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2024
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This document analyzes different approaches to studying film, like economic, technological, sociological, critical, and historical perspectives. It explores key concepts such as the frame, the relationship between the frame and the outside-of-frame (fuori campo) elements of a film, the material aspect of films, and the influence of technology on film production and evolution, starting from the early days of cinema.
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ANALISI DEL FILM LEZ. 0 – 14.10.2024 I VARI APPROCCI ALLO STUDIO E ALL’INSEGNAMENTO DEL CINEMA APPROCCIO ECONOMICO → il cinema non è solo una tecnica o un mezzo di espressione/intrattenimento, ma anche un’industria suddivisa in tre grandi settori: 1. PRODUZIONE: realizzazione mater...
ANALISI DEL FILM LEZ. 0 – 14.10.2024 I VARI APPROCCI ALLO STUDIO E ALL’INSEGNAMENTO DEL CINEMA APPROCCIO ECONOMICO → il cinema non è solo una tecnica o un mezzo di espressione/intrattenimento, ma anche un’industria suddivisa in tre grandi settori: 1. PRODUZIONE: realizzazione materiale del film 2. DISTRIBUZIONE: dare/noleggiare il film alle sale (dai produttori agli esercenti) 3. ESERCIZIO: proiezione del film nelle sale (esercenti) Studiare il cinema dal punto di vista economico significa studiare le trasformazioni subite dall’industria cinematografica nel tempo. Per esempio, nel periodo del Hollywood classica il mercato era dominato da 8 grandi società di produzione finalizzare alla produzione di opere cinematografiche (MGM, Paramount, Universal Pictures, United Artists e Fox, RKO, Warner Bros. e Columbia Pictures Corporation). Negli anni 80 e 90 del 900 pur conservando le stesse denominazioni e gli stessi loghi, queste grandi case di produzione vengono assorbite da grandi corporation mediate di cui il cinema è solo uno dei tanti settori. Uno fra questi è l’acquisto della Colombia Pictures dalla Sony. APPROCCIO TECNOLOGICO → Il cinema è stato reso possibile, alla fine del XIX sec., dall’invenzione della macchina da presa, un mezzo di espressione capace di registrare il movimento, che nel corso del tempo si è evoluta. Le invenzioni hanno avuto conseguenze nel piano estetico, modificando anche l’aspetto dei film indipendentemente dai loro autori. APPROCCIO SOCIOLOGICO → studia il rapporto fra il cinema e la società che può essere inteso in due modi: 1. Film come rappresentazione delle dinamiche sociali presenti in un determinato moemnto storico --> CINEMA COME SPECCHIO DELLA SOCIETA’ 2. Cinema come mezzo di diffusione, di amplificazione di valori, usi e costumi, linguaggi, modelli di comportamento collettivi. --> questa si riscontra nel dibattito di film violenti che secondo alcuni spingerebbe alcuni all’emulazione, mentre per altri rappresentano la violenza presente nella nostra società. APPROCCIO CRITICO-AUTORIALE → è un approccio tipico della storiografia e critica cinematografica tradizionale che considera il cinema come un arte al pari della letteratura, concentrando la propria attenzione sulle correnti, tendenze, movimenti che si sono sviluppati nel corso della storia del cinema o ai suoi autori e le loro opere. 1 APPROCCIO LINGUISTICO FORMALE → il cinema nasce come un mezzo meccanico di riproduzione del reale nei suoi aspetti visivi, trasformandosi in un linguaggio dotato di codici e sistemi di significazione specifici. Es. la dialettica tra immagine cinematografica e testo scritto, alternanza tra quadrature soggettive e oggettive. Questo approccio era tipico della semiotica o semiologia del cinema, molto diffusa nella secondo metà del 900. Essa si occupava del cinema come mezzo di comunicazione e come linguaggio audiovisivo. Ha avuto un ruolo molto importante dalla sua nascita perché ha posto l’accento sulla domanda “in che modo un film significa?” APPROCCIO FILOLOGICO → studia i testi filmici allo scopo di ricostruirli nella loro forma originaria. Esso si interessa al film inteso come testo APPROCCIO STORICO → è l’approccio più generale e globale che riesce a combinare, nei casi migliore, tutti gli approcci precedenti. Vi sono tre possibili articolazioni a cui il cinema può appartenere: 1. STORIA NEL CINEMA → i film possono essere fonti preziose di documentazione per lo storico al fine di comprendere una società passata. Anche i film di finzione possono documentare edifici o assetti urbanistici, aspetti della vita quotidiana, se sono girati in luoghi veri. 2. CINEMA NELLA STORIA → i film possono assumere un ruolo importante di propaganda politica come avvenne in diversi momenti della storia del ‘900 (es. periodo fascista in Italia, nella Germania Hitleriana). Il cinema può riflettere alcune emozioni o aspetti del periodo in cui il film viene girato (es. film girati in America dopo gli attentati dell’11/09/2001) 3. STORIA DEL CINEMA → prende come oggetto il cinema nella sua evoluzione, esso ha una storia piuttosto lu nga con una sua periodizzazione (es. periodo del muto, classico, moderno). Le storie del cinema più importanti risalgono nel dopo-guerra. A questo proposito occorre distinguere le storie generali del cinema o storie del cinema mondiali, da quelle settoriali o parziali e dedicate o a singole cinematografie nazionali (es. storia del cinema italiano) o a periodi di tempo circoscritti (es. storia del cinema italiano durante il fascismo). Come osserva Antonio Costa, una buona storia del cinema deve conciliare i vari tipi di approcci. 2 LEZ. 1 – 21.10.2024 Argomento 1 – IL FOTOGRAMMA o FRAME Il fotogramma è un concetto suggestivo e inafferrabile che riporta alla natura stessa del film come oggetto tangibile. -->foto del regista sovietico Eisen Stein che guarda attentamente il nastro con in mano delle forbici – gesto legato alla costruzione del film Il fotogramma riporta alla materialità del cinema, alla sua storia e preistoria. DEFINIZIONE 1 Il fotogramma è dato da ciascuna delle singole immagini fotografiche impresse su una pellicola cinematografica, che, riprodotte a una velocità tra i 16 e i 24 fotogrammi al secondo, producono l’illusione di un movimento continuo. 1 metro di pellicola equivalgono a 50 forogrammi FOTOGRAMMI DI UN FILM MUTO FOTOGRAMMI DI UN FILM SONORO: PISTA SONORA AL LATO DELL’IMMAGINE Composizione di una pellicola cinematografica: > PERFORAZIONI LATERALI corrispondoni ai buchi laterali, i quali permettono lo scorrimento nel momento in cui si aggrappano ai rulli dentellati della macchina di proiezione > GIUNTA LATERALE contiene la traccia audio della colonna sonora chiamatasi anche PISTA SONORA > FOTOGRAMMA (FRAME) quadratino che contiene le immagini a scorrimento > INTERLINEA (FRAME LINE) linea di separazione tra un fotogramma e l’altro 3 Il fotogramma è dunque l’unità più piccola di cui si compone un film (o più specificatamente l’unità più piccola di cui si compongone le diverse inquadrature che formano un film. Occorre dire, però, che frame e inquadrature non sono sinonimi in quanto l’inquadrature è un’unità superiore composta da più fotogrammi. Tuttavia, «ifotogrammi, ovvero quei quadri in cui è suddivisa la pellicola impressionata, rappresentano delle unità tecniche non espressive. Ciò che noi infatti vediamo sullo schermo non è il fotogramma, bensì un’immagine che nasce dalla proiezione di una serie di fotogrammi». DEFINIZIONE 2 Il frame, preso autonomamente rispetto alla concatenazione di immagini che compongono la pellicola di un film, non si discosta da una semplice fotografia. Ed è proprio a questo primo livello di riproduzione analogica che il cinema evidenzia i suoi legami con la tecnica fotografica. Ogni singolo frame contiene una porzione di immagine, un frammento di azione che solo in fase di proiezione sarà ricomposto come un unicum originando così l’illusione del movimento e componendosi in una inquadratura. «La velocità di svolgimento di un’azione e la durata complessiva di un film sono date innanzitutto dalla velocità di scorrimento (cadenza) dei frame per ciascun secondo (f./s) in fase di proiezione. --> prima del sonoro era di 16/18 f./s, mentre con l’avvento del sonoro la velocità è aumentata a 24 f./s. Inoltre, ogni fotogramma contiene entro i suoi bordi tutto ciò che il regista ha deciso di ritagliare della parte di realtà che ha davanti, il cosiddetto PROFILMICO. Ciò che si trova fuori si chiama FUORI CAMPO. PROFILMICO→ è un termine coniato da étienne Souriau (1951) ed intende tutto ciò che si trova davanti alla cinepresa pronto per essere filmato. Quindi: oggetti, volti, corpi, spazi interni ed esterni, prima della loro elaborazione cinematografica. → screen del film VIA COL VENTO (Gone with the wind) del 1939 di Victor Fleming. Gli elementi che compongono il profilmico sono: gli attori, al centro la protagonista; la scenografia i cui esterni sono stati editati in studio (teatro di posa). L’occasione è di un ritrovo dell’alta società. FUORI CAMPO → è tutto ciò che non viene mostrato dalla cinepresa, ma che esiste in quanto parte dello spazio, di cui l’inquadratura è solo una minima parte. Esso è dato da tutto ciò che si muove o si agita all’esterno o sotto la superficie delle cose (Pascal Bonitzer) Tutto il cinema nasce dal rapporto che vi è tra il profilmico e il fuori campo 4 Un regista che ha tanto lavorato sul fuori campo per creare tensione e paura è stato STEVEN SPIELBERG --> il film LO SQUALO. Nella prima parte lo squalo non appare mai e il primo omicidio di questo avviene nell’oscurità. Noi sappiamo che c’è una minaccia, ma non la vediamo perché non ci viene mostrata. L’uso del fuori campo a volte è accidentale. Nel caso di Spielberg, lo squalo è una presenza centellinata nacque da problemi tecnici. Un altro esempio di fuori campo lo troviamo da un regista austriaco che si trova agli antipodi di Spielberg, ovvero MICHAEL HANEKE con il film FUNNY GAMES (anni 90), il quale ha avuto 2 versioni: la prima austriaca e negli anni 2000 è stato effettuato un remake con interpreti americani. È un film con una narrazione violenta e perturbante con un uso intenso del fuoricampo. L’atto omicida non viene fatto vedere, ma solo gli effetti di tale azione. EFFETTO/FENOMENO PHI In base all’effetto PHI, la presentazione in rapida successione di una serie di immagini fisse verrebbe percepita dall’occhio umano come un unico elemento che si muove nello spazio. Prima di arrivare al cinema attuale dei fratelli Lumiere, sono stati creati una serie di strumenti o giocattoli. I più importanti: Joseph Plateau e il suo FENACHISTOSCOPIO → strumento ideato nel 1832 che si reggeva nel piacere di immagini fisse in movimento. La prima parte del termine “fenachistoscopio” deriva dalla radice greca φενακίζείν (phenakizein), che significa “ingannare” o “imbrogliare”, poiché si “inganna” l’occhio, dal momento che gli oggetti nei disegni sembrano muoversi. Funzionamento Due dischi: uno aveva finestre radiali equidistanti attraverso le quali l’osservatore poteva guardare il secondo, il quale conteneva una serie di immagini. Quando i due dischi ruotavano alla velocità corretta, l’osservatore poteva vedere l’animazione. William George Horner e il suo ZOOTROPIO → è l’inventore dello ZOOTROPIO. È uno strumento simile al fenachistoscopio e ideato nel 1834. Le immagini erano fisse, illustrate che riportano all’epoca dell’800. Il termine zootropio deriva dall’unione dei termini greci zoe (ζωή –“vita”) e tropos (τρόπός –“giro, volta”), con il significato approssimativo di “ruota della vita”. 