirlo affinché questo rischi meno di essere influenzato dal rumore o di arrivare in maniera distorta il punto fondamentale è quindi il codice che deve essere più robusto possibile, ovvero quando poggia su delle regole che stabiliscono delle corrispondenze equivoche tra A e B. (es di codice inequivocabile è il codice morse - sistema inequivocabile perché è un sistema quasi matematico di corrispondenze, non è soggetto ad interpretazioni) Al loro modello però mancava la dimensione della comunicazione umana che è fatta di tantissime variabili non riducibili a una comunicazione che va da A a B, quindi lineare. La comunicazione umana è fatta di continui rimandi che passano da tanti canali (anche non quelli della parola) mentre si è immersi in diversi flussi di comunicazione, quindi non lineare. In questo modello, il tema dell’intenzionalità non è registrabile e non è tenuto in considerazione. I limiti di questa teoria potevano essere superati solo abbandonando la concezione di comunicazione come scambio di informazioni e cominciando a considerare gli aspetti complementari della comunicazione, come l’intenzionalità. Ci sono intere discipline che studiano la comunicazione da diversi punti di vista, una di queste è la SCIENZA DEL LINGUAGGIO, la linguistica; per occuparsi di questo tema individua tre sottoinsiemi del linguaggio: 1. sintassi ➝ lo studio dei singoli elementi di un codice e delle loro possibili combinazioni valide (nel caso della lingua italiana sono le lettere dell’alfabeto. combinabili tra loro, S+A e non B+H) 2. semantica ➝ studio della relazione tra il codice e gli oggetti, i significati (le lettere sono in relazione con un oggetto. C-A-N-E, espressione del codice, ci rimanda all’animale) 3. pragmatica ➝ studio delle relazioni tra il codice, coloro che lo usano e il loro comportamento conseguente a questo. Ovvero che cosa significa per la popolazione italiana “CANE” e che comportamenti interiori o esteriori conseguono a questo. ESEMPIO - CODICE DEL SEMAFORO sintassi ➝ verde, verde-giallo, giallo, rosso semantica ➝ verde significa andare, giallo significa rallentare, rosso significa fermarsi pragmatica ➝ l’azione di attraversare, rallentare, fermarsi La teoria matematica della comunicazione intende la comunicazione come “trasferimento di informazione”, quindi un inizio e una fine, una parte attiva e una passiva, processo lineare e deterministico; invece viviamo in un flusso continuo di comunicazioni di diverso tipo, contribuendo in misura maggiore o minore, direttamente o indirettamente, ad alimentare questo flusso LA SEMIOTICA Tra i modelli che concepiscono la comunicazione in maniera non lineare vi è la semiotica. Questa differenziazione dei livelli ci fa capire che il modello matematico non coglie appieno molte cose in cui siamo immersi. Uno dei massimi esponenti della semiotica italiana è Umberto Eco, il quale dice nella seconda metà del 1900 che la comunicazione in realtà è trasformazione e non un trasferimento, ma implica una dimensione attiva, non solo della sorgente ma anche del destinatario. Quest’ultimo non è passivo, ricevente delle informazioni ma è agente e attivo in questo processo, il cui significato ultimo è necessariamente quello che veniva inteso come “decodifiche aberranti”. Con questo termine si intendevano gli esiti della comunicazione in cui il significato nella testa del ricevente era diverso dal significato che c’era nell’intenzione della sorgente nel momento in cui questo processo viene avviato. Quindi quello che io ricevo entra in connessione con quello che sono, le mie opinioni e i miei pensieri, di conseguenza il significato che io afferro non sarà mai quello che si vuole comunicare. In questo processo le decodifiche, cioè il processo di risulta del messaggio finale, del significato ultimo è per forza frutto di una decodifica aberrante. Eco dice che la comunicazione è imperfetta in quanto implica una trasformazione. LA SOCIOLOGIA Scopriamo in realtà che le stesse radici etimologiche della parola COMUNICAZIONE hanno a che fare in maniera profonda con la dimensione sociale, in quanto significa mettere in comune, quindi la reciprocità, la condivisione, la società. Studiare la società porta necessariamente a capire come funziona la comunicazione in quanto mette in comune, opera i collegamenti tra gli elementi che sono società. Parlare di comunicazione e società non può escludere il parlare di politica. L’INTENZIONALITÀ L'intenzionalità non fu considerata fino agli anni ‘70 negli USA, fino alla nascita della scuola di Palo Alto, una tra quelle che portano in maniera convinta l’idea che per studiare la comunicazione fosse necessario un approccio multidisciplinare. Questa scuola produce 5 assiomi, ovvero regole complesse che definiscono la comunicazione secondo un punto di vista sociologico: 1. È IMPOSSIBILE NON COMUNICARE, quindi disgiungere l’atto della comunicazione dall’intenzione. Si comunica anche quando non si ha l’intenzione di farlo. Ogni espressione di sé che passa per la parola o per qualsiasi canale, è comunicazione ed esprime qualcosa. LA PSICOLOGIA Luigi Anolli dice esattamente il contrario, ovvero che: “la comunicazione è uno scambio interattivo osservabile fra due o più partecipanti dotato di intenzionalità reciproca e di un certo livello di consapevolezza in grado di far condividere un determinato significato sulla base di sistemi simbolici e convenzionali di significazione e di segnalazione”. Quindi ciò che non è intenzionale non è, secondo Anolli, ascrivibile a un atto di comunicazione. tutto ciò che non è consapevole: come i comportamenti e tutto quello che non passa attraverso l’intenzione. DEFINIZIONE DI COMUNICAZIONE La comunicazione è un processo di costruzione collettiva e condivisa di significato, ovvero un processo dotato di diversi livelli di formalizzazione, consapevolezza e intenzionalità. I significati che vengono condivisi passano attraverso un processo che può avere intenzionalità o meno, più o meno consapevolezza e più o meno formalizzata. LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE Se dovessimo identificare il livello più basico di una comunicazione possibile è il linguaggio gestuale naif, che avviene quando due persone non hanno in comune nessun tipo di codice. In questo caso viene utilizzato un sistema gestuale. I segni gestuali però sono molto più limitati confrontati con il linguaggio verbale, non si arriva a parlare di passato e futuro, di emozioni e idee/teorie, quindi tutto ciò che abbia una complessità più elevata. La superiorità del linguaggio verbale non è data solo dalla caratteristica di essere vocale ma dalla corrispondenza univoca tra il segno e il significato (come il linguaggio dei sordi). Il linguaggio verbale caratterizza l’uomo rispetto alle altre specie; nel tempo si è sentita la necessità e abbiamo avuto le capacità di sviluppare un linguaggio articolato che attraverso un sistema di corrispondenze arbitrario ha creato queste corrispondenze condivise tra significati e significanti. Che cosa significa essere parlanti di una stessa lingua? In linguistica, l'ipotesi di Sapir-Whorf, conosciuta anche come ipotesi della relatività linguistica dice che: “I parlanti di lingue diverse sono orientati dalla loro lingua verso differenti tipi di osservazioni e differenti valutazioni di eventi esterni simili, di conseguenza essi giungono in qualche modo ad una differente visione del mondo” Questo ci dice che l’atto del conoscere non viene prima dell’ausilio della lingua, ma il contrario. Essa afferma che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. La lingua è l'orizzonte di conoscenza e lo strumento per conoscere il mondo. Di conseguenza popolazioni parlanti lingue diverse, arriveranno ad esperienze di conoscenza del mondo diverse. In qualche modo quello che conosco e riconosco lo porto dentro ad un sistema di possibilità che mi è dato dalla lingua che conosco e parlo, questo mi porta ad una esperienza diversa. LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ LINGUISTICA La lingua ha tante caratteristiche importanti e potenti, una di queste è il potere politico; porta con sé nominare e fare le cose in un certo modo che esprime una posizione politica (intesa come visione delle cose). Chiamare qualcosa in un modo piuttosto che in un altro, ha delle conseguenze e rappresenta un potere politico. Per la sociologia guardare alla lingua è di particolare interesse quando apre un rapporto con la comunità che la parla. Questo è evidente quando parliamo di minoranze culturali, quando queste appartengono a nazioni culturalmente diverse, che hanno come rivendicazioni e oggetto di estrema lotta delle minoranze proprio l’identità linguistica; la chiave fondamentale di identità comunitaria. LA COMUNICAZIONE NON VERBALE Esiste un secondo registro della comunicazione che è altro rispetto a quello delle parole, che è la comunicazione non verbale; un mix di fattori innati e l’esito di un costrutto culturale. Pur andando ad individuare delle ragioni fisiologiche/neurofisiologiche, che inducono determinate reazioni del nostro corpo, la maggior parte di quello che esprimiamo nel non verbale è frutto della cultura in cui siamo cresciuti. Esistono delle espressioni universali che vanno al di là della cultura a cui si appartiene? Attribuibili semplicemente alla natura umana? come ad esempio la risata, arrossire. Studiare la comunicazione non verbale è importante perché quello che facciamo quotidianamente è recepire non solo quello che ci viene detto ma come ci viene detto. Ovvero cosa quella persona esprime al di là della parola. Sono segnali che recepiamo inconsapevolmente, mettendo a sistema cosa ci viene detto con il modo in cui ci viene detto; è un sistema che allarga la comunicazione non soffermandosi solo su quello che ci viene detto. Studiamo la componente non verbale perché serve per completare il significato ultimo della comunicazione. Ricordiamo che il non verbale è meno sotto il nostro controllo rispetto al verbale. Di cosa è fatto il linguaggio non verbale? È fatto di quattro sistemi: paralinguistico, cinesico, prossemico, aptico. SISTEMA PARALINGUISTICO Comprende i suoni che emettiamo a prescindere dalle parole. esempio: - tono di voce - frequenza della voce (uomini con voce più grave rispetto alle donne) - intensità - ritmo (velocità delle frasi e l’impiego delle pause) - assenze di suoni (pause e silenzi). Le pause possono essere piene o vuote e sono fondamentali per confermare che siamo presenti e in ascolto. I silenzi possono connotare in modo importante la comunicazione. SISTEMA CINESICO Ha a che fare con i movimenti del corpo: - contatto oculare (attivatore fisiologico, innesca una relazione/comunicazione, è un qualcosa di fisico/fisiologico) - mimica facciale (include le espressioni del volto. possono essere volontarie/involontarie) - gesti (sono un qualcosa di innaturale, il gesticolare e le espressioni del viso. possono contribuire a chiarire e sottolineare quello che si sta dicendo) - postura (come il corpo occupa lo spazio. l’esito ultimo verrà influenzato. è una capacità che si allena e sulla quale si basa un pezzo importante della nostra capacità di relazione e quindi di comprensione sociale. Sui social questo non è possibile) PROSSEMICA La gestione dello spazio rispetto al mio interlocutore. Identifica quindi le zone di separazione tra me e l’interlocutore e culturalmente queste esprimono un significato. Ci sono 4 zone principali in cui suddividiamo lo spazio che ci circonda: 1. zona intima ➝ dalla superficie della nostra pelle a 50 cm. Accesso solo a poche persone (familiari, partner). un’invasione di questo spazio può provocare disagio, arriva alla molestia. 