Analisi del Film - Lezione 1 - 21.10.2024 - PDF
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Università degli Studi di Ferrara
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This document provides an analysis of film, focusing on the concept of the "fotogramma" (frame) and its role in filmmaking. It explores the technical aspects of film, including the relationship between frames and the broader concept of the scene, as well as the related concepts of "profilmico" and "fuori campo." The document also discusses how these concepts relate to the use of a freeze frame and framing in cinema.
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LEZ. 1 – 21.10.2024 Argomento 1 – IL FOTOGRAMMA o FRAME Il fotogramma è un concetto suggestivo e inafferrabile che riporta alla natura stessa del film come oggetto tangibile. -->foto del regista sovietico Eisen Stein che guarda attentamente il nastro con...
LEZ. 1 – 21.10.2024 Argomento 1 – IL FOTOGRAMMA o FRAME Il fotogramma è un concetto suggestivo e inafferrabile che riporta alla natura stessa del film come oggetto tangibile. -->foto del regista sovietico Eisen Stein che guarda attentamente il nastro con in mano delle forbici – gesto legato alla costruzione del film Il fotogramma riporta alla materialità del cinema, alla sua storia e preistoria. DEFINIZIONE 1 Il fotogramma è dato da ciascuna delle singole immagini fotografiche impresse su una pellicola cinematografica, che, riprodotte a una velocità tra i 16 e i 24 fotogrammi al secondo, producono l’illusione di un movimento continuo. 1 metro di pellicola equivalgono a 50 forogrammi FOTOGRAMMI DI UN FILM MUTO FOTOGRAMMI DI UN FILM SONORO: PISTA SONORA AL LATO DELL’IMMAGINE Composizione di una pellicola cinematografica: > PERFORAZIONI LATERALI corrispondoni ai buchi laterali, i quali permettono lo scorrimento nel momento in cui si aggrappano ai rulli dentellati della macchina di proiezione > GIUNTA LATERALE contiene la traccia audio della colonna sonora chiamatasi anche PISTA SONORA > FOTOGRAMMA (FRAME) quadratino che contiene le immagini a scorrimento > INTERLINEA (FRAME LINE) linea di separazione tra un fotogramma e l’altro 3 Il fotogramma è dunque l’unità più piccola di cui si compone un film (o più specificatamente l’unità più piccola di cui si compongone le diverse inquadrature che formano un film. Occorre dire, però, che frame e inquadrature non sono sinonimi in quanto l’inquadrature è un’unità superiore composta da più fotogrammi. Tuttavia, «ifotogrammi, ovvero quei quadri in cui è suddivisa la pellicola impressionata, rappresentano delle unità tecniche non espressive. Ciò che noi infatti vediamo sullo schermo non è il fotogramma, bensì un’immagine che nasce dalla proiezione di una serie di fotogrammi». DEFINIZIONE 2 Il frame, preso autonomamente rispetto alla concatenazione di immagini che compongono la pellicola di un film, non si discosta da una semplice fotografia. Ed è proprio a questo primo livello di riproduzione analogica che il cinema evidenzia i suoi legami con la tecnica fotografica. Ogni singolo frame contiene una porzione di immagine, un frammento di azione che solo in fase di proiezione sarà ricomposto come un unicum originando così l’illusione del movimento e componendosi in una inquadratura. «La velocità di svolgimento di un’azione e la durata complessiva di un film sono date innanzitutto dalla velocità di scorrimento (cadenza) dei frame per ciascun secondo (f./s) in fase di proiezione. --> prima del sonoro era di 16/18 f./s, mentre con l’avvento del sonoro la velocità è aumentata a 24 f./s. Inoltre, ogni fotogramma contiene entro i suoi bordi tutto ciò che il regista ha deciso di ritagliare della parte di realtà che ha davanti, il cosiddetto PROFILMICO. Ciò che si trova fuori si chiama FUORI CAMPO. PROFILMICO→ è un termine coniato da étienne Souriau (1951) ed intende tutto ciò che si trova davanti alla cinepresa pronto per essere filmato. Quindi: oggetti, volti, corpi, spazi interni ed esterni, prima della loro elaborazione cinematografica. → screen del film VIA COL VENTO (Gone with the wind) del 1939 di Victor Fleming. Gli elementi che compongono il profilmico sono: gli attori, al centro la protagonista; la scenografia i cui esterni sono stati editati in studio (teatro di posa). L’occasione è di un ritrovo dell’alta società. FUORI CAMPO → è tutto ciò che non viene mostrato dalla cinepresa, ma che esiste in quanto parte dello spazio, di cui l’inquadratura è solo una minima parte. Esso è dato da tutto ciò che si muove o si agita all’esterno o sotto la superficie delle cose (Pascal Bonitzer) Tutto il cinema nasce dal rapporto che vi è tra il profilmico e il fuori campo 4 Un regista che ha tanto lavorato sul fuori campo per creare tensione e paura è stato STEVEN SPIELBERG --> il film LO SQUALO. Nella prima