5 Lo zootropio è caratterizzato da una serie di disegni che sono riprodotti su una striscia di carta posta all’interno di un cilindro dotato di feritoie a intervalli regolari. Grazie al fenomeno PHI la rapida successione di queste produceva l’illusione del movimento. -->collegamento tra il fotogramma e questi giocattoli ottici perché sfruttano il fenomeno phi per produrre il movimento L’immagine in movimento suscita una forte meraviglia motivo per il quale è un aspetto che il cinematografo sfrutterà a pieno nei suoi primi anni di vita. I film, alle origini, non producono una vera e propria narrazione, ma si limitano a mostrare immagini in movimento e non fisse, dando a livello psicologico l’idea di un dispositivo che sconfigge, in modo illusorio, la morte. Una figura importantissima e da ricordare è il prossimo inventore in quanto si è spinto oltre rispetto a quelli citati precedentemente. Charles-Émile Reynaud e il suo PRASSINOSCOPIO → il PRASSINOSCOPIO è stato ideato negli anni 70 dell’800, precisamente nel 1876. La parola prassinoscopio può essere tradotta approssimativamente come “osservatore in azione”, dal greco anticoπραξί-(πρᾶξίς “azione”) e scop-(σκόπός “osservatore”). Il prassinoscopio utilizzava una striscia di immagini applicate in cerchio sulla superficie interna di un cilindro girevole. Il prassinoscopio e lo zootropio sono strumenti simili, però nel prassinoscopio si aggiunge un elemento in più ovvero GLI SPECCHI. Possiamo dire, quindi, che è una versione più evoluta dello zootropio dove le feritoie sono sostituite da una serie di specchi posizionati a 45°, al fine di riflettere le immagini verso all’osservatore garantendogli una visione più chiara. Le strisce di carta che venivano applicate sul giocattolo ottico erano disegnato e se le estendiamo ricordano una pellicola cinematografica. Charles-Émile Reynaud e il suo TEATRO OTT ICO → Un passo avanti nelle sperimentazioni di Raynaud è il TEATRO OTTICO (1888). È uno strumento complesso caratterizzato da meccanismi di fruizione collettivi. --> esperienza vissuta da un gruppo e non dal singolo come fu per i giocattoli precedenti. Esso è un’evoluzione del prassinoscopio e consisteva di una serie di lastre di vetro, dipinte a mano, montate su bande di pelle. Ogni banda era collegata alle altre tramite nastri metallici forati agganciati all’ingranaggio di un tamburo ruotante, in modo da venire allineati alla lanterna del proiettore. Collegando le strisce di immagini a una coppia di ruote simili alle moderne bobine cinematografiche, Reynaud creò così una serie continua di immagini in movimento, svincolandosi dal limite delle dodici immagini del precedente sistema del prassinoscopio. 6 Il sistema del teatro ottico era dispendioso sia in termini di tempo sia in termini di fatica perché le lastre erano tutte dipinte a mano. Questo sistema era destinato a restare un’idea straordinaria, ma soppiantata da qualcosa di più moderno, economico e veloce. Tuttavia, il teatro ottico dà risultati significativi perché nel 1892 Raynaud lancia le PANTOMIME LUMINOSE. Esse sono dei brevi filmati (cartoni) che avevano un vero e proprio soggetto narrativo. Sono state realizzate, in totale, 5 pantomime luminose di cui 2 sopravvissute. Questo perché nel 1900 i fratelli Lumiere sbaragliano questo mercato con l’invenzione del cinematografo. Raynaud con l’invenzione del cinematografo, cade in depressione gettando queste pantomime nella Senna. Quelle rimaste si intitolano: PAUVRE PIERROT (1892) --> il soggetto è ispirato alla commedia dell’arte AUTOUR D’UNE CABINE (1894) --> il soggetto è balneare Circa negli stessi anni, si sviluppa in Gran Bretagna un’altra sperimentazione che ci riporta al fotogramma e al suo concetto: la CRONOFOTOGRAFIA Eadweard Muybridge e la sua CRONOFOTOGRAFIA Per quanto riguarda questo caso, vi è un esperimento messo in atto da Muybridge stesso. L’esperimento riguardava dei cavalli e prende il nome di THE HORSE IN MOT ION. Con questo esperimento avvenuto nel 1878 in un maneggio Muybridge fotografa con successo un cavallo in corsa utilizzando 24 fotocamere sistemate parallelamente lungo il tracciato che venivano azionate nel momento in cui gli zoccoli del cavallo colpivano il filo collegato alla macchina fotografica. Questo esperimento finì per correggere la rappresentazione pittorica che fino a quel momento era stata data del galoppo dei cavalli. Occorre ricordare però capire che il concetto di fotogramma è centrale per capire la differenza che vi è tra IL CINEMA DAL VERO e IL CINEMA DI ANIMAZIONE. CINEMA DAL VERO Il principio tecnico su cui si basa il cinema dal vero è la possibilità di riprendere la realtà in movimento per mezzo di un apparecchio (la cinecamera) che scompone il movimento reale in un certo numero di momenti statici (i fotogrammi), di norma 24 al secondo; e di ricomporlo, illusoriamente, per mezzo di un altro apparecchio (il proiettore), che proietta su uno schermo, in continuità, le immagini registrate sulla pellicola». il cinema che inventano i fratelli Lumiere. 7 CINEMA DI ANIMAZIONE Nel cinema di animazione la realtà da riprendere ‒ disegni, oggetti, pupazzi, argilla, plastilina e qualsiasi altro materiale ‒ è statica e non dinamica: la cinecamera ha la funzione di un apparecchio fotografico, a scatto singolo, fotogramma per fotogramma, e solo al momento della proiezione della pellicola gli oggetti ripresi si ‘animano’ (di qui l’espressione cinema di animazione)». Queste due forme di arte partono da un materiale diverso: nel cinema dal vero si parte dalla realtà in movimento, mentre nel cinema di animazione abbiamo una realtà statica e non dinamica in quanto è agita da disegni inorganici. Quando di parla di cinema di animazione è fondamentale parlare della TECNICA PASSO UNO (Stop-Motion/frame by frame). La tecnica passo uno è una tecnica che usa una particolare macchina da presa capace di impressionare un fotogramma alla volta. Dopodiché si sostituisce il disegno con uno che mostra una fase successiva (oppure si sposta l’oggetto), si fa un secondo scatto e così via… fino a realizzare fotogramma per fotogramma (frame by frame) tutto il film. È una tecnica molto antica che la si ritrova anche in film recenti che hanno caratterizzato il panorama contemporaneo. È spesso usata nei film d’animazione di Tim Burton come Nightmare before Christmas, La sposa cadavere, Frankenweenie e Conversation with Vincent. CINEMA DAL VERO CINEMA DI ANIMAZIONE 24 FOTGRAMMI SINGOLO FOTOGRAMMA RIPRODUCE SULLA PELLICOLA UN CREA UN MOVIMENTO CHE NON ESISTE MOVIMENTO GIÀ ESISTENTE NELLA REALTÀ NELLA REALTÀ, LAVORANDO SU OGGETTI STATICI (ES. DISNEY) 8 LEZ. 2 – 28.10.2024 Argomento 2 – Fermo immagine (Freeze frame) Il concetto fermo immagino o freeze frame riporta, in un certo qual modo al termine fotogramma. Il termine può essere scritto sia unito che separato, per quanto riguarda la lingua italiana. Il FERMO IMMAINE O FREEZE FRAME è una tecnica che procede per fotogrammi congelati e capaci di mostrare solo alcuni passaggi di un’azione. Questo tipo di congelamento operato sulla riproduzione di un movimento reale ha come scopo quello di rendere irreale la sequenza, di marcare la sua dimensione atemporale, oppure di scandire in modo dettagliato le varie fasi di un avvenimento --> denuncia la natura finzionale del film. Questa definizione, inoltre, sottolinea un altro concetto, ovvero che il fermo immagine non ci permette soltanto di vedere il singolo fotogramma bloccato, ma questo rimane qualcosa di non percepibile perché il freeze frame lavora su più fotogrammi congelati. Frame ≠ freeze frame Il fermo-immagine è ottenuto utilizzando diversi fotogrammi successivi sui quali è impressionata un’identica inquadratura. Soltanto attraverso una successione di fotogrammi identici si ottiene un fermo-immagine. Il freeze frame è un procedimento che all’interno del film può acquistare notevoli significati rispetto allo sviluppo del racconto. Esso, però, non è acquisizione immediata per quando riguarda il messaggio cinematografico, ma qualcosa che troviamo in una fase successiva alla nascita del mezzo audiovisivo. Si pensa che il primo fermo immagine della storia del cinema sia di ALFRED HITCHCOCK con un film muto che appartiene al cinema inglese, datato 1928, dal titolo CHAMPAGNE (It. TABARIN DI LUSSO) Regista inglese che comincia la propria carriera con il muto in UK per poi trasferirsi in USA dove lavora all’interno dell’industria hollywoodiana. TRAMA: Il film è una commedia e parla di una giovane ereditiera viziata che viene convinta dal padre di aver perso la sua fortuna, eredità e deve reinventarsi, accettando di vivere una vita comune. Nonostante le varie peripezie che la giovane si trova ad affrontare, il finale è felice. Il freeze frame qui lo si ha nel momento in cui il ballo diventa una foto incorniciata che la protagonista contempla da una vetrina. --> in questo punto del film, la protagonista rievoca ciò che è era accaduto nella prima parte del racconto: una sua partecipazione in una nave da crociera di lusso. Il freeze frame è inserito a circa ¾ del film, quando di norma deve essere inserito o all’inizio o alla fine del racconto. 9 CINEMA MODERNO --> cinema che nasce nella seconda metà del 900 e agito da registi europei. Con l’avvento del cinema moderno il freeze frame diventa un procedimento usato in modo estremamente attento e uno dei procedimenti più tipici per marcare il fatto che le opere si concludono in modo irrisolto o non chiaro. --> Il cinema del dopo guerra, lavora nel finale aperto. Uno degli epiloghi più famosi lo si trova al termine del lungometraggio d’esordio del regista francese François Truffaut dal titolo LES QUATRE CENTS COUPS (It. I 400 COLPI) del 1959. Questo film, insieme al film di Jean-Luc Godard dal titolo Fino all’ultimo respiro, è considerato il titolo che inaugura la stagione del Nouvelle Vague – stagione che sbaraglia procedimenti e convenzioni antiche, rappresentando novità -. Questo cinema è un cinema con opere estremamente personali. TRAMA: Nel cinema di Truffaut, l’autobiografia occupa un ruolo fondamentale, e nel suo primo lungometraggio egli racconta la propria infanzia, la quale è segnata da un rapporto difficile con la giustizia. L’opera si conclude con il protagonista che scappa dal riformatorio per vedere il mare, desiderio che ha sempre voluto realizzare. Lo sguardo del protagonista Antoine è molto enigmatico e il fermo-immagine pare intrappolare il giovane per sempre dentro al film. La soluzione adottata da Truffaut, riguardo al fermo immagine sul volto del protagonista, interpella la lettura stessa dello spettatore che può decidere come considerare l’epilogo. Ciò diventa una scelta ripresa anche da altri registri, che, comunque, si iscrivono nel cinema d’autore. Tra questi film troviamo, un film realizzato in America, ma lontanissimo dagli standard di Hollywood. Il film in questione è della regista BARBARA LODEN dal titolo WANDA del 1970. È stato dimenticato per molto tempo in quanto rivolta a una platea di intenditori e la regista era un’attrice. Lei stessa era la protagonista del suo film. Il film vince un premio importante al festival di Venezia, per poi ritornare “in corsia” negli anni 2000 grazie a delle opere letterarie. Il film conclude, come nel caso di “i 400 colpi”, con un freeze frame sul volto della protagonista. In questo caso, si parla più facilmente del finale come negativo, anche se rimane il senso di irrisolutezza. TRAMA: Il film parla della storia di una casalinga divorziata e senza la custodia dei figli. Inizia così la sua esistenza randagia on the road e per non essere costretta a diventare una prostituta si lega a un piccolo criminale con il quale tenta di portare a termine una rapina che finisce male. Lei si ritrova sola in un locale, in quanto il suo socio viene ucciso dalla polizia, e la sua vita ritorna alla deriva. --> critica al sogno americano. 