2. zona personale ➝ da 50 cm a 1 m (familiari molto stretti, amici, colleghi abituali. è anche quella che si riserva alle relazioni professionali) 3. zona sociale ➝ da 1 a 3-4 m. Relazioni casuali, mi permette nei confronti di una persona che non conosco di avere numero di m sufficienti per scappare. 4. sona pubblica ➝ oltre i 4 m. Occasioni pubbliche ufficiali (conferenze, occasioni formali) ATTICA Riguarda le diverse forme di contatto fisico. Può essere spontaneo (abbraccio o bacio) o codificato (scambio del segno di pace, stringersi la mano per presentarsi). La zona intima attica è molto più invasiva di quella prossemica. 08.03.2023 - lezione 02 COMUNICAZIONE COME RELAZIONE DI POTERE Una parte importante della comunicazione è destinata ad affermare, ribadire o rinegoziare le relazioni di potere tra le persone coinvolte. Si colgono gli aspetti relazionali tra le persone, questo ci avvicina a studiare la comunicazione come sistema relazionale, in cui la comunicazione diventa uno strumento grazie a cui si sviluppano le relazioni. Le relazioni di potere vengono testimoniate soprattutto dalla comunicazione non verbale. Chi si interessa di che ruolo abbia la comunicazione nelle relazioni è la scuola di Palo Alto. Il secondo assioma (su 5 in totale) dice: “ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione, in modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione” Significa che in una comunicazione ci sono due aspetti, uno è quello del contenuto (quello che sto dicendo, cosa significa), il secondo ha a che fare con la relazione che c’è tra due individui. Il significato ultimo si ha dalla sovrapposizione del secondo livello sul primo. In sintesi, riesco a comprendere il vero significato di quello che viene detto all’interno della dinamica relazionale tra i parlanti. ESEMPIO Marito e moglie litigano. Il marito chiede di uscire a cena. contenuto= ti sto invitando ad un ristorante relazione= due persone che hanno litigato significato= sta chiedendo se vuole far pace La comunicazione è vista come sistema di relazioni, quindi è fatta di relazioni, e il significato non è scindibile dal sistema di relazioni. I non detti sono la base su cui si costruiscono le relazioni. I non detti a volte non combaciato e ci troviamo costretti a spiegare il vero significato il terzo assioma (su 5 in totale) dice che: “La natura della relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti” La comunicazione in cui siamo inseriti è un flusso continuo; per dargli significato viene diviso in unità minime di senso, segmenti, vengono quindi isolate delle porzioni per facilitarvi la comprensione. Questa suddivisione è ciò che chiamiamo PUNTEGGIATURA degli eventi comunicativi.i Abbiamo quindi un modo di mettere in relazione queste sequenze di significato e la natura della relazione tra me e la persona dipende dall’ordine/rapporto in cui metto questi segmenti rispetto all’altro individuo. I due punti di vista concordano sugli eventi, che però sono punteggiati in maniera diversa, speculare. Ciò che per l’uno è la causa, per l’altro è la conseguenza. Questo è del tutto arbitrario, non esiste un modo corretto o sbagliato di operare la punteggiatura, così come non lo è stabilire quali di questi messaggi considerare “stimoli” e quali “risposte”. Arbitraria perché è collegata alla natura della relazione tra gli interlocutori. In breve: 1. La punteggiatura degli eventi comunicativi è qualcosa che avviene a tutti i livelli della comunicazione (tra innamorati come tra nazioni). 2. Non esiste una punteggiatura giusta e una sbagliata. Privilegiare una punteggiatura anziché un’altra rappresenta di solito una questione politica che ridefinisce i termini della relazione. LA COMUNICAZIONE COME RAPPRESENTAZIONE Partendo dalle riflessioni sul rapporto tra comunicazione e relazione è interessare studiare la comunicazione come atto di definizione e ridefinizione dei ruoli sociali. Erving Goffman (sociologo) si interroga sul tema comunicazione-relazione. Osserva le strategie che gli individui mettono in atto quando si incontrano; strategie tese a controllare la situazione definendo nella loro testa la situazione (facendogli avere il controllo), permettendo loro di raggiungere due obiettivi principali: 1. farsi un'opinione sugli altri 2. influenzare l’opinione che gli altri si fanno di noi Questo tipo di ragionamento è valida solo in una situazione sociale (unità minima della società). Essa si verifica quando due o più persone si trovano in uno stesso luogo, in modo tale che tutte siano accessibili agli altri attraverso i propri sensi. DEFINIZIONE DI SITUAZIONE SOCIALE è un ambiente capace di permettere il controllo reciproco, all’interno del quale un soggetto, in qualsiasi punto si trovi, è accessibile, senza ricorso a strumenti particolari, ai sensi di tutti gli altri che sono presenti e che sono a loro volta accessibili a lui. Una situazione sociale ha inizio quando due o più soggetti si trovano alla presenza diretta gli uni degli altri e termina quando la penultima persona se ne va. Una situazione sociale deriva da quell’insieme di: - etichette (definiscono il comportamento all’interno di una situazione sociale. Per deduzione gli esseri umani provano a ricavare l’etichetta della situazione, osservando gli altri. Le etichette sono delle regole non scritte, acquisite socialmente e culturalmente. Autonomamente adeguiamo la nostra comunicazione a un sistema di etichette per timore che gli altri abbiano un’opinione sbagliata su di noi). - modelli interpretativi - schemi di punteggiatura che portano ciascuno a riconoscere una certa situazione all’interno di un insieme molto ampio di situazioni possibili e plausibili, applicandovi le configurazioni comportamentali adeguate. Nella maggior parte dei casi le definizioni della situazione delle diverse persone coinvolte coincidono tra loro o sono almeno ampiamente compatibili. Ogni definizione della situazione può poi presentare dettagli sui quali i partecipanti discordano, pur concordando sugli aspetti generali. Le eventuali discordanze sono in genere negoziabili. Capita che non troviamo immediatamente alcuna definizione adeguata della situazione, questa ricerca risponde a diverse esigenze: - controllare l’ansia dell’imprevedibilità - sapere cosa aspettarsi dalla gente e viceversa - soddisfare il bisogno di integrazione con gli altri - desiderio di essere apprezzati Il sostegno alla propria definizione di situazione avviene anche attraverso la costruzione di una facciata personale, con la quale l’individuo mostra agli altri quello che ritiene essere il meglio per sé. Il risultato complessivo di tutte queste “messe in scena” costituisce il “teatro” della vita quotidiana. METAFORA DI GOFFMAN Dal punto di vista della gestione dello spazio, Goffman distingue tra: - RIBALTA in cui avviene la rappresentazione in senso stretto della propria facciata. Nella ribalta viene messa in scena la situazione sociale in cui ognuno ha dei ruoli. - RETROSCENA luogo in cui viene preparata e provata la rappresentazione e in cui gli attori possono riposare tra una rappresentazione e l’altra. Il nostro spazio intimo e domestico. I confini tra ribalta e retroscena sono di solito sanciti in maniera piuttosto rigida. Ad esempio nei social media, dove la situazione sociale è più controllata. Ti espone ad un potenziale rischio di comunicazione molto più basso rispetto alla comunicazione vis a vis. Goffman, guardando dall’alto, osserva che gli individui all’interno della società si muovono da una situazione sociale ad un altra, attraverso dei meccanismi che fanno sì che le persone riconoscano le situazioni e leggano le etichette di comportamento. LA COMUNICAZIONE DI MASSA Osserviamo la relazione tra società e comunicazione. A parte la scrittura, che è stato il primo medium, gli altri sono mezzi di comunicazione di massa, ovvero quelli grazie a cui si è attuato un cambio di prospettiva radicale. Non siamo quindi più nella dimensione in una comunicazione interpersonale 1:1, ma per la prima volta i mezzi di comunicazione di massa mettono in atto un processo di comunicazione che simultaneamente portano un messaggio da uno a molti che ricevono contemporaneamente, tutti uguali, quel messaggio. (influendo le masse) L’avvento di ogni nuovo mezzo di comunicazione è accompagnato da importanti cambiamenti sociali. Anche in una società pre-comunicazione e pre-digitale come la conosciamo adesso, un nuovo mezzo di comunicazione apre delle possibilità positive/negative, interviene nelle dinamiche sociali e genera dei cambiamenti sociali importanti. I grandi capitoli dentro cui ci muoviamo sono: la scrittura, la stampa e le telecomunicazioni. Ognuna di loro segnano tre rivoluzioni epocali e mediali dal punto di vista della società, della sua organizzazione e delle conseguenze che queste hanno portato. MEDIA E MUTAMENTO SOCIALE 1. LA SCRITTURA ➝ Ovvero il sistema codificato di marcatori visivi per mezzo del quale lo scrivente può determinare le parole esatte che il lettore produce a partire dal testo. La scrittura nasce nel 4000 a.C. in Egitto, Mesopotamia con i pittogrammi (icone che attuano un sistema di rappresentazione diretto dell’oggetto che stanno rappresentando) In seguito si arriva ai sistemi ideografici (il segno rimanda ad un’idea, cuore=amore) Nel 1300 a.C. i Fenici inventarono una prima scrittura di tipo alfabetico; ogni singolo segno non rimanda ad un concetto/significato in sé concluso bensì ad uno dei suoni, un’unità fonetica; questi accostati, compongono la lingua parlata, ovvero ad un fonema. Il sistema alfabetico nostro è molto semplice (26 lettere per comporre tutte le parole), altri sono molti più complessi come le lingue orientali. RICORDIAMO CHE L’INVENZIONE DELLA SCRITTURA NON CORRISPONDE ALL’ALFABETIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ Dal punto di vista sociale, L’ALFABETO ha delle conseguenze immediate: semplifica l’apprendimento perché si basa su un sistema di corrispondenze univoche, più dirette e meno esposte ad interpretazioni, favorisce la diffusione sociale della scrittura e accompagna mutamenti sociali molto estesi e profondi. La scrittura quindi è il media che accompagna mutamenti sociali. La prima funzione della scrittura non è quella di allargamento sociale, di diffusione di accesso alla cultura, bensì viene inizialmente utilizzata da APPARATI BUROCRATICI, ECONOMICI e REPRESSIVI delle istituzioni dominanti. Questi ultimi servono al servizio di chi governa. Che tipo di opportunità sociali apre la scrittura? Una società a cultura orale rispetto ad una scritta, ha a che fare con una trasmissione della cultura da una parte volatile con la parola, dall’altra ha la possibilità di essere fermata. Quando l’unica dimensione sociale era quella orale, si impegna un quantitativo maggiore di energie sociali a tener in vita nel presente oralmente, le proprie tradizioni, storie, miti, religioni. Tutte queste cose costituiscono un sistema, ovvero la chiave identitaria di una società, che nel caso della società a cultura orale deve essere continuamente trasmesso in modo da non “perderlo”. VANTAGGI DELLA CULTURA SCRITTA Quando questo sistema ha la possibilità di essere fermato attraverso la scrittura, si ha il continuo accesso ad essa e si apre la strada verso la coscienza individuale (nella cultura