Analisi del Film PDF
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Università di Ferrara
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This document provides an analysis of different approaches to understanding cinema, exploring economic, technological, sociological, critical, linguistic-formal, philological, and historical perspectives. It dives into technical aspects like frames, shots, and out-of-frame elements. The document also discusses the history of cinema, tracing its evolution from early techniques to modern practices. The summary includes important terms like "fotogramma", "inquadratura", and "fuori campo".
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Approcci cinema economico—> industria del cinema divisa in produzione(realizzazione materiale del film), distribuzione (società di distribuzione fanno da mediatori) e esercizio (produzione dei film nelle sale). significa anche studiare trasformazioni subite dall’industria nel tempo. Nella Hollywood...
Approcci cinema economico—> industria del cinema divisa in produzione(realizzazione materiale del film), distribuzione (società di distribuzione fanno da mediatori) e esercizio (produzione dei film nelle sale). significa anche studiare trasformazioni subite dall’industria nel tempo. Nella Hollywood classica il mercato era dominato da 8 grandi società di produzione che producevano solo film. Negli anni 80-90 del 900 pur conservando gli stessi loghi queste case di produzione vengono assorbite da grandi corporazioni mediatiche di cui il cinema è solo uno dei vari settori. Emblematico è nell’89 l'acquisto della Columbia picture da parte di Sony. Le case cinematografiche non sono autonome ma parte di grandi società e corporazioni specializzate nei media. tecnologico—> cinema reso possibile grazie alla macchina da presa, mezzo di espressione che dipende da una tecnologia e essa ha subito una continua evoluzione nel corso del tempo. Invenzioni con conseguenze sul piano estetico e che hanno modificato l’aspetto dei film. Sociologico—> studia il rapporto tra cinema e società che può essere inteso in 2 modi: come film come testimonianza e rappresentazione delle dinamiche sociali di quel periodo storico, oppure come mezzo di diffusione di valori, costumi, linguaggi e modelli di comportamento collettivi. Critico-autoriale—> cinema come un’arte, attenzione sulle correnti che si sono sviluppate nel corso della storia del cinema o sui singoli autori e le loro opere linguistico-formale—> cinema nasce come un mezzo meccanico di produzione del reale ma si trasforma in un linguaggio dotato di codici e sistemi di significazione specifici. La semiologia del cinema ha avuto un ruolo importante è perché ha posto l’accento sulla domanda ‘in che modo un film significa’ filologico—> ricostruzione testi filmici. Lavoro del filologo con restauratore che migliore la qualità della pellicola. Film come testo Storico—> più globale che combina tutti gli approcci. 3 possibili articolazioni del rapporto cinema— storia storia nel cinema: film possono essere fonti di documentazione per lo storico (documentari ecc) cinema nella storia: film possono assumere ruolo di propaganda politica. Può riflettere paure e emozioni di quel periodo storico la storia del cinema: la sua evoluzione. Dobbiamo dividere la storia del cinema mondiale e quelle settoriali o parziali dedicate a singole cinematografie nazionali o in periodi circoscritti. Una buona storia de cinema deve conciliare tutti gli approcci elencati prima. Frame, fotogramma -materialità del cinema - storia del cinema fotogramma: ciascuna delle singole immagini fotografiche impresse sulla pellicola cinematografica che riprodotte a una velocità fra 16 e 24 fotogrammi al sec producono l’illusione di un movimento continuo. Un metro di pellicola contiene 50 fotogrammi Pista sonora—> a lato dei fotogrammi (non nel cinema muto, solo in quello sonoro). Come è composta la pellicola cinematografica? Perforazioni laterali – permettono lo scorrimento, aggrappandosi ai rulli dentellati della macchina di proiezione. Giunta laterale – contenente la traccia audio della colonna sonora (detta anche pista sonora). Fotogramma (frame) – contenente le immagini a scorrimento. Interlinea (frame line) – linea di separazione tra un fotogramma e l’altro. 1927→ avvento pellicola sonorizzata. Culla del cinema sonoro: Hollywood Il fotogramma è dunque l’unità più piccola di cui si compone un film (o più specificamente l’unità più piccola di cui si compongono le diverse inquadrature che formano un film). Tuttavia, «i fotogrammi, ovvero quei quadri in cui è suddivisa la pellicola impressionata, rappresentano delle unità tecniche non espressive. Ciò che noi infatti vediamo sullo schermo non è il fotogramma, bensì un’immagine che nasce dalla proiezione di una serie di fotogrammi». Gianni Rondolino ‒ Dario Tomasi Fotogramma non è visibile nel momento in cui noi vediamo il film. Noi vediamo un'immagine unica. Fotogramma e inquadratura (unità composta da più fotogrammi) sono concetti distinti «Il f. cinematografico (frame), preso autonomamente rispetto alla concatenazione di immagini che compongono la pellicola del film, non si discosta da una semplice fotografia [...]. Ed è proprio a questo primo livello di riproduzione analogica che il cinema evidenzia i suoi legami con la tecnica fotografica. Ogni singolo f. contiene una porzione di immagine, un frammento di azione che solo in fase di proiezione sarà ricomposto come un unicum originando così l’illusione del movimento e componendosi in una inquadratura [...]. La velocità di svolgimento di un’azione e la durata complessiva di un film sono date innanzitutto dalla velocità di scorrimento (cadenza) dei f. per ciascun secondo (f./s) in fase di proiezione. Dal cinema delle origini fino alla comparsa del sonoro, tale velocità di scansione era variabile (nella maggior parte dei casi 16 o 18 f./s); con l’avvento del sonoro è aumentata a 24 f. al secondo». Ogni f. contiene [...] entro i suoi bordi tutto ciò che il regista ha deciso di ritagliare della parte di realtà che ha davanti, il cosiddetto profilmico. Tutto il resto diventa conseguentemente fuori campo». Profilmico= Con questo termine, coniato da Étienne Souriau (1951), s’intende tutto quello che sta davanti alla cinepresa pronto per essere filmato: oggetti, volti, corpi, spazi interni ed esterni, prima della loro elaborazione cinematografica. (Sandro Bernardi) Fuori campo «Il fuori campo è tutto ciò che non viene mostrato [dalla cinepresa] ma che esiste in quanto parte dello spazio, di cui l’inquadratura è solo una minima parte». (Thomas Graziani) Tutto il cinema si costruisce da un rapporto tra visibilità e invisibilità. Momenti in cui l’inquadratura ci permette di vedere e momenti in cui no. Lo spazio fuori campo, quello invisibile, è dato da tutto ciò che si muove (o si agita) all’esterno o sotto la superficie delle cose...» Pascal Bonitzer—> anche narrazione che il fuoricampo ci vuole dare Ma come si realizza l’effetto di movimento dai fotogrammi? Effetto/fenomeno PHI In base all’effetto Phi, la presentazione in rapida successione di una serie di immagini fisse verrebbe percepita dall’occhio umano come un unico elemento che si muove nello spazio. Forme di pre cinema, apparecchi ottici: - Joseph Plateau (1801-1883), l’inventore del fenachistoscopio Etimologia La prima parte del termine “fenachistoscopio” deriva dalla radice greca φενακίζειν (phenakizein), che significa “ingannare” o “imbrogliare”, poiché si “inganna” l’occhio, dal momento che gli oggetti nei disegni sembrano muoversi. Funzionamento Il fenachistoscopio era formato da due dischi, uno dei quali con finestre radiali equidistanti attraverso le quali l’osservatore poteva guardare il secondo disco che conteneva una sequenza di immagini. Quando i due dischi ruotavano alla velocità corretta l’osservatore poteva vedere l'animazione - William George Horner (1786-1837)—>Zootropio (1834) Etimologia Il termine zootropio deriva dall’unione dei termini greci zoe (ζωή – “vita”) e tropos (τρόπος – “giro, volta”), con il significato approssimativo di “ruota della vita”. Funzionamento Una serie di disegni riprodotta su una striscia di carta era posta all’interno di un cilindro dotato di feritoie a intervalli regolari. Sempre grazie al principio del fenomeno phi, la rapida successione delle immagini produceva l’illusione di movimento. Immagine di movimento suscitava meraviglia all’epoca. I primi film si limitavano a mostrare immagini in movimento. Da l’idea di qualcosa che sconfigge la morte perché è sempre in movimento. - Charles-Émile Reynaud (1844-1918)—>Prassinoscopio (1876) Elemento in più degli specchi Etimologia La parola prassinoscopio può essere tradotta approssimativamente come “osservatore in azione”, dal greco antico πραξι- (πρᾶξις “azione”) e scop- (σκοπός “osservatore”). Funzionamento Il prassinoscopio utilizzava una striscia di immagini applicate in cerchio sulla superficie interna di un cilindro girevole. Il prassinoscopio rappresentava una versione più evoluta dello zootropio, poiché sostituiva le feritoie con una serie di specchi posizionati a 45°, così da riflettere le immagini verso l’osservatore, permettendogli una visione pià chiara rispetto a quella offerta appunto dallo zootropio. Il teatro ottico (1888) Non è più un'esperienza singola ma collettiva. Inizialmente per gruppi popolari, massa che paga Funzionamento Evoluzione del prassinoscopio, il teatro ottico consisteva di una serie di lastre di vetro, dipinte a mano, montate su bande di pelle. Ogni banda era collegata alle altre tramite nastri metallici forati agganciati all’ingranaggio di un tamburo ruotante, in modo da venire allineati alla lanterna del proiettore. Collegando le strisce di immagini a una coppia di ruote simili alle moderne bobine cinematografiche, Reynaud creò così una serie continua di immagini in movimento, svincolandosi dal limite delle dodici immagini del precedente sistema del prassinoscopio. Era un sistema dispendioso sia in termini di tempo che di fatica, le lastre erano tutte dipinte a mano. Quindi era richiesta abilità e tempo e quindi non era il teatro ottico un sistema ripetitivo, era destinato a restare una trovata fondata ad essere sostituita da qualcosa di più moderno. L’avventura del teatro ottico da risultati significativi. Nel 1892 Reynaud rilancia le pantomime luminose che erano filmati, dei brevi cartoni con soggetto narrativo. Ne realizza 5 di pantomime luminose di cui ne sono sopravvissute solo 2 perché nel 95 i fratelli Lumière sbaragliano il mercato con l’invenzione del cinematografo. Infatti Reynaud poi cade in depressione e getta le pantomime nella Senna. Circa negli stessi anni, si sviluppa la cronofotografia...che rimanda sempre al fotogramma - Eadweard Muybridge (1830-1904)—> fa un esperimento che riguarda i cavalli. Esperimento di The Horse in Motion Nel 1878, M. fotografò con successo un cavallo in corsa, utilizzando 24 fotocamere sistemate parallelamente lungo il tracciato. Ogni singola macchina veniva azionata da un filo colpito dagli zoccoli del cavallo. Solo grazie al suo esperimento si vedeva N.B.: il concetto di fotogramma è centrale per capire la differenza fra il cinema “dal vero” (che utilizza l’essere umano vero e proprio) e il cinema di animazione Funzionamento del cinema “dal vero” «Il principio [...] tecnico su cui si basa il [cinema dal vero] è la possibilità di riprendere la realtà in movimento per mezzo di un apparecchio (la cinecamera) che scompone il movimento reale in un certo numero di momenti statici (i fotogrammi), di norma 24 al secondo; e di ricomporlo, illusoriamente, per mezzo di un altro apparecchio (il proiettore), che proietta su uno schermo, in continuità, le immagini registrate sulla pellicola». Funzionamento del cinema di animazione «Nel cinema di animazione la realtà da riprendere ‒ disegni, oggetti, pupazzi, argilla, plastilina e qualsiasi altro materiale ‒ è statica e non dinamica: la cinecamera ha la funzione di un apparecchio fotografico, a scatto singolo, fotogramma per fotogramma, e solo al momento della proiezione della pellicola gli oggetti ripresi si ‘animano’ (di qui l’espressione cinema di animazione)». Gianni Rondolino Tecnica passo uno (Stop-Motion/frame by frame) La tecnica di ripresa a