10 Paradossalmente, questo film non piace alle donne, al pubblico femminista degli anni 70, considerandolo un’opera che non dava man forte alla causa in quando Wanda è vista come una perdente. Il freeze frame può anche essere usato con altre finalità quando inserito in conclusione del film. Per esempio, in un’opera che tratta sempre le sorti delle donne, ma non come nel caso di Wanda, dal titolo THELMA & LOUISE di RIDLEY SCOTT del 1991 parla di donne alla deriva che vanno incontro alla morte che poi risulta essere un trionfo. TRAMA: Le protagoniste sono due amiche che si vogliono concedere una vacanza. La prima sera, Thelma viene aggredita da un uomo che viene ucciso da Louise per proteggerla. Da questo momento, non volendo andare alla polizia si danno alla fuga con l’obiettivo di raggiungere il Messico, obiettivo che purtroppo non verrà portato a termine. Il film si conclude in modo straordinario grazie all’uso del fermo-immagine che ha il potere di rendere eterna la fuga di queste due donne. La fuga è vista come una fuga dalla convenzionalità della vita, ma anche come una fuga dal maschilismo. Ci sono film, in cui il fermo-immagine viene usato non alla fine, ma all’inizio per introdurre personaggi o per iniziare il film. Esempio: ROMEO + JULIET di William Shakespeare, il cui regista è Baz Luhrmann. Il film è del 1996, che vede come protagonista un giovane Leonardo di Caprio, ed è una rilettura in chiave post-moderna della tragedia shakespeariana. Nell’incipit il regista utilizza una serie di freeze frame per introdurre i vari personaggi della tragedia, inserendo una cornice ulteriore. TRAMA: Nel film ci troviamo all’interno di un servizio di telegiornale dove si parla della contesa tra Montecchi e Capoletti nell’immaginaria Verona Beach. Il fermo immagine non è solo uno STRUMENTO NARRATIVO, ma anche come STRUMENTO DI RIFLESSIONE TEORICA SUL CINEMA. Riguardo a ciò vi sono due opere che sono ottimi esempi: ESEMPIO 1. - Il film di DZIGA VERTOV dal titolo L’UOMO CON LA MACCHINA DA PRESA del 1929. TRAMA: Il film è un’opera che appartiene alla stagione del cinema sovietico d’avanguardia, nel quale viene immaginato un documentario nella Russia della fine degli anni 20. Parallelamente al racconto della quotidianità della Russia di quel periodo si vede narrativizzato il farsi stesso del film. È un film che riflette non solo sulla contemporaneità, ma anche riflette il film sul lavoro del regista. Ad un certo punto la riflessione auto-riflessiva viene esplicitata attraverso una serie di freeze frame. 11 Questo uso del freeze frame in chiave teorica è stato portato all’estremo da CHRIS MARKER con il film LA JETÉE (il molo in italiano) del 1962. È un mediometraggio francese e interamente composto da fotogrammi tant’è che viene definito un foto romàn. È un film di finzione che racconta una vicenda di fantascienza post-apocalittica, con la quale cerca di riflettere sullo statuto dell’immagine cinematografica. Con l’avvento digitale, il fotogramma è destinato a scomparire. LEZ. 3 – 04.11.2024 Argomento 3 – inquadratura (shot) Fotogramma = porzione più piccola del film non visibile allo spettatore INQUADRATURA o SHOT è l’unità più piccola che è visibile a occhio nudo all’interno di un film. È l’unità più vasta composta da un numero variabile di fotogrammi a seconda della sua lunghezza. Tomasi –Rondolino la definiscono come «l’unità di base del discorso filmico». Di fatto, si tratta di quella serie di immagini in movimento che compongono una pellicola cinematografica. Il termine inquadratura sottintende un concetto doppio. Possiamo intendere l’inquadratura secondo una: PROSPETTIVA SPAZIALE → porzione di spazio inquadrata di volta in volta dalla macchina da presa. È la porzione di realtà rappresentata da un certo punto di vista e delimitata da una cornice ideale costituita dai quattro bordi dell’inquadratura stessa. PROSPETTIVA TEMPORALE → segmento di pellicola impressionata ripreso in continuità e racchiuso fra due tagli di montaggio Operazione che unisce e mette in relazione fra loro le inquadrature sulla base di un progetto estetico, narrativo e/o semantico 12 Il montaggio non è l’unica operazione con cui il film può essere costruito. Una grande alternativa al montaggio è il PIANO SEQUENZA. Ad esempio, questa operazione è stata usata da Hitchcock nel film ROPE (it. Nodo alla gola), nel 1948, e che passerà alla storia come il film interamente costruito con una procedura anti-tecnica. Questa pratica del piano sequenza viene usata e ripresa nel corso della storia del cinema. Uno di questi è Birdman del 2014 di A.G. Iñárritu, considerato un vero tour de force da un punto di vista tecnico. LA CONCEZIONE SPAZIALE DELL’INQUADRATURA L’inquadratura è sempre frutto di scelte relative a due livelli: LIVELLO 1: - PROFILMICO → tutto ciò che si trova davanti alla macchina da presa e fa parte della storia narrata (es. ambienti, personaggi, oggetti) - MESSA IN SCENA (mise en scène) → organizzazione da parte del regista dei materiali di ogni inquadratura (es. scenografia, fotografia, recitazione, costumi). |--> somiglianza tra cinema e teatro. LIVELLO 2: → FILMICO → entrano in gioco quegli elementi che riguardano espressamente il cinema e che non hanno un corrispettivo in ambito teatrale. Essi sono i cosiddetti CODICI CINEMATOGRAFICI quali: SCALA DEI CAMPI SCALA DEI PIANO ANGOLAZIONI DIALETTICA IN CAMPO DIALETTICA FUORI CAMPO MOVIMENTI DI MACCHINA DIALETTICA OGGETTIVA DIALETTICA SOGGETTIVA Inquadrare non significa quindi soltanto riprodurre, ma è scegliere. Selezionare, mettere in evidenza gli elementi significanti, quelli che lo spettatore deve individuare. 13 SCALA DEI CAMPI E DEI PIANI La scala dei campi e dei piani è la diversa possibilità di ogni inquadratura di rappresentare un elemento profilmico da una maggiore o minore distanza. I film delle origini non erano caratterizzati da questo codice, ma presentavano tali caratteristiche: Unica inquadratura Cinepresa fissa e posizione frontale all’altezza dello sguardo i personaggi occupano uno spazio compreso fra una metà e i 2/3 dell’asse verticale dell’inquadratura. Tutte queste caratteristiche fanno parte del GRADO ZERO DEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO, ovvero le condizioni minime affinché un film possa esistere. Il cinema come forma d’espressione autentica e originale nasce quando si incomincia a variare, attraverso il montaggio o i movimenti di macchina, la distanza e l’angolo di ripresa della cinecamera nel corso di una stessa scena. L’inquadratura […] non implica solo uno spazio profilmico ma anche un punto di vista, quello della macchina da presa, attraverso cui questo spazio è visto, ripreso e, di conseguenza, mostrato allo spettatore. SCALA DEI CAMPI → sono le inquadrature dove l’ambiente predomina sulla figura umana SCALA DEI PIANI → solo le inquadrature dove la figura umana predomina sull’ambiente Ci sono varie figure che entrano a far parte di questo codice cinematografico: CAMPO LUNGHISSIMO (CLL) o extreme long shot (ELS) --> è un tipo di inquadratura che abbraccia una porzione di spazio particolarmente estesa. Lo si trova spesso nei cinema western dove il paesaggio occupa una dimensione alquanto importante. ESEMPIO FILM: PER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ di SERGIO LEONE del 1965 dove si può vedere un’inquadratura ampia che presenta un paesaggio western. CAMPO LUNGO (CL) o long shot (LS) --> è un’inquadratura di ampie proporzioni, dove i personaggi e l’azione sono tuttavia più riconoscibili di quanto non lo siano nel campo lunghissimo. ESEMPIO FILM 1: IL SETTIMO SIGILLO DI INGMAR BERGMAN del 1957. La dimensione paesaggistica rimane ad essere predominante, ma si inizia a percepire la figura umana. ESEMPIO FILM 2: LA NOTTE di MICHELANGELO ANTONIONI del 1971, dove predomina l’ambiente, ma le figure umane sono percepite. 14 CAMPO MEDIO (CM) o medium long shot (MLS) --> Ristabilisce un certo equilibrio nei rapporti tra ambiente e figura umana dal momento che questa occupa circa un terzo o metà della verticale dello spazio rappresentato. ESEMPIO FILM: AMORE E GUERRA di WOODY ALLEN del 1975 FIGURA INTERA (FI) o full shot (FS) --> è la prima di quelle inquadrature che affermano la centralità del personaggio e il suo predominio rispetto all’ambiente. Questa è la ripresa tipica del film delle origini e non è mai stata abbandonata. PIANO AMERICANO (PA) o cowboy shot (CS) --> è l’inquadratura dalle ginocchia in su. Il genere nasce nell’ambito del west in quanto serviva per mostrare la fondina nel momento in cui il personaggio estraeva la pistola. MEZZA FIGURA (MF) o medium shot (MS) --> è l’inquadratura che prende il personaggio dalla vita in su. MEZZO PRIMO PIANO (MPP) o medium close up shot (MCU) --> è l’inquadratura che vede il personaggio dal petto in su. ESEMPIO FILM: Joker. PRIMO PIANO (PP) o close up (CL) --> è l’inquadratura che vede il personaggio ripreso dalle spalle in su. ESEMPIO FILM: SUNSET BOULEVARD (viale del tramonto) di BILLY WILDER del 1951. PRIMISSIMO PIANO (PPP) o extreme close up (ECU) --> è l’inquadratura dove viene ripreso solo il volto umano del personaggio. Il volto pare tagliato sulla fronte e sul mento, in quanto vi è una concentrazione intensa sugli occhi, naso e bocca del personaggio. IL PARTICOLARE o insert (INS) --> inquadratura che si riferisce a una parte del volto o del corpo umano. ESEMPIO FILM: LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE (VERTIGO) di Alfred Hitchcock del 1959. Vi è una scena dove la macchina da presa si concentra sullo chignon a forma di spirale del personaggio. DETTAGLIO o insert (INS) --> riguarda il piano ravvicinato di un determinato oggetto. ITALIAN SHOT o inquadratura all’italiana --> è l’inquadratura che mostra gli occhi di un personaggio, tagliando sia la parte superiore della testa che la bocca. Questo tipo di inquadratura la si trova maggiormente nei western all’italiana. 