orale, invece, la conoscenza avveniva attraverso una dimensione sociale, si necessitava quindi un oratore, un maestro che tramanda il sapere). In una società a cultura scritta si apre quindi una possibilità privata ed individuale di formazione della conoscenza, perché l’accesso al sapere depositato si ha in maniera autonoma: LEGGENDO. È una vera e propria RIVOLUZIONE COPERNICANA: in precedenza l’individuo era continuamente mescolato in una forma sociale in cui il passato veniva presentificato per poter continuare ad esistere. Le energie ora servono per rinnovare e andare avanti, per costruire sulle conoscenze ora ferme. La scrittura contribuisce a un nuovo orientamento cronologico. Potendo fermare le conoscenze in un punto preciso aiuta a separare in maniera più chiara passato, presente e futuro che invece nella dimensione orale è molto più fluido. Nella DIMENSIONE ORALE per di più, l’importanza più rilevante nella gerarchia sociale è data agli anziani; coloro che sono i grandi accumulatori di conoscenza, i saggi, sono tenuti in grande considerazione. Nella CULTURA SCRITTA la possibilità di accedere al sapere in maniera diversa fa perdere importanza a queste figure. PLATONE - detrattori della scrittura La scrittura accresce solo l’apparenza di conoscere, ma non la vera conoscenza che si acquisisce solo tramite l’insegnamento orale diretto. La scrittura non rafforza la memoria, ma anzi la indebolisce. Il lettore accanito è saccente ma non sapiente, perché è solo capace di ripetere ciò che ha letto in modo fisso e immutabile. Platone sottolineava che la scrittura non è un elemento che ci conduce alla conoscenza, porta ad un sapere non pieno, come invece fa la comunicazione orale. Secondo lui quest’ultima allena la memoria e soprattutto prevede la relazione col maestro. 2. LA STAMPA ➝ Già nel XIV secolo in Europa c’era la Xilografia, una modalità di stampa che prevedeva l’incisione da parte di amanuensi di tavole che venivano bagnate nell’inchiostro. Nel 1456 abbiamo la grande rivoluzione Copernicana della stampa con Johann Gutenberg e l’invenzione di un altro processo di stampa che prevede la composizione di matrici: la STAMPA A CARATTERI MOBILI. La stampa a caratteri mobili, rispetto alla Xilografia, prevede la composizione di volta in volta di matrici attraverso l’uso dei caratteri di cui si aveva bisogno all’interno della pagina. Questo cambio del processo produttivo restituisce nei secoli successivi lo slancio per degli importanti cambiamenti economici, sociali e culturali nell’epoca che va dal Medioevo a età industriale e al capitalismo: TRASFORMAZIONE ECONOMICA Vi è la meccanizzazione di un’attività fino ad allora manuale, il lavoratore non ha più il controllo diretto sul prodotto ma lo ha sulle macchine. Ci si stacca dalla tendenza artigianale e si va verso un lavoro a molta più bassa specializzazione. Chi lavora ora, non è più un soggetto specializzato, pagato da chi può permetterselo, ma sono operai bassamente specializzati, più facili da reperire. Questo ci porta a processi di lavoro più economici, più veloci e che consentono una moltiplicazione di copie. L’oggetto libro passa da opera di alto artigianato, pezzo unico a uno oggetto ripetibile, scalabile. Si apre dunque un mercato dal punto di vista sociale, che influenza le dinamiche economiche. Con l’innovazione di Gutenberg, la produzione non dipende più dalla volontà di un mecenate o dalla chiesa, ma viene orientata dagli acquisti, quindi dal pubblico. Si iniziano a formare delle nuove figure, costruendo la filiera del mercato del libro: L’editore (che regola la produzione e la distribuzione), l’autore, lo stampatore (nascono imprese). Anche dal punto di vista del mecenatismo, si era più orientati ad una produzione di contenuti tradizionali, ma aprendosi la possibilità tecnica, si apre il mercato. La stampa ha inciso sulla possibilità di diffusione/divulgazione della conoscenza, sapere scientifico e di opere letterarie ma ben presto arriva ad essere utilizzata anche dal mondo dell’informazione. Infatti verso la fine del ‘500 a Venezia si ha il primo periodico: la “gazzetta”; così tra il XVI e il XVII secolo si diffondono quotidiani e periodici che per la prima volta portano all’interno delle città delle informazioni che provenivano da luoghi molto lontani. Solo alla fine del ‘700 si può iniziare a parlare di primo sistema dei media (produzione di libri, giornali, riviste; sistema distributivo di edicole, di punti vendita). Questo ampio sistema di distribuzione porta alla diffusione di luoghi di lettura, ovvero i caffè letterari e i salotti borghesi (luoghi di discussione); si viene a creare una dimensione di socializzazione di quello che si leggeva. L’accesso al prodotto libro in maniera più facile economicamente aveva messo tante più persone nella condizione di poter leggere. Grazie a tutto ciò nasce L’OPINIONE PUBBLICA, ovvero la possibilità di avere un dibattito razionale, liberale e critico animato da alcuni settori della società civile indipendentemente dall’autorità statale su temi di politica e di attualità (ricordiamo che si parla di un momento storico non democratico). Sull’opinione pubblica si costruisce un sentire collettivo che aprirà la strada alla democrazia. DETRATTORI DELLA STAMPA Coloro che giudicano questa innovazione in maniera negativa sono: la chiesa cattolica/istituzioni religiose, ovvero coloro che ricavavano una dimensione di privilegio e di potere dal fatto che la produzione della cultura fosse solo nelle loro mani. Ad esempio “Indice libri proibiti” (fino al 1966), fu una forma di difesa nel momento in cui ci si rese conto del potere di divulgazione di informazioni giudicate antagoniste contro la chiesa. 15.03.2023 - lezione 03 3. LE TELECOMUNICAZIONI ➝ Inizio del XIX secolo, il sistema delle comunicazioni viveva di navigazione fluviale-marittima e corriere a cavallo. Questi servizi erano efficienti per perimetri brevi, ma molto lenti quando il destinatario era molto distante. La comunicazione viveva dello stesso tempo tecnico delle merci, perché inscindibile dal supporto fisico. Le telecomunicazioni si evolvono in questo senso, dematerializzando la comunicazione. Il primo protagonista è il telegrafo, che dissocia il contenuto dal supporto fisico. Questo strumento si appoggia al codice morse (sistema di punti e linee) attraverso degli impulsi. Perché questo strumento è una innovazione proprio in questo momento? Perché crescono le linee ferroviarie, rendendo possibile, per la prima volta, la separazione tra il mondo dei trasporti fisici e quello della comunicazione. Si hanno delle ripercussioni enormi sulla percezione delle distanze, in termini di sentire delle società e si ha un grande impatto sulle relazioni politiche e commerciali. Così facendo nel 1844 viene trasmesso il primo messaggio “ufficiale” (un verso della Bibbia); nel 1866 si ha il primo messaggio di “pura informazione” che collega due continenti. Il telegrafo rimane comunque limitato, perché non è uno strumento mediato, ha bisogno di un ulteriore passaggio di decodifica; vive di due codici (lingua italiana + morse; e viceversa per codificarlo) Col TELEFONO si mantiene la capacità di trasportare il messaggio senza il mezzo fisico ma in più permette di utilizzare un solo tipo di codice. Il primo prototipo di questo strumento fu di Meucci nel 1856, ma nel 1876 Bell lo brevettò. Il passaggio successivo è quello della RADIO: il primo vero e proprio mezzo di comunicazione di massa. La radio fu uno strumento che consentiva di trasmettere un messaggio contemporaneamente, dal singolo a molti. Importante in quanto ci interessiamo del rapporto tra comunicazione e società. La radio ha quindi quella immediatezza che verrà poi sostituito dalle televisioni. Marconi Guglielmo all’inizio del ‘900 inventa la radio come la conosciamo oggi, in realtà le prime applicazioni di questo strumento avvennero in ambito militare, per comunicare tra navi oltre che con treni (col telegrafo). La radio venne concepita inizialmente come un telegrafo senza fili, e non come mezzo di comunicazione completamente nuovo. Questa innovazione venne però scartata perché le onde radio permettevano di intercettare il nemico. Nella società civile questo meccanismo vi sviluppa. L’esplosione e diffusione della radio avviene tra la 1a e 2a guerra mondiale. La radio fu protagonista di questo momento storico, in mano alla dittatura che ha lo scopo di trasmettere una sola unica verità, fu riscoperto uno strumento potentissimo. Le prime vere emittenti radiofoniche: 1920 - USA, nasce la Kdka 1922 - Inghilterra, nasce la BBC La radio, per il suo funzionamento, utilizza delle onde, quindi una PORZIONE DI ARIA, una frequenza, in via esclusiva per poter trasmettere il mio messaggio. Sorge quindi un nuovo problema:l’aria, fino ad allora considerata bene di tutti e inesauribile, diventa un bene finito (le frequenze sono limitate) e amministrato dallo Stato in quanto “cosa pubblica”.. Questa questione apre il tema delle LICENZE (contratti d’affitto), generando lo sviluppo di due diversi MODELLI ECONOMICi: - USA, lo stato decide di liberalizzare da subito le licenze, e quindi di concedere in licenza pagata, queste porzioni di aria a soggetti privati (mantenuta in affitto). Questo fa sì che il mercato radiofonico USA si popoli da subito di soggetti privati, questi ultimi per poter mantenere economicamente la licenza cercano un modello che permetta loro di avere delle entrate significative: LE PUBBLICITÀ. - EUROPA, lo stato ritiene di non permettere l’ingresso a dei privati nel mercato, non dando nessuna licenza e nessun affitto. Si intuisce la grande forza della radio, ma dando questa a dei privati implica non prendersi come stato la responsabilità e non avere il pieno controllo di essa. Vi sono inoltre una serie di questioni etiche, perché i privati non sono mossi dall’etica collettiva. Tant’è che la radio viene concepita come un servizio pubblico in Europa, e come tale viene gestita/amministrata/realizzata dallo stato. Esso genera un soggetto in grado di creare trasmissioni radiofoniche, e sopravvive attraverso le tasse, ovvero il CANONE (es Rai). LA TELEVISIONE Alla nascita della tv si arriva fondendo due innovazioni tecnologiche già in uso: la radio e il cinema. Le prime trasmissioni tv pubbliche sono negli USA nel 1929. Con la guerra, mentre la radio persiste perché già diffusa nelle abitazioni, la tv viene sospesa, ogni tipo di ricerca, diffusione, progettazione, che riprenderà negli anni ‘50. La diffusione della tv ha però un’impennata incredibile in soli 12 anni: - 1948: 4% famiglie con tv - 1960: 89% famiglie con tv In italia la Rai nasce lasciando allo stato il monopolio, ovvero un mercato abitato da un solo soggetto. Nel business della tv italiana, l’unico soggetto che aveva la proprietà degli emittenti era lo stato. RAI, sotto il diretto controllo statale: RAI1 - 1954 / RAI2 - 1961 / RAI3 - 1979 L’italia si configura nel tempo come uno stato che ha un mercato del tutto peculiare dal punto di vista delle telecomunicazioni televisive, rispetto al mercato Europeo. Ricordiamo che si è in un momento in cui il paese è distrutto dalla guerra, sta uscendo dal fascismo e si sta ricostruendo politicamente; si vede un'Italia culturalmente divisa, che non parla l’italiano ma con una grande frammentazione di dialetti. Una delle primissime trasmissioni Rai fu Non è mai troppo tardi, in cui un insegnante delle elementari con una lavagna insegnava l’italiano. In questa logica del servizio