passo uno, usata abitualmente nel cinema di a. tradizionale, usa una particolare macchina da presa capace di impressionare un fotogramma alla volta. Dopodiché si sostituisce il disegno con uno che mostra una fase successiva (oppure si sposta l’oggetto), si fa un secondo scatto e così via... fino a realizzare fotogramma per fotogramma (frame by frame) tutto il film. - tecnica molto antica Diversamente dal cinema dal vero, il cinema di animazione lavora sul singolo fotogramma. diversamente dal cinema dal vero che riproduce sulla pellicola un movimento già esistente nella realtà, il cinema di animazione crea un movimento che non esiste nella realtà. Lavora cioè su oggetti statici (disegni o oggetti). Fermoimmagine «Il fatto che ciascun istante di un film sia riducibile a un fotogramma, ovvero a un frammento isolabile dal contesto, risulta in alcuni casi evidente grazie al fermo-immagine. [...] Non ci si trova di fronte a un semplice blocco del fotogramma ma a una tecnica che procede per fotogrammi congelati, capaci di mostrare solo alcuni passaggi di un’azione...Questo tipo di congelamento operato sulla riproduzione di un movimento reale ha come scopo quello di rendere irreale la sequenza, di marcare la sua dimensione atemporale, oppure di scandire in modo dettagliato le varie fasi di un avvenimento». B. Di Marino Funzionamento Il fermo-immagine è ottenuto utilizzando diversi fotogrammi successivi sui quali è impressionata un’identica inquadratura. Soltanto attraverso una successione di fotogrammi identici si ottiene un fermo-immagine. Denuncia natura finzionale del film, rende lo spettatore consapevole che si trova di fronte a una rappresentazione e non la realtà. Non ci permette di vedere il singolo fotogramma bloccato. Il fotogramma rimane non percepibile. Fermo immagine lavora su più fotogrammi congelati. Il primo fermo immagine tabarin di lusso di Alfred Hitchcock 1928→ commedia. spesso c’è nei momenti di apertura o chiusura del film. Oggi è un procedimento non molto usato. Cinema moderno—> seconda metà 900, registi europei—> freeze frame usato in maniera attenta e significativa per marcare il fatto che queste opere si concludono in maniere irrisolta. Congelando il movimento non solo ci rendiamo conto che stiamo guardando un film ma anche veicolare altri significati per esempio per indicare che il film ha un finale non chiaro. Cinema del dopoguerra lavora spesso con il cosi detto ‘finale aperto’ e il freeze frame è perfetto per ciò. cinema nouvelle vague—> cinema con opere personali autobiografia, ruolo fondamentale. Wanda (1970) di Barbara Loden finisce con un freeze frame—> per concludere thelma and louise 1991 di ridley scott—> si conclude con un fermo immagine che rende eterna la fuga di queste due donne Esempi di freeze frame usati per introdurre personaggi e/o iniziare il film - Romeo + Giulietta di William Shakespeare (1996) di Baz Luhrmann Il fermo-immagine come strumento di riflessione teorica sul cinema e sul suo funzionamento - L’uomo con la macchina da presa (1929 di Dziga Vertov—> momenti che ci parlano della creazione di un film, ci sono due livelli che si intersecano nell’opera—> film autoriflessivo che riflette non solo sulle tradizioni dell’epoca ma anche sul lavoro del regista. Questa riflessione sul cinema viene esplicitata attraverso una serie di freeze frame. Opera non narrativa. Riflessione sulla macchina cinema —> qui c’è un uso teorico del fermo immagine per riflettere il linguaggio del cinema La Jetée (1962) di Chris Marker—> internamente composto da fotogrammi «Con il passaggio prima all’elettronica e poi al digitale, non ha più senso parlare di fotogramma, ma si dovrebbe ragionare solo in termini di inquadratura. [...] Il fotogramma inteso in senso letterale, come traccia visibile sul supporto, è ormai destinato a scomparire, essendo irrimediabilmente [...] legato al rapporto della stampa su pellicola». B. Di Marino «Il fotogramma è in realtà un oggetto paradossale. Da un lato è una citazione letterale del film, dall’altro rappresenta la negazione di quelli che sono due dei suoi momenti essenziali: il movimento e la durata». Rondolino ‒Tomasi Inquadratura fotogramma non è visibile all’occhio dello spettatore mentre l’inquadratura si. Una prima definizione... Abbiamo visto che il fotogramma è la porzione più piccola del film non visibile allo spettatore. L’inquadratura (shot) è invece l’unità più piccola, visibile a occhio nudo, all’interno di un film. Si tratta evidentemente di un’unità più vasta composta da un numero variabile di fotogrammi a seconda della sua lunghezza. Tomasi – Rondolino la definiscono come «l’unità di base del discorso filmico». Di fatto, si tratta di quella serie di immagini in movimento che compongono una pellicola cinematografica. N.B: Un concetto ambiguo, anzi doppio Una definizione spaziale di inquadratura Secondo una prospettiva spaziale, l’inquadratura (shot) è la porzione di spazio inquadrata di volta in volta dalla macchina da presa. Si tratta quindi della «porzione di realtà rappresentata da un certo punto di vista e delimitata da una cornice ideale costituita dai quattro bordi dell’inquadratura stessa». Tomasi - Rondolino Una definizione temporale di inquadratura Secondo una prospettiva temporale, l’inquadratura (shot) è un segmento di pellicola impressionata ripreso in continuità e racchiuso fra due tagli di montaggio. Montaggio= «operazione che unisce e mette in relazione fra loro [le diverse] inquadrature [...] sulla base di un progetto estetico, narrativo e/o semantico». Tomasi - Rondolino Nodo alla gola 1948 di Hitchcock - tecnica del piano sequenza, senza tagli di montaggio—> tanti piani sequenza Birdman 2014 - film sfrutta procedimento piano sequenza Partiamo dalla concezione spaziale di inquadratura/shot Dobbiamo quindi riprendere il concetto di profilmico L’inquadratura è sempre frutto di scelte relative a 2 livelli: Primo livello: _Profilmico= tutto ciò che sta davanti alla mdp e fa parte della storia narrata (ambienti, personaggi, oggetti); _ Messa in scena (mise en scène)= organizzazione da parte del regista dei materiali di ogni inquadratura (scenografia, fotografia, recitazione, costumi). Qui si evidenzia la forte somiglianza fra cinema e teatro. Il secondo livello è quello filmico Qui entrano in gioco i codici più propriamente cinematografici (scala dei campi e dei piani; angolazioni, dialettica in campo/fuori campo, movimenti di macchina, dialettica oggettiva/soggettiva...). N.B.: Inquadrare non significa quindi soltanto riprodurre, ma «Inquadrare è scegliere. Selezionare, mettere in evidenza gli elementi significanti, quelli che lo spettatore deve individuare». Dominique Villain (e anche cosa lo spettatore non deve vedere—> fuori campo) La più nota classificazione delle inquadrature: La scala dei campi e dei piani= «la diversa possibilità di ogni inquadratura di rappresentare un elemento profilmico da una maggiore o minore distanza». Rondolino - Tomasi I film delle origini presentavano queste caratteristiche: Un’unica inquadratura (niente montaggio); Cinepresa fissa (nessun movimento di macchina) e in posizione frontale, ad altezza di sguardo; I personaggi occupano uno spazio compreso fra una metà e i due terzi dell’asse verticale dell’inquadratura. (Riprese a figura intera) «Siamo di fronte a quello che è possibile definire il grado zero del linguaggio cinematografico, ovvero il semplice darsi di quelle condizioni minime affinché un film possa esistere, ma nulla di più». Rondolino – Tomasi «Il cinema come forma d’espressione autentica e originale nasce quando si incomincia a variare, attraverso il montaggio o i movimenti di macchina, la distanza e l’angolo di ripresa della cinecamera nel corso di una stessa scena. L’inquadratura [...] non implica solo uno spazio profilmico ma anche un punto di vista, quello della macchina da presa, attraverso cui questo spazio è visto, ripreso e, di conseguenza, mostrato allo spettatore». Rondolino – Tomasi Una prima distinzione: Campi= inquadrature in cui predomina l’ambiente sulla figura umana; Piani= inquadrature in cui predomina la figura umana sull’ambiente. - Campo lunghissimo (CLL)/ Extreme long shot (ELS) «tipo di inquadratura che abbraccia una porzione di spazio particolarmente estesa». (Es cinema western). Es ‘per qualche dollaro in più’ - Campo lungo (CL)/ Long shot (LS) «Inquadratura di ampie proporzioni, dove i personaggi e l’azione sono tuttavia più riconoscibili di quanto non lo siano nel campo lunghissimo». - Campo medio (CM)/ Medium long shot (MLS) «Ristabilisce un certo equilibrio nei rapporti tra ambiente e figura umana dal momento che questa occupa circa un terzo o metà della verticale dello spazio rappresentato». - Figura intera (FI)/ Full shot (FS) «È la prima di quelle inquadrature che [...] affermano la centralità della personaggio, il suo predominio rispetto all’ambiente». (Usato molto nel film degli inizi) - Piano americano (PA)/ Cowboy shot (CS) «dalle ginocchia in su».—> era necessaria per mostrare i cowboy che dalla fondina tiravano fuori la pistola - Mezza figura (MF)/ Medium shot (MS) «dalla vita in su». - Mezzo primo piano (MPP)/ Medium Close up shot (MCU) «dal petto in su». - Primo piano (PP)/ Close up (CL) «dalle spalle in su». - Primissimo piano (PPP)/ Extreme close up (ECU) «solo il volto umano».—> concentrazione tra occhi naso e bocca - Particolare/ Insert (INS) «riferito a una parte del volto o del corpo umano» Dettaglio/ Insert (INS) «che invece riguarda il piano ravvicinato di un determinato oggetto». Rondolino – Tomasi Italian shot (lett.: inquadratura all’italiana) Inquadratura che mostra gli occhi di un personaggio, tagliando sia la parte superiore della testa sia la bocca.—> occupata dagli occhi del personaggio Il buono, il brutto, il cattivo (1966) di Sergio Leone—> ci sono tutti i campi e piani. Spesso usato l’italian shot, tanti dettagli A questo elenco canonico di inquadrature se ne può aggiungere un’altra: - Campo totale o totale Scopo del totale è «rappresentare per intero, o quasi, un ambiente ‒ un interno o un esterno circoscritto – e in particolare di mettere in campo tutti i personaggi che prendono parte alla scena rappresentata. [...] Talvolta può aprire una sequenza per mostrarci lo spazio in cui essa si svolgerà e i personaggi che prenderanno parte all’azione». Rondolino – Tomasi - Establishing shot (lett.: piano di ambientazione) Si tratta di un’inquadratura posta all’inizio del film o di una singola sequenza che ci mostra il luogo in cui si svolgerà l’azione successiva. N.B: La scala dei campi e dei piani va assunta con cautela... Essa costituisce infatti una schematizzazione e astrazione…—> un fil mom è scomponibile in maniera rigida solo in quelle tipologie di inquadrature (perché ci sono anche quelle temporali per esempio o può essere anche che il regista decida altre inquadrature che non ci sono nel sistema dei piani e campi, o può influenzare anche i movimenti della macchina da presa) La centralità della figura umana «Un’altra caratteristica generale della scala dei campi e dei piani è quella che, nel passaggio dal campo lungo al primo piano, finisce con attestare la centralità della figura umana, e quindi del personaggio, nel processo di rappresentazione filmica. All’interno del cinema narrativo classico è infatti proprio in rapporto ai personaggi che, il più delle volte, si organizzano i parametri costituitivi dell’inquadratura». Rondolino – Tomasi cinema narrativo organizza il suo sistema di rappresentazione, quindi di inquadrature, attorno a i personaggi e il modo in cui portano avanti l’azione. «Non soltanto il personaggio è il centro della finzione ma è anche il garante dell’immagine perché è sempre attraverso lui che comincia la lettura dell’immagine. Egli è nel film colui che dà senso alle immagini, rispetto alle quali ha funzione di ancoraggio». Marc Vernet Alcune riflessioni sul primo piano e sul lavoro dell’attore nel cinema fenomeno del divo—> con il primo piano ad esempio si rende più. Famoso un certo volto del cinema il primo piano non è subito stato accolto bene dal pubblico. All’inizio era perplesso perché il primo piano era una figura anomala, sembravano figure irreali perché rende enorme il volto del personaggio, cosa che a teatro non può accadere. Il grande boccone (The Big Swallow, 1901) di James Williamson—> primi piani—> narrazione reale di un personaggio che è importunato dal regista. Non è realistico—> personaggio che divora un altro L’uomo dalla testa di caucciù (L’Homme à la tête en caoutchouc, 1901) di Georges Méliès—> racconto fantastico, idea del primo piano non relalistica. —> testa che scoppia «Quel che i due film ci insegnano è molto semplice: il primo piano, figura perturbante ed estranea all’enciclopedia dello spettatore cinematografico dell’epoca, sembra poter esistere solo in mondi in cui era possibile gonfiare a piacere la propria testa come fosse un pneumatico o divorare d’un sol boccone un operatore e la sua cinepresa». Rondolino - Tomasi poi si inizia ad usare il primo piano per una narrazione più realistica: La grande rapina al treno (The Great Train Robbery, 1903) di Edwin Porter—> primo piano solo all’inizio e alla fine del film, non durante «Un primo piano di Barnes, il capo dei fuorilegge, che guarda e spara sugli spettatori. L’impressione è notevole. Questa scena può essere messa all’inizio o alla fine del film».