parte lo squalo non appare mai e il primo omicidio di questo avviene nell’oscurità. Noi sappiamo che c’è una minaccia, ma non la vediamo perché non ci viene mostrata. L’uso del fuori campo a volte è accidentale. Nel caso di Spielberg, lo squalo è una presenza centellinata nacque da problemi tecnici. Un altro esempio di fuori campo lo troviamo da un regista austriaco che si trova agli antipodi di Spielberg, ovvero MICHAEL HANEKE con il film FUNNY GAMES (anni 90), il quale ha avuto 2 versioni: la prima austriaca e negli anni 2000 è stato effettuato un remake con interpreti americani. È un film con una narrazione violenta e perturbante con un uso intenso del fuoricampo. L’atto omicida non viene fatto vedere, ma solo gli effetti di tale azione. EFFETTO/FENOMENO PHI In base all’effetto PHI, la presentazione in rapida successione di una serie di immagini fisse verrebbe percepita dall’occhio umano come un unico elemento che si muove nello spazio. Prima di arrivare al cinema attuale dei fratelli Lumiere, sono stati creati una serie di strumenti o giocattoli. I più importanti: Joseph Plateau e il suo FENACHISTOSCOPIO → strumento ideato nel 1832 che si reggeva nel piacere di immagini fisse in movimento. La prima parte del termine “fenachistoscopio” deriva dalla radice greca φενακίζείν (phenakizein), che significa “ingannare” o “imbrogliare”, poiché si “inganna” l’occhio, dal momento che gli oggetti nei disegni sembrano muoversi. Funzionamento Due dischi: uno aveva finestre radiali equidistanti attraverso le quali l’osservatore poteva guardare il secondo, il quale conteneva una serie di immagini. Quando i due dischi ruotavano alla velocità corretta, l’osservatore poteva vedere l’animazione. William George Horner e il suo ZOOTROPIO → è l’inventore dello ZOOTROPIO. È uno strumento simile al fenachistoscopio e ideato nel 1834. Le immagini erano fisse, illustrate che riportano all’epoca dell’800. Il termine zootropio deriva dall’unione dei termini greci zoe (ζωή –“vita”) e tropos (τρόπός –“giro, volta”), con il significato approssimativo di “ruota della vita”. 5 Lo zootropio è caratterizzato da una serie di disegni che sono riprodotti su una striscia di carta posta all’interno di un cilindro dotato di feritoie a intervalli regolari. Grazie al fenomeno PHI la rapida successione di queste produceva l’illusione del movimento. -->collegamento tra il fotogramma e questi giocattoli ottici perché sfruttano il fenomeno phi per produrre il movimento L’immagine in movimento suscita una forte meraviglia motivo per il quale è un aspetto che il cinematografo sfrutterà a pieno nei suoi primi anni di vita. I film, alle origini, non producono una vera e propria narrazione, ma si limitano a mostrare immagini in movimento e non fisse, dando a livello psicologico l’idea di un dispositivo che sconfigge, in modo illusorio, la morte. Una figura importantissima e da ricordare è il prossimo inventore in quanto si è spinto oltre rispetto a quelli citati precedentemente. Charles-Émile Reynaud e il suo PRASSINOSCOPIO → il PRASSINOSCOPIO è stato ideato negli anni 70 dell’800, precisamente nel 1876. La parola prassinoscopio può essere tradotta approssimativamente come “osservatore in azione”, dal greco anticoπραξί-(πρᾶξίς “azione”) e scop-(σκόπός “osservatore”). Il prassinoscopio utilizzava una striscia di immagini applicate in cerchio sulla superficie interna di un cilindro girevole. Il prassinoscopio e lo zootropio sono strumenti simili, però nel prassinoscopio si aggiunge un elemento in più ovvero GLI SPECCHI. Possiamo dire, quindi, che è una versione più evoluta dello zootropio dove le feritoie sono sostituite da una serie di specchi posizionati a 45°, al fine di riflettere le immagini verso all’osservatore garantendogli una visione più chiara. Le strisce di carta che venivano applicate sul giocattolo ottico erano disegnato e se le estendiamo ricordano una pellicola cinematografica. Charles-Émile Reynaud e il suo TEATRO OTT ICO → Un passo avanti nelle sperimentazioni di Raynaud è il TEATRO OTTICO (1888). È uno strumento complesso caratterizzato da meccanismi di fruizione collettivi. --> esperienza vissuta da un gruppo e non dal singolo come fu per i giocattoli precedenti. Esso è un’evoluzione del prassinoscopio e consisteva di una serie di lastre di vetro, dipinte a mano, montate su bande di pelle. Ogni banda era collegata alle altre tramite nastri metallici forati agganciati all’ingranaggio di un tamburo ruotante, in modo da venire allineati alla lanterna del proiettore. Collegando le strisce di immagini a una coppia di ruote simili alle moderne bobine cinematografiche, Reynaud creò così una serie continua di immagini in movimento, svincolandosi dal limite delle dodici immagini del precedente sistema del prassinoscopio. 