pubblico, ad un certo punto lo stato Eu decide di liberalizzare il mercato, portando a un grande popolamento di soggetti (non più solo dallo stato) che iniziano ad aprire canali televisivi. In italia invece si crea un mercato tenuto in piedi da solo due soggetti, un duopolio: - un pubblico➝ RAI - un privato➝ MEDIASET (unico player privato nella scena del mercato italiano per tanti anni) Ricordiamo che la televisione degli anni ‘80-’90 è lo strumento di comunicazione di cui le famiglie italiane si cibano in maniera quasi esclusiva. Per ciò che riguarda l’informazione, sulla quale si struttura il nostro pensiero politico e sull’intrattenimento che, come dicono importanti studi, contribuisce in maniera più profonda dell’informazione a lavorare sui nostri valori e sulla visione del mondo e modelli di riferimento. Politicamente in Italia, negli anni ‘90, il capo Mediaset (Berlusconi), diventa il capo del governo, questo avvenimento passa alla storia come CONFLITTO DI INTERESSE. Questo conflitto ha fatto sì che 20 anni lo strumento di comunicazione più potente rispondesse ad un unico soggetto, perché era titolare della società privata delle tre reti private nazionali e capo dello stato che controllava le tre reti pubbliche. Questo significa distruggere la pluralità. La televisione aveva la possibilità di agire in maniera così profonda nell’immaginario collettivo, quello che non va bene è che per così tanti anni la tv italiana sia stata controllata da un solo soggetto. Oggi la capacità di generare opinione nella tv è mitigata da una possibilità molto più variegata di accedere alle informazioni. LE GRANDI PROSPETTIVE TEORICHE Nel corso del tempo diversi studiosi afferenti alla sociologia della comunicazione si sono interrogati sulla relazione che c’è tra comunicazione e società e come si influenzano a vicenda (con l’avvento dei mass media). Significa quindi comporre delle vere e proprie teorie (ne vediamo 6) che ci aiutano ad interpretare questa relazione. L’interesse dei sociologi esplodono quando la comunicazione inizia ad raggiungere la portata per essere considerata di massa. Parte dai primi decenni del ‘900, quando si diffonde la radio. 1. TEORIA DELL’AGO IPODERMICO Non è una vera e propria teoria, ma è una prima formulazione concettuale tra società e comunicazione, un primo approccio sociologico. Non è una teoria perché non ci sono minimi comuni denominatori ma sono studiosi che osservano l’impresa diretta cosa sta capitando nella società di massa. Quindi è una lettura dei media intuitiva e immediata. Non è un caso se questi primi teorici interpretano la radio come un mezzo manipolatorio, da qui la metafora dell’ago ipodermico. Dal punto di vista socio-politico abbiamo i regimi totalitari (comprese le forme non democratiche di sovranità in europa). Questi soggetti politici scoprono la forza della radio e la usano per il grande apporto che riesce a dare alla propaganda politica. L’istituto luce era quello che dal punto di vista cinematografico rappresentava l’azienda statale filmica. Controllare i mezzi di comunicazione significa poter agire sull’opinione delle masse. Questa “teoria” dunque, vede la relazione tra media e società come manipolatoria, in cui i mass media (prevalentemente radio) hanno la capacità di manipolare le opinioni delle persone. Queste opinioni arrivano dall’osservazione da parte di studiosi dello stato dell’arte. Per poter conferire a un mezzo di comunicazione di massa la capacità di manipolare la testa delle persone, si vede presupporre una certa visione nei confronti del pubblico al quale ci si rivolge. Due presupposti: 1. L’idea di un funzionamento della comunicazione basato sul modello stimolo-risposta. Ovvero quello che legge la comunicazione come la gente a cui corrisponde intrinsecamente solo una data risposta; a dato stimolo corrisponde una data risposta. Non riconosce al pubblico un ruolo attivo, ma passivo (è la base per la manipolazione). 2. La visione della società, come una nuova società, quella di massa. Ovvero quella abitata da individui che sono singoli, isolati; questa visione è contemporanea a quel periodo. Vi è una forte industrializzazione, trainata dagli interessi economici della guerra e un'economia del tutto industriale; In italia c’è una forte richiesta di lavoro e manodopera al nord. Tante persone in italia si spostano da sud a nord e dalle campagne alle città. Dal punto di vista sociale questo genera una società nuova, perché vengono meno i modelli di organizzazione sociale basati su reti/legami familiari più piccoli, più agricole. Questi legami si disgregano, e i mass media trovano terreno fertile per manipolare perché le persone sono sole (società di massa - quindi tanti individui alienati). Non vi è una dimensione di confronto e relazionale che aiuta a mitigare la manipolazione. Grazie a questi due presupposti si arriva a formulare la teoria dell’ago ipodermico che dice che i mass media manipolano la gente osservando lo stato dell’arte. Visione “apocalittica” dei mezzi di comunicazione di massa (radio, stampa, cinema) = potenti mezzi in grado di inoculare “sotto la pelle” della persone i propri messaggi 2. GLI “EFFETTI” LIMITATI E IL FLUSSO DI COMUNICAZIONE A DUE STADI Le riflessioni successive superano la teoria precedente, concentrandosi sui precedenti presupposti teorici, superando il modello stimolo-risposta e evolvono la visione della società di massa. Negli anni ‘40 gli studiosi osservano che diversi soggetti rispondono in maniera diversa ad uno stesso stimolo. Gli scienziati delle scienze sociali si occupano di formulare teoria su fenomeni sociali, attraverso un esperimento: ci sono due gruppi di persone A e B uguali per tratti che li connotano ma differenti per un tratto. Il gruppo A sono mamme, il gruppo B invece no. Propongo a questi due soggetti, degli stimoli connessi all’elemento differenziante. Vengono registrate reazioni simili sulle altre categorie, ma rispetto a questo stimolo le reazioni sono diverse. Questo esperimento dimostra che l’univocità del paradigma stimolo-risposta non funziona; bisogna interrogarsi sul motivo per cui le risposte sono diverse. Questi studiosi complessificando lo schema stimolo-risposta e introducono le variabili intervenienti. Ci sono tre grandi famiglie di queste variabili: 1. variabili socio-demografiche - la componente anagrafica influenza la risposta allo stimolo ma anche il luogo sociale influisce su di esso. 2. atteggiamenti e opinioni preesistenti - dipendono dal nostro bagaglio culturale e dal nostro passato. Queste generano delle opinioni che sono dei preconcetti con cui fruiamo qualsiasi cosa, il nostro punto di vista 3. processi psicologici individuali - collegati ai nostri meccanismi psicologici e in quale condizione psicologica siamo quando fruiamo il contenuto. Il mix di queste tre variabili, rende infinite le possibili risposte agli stimoli. Ognuno di noi è diverso rispetto all’altro e rispetto al singolo momento della propria vita. Tutte queste variabili, complesse e singolari intervengono sulla risposta, ovvero il messaggio di comunicazione più o meno complesso; la risposta è l’idea che si forma nella nostra testa e i comportamenti conseguenti. Di fatto non è possibile capire gli effetti che i media hanno sulla società se non considerando il contesto sociale in cui agiscono (dato da tutte le variabili). Teoria del flusso di comunicazione a due stadi Gli studiosi iniziano ad interrogarsi su come il contesto sociale (inteso come l’insieme delle relazioni che la società esprime) fa proprio il messaggio dei media. Questa teoria dice che in realtà al pubblico arriva il messaggio mediale non solo attraverso la funzione diretta dei media, ma grazie all’aiuto di particolari categorie di persone che occupano posti-chiave nei network di relazioni interpersonali; non solo direttamente dai media ma secondo un modello che si muove a due passaggi/stadi: leader d’opinione. chi sono i leader d’opinione? Sono dei singoli o gruppi o pezzi di società che hanno la capacità di far proprio il messaggio dei media e di restituire l’elaborato ad un gruppo di persone che riconoscono a loro l’autorevolezza su quel determinato tema. I leader non vengono eletti ma emergono dalla configurazione delle relazioni. le relazioni interpersonali risultano in generale molto più importanti dell’influenza diretta dei media, mentre questi ultimi non possono esprimersi nel massimo della loro manipolazione, sono “limitati”. Il pubblico inserisce nella dinamica sociale i leader di opinione su temi specifici che hanno una relazione di fiducia nei confronti della società; l’argomento si ciba dell’informazione dei mass media ma passa attraverso queste figure di riferimento. Lo sguardo di questi studiosi di 20 anni dopo la formulazione del quadro dell’ago ipodermico, portano alla visione partendo da una manipolatoria a un’idea più mitigata di persuasione fino al concetto di influenza. Parlare di influenza significa una pluralità di fattori che formano la mia opinione. Con l’avvento dei nuovi media, la distinzione tra chi emette e chi riceve la comunicazione è un contesto mediale completamente diverso: i leader d’opinioni non stanno nella società ma la loro opinione matura nel digitale all’interno di un mezzo di comunicazione. 05.04.2023 - lezione 04 3. USI E GRATIFICAZIONI TRA FUNZIONI E DISFUNZIONI Siamo negli USA, e questo modello è frutto di una visione che si interroga su che ruolo hanno i media e riconoscono loro la capacità di essere un soggetto delle logiche sociali; non un qualcosa di esterno ma come un pilastro della società. Questa teoria è riconducibile alla corrente dello struttural-funzionalismo statunitense, cioè quella che legge la realtà e le sue parti in base alla funzione a cui assolve. Vi è un ribaltamento di prospettiva: non ci si chiede più qual è l’obiettivo attraverso cui i media agiscono, ma ci si concentra sulla funzione attribuita dalla società. Perché la società si ciba di contenuti mediali? Questo ha a che fare con la capacità dei media di rispondere ai bisogni della società. quali sono le funzioni che la società riconosce ai media tanto da utilizzarli? Emerge una capacità dei media che ci permette di informarci, divertirci, costruire una identità (ci propongono modelli oltre la nostra esperienza diretta), ci propongono dei modelli, degli stili di vita, dei ruoli sociali che contribuiscono a costruire l’identità del singolo e a costruire un significato condiviso. Nello specifico i mass-media (i media tradizionali), costruiscono un orizzonte di significato ampiamente condiviso. I riferimenti comuni, nelle generazioni precedenti erano molto omogenei, avevano un taglio più orizzontale e meno differenziato dal punto di vista sociale. Si aveva infatti una base comune di riferimenti culturali derivanti dai messaggi di comunicazione di massa costruiti attraverso i sistemi di comunicazione tradizionali che costruivano un significato condiviso. Parlare di fruizione, implica una considerazione del contesto più profonda perché l’ente attraverso cui questi studiosi guardano alla relazione tra media e società è guardata dalla parte del pubblico/società. L’interpretazione parte dalla funzione che io conferisco a quel consumo mediatico, che può essere completamente diversa rispetto a quella per cui è stata pensata. Posso decidere la fruizione di una trasmissione politica mentre faccio altro: la funzione che io gli attribuisco è di compagnia e non intrattenimento. I significati che percepisco e recepisco sono quasi indipendenti dal motivo per cui è stato emesso quel significato. 