—> qualcosa quindi di slegato, non inquadratura al pari delle altre Catalogo Edison La passione di Giovanna d’Arco (La passion de Jeanne d’Arc, 1927) di Theodor Dreyer—> per evidenziare le emozioni Da «La revue de Paris» regista dell’epoca «Ma l’uso delle teste in primo piano ci opprime. Il pubblico, alla fine della proiezione, si allontana in quel silenzio che avvolge le grandi catastrofi. È il ricordo di aver assistito a delle udienze di personaggi antidiluviani le cui proporzioni troppo differenti dalle nostre non sanno toccare il cuore». il fatto del primo piano pone anche più attenzione alla recitazione dell’attore—> anni 20 discussione su come deve recitare l’attore. Deve essere una recitazione più minimalista di quella a teatro Souls for Sale (1923) di Rupert Hughes—> film che riflette sulla performance attoriale —> film mega cinematografico—> casting di una attore La riflessione di Béla Balázs sulla recitazione del cinema muto: È evidente che nei film in cui basta un movimento quasi impercettibile per esprimere una grande passione, nei film in cui il battere d’un ciglio può rivelare la tragedia di un’anima, i gesti eccessivi e le smorfie sguaiate riescono insopportabili. [...] Sulla «naturalezza» dell’espressione vigila spietatamente la macchina da presa: essa svolge, a distanze così ravvicinate, la funzione di un vero e proprio microscopio. [...] Anche al migliore degli attori, il regista raccomanda, al momento di girare un primo piano: «Non reciti, per carità. Non faccia nulla. Esprima quello che sente. Basta ciò che dice, spontaneamente, il suo volto». La riflessione di Walter Benjamin «L’attore cinematografico, infatti, non recita davanti a un pubblico, ma davanti a un’apparecchiatura. [...] Recitare sotto la luce dei riflettori e contemporaneamente soddisfare le esigenze poste dal microfono, è una prestazione di verifica di primissimo piano. —> attore è ripreso più da vicino quindi la recitazione non deve essere calacatta come quella a teatro che deve essere così visto che gli attori sono lontani Rappresentarla significa saper conservare la propria umanità dinnanzi all’apparecchiatura. [...] Al film non importa tanto che l’interprete presenti al pubblico un’altra persona, quanto che egli presenti se stesso di fronte all’apparecchiatura». Maschere di celluloide (1928) di King Vidor—> caricatura della recitazione del muto, la protagonista interpreta un'attrice che è convinta che basta a fare espressioni esagerate per poter entrare nel cinema —> recitare così può essere giusto solo per il comico poi Il primo piano come specchio dell’anima, ossia la “grande utopia” del cinema Sussurri e grida (Viskningar och rop, 1972) di Ingmar Bergma—> scena in cui sembra si interrompa narrazione per far vedere i poteri del primo piano—> coppia si guarda allo specchio, lui descrive il volto di lei L’inquadratura in uno schema (cfr. Rondolino – Tomasi) 1) PPP del dottore introduzione 2) PPP di Maria descrizione 3) PPP di Maria e bocca del dottore interpretazione 4) PPP di Maria e del dottore confutazione (dice che i lineamenti femminili che lui cita sono in realtà il riflesso dei suoi) lui dice quello che trova nel suo volto e lei dice che sta descrivendo cose che sono anche in lui stesso e che le vede riflesse in lei «Interrogandosi sul primo piano, sulla possibilità di parlarci dell’essere di un personaggio, Bergman finisce col trascendere tale questione ponendosi problemi assai più generali come quelli inerenti i meccanismi che governano ogni processo di interpretazione. Sta di fatto che questo primo piano pone in modo esplicito il problema di rapporti fra la parola e l’immagine nella rappresentazione dell’essere di un personaggio. La parola può sì da un lato «disambiguare» l’immagine ma, dall’altro, essere essa stessa portatrice di nuove ambiguità». (Rondolino – Tomasi) Regista conduce una riflessione sullo statuto del primo piano. Lo spettatore è chiamato a riflettere sulla moralità ad esempio dei personaggi. Angolazione di ripresa Per capirlo dobbiamo immaginare «che il soggetto sia al centro di un reticolo sferico che si estende tutto intorno a lui e sul quale sono posizionati tutti i possibili punti di ripresa. Sul globo terrestre ogni punto è definibile da due coordinate, il meridiano e il parallelo. Allo stesso modo sul reticolo intorno al soggetto ogni punto di ripresa è definito da angolazioni verticali e orizzontali». Angolazioni orizzontali Nelle angolazioni orizzontali, la mdp compie un percorso circolare attorno al personaggio inquadrato in senso orizzontale. Si suole distinguere le angolazioni frontali, di tre quarti, di profilo, di tre quarti di spalle, di spalle. Inquadratura frontale «Nell'angolazione frontale camera e soggetto sono l'uno di fronte all'altro. Nel caso di un piano ravvicinato vediamo ogni parte del volto. È una angolazione che corrisponde alla posizione di quando si parla ad una persona nella vita di tutti i giorni». Inquadratura di tre quarti (verso dx o sx) «Si mostra una parte del viso del soggetto che non suscita grande interesse (capelli, orecchio). Inoltre la linea dello sguardo del personaggio non incontra il pubblico. Le conversazioni sono spesso riprese di tre quarti». Inquadratura di profilo «Il profilo rimanda sempre a qualcosa che c'è oltre, nel fuori campo. Relega la parte espressiva del volto (bocca, occhi) ai margini». Il profilo può essere destro o sinistro. Inquadratura di tre quarti di spalle «Nell'angolazione tre quarti di spalle il volto è quasi del tutto nascosto. Di solito la si utilizza quando l'attenzione è concentrata o sarà concentrata su ciò che il personaggio sta vedendo davanti a sé». Inquadratura di spalle «Il soggetto viene visto da dietro e il suo volto è celato. L'attesa viene prolungata mostrandolo di spalle. Spesso la si usa per drammatizzare l'entrata in scena del personaggio». «Mettere in scena l'opacità del personaggio, quindi dell'attore, è una scommessa del cinema che ha ispirato Hitchcock. Filmare di spalle è uno dei modi di annunciare la doppiezza, il turbamento e l'inaccessibilità di un personaggio, di mettere in scena un segreto o quello che può essere l'oggetto di una rivelazione. Di spalle, l'attore è un blocco di silenzio, una figura solitaria che preserva il proprio spazio». Marie Anne Guerin L’inquadratura di spalle è altamente suggestiva 2) Angolazioni verticali Nelle angolazioni verticali, la mdp compie un percorso circolare (o semicircolare) attorno al personaggio. Questa volta non in orizzontale, ma in verticale. Si suole distinguere le angolazioni a piombo, dall'alto, orizzontali, dal basso e supine. Inquadratura orizzontale (o neutra) «La macchina da presa è posta alla stessa altezza dell'oggetto ripreso. Corrisponde alla maniera usuale con cui si è soliti vedere nella vita reale, all'altezza degli occhi. Viene usata per rappresentare il punto di vista di una persona». Inquadratura a piombo (o zenitale) «La macchina da presa guarda il soggetto completamente dall'alto. Un'angolazione inusuale che può sottolineare il dramma di un momento o anche esaltare un paesaggio». Inquadratura dall'alto (o plongée) «La macchina da presa sovrasta l'oggetto con una visione dall'alto. Sono spesso abbinate a momenti di tensione o forte emozione. Serve anche a descrivere la diversa dislocazione spaziale dei personaggi, ad esempio in una sequenza in cui seguiamo i comportamenti di più gruppi di persone». Inquadratura dal basso (o contre-plongée) «La macchina da presa è posta al di sotto dell'oggetto ripreso con un'immagine dal basso. L'angolazione fortemente dal basso [può suggerire] l'impressione di uno scontro, di violenza». Es quarto potere film Inquadratura supina «Un'angolazione dal basso estremamente spinta, che corrisponde alla visione che si ha stando sdraiati e guardando verso l'alto». Dialogo nel film tra Marion e Norman (psico film 1960) Inclinazione normale (o in piano) Se la base giace su un piano parallelo all'orizzonte, abbiamo un'inclinazione NORMALE Inclinazione obliqua Se la base interseca l'orizzonte abbiamo un'inclinazione OBLIQUA. Tipica del cinema di spionaggio o noir Inclinazione verticale Se la base è perpendicolare all'orizzonte abbiamo un'inclinazione VERTICALE. Inclinazione capovolta Se la base è parallela ma il quadro è capovolto abbiamo un'inclinazione ROVESCIATA. Inquadratura soggettiva Ci sono sia inquadratura soggettiva che oggettiva. Oggettiva quando la macchina da presa riprende i personaggi e l’azione dall’esterno. E quella soggettiva ha il punto di vista della macchina da presa coincide con lo sguardo del personaggio. «L'inquadratura oggettiva [..] corrisponde al punto di vista di nessuno, o anche punto di vista del narratore stesso, impersonale ed esterno all'azione. Lo spettatore, posto di fronte alla scena, dimentica la presenza della macchina da presa...Esempi ricorrenti di oggettive al cinema sono gli establishing shot ("totali" che servono a inquadrare complessivamente una situazione, inserendola in un contesto individuato), i primi piani che si focalizzano sull'espressione degli attori, le inquadrature frontali, i campi/controcampi...» Mario Garofalo Una definizione più accurata di soggettiva «Per soggettiva si intende un'inquadratura o un insieme di inquadrature che rappresentano sullo schermo ciò che vede un personaggio, come è supposto vederlo quel personaggio, cioè dal suo esatto punto di vista, rispettando distanza e direzione che lo separano da ciò che guarda». Elena Dagrada Una coincidenza di sguardi... «In una soggettiva noi vediamo quello che vede un determinato personaggio. Il punto di vista dell'istanza narrante, quello del personaggio e quello dello spettatore coincidono così in un unico sguardo». Rondolino - Tomasi Ma che cos'è l'istanza narrante? L'istanza narrante è «un' entità astratta, al di fuori del mondo diegetico, la cui funzione è avvertibile nel momento in cui le immagini o i suoni di un film sono strutturati in modo tale da dar vita a una narrazione». Rondolino - Tomasi L'istanza narrante, insomma, «lascia intravedere il "progetto comunicativo" alla base del film scritto dall'autore. L'istanza narrante può manifestarsi ad esempio attraverso una voce (sia di un narratore esterno, sia di un personaggio) che ci guida nella comprensione del racconto oppure non si manifesta esplicitamente, ma la sua azione comunque è rintracciabile in altri elementi, come le immagini che ci vengono mostrate e il modo in cui ci vengono mostrate… Agli albori del cinema, Il caso dei keyhole films Il cinema «dal buco della serratura» «Tra il 1900 e il 1906, i film incentrati su un personaggio che guarda 'attraverso qualcosa' divennero così numerosi da costituire una sorta di genere, recentemente etichettato Keyhole films (film a buco di serratura), dalla forma a serratura del mascherino più diffuso, in alternativa a quello circolare o binoculare, attraverso cui guardano curiosi voyeurs (guardoni)». E. Dagrada es. Grandma’s reading glass (1900) Film breve dalla narrazione semplice. Personaggio interessato all’atto dell’azione—> osserva tutto e si vede la scena da uno strumento ottico es. Par le trou de la serrare (1901) personaggio guarda attraverso al buco della serratura Caratteristiche