6 Il sistema del teatro ottico era dispendioso sia in termini di tempo sia in termini di fatica perché le lastre erano tutte dipinte a mano. Questo sistema era destinato a restare un’idea straordinaria, ma soppiantata da qualcosa di più moderno, economico e veloce. Tuttavia, il teatro ottico dà risultati significativi perché nel 1892 Raynaud lancia le PANTOMIME LUMINOSE. Esse sono dei brevi filmati (cartoni) che avevano un vero e proprio soggetto narrativo. Sono state realizzate, in totale, 5 pantomime luminose di cui 2 sopravvissute. Questo perché nel 1900 i fratelli Lumiere sbaragliano questo mercato con l’invenzione del cinematografo. Raynaud con l’invenzione del cinematografo, cade in depressione gettando queste pantomime nella Senna. Quelle rimaste si intitolano: PAUVRE PIERROT (1892) --> il soggetto è ispirato alla commedia dell’arte AUTOUR D’UNE CABINE (1894) --> il soggetto è balneare Circa negli stessi anni, si sviluppa in Gran Bretagna un’altra sperimentazione che ci riporta al fotogramma e al suo concetto: la CRONOFOTOGRAFIA Eadweard Muybridge e la sua CRONOFOTOGRAFIA Per quanto riguarda questo caso, vi è un esperimento messo in atto da Muybridge stesso. L’esperimento riguardava dei cavalli e prende il nome di THE HORSE IN MOT ION. Con questo esperimento avvenuto nel 1878 in un maneggio Muybridge fotografa con successo un cavallo in corsa utilizzando 24 fotocamere sistemate parallelamente lungo il tracciato che venivano azionate nel momento in cui gli zoccoli del cavallo colpivano il filo collegato alla macchina fotografica. Questo esperimento finì per correggere la rappresentazione pittorica che fino a quel momento era stata data del galoppo dei cavalli. Occorre ricordare però capire che il concetto di fotogramma è centrale per capire la differenza che vi è tra IL CINEMA DAL VERO e IL CINEMA DI ANIMAZIONE. CINEMA DAL VERO Il principio tecnico su cui si basa il cinema dal vero è la possibilità di riprendere la realtà in movimento per mezzo di un apparecchio (la cinecamera) che scompone il movimento reale in un certo numero di momenti statici (i fotogrammi), di norma 24 al secondo; e di ricomporlo, illusoriamente, per mezzo di un altro apparecchio (il proiettore), che proietta su uno schermo, in continuità, le immagini registrate sulla pellicola». il cinema che inventano i fratelli Lumiere. 7 CINEMA DI ANIMAZIONE Nel cinema di animazione la realtà da riprendere ‒ disegni, oggetti, pupazzi, argilla, plastilina e qualsiasi altro materiale ‒ è statica e non dinamica: la cinecamera ha la funzione di un apparecchio fotografico, a scatto singolo, fotogramma per fotogramma, e solo al momento della proiezione della pellicola gli oggetti ripresi si ‘animano’ (di qui l’espressione cinema di animazione)». Queste due forme di arte partono da un materiale diverso: nel cinema dal vero si parte dalla realtà in movimento, mentre nel cinema di animazione abbiamo una realtà statica e non dinamica in quanto è agita da disegni inorganici. Quando di parla di cinema di animazione è fondamentale parlare della TECNICA PASSO UNO (Stop-Motion/frame by frame). La tecnica passo uno è una tecnica che usa una particolare macchina da presa capace di impressionare un fotogramma alla volta. Dopodiché si sostituisce il disegno con uno che mostra una fase successiva (oppure si sposta l’oggetto), si fa un secondo scatto e così via… fino a realizzare fotogramma per fotogramma (frame by frame) tutto il film. È una tecnica molto antica che la si ritrova anche in film recenti che hanno caratterizzato il panorama contemporaneo. È spesso usata nei film d’animazione di Tim Burton come Nightmare before Christmas, La sposa cadavere, Frankenweenie e Conversation with Vincent. CINEMA DAL VERO CINEMA DI ANIMAZIONE 24 FOTGRAMMI SINGOLO FOTOGRAMMA RIPRODUCE SULLA PELLICOLA UN CREA UN MOVIMENTO CHE NON ESISTE MOVIMENTO GIÀ ESISTENTE NELLA REALTÀ NELLA REALTÀ, LAVORANDO SU OGGETTI STATICI (ES. DISNEY) 8 LEZ. 2 – 28.10.2024 Argomento 2 – Fermo immagine (Freeze frame) Il concetto fermo immagino o freeze frame riporta, in un certo qual modo al termine fotogramma. Il termine può essere scritto sia unito che separato, per quanto riguarda la lingua italiana. Il FERMO IMMAINE O FREEZE FRAME è una tecnica che procede per fotogrammi congelati e capaci di mostrare solo alcuni passaggi di un’azione. Questo tipo di congelamento operato sulla riproduzione di un movimento reale ha come scopo quello di rendere irreale la sequenza, di marcare la sua dimensione atemporale, oppure di scandire in modo dettagliato le varie fasi di un avvenimento --> denuncia la natura finzionale del film. Questa definizione, inoltre, sottolinea un altro concetto, ovvero che il fermo immagine non ci permette soltanto di vedere il singolo fotogramma bloccato, ma questo rimane qualcosa di non percepibile perché il freeze frame lavora su più fotogrammi