4. LA TEORIA CRITICA E L’INDUSTRIA CULTURALE La teoria critica viene elaborata dalla Scuola di Francoforte nel corso del XX secolo. Questa scuola nasce in Germania come istituto che per la prima volta mette a sistema gli studi sociologici con dei temi completamente nuovi (come la comprensione dei media); nasce prima della 2a guerra mondiale ma a causa delle conseguenze del periodo fascista, interrompe la sua attività durante la guerra, costringendo molti studiosi a emigrare in america a causa delle persecuzioni. Dopo la guerra la scuola di Francoforte si ricostruisce sulla frattura sociale, politica e culturale generata dal nazismo, attivando la propria visione proprio dal desiderio di ricucire questa frattura che in realtà rifiuta e denuncia le ingiustizie che si sono perpetrate durante il regime fascista ma che contemporaneamente non riconosce come valido l’altro modello socio-economico che si stava portando in europa da parte delle truppe di liberazione americane: il CAPITALISMO. Siamo alla fine della 2a guerra mondiale, in un momento di messa in discussione di modelli politici, sociali, economici di una Europa per gran parte distrutta. In particolare la Germania, divisa a metà (con Francoforte nella parte ovest), si trova ad avere a che fare con un modello economico-sociale che viene portata avanti dal vincitore, che aveva la posizione di superiorità, di imposizione. La scuola di Francoforte nasce sulla fine della 2a guerra mondiale, assorbendo le conseguenze del regime nazista che ha portato alla perdita della guerra, e si trova a rifiutare questo modello che aveva esplicitato pubblicamente gli orrori dei campi di concentramento, ma in più rifiuta e non accoglie il nuovo modello capitalista americano che arrivava con l’ondata di liberazione. Questa teoria può dunque essere considerata come una proposta unitaria di riorganizzazione della società secondo caratteri di uguaglianza e giustizia, che sembravano perduti sia nella Germania nazista, sia nel capitalismo americano. La scuola parte da una problematizzazione della scienza e della cultura. Chiunque prende parte alla ricerca scientifica deve considerare che l’osservatore, lo scienziato è parte stessa del contesto che sta esaminando. Significa che le opinioni, le intuizioni e il lavoro dello studioso sono inserite all'interno di quello stesso oggetto del suo studio, è una cosa inevitabile; di conseguenza si è più esposti a condizionamenti di chi è in grado di orientare quel contesto. Lancia questo avvertimento nei confronti della scienza e altrettanto fa nei confronti della cultura che acquisisce una definizione dispregiativa: L’INDUSTRIA CULTURALE. La scuola di francoforte, definisce quest’ultima, il modo di produrre cultura dell’insieme dei mezzi di comunicazione disponibili in quel momento: radio, tv, cinema e stampa. La scuola la chiama così perché riconosce in questo nuovo modo di produrre cultura, diverso da quello che veniva prima, delle caratteristiche comuni con qualsiasi altro tipo di industria. Si parla di standardizzazione e organizzazione del lavoro, quindi i soggetti che contribuiscono a produrre artefatti culturali nella dimensione di questa produzione di cultura di massa sono soggetti che lavorano secondo metodi e procedure che sono organizzati in maniera omologante; rispetto ad un’idea altra di cultura che lavora per produrre pensiero divergente, è esattamente l’opposto. Vengono quindi prodotti dei prodotti che sono a loro volta omologati e standardizzati, perché rispondono come gli altri prodotti industriali alle esigenze dei consumatori (della cultura di massa). Parla di prodotti culturali come di vere e proprie merci, che sono pensate e progettate secondo una logica top-down, ovvero progettate e costruite dall’alto da emittenti che le propinano in maniera massiva ad un pubblico di consumatori. CULTURA TOP-DOWN VS. BOTTOM-UP Riguarda la cultura ma anche i metodi di produzione. TOP-DOWN significa imposto dall’alto, quindi tutti quei tipi di provvedimenti, azioni e produzioni che sono decise da soggetti che sono delle istituzioni, enti, agglomerati di potere che stanno al di sopra della società, che impongono un prodotto chiuso e finito. BOTTOM-UP sono le iniziative che nascono dal basso, come i movimenti di attivismo. Quindi i prodotti che l'industria culturale produce è per definizione top-down, perché viene prodotta da dei sistemi istituzionalizzati che sono dei centri di potere. La visione politica della scuola di f. si lega alla lettura che da dei media. Questi vengono visti come uno strumento d’azione del sistema capitalistico americano (esportato in tutta europa dopo la 2a guerra mondiale in tutta europa). Nel sistema che osserva la scuola di f., la possibilità di diventare agente attivo nella produzione di contenuti mediali, e quindi emittenti di queste industrie culturali, è un privilegio, ruolo riservato solo ai poteri forti, alle istituzioni, governi o agglomerati economici molto forti. Quello che porta avanti la visione capitalistica, quindi l’organizzazione della società, secondo queste nuova visione, basa una parte della propria dinamica nella capacità di agglomerare capitale attorno a soggetti che si fanno motori dell’economia dei paesi attraverso le industrie. In sostanza, i media sono un pezzo integrato della società capitalistica, non solo perché funziona come altre industrie producendo merce al pari di qualsiasi altra industria, ma perché, essendo che producono cultura, giocano un ruolo importante nel confermare culturalmente questo sistema. I fruitori di cultura di queste industrie culturali, sono percepiti come qualsiasi altro consumatore. critica all’industria americana Nello specifico, la scuola si scaglia contro l’industria culturale americana: oltre al fatto che i processi sono omologanti e standardizzati, i media americani nascono da subito come privati e quindi hanno la necessità di reggersi economicamente. Come? Inserendo come elemento statuario la pubblicità. La scuola di f. si scaglia accusando loro di avere come scopo ultimo non quello di creare cultura, ma generare un desiderio di consumo ➝ manipolazione del desiderio con l’intento di generare profitto. Il salto oltre che fa la scuola di f. è dato dal fatto che afferma la produzione di Cultura dal punto di vista strutturale come l’organo di legittimazione dell’ideologia dominante, ovvero gli interessi della società capitalistica. Con questa teoria si torna ad una visione manipolativa dei media, in una società fondata su un'idea capitalista, su un modello economico più spinto possibile verso la deregolamentazione, più assertivo e sostenitivo possibile della libera iniziativa privata economica, dove le regole sono dettate da quello che funziona di più economicamente; chi ha più potere coincide con chi riesce ad organizzare dei sistemi economici più virtuosi. Di questi fanno parte chi riesce ad attivare un’impresa mediale, un'industria culturale, un canale televisivo. Se anche l'industria mediale/culturale fa parte dei soggetti eletti di questo sistema, andrà mai ideologicamente contro questo sistema? No. L’industria dei mezzi di cdm sarà sempre conservativa, perché è espressione della forza del sistema economico che è alla base dell’organizzazione sociale. Quindi il pubblico, non solo indotto a consumare il più possibile, ma anche manipolato nei suoi valori, atteggiamenti, opinioni allo scopo di far sembrare giuste e inevitabili le contraddizioni del sistema capitalistico. La produzione della comunicazione di massa presuppone un tipo di fruizione che induce a non pensare: la rigida divisione in generi fa accostare il pubblico al prodotto con aspettative precise che vengono attese. L'omogeneità dell’offerta mediale si traduce in omogeneità dei comportamenti e dei modi di pensare della gente “uomo a una dimensione”. libro - abitare il vortice https://www.che-fare.com/ 5. I CULTURAL STUDIES: LA CULTURA COME TERRENO DI CONFLITTO dalla Germania ci spostiamo all’Inghilterra degli anni ‘50. All’interno della prospettiva di questi cultural studies viene messa al centro la dimensione culturale. cosa intendono con cultura i cultural studies? Il patrimonio di processi storicamente e socialmente dati, attraverso cui le persone attribuiscono senso alla realtà. La cultura o quello che possiamo chiamare tale è esattamente tutto quello che arriva a me da chi mi ha preceduto, attraverso la quale io do senso a quello che vedo. Persone di diversa cultura, attribuiscono significati diversi. L’influenza rispetto alla lettura che diamo del mondo deriva da un processo che quindi si è costruito prima di noi e che è giunto fino a noi. Per i cultural studies la cultura prende forma e si trasforma continuamente nelle pratiche quotidiane di ognuno di noi. Ha quindi una parte agita nel quotidiano, che evolve. Queste pratiche, ovvero il nostro modo di esprimere i significati, è quello che costruisce socialmente i valori e i significati condivisi appartenenti ad un'unica cultura. perché i cultural studies si interessano dei mass media? In quest’ottica i mass media sono un agente molto potente, hanno un ruolo rilevante nella costruzione della cultura popolare (in antitesi con quella alta; espressa in letteratura, filosofia, teatro). I cultural studies ricalcano il modello critico della cultura Marxista, applicando il ragionamento al mondo della cultura.Le radici europee della teoria dei Cultural studies si rivelano nell’approccio critico e nell’attenzione alla dimensione del conflitto sottostante ogni processo sociale. riferimenti alla teoria Marxista: Marx sviluppa una teoria che indaga l’equilibrio della società dal punto di vista socio-economico. Al centro della propria analisi vi è l’osservazione del conflitto di classe, disuguaglianze sociali ed economiche e contraddizioni del capitalismo. Nel Il Capitale Marx dice che la strutturazione fisica della società vede due grandi attori: chi detiene il capitale, ovvero i capitalisti e la classe subalterna, cioè i lavoratori alle dipendenze dei capitalisti. Questa produce un plusvalore di cui gode solo chi detiene il capitale, in una relazione asimmetrica. Il disequilibrio della società, secondo M, è dato da una situazione di tensione sociale, di lotta continua tra capitalisti e subalterni. I cultural studies riprendono lo stesso modello ma ponendo al centro la cultura. Quindi la cultura (come la classe per M) dominante non viene vista come incontrovertibile e inevitabilmente imposta ai fruitori, il pubblico (le classi subalterne), ma l’affermazione di una certa forma culturale avviene sempre attraverso un faticoso processo di negoziazione e conflitto nel corso del quale le classi dominanti esercitano il potere ed emettono i contenuti dei mezzi di cdm, ma le classi subalterne dispongono a loro volta della possibilità di rifiutare, mediare o rielaborare ciò che viene loro proposto. Con i cultural studies si può dire di avere un superamento della visione manipolativa e si riconosce ai fruitori la capacità di rispondere attivamente ai contenuti proposti dell'élite dominante. Il consumatore non è passivo ma è in grado di esercitare un'azione attiva, contribuendo a creare il significato. Produzione mediale ➝ veicolo dell’ideologia dominante (no manipolatore occulto) Prodotti mediali = prodotti complessi frutto di particolari condizioni storico-sociali Il ruolo attivo risulta importante e incidente nel conferire una definizione dei