di queste prime forme di soggettiva contravvenzione alle regole di distanza e di direzione dello sguardo del personaggio (ad esempio quando il bambino nel primo film guarda l’occhio della nonna in realtà è impossibile che lo veda così grande) Viene invece privilegiata la visuale dello spettatore; Manca oppure è molto debole la narrazione; Si vede spesso non veramente come vedrebbe il personaggio ma per fare vedere meglio noi spettatori La prospettiva della mdp è frontale ed esaustiva; la soggettiva funziona come esibizione di un'attrazione spettacolare; (conta più la visione della narrazione) Seppur in maniera rudimentale, è evidenziato il potere voyeuristico del dispositivo cinematografico. cosa comprendiamo da queste forme soggettive embrionali? «La soggettiva |...] nasce per celebrare l'avvento di un nuovo spettatore, a ragione definito 'viaggiatore immobile', che vede proiettate le potenzialità del proprio occhio oltre i limiti imposti dalla visione naturale grazie alla mediazione di una protesi [ossia la mdp]...... Nel passaggio dalla spettacolarità alla narrazione si consumò anche quello dalla visione totale alla visione parziale, dal superamento dei limiti dell'occhio al restringimento del campo visivo ai limiti di un personaggio calato nella finzione. Tra il 1905 e il 1915 sono numerosi i film che testimoniano questo passaggio». E. Dagrada la soggettiva inizialmente risponde a molteplici esigenze spettacolari. Non visione totale ma idea dello spettatore chiamato ad identificarsi con quello che il personaggio vede. Il destino della soggettiva Dalla fine del primo decennio del Novecento fino ad oggi, la soggettiva inizia a essere sempre più usata come effettivo punto di vista di un personaggio, al servizio della narrazione Questo emerge soprattutto nel caso del cinema hollywoodiano classico. come riconoscere una soggettiva? Nel corso della storia del cinema, la soggettiva si è spesso manifestata attraverso dei "segni di riconoscimento" che consentono, appunto, di distinguerla facilmente da una inquadratura oggettiva. Questi segni di riconoscimento sono di tre tipi: 1)Mascherino= Usato per la realizzazione di particolari trucchi, consiste in una superficie opaca di varia forma, spesso in celluloide o vetro, che copre una parte del fotogramma sul negativo affinché non venga impressa. Mascherini* di varia forma nel caso in cui la visione del personaggio sia filtrata da uno strumento ottico (lente di ingrandimento, cannocchiale, binocolo, mirino della macchina fotografica o di un'arma, obiettivo della mdp...) l’occhio che uccide (film che riflette sul cinema stesso)—> assassino che uccide le vittime e le riprende Inoltre, come già visto, i primi film contenenti soggettive, girati agli inizi del *900, utilizzano l'espediente del mascherino a forma di serratura. 2) Presenza delle mani o di altri dettagli del corpo del personaggio osservatore all'interno dell'inquadratura. 3) Immagine sfocata, sdoppiata o deformata se il personaggio è miope, ubriaco o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. (un es. da Notorious) N.B.: ma spesso non ci sono segni distintivi. Allora il riconoscimento della soggettiva è contestuale! In molti casi, la struttura base del sistema su cui si costruisce una soggettiva si articola così: 1) Un'inquadratura oggettiva con il primo piano di un personaggio che guarda in una data direzione. 2) Taglio di montaggio. 3) Una seconda inquadratura soggettiva che ci mostra cosa il personaggio vede dal suo punto di vista. Ricapitolando... Nella maggior parte dei casi la soggettiva è priva di segni distintivi ed è quindi riconoscibile soltanto perché preceduta dall'inquadratura oggettiva del personaggio osservatore. Ne risulta che sia più corretto parlare di sintagma soggettivo invece che di inquadratura soggettiva. Il sintagma soggettivo In linguistica, il termine "sintagma" viene usato per designare un'unità intermedia fra la parola e la frase. All'interno degli studi dedicati al linguaggio cinematografico indica una successione di inquadrature coerente e dotata di senso. Rondolino - Tomasi distinguono 5 tipi di sintagma soggettivo. A= oggettiva B= soggettiva I 5 tipi di sintagma soggettivo 1) Aperto (A-B) 2) Chiuso (A-B-A) 3) Rovesciato (B-A) 4) Alternato (A-B-A-B-A-B) 5) Differito (ACDB) es la finestra sul cortile del 1954→ alternanza inquadrature oggettive e soggettive. Protagonista è un fotoreporter che scopre un assassino nelle finestre degli appartamenti un esempio di quello alternato—> vestito per uccidere del 1980. Quali sono le funzioni profonde della soggettiva? Le funzioni della soggettiva La soggettiva serve a informarci che qualcuno sta osservando qualcosa. Equivale, insomma, all'enunciato verbale "A vede B". A un livello più generale, la soggettiva rafforza l'identificazione fra lo spettatore e il personaggio principale o, per meglio dire, il personaggio associato all'atto di guardare. L'importante questione dei meccanismi identificativi In ambito cinematografico, distinguiamo due tipologie di identificazione: 1) Identificazione primaria= è quella che si istituisce tra lo spettatore e la macchina da presa; 2) Identificazione secondaria= è quella che si istituisce tra lo spettatore e i personaggi del racconto cinematografico. es. La palla n 13→ idea di entrare nello schermo —> opera auto riflessiva —> meccanismo della proiezione —> personaggio sogna di esentare nel film e quindi abbiamo tutte e due le forme di identificazione Abbiamo un esempio del primo tipo di proiezione, quella che deve istituirsi tra il nostro sguardo e quello della macchina da presa, quando Keaton, una volta finalmente penetrato lo schermo, è per alcuni secondi sbalzato nei luoghi più disparati in cui la cinepresa lo trascina. Quello che è stato teorizzato come un processo mentale, da esperire nel buio della sala, nel film assume le caratteristiche di un viaggio fisico, concreto, in cui l'attore accompagna la macchina da presa per strade, dirupi, foreste, deserti, mari e ghiacciai, facendo collassare qualsiasi distinguo fra soggetto trascendentale e soggetto empirico. Ma a questa serie di scenari avventurosi torna presto a sovrapporsi la rassicurante cornice della pellicola che Buster stava proiettando prima di assopirsi. Solo ora, abbiamo il secondo tipo di identificazione: il proiezionista può proiettare se stesso nella vicenda e identificarsi con i personaggi del racconto. soggettiva come strumento che veicola l’identificazione secondaria: es. prima parte del film psyco che ci porta ad identificarci con Marion.—> scena dove la donna sta scappando e si addormenta in macchina e viene approcciata da un poliziotto. Ci identifichiamo con lei, desideriamo che il poliziotto la lasci andare. «Più che un personaggio reale, il poliziotto sembra essere una proiezione dei fantasmi della donna. La soggettiva che ci rivela il volto dell'uomo non rappresenta così solo il punto di vista ottico di Marion ma anche, e soprattutto, quello affettivo». Rondolino - Tomasi Fin qui, abbiamo parlato della soggettiva come di un'inquadratura piuttosto breve, ma non esiste solo questa tipologia! La soggettiva può essere anche continua e raggiungere la durata di una scena o al limite di un intero film. In questi casi particolari, la soggettiva non è preceduta da un'inquadratura oggettiva del personaggio osservatore, che rimane infatti del tutto invisibile. es. Halloween- la notte delle streghe del 78→ sequenza girata in soggettiva esempio film quasi interamente in soggettiva: una donna nel lago dei 48 di R. Montgomery—> noir, girato dal punto di vista del protagonista infatti non è quasi mai visibile (so vede solo il suo punto di vista)—> lo vediamo solo allo specchio o vediamo solo le sue mani.—> uso della soggettiva per l’identificazione secondaria Perché Una donna nel lago non ebbe successo? «Per identificarsi con un personaggio lo spettatore ha infatti bisogno di vedere quel personaggio, di scrutarne il volto per potervi riconoscere quei sentimenti e quelle emozioni che deve fare propri...La soggettiva, come insegna Hitchcock, facilita l'identificazione solo nel momento in cui si accompagna a delle oggettive del personaggio col quale dobbiamo identificarci. È proprio la mancanza di queste oggettive del personaggio del volto del personaggio a causare l'allontanamento dello spettatore dalla storia narrata». Rondolino - Tomasi La negazione di certi modelli narrativi consolidati nel cinema classico hollywoodiano producono qui un effetto straniante!—> non sembra naturale Forme di "devianza" messe in atto in Una donna nel lago Lo sguardo in macchina e l'assenza del controcampo; Poiché il punto di vista del protagonista coincide con quello della map, lo sguardo della sua interlocutrice finisce per diventare un cosiddetto "sguardo in macchina" (l'interprete guarda verso l'obiettivo e quindi, idealmente, verso noi spettatori); Lo sguardo in macchina infrange uno dei grandi tabù del cinema classico; Sguardo in macchina o in camera/camera look= Si tratta di un espediente cinematografico in cui «il personaggio guarda direttamente dentro la macchina da presa; in quest'ultimo caso si sviluppa un corto circuito nella rappresentazione e lo spettatore si sente osservato direttamente dallo schermo… sguardo in camera usato spesso anche nel comico ad esempio stanlio e ollio o nel cinema d’autore ad esempio in ‘arancia meccanica’ Campo-controcampo/ shot-reverse-shot= È una tecnica utilizzata durante la fase di montaggio di un film, articolata in due distinte inquadrature speculari. Si tratta di uno degli effetti più usati nel linguaggio cinematografico, soprattutto per le scene di dialogo Falsa soggettiva= «Si tratta di quel tipo di inquadrature «che, pur simulando un carattere di soggettiva |...], si rivelano poi, o si trasformano nel corso della loro durata, in piani oggettivi». Rondolino - Tomasi Es. Alien del 78 Perché si tratta di una falsa soggettiva? Dopo un lungo movimento di avvicinamento, il personaggio femminile appare, alla fine, ponendosi a lato della mdp. La camera dovrebbe coincidere col il suo punto di vista ma di fatto assume una posizione più bassa rispetto a quella degli occhi della donna. Tale soluzione consente al regista di farci percepire i sospetti della donna riguardo al comportamento del collega maschio, mantenendo però un distacco superiore rispetto a quello veicolato da una tradizionale soggettiva. Infine, abbiamo il caso della semisoggettiva Il manuale di Rondolino - Tomasi distingue due tipologie di inquadrature semisoggettive. Prima tipologia di semisoggettiva «Una semisoggettiva è un'inquadratura che pur presentando lo sguardo di un personaggio non ne rispetta fino in fondo la posizione. Ciò accade quando la mdp è più vicina o lontana dall'oggetto di quanto non lo sia il personaggio o lo inquadra da un'angolazione leggermente diversa». Rondolino - Tomasi Un'ulteriore specificazione Già [Jean] Mitry nel 1963 aveva proposto una figura intermedia, la semisoggettiva, in cui la cinepresa guarda un personaggio e nello stesso tempo condivide il suo stato d'animo, partecipa della sua concitazione, o emozione, o incertezza. Sotto questo aspetto la semisoggettiva è un punto di vista misto in cui vengono rappresentati sia il narratore con la sua distanza, sia il personaggio con la sua passione...Molti film di Roberto Rossellini, specialmente quelli della cosiddetta trilogia della Bergman (Stromboli - Terra di Dio, 1950, Europa '51, 1952, e Viaggio in Italia, 1954), sono girati in semisoggettiva poiché la cinepresa segue sempre la protagonista partecipando alle sue scoperte e alle sue incertezze». Sandro Bernardi Seconda tipologia di semisoggettiva «Come semisoggettiva possiamo inoltre intendere quel tipo di inquadratura che ci mostra una determinata porzione di realtà così come la vede un personaggio dove, tuttavia, la mdp non ne sostituisce lo sguardo ma si colloca leggermente alle sue spalle, che finiscono così con l'entrare in campo insieme alla nuca». Rondolino - Tomasi N.B.: Anche la semisoggettiva può essere tradotta verbalmente con l'espressione "A vede B" N.B.: Come nel caso della scala dei campi e dei piani, anche la distinzione fra oggettiva/soggettiva e semisoggettiva va assunta in modo troppo netto.. Molti studiosi «hanno messo in discussione una