15 ESEMPIO: IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO di Sergio Leone del 1966. È un film western il cui duello finale contiene: cowboy shot, italian shot, campo lungo, il dettaglio, primo piano, primissimo piano, il particolare e mezza figura. A questo elenco si può aggiungere: o CAMPO TOTALE o il totale --> il cui scopo è rappresentare per intero, o quasi, un ambiente ‒ un interno o un esterno circoscritto – e in particolare di introdurre tutti i personaggi che prendono parte alla scena rappresentata. Talvolta può aprire una sequenza per mostrarci lo spazio in cui essa si svolgerà e i personaggi che prenderanno parte all’azione. o ESTABLISHING SHOT o piano di ambientazione --> è l’inquadratura posta all’inizio del film o di una singola sequenza che ci mostra il luogo in cui si svolgerà l’azione successiva. ESEMPIO FILM: PSYCO di Hitchcock del 1960 ci mostra la città in cui si svolge la prima parte dell’azione del film. La scala dei campi e dei piani costituisce una schematizzazione e astrazione dove la figura umana centrale nel processo della rappresentazione filmica. All’interno del cinema narrativo classico è infatti proprio in rapporto ai personaggi che, il più delle volte, si organizzano i parametri costituitivi dell’inquadratura. --> il cinema narrativo organizza le proprie inquadrature al modo in cui i personaggi portano avanti l’azione. Marc Vernet afferma che non soltanto il personaggio è il centro della finzione ma è anche il garante dell’immagine perché è sempre attraverso lui che comincia la lettura dell’immagine. Egli è nel film colui che dà senso alle immagini, rispetto alle quali ha funzione di ancoraggio. L’inquadratura che più attesta il protagonismo del personaggio è il PRIMO PIANO in quanto noi riconosciamo il personaggio stesso al viso. ALCUNE RIFLESSIONI SUL PRIMO PIANO E SUL LAVORO DELL’ATTORE NEL CINEMA Le reazioni del pubblico e della critica riguardate al primo piano erano molto perplesse in quanto questo codice era alquanto anomalo. Non si era soliti a vedere il volto così protagonista. Esso andava a rompere la riproduzione naturalistica del corpo umano, andando a rendere enorme il volto dell’autore. Nei primi film in cui compare il primo piano, infatti, la figura non è usata in modo naturalistico, ma comprare all’interno di un racconto irreale, fantastico. ESEMPIO 1. 16 THE BIG SWALLOW (it. Il grande boccone) di JAMES WILLIAMSON del 1901. In questo film abbiamo un personaggio che è importunato da un operatore cinematografico che lo vuole riprendere e allora lui inghiotte l’operatore. --> primo piano usato in modo scherzoso e macabro. L’HOMME A LA TETE EN CAOUTCHOUC (it. L’uomo dalla testa di caucciù) di George Méliès del 1902. Il primo piano è visto sotto una cornice irreale, scherzosa. Per realizzare il trucco dell’ingrandimento della testa, per il quale questo film è famoso, Méliès escogitò un sistema geniale; eppure, bizzarro: egli costruì un carrello, ma non per muovere la cinepresa, bensì per muoversi verso di essa. Durante questa scena, Méliès sta seduto a un tavolo posto su una piattaforma mobile, ciò che noi vediamo solo la sua testa che sbuca da un telo nero. Quando il carrello si avvicina alla cinepresa, la testa si ingrandisce, quando si allontana, la testa rimpicciolisce. Sinossi: Méliès è nel suo laboratorio e da una scatola estrae una copia in miniatura della propria testa, la pone su di un ripiano dotato di un tubo, prende un soffietto e comincia a gonfiarla come fosse un palloncino. La testa cresce a dismisura fino a che il suo possessore non decide di rimpicciolirla di nuovo, chiamato un suo assistente e lo invita a ripetere l’esperienza. Il nuovo arrivato, però, non si rende conto di quanta aria stia facendo arrivare alla testa e finisce col farla esplodere. Méliès furibondo caccia a calci nel sedere il malcapitato, poi si abbandona alla disperazione Quel che i due film ci insegnano è molto semplice: il primo piano, figura perturbante ed estranea all’enciclopedia dello spettatore cinematografico dell’epoca, sembra poter esistere solo in mondi in cui era possibile gonfiare a piacere la propria testa come fosse uno pneumatico o divorare d’un sol boccone un operatore e la sua cinepresa Un po’ alla volta si inizia a comprendere che il primo piano può essere usato anche per altri scopi. Inizia a esserci posto per una narrazione più realistica. Tuttavia, vi è la difficoltà di capire in che modo inserire il primo piano nel flusso complessivo del film. Nel film THE GREAT TRAIN ROBBERY (it La grande rapina al treno) di EDWIN PORTER del 1903, non abbiamo più una narrazione irreale e fantastica dettata dal primo piano, ma viene usato all’inizio e alla fine del film con una funzione spettacolare. Nel catalogo Edison viene scritto che il primo piano di Barnes è fatto nel momento in cui egli guarda e spara sugli spettatori. Il primo piano, però, nel corso degli anni ’20, questa tipologia di inquadratura inizia ad essere usata in modo più massiccia. Esso inizia a essere usato in modo più naturalistico per mostrare i sentimenti del personaggio, le sue evoluzioni psicologiche, il modo che ha di percepire il farsi 17 della storia, il modo in cui lui porta avanti la storia stessa attraverso la propria volontà. --> si vuole sollecitare un forte coinvolgimento del pubblico. Un esempio importante, per quanto riguarda questo uso di primo piano, lo abbiamo con il film LA PASSION DE JEANNE D’ARC (it. La passione di Giovanna d’Arco) di THEODOR DREYER del 1927. I primi piani rivestono un ruolo di grande femminilità. È un film costruito praticamente solo di PRIMI PIANI e PRIMISSIMI PIANI. L'effetto è sorprendente: il volto cessa si colpire per la sua vicinanza alla camera (e quindi al pubblico) e diviene una sorta di paesaggio da esplorare con partecipazione. Il viso di Giovanna, interpretata da una intensa Renée Falconetti "racconta" la sua storia, senza la necessità di più ampie inquadrature d'ambientazione. Il film, oggi è considerato un grande capolavoro della storia del muto, viene, da un lato, molto ammirato dalla critica del tempo, ma dall’altro lato, viene accusato di essere sgradevole proprio per la presenza così massiccia dei primi piani. Parallela a questa discussione sul primo piano pone, negli ’20, dei problemi sulla recitazione dell’attore di cinema, in quanto deve adottare una recitazione commisurata all’occhio meccanico che lo guarda in modo anche invadente. ESEMPIO: SOULS FOR SALE di RUPERT HUGHES del 1923. Il film racconta la giovane mitologia hollywoodiana che fugge dal matrimonio e che viene adottata da una troupe cinematografica dove lavora come semplice comparsa, per poi sottoporsi a un provino comico, ma con esisti disastrosi Questo film riflette in modo straordinario una riflessione che un grande teorico della storia del cinema BÉLA BALAZS formula rispetto al problema della recitazione nel cinema muto. “È evidente che nei film in cui basta un movimento quasi impercettibile per esprimere una grande passione, nei film in cui il battere d’un ciglio può rivelare la tragedia di un’anima, i gesti eccessivi e le smorfie sguaiate riescono insopportabili. […] Sulla «naturalezza» dell’espressione vigila spietatamente la macchina da presa: essa svolge, a distanze così ravvicinate, la funzione di un vero e proprio microscopio. […] Anche al migliore degli attori, il regista raccomanda, al momento di girare un primo piano: «Non reciti, per carità. Non faccia nulla. Esprima quello che sente. Basta ciò che dice, spontaneamente, il suo volto». --> Viene sottolineata come sia sgradita una recitazione troppo calcata, per il fatto che l’attore è ripreso da vicino rispetto al teatro dove l’attore viene visto a distanza. Anche WALTER BENJAMIN, nel suo saggio L’OPERA D’ARTE ALL’EPOCA DELLA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA, attua una riflessione riguardo alle pretese che impone la macchina da presa all’attore 18 cinematografico. Egli allarga il quadro della sua riflessione rispetto a Balazs, sostenendo che oltre allo sguardo, l’attore non recita davanti a un pubblico, ma si deve rivolgere alla macchina da presa. «L’attore cinematografico, infatti, non recita davanti a un pubblico, ma davanti a un’apparecchiatura. […] Recitare sotto la luce dei riflettori e contemporaneamente soddisfare le esigenze poste dal microfono, è una prestazione di verifica di primissimo piano. Rappresentarla significa saper conservare la propria umanità dinnanzi all’apparecchiatura. […] Al film non importa tanto che l’interprete presenti al pubblico un’altra persona, quanto che egli presenti sé stesso di fronte all’apparecchiatura». --> l’attore di cinema deve riuscire a conservare la propria umanità anche se si trova a recitare davanti a un ordigno meccanico, presentando sé stesso, la propria umanità e non un personaggio. Il cinema, ancora nella fase del muto, riflette sui rischi della recitazione cinematografica, già gravata dalla mancanza della parola. Un altro film che riflette su questo tema è MASCHERE DI CELLULOIDE di KING VIDOR del 1928. Esso racconta una storia molto simile a quella di “souls for sale”, ma rovesciata. È uno degli ultimi film hollywoodiani muti. La protagonista è una ragazza che vuole diventare attrice e sostenuta dal padre raggiunge Hollywood. Il problema è che lei non è portata per i film seri, bensì per quelli comici. Nel corso della storia del cinema, il primo piano è diventato un espediente tipico, utilizzato abitualmente nel film, dove spesso viene usato come SPECCHIO DELL’ANIMA per mostrare l’interiorità del personaggio in cui si trovano i sentimenti della persona. Vi è una scena del film VISKNINGAR OCH ROP (it. Sussurri e grida) di INGMAR BERGMAN del 1972 dove abbiamo un momento meta- cinematografico. Il film pare interrompere la propria narrazione per attivare una riflessione sui poteri e limiti del primo piano. L’uomo legge il corpo della donna come un abbattimento morale che sta colpendo il personaggio femminile. La scena mette in crisi l’idea che il primo piano riveli l’interiorità del personaggio. Qui, abbiamo anche un primissimo piano. È l’analisi fredda e impietosa a conferire a questo momento un valore perturbante. Rondolino e Tomasi hanno proposto una schematizzazione dell’inquadratura di questa scena. Il primissimo piano si articola in 4 diversi quadri che corrispondono ai vari aspetti drammatici su cui il quadro è costruito: → PPP DEL DOTTORE --> attua un’introduzione, dove invita Maria a recarsi allo specchio → PPP DI MARIA --> sentiamo la descrizione del viso di Maria → PPP DI MARIA E DELLA BOCCA DEL DOTTORE --> il dottore interpreta i lineamenti ed elementi dando un significato morale negativo. 19 → PPP DI MARIA E DEL DOTTORE --> Maria prende la parola confutando l’interpretazione - CONTROINTERPRETAZIONE. “tu li vedi in me perché li hai già dentro di te” – il soggetto umano non può interpretare ciò che sta nell’altro se non ce li ha già lui stesso. La parola cambia la realtà. È lo spettatore ad avere l’ultima parola sulla natura morale dei due personaggi e del loro rapporto. Questo modo di lavorare può ricordarsi un po’ il finale di “I 400 COLPI” di Truffaut, dove è lo spettatore a decidere il finale del personaggio maschile. LEZ. 4 – 11.11.2024 Argomento 4 – Le angolazioni e inclinazioni di ripresa ANGOLAZIONE DI RIPRESA --> è quel fattore che determina un modo sempre diverso di rappresentare lo spazio allo spettatore. Per capirci meglio, dobbiamo immaginare «che il soggetto sia al centro di un reticolo sferico che si estende tutto intorno a lui e sul quale sono posizionati tutti i possibili punti di ripresa. Sul globo terrestre ogni punto è definibile da due coordinate, il meridiano e il parallelo. Allo stesso modo sul reticolo intorno al soggetto ogni punto di ripresa è definito da angolazioni verticali e orizzontali. ANGOLAZIONI ORIZZONTALI: la macchina da presa compie un percorso circolare attorno al personaggio in senso orizzontale. Di questa angolazione fanno parte: 1. ANGOLAZIONE FRONTALE --> ES. la donna che visse due volte (Vertigo) di Hitchcock del 1959. In questa angolazione la camera e il soggetto sono uno di fronte all’altro. Nel caso di un piano ravvicinato vediamo ogni parte del volto. È una angolazione che corrisponde alla posizione di quando si parla ad una persona nella vita di tutti i giorni. → DI TRE QUARTI A DX O A SX --> si mostra una parte del viso del soggetto che non suscita grande interesse (capelli, orecchio). Inoltre, la linea dello sguardo del personaggio non incontra il pubblico. Le conversazioni sono spesso riprese di tre quarti. ES. Intrigo internazionale (North by Northwest) di Hitchcock del 1959. 