congelati. Frame ≠ freeze frame Il fermo-immagine è ottenuto utilizzando diversi fotogrammi successivi sui quali è impressionata un’identica inquadratura. Soltanto attraverso una successione di fotogrammi identici si ottiene un fermo-immagine. Il freeze frame è un procedimento che all’interno del film può acquistare notevoli significati rispetto allo sviluppo del racconto. Esso, però, non è acquisizione immediata per quando riguarda il messaggio cinematografico, ma qualcosa che troviamo in una fase successiva alla nascita del mezzo audiovisivo. Si pensa che il primo fermo immagine della storia del cinema sia di ALFRED HITCHCOCK con un film muto che appartiene al cinema inglese, datato 1928, dal titolo CHAMPAGNE (It. TABARIN DI LUSSO) Regista inglese che comincia la propria carriera con il muto in UK per poi trasferirsi in USA dove lavora all’interno dell’industria hollywoodiana. TRAMA: Il film è una commedia e parla di una giovane ereditiera viziata che viene convinta dal padre di aver perso la sua fortuna, eredità e deve reinventarsi, accettando di vivere una vita comune. Nonostante le varie peripezie che la giovane si trova ad affrontare, il finale è felice. Il freeze frame qui lo si ha nel momento in cui il ballo diventa una foto incorniciata che la protagonista contempla da una vetrina. --> in questo punto del film, la protagonista rievoca ciò che è era accaduto nella prima parte del racconto: una sua partecipazione in una nave da crociera di lusso. Il freeze frame è inserito a circa ¾ del film, quando di norma deve essere inserito o all’inizio o alla fine del racconto. 9 CINEMA MODERNO --> cinema che nasce nella seconda metà del 900 e agito da registi europei. Con l’avvento del cinema moderno il freeze frame diventa un procedimento usato in modo estremamente attento e uno dei procedimenti più tipici per marcare il fatto che le opere si concludono in modo irrisolto o non chiaro. --> Il cinema del dopo guerra, lavora nel finale aperto. Uno degli epiloghi più famosi lo si trova al termine del lungometraggio d’esordio del regista francese François Truffaut dal titolo LES QUATRE CENTS COUPS (It. I 400 COLPI) del 1959. Questo film, insieme al film di Jean-Luc Godard dal titolo Fino all’ultimo respiro, è considerato il titolo che inaugura la stagione del Nouvelle Vague – stagione che sbaraglia procedimenti e convenzioni antiche, rappresentando novità -. Questo cinema è un cinema con opere estremamente personali. TRAMA: Nel cinema di Truffaut, l’autobiografia occupa un ruolo fondamentale, e nel suo primo lungometraggio egli racconta la propria infanzia, la quale è segnata da un rapporto difficile con la giustizia. L’opera si conclude con il protagonista che scappa dal riformatorio per vedere il mare, desiderio che ha sempre voluto realizzare. Lo sguardo del protagonista Antoine è molto enigmatico e il fermo-immagine pare intrappolare il giovane per sempre dentro al film. La soluzione adottata da Truffaut, riguardo al fermo immagine sul volto del protagonista, interpella la lettura stessa dello spettatore che può decidere come considerare l’epilogo. Ciò diventa una scelta ripresa anche da altri registri, che, comunque, si iscrivono nel cinema d’autore. Tra questi film troviamo, un film realizzato in America, ma lontanissimo dagli standard di Hollywood. Il film in questione è della regista BARBARA LODEN dal titolo WANDA del 1970. È stato dimenticato per molto tempo in quanto rivolta a una platea di intenditori e la regista era un’attrice. Lei stessa era la protagonista del suo film. Il film vince un premio importante al festival di Venezia, per poi ritornare “in corsia” negli anni 2000 grazie a delle opere letterarie. Il film conclude, come nel caso di “i 400 colpi”, con un freeze frame sul volto della protagonista. In questo caso, si parla più facilmente del finale come negativo, anche se rimane il senso di irrisolutezza. TRAMA: Il film parla della storia di una casalinga divorziata e senza la custodia dei figli. Inizia così la sua esistenza randagia on the road e per non essere costretta a diventare una prostituta si lega a un piccolo criminale con il quale tenta di portare a termine una rapina che finisce male. Lei si ritrova sola in un locale, in quanto il suo socio viene ucciso dalla polizia, e la sua vita ritorna alla deriva. --> critica al sogno americano. 