distinzione troppo rigida tra oggettività e soggettività. I due livelli sono intercambiabili: un soggetto può diventare oggetto se guardato da qualcun altro, l'osservatore può farsi osservato, un'immagine che appare oggettiva può essere soggettiva e viceversa...Tutto il cinema si muove nell'ambito di una semisoggettività come espressione dello sguardo del personaggio, dell'istanza narrante e dello scarto che inevitabilmente li divide». Rondolino - Tomasi Fuori campo Nel cinema, lo sguardo può dirigersi all'interno del campo oppure al di fuori di esso… uno dei primi esempi di fuori campo —> ‘ a ches dispute’ 1903 «Proprio in quanto racchiusa da una cornice immaginaria [...], l'inquadratura è definibile sulla base di un doppio criterio spaziale: lo spazio in campo e quello fuori campo». Rondolino - Tomasi Una prima di definizione dei due concetti Campo= ciò che ci viene mostrato; Fuori campo (o Fuoricampo)= tutto ciò che, non ci viene mostrato, ma che fa parte dell'ambiente di cui l'inquadratura è solo una parte. Una definizione più accurata di fuori campo «Il fuori campo è dunque composto da quella serie di elementi profilmici non inclusi nel campo ma che con questo hanno una relazione spaziale di contiguità... Campo e fuori campo sono spesso in un rapporto di reversibilità: è infatti sufficiente un movimento di macchina o un effetto di montaggio per esplicitare il fuori campo, o per relegare nel fuori campo ciò che prima era in campo». Rondolino - Tomasi «Per comprendere questo gioco dialettico tra campo e fuori-campo, bisogna considerare daccapo lo statuto di queste due dimensioni. Fenomenologicamente - innanzitutto - esse sono differenti. Una, il campo, fa appello direttamente al nostro sistema percettivo, mentre l'altra si manifesta come virtuale e fa appello alla nostra memoria. Una è presente, l'altra assente, ma di un'assenza singolare suscettibile di mostrarsi ad ogni momento sullo schermo, quindi un'assenza che è solo una sospensione fragile della presenza». Andrè Gardies Noël Burch suddivide lo spazio fuori campo in 6 aree Quattro ai lati dell'inquadratura (a dx, a sx, in alto e in basso); Una che è oltre la scenografia; Un'ultima che sta dietro alla macchina da presa. «I confini immediati dei primi quattro segmenti sono determinati dai quattro margini dell'inquadratura e corrispondono a quattro facce tronche di un'immaginaria piramide proiettata nello spazio circostante. |...] Il quinto segmento [sta] dietro la macchina da presa. [...] Infine il sesto segmento comprende tutto ciò che si trova dietro la scena (o dietro un elemento della scena): vi si accede uscendo da una porta, girando l'angolo di una strada, nascondendosi dietro una colonna o dietro un altro personaggio». N. Burch Tra campo e fuoricampo esiste, quello che Gardies definisce un «rapporto di mutua assistenza: il fuoricampo si fa garante del campo (il letto che vedo in piano ravvicinato appartiene alla stanza che in questo momento non vedo ma che ho visto o vedrò), il campo, in cambio, si fa garante del fuoricampo (questo letto che io ora sto vedendo prova che la stanza, ora non visibile, non è cambiata)». A. Gardies es. Uso più sofisticato del fuori campo—> Nanà del 1926 «Burch ricorda come il film che per primo ha evidenziato l'importanza del fuoricampo sia stato Nanà (Jean Renoir, 1925), pellicola in cui vengono sviluppate tutte le implicazioni dello spazio che sta intorno allo schermo. L'impianto del film gioca su un confronto serrato tra spazio percepito e spazio immaginato, fra visibile e non visibile. La macchina da presa risulta, salvo rare eccezioni, quasi sempre fissa, e collocata in modo da inquadrare la scena frontalmente mutuando il punto di vista di uno spettatore teatrale...I personaggi da un lato entrano ed escono di campo di continuo; altre volte se ne stanno immobili a chiacchierare mentre la cinecamera li taglia in due lasciando una parte di loro fuori dallo schermo. Oppure sono collocati quasi del tutto fuori dal campo visivo e vediamo solo allungare le mani dentro lo schermo per offrire coppe di champagne o ancora li sorprendiamo mentre si affacciano sulle porte o alle finestre per guardare chi c'è all'esterno. S'instaura dunque un registro filmico come un gioco dialettico ininterrotto fra un vedere e un desiderio di vedere». Gian Marco De Maria A volte, il fuori campo è usato per introdurre in maniera suggestiva un personaggio: Il regista sceglie magari di relegare inizialmente il volto del personaggio nel non visibile… es. Schindler's list del 1993→ personaggio di Schindler presentato in maniera suggestiva, il suo corpo inizialmente rimane in fuori campo A sua volta, lo sguardo del personaggio verso il fuori campo produce una dialettica fra vedere/sapere e non vedere/non sapere...Può accadere infatti che il personaggio possa vedere e quindi sapere qualcosa che è invece è precluso allo spettatore… fuori campo attivo/inquadrature a struttura centrifuga «Il fuori campo attivo è quello proprio delle inquadrature a struttura centrifuga, che [tendendo] verso l'esterno, rimandano |...] a qualcosa sito oltre i bordi dell'inquadratura, e costringono lo spettatore a interrogarsi su di esso». Rondolino - Tomasi Es. la contessa scalza del 54→ protagonista è una diva—> tutti gli sguardi si concentrano su di lei ma non viene fatta vedere L'intera sequenza pare perfettamente illustrare quella pulsione voyeuristica (contemplazione) che, nella celebre teoria di Laura Mulvey, trova nello spettacolo del corpo femminile, in particolar modo in quello delle dive, la sua massima gratificazione e al contempo un blocco per lo sviluppo diegetico. —> spesso la diva è più che altro oggetto passivo che viene osservato In questo caso, però, l'immagine della donna non è affatto inclusa nel campo visivo. Gli avventori del night che la contemplano rapiti all'interno della finzione non diventano mai i sostituti dello sguardo dello spettatore maschile, che si trova, invece, all'esterno del tessuto finzionale. Non c'è dubbio che la sequenza orchestrata da Mankiewicz valga come elegante spettacolo costruito su di un ipnotico vuoto. Fin qui abbiamo parlato solo di fuori campo esterno. In realtà, esiste anche il fuori campo interno… Fuori campo interno= Si tratta di «quel fuori campo che è sotto un certo aspetto in campo, perché interno all'inquadratura, ma celato allo sguardo dello spettatore da un elemento profilmico (una tenda, un oggetto, un personaggio) che, per un certo tempo, lo nasconde». Rondolino - Tomasi Fuori campo anticlassico (definizione di Pascal Bonitzer)= Si tratta dello «spazio della produzione occupato dalla troupe e dalle macchine necessarie alla lavorazione di un film, suggerito attraverso gli sguardi in macchina; questo fuori campo proibito può a sua volta conquistare il campo in opere che si collocano in un percorso decisamente alternativo...».—> rompe la finzione Rondolino - Tomasi Es. ‘e la nave va’ del 83 di Fellini—> si mostra lo spazio della produzione dei tecnici e del regista—> si vedono i tecnici e Fellini stesso impegnato nella regia —> tema del falso cinematografico L'incipit di M - Il mostro di Düsseldorf (M - Eine Stadt sucht einen Mörder, 1931) di F. Lang «Un brano esemplare per quel che riguarda l'uso espressivo del fuori campo». Rondolino - Tomasi —> omicidio bambina—> fuori campo perche troppo violento —> regia fa leva sulla nostra immaginazione Funny games—> ha 2 versioni questo film —> remake nel 2010—> vuole riflettere sul funzionamento del linguaggio cinematografico della violenza —> atti violenti sono chiari ma non sono mai mostrati «In Funny Games (1997), l'autore austriaco costruisce un film "a tesi". In cui ogni forma di violenza non viene mostrata ma in cui la sua assenza (ma presenza solo attraverso rumori e suoni), amplifica a dismisura la portata dell'orrore perpetrato. I due archetipi simbolici incarnati da Peter e Paul non sono che tramite di questa violenza. Ogni aggressione nel film è improvvisa, repentina, imprevista, e si verifica solo ed esclusivamente nel fuori campo». T. Graziani Alcune considerazioni culturali sul fuori campo e sui cosiddetti "limiti del cinema": «Il cinema classico |...] era un cinema del fuoricampo, dove il dissimulato/suggerito era talvolta più importante del mostrato [...). Il cinema del campo, invece, supera il limite che vede lo schermo come finestra». L. Jullier «Un conto è affermare che il cinema riduce via via gli spazi di non visibilità del fuoricampo, in conseguenza a un più generale trasformarsi della società, del costume, della mentalità, un altro è affermare che il fuori campo, in quanto meccanismo linguistico e strategia espressiva, sia destinato a scomparire o comunque a vedere assottigliata la propria pregnanza. La dialettica del campo e fuoricampo è un elemento imprescindibile del cinema in quanto linguaggio e forma di espressione». Rondolino - Tomasi I movimenti di macchina/di camera (parte I) In un film, ogni singola ripresa può essere statica o dinamica 1) Ripresa statica= Inquadratura fissa; 2) Ripresa dinamica= Movimento di macchina «Nato con un punto di vista statico, fatto di sole inquadrature fisse, il cinema si è progressivamente appropriato delle diverse possibilità di rendere dinamico il proprio sguardo. All’inizio l’immagine poteva solo contenere il movimento, poi divenne essa stessa movimento. Insieme al montaggio, ma rispettando la continuità spazio-temporale della realtà rappresentata, i m. di m. possono conferire una natura tridimensionale allo spazio filmico: esso non è più qualcosa che sta semplicemente di fronte allo spettatore, ma uno spazio cui ci si può avvicinare e allontanare, penetrabile e percorribile in tutte le direzioni». Dario Tomasi Quando “l’immagine poteva solo contenere il movimento...” es l’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat «In L’arrivée d’un train la locomotiva giunge dal fondo dello schermo, avanza sugli spettatori e li fa sussultare dando loro la sensazione che stia per schiacciarli. Essi identificano quindi la loro visione con quella della macchina da presa: ecco che la macchina da presa diventa per la prima volta un personaggio del dramma. Per questo film Louis Lumière aveva utilizzato tutte le risorse di un obiettivo a grandissima profondità di campo. Dapprincipio si vede la stazione vuota (piano generale) e un facchino, che passa sul piazzale spingendo un carretto...... Poi all’orizzonte appare un punto nero che si ingrandisce rapidamente; la locomotiva occupa presto quasi l’intero schermo, quindi avanza sullo spettatore. Le carrozze del treno si fermano lungo il marciapiede, molti viaggiatori si avvicinano, e tra questi la signora Lumière madre con una mantellina scozzese, accompagnata da due dei suoi nipotini. Le portiere si aprono, alcuni viaggiatori salgono e altri scendono... Tra questi i due involontari “primi attor giovani” del film: un giovane contadino provenzale che regge un bastone e una graziosa e giovane fanciulla tutta vestita di bianco. La giovane, ingenua, esita con un moto di naturale timidezza quando si accorge della macchina da presa, quindi passa oltre e sale in vettura. Ma il contadino e la ragazza sono apparsi entrambi in primissimo piano e si sono visti con chiarezza perfetta. Tutti i successivi piani di cui fa uso oggi il cinema furono utilizzati in L’arrivée d’un train... Non è la macchina che si sposta ma sono gli oggetti e i personaggi che si avvicinano o si allontanano costantemente da essa. Questo continuo spostamento del punto di vista permette di ricavare dal film tutta una serie di immagini differenti come i piani successivi di un montaggio moderno». (Georges Sadoul) Le tipologie dei movimenti di macchina «I movimenti della macchina da presa costituiscono un codice specifico del linguaggio filmico, perché possono essere realizzati solo attraverso l’ausilio della tecnica cinematografica». D. Tomasi Parametri di classificazione I movimenti di macchina possono essere classificati in base a 3 parametri: 1)La tecnologia usata per realizzarli; 2) Il tipo di movimento compiuto dalla mdp (in avanti, all’indietro, laterale, incurvato...); 3) Il rapporto che intrattengono con i personaggi. In relazione ai personaggi e all’azione, i movimenti di macchina possono essere di 2 tipi: 1) Movimenti di subordinati/di accompagnamento= La mdp segue lo spostamento di uno o più personaggi all’interno del luogo in cui si svolge l’azione. 