2. DI PROFILO A DX O A SX --> ES. la donna che visse due volte (Vertigo) di Hitchcock del 1959. Il profilo rimanda sempre a qualcosa che si trova fuori campo e relega la parte espressivo del volto ai margini. → DI TRE QUARTI DI SPALLE --> ES. il Gladiatore di Ridley Scott del 2000. 20 Nell’angolazione tre quarti di spalle il volto è quasi del tutto nascosto. Di solito la si utilizza quando l’attenzione è concentrata o sarà concentrata su ciò che il personaggio sta vedendo davanti a sé. → DI SPALLE --> Il soggetto viene visto da dietro e il suo volto è celato. L’attesa viene prolungata mostrandolo di spalle. Spesso la si usa per drammatizzare l’entrata in scena del personaggio. ES. NOTORIOUS – L’AMANTE PERDUTA (Notorious) di HITCHCOCK del 1946. --> è una spy story ambientata nel secondo dopo guerra e racconta di una figlia di un criminale nazista (Ingrid Bergman – attrice svedese) che viene giustiziato negli Stati Uniti e non condividendo gli ideali del padre, viene assunta per fare la spia in un covo di nazisti ritirati in Brasile. A lavorare con lei vi è Cary Grant. Il personaggio femminile, qui, è già connotato, mentre l’apparizione del personaggio maschile è ritardata. --> vale sia su un piano narrativo, ma anche come riconoscenza dell’attore famoso, che porta qualcosa in più. SUSPANCE --> parola chiave nei film di Hitchcock. A proposito dell’uso della ripresa di spalle, Marie Anne Guerin afferma che mettere in scena l’opacità del personaggio, quindi dell’attore, è una scommessa del cinema che ha ispirato Hitchcock. Filmare di spalle è uno dei modi di annunciare la doppiezza, il turbamento e l’inaccessibilità di un personaggio, di mettere in scena un segreto o quello che può essere l’oggetto di una rivelazione. Di spalle, l’attore è un blocco di silenzio, una figura solitaria che preserva il proprio spazio. L’inquadratura di spalle può anche riprendere un personaggio femminile come nel caso di MARNIE di HITCHCOCK del 1964. L’inquadratura l’abbiamo nella scena di apertura per introdurre il personaggio femminile (Marnie), una figura misteriosa che si nasconde dietro diverse identità in quanto segnato da un trauma segnato dall’infanzia che genera dei loop differenti. Questa inquadratura ha avuto una grande fortuna, in quanto è molto suggestiva come per il concetto di fuori campo. Vi è un rapporto tra visibilità e invisibilità che caratterizza il cinema in quanto linguaggio. I film di Hitchcock riguardano un po’ la storia del cinema della Hollywood classica; tuttavia, possiamo trovare questo utilizzo molto marcato anche nel cinema moderno nell’ottica di molti registi europei come Sussurri e Grida, ma anche in Francia con la Nouvelle Vague in particolare con Jean-Luc Godard ES. VIVRE SA VIE (it. Questa è la mia vita) di JEAN-LUC GODARD del 1962. Ci sono due personaggi che si trovano in un caffè e ciò che colpisce è la nuca del personaggio. Un altro esempio proviene dal finale di IN THE MOOD FOR LOVE di WONG KAR-WAI del 2000. è un melodramma e nel finale, privo di dialogo, abbiamo un personaggio maschile che si incammina in un tempio e consegna il suo più grande segreto in una delle crepe delle antiche pareti. 21 Il prologo del INTERIORS di WOODY ALLEN del 1978 riassume le varie angolazioni orizzontali. È un prologo in cui ritroviamo tante angolazioni soprattutto di profilo, in cui predomina il silenzio. È un film drammatico dove si affrontano vari temi importanti quali depressione e suicidio. Gli ambienti, in questo film, hanno molta importanza. ANGOLAZIONI VERTICALI: la macchina da presa compie un percorso circolare (o semicircolare) attorno al personaggio in verticale. Qui troviamo: → A PIOMBO o ZENITALE --> è una tecnica frequente nei film di Martin Scorsese. Con questa inquadratura, la macchina da presa guarda il soggetto completamente dall’alto. Un’angolazione inusuale che può sottolineare il dramma di un momento o anche esaltare un paesaggio. Es. scena quasi finale di TAXI DRIVER di MARTIN SCORSESE del 1976 o L’ETÀ DELL’INNOCENZA di MARTIN SCORSESE del 1993 dove l’inquadratura mostra le coppie che ballano durante un party. → DALL’ALTO o PLONGÉE --> La macchina da presa sovrasta l’oggetto con una visione dall’alto. Sono spesso abbinate a momenti di tensione o forte emozione. Serve anche a descrivere la diversa dislocazione spaziale dei personaggi, ad esempio in una sequenza in cui seguiamo i comportamenti di più gruppi di persone ES. PIC-NIC AD HANGING ROCK (il lungo pomeriggio della morte) di PETER WEIR del 1975. Le figure femminili sono addormentante in un campo in Australia. Si vuole sottolineare la vulnerabilità della figura femminile Es. THE TRUMAN SHOW di PETER WEIR del 1998 Es. L’incipit di AMERICAN BEAUTY di SAM MENDES del 1999. Il film inizia con un’inquadratura dall’alto per introdurci il luogo in cui abita il personaggio maschile. Tale inquadratura è accompagnata anche dalla voce del personaggio stesso. Vi anche una inquadratura zenitale. → ORIZZONTALE o NEUTRA --> La macchina da presa è posta alla stessa altezza dell’oggetto ripreso. Corrisponde alla maniera usuale con cui si è soliti vedere nella vita reale, all’altezza degli occhi. Viene usata per rappresentare il punto di vista di una persona. ES. IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO di SERGIO LEONE del 1966. → DAL BASSO o CONTRE-PLONGÈE --> La macchina da presa è posta al di sotto dell’oggetto ripreso con un’immagine dal basso. L’angolazione fortemente dal basso [può suggerire] l’impressione di uno scontro, di violenza. Queste riprese sono solite dei film di Orson Welles. 22 ES. QUARTO POTERE di ORSON WELLES del 1941. Il film ha un importantissimo linguaggio tecnico, di cui molte sono le inquadrature dal basso, le quali servono a risaltare la figura dei personaggi e per sottolineare il potere dei personaggi stessi. → SUPINA --> è un’angolazione dal basso estremamente spinta, che corrisponde alla visione che si ha stando sdraiati e guardando verso l’alto. Queste angolazioni sono tipiche di STANLEY KUBRICK come ad esempio nel film SHINING. ES. DUEL di STEVEN SPIELBERG ADEL 1971. È un’opera completamente giocata tra campo e fuori campo. Il personaggio maschile deve fare un viaggio di lavoro fuori città, durante il quale, un camion inizia a tallonarlo quasi a volerlo uccidere. Ci sono due film, in particolare, che ricapitolano un pochino queste inquadrature: DOUBLE INDEMNITY (it. La fiamma del peccato) di BILLY WILDER del 1944. Gli elementi fondamentali qui sono: inquadratura plongée inquadratura contre-plongée in questo film vengono usate in modo sensibile per un film che appartiene al NOIR AMERICANO Genere che nasce negli USA nella prima metà degli anni ’40, quindi in concomitanza con la Secondo Guerra Mondiale. In realtà, il termine noir viene dato a posteriori dovuto alla tendenza che i film erano dei thriller e caratterizzati da un’atmosfera cupa, pessimista. La narrazione tipica di questi film è un personaggio maschile che si lascia irretire da una donna molto pericolosa e seduttiva che viene convinto a stabilire una relazione adulterina e a diventare complice in un piano criminale. Il personaggio noir femminile più tipico è la DARK LADY che vuole liberarsi del marito, facendola franca con la legge. PSYCHO (it. Psyco) di ALFRED HITCHCOCK del 1960. Nella scena del dialogo tra Norman e Marion vi è un uso efficace di alcune inquadrature, le quali sono uguali, ma opposte generando un senso di minaccia, minaccia che grava sulla donna. In questo dialogo abbiamo i due personaggi caratterizzati in maniera opposta. 23 ELEMENTI CHE CARATTERIZZANO MARION Marion è inquadrata in modo essenzialmente frontale, centrale e quindi alla sua altezza. Le inquadrature sono prive di angolazione. Le linee che caratterizzano la scenografia sono orizzontali e verticali. La tenda è un elemento verticale, mentre il divano è orizzontale. Il resto sono elementi “normali”. Il viso di Marion è sempre illuminato. ELEMENTI CHE CARATTERIZZANO NORMAN Norman non è mai in centro all’inquadratura, ma è laterale e la macchina da presa ha un’inquadratura bassa così come l’angolazione, la quale è anche ovale. Gli elementi scenografici disegnano delle linee oblique. Parte del volto di Norman è in parte illuminato e in parte in ombra. Gli stessi elementi scenografici appaiono minacciosi e inquietanti: uccelli impagliati, quadri di donne nude appese alla pareti. INCLINAZIONI DI RIPRESA L’inclinazione dipende dal rapporto tra la base del rettangolo dell’inquadratura e la linea dell’orizzonte. Ci sono 4 tipologie di inclinazione: INCLINAZIONE NORMALE O IN PIANO → la base giace su un piano parallelo all’orizzonte. Es. LADRI DI BICICLETTE di VITTORIO DE SICA del 1948 INCLINAZIONE OBLIQUA → la base interseca l’orizzonte. È un’inclinazione tipica dei film di spionaggio o del cinema noir. Es. NOTORIOUS di HITCHCOCK del 1946 oppure IL TERZO UOMO di CAROL REED del 1949. INCLINAZIONE VERTICALE → la base è perpendicolare all’orizzonte. Es. NOTORIOUS di HITCHCOCK del 1946. INCLINAZIONE CAPOVOLTA → la base è parallela, ma il quadro è capovolto. IN BREVE: 24 LEZ. 5 – 18.11.2024 Argomento 5 – inquadratura soggettiva/ point of view (POV) shot Nel cinema esistono due tipi di inquadrature: ⎯ INQUADRATURA OGGETTIVA (nobody’s shot) i personaggi e l’azione sono ripresi dall’esterno. Il punto di vista è neutro. L’inquadratura oggettiva […] corrisponde al punto di vista di nessuno, o anche punto di vista del narratore stesso, impersonale ed esterno all’azione. Lo spettatore, posto di fronte alla scena, dimentica la presenza della macchina da presa. Esempi ricorrenti di oggettive al cinema sono: 1. gli establishing shot (“totali” che servono a inquadrare complessivamente una situazione, inserendola in un contesto individuato), 2. i primi piani che si focalizzano sull’espressione degli attori, 3. le inquadrature frontali, 4. i campi/controcampi. ⎯ INQUADRATURA SOGGETTIVA (point of view shot) lo sguardo del personaggio coincide con la macchina da presa. Per soggettiva si intende un’inquadratura o un insieme di inquadrature che rappresentano sullo schermo ciò che vede un personaggio, come è supposto vederlo quel personaggio, cioè dal suo esatto punto di vista, rispettando distanza e direzione che lo separano da ciò che guarda. In una soggettiva noi vediamo quello che vede un determinato personaggio. Il punto di vista dell’istanza narrante, quello del personaggio e quello dello spettatore coincidono così in un unico sguardo. Si parla di una triplice coincidenza tra i vari punti di vista. ISTANZA NARRANTE --> entità astratta, al di fuori del mondo del racconto (diegesi), la cui funzione è avvertibile nel momento in cui le immagini o i suoi di un film son strutturati in modo tale da dar vita a una narrazione. Essa lascia intravedere il “progetto comunicativo” alla base del film scritto dall’autore. L’istanza narrante può manifestarsi ad esempio attraverso una voce (sia di un narratore esterno, sia di un personaggio) che ci guida nella comprensione del racconto oppure non si manifesta esplicitamente, ma la sua azione comunque è rintracciabile in altri elementi, come le immagini che ci vengono mostrate e il modo in cui ci vengono mostrate. Il regista, ovvero colui che decide come dar vita ad una storia […], organizza tutti gli elementi in modo tale da orientare in un certo senso la nostra comprensione del film. La soggettiva è qualcosa che non si è immediatamente manifestato nella storia del cinema, ma si è sviluppata progressivamente ed è poi diventata un modo comunicativo abituale. 