10 Paradossalmente, questo film non piace alle donne, al pubblico femminista degli anni 70, considerandolo un’opera che non dava man forte alla causa in quando Wanda è vista come una perdente. Il freeze frame può anche essere usato con altre finalità quando inserito in conclusione del film. Per esempio, in un’opera che tratta sempre le sorti delle donne, ma non come nel caso di Wanda, dal titolo THELMA & LOUISE di RIDLEY SCOTT del 1991 parla di donne alla deriva che vanno incontro alla morte che poi risulta essere un trionfo. TRAMA: Le protagoniste sono due amiche che si vogliono concedere una vacanza. La prima sera, Thelma viene aggredita da un uomo che viene ucciso da Louise per proteggerla. Da questo momento, non volendo andare alla polizia si danno alla fuga con l’obiettivo di raggiungere il Messico, obiettivo che purtroppo non verrà portato a termine. Il film si conclude in modo straordinario grazie all’uso del fermo-immagine che ha il potere di rendere eterna la fuga di queste due donne. La fuga è vista come una fuga dalla convenzionalità della vita, ma anche come una fuga dal maschilismo. Ci sono film, in cui il fermo-immagine viene usato non alla fine, ma all’inizio per introdurre personaggi o per iniziare il film. Esempio: ROMEO + JULIET di William Shakespeare, il cui regista è Baz Luhrmann. Il film è del 1996, che vede come protagonista un giovane Leonardo di Caprio, ed è una rilettura in chiave post-moderna della tragedia shakespeariana. Nell’incipit il regista utilizza una serie di freeze frame per introdurre i vari personaggi della tragedia, inserendo una cornice ulteriore. TRAMA: Nel film ci troviamo all’interno di un servizio di telegiornale dove si parla della contesa tra Montecchi e Capoletti nell’immaginaria Verona Beach. Il fermo immagine non è solo uno STRUMENTO NARRATIVO, ma anche come STRUMENTO DI RIFLESSIONE TEORICA SUL CINEMA. Riguardo a ciò vi sono due opere che sono ottimi esempi: ESEMPIO 1. - Il film di DZIGA VERTOV dal titolo L’UOMO CON LA MACCHINA DA PRESA del 1929. TRAMA: Il film è un’opera che appartiene alla stagione del cinema sovietico d’avanguardia, nel quale viene immaginato un documentario nella Russia della fine degli anni 20. Parallelamente al racconto della quotidianità della Russia di quel periodo si vede narrativizzato il farsi stesso del film. È un film che riflette non solo sulla contemporaneità, ma anche riflette il film sul lavoro del regista. Ad un certo punto la riflessione auto-riflessiva viene esplicitata attraverso una serie di freeze frame. 11 Questo uso del freeze frame in chiave teorica è stato portato all’estremo da CHRIS MARKER con il film LA JETÉE (il molo in italiano) del 1962. È un mediometraggio francese e interamente composto da fotogrammi tant’è che viene definito un foto romàn. È un film di finzione che racconta una vicenda di fantascienza post-apocalittica, con la quale cerca di riflettere sullo statuto dell’immagine cinematografica. Con l’avvento digitale, il fotogramma è destinato a scomparire. LEZ. 3 – 04.11.2024 Argomento 3 – inquadratura (shot) Fotogramma = porzione più piccola del film non visibile allo spettatore INQUADRATURA o SHOT è l’unità più piccola che è visibile a occhio nudo all’interno di un film. È l’unità più vasta composta da un numero variabile di fotogrammi a seconda della sua lunghezza. Tomasi –Rondolino la definiscono come «l’unità di base del discorso filmico». Di fatto, si tratta di quella serie di immagini in movimento che compongono una pellicola cinematografica. Il termine inquadratura sottintende un concetto doppio. Possiamo intendere l’inquadratura secondo una: PROSPETTIVA SPAZIALE → porzione di spazio inquadrata di volta in volta dalla macchina da presa. È la porzione di realtà rappresentata da un certo punto di vista e delimitata da una cornice ideale costituita dai quattro bordi dell’inquadratura stessa. PROSPETTIVA TEMPORALE → segmento di pellicola impressionata ripreso in continuità e racchiuso fra due tagli di montaggio Operazione che unisce e mette in relazione fra loro le inquadrature sulla base di un progetto estetico, narrativo e/o semantico 12 Il montaggio non è l’unica operazione con cui il film può essere costruito. Una grande alternativa al montaggio è il PIANO SEQUENZA. Ad esempio, questa operazione è stata usata da Hitchcock nel film ROPE (it. Nodo alla gola), nel 1948, e che passerà alla storia come il film interamente costruito con una procedura anti-tecnica. Questa pratica del piano sequenza viene usata e ripresa nel corso della storia del cinema. Uno di questi è Birdman del 2014 di A.G. Iñárritu, considerato un vero tour de force da un punto di vista tecnico. LA CONCEZIONE SPAZIALE DELL’INQUADRATURA L’inquadratura è sempre frutto di scelte relative a due livelli: LIVELLO 1: - PROFILMICO → tutto ciò che si trova davanti alla macchina da presa e fa parte della storia narrata (es. ambienti, personaggi, oggetti) - MESSA IN SCENA (mise en scène) → organizzazione da parte del regista dei materiali di ogni inquadratura (es. scenografia, fotografia, recitazione, costumi). |--> somiglianza tra cinema e teatro. LIVELLO 2: → FILMICO → entrano in gioco quegli elementi che riguardano espressamente il cinema e che non hanno un corrispettivo in ambito teatrale. Essi sono i cosiddetti CODICI CINEMATOGRAFICI quali: SCALA DEI CAMPI SCALA DEI PIANO ANGOLAZIONI DIALETTICA IN CAMPO DIALETTICA FUORI CAMPO MOVIMENTI DI MACCHINA DIALETTICA OGGETTIVA DIALETTICA SOGGETTIVA Inquadrare non significa quindi soltanto riprodurre, ma è scegliere. Selezionare, mettere in evidenza gli elementi significanti, quelli che lo spettatore deve individuare. 