significati dei messaggi mediali.Il processo di decoding avviene infatti in modo indifferenziato seguendo valori e schemi interpretativi di specifiche culture o, più spesso, SOTTOCULTURE. Identificando quei movimenti culturali che per conseguenza e causa si sviluppano in totale opposizione rispetto alla forma di cultura offerta dai mezzi di cdm. (es movimento punk che nasce come forma di rifiuto rispetto al sistema, ma che nei modi di agire mette al centro della propria costruzione simbolica anche i media o la forma di cultura espressa dai mezzi di cdm). I Cultural studies portano gli studi della comunicazione di massa verso il momento della loro maturità: - sfera culturale relativamente autonoma dalla base economica (cultura popolare e fruizione differenziata dei media come terreno di resistenza e di conflitto rispetto alla pressione omologante della cultura capitalista) - rimane un occhio critico e un’attenzione costante alla dimensione del potere che si esplica attraverso la comunicazione - la cultura non si sviluppa seguendo obiettivi “dati”, ma legata a rapporti sociali di un dato contesto e momento storico 12.04.2023 - lezione 05 6. LA SCUOLA DI TORONTO La scuola di T. è quella che più di tutte sviluppa un approccio interdisciplinare, ovvero che la relazione tra media e società è complessa, per cui non basta solo uno sguardo disciplinare. Quello che questa scuola fa è mettere al centro lo sviluppo tecnico tecnologico; secondo loro la forza del mutamento sociale è data dal quest’ultimo. Questa è intesa come motore del mutamento, una forza autonoma capace di spingere la società in una direzione o in un’altra o addirittura determinare la direzione del cambiamento. Marshall McLuhan È l’autore e la figura più importante della scuola di Toronto. Egli si interessa e studia in particolare l’impatto della stampa e dei media che hanno sulla psiche umana. Il loro impatto si manifesta ad un livello così profondo che la scuola parla di mutazioni antropologiche della specie umana (antropologia=scienza che studia l’uomo). Secondo McLuhan e la scuola di T. la tecnologia è quella che apre delle strade dentro cui si costruiscono dei nuovi comportamenti sociali. I media vengono visti come come estensioni dell’uomo, prolungamento dei suoi sensi. Ogni nuovo media nasce per evoluzione tecnologica e sono così determinanti da sviluppare delle nuove competenze e consapevolezze, tale da mutare le capacità degli esseri umani. (stampa ➝ estensione memoria / telefono ➝ udito e voce /...automobile, gambe). Facciamo un back al confronto tra società a cultura orale vs scritta: la società a cultura orale vivono in una dimensione di un flusso costante molto più difficilmente isolabile e ripartibile in singole unità, ed è una società in cui è necessaria la dimensione collettiva dell’apprendere. La scrittura ha agevolato e ha implicato la capacità di scomposizione del pensiero e ha agevolato la deprivatizzazione e la decollettivizzazione in termini di società. Questo ha permesso la nascita della coscienza individuale; l’essere umano ha avviato un processo di presa di coscienza della dimensione individuale, quindi si è attuato un mutamento antropologico. Secondo questo pensiero i media sono visti come estensione di consapevolezza. la scrittura implica la scomposizione del pensiero in singole unità di significato indipendenti dal contesto e da un sentire comune condiviso permette la nascita di una coscienza individuale la stampa amplifica gli effetti della scrittura, permettendo l’avvio della coscienza moderna che prende corpo grazie al razionalismo, illuminismo, educazione diffusa, alfabetizzazione universale e un tipo di categorizzazione mentale (indici, note, tabelle...) infine con i media elettronici viene individuato quello che McLuhan definisce villaggio globale. I media elettronici per la loro capacità dirompente innovativa fanno entrare la dinamica sociale in una dinamica da villaggio in cui tutto è prossimo e vicino ma con un raggio di azione sfasato. fine delle grandi narrazioni e ideologie + riduzione della vita sociale ad un unico grande villaggio. “il medium è il messaggio” è il concetto e la frase più famosa di Marshall McLuhan. il vero messaggio di un medium è nel mutamento che produce, indipendentemente dal suo contenuto. Ciò che innesca le trasformazioni sociali non è il contenuto del media, come succede per le altre teorie, ma il media stesso e il suo funzionamento. Sul media elettivo la società forma le consapevolezze e la propria coscienza, di conseguenza acquisendo il funzionamento, la struttura, diventa il mezzo per leggere il mondo. Influenza in maniera profonda la coscienza della società e il modello mentale col quale leggo la realtà intorno a me. il contenuto di un medium consiste sempre in un altro medium (es. il contenuto della scrittura è il discorso, la parola scritta è il contenuto della stampa...) Ogni nuovo mezzo tende non a escludere gli altri ma a inglobarli (es. internet - testate online, web, radio...) L’INDUSTRIA DEI MEDIA Tra le funzioni dei media, quella dell’intrattenimento è un importante canale di influenza sul nostro sistema valoriale, per cui i prodotti di intrattenimento propongono e sono capaci di incidere in maniera ancora più inconsistente sui nostri assetti valoriali. La forte capacità dell’immagine, come nel caso della tv degli anni ‘90 sui ruoli di genere (uomo molto presenta accompagnato dalla donna senza parola e solo corpo) è influenzata molto di più rispetto a un notiziario sullo stesso tema. Al giorno d’oggi è stato difficile scardinare quei forti messaggi socialmente condivisi sui ruoli di genere per arrivare alla parità di genere. L’industria dei media genera un valore altro rispetto a quello economico, cioè quello di generare unione o di influenzare. LA PRODUZIONE DI NOTIZIE È complesso capire cosa rende, nella produzione di notizie, non oggettiva qualsiasi notizia. Il giornalismo oggettivo è un ossimoro, non esiste, prima di tutto perchè se definiamo come notizia l’output, il prodotto del lavoro giornalistico, non significa che nel mondo non esistono notizie, ma succedono degli accadimenti che non possono nella loro totalità processati per diventare notizia. La prima cosa che rende il giornalismo un’attività non iniziale è che è frutto di una selezione di accadimenti che succedono nel mondo che entrano nel processo di produzione di notizie che diventa alla fine notizia. Non tutto ciò che accade nel mondo si trasforma in notizia; I giornalisti selezionano i fatti in base alla notiziabilità, ovvero la possibilità che un evento ha di diventare notizia in termini di contenuto, mezzo e interesse per il destinatario. Come avviene questo processo secondo cui un determinato accadimento viene scelto e passa attraverso una serie di cose per diventare notizia? La prima cosa da chiedersi è come è fatta la “macchina” che produce la notizia? Vi sono delle figure all’interno delle redazioni, che sono organizzazioni produttive che trasformano il dato grezzo (i fatti del mondo) in un prodotto (notizia); queste figure sono: - EDITORE ➝ il proprietario della testata e dell’azienda, è imprenditore del mondo della comunicazione e decide di avviare una propria impresa attraverso la produzione di informazione, in questo caso attraverso l’avvio della produzione di un quotidiano. Ha come focus della propria attività il fatto di avere un’impresa sana, che produce utili; il suo focus è quindi di natura gestionale. Si preoccupa di introiti pubblicitari e allargamento utenza. L’editore attua una scelta molto importante dal punto di vista di contenuti. Se l’oggettività del giornalismo è un ossimoro, l’indipendenza dell’attività giornalistica è un valore fortemente radicato (non sempre però attuato). Il gioco tra esercitare la professione di giornalista (ottenendo supporto economico da esso) e la relazione con chi ti paga è fortemente spinosa, ci sono degli interessi economici di base. Le notizie vengono inoltre selezionate anche in base ai bacini di interessi e in base al gruppo di interesse a cui si rivolgono. - DIRETTORE ➝ quella logica dell’indipendenza si gioca nella relazione tra editore e direttore. Il direttore è il responsabile della linea editoriale, ovvero la fisionomia della testata che la rende riconoscibile (tono di voce, impaginato, posizioni politiche ecc). Gode (dovrebbe) di autonomia sui contenuti e sta a metà tra editore e redazione. Rappresenta la testata, quindi relazioni (anche politiche). Decide il piano editoriale, anche dal punto di vista grafico (es. vengono tolte o introdotte nuove rubriche). - VICEDIRETTORE ➝ gestisce la macchina organizzativa. Al di sotto ci sono… - CAPOREDATTORE ➝ Colui che coordina le singole sezioni tematiche (politica, economia, attualità, cultura, spettacoli) di cui si compone la redazione. Egli quindi coordina il… - CAPOSERVIZIO ➝ Rappresentano le singole sezioni, affidano gli argomenti ai diversi giornalisti per scrivere l’articolo vero e proprio, decide la rilevanza dei servizi e infine revisiona i pezzi e li prepara per l’impaginazione. - GIORNALISTA ➝ all’ultimo pezzo abbiamo quello a cui noi normalmente nel senso comune attribuiamo tutto. Si occupa di gestire il rapporto con le fonti e della scrittura dei pezzi (ordine dei giornalisti). I giornalisti in Italia si dividono in: 1. Professionisti - svolgono la professione in modo esclusivo e continuativo 2. Pubblicisti - svolgono attività giornalistica retribuita ma fanno anche altri lavori (scrittore) 3. Praticanti - 18 mesi di lavoro in una redazione, prima dell’esame di stato 4. Freelance - praticano il giornalismo in modo indipendente All’interno della redazione si trovano infine: SEGRETERIA DI REDAZIONE, GRAFICI EDITORIALI, FOTOGRAFI, OPERATORI DI RIPRESA. Come si può vedere colui che scrive, che è alla fine della macchina ci fa rendere conto di quanto è lontano dall’essere oggettivo la produzione di notizie, in quanto c’è un processo organizzativo/decisionale complesso che chiama in causa tanti passaggi. Ogni mattina le testate fanno la riunione di redazione dalla quale sono esclusi i giornalisti, a questi viene solo affidato il compito deciso da altri. Ma cosa fa il giornalista? Due cose fondamentali: scrivere e mantenere in maniera continuativa il rapporto con le fonti (che si gestisce lui stesso). Questo rapporto è particolarmente importante perché da qui deriva la materia prima di cui si ciba il giornalista. Quali sono le possibili fonti del giornalista? Possono essere soggetti istituzionali (regione, comune, parlamento, musei, che hanno all’interno una figura professionale dedicata alla relazione con i media), uffici di relazioni pubbliche (agenzia esterna che cura le relazioni con la stampa), agenzie stampa (pre-confezionamento degli accadimenti del mondo, non in forma giornalistica ma in forma di riassunto del fatto). Il mezzo di contatto principale tra i soggetti istituzionali e i giornalisti è il comunicato stampa, ovvero un testo accompagnato da delle immagini che racconta in forma abbastanza convenzionale che cos’è l’argomento di cui si vorrebbe scrivere la notizia. Esso possiede un titolo (che può non coincidere con quello dell’articolo), un sottotitolo e il fulcro del tema tra i due. Le fonti possono essere: - 1° LIVELLO - formalizzate e strutturate professionalmente per parlare al giornalista; quelle appena descritte sopra. Fonti accreditate e sicure. - 2° LIVELLO - non ha a priori nessuna affidabilità reale, l’attendibilità è affidata alla citazione giornalistica (es. intervista all’uomo della strada sull’accaduto) - DIRETTE - forniscono alle redazioni il materiale grezzo in diverso formato, da cui, una volta plasmato dal giornalista, emergerà la notizia - INDIRETTE - forniscono un prodotto già confezionato, generalmente con un taglio e una linea ben marcati (es. agenzie stampa - ANSA) allo scopo delle agenzie stampa è di diminuire il “costo” delle notizie e alleggerire il carico del giornalista. Oltre al mantenimento del rapporto con le fonti, i giornalisti passano alla fase di raccolta dei fatti, di approfondimento di notizie. Questa fase prevede anche: - GIRO ➝ recall continuativo dei centri nevralgici di ogni realtà urbana significativa (es. questura, ospedale...). Ovvero gli snodi che intercettano i fatti di ampia portata. luoghi privilegiati per il reperimento delle informazioni: - CONFERENZE STAMPA ➝ ha il vantaggio di essere faccia a faccia con i protagonisti; i giornalisti possono quindi porre domande. - CONVEGNI ➝ sempre per il contatto diretto coi protagonisti delle notizie - FIERE ➝ panoramica aggiornata di quel settore. 