25 Agli albori del cinema troviamo una tipologia di film chiamati dagli studiosi KEYHOLE FILMS dove il racconto si gioca sull’espediente della soggettiva anche se ancora è primitiva. KEYHOLE FILM o FILM DAL BUCO DELLA SERRATURA --> Tra il 1900 e il 1906, i film incentrati su un personaggio che guarda ‘attraverso qualcosa’ divennero così numerosi da costituire una sorta di genere, recentemente etichettato Keyhole films (film a buco di serratura), dalla forma a serratura del mascherino più diffuso, in alternativa a quello circolare o binoculare, attraverso cui guardano curiosi voyeurs. ESEMPI: GRANDMA’S READING GLASS (it. gli occhiali da lettura della nonna) di G.A. SMITH del 1900. I primi film della storia del cinema hanno una narrazione molto semplice e la situazione che, pur essendo scarna ed esile, abbiamo un personaggio interessato all’atto della visione. In questo caso, vi è un bambino che si diverte a osservare ciò che sta attorno. È il primo esempio di cinema in cui troviamo un uso della soggettiva costruita e realizzata in maniera odierna. Il giovane cerca curiosità in una lente di ingrandimento e osserva alcuni oggetti, tra cui l’occhio di sua nonna. PAR LE TROU DE LA SERRURE (it. Dal buco della serratura) di F. ZECCA del 1901 abbiamo un personaggio che non guarda attraverso uno strumento ottico, ma attraverso il buco della serratura. La protagonista sbircia attraverso diverse porte entrando in contatto con diverse situazioni. Qui è più spiccato il wiaresismo del personaggio che guarda come spettatore curioso e malizioso. La costruzione narrativa è più complessa. Alla fine del film il protagonista viene punito attraverso un ospite delle stanze perchè lo scaraventa giù per le scale --> la soggettiva viene collegata al voyeurismo. CARATTERISTICHE DELLE PRIME FORME DI SOGGETTIVA Qui, la soggettiva è ancora primitiva: ⎯ Contravvenzione alle regole di distanza e di direzione dello sguardo del personaggio --> nell’esempio 1, nel momento in cui il bambino attraverso la lente di ingrandimento osserva l’occhio della nonna, abbiamo un’inquadratura frontale dell’occhio femminile, ma non rispecchia la direzione e la distanza del bambino. ⎯ Viene privilegiata la visuale dello spettatore --> vediamo le scene con una prospettiva che ci avvantaggia. ⎯ Mancanza o debolezza della narrazione --> i racconti sono molto basilari ⎯ La prospettiva della macchina da presa è frontale ed esaustiva --> viene inquadrato tutto ciò che si vuole mostrare. L’es. 2 il personaggio, ripreso dalla vita in su, viene mostrato in modo frontale, privilegiando il nostro sguardo. ⎯ Funzione di esibizione di un’attrazione spettacolare --> nei primi anni della storia del cinema a essere privilegiata non è tanto la narrazione, ma l’aspetto della visione. Il cinema è una forma di spettacolo dove la visione è il motivo di richiamo del pubblico in sala. 26 ⎯ Presenza del potere voyeuristico del dispositivo cinematografico -- > già nei primi film si evidenzia un elemento che diventerà parte strutturante di molte narrazione più complesse della storia del cinema, in quanto la macchina cinema consente di soddisfare la funzione voyeuristica sia dei personaggi interni al racconto che dello spettatore. In generale, la soggettiva nasce per celebrare l’avvento di un nuovo spettatore, a ragione definito ‘viaggiatore immobile’, che vede proiettate le potenzialità del proprio occhio oltre i limiti imposti dalla visione naturale grazie alla mediazione di una protesi, ossia la macchina da presa. Nel passaggio dalla spettacolarità alla narrazione si consumò anche quello dalla visione totale alla visione parziale, dal superamento dei limiti dell’occhio al restringimento del campo visivo ai limiti di un personaggio calato nella finzione. Tra il 1905 e il 1915 sono numerosi i film che testimoniano questo passaggio. --> Il cinema delle origini punta a un cinema per il fantastico e il meraviglioso con una narrazione molto semplice. - Cinema come spettacolo, piacere della visione. Il destino del cinema Dalla fine del primo decennio del Novecento fino ad oggi, la soggettiva inizia a essere sempre più usata come effettivo punto di vista di un personaggio, al servizio della narrazione. Questo emerge soprattutto nel caso del cinema hollywoodiano classico. Lunga stagione della storia del cinema dove la produzione americana è una produzione fortissima e al servizio di una narrazione come solida e definita. FUNZIONE E RICONOSCIMENTO DI UNA SOGGETTIVA Nel corso della storia del cinema, la soggettiva si è spesso manifestata attraverso dei “segni di riconoscimento” che consentono, appunto, di distinguerla facilmente da una inquadratura oggettiva. Questi segni di riconoscimento sono di tre tipi: 1- MASCHERINO --> espediente usato per realizzazione di particolari trucchi, consiste in una superficie opaca di varia forma, spesso in celluloide o vetro, che copre una parte del fotogramma sul negativo affinché non venga impressa. Essi possono avere varia forma e possono essere usati nelle situazioni in cui la visione del personaggio e filtrata da uno strumento ottico (es. lente di ingrandimento, canocchiale, binocolo, il buco della serratura ecc.). Esempi di uso di mascherino: GLI UCCELLI di ALFRED HITCHCOCK del 1963 dove abbiamo un personaggio maschile che attraverso il binocolo cerca di capire chi è la donna che ha lasciato la sua casa e sta scappando. 27 ESEMPI DEL MASCHERINO E DELLA SUA CONCENZIONE VOYEURISTICA Ci sono film che riflettono sul farsi stesso del film attraverso delle situazione già metacinematografiche (es. l’uomo dalla macchina da presa) → PEEPING TOM (it. L’occhio che uccide) di MICHAEL POWELL del 1960. È un thriller che racconta di un giovane serial killer, il quale è un fotografo che vorrebbe diventare regista. Tuttavia, commette femminicidi in cui la macchina fotografica gioca un ruolo fondamentale, in quanto questi omicidi avvengono nel momento in cui il protagonista inquadra la donna. Il film è costruito sul voyeurismo. È presente una combinazione tra visione, violenza, sessualità, esibizione del corpo femminile. È un film molto criticato e considerato altamente disturbante. I primi film del 900 all’inizio del 900’ utilizzano la forma della serratura. 2- PRESENZA DELLE MANI O DI ALTRI DETTAGLI del corpo del personaggio osservatore all’interno dell’inquadratura. Classico esempio sono le mani che tengono il volante di un auto come nel caso del film IO TI SALVERÒ di HITCHCOCK del 1945, o la presenza dei piedi come accade in alcuni film 3- IMMAGINE SFOCATA, SDOPPIATA O DEFORMATA quando il personaggio è miope, ubriaco o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Tipico dei film noir. Questo è il caso del film NOTORIOUS di HITCHCOCK. In questo film, nella parte conclusiva, la protagonista si ritrova ad essere la moglie di un criminale nazista espatriato a Rio e quando questo scopre che lei è una spia, in accordo con la madre inizia ad avvelenarla progressivamente, spiegando poi la morte come un deterioramento fisico. La protagonista è Ingrid Bergman La protagonista ad un certo punto si rende conto che la sua tazzina è avvelenata e la sua visione del marito e della suocera è una visione falsata, tremolante, l’uomo e la donna che sono i suoi carcerieri diventano due siluette scure dai contorni sfuocati, traballanti. Insomma, due sagome minacciose che indicano da un lato la situazione di pericolo in cui lei scopre di essere, e dall’altro ci comunicano lo stato alterato della protagonista che è prossima a uno svenimento. Occorre affermare, inoltre, che spesso possono non esserci tratti distintivi e in questo caso il riconoscimento della soggettiva è contestuale e la struttura su cui si costruisce la soggettiva si articola in questo modo: INQUADRATURA OGGETTIVA CON IL PRIMO PIANO DI UN PERSONAGGIO CHE GUARDA IN UNA DIREZIONE SPECIFICA TAGLIO DI MONTAGGIO UNA SECONDA INQUADRATURA SOGGETTIVA CHE CI MOSTRA IL PUNTO DI VISTA DEL PERSONAGGIO Quindi, vedo il volto del personaggio, taglio di montaggio, vedo cosa vede il personaggio. 28 Possiamo dire che nella maggior parte dei casi la soggettiva è priva di segni distintivi ed è quindi riconoscibile soltanto perché preceduta dall’inquadratura oggettiva del personaggio osservatore. Ne risulta che sia più corretto parlare di SINTAGMA SOGGETTIVO invece che di inquadratura soggettiva. SINTAGMA SOGGETTIVO --> usato per designare l’unità intermedia tra le parole e la frase. All’interno degli studi sul linguaggio cinematografico il termine indica una successione di inquadrature che sono coerenti e dotate di senso. Vengono identificati 5 tipologie di sintagma soggettivo (A= oggettivo; B= soggettivo): 1. APERTO (A-B) 2. CHIUSO (A-B-A) 3. ROVESCIATO (B-A) 4. ALTERNATO (A-B-A-B-A-B) 5. DIFFERITO (ACDB) --> Sintagma in cui intervengono altre inquadrature slegate IL SINTAGMA SOGGETTIVO ALTERNATO Uno degli esempi più chiarificatori della storia del cinema è REAR WINDOW (it- la finestra sul cortile) di HITCHCOCK del 1954. L’incipit è costruito sull’alternanza di inquadrature oggettive e soggettive. È presente un rapporto che unisce questo film con quello di Michael Powell, l’occhio che uccide, perché anche qui il protagonista è un personaggio che per lavoro è abituato a guardare e a fotografare. A differenza del film di Powell, qui il protagonista scopre l’assassino, scopre un uxoricidio. All’inizio del film, questo reporter si ritrova momentaneamente su una sedia a rotelle perché si è rotto una gamba e in questa situazione di inattività forzata, per passare il tempo spia i suoi vicini di casa. Il film è un racconto di suspense e di colpevolezza. Ulteriore esempio: DRESSED TO KILL (it. Vestito per uccidere) di BRAYAN DE PALMA del 1980. È un film che si collega molto a quello di Hitchcock. Il cinema di De Palma si è massivamente strutturato a partire da una continua citazione di motivi hitchcockiane e soprattutto nella sua prima parte può essere considerato come un grande tributo al cinema di Hitchcock. Nel film un vestito per uccidere viene fatto riferimento a “Vertigo” del 1959, dove abbiamo un protagonista che ad un certo punto si reca in un museo a Philadelphia per spiare una donna bionda. --> A-B. De Palma, in un certo senso, nel suo film, ribalta la situazione – in termini di genere – perché è la donna bionda che si reca al Philadelphia Museum of Art, la cui attenzione viene catturata da un uomo misterioso dall’aspetto un po’ esotico e lo inizia a seguire. Tra i due si sviluppa un inseguimento dove è la donna che insegue l’uomo e non viceversa. Comune, tra i due film, è l’ambientazione, anche se De Palma dilata la situazione del museo, la quale è piena di colpi di scena. --> virtuoso, spettacolare. 