2) Movimenti liberi/autonomi= La mdp si muove nello spazio indipendentemente dai personaggi (che possono essere immobili o anche assenti). 1) Il movimento subordinato/ di accompagnamento Il movimento subordinato risulta più “naturale” ed è quello meno percepibile dallo spettatore poiché asseconda il movimento dei personaggi ponendosi al loro servizio. «I movimenti subordinati sono quelli che seguono la traiettoria di un personaggio o di un oggetto in movimento, mantenendo costanti la velocità, uguale a quella di ciò che è rappresentato, la distanza e l’angolazione. Sono movimenti di macchina la cui funzione principale è quella di tenere in campo l’elemento centrale del profilmico e di dirigere su di esso l’attenzione dello spettatore». Rondolino – Tomasi 2) Il movimento libero/autonomo Il movimento autonomo, invece, è quello più “appariscente” poiché costituisce un intervento esplicito del regista, che decide ciò che lo spettatore deve vedere. «I movimenti liberi sono invece quelli che prescindono totalmente dai movimenti profilmici , in cui la macchina da presa si muove autonomamente nello spazio rappresentato, per allontanarci da qualcosa e avvicinarci a qualcos’altro». Rondolino – Tomasi N.B.: In realtà, «il rapporto fra queste due possibilità è assai più mediato di quel che a prima vista non possa apparire...» Rondolino – Tomasi In base alla tecnologia usata, distinguiamo 6 tipi di movimenti di macchina: 1) Panoramica/Panning shot 2) Carrellata/Tracking shot 3) Gru/Crane shot 4) (Carrellata ottica)/Zooming 5) Macchina a mano o a spalla /Hand-held camera 6) Steadycam 1) Panoramica/Panning shot= Si tratta del movimento più facile ed elementare. In questo tipo di m. «la cinepresa, fissata su un cavalletto, ruota sul proprio asse, secondo una certa estensione, in senso orizzontale o verticale; si potranno rinvenire così p. verso dx, sx, l’alto, il basso e, piuttosto raramente, oblique». Rondolino – Tomasi Due esempi di panoramica orizzontale (da dx a sx): Es. Fino all’ultimo respiro (1960) di J.-L. Godard es. L’ultimo spettacolo (1971) di P. Bogdanovich Un esempio di panoramica obliqua verso l’alto a sx seguita da un’altra panoramica orizzontale nel senso opposto : Senso (1954) di L. Visconti Esistono poi altre 2 tipologie particolari di panoramica Panoramica a 360o= «Un tipo di panoramica molto particolare è quella di 360o, dove la macchina da presa esplora tutto lo spazio circostante a partire dalla posizione in cui essa si trova per ritornare laddove il movimento era iniziato. È in sostanza un “guardarsi intorno” che tende a esprime un punto di vista soggettivo». Rondolino – Tomasi Es. Blow Out (1981) di B. De Palma Panoramica a schiaffo/ Whip pan o Swish pan= «Un’altra panoramica particolare è quella “a schiaffo”, dal movimento molto brusco e veloce, solitamente legata a un “effetto sorpresa”». Rondolino – Tomasi 2) Carrellata/Tracking shot= Si tratta di un movimento in cui «la mdp è sistemata su un carrello che corre su binari o su un veicolo a pneumatici, camera car. Differentemente da quello che accade nella panoramica, qui è la mdp tutta a spostarsi nello spazio. Il movimento della carrellata può essere in avanti, indietro, [laterale] a destra, a sinistra, obliquo, circolare o misto. Se il movimento di macchina è rapportato a quello di un personaggio – o di un oggetto in movimento – si parlerà di carrello a precedere, quando la mdp precede il personaggio inquadrandolo frontalmente; di carrello a seguire, quando invece la macchina lo segue arretrando o avanzando e inquadrandolo di spalle». Rondolino – Tomasi L’uso ricorrente delle carrellate nel cinema di Stanley Kubrick Esempi di carrellate come movimenti liberi/autonomi... La carrellata all’indietro nell’incipit di Arancia meccanica Il carrello in avanti nel finale di Shining Vediamo alcuni esempi kubrickiani di carrellate come movimenti subordinati/di accompagnamento… Carrellata a procedere in Orizzonti di gloria/nelle trincee (Paths of Glory, 1957) Carrellata a seguire in Shining/Morte di Halloran Camera car Quando la macchina da presa è montata su un veicolo a pneumatici che svolge la funzione di un carrello, si parla appunto di “camera car” L’uso del camera car nel finale de I 400 colpi Due magistrali esempi di carrellata circolare La scena del bacio in La donna che visse due volte I movimenti di macchina/di camera (parte II) Travelling «Si può [...] usare il termine inglese travelling per indicare movimenti di macchina più complessi che uniscono alle possibilità dinamiche di panoramiche e carrelli quelle di far salire e scendere la cinepresa. Tali movimenti si realizzano attraverso macchine come la gru e il dolly. La macchina da presa è fissata su un braccio mobile, collocato su una piattaforma a sua volta sistemata su un veicolo a ruote (dolly) o una vera e propria gru, che quindi consente una maggiore possibilità di elevazione e di conseguente spettacolarizzazione dell’immagine». Rondolino – Tomasi Differenze fra gru e dolly «La differenza fra un movimento realizzato con il dolly e uno realizzato con la gru sta tutta nella maggiore complessità e possibilità di elevazione che il secondo (in grado di arrivare anche a 15-20 metri di altezza) ha rispetto al primo. Sia il dolly sia la gru prevedono che sulla piattaforma in cui è collocata la macchina da presa si trovino anche i sedili per l’operatore e il regista o un assistente». D. Tomasi 3) Gru/Crane shot= In questo caso, la macchina da presa è fissata al braccio di una gru, grazie al quale può riprendere una data scena dall’alto per poi abbassarsi al livello dei personaggio o viceversa. Un movimento di gru può essere dall’alto verso il basso (in avvicinamento) oppure dal basso verso l’alto (in allontanamento). Spesso il primo è presente in apertura di un film o di una sequenza mentre il secondo viene usato più frequentemente in chiusura, come commiato simbolico dai personaggi e dall’azione. es. Via col vento es. notorius/alla festa Dolly=Si tratta di un carrello dotato di una piccola gru che consente alla macchina da presa di muoversi non solo in avanti e indietro, ma anche di alzarsi e abbassarsi lievemente rispetto al livello dei personaggi. es. È usato in quarto potere Utilizzato molto sia nelle riprese in interni sia in quelle in esterni, questo aparecchio ci ricorda che la gru può essere montata su un carrello e quindi realizzare movimenti misti e composti che combinano, appunto, la carrellata (tracking shot) con il movimento di gru (crane shot). Un esempio straordinario di movimento misto...L’infernale Quinlan (Touch of Evil, 1958) di O. Welles 4) (Carrellata ottica)/Zooming= Si tratta di un movimento di macchina fittizio ottenuto mediante lo zoom. Quest’ultimo è un obbiettivo a focale variabile che consente di avvicinare o allontanare l’oggetto filmato, simulando una carrellata in avanti o all’indietro. «Un problema a parte è quello posto dalla carrellata ottica, in cui la mdp in realtà non si muove ma, attraverso la variazione della lunghezza focale dell’obiettivo, può dar vita a passaggi da un piano più distanziato a uno più ravvicinato (zoom in avanti [zoom in]) o viceversa (zoom all’indietro [zoom out])». Rondolino – Tomasi Zoom in= in avanti, detto anche a stringere, si passa da un piano grande ad uno più ristretto; Zoom out= all’indietro, detto a scoprire, si passa da un particolare ad una scena più ampia. Differenza fra carrellata ottica e carrellata meccanica Carrellata meccanica= lascia intatte le proporzioni spaziali tra il soggetto principale e lo sfondo. Carrellata ottica= l’immagine proposta dallo zoom tende invece a schiacciare il soggetto sullo sfondo, a ridurre la profondità di campo e a creare un effetto di forte artificialità. Un’artificialità gradita al cinema moderno La carrellata ottica, infatti, «rende più evidente la presenza della cinecamera e, di conseguenza, il carattere fittizio della rappresentazione: per questo è stata utilizzata da molti registi del cinema della modernità, come Michelangelo Antonioni e Pasolini, il cui intento era anche quello di far avvertire la presenza della macchina da presa…... e al cinema a basso costo... La sua economicità poi ‒ una carrellata ottica costa molto meno di una meccanica ‒ ha fatto sì che essa venisse ampiamente sovrautilizzata da certo cinema di genere e popolare». D. Tomasi Alcuni esempi di zoom in avanti/zoom in: La battaglia di Algeri (1966) di G. Pontecorvo Dalla Cina con furore (Jīng Wǔ Mén, 1972) di Lo Wei Alcuni esempi di zoom all’indietro/zoom out: Barry Lyndon (1975) di S. Kubrick Un effetto particolare che suggerisce la sensazione di una terrificante vertigine. “Effetto Vertigo” (o dolly zoom)= Effetto ottico ottenuto mediante la combinazione di uno zoom in avanti e di un carrello all’indietro o viceversa. Viene creato da Alfred Hitchcock per il film La donna che visse due volte (Vertigo, 1958), da cui prende il nome. Con La donna che visse due volte, è Hitchcock il primo a combinare lo zoom in avanti con il carrello all’indietro per suggerire la sensazione di una terrificante vertigine. Nel 1975, Steven Spielberg replicherà l’effetto ne Lo squalo (Jaws). Questa volta, però, la combinazione sarà tra zoom all’indietro e carrello in avanti. In questo momento apicale de Lo squalo: «la mdp torna a Brody (ripreso frontalmente), e enfatizza la sua esperienza dell’attacco combinando zoom e carrello in avanti. L’effetto di questo doppio movimento è mantenere la grandezza di Brody costante nel quadro mentre la prospettiva dietro di lui cambia. [...] Sincronizzando zoom all’indietro e carrello in avanti, la grandezza di Brody rimane uguale nel quadro mentre lo sfondo continua a recedere». Warren Buckland Se nel film di Hitchcock le vertigini del protagonista «venivano rese dando una sensazione di allontanamento dello spazio e di prolungamento della tromba delle scale della chiesa [...], le paure di Brody prendono [invece] corpo dando la sensazione di un mondo che si schiaccia attorno a lui, facendo avvertire in modo tangibile tutto il peso delle responsabilità che gli stanno ricadendo addosso». Edoardo Beccattini Un mondo che frana sul personaggio 5) Macchina a mano o a spalla/ Hand-held camera= La macchina da presa non è fissata a un cavalletto o a un carrello, ma viene tenuta in mano o sulla spalla dall’operatore, che può muoversi liberamente sul set. «Qui la cinepresa non è più fissata sul cavalletto, ma tenuta dall’operatore fra le mani o appoggiata sulle spalle. Il movimento della mdp non ha così più quella fluidità tipica di un carrello , di una panoramica o di un travelling, ma, al contrario, procede per sbalzi, scossoni, in modo discontinuo e irregolare. Questo tipo di movimento, presente per forza di cose in molti film di reportage, divenne comune nella seconda metà degli anni Cinquanta, col diffondersi del cinéma-verité, che lo imponeva per dar vita a un rapporto più diretto e immediato con la realtà. Presto, tuttavia, questa modalità si diffuse anche nel cinema di finzione col compito di rinviare a un punto di vista soggettivo e all’esplicitazione della presenza della mdp». Rondolino – Tomasi Es. Dont Look Back (1967) D.A. Pennebaker Mariti e mogli (Husband and Wives, 1992) di W. Allen Steadicam o Steadycam=Tecnica in cui la m.d.p. è montata su uno speciale supporto in grado di ammortizzare le oscillazioni e le scosse, che viene fissato al busto dell’operatore mediante un apposito corpetto. La steadycam è stata «messa a punto negli anni Settanta dall’operatore Garrett Brown. In sostanza [...] è un’intelaiatura dotata di un sistema di ammortizzatori, indossata direttamente dall’operatore, e su cui viene fissata un’apposita macchina da presa. Essa consente di mantenere la stabilità dell’immagine indipendentemente dai movimenti dell’operatore, il quale, ad es., può correre, salire o scendere le scale, fermarsi all’improvviso senza provocare il benché minimo sobbalzo alla cinepresa. Mentre corre, l’operatore non deve più guardare dentro il mirino, ma può controllare l’immagine attraverso un piccolo monitor video di cui l’apparecchiatura è dotata. Inutile dire che l’uso di una steadycam richiede una lunga preparazione specifica e una notevole prestanza fisica da parte dell’operatore. La [sua] straordinaria fluidità di movimento [...] ha finito col farne un mezzo di rappresentazione spettacolare, legato a situazioni spesso intrise di elementi fantastici». Rondolino – Tomasi Es. Garrett Brown (1942-) Rocky (1976) di J.G. Avildsen Esempi celeberrimi da Shining Le funzioni espressive dei movimenti di macchina 1) Funzione descrittiva= «A volte un m. di m. ha il compito di mostrare un determinato ambiente o un certo personaggio: entrambi possono essere introdotti attraverso un piano d’insieme ‒ se si tratta di un ambiente ‒ o una figura intera ‒ se invece si ha che fare con un personaggio. Tuttavia queste due possibilità possono essere sostituite o seguite dall’uso di piani più ravvicinati, in grado di esplorare l’ambiente o il personaggio in tutti i suoi dettagli, di descriverlo in tutte le sue parti attraverso dei m. di m. più o meno prolungati, capaci di offrire allo spettatore un numero di informazioni maggiori di quelle che passerebbero attraverso inquadrature più distanziate». 