19.04.2023 - lezione 06 Di tutti gli accadimenti che ogni giorno succedono nel mondo, quelli che arrivano sui media sono circa il 20%, una percentuale veramente bassa. Si attua quindi un FILTRAGGIO. In base a cosa gli accadimenti diventano notizie? le redazioni decidono a cosa sia rilevante e cosa eliminare? Questo appunto filtraggio avviene seguendo dei “criteri notizia” / “valori notizia”. Questi criteri sono: 1. FRESCHEZZA - eventi recenti 2. COMUNICABILITÀ - semplici da comunicare, (non che l’argomento sia semplice) 3. NON AMBIGUITÀ - raccontare in modo chiaro l’identità delle testate fa la differenza in questo mix… altri criteri sono: 4. SIGNIFICATIVITÀ - comprensibili e significative per una data collettività 5. PROSSIMITÀ - Siamo più portati ad interessarci (anche perché possediamo più codici culturali) a notizie a me più vicine in termini geografici e culturali 6. IMPATTO NAZIONALE - che hanno un impatto più diretta sul paese che hanno come protagonisti istituzioni governative, organismi e gerarchie sociali (livello gerarchico) 7. PRESTIGIO SOCIALE - più spazio a personaggi rappresentanti l'elite della società; hanno una posizione influente e sono grandi portatori di interesse 8. RILEVANZA 9. INTERESSE Se questo è il bacino delle notizie che vengono premiate, che responsabilità c’è da parte dei media nel dettare l’agente di quello che è rilevante? Di conseguenza le notizie portano a stabilire su cosa si basa il dibattito pubblico, e quindi su cosa si formano le opinioni e il governo. Altri valori notizia: DIMENSIONE (coinvolgimento di persone), CONSEGUENZE PRATICHE, HUMAN INTEREST (storie di persone umane), CONFLITTO, INASPETTATO (se le cose che vanno bene in maniera continuativa non vengono discusse sui giornali, perché non sono news), NEGATIVITÀ (il negativo ha sempre più spazio rispetto al positivo), DRAMMATICITÀ, BREVITÀ, CONTINUITÀ. (non ha spiegato, quello che segue è un copia-incolla delle slide) + altri valori dipendono dal mezzo: frequenza, aderenza al mezzo e al formato + la “concorrenza” è un valore notizia, data la paura di “bucare” una notizia Alla fase di SELEZIONE segue la fase dell’EDITING solo alla fine TITOLO POSIZIONE all’interno del media Processo base: RACCOLTA - SELEZIONE - EDITING La notizia appartiene al mondo della parzialità e della relatività. LA PUBBLICITÀ La pubblicità è importante anche per motivi che hanno a che fare con la possibilità e la capacità che ha di incidere non solo sulle nostre abitudini di consumo ma anche sui nostri modelli. Quando nasce la pubblicità? Essa nasce con l’avvento della produzione industriale, per il rapporto di domanda-offerta di mercato. Solo con l’età industriale, l’evoluzione dei meccanismi produttivi consentono una sovrapproduzione rispetto alla domanda. Il meccanismo di mercato, organizzato secondo logiche artigianali, struttura la produzione in base alla domanda che riceve (tanta domanda = tanta produzione), mentre il meccanismo della produzione industriale riguarda la possibilità tecnica di produrre un gran numero di oggetti che devono compensare la domanda (produco 100 tavoli e quindi devo trovare 100 domande per i tavoli). Per innescare questa domanda la pubblicità diventa lo strumento fondamentale. - Ancor prima della rivoluzione industriale esistevano diversi meccanismi, in Antica Grecia e a Roma di insegne che avevano l’obiettivo non tanto di pubblicizzare il singolo prodotto e costruire il prodotto dal punto di vista comunicativo ma di promuovere un’attività. - Durante il Rinascimento, si sviluppa la capacità motoria dei mercati, quindi la competenza di vendere i prodotti e valorizzare la loro qualità oralmente. - Nel XVII sec troviamo le prime forme di comunicazione pubblicitaria. - Nel XIX sec con La Presse, prima a individuare nella promozione di aziende una possibilità di ricavare introiti adv (inserzioni pubblicitarie) per abbassare il costo del giornale. è stata la prima a ritagliare degli spazi fisici all’interno della propria rivista dedicate a inserzioni a pagamento da parte di soggetti privati che volessero promuovere la propria attività produttiva/commerciale. Fino a quel momento la maggior parte delle attività di produzione commerciale veniva veicolata attraverso manifesti murali (avevano l’aspetto di pagine di giornale = prevalenza parola, densi di scritte; poi il visivo prende forza e la grafica dei manifesti inizia ad essere affidata a grandi artisti e illustratori). Da qui anche primi slogan con la progressiva evoluzione tecnica e di stampa: illustrazioni a colori anche su riviste e quotidiani. È IL MOMENTO DEL CONNUBIO TRA ARTE E PUBBLICITÀ Mercato rappresentato soprattutto in italia da alcune correnti artistiche, come quella del futurismo, che non solo non disdegna l’andare a braccetto con realtà produttive private, ma che in comune hanno la celebrazione di alcuni valori come quella della potenza, della forza, dell’accelerazione, della supremazia dell’uomo. All’interno del mondo degli artisti italiani e dell’arte del manifesto troviamo Henri de Toulouse-Lautrec col manifesto di uno dei caffè più importanti di Parigi: Le Moulin Rouge; in Italia questo è il periodo in cui grandissimi nomi del mondo dell’arte trovano un mercato di applicazione completamente nuovo, come Depero e le collaborazioni con grandi aziende come Richard Ginori di porcellane e Bianchi per le biciclette… o ancora i Dischi Pathé, Biscotti Unica Torino, S. Pellegrino e Liquore Strega. Nel corso del ‘900 la pubblicità si impose come una vera e propria industria grazie all’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, specialmente la tv e la radio. Mentre prima quando si era nella dimensione del manifesto, la singola impresa nominata più innovativa assoldava il Depero di turno, chiedendogli come artista di lavorare al servizio dell’impresa per generare l’artwork che diventava manifesto/inserzione pubblicitaria, ora con la crescita dell’industria dei media si costruisce una infrastruttura in cui il messaggio pubblicitario riesce ad avere uno spazio fisico e un’audience più ampia; di conseguenza le competenze richieste sono molto più alte, rendendo necessario industriarsi, ci sono molto più imprese che cercano di farsi strada in questo nuovo mondo. La pubblicità diventa un vero fenomeno sociale, pervasiva e a volte invadente. In italia, l’evolvere della pubblicità, segue la filosofia della nascita della tv e la modalità e i tempi con cui si sviluppa il mercato televisivo (il mercato italiano nasce con aziende pubbliche): 1954 - inizio trasmissioni televisive 1957 - primi contenuti pubblicitari La televisione viene quindi intesa come servizio pubblico, perciò dare spazio a messaggi pubblicitari che avevano una base monetaria che privilegiava un attore privato, non era frutto di un pensiero pubblico. Qualsiasi soggetto privato viene scelto attraverso delle gare, in modo tale che gli amministratori pubblici non abbiano favoreggiamenti (+ amministrano soldi pubblici). Come fa un ente a scegliere un soggetto privato/azienda? Attraverso una procedura che consenta una oggettività della scelta, ovvero i bandi. La tv italiana si inventa una modalità tutta sua di fare pubblicità: il CAROSELLO. Che cos’era il Carosello? Una forma di pubblicità fortemente regolamentata; la parte di esplicito riferimento alla marca aveva uno spazio piccolo di 35 secondi rispetto al filmato di 100 secondi, mentre il prodotto e la marca non erano pronunciabili. Nella realtà Il Carosello è stato la prima forma di intrattenimento puro, in una televisione che aveva i suoi palinsesti piccoli, brevi, un'offerta di contenuto piccolo e un’intenzione di servizio pubblico che non comprendeva da subito grandi forme di intrattenimento. Dal punto di vista della società Il Carosello assolve a quella funzione di intrattenimento; le famiglie si riunivano per guardarlo. Esso viene trasmesso per 30 anni con vari aggiustamenti (durata, spazi adv tra i programmi etc). (non ha spiegato, quello che segue è un copia-incolla delle slide) Fine anni ‘70 grande trasformazione: - trasmissioni a colori - liberalizzazione del mercato delle trasmissioni televisive Con la tv privata esplosione del mercato pubblicitario. Fin qui contenitore rigido (carosello) + rigido controllo politico (reti di stato) avevano atrofizzato il linguaggio adv; al contrario, carta stampata e affissioni linguaggio molto più evoluto e “aggressivo” Anni ‘90 aumento affollamento pubblicitario ➝ reazioni di rigetto la tv si è dimostrata meno capace di soddisfare fasce via via crescenti di pubblico, molte trasmissioni si sono fatte più generaliste per raggiungere più pubblico, MA in contrasto con gli investimenti pubblicitari che vogliono raggiungere un target ➝ sviluppo di messaggi pubblicitari per altri media (es. web) - carattere interattivo dell’inserzione - capacità massima di profilazione gli investimenti in adv sul web però (nonostante siano in salita) sono stati fin qui abbastanza bassi Caratteristiche peculiari della pubblicità televisiva (fermo restando la sua adattabilità al mezzo) - Ritmo accelerato (spot breve, tante informazioni...) - Amplificazione della sfera emotiva più che per il loro contenuto informativo - Accentuazione del carattere persuasivo - Proposta di “stili di vita” più che prodotti - Autoreferenzialità - “Mimetizzazione” 26.04.2023 - lezione 07 IL PUBBLICO E LA FRUIZIONE MEDIALE Cosa si intende per pubblico? L’insieme di coloro che possono essere raggiunti da una comunicazione, dal messaggio di un medium, quindi non è un’entità definita e misurabile in maniera precisa ma è una realtà potenziale e aleatoria. Ovvero la realtà e il pubblico potenziale che raggiungo con la mia comunicazione. Diverso è il concetto di audience: COSA SI INTENDE PER AUDIENCE? L ’audience è invece il mio pubblico reale, quello che riesco a quantificare e descrivere tramite variabili socio-demografiche e termini di utilizzo del medium. È molto più facilmente tracciabile attraverso media digitale. Il modo per misurare l’audience è cambiato nel tempo in relazione a qual è la tecnologia su cui si regge il mezzo di cui voglio misurare l’audience. Ci sono dei media che ottengono continuamente informazioni sui fruitori; nell’era dei media digitali quando navighiamo lasciamo le tracce di tutto quello che facciamo e sono facilmente recuperabili; oppure accedendo a statistiche/numeriche di un determinato sito. Nei media