13 SCALA DEI CAMPI E DEI PIANI La scala dei campi e dei piani è la diversa possibilità di ogni inquadratura di rappresentare un elemento profilmico da una maggiore o minore distanza. I film delle origini non erano caratterizzati da questo codice, ma presentavano tali caratteristiche: Unica inquadratura Cinepresa fissa e posizione frontale all’altezza dello sguardo i personaggi occupano uno spazio compreso fra una metà e i 2/3 dell’asse verticale dell’inquadratura. Tutte queste caratteristiche fanno parte del GRADO ZERO DEL LINGUAGGIO CINEMATOGRAFICO, ovvero le condizioni minime affinché un film possa esistere. Il cinema come forma d’espressione autentica e originale nasce quando si incomincia a variare, attraverso il montaggio o i movimenti di macchina, la distanza e l’angolo di ripresa della cinecamera nel corso di una stessa scena. L’inquadratura […] non implica solo uno spazio profilmico ma anche un punto di vista, quello della macchina da presa, attraverso cui questo spazio è visto, ripreso e, di conseguenza, mostrato allo spettatore. SCALA DEI CAMPI → sono le inquadrature dove l’ambiente predomina sulla figura umana SCALA DEI PIANI → solo le inquadrature dove la figura umana predomina sull’ambiente Ci sono varie figure che entrano a far parte di questo codice cinematografico: CAMPO LUNGHISSIMO (CLL) o extreme long shot (ELS) --> è un tipo di inquadratura che abbraccia una porzione di spazio particolarmente estesa. Lo si trova spesso nei cinema western dove il paesaggio occupa una dimensione alquanto importante. ESEMPIO FILM: PER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ di SERGIO LEONE del 1965 dove si può vedere un’inquadratura ampia che presenta un paesaggio western. CAMPO LUNGO (CL) o long shot (LS) --> è un’inquadratura di ampie proporzioni, dove i personaggi e l’azione sono tuttavia più riconoscibili di quanto non lo siano nel campo lunghissimo. ESEMPIO FILM 1: IL SETTIMO SIGILLO DI INGMAR BERGMAN del 1957. La dimensione paesaggistica rimane ad essere predominante, ma si inizia a percepire la figura umana. ESEMPIO FILM 2: LA NOTTE di MICHELANGELO ANTONIONI del 1971, dove predomina l’ambiente, ma le figure umane sono percepite. 14 CAMPO MEDIO (CM) o medium long shot (MLS) --> Ristabilisce un certo equilibrio nei rapporti tra ambiente e figura umana dal momento che questa occupa circa un terzo o metà della verticale dello spazio rappresentato. ESEMPIO FILM: AMORE E GUERRA di WOODY ALLEN del 1975 FIGURA INTERA (FI) o full shot (FS) --> è la prima di quelle inquadrature che affermano la centralità del personaggio e il suo predominio rispetto all’ambiente. Questa è la ripresa tipica del film delle origini e non è mai stata abbandonata. PIANO AMERICANO (PA) o cowboy shot (CS) --> è l’inquadratura dalle ginocchia in su. Il genere nasce nell’ambito del west in quanto serviva per mostrare la fondina nel momento in cui il personaggio estraeva la pistola. MEZZA FIGURA (MF) o medium shot (MS) --> è l’inquadratura che prende il personaggio dalla vita in su. MEZZO PRIMO PIANO (MPP) o medium close up shot (MCU) --> è l’inquadratura che vede il personaggio dal petto in su. ESEMPIO FILM: Joker. PRIMO PIANO (PP) o close up (CL) --> è l’inquadratura che vede il personaggio ripreso dalle spalle in su. ESEMPIO FILM: SUNSET BOULEVARD (viale del tramonto) di BILLY WILDER del 1951. PRIMISSIMO PIANO (PPP) o extreme close up (ECU) --> è l’inquadratura dove viene ripreso solo il volto umano del personaggio. Il volto pare tagliato sulla fronte e sul mento, in quanto vi è una concentrazione intensa sugli occhi, naso e bocca del personaggio. IL PARTICOLARE o insert (INS) --> inquadratura che si riferisce a una parte del volto o del corpo umano. ESEMPIO FILM: LA DONNA CHE VISSE DUE VOLTE (VERTIGO) di Alfred Hitchcock del 1959. Vi è una scena dove la macchina da presa si concentra sullo chignon a forma di spirale del personaggio. DETTAGLIO o insert (INS) --> riguarda il piano ravvicinato di un determinato oggetto. ITALIAN SHOT o inquadratura all’italiana --> è l’inquadratura che mostra gli occhi di un personaggio, tagliando sia la parte superiore della testa che la bocca. Questo tipo di inquadratura la si trova maggiormente nei western all’italiana. 