29 La scena del museo si costruisce tra oggettive del personaggio femminile e soggettive che mostrano ciò che lei vede in modo sempre più atteso per trovare questo uomo misterioso. LE FUNZIONI DELLA SOGGETTIVA La soggettiva serve a informarci che qualcuno sta osservando qualcosa. --> A vede B A un livello più generale, la soggettiva rafforza l’identificazione fra lo spettatore e il personaggio principale o, per meglio dire, il personaggio associato all’atto di guardare. Ci sono due tipologie di identificazione: → IDENTIFICAZIONE PRIMARIA → si istituisce tra lo spettatore e la macchina da presa/camera → IDENTIFICAZIONE SECONDARIA → si istituisce tra lo spettatore e i personaggi del racconto cinematografico A livello psicologico avvengono entrambe le identificazioni. Vi è un film che mostra le due identificazione con una valenza metacinematografica (incentrato sul funzionamento del film e sull’esperienza). --> Nel film SHERLOCK JR. (it. La palla n. 13) di B. KEATON del 1924, viene tematizzato il momento della visione in sala. In questo film, il regista interpreta un giovane proiezionista che vive in una città di provincia e lavora in una sala cinematografica, il cui compito è quello di proiettare i film. Il personaggio vorrebbe essere un grande detective e ad un certo punto si addormenta e sogna di poter penetrare nello schermo. Il film è una riflessione sul cinema come dispositivo che consente di realizzare a un livello virtuale i propri sogni nascosti; quindi, stabilisce un parallelismo tra fruizione cinematografica e attività onirica. La percezione dello spettatore dentro la proiezione è quella di un personaggio dormiente e può vivere delle avventure che gli sarebbero precluse nella vita di tutti i giorni. B. Keaton era un grandissimo comico come Chaplin. Abbiamo un esempio del primo tipo di proiezione, quella che deve istituirsi tra il nostro sguardo e quello della macchina da presa, quando Keaton, una volta finalmente penetrato lo schermo, è per alcuni secondi sbalzato nei luoghi più disparati in cui la cinepresa lo trascina. disparati. Poi ad un certo punto torna ad essere nel mondo del film che veniva proiettato e assume il ruolo che sognava sempre ossia detective. Questi diversi momenti possono esemplificare le due tipi di identificazione: 1) L’identificazione primaria l’abbiamo con il viaggio avventuroso e fantastico in vari tipi di ambiente e scenari fantastici, senza una vera e propria organizzazione narrativa. 2) L’identificazione secondaria l’abbiamo quando il protezionista proietta se stesso nella vicenda e si identifica con i personaggi del racconto. 30 SOGGETTIVA COME STRUMENTO CHE VEICOLA L’IDENTIFICAZIONE SECONDARIA Un esempio funzionale di tale identificazione è la prima parte del film PSYCHO di HITCHCOCK del 1960, dove siamo chiamati a identificarci, in modo disturbante, con il personaggio MARION. Il film racconta di questa donna che prende in possesso dei soldi dalla banca in cui lavora e fugge. Poi, il senso di colpa e la consapevolezza la convinceranno a ritornare sui suoi passi. Il manuale si sofferma, in particolar modo, sulla scena dove il personaggio è appena uscita da Phoenix e si addormenta esausta in macchina. A questo punto viene approcciata da un poliziotto. È chiaro come noi spettatori siamo chiamati a identificarci con Marion nonostante la trasgressione da lei commessa. Il meccanismo che si crea ha una forte coloratura empatica. Il nostro perno di rifermento è ciò che lei vede. Nella scena vista, abbiamo un’immagine oggettiva di Marion sdraiata nell’auto e successivamente una soggettiva dove ci viene mostrato il poliziotto come se fosse scolpito da una pietra. Il poliziotto però, più che un personaggio reale, sembra essere una proiezione dei fantasmi della donna. La soggettiva che ci rivela il volto dell’uomo non rappresenta così solo il punto di vista ottico di Marion ma anche quello affettivo. La soggettiva vista fino ad ora è usata come una inquadratura breve, tuttavia, ne esistono altre. Essa, infatti, può anche essere continua e raggiungere la durata di una scena o al limite di un intero film. In questi casi particolari, la soggettiva non è preceduta da un’inquadratura oggettiva del personaggio osservatore, che rimane infatti del tutto invisibile. Un esempio straordinario di questo uso, la si trova nell’incipit del film HALLOWEEN – LA NOTTE DELLE STREGHE di JOHN CARPENTER del 1978. Questo horror dà il via a una celeberrima sagra dove il protagonista è un serial killer. La sequenza di apertura è, per l’appunto, girata tutta in soggettiva e che si conclude con una oggettiva con valore traumatico e scioccante, in quanto scopriamo l’identità dell’assassino, la quale equivale al bambino. ELEMENTI DELLA SOGGETTIVA --> presenza della mano che prende il coltello, uso del mascherino nel momento in cui indossa la maschera. 31 Esiste, però, in esempio molto celebre di film girato quasi interamente in soggettiva eccezione fatta per tre momenti che equivalgono all’inizio, nel mezzo e alla fine. L’esempio in questione s’intitola LADY IN THE LAKE (it- una donna nel lago) di ROBERT MONTGOMERY del 1948. È un noir, genere che trionfa negli anni ’40 in USA, ed è un adattamento di un romanzo noir di Raymond Chandler. Il film viene girato quasi interamente dal punto di vista del protagonista detective Marlow interpretato dallo stesso Montgomery. Ciò fa si che esso non sia mai visibile, eccetto quando si rivolge allo spettatore per fare il punto della situazione, quando si trova davanti allo specchio, o quando attua alcuni movimenti. Il poster del film afferma: “YOU ANDROBERT MONTGOMERY SOLVE A MURDER MISTERY TOGHETER”. --> slogan che sottolinea come l’uso della soggettiva veicoli la nostra identificazione con il protagonista. Il film non ebbe successo. successo. Ma perché? Per identificarsi con un personaggio lo spettatore ha infatti bisogno di vedere quel personaggio, di scrutarne il volto per potervi riconoscere quei sentimenti e quelle emozioni che deve fare propri. La soggettiva, come insegna Hitchcock, facilita l’identificazione solo nel momento in cui si accompagna a delle oggettive del personaggio col quale dobbiamo identificarci. È proprio la 32 mancanza di queste oggettive del personaggio del volto del personaggio a causare l’allontanamento dello spettatore dalla storia narrata. La negazione di certi modelli narrativi consolidati nel cinema classico Hollywoodiano producono qui un effetto straniante! Il cinema hollywoodiano classico è molto narrativo e nel momento in cui Robert Montgomery ha rimosso ciò, il film viene reso quasi antinaturalistico. FORME DI DEVIANZA MESSE IN ATTO NEL FILM: 1- SGUARDO IN MACCHINA E L’ASSENZA DEL CONTROCAMPO 2- Poiché il punto di vista del protagonista coincide con quello della macchina da presa, lo sguardo della sua interlocutrice finisce per diventare un cosiddetto "sguardo in macchina" --> L'INTERPRETE GUARDA VERSO L'OBIETTIVO E QUINDI, IDEALMENTE, VERSO NOI SPETTATORI 3- INFRAZIONE DI UNO DEI GRANDI TABU’ DEL CINEMA CLASSICO: LO SGUARDO IN MACCHINA SGUARDO IN MACCHINA O IN CAMERA (camera look) --> espediente cinematografico in cui il personaggio guarda direttamente dentro la macchina da presa. In quest’ultimo caso si sviluppa un corto circuito nella rappresentazione e lo spettatore si sente osservato direttamente dallo schermo. Questa figura è generalmente evitata nel cinema narrativo classico, oppure viene utilizzata solo in momenti particolarmente drammatici o comici, poiché provoca una rottura della finzione e un effetto di straniamento: lo sguardo in macchina è un effetto-specchio in cui lo spettatore non è più soltanto soggetto dello sguardo, ma diventa anche oggetto e viene richiamato alla coscienza di essere al cinema. Questo espediente viene usato anche nel cinema hollywoodiano classico, ma soltanto in contesti peculiari e in generi poco realistici come il genere comico. Esso viene ripreso anche nel cinema d’autore con una valenza perturbante, straniante. Es. incipit del film A CLOCKWORK ORANGE (it- arancia meccanica) di S. KUBRICK del 1971, dove il protagonista ci interpella direttamente. Le sventure del protagonista vengono raccontate in voice-over. CAMPO – CONTROCAMPO (shot-reverse-shot) --> tecnica utilizzata durante la fase di montaggio di un film e articolata in due distinte inquadratura speculari. Si tratta di uno degli effetti più usati nel linguaggio cinematografico, in particolare nelle scene di dialogo. FALSA SOGGETTIVA --> è quell’inquadratura che, pur simulando un carattere di soggettiva si rivelano poi, o si trasformano nel corso della loro durata, in piani oggettivi. Es. ALIEN di RIDLEY SCOTT del 1978. È un film di fantascienza e horror. Un gruppo di persone di estrazioni sociali diverse, si ritrova a svolgere una pericolosa missione. Si ritrovano a combattere contro questa minaccia aliena. Perché si tratta di una falsa soggettiva? La macchina da presa sembra intercettare un punto di vista di un personaggio, che alla fine si scopre non essere tale. Dopo un lungo movimento di avvicinamento, il personaggio femminile appare, alla fine, ponendosi a lato della macchina da presa. La camera dovrebbe coincidere con il 33 suo punto di vista, ma di fatto assume una posizione più bassa rispetto a quella degli occhi della donna. Tale soluzione consente al regista di farci percepire i sospetti della donna riguardo al comportamento del collega maschio, mantenendo però un distacco superiore rispetto a quello veicolato da una tradizionale soggettiva. SEMISOGGETTIVA --> esistono due tipologie di semisoggettive: 1. Una semisoggettiva è un’inquadratura che, pur presentando lo sguardo di un personaggio non ne rispetta fino in fondo la posizione. Ciò accade quando la macchina da presa è più vicina o lontana dall’oggetto di quanto non lo sia il personaggio o lo inquadra da un’angolazione leggermente diversa. Mitry nel 1963 aveva proposto una figura intermedia, la semisoggettiva, in cui la cinepresa guarda un personaggio e nello stesso tempo condivide il suo stato d’animo, partecipa della sua concitazione, o emozione, o incertezza. Sotto questo aspetto la semisoggettiva è un punto di vista misto in cui vengono rappresentati sia il narratore con la sua distanza, sia il personaggio con la sua passione. Inoltre, molti film di Roberto Rossellini, specialmente quelli della cosiddetta trilogia della Bergman (Stromboli‒Terra di Dio, 1950, Europa ’51, 1952, e Viaggio in Italia, 1954), sono girati in semisoggettiva poiché la cinepresa segue sempre la protagonista partecipando alle sue scoperte e alle sue incertezze. VIAGGIO IN ITALIA di ROBERTO ROSSELLINI del 1954 è un film che racconta della storia di una coppia anglosassone in crisi e in vacanza in sud Italia (denuncia alla mancanza di comunicazione). Nella scena si vede la visita del personaggio femminile a un museo di Napoli. Noi vediamo le cose da un punto di vista del personaggio, ma in più momenti la macchina da presa è più vicina o lontana di quanto sia la donna in realtà oppure assume delle posizioni sopraelevante che non possono corrispondere allo sguardo di Ingrid Bergman. 