pre-digitali (es tv) l’audience veniva calcolata o attraverso dei campioni che venivano analizzati (le famiglie venivano registrate attraverso una scatoletta riguardo i programmi televisivi più visti) o attraverso chiamate telefoniche (chiedevano la dieta televisiva che si consumava). Perché si investiva così tanto? Perché capire esattamente chi sono i fruitori serve per avere una restituzione immediata del contenuto che si eroga, riuscendo a capire quanto è apprezzato, ma soprattutto perché quello che vendo all’inserzionista pubblicitario è quel pubblico al fine di valorizzare il contenuto. Se conosco meglio il pubblico posso indirizzare meglio le inserzioni pubblicitarie. COSA SI INTENDE PER TARGET? Il target è il gruppo specifico, bersaglio a cui indirizzare un prodotto o un messaggio; presenta caratteristiche particolari, sia in termini socio-demografici sia per stili di vita. COSA SI INTENDE PER FOLLA E GRUPPO SOCIALE? La folla è un’aggregazione di persone che si riunisce in quello specifico momento e luogo e che difficilmente si ricostruisce nello stesso identico modo. è un'entità instabile, non quantificabile precisamente e che necessita di un leader da seguire. Al contrario… Il gruppo sociale è l’unità minima, l’insieme finito di individui che interagiscono tra di loro e che condividono valori e credenze con continuità, secondo schemi stabili, i ruoli. Tutti i membri si conoscono, c’è un alto grado di coesione e condivisione di pratiche culturali. La struttura del gruppo è stabile: è un insieme identificato socialmente e al suo interno ciascun elemento ha un peso diverso, a seconda del ruolo, nelle decisioni da prendere (es. squadra di pallavolo). I gruppi sociali sono importanti perché sono quelle conformazioni di individui a cui noi scegliamo o ci troviamo a batterci a cui però apparteniamo, contribuiscono a farci sviluppare anche delle personalità e quindi il nostro ruolo sociale. È con l’avvento del cinema che si inizia a parlare di pubblico di massa. Il termine di paragone di questo cambio di paradigma è la differenza tra il pubblico di teatro e quello del cinema. Il pubblico di massa non ha nessuna interazione con il contenuto che gli viene offerto, il messaggio non può essere condizionato direttamente. Nel teatro il pubblico poteva interagire, entrando in relazione con l’opera, nel cinema qualunque sia il riscontro del pubblico, la pellicola e lo svolgimento prosegue. Viene neutralizzato l’interazione con il prodotto ma rimane l’interazione con l’altra parte dei presenti. Questo passaggio da teatro a cinema è comunque una fruizione pubblica e collettiva, quindi rimane un media pensato per essere fruito collettivamente; quello che cambia pur rimanendo nella concezione di pubblico di massa è la radio prima e la televisione poi. Esse portano verso una interazione dispersa, privatizzata, intima e fuori da ogni forma di controllo oggettivo, si decollettivizza. La fruizione non è più collettiva, il pubblico è di massa ma è disperso e frammentato. COSA SI INTENDE PER MASSA? La massa è intesa come un’aggregazione di individui isolati, anonimi e tuttavia accomunati nel tempo o in quel momento dai medesimi interessi. La massa è incapace di agire autonomamente perché eterogenea, composta da individui che non si conoscono e non interagiscono tra di loro. Il pubblico di massa è quindi un’entità amorfa, passiva, irrazionale, senza capacità critica, vittima dei mezzi di comunicazione di massa (come diceva la Scuola di Francoforte). Abbiamo visto come cambia la visione del pubblico all’interno delle teorie: - Negli anni ‘50 il flusso di comunicazione a due stadi comincia a parlare di opinion leaders e quindi ad individuare nel pubblico di massa una dinamica che fa emergere alcuni soggetti che sono in grado di porsi tra la comunicazione proposta dai mezzi di cmd e il pubblico di massa. In questo processo il ruolo del pubblico diventa ATTIVO (diversificato al suo interno), che sceglie, che riesce anche, con le proprie scelte, a condizionare l’offerta mediale. - I Cultural Studies proseguono questo riscatto del pubblico, quest’ultimo considerato una comunità interpretativa con interessi durevoli, caratteristiche socio-demografiche e legami reciproci diretti. La capitale culturale e contesto sociale in cui avviene la fruizione influiscono in maniera determinante sull’interpretazione che può essere in accordo, negoziata o oppositiva rispetto a quella egemonica. PUBBLICO COME MERCATO Perché il pubblico è così importante per i media? il pubblico è due volte consumatore potenziale: da un lato è consumatore rispetto ai programmi proposti e dall’altro rispetto ai prodotti della pubblicità. Da ciò nasce l’importanza di conoscere in maniera più approfondita possibile l’audience. Il motivo in primis che rende il pubblico importante è dato dalla possibilità di essere più attrattivi nei confronti degli investitori pubblicitari, che restano i garanti della sopravvivenza. Il bilancio di una rete televisiva, quindi le entrate, sono rappresentate infatti dalle pubblicità. Gli slot per i messaggi pubblicitari vengono infatti venduti in base a fascia oraria, canale, evento editoriale cui è legato e audience prevista per quello spazio. Nel corso del tempo si sono sviluppate delle strategie volte a incentivare una gestione favorevole della propria audience. Tre modalità per accaparrarsi l’audience e mantenerla: 1. TRAINO - programmi che sono creati appositamente con dei meccanismi per portare il pubblico dalla trasmissione precedente a quella successiva (effetto traino) spesso indipendentemente dal contenuto dei programmi trova radici nell’inerzia dello spettatore. Es. striscia la notizia, fatta per trainare il pubblico nel momento di maggior competizione delle reti televisive: quello del serale. Programma quindi a metà tra telegiornale/sistema informazione ma che ci porta verso l’intrattenimento (fascia della prima serata). 2. ASCOLTO RIPETUTO - forma di fedeltà a un evento editoriale. Ovvero tutto quello che viene messo in atto dalle serie televisive, telenovela. L’idea è di fidelizzare il pubblico a partire da un contenuto che richiede serialità d’ascolto. Invita a ritornare su quel canale a quell’orario. 3. FEDELTÀ - si riferisce a un canale ed evidenza fino a che punto le persone rimangono ancorate a una medesima emittente. Non si tratta solo di reiterare il pubblico sul singolo contenuto ma sull’intera rete televisiva. es. Italia1 ➝ strategia incentrata fortemente sul raggiungimento del target giovani (programmazione fatta di fiction americane, servizi sportivi, tg molto “dinamici”, programmi musicali, etc.) GLI EFFETTI DEI MEDIA Umberto Eco, 1946 - classifica l’approccio degli studiosi nei confronti dei media in una sorta di gradiente, mette da una parte gli apocalittici e dall’altro gli integrati. APOCALITTICI - attribuiscono ai media una funzione manipolatoria, perché impattano in maniera pesante sulla possibilità della società di essere democratica e disincentivano lo sviluppo del pensiero autonomo individuale, che viene massificato e omologato. Alla fragile base teorica vi è la teoria dell’ago ipodermico o scuola di francoforte. INTEGRATI - reagiscono in maniera entusiastica alle possibilità che i mezzi di massa offrono alla società in merito alla possibilità di accedere a educazione, intrattenimento, informazione. Questo finisce per negare qualsiasi responsabilità dei media e di chi li gestisce in termini di conseguenze sulla generazione di orientamenti e opinioni delle persone, sul sistema sociale complessivo. Si tratta di TIPI IDEALI SOCIOLOGICI, queste teorie sono ancora oggi molto attuali. (non ha spiegato, quello che segue è un copia-incolla delle slide) L’alternanza di posizioni tra apocalittici e integrati ha prodotto un’analoga alternanza nel livello di potere attribuito ai media: effetti POTENTI vs effetti DEBOLI A queste due fasi, a partire dagli anni 70 se ne aggiunge una terza: il potere attribuito ai media è di tipo SOTTILE e PERSUASIVO; la ricerca oggi predilige gli EFFETTI SU LARGA SCALA, nel MEDIO-LUNGO PERIODO più che i comportamenti o le credenze delle singole persone a subire gli effetti dei media sono i valori, le ideologie, la morale, il patrimonio di senso comune dell’intera società, tali effetti si sviluppano nell’arco di molti anni di fruizione del sistema mediale nel suo complesso. COSA C’È DI NUOVO NEI NUOVI MEDIA? In questo concetto due ordini di problemi: 1. cosa intendiamo con “nuovi media”? in che cosa e perchè sarebbero “nuovi”? 2. a quali media può essere applicata l’etichetta di “nuovi media”? molti degli elementi di novità comunemente attribuiti ai nuovi media in realtà esistono da tempo es. facilità di contatto con persone di tutto il mondo la fruizione dei media digitali implica un rilascio delle informazioni dell’utente che possono essere utilizzate per altri scopi. che tracce lasciamo? qualcuno ne trae beneficio? Caratteristiche più rilevanti per parlare di “novità” nei media: 1. elaborano dati in FORMATO DIGITALE - viaggiano su formato digitale, quindi tutto quello che viene fruito attraverso una piattaforma/strumento digitale è definito nuovo media. Rappresentano l’informazione con una sequenza di cifre; questa, una volta digitalizzata, può essere in vari modi e con semplicità l’informazione digitale è anche facilmente archiviabile, conservabile e trasportabile e utilizzabile a scopi diversi. Se prima per trovare queste tracce bisognava attivare un qualcosa di esterno al mezzo, ora non c’è ne bisogno, i media digitali registrano questo passaggio. Vi è inoltre una facilità di fruizione di contenuti, non solo da parte di chi emette questi contenuti, ma anche da parte di chi fruisce. 2. MULTIMEDIALITA’ - articolazione del contenuto attraverso diversi canali sensoriali e espressivi (suoni, grafici, immagini fisse, in movimento, testi...). Multimedialità già presente in precedenza (es. cinema) ma nei nuovi media vi è un’integrazione tra i diversi codici molto spinta, più amplificata (unico supporto fisico). 3. INTERATTIVITA’ - ha diversi livelli: - liv 1: utente può selezionare i contenuti (televideo) - liv 2: il mezzo prevede un canale di ritorno pur modalità broadcast (worldwide web) - liv 3: l’utente, non solo naviga ma produce le informazioni che vengono fatte circolare dal sistema (e-mail) 4. IPERTESTUALITA’ - che cos’è? è un oggetto di contenuto che mi permette di accedere ad altri contenuti con collegamenti altri rispetto alla sequenza temporale. Es. il testo-libro viene letto da pag 1 a 100, mentre la pagina internet, è ipertestuale, con parti cliccabili, link esterni; le piste non sono obbligate, ma seguo collegamenti logici e non la formula costrittiva. 5. CONCETTO DI CYBERSPAZIO - che cos’è? I nuovi media aprono una nuova dimensione, una sorta di altro luogo in cui le persone possono relazionarsi e avere scambi sociali. (es chiamate meet, social media). Evoluzione delle reti telematiche in senso sociale e comunicativo; le reti diventano strumenti di comunicazione tra persone. 08.05.2023 - lezione 08 LA COMUNICAZIONE MEDIATA DAL COMPUTER CMC è un ibrido, a cavallo tra comunicazione interpersonale e mass media (dalla mail privata a un caro amico alla lettura di un sito web di notizie alla partecipazione attiva a un forum). 1. PRIMA GENERAZIONE: CMC SOCIALMENTE POVERA SIamo negli anni ‘80 Studi per definire l’impatto della CMC in ambito organizzativo e le strategie per l’implementazione delle reti di comunicazione nelle aziende al fine della maggio