2) Funzione connettiva= «Un m. di m. si avvia mostrando qualcosa e, nella maggioranza dei casi, termina mostrando qualcos’altro. Un piano può così essere scomposto in almeno due quadri, ognuno con un proprio soggetto particolare (per es. due diversi personaggi). In questo modo, almeno su un piano visivo, i m. di m. stabiliscono un legame fra questi due soggetti, connettendoli fra loro (proprio come potrebbe accadere attraverso il montaggio) allo scopo, per es., di preludere al loro effettivo incontro». I movimenti di macchina in avanti o all’indietro possono assolvere a due tipi di funzioni: 3) Funzione selettiva=«I m. di m. selettivi sono quelli che partono da un piano relativamente distanziato e si avvicinano poi a un determinato soggetto, evidenziandolo così a partire dal suo contesto, selezionandolo dallo spazio di cui è parte, valorizzandolo in relazione a un determinato insieme». Il carrello in avanti nel finale di Shining 3) Funzione estensiva=I m. di m. estensivi, invece, sono quelli che partono da un piano ravvicinato e poi indietreggiano allargando il campo di ripresa allo spazio d’insieme che comprende il soggetto inizialmente evidenziato, il quale subisce in questo modo un processo di contestualizzazione. Tali m. di m. allontanano fisicamente lo spettatore dal soggetto ripreso, determinando, a seconda dei casi, una sorta di distacco psicologico o la rivelazione progressiva di una realtà inaspettata». 4) Funzione di rivelazione del fuori campo/tensiva= «Un m. di m. finisce quasi sempre con il mettere in campo quel che prima era fuori campo. Nel suo percorrere uno spazio con deliberata lentezza, un’inquadratura dinamica può introdurre una certa tensione, che spinge lo spettatore a interrogarsi su quel che la cinecamera finalmente mostrerà al termine del suo movimento». 4) Funzione soggettiva= «Quando sono raccordati allo sguardo di un personaggio, i m. di m. possono talvolta assolvere a una funzione soggettiva, tesa cioè a rafforzare, per es., il desiderio di un personaggio di possedere qualcosa o qualcuno». Notorious/Il furto delle chiavi «Questo m. di m., oltre ad assolvere a un’evidente funzione selettiva, traduce anche in termini visivi il desiderio della protagonista di entrare in possesso di quelle chiavi». D. Tomasi 4) Funzione cognitiva= A volte, i m.d.m. possono avere una funzione cognitiva, «nel senso che possono rivelare allo spettatore l’esistenza di qualcosa di rilevante, ai fini di una certa situazione narrativa, di cui questi era precedentemente ignaro». Rondolino – Tomasi 5) Funzione estetica= «I m. di m. possono poi avere anche una funzione estetica, in particolare quelli realizzati con l’ausilio di dolly, gru o altre apparecchiature [...]. In questi casi il movimento della macchina da presa cerca essenzialmente di conferire all’immagine una dimensione esplicitamente spettacolare». D. Tomasi 6) Funzione semantica= «A volte i m.d.m. possono [...] conferire cioè a un’immagine un dato significato che può rappresentare una sorta di valutazione o commento dell’istanza narrante, e attraverso essa dell’autore, della realtà rappresentata». Rondolino – Tomasi La folla (The Crowd, 1928) di K. Vidor Gli obiettivi Come distinguiamo gli obiettivi? Gli obiettivi sono classificati in base alla lunghezza focale. La lunghezza focale, misurata in mm., è la distanza fra il centro ottico dell’obiettivo e il piano della messa a fuoco, ovvero fra la lente e la superficie su cui si forma l’immagine. 1) Obiettivo normale Si tratta di un obiettivo a focale media che si aggira tra i 40 e i 50 mm. Viene definito “normale” perché è quello che si avvicina maggiormente alla visione umana. «Gli obiettivi normali, rispetto alla visione umana, non distorcono le relazioni spaziali tra i personaggi e tra questi e l’ambiente». 2) Obiettivo grandangolare/Wide angle Si tratta di un obiettivo a focale corta (inferiore a 40 mm.). Esso presenta sia vantaggi sia svantaggi. I “vantaggi” dell’obiettivo grandangolare Possiede un angolo di ripresa più ampio e quindi permette di inquadrare una porzione maggiore di spazio. Possiede una maggiore profondità di campo e quindi consente di mantenere a fuoco sia il primo piano sia lo sfondo. Gli “svantaggi” dell’obiettivo grandangolare Distorce la prospettiva ingrandendo gli oggetti in primo piano e riducendo quelli sullo sfondo. Quindi, risulta poco adatto alle riprese in pp. dei volti. L’angolo di campo L’angolo di campo indica generalmente l’estensione angolare del campo ripreso sulla superficie fotosensibile (sensore, pellicola, ecc). La sua ampiezza è inversamente proporzionale alla lunghezza focale dell’obiettivo. La profondità di campo o profondità di fuoco/ Deep focus o depth of field La profondità di campo è l’area in cui i personaggi e gli oggetti ripresi dalla mdp risultano a fuoco. La profondità di campo dipende da tre fattori: dall’apertura del diaframma, dalla distanza di messa a fuoco e dalla lunghezza focale. Una definizione più accurata «La p. di c. [...] è la distanza tra il punto più vicino e il punto più lontano (rispetto all’apparecchio da ripresa) della scena inquadrata che appaiono nitidi sul piano focale e quindi sulla pellicola. In generale la p. di c. è tanto maggiore quanto minore è l’apertura del diaframma dell’obiettivo e la sua lunghezza focale, e quanto maggiore è la distanza di ripresa...... Essa non va confusa con la profondità del campo che riguarda, invece, l'organizzazione dello spazio profilmico (ovvero di tutto ciò che sta davanti alla macchina da presa [, ossia il] profilmico) e la disposizione di elementi scenografici, oggetti e personaggi in modo tale da dare a questo stesso spazio una certa profondità». D. Tomasi N.B.: Più la focale dell’obiettivo è corta, più la profondità di campo è vasta. E quindi, un obiettivo grandangolare consente di mantenere a fuoco altrettanto bene gli oggetti, i personaggi collocati in pp. e quelli collocati sullo sfondo. Vediamo esempi celebri di uso del grandangolo (e quindi della profondità di campo) «Il cinema delle origini e dei primi anni del muto [...] faceva ampio uso di un’estesa profondità di campo. Tuttavia l’affermarsi del montaggio, che tendeva a frammentare l’azione in diverse inquadrature e quindi a concentrarsi di volta in volta su singoli particolari piuttosto che su ampie visioni d’insieme, mise in secondo piano questa possibilità di rappresentazione che cadde nell'oblio con l’avvento del sonoro... A rilanciare la tecnica [della profondità di campo] fu il celebre Quarto potere, diretto da Orson Welles e fotografato da Gregg Toland con obiettivi a focale corta, nuove e silenziose lampade ad arco e pellicole nuovamente ad alta sensibilità. Il primo a rendersi conto delle conseguenze espressive di tale ritorno alla p. di c. fu il teorico francese André Bazin. Il postulato di base su cui questi si muoveva era che il cinema dovesse rispettare la sua naturale vocazione fotografica alla rappresentazione del reale, mantenendone la connaturata ambiguità, insieme alla continuità spazio-temporale...» D. Tomasi Quarto potere/Dialogo fra Kane e Leland Composizione tripartita dell’immagine 1) Primo piano= bicchiere con cucchiaio e bottiglia di medicinale vuota; 2) Sfondo= porta da cui entreranno di corsa due personaggi ripresi in profondità di campo; 3) A metà strada= abbiamo una donna sdraiata, profondamente addormentata. Notorious/scena della tazzina di caffè Un trucco in più… Per questa scena in cui Ingrid Bergman compare sullo sfondo e la sua tazzina di caffè avvelenato in primo piano, Hitchcock ha utilizzato una tazza gigante posizionata più lontano di quanto sembri Il fish-eye Si tratta di un obiettivo grandangolare estremo, ossia dalla focale molto corta (tra gli 8 e i 6 mm.) che abbraccia un angolo di ripresa molto ampio (fino ai 180o) incurvando fortemente le linee prospettiche. 2001: Odissea nello spazio Il teleobiettivo/Telephoto Si tratta di un obiettivo a lunga focale, superiore ai 50 mm. I “vantaggi” del teleobiettivo Avvicina il soggetto inquadrato riducendo l’angolo di ripresa ed è quindi più adatto per i primi piani. Gli “svantaggi” del teleobiettivo Il teleobiettivo schiaccia la prospettiva e riduce la profondità di campo. È in grado di mantenere a fuoco in profondità una porzione di spazio molto ridotta. Consente, però, una messa a fuoco selettiva. Vediamo un esempio celebre di uso del teleobiettivo Il laureato (The Graduate, 1967) di M. Nichols «Nel film di Nichols [...] la disperata corsa del protagonista verso la chiesa in cui si sta svolgendo il matrimonio della ragazza amata, e che lui vuole a tutti i costi impedire, è ripresa, in un’inquadratura frontale e in campo lungo, con un teleobiettivo che, comprimendo le distanze, ottiene l’effetto ottico di rallentare la velocità della corsa dell’uomo, che sembra quasi non muoversi dal suo punto di partenza». Manuela Russo Soft Focus/Effetto flou Si tratta di una tecnica particolarmente usata nel cinema classico hollywoodiano (specie degli anni Trenta) e che consiste nel tenere a fuoco l’avampiano e sfocato lo sfondo. Era un procedimento molto utilizzato nel caso dei primi piani. Rack Focus Tecnica con cui si effettua un cambiamento di messa a fuoco all’interno della stessa inquadratura. Piccole volpi (Little Foxes, 1941) di W. Wellman Zoom Si tratta di un obiettivo a focale variabile che può passare dal grandangolo (sotto i 35 mm.) al teleobiettivo (sopra i 70 mm.), creando l’illusione di un avvicinamento o di un allontanamento della mdp rispetto all’oggetto filmato. Il montaggio Ambiguità del termine Da una parte, il montaggio consiste nel frammentare la continuità del materiale girato suddividendolo in inquadrature. Dall’altra consiste nell’incollare le inquadrature l’una all’altra secondo l’ordine di successione previsto dalla sceneggiatura fino a ottenere un film completo. Il termine nelle diverse lingue Italiano= montaggio (assemblaggio). Tedesco= schnitt (taglio). Francese= montage (assemblaggio), découpage (taglio). Inglese= editing (assemblaggio), cutting (taglio). Il montaggio come professione Il montaggio viene solitamente affidato a una figura professionale specifica: il montatore/ editor (in inglese) La professione del montatore nasce negli Stati Uniti verso il 1913 e in Francia verso il 1917. N.B.: Nella maggior parte dei casi, il montatore svolge il suo lavoro sotto lo stretto controllo del regista Alcuni celebri casi di sodalizio fra regista e editor Michael Kahn (1935-) Verna Fields (1918-1982) Thelma Schoonmaker (1943-) L’eccezione del cinema americano classico «Nel sistema degli studios a Hollywood , i registi erano spesso assenti dal montaggio e in caso di litigio con la direzione dello studio non avevano il diritto di decisione sul montaggio – il celebre final cut –. I montatori lavoravano così da soli, ma sotto il controllo di “supervisori al montaggioˮ, che controllavano che il film fosse conforme a quel che lo studio si aspettava. Essi seguivano i montaggi in corso, li visionavano in proiezione, esigevano a volte nuove riprese o trucchi di laboratorio». D. Villain Il rimprovero di Frank Capra (1897-1991) a questo sistema… «A Hollywood c’è solo una mezza dozzina di registi che possono girare come preferiscono e poi che possono sovrintendere al montaggio dei loro film. [...] Direi che l’80 per cento dei registi oggi gira le scene esattamente come gli viene detto di girarle, senza introdurre il minimo cambiamento, e che il 90 per cento non ha voce né nella sceneggiatura né nella sceneggiatura né nel montaggio. È una situazione davvero triste per un mezzo che si pensa sia nelle mani del regista». F. Capra, 1939 Facciamo ora un passo indietro... «Si può dire che la nascita del montaggio dati dal giorno in cui si è pensato di modificare il punto di vista della mdp su di una scena nel corso di quella stessa scena, di modificare cioè la sua posizione senz’altro scopo che quello di una migliore descrizione dell’azione o di una migliore costruzione drammatica». Albert Jurgenson Auguste Lumière (1862-1954) e Louis Lumière (1864-1948) Caratteristiche dei primi film 1) Sono composti di un’unica inquadratura della durata di un minuto o poco più, durante la quale la m.d.p. riprende l’azione in continuità, senza tagli di montaggio. N.B: La durata era imposta dalla quantità di pellicola che si poteva caricare su di una singola bobina (=supporto su cui, in fase di proiezione, viene avvolta la pellicola, formato da un cilindro con due dischi ai lati). 