15 ESEMPIO: IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO di Sergio Leone del 1966. È un film western il cui duello finale contiene: cowboy shot, italian shot, campo lungo, il dettaglio, primo piano, primissimo piano, il particolare e mezza figura. A questo elenco si può aggiungere: o CAMPO TOTALE o il totale --> il cui scopo è rappresentare per intero, o quasi, un ambiente ‒ un interno o un esterno circoscritto – e in particolare di introdurre tutti i personaggi che prendono parte alla scena rappresentata. Talvolta può aprire una sequenza per mostrarci lo spazio in cui essa si svolgerà e i personaggi che prenderanno parte all’azione. o ESTABLISHING SHOT o piano di ambientazione --> è l’inquadratura posta all’inizio del film o di una singola sequenza che ci mostra il luogo in cui si svolgerà l’azione successiva. ESEMPIO FILM: PSYCO di Hitchcock del 1960 ci mostra la città in cui si svolge la prima parte dell’azione del film. La scala dei campi e dei piani costituisce una schematizzazione e astrazione dove la figura umana centrale nel processo della rappresentazione filmica. All’interno del cinema narrativo classico è infatti proprio in rapporto ai personaggi che, il più delle volte, si organizzano i parametri costituitivi dell’inquadratura. --> il cinema narrativo organizza le proprie inquadrature al modo in cui i personaggi portano avanti l’azione. Marc Vernet afferma che non soltanto il personaggio è il centro della finzione ma è anche il garante dell’immagine perché è sempre attraverso lui che comincia la lettura dell’immagine. Egli è nel film colui che dà senso alle immagini, rispetto alle quali ha funzione di ancoraggio. L’inquadratura che più attesta il protagonismo del personaggio è il PRIMO PIANO in quanto noi riconosciamo il personaggio stesso al viso. ALCUNE RIFLESSIONI SUL PRIMO PIANO E SUL LAVORO DELL’ATTORE NEL CINEMA Le reazioni del pubblico e della critica riguardate al primo piano erano molto perplesse in quanto questo codice era alquanto anomalo. Non si era soliti a vedere il volto così protagonista. Esso andava a rompere la riproduzione naturalistica del corpo umano, andando a rendere enorme il volto dell’autore. Nei primi film in cui compare il primo piano, infatti, la figura non è usata in modo naturalistico, ma comprare all’interno di un racconto irreale, fantastico. ESEMPIO 1. 16 THE BIG SWALLOW (it. Il grande boccone) di JAMES WILLIAMSON del 1901. In questo film abbiamo un personaggio che è importunato da un operatore cinematografico che lo vuole riprendere e allora lui inghiotte l’operatore. --> primo piano usato in modo scherzoso e macabro. L’HOMME A LA TETE EN CAOUTCHOUC (it. L’uomo dalla testa di caucciù) di George Méliès del 1902. Il primo piano è visto sotto una cornice irreale, scherzosa. Per realizzare il trucco dell’ingrandimento della testa, per il quale questo film è famoso, Méliès escogitò un sistema geniale; eppure, bizzarro: egli costruì un carrello, ma non per muovere la cinepresa, bensì per muoversi verso di essa. Durante questa scena, Méliès sta seduto a un tavolo posto su una piattaforma mobile, ciò che noi vediamo solo la sua testa che sbuca da un telo nero. Quando il carrello si avvicina alla cinepresa, la testa si ingrandisce, quando si allontana, la testa rimpicciolisce. Sinossi: Méliès è nel suo laboratorio e da una scatola estrae una copia in miniatura della propria testa, la pone su di un ripiano dotato di un tubo, prende un soffietto e comincia a gonfiarla come fosse un palloncino. La testa cresce a dismisura fino a che il suo possessore non decide di rimpicciolirla di nuovo, chiamato un suo assistente e lo invita a ripetere l’esperienza. Il nuovo arrivato, però, non si rende conto di quanta aria stia facendo arrivare alla testa e finisce col farla esplodere. Méliès furibondo caccia a calci nel sedere il malcapitato, poi si abbandona alla disperazione Quel che i due film ci insegnano è molto semplice: il primo piano, figura perturbante ed estranea all’enciclopedia dello spettatore cinematografico dell’epoca, sembra poter esistere solo in mondi in cui era possibile gonfiare a piacere la propria testa come fosse uno pneumatico o divorare d’un sol boccone un operatore e la sua cinepresa Un po’ alla volta si inizia a comprendere che il primo piano può essere usato anche per altri scopi. Inizia a esserci posto per una narrazione più realistica. Tuttavia, vi è la difficoltà di capire in che modo inserire il primo piano nel flusso complessivo del film. Nel film THE GREAT TRAIN ROBBERY (it La grande rapina al treno) di EDWIN PORTER del 1903, non abbiamo più una narrazione irreale e fantastica dettata dal primo piano, ma viene usato all’inizio e alla fine del film con una funzione spettacolare. Nel catalogo Edison viene scritto che il primo piano di Barnes è fatto nel momento in cui egli guarda e spara sugli spettatori. Il primo piano, però, nel corso degli anni ’20, questa tipologia di inquadratura inizia ad essere usata in modo più massiccia. Esso inizia a essere usato in modo più naturalistico per mostrare i sentimenti