2. La seconda è la tipologia più riconosciuta perché ci mostra una determinata porzione di realtà così come la vede un personaggio dove, tuttavia, la macchina da presa non ne sostituisce lo sguardo ma si colloca leggermente alle sue spalle, che finiscono così con l’entrare in campo insieme alla nuca. Tuttavia, anche la semisoggettiva può essere tradotta verbalmente con A vede B, e come nella scala dei piani e dei campi, anche la distinzione fra oggettiva/soggettiva e semisoggettiva non va assunta in modo troppo netto. Molti studiosi «hanno messo in discussione una distinzione troppo rigida fra oggettività e soggettività. I due livelli sono intercambiabili: un soggetto può diventare oggetto se guardato da qualcun altro, l’osservatore può farsi osservato, un’immagine che appare oggettiva può essere soggettiva e viceversa. 34 LEZ. 6 – 25.11.2024 Argomento 6 – Il fuori campo (fuoricampo) Nel cinema lo sguardo può dirigersi sia all’interno che all’esterno del campo, e uno dei primi esempi di fuori campo di uso di questa tecnica è A CHESS DISPUTE di R. W. PAUL del 1903. È una breve pellicola che si caratterizza su una lite tra i due protagonisti. La situazione, presentata sotto una luce comica/grottesca, viene risolta attraverso la fuoriuscita del personaggio. Il fuori campo lo abbiamo in basso. L’interpretazione di Rondolino e Tomasi è che i due attori fossero alle prime armi, quindi non bravi nella recitazione, che è servito farli uscire dal campo. Da questo utilizzo del fuori campo, dal quale diventa un vero e proprio caso di studio, secondo il quale fuori campo è: tutto ciò che non ci viene mostrato, ma che comunque fa parte dell’ambiente di cui l’inquadratura è solo una parte. Esso è dunque composto da una serie di elementi profilmici non inclusi nel campo, ma che con questo hanno una relazione spaziale di contiguità. Campo e fuori campo sono spesso in un rapporto di REVERSIBILITÀ dove è sufficiente un movimento di macchina o un effetto di montaggio per rendere esplicito il fuori campo o per esiliare ciò che prima era in campo. Secondo Andrè Gardies: «Per comprendere questo gioco dialettico tra campo e fuori-campo, bisogna considerare daccapo lo statuto di queste due dimensioni. Fenomenologicamente – innanzitutto –esse sono differenti. Una, il campo, fa appello direttamente al nostro sistema percettivo, mentre l’altra si manifesta come virtuale e fa appello alla nostra memoria. Una è presente, l’altra assente, ma di un’assenza singolare suscettibile di mostrarsi ad ogni momento sullo schermo, quindi un’assenza che è solo una sospensione fragile della presenza» Uno studioso molto importante per quanto riguarda questa tecnica è Noël Burch, il quale suddivide lo spazio fuori campo in 6 aree: ▪ Quattro ai lati dell’inquadratura o A destra o A sinistra o In alto o In basso ▪ Uno che è oltre la scenografia (porta, angolo di una strada, dietro a una colonna o un personaggio) ▪ Un ultimo che sta dietro alla macchina da presa. 35 Tra campo e fuoricampo esiste, quello che Gardies definisce un «rapporto di mutua assistenza: il fuoricampo si fa garante del campo ( il letto che vedo in piano ravvicinato appartiene alla stanza che in questo momento non vedo ma che ho visto o vedrò), il campo, in cambio, si fa garante del fuoricampo (questo letto che io ora sto vedendo prova che la stanza, ora non visibile, non è cambiata). Fuori campo sofisticato Uno dei primi film dove il fuori campo ha un uso più sofisticato è NANÀ di JEAN RENOIR del 1926. È un lungo metraggio ispirato dall’omonimo romanzo. Si parla di una star teatrale parigina, oggetto del desiderio altrui, e qui il fuori campo è un elemento strutturante. Burch ricorda come il film, che per primo ha evidenziato l’importanza del fuoricampo, sia stato Nanà (Jean Renoir, 1925), pellicola in cui vengono sviluppate tutte le implicazioni dello spazio che sta intorno allo schermo. L’impianto del film gioca su un confronto serrato tra spazio percepito e spazio immaginato, fra visibile e non visibile. La macchina da presa risulta, salvo rare eccezioni, quasi sempre fissa, e collocata in modo da inquadrare la scena frontalmente mutuando il punto di vista di uno spettatore teatrale. I personaggi da un lato entrano ed escono di campo di continuo; altre volte se ne stanno immobili a chiacchierare mentre la cinecamera li taglia in due lasciando una parte di loro fuori dallo schermo. Oppure sono collocati quasi del tutto fuori dal campo visivo e vediamo solo allungare le mani dentro lo schermo per offrire coppe di champagne o ancora li sorprendiamo mentre si affacciano sulle porte o alle finestre per guardare chi c’è all’esterno. S’instaura dunque un registro filmico come un gioco dialettico ininterrotto fra un vedere e un desiderio di vedere. Fuori campo come introduzione di un personaggio Molte volte, nella storia del cinema il fuori campo è stato usato per INTRODURRE in modo suggestivo UN PERSONAGGIO. Un caso lo si è già visto in Notorious di Hitchcock o nell’incipit di Marnie. Un esempio più estremo lo abbiamo con il film SCHINDLER’S LIST di S. SPIELBERG del 1993. Film molto criticato perché nonostante la tragicità dell’argomento che affronta, le modalità di racconto sono tipiche del cinema hollywoodiane. Nell’incipit viene introdotta la figura di Schindler, il cui corpo rimane fuori campo eccetto le mani. La sua invisibilità lo rende una figura misteriosa, ma ciò che indossa fa supporre a chi guarda la mascolinità del personaggio. Si è voluto creare un interesse nei confronti del protagonista del film. Anche quando viene introdotto totalmente il personaggio, Spielberg fa prevalere l’inquadratura di spalle, la quale è volta a mantenere il mistero. Protagonista è anche il primo piano di Schindler, il quale vede il personaggio impegnato a guardarsi intorno al fine di capire quali siano i personaggi più importanti (es. gli ufficiali delle SS con un’attenzione ai distintivi). Un altro fondamentale uso del fuori campo avviene attraverso lo SGUARDO DEL PERSONAGGIO, il quale produce una dialettica tra vedere e sapere e non vedere e non sapere. Può accadere, infatti, che il personaggio possa sapere e quindi vedere, ciò che per lo spettatore è ancora un mistero. 36 Fuori campo ATTIVO In questo caso si parla di distinzioni rispetto all’uso del fuori campo: 3. FUORI CAMPO ATTIVO con riferimento a INQUADRATURE A STRUTTURA CENTRIFUGA --> Inquadratura che tendendo verso l’esterno, rimanda a qualcosa che si trova oltre i bordi dell’inquadratura stessa, costringendo chi guarda ad interrogarsi su di esso. Lo sguardo del personaggio va oltre l’inquadratura e vede qualcosa e sa qualcosa che noi spettatore non vediamo e non sappiamo. Un esempio di questa tipologia di fuori campo è il film THE BAREFOOT CONTESSA (Ita. La contessa scalza) di J.L. MANKIEWIEZ del 1954. Siamo in un contesto hollywoodiano. Anche la contessa scalza, come Nanà, è una diva. Il film ha una struttura narrativa abbastanza complessa perché si costruisce per flashback per ricostruire la vita di questa diva , tragicamente scomparsa, partendo dalla sua scoperta. Nell’incipit, la protagonista Maria Vargas, interpretata da Ava Gardner, si esibisce in un locale in un numero di flamenco. La particolarità è che noi non la vediamo mai ballare, ma la sua presenza è fatta notare dagli sguardi desideranti degli uomini. L’intera sequenza pare perfettamente illustrare quella pulsione voyeuristica che, nella celebre teoria di Laura Mulvey, trova nello spettacolo del corpo femminile, in particolar modo in quello delle dive, la sua massima gratificazione e al contempo un blocco per lo sviluppo diegetico. --> viene fatto riferimento alla TEORIA DELLO SGUARDO: nel cinema narrativo il personaggio femminile non è mai colui che esercita lo sguardo, ma l’oggetto dello sguardo. In questa sequenza però, a differenza della teoria dello sguardo, la donna non è mai visibile all’occhio di chi guarda il film. Gli avventori del night che la contemplano rapiti all’interno della finzione non diventano mai i sostituti dello sguardo dello spettatore maschile, che si trova, invece, all’esterno del tessuto finzionale. Non c’è dubbio che la sequenza orchestrata da Mankiewicz valga come elegante spettacolo costruito su di un ipnotico vuoto. Fuori campo INTERNO Il fuori campo non è solo esterno, come visto fino ad ora, ma è anche INTERNO: quel fuori campo che è sotto un certo aspetto in campo, perché interno all’inquadratura, ma celato allo sguardo dello spettatore da un elemento profilmico (una tenda, un oggetto, un personaggio) che, per un certo tempo, lo nasconde. Questo fuori campo lo ritroviamo sempre nell’incipit della CONTESSA SCALZA. Il personaggio è nascosto nel tendaggio che, quando viene aperto rivela il voto della protagonista. 37 Fuori campo ANTICLASSICO Secondo Pascal Bonitzer il FUORI CAMPO ANTICLASSICO è spazio della produzione occupato dalla troupe e dalle macchine necessarie alla lavorazione di un film, suggerito attraverso gli sguardi in macchina; questo fuori campo proibito può a sua volta conquistare il campo in opere che si collocano in un percorso decisamente alternativo. In poche parole, è ciò che rompe la finzione mostrando tutto ciò che sta dietro al film. Un esempio celeberrimo lo troviamo in uno degli ultimi film felliniani dal titolo E LA NAVE VA di F. FELLINI del 1983. Ci viene mostrato lo spazio proibito e che riguarda ciò che sta dietro al film quindi il lavoro dei tecnici, ma anche dello stesso regista. Ciò viene mostrato nell’epilogo. Fuori campo come espressività Il fuori campo piò avere anche un uso espressivo e un brano essenziale di questo uso lo troviamo nell’incipit di M - EINE STADT SUCHT EINEN MÖRDER (ita. M – il mostro di Düsseldorf) di F. LANG del 1931. È un’opera sonora. L’incipit è altamente drammatico perché ci troviamo in una cittadina recentemente protagonista di infanticidi. Nel prologo assistiamo al rapimento di una delle bambine. Il fuori campo è protagonista fin dall’inizio e contribuisce a creare un’atmosfera che man mano che si procede con le scene è sempre più angosciosa e legata a un senso di minaccia e di perdita. L’uso più suggestivo e inquietante di questa tecnica viene fatto nel momento del rapimento di Elsie da parte del serial killer. Entrambi sono fuori campo, ma la presenza della bambina viene evocata dalla palla con la quale Elsie sta giocando, mentre la figura dell’assassino da un’ombra minacciosa che, quando compare il rumore della palla viene sostituita dalla voce del serial killer. Nelle ultime immagini, l’omicidio non lo si vede, ma vengono mostrati due oggetti che rinviano al corpo fuori campo della bambina: la palla che rotola nel campo e dal palloncino che si libera in volo. Chiaramente nel film di Lang non ci si può permettere di mostrare qualcosa di indicibile e ricorre al fuori campo per suggerire ciò che è irrappresentabile. Un altro film alquanto disturbante per ciò che tratta è FUNNY GAMES di MICHAEL HANCKE del 1997. Il film ha avuto due versioni: una in tedesco (1997) che vinse la palma d’oro al Festival di Cannes e una