2) La m.d.p. è fissa (non vi è alcun tipo di movimento di macchina) e si mantiene a una certa distanza dai personaggi, riprendendoli a figura intera. L’arroseur arrosé (L’innaffiatore innaffiato, 1895) di L. Lumière L’arroseur arrosé (L’innaffiatore innaffiato) di Louis Lumière si discosta dalle prime proiezioni dei fratelli Lumière, le cosiddette “vedute animate” (brevi riprese di eventi reali), e mostra un chiaro intento narrativo. A una situazione iniziale (un giardiniere che annaffia) segue una serie di peripezie (un monello pesta la pompa, il giardiniere si annaffia) che rendono necessario uno scioglimento (il giardiniere punisce il monello), giungendo così a un finale in cui l’equilibrio è ristabilito (il giardiniere torna al lavoro). «L’arroseur arrosé, che fu considerato da alcuni storici il primo film narrativo in assoluto, è la prima opera cinematografica realizzata con intenti chiaramente ludici, secondo gli schemi drammatici e narrativi della scenetta comica o della vignetta illustrata». G. Rondolino L’acquisizione del montaggio avviene in due fasi: Inizialmente viene utilizzato per legare l’una all’altra una serie di riprese continue analoghe a quelle dei fratelli Lumière, in modo da aumentare la durata del film. Poi si incomincia a utilizzarlo all’interno di ogni singola scena, frammentando la ripresa continua e il punto di vista unico del cinema delle origini in una pluralità di inquadrature. George Méliès (1861-1938) è fra i primi a scoprire le possibilità del montaggio, anche se ancora concepito come montaggio trucco. Trucco dell’arresto e della sostituzione Utilizzata soprattutto nel cinema delle origini e prima dell'avvento delle tecniche digitali, consiste nella creazione di un effetto speciale grazie alla momentanea interruzione della ripresa, fermando la cinepresa, modificando durante la pausa parte dei soggetti dell'inquadratura, e quindi riprendendo a girare. In questo modo si crea un cambiamento nell’inquadratura (sempre fissa) in grado di simulare apparizioni, sparizioni e trasformazioni. Successivamente in laboratorio la ripresa viene poi rimontata sul negativo attraverso un collage e il taglio delle code di ripresa, unendo l’ultimo fotogramma valido impressionato prima dell’arresto con il primo valido dopo la sostituzione, in modo da rendere repentina e senza “buchi di ripresaˮ la sostituzione dei soggetti o la loro scomparsa. Storia di un incidente... «È molto semplice. Un arresto della macchina da presa di cui mi servivo agli inizi (un apparecchio rudimentale in cui la pellicola si strappava o si attorcigliava spesso e quindi lo bloccava) un giorno in cui fotografavo prosaicamente la Place de l’Opéra ha prodotto un effetto inatteso. Fu necessario un minuto per sbloccare la macchina e rimetterla in moto. Durante questo minuto, i passanti, gli omnibus, le vetture, avevano cambiato di posto, naturalmente Proiettando la pellicola, che era riattaccata al punto della rottura, vidi un omnibus cambiarsi istantaneamente in carro funebre e degli uomini diventare donne. Il trucco a sostituzione, detto anche trucco con arresto, era così inventato e due giorni dopo realizzavo le prime metamorfosi di uomini in donne. le prime sparizioni improvvise destinate poi ad avere così grande successo». George Méliès Le manoir du diable (1896) di G. Méliès Lo stadio successivo avviene con il passaggio dai film a una sola inquadratura, o ripresa, a quelli a più inquadrature o riprese. The Kiss in the Tunnel (1899) di G.A. Smith La capanna dello zio Tom (1903) di E.S. Porter «Il montaggio c’è, ma è ancora al suo grado zero, limitato cioè al passaggio da un luogo a un altro luogo. Cosa ancora manca è l’idea, fondante il montaggio stesso, della frantumazione in più inquadrature di uno stesso spazio». Rondolino – Tomasi The Sick Kitten (1903) di G.A. Smith Secondo la legge/Dura lex (1926) di L.V. Kulešov Principali funzioni del montaggio Opera una selezione nello spazio, isolando attraverso piani ravvicinati ciò che è importante vedere ed escludendo il superfluo. Effettua una selezione nel tempo, eliminando i “tempi morti” mediante ellissi temporali e mostrando soltanto i momenti salienti di un’azione. Mette in relazione degli spazi che non potrebbero essere inclusi in un’unica inquadratura. Il montaggio alternato/crosscutting Il montaggio alternato/crosscutting Nella sua forma più semplice, due azioni che si svolgono contemporaneamente in due luoghi diversi, invece di essere messe in scena singolarmente, vengono segmentate e montate in alternanza regolare secondo uno schema A-B-A-B-AB-A-B... (nei casi più complessi le azioni possono essere tre o anche di più). «Il montaggio alternato è un’altra figura fondamentale per comprendere il modo in cui il montaggio narrativizza insieme lo spazio e il tempo». Rondolino – Tomasi Principali funzioni del montaggio narrativo Opera una selezione nello spazio, isolando attraverso piani ravvicinati ciò che è importante vedere ed escludendo il superfluo. Opera una selezione nel tempo, eliminando i “tempi morti” mediante ellissi temporali e mostrando soltanto i momenti salienti di un’azione. Mette in relazione degli spazi che non potrebbero essere inclusi in un’unica inquadratura. «Il montaggio alternato ha certamento trovato in Griffith, e nelle sue sequenze di salvataggio all’ultimo minuto [“Last minute rescue”] [...] il regista che lo rese famoso in tutto il mondo». Rondolino - Tomasi David Wark Griffith (1875-1948) The Lonely Villa (1909) di D.W. Griffith Sinossi Una banda di malfattori riesce ad attirare fuori dalla sua elegante villa il capofamiglia, Robert Cullison. Una volta allontanato in automobile, penetrato in casa, mentre la moglie e le tre figlie si barricano in una stanza. A causa di un guasto alla sua automobile, il Signor Cullison entra in una taverna e telefona alla moglie, che lo informa della terribile situazione. Dopo averle suggerito di prendere la pistola nella scrivania (che però è scarica), i due coniugi vengono interrotti da uno dei ladri che taglia il filo del telefono. Quindi il Signor Cullison e alcuni avventori della taverna prendono un carro da una comunità di zingari lì vicino e corrono verso casa. Nel frattempo i ladri hanno superato la barricata e sono entrati anche nella seconda stanza, fermati proprio mentre stanno aggredendo la Signora Cullison e le figlie. Il film termina con un abbraccio consolatorio della famiglia, finalmente riunita. Due possibilità di montaggio alternato Nel montaggio alternato le due azioni possono scorrere parallelamente senza mai incontrarsi oppure convergere in un unico punto, come accade nello schema dell’inseguimento (alternanza fra inseguitori e inseguiti) e in quello del last minute rescue di Griffith (alternanza fra personaggi in pericolo e “spedizione di soccorso”). Vediamo alcuni esempi... Il padrino (The Godfather, 1972) di F.F. Coppola «Il climax di questa sequenza è giocato su un uso estremamente significativo del montaggio. Gli omicidi del gangster sono infatti alternati alle domande e alle immagini del prete che chiede al protagonista di rinunciare a Satana, alle sue opere e ai suoi peccati. A ogni domanda e a ogni risposta ecco seguire uno degli omicidi degli uomini di Corleone. Il contrasto drammatico fra le due situazioni non potrebbe essere maggiore. Eppure attraverso quest’alternanza, che è anche una messa in relazione, non può non assumere un’esplicita funzione semantica nel suo finire col denunciare certe forme di connivenza e complicità fra mafia e chiesa». Rondolino – Tomasi Schindler’s List/matrimonio e violenza Il braccio violento della legge Un’alternativa al montaggio alternato Lo split screen/Schermo diviso Si tratta di una tecnica che offre una possibile alternativa al crosscutting. In pratica, l’immagine viene a essere divisa in due o più settori che mostrano delle azioni in atto contemporaneamente. Indiscreto (Indiscreet, 1958) di S. Donen Le due sorelle (Sisters, 1973) di B. De Palma Kill Bill (2003) di Q. Tarantino Lo strangolatore di Boston Dodicesimo argomento Il montaggio narrativo/invisibile/analitico Il “Découpage classico” Con l’espressione “cinema americano classico” (o “età d’oro di Hollywood”) si intende un periodo della storia della cinematografia statunitense databile tra il 1917 e i primi anni Sessanta. Da ricordare... N.B.: La nozione di “cinema americano classico” non sottintende, però, soltanto l’idea di un certo stile formale, ma anche l’idea di una fase della storia dell’industria cinematografica americana caratterizzata da un particolare tipo di organizzazione produttiva. Primo pilastro: Lo studio system «La “fabbrica dei sogni” [...] ha costituito non soltanto una potenza economica e uno strumento politico e propagandistico fondamentale, [...], ma anche oggettivamente una produzione culturale che, al di là dell’american way of life, ha diffuso forme narrative, schemi iconografici che hanno permeato la cultura del secolo scorso, raggiungendo un equilibrio, una coerenza e una riconoscibilità che ne fanno un riferimento e un modello in qualche modo classico». Giulia Carluccio IL RACCONTO CINEMATOGRAFICO CLASSICO Il cinema americano classico si è sempre retto su una precisa idea di racconto. Lo stesso stile classico si conforma a questo particolare modello narrativo. Tale modello narrativo coincide con una narrazione forte basata su _ un narratore che guida la storia _ accadimenti legati fra loro da precisi rapporti di causa-effetto _ un contesto ambientale precisamente delineato _ personaggi coincidenti con ruoli e tipi ben definiti _ double plot (=l’intreccio di due linee narrative che riguardano i personaggi principali all’interno del medesimo film). Secondo pilastro Il sistema dei generi La trama, o plot, che risulta dominante decreta il genere in cui il film si inscrive; Ogni genere presuppone dei ruoli ricorrenti, in base ai quali si struttura il sistema complessivo dei personaggi (ovvero le relazioni tra i personaggi principali, tra quelli secondari...) all’interno dell’azione; Carattere e psicologia del personaggio devono essere essenzialmente funzionali all’intreccio. narrativo. Terzo pilastro Lo star system Oltre al sistema dei generi, il personaggio classico dipende fortemente anche dallo star system. In altre parole, da un certo divo/diva ci si aspetta un certo personaggio. Le star confondono la loro personalità divistica con i personaggi che sono chiamati a mettere in scena. N.B: Dunque, il cinema hollywoodiano classico si basa su una sostanziale sistematicità e su una sostanziale prevedibilità. Questo tipo di narrazione si fonda sul découpage invisibile che è alla base del linguaggio cinematografico classico. Stile e racconto si compenetrano tra loro producendo quell’inconfondibile universo narrativo in cui lo spettatore è chiamato a immergersi come in un sogno, identificandosi con i personaggi e lasciandosi avvincere dalla narrazione. Attraverso una serie di regole di scrittura edi rappresentazione, il cinema classico mira infatti a produrre un fortissimo effetto di identificazione spettatoriale. L’effetto di invisibilità rice