del personaggio, le sue evoluzioni psicologiche, il modo che ha di percepire il farsi 17 della storia, il modo in cui lui porta avanti la storia stessa attraverso la propria volontà. --> si vuole sollecitare un forte coinvolgimento del pubblico. Un esempio importante, per quanto riguarda questo uso di primo piano, lo abbiamo con il film LA PASSION DE JEANNE D’ARC (it. La passione di Giovanna d’Arco) di THEODOR DREYER del 1927. I primi piani rivestono un ruolo di grande femminilità. È un film costruito praticamente solo di PRIMI PIANI e PRIMISSIMI PIANI. L'effetto è sorprendente: il volto cessa si colpire per la sua vicinanza alla camera (e quindi al pubblico) e diviene una sorta di paesaggio da esplorare con partecipazione. Il viso di Giovanna, interpretata da una intensa Renée Falconetti "racconta" la sua storia, senza la necessità di più ampie inquadrature d'ambientazione. Il film, oggi è considerato un grande capolavoro della storia del muto, viene, da un lato, molto ammirato dalla critica del tempo, ma dall’altro lato, viene accusato di essere sgradevole proprio per la presenza così massiccia dei primi piani. Parallela a questa discussione sul primo piano pone, negli ’20, dei problemi sulla recitazione dell’attore di cinema, in quanto deve adottare una recitazione commisurata all’occhio meccanico che lo guarda in modo anche invadente. ESEMPIO: SOULS FOR SALE di RUPERT HUGHES del 1923. Il film racconta la giovane mitologia hollywoodiana che fugge dal matrimonio e che viene adottata da una troupe cinematografica dove lavora come semplice comparsa, per poi sottoporsi a un provino comico, ma con esisti disastrosi Questo film riflette in modo straordinario una riflessione che un grande teorico della storia del cinema BÉLA BALAZS formula rispetto al problema della recitazione nel cinema muto. “È evidente che nei film in cui basta un movimento quasi impercettibile per esprimere una grande passione, nei film in cui il battere d’un ciglio può rivelare la tragedia di un’anima, i gesti eccessivi e le smorfie sguaiate riescono insopportabili. […] Sulla «naturalezza» dell’espressione vigila spietatamente la macchina da presa: essa svolge, a distanze così ravvicinate, la funzione di un vero e proprio microscopio. […] Anche al migliore degli attori, il regista raccomanda, al momento di girare un primo piano: «Non reciti, per carità. Non faccia nulla. Esprima quello che sente. Basta ciò che dice, spontaneamente, il suo volto». --> Viene sottolineata come sia sgradita una recitazione troppo calcata, per il fatto che l’attore è ripreso da vicino rispetto al teatro dove l’attore viene visto a distanza. Anche WALTER BENJAMIN, nel suo saggio L’OPERA D’ARTE ALL’EPOCA DELLA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA, attua una riflessione riguardo alle pretese che impone la macchina da presa all’attore 18 cinematografico. Egli allarga il quadro della sua riflessione rispetto a Balazs, sostenendo che oltre allo sguardo, l’attore non recita davanti a un pubblico, ma si deve rivolgere alla macchina da presa. «L’attore cinematografico, infatti, non recita davanti a un pubblico, ma davanti a un’apparecchiatura. […] Recitare sotto la luce dei riflettori e contemporaneamente soddisfare le esigenze poste dal microfono, è una prestazione di verifica di primissimo piano. Rappresentarla significa saper conservare la propria umanità dinnanzi all’apparecchiatura. […] Al film non importa tanto che l’interprete presenti al pubblico un’altra persona, quanto che egli presenti sé stesso di fronte all’apparecchiatura». --> l’attore di cinema deve riuscire a conservare la propria umanità anche se si trova a recitare davanti a un ordigno meccanico, presentando sé stesso, la propria umanità e non un personaggio. Il cinema, ancora nella fase del muto, riflette sui rischi della recitazione cinematografica, già gravata dalla mancanza della parola. Un altro film che riflette su questo tema è MASCHERE DI CELLULOIDE di KING VIDOR del 1928. Esso racconta una storia molto simile a quella di “souls for sale”, ma rovesciata. È uno degli ultimi film hollywoodiani muti. La protagonista è una ragazza che vuole diventare attrice e sostenuta dal padre raggiunge Hollywood. Il problema è che lei non è portata per i film seri, bensì per quelli comici. Nel corso della storia del cinema, il primo piano è diventato un espediente tipico, utilizzato abitualmente nel film, dove spesso viene usato come SPECCHIO DELL’ANIMA per mostrare l’interiorità del personaggio in cui si trovano i sentimenti della persona. Vi è una scena del film VISKNINGAR OCH ROP (it. Sussurri e grida) di INGMAR BERGMAN del 1972 dove abbiamo un momento meta- cinematografico. Il film pare interrompere la propria narrazione per attivare una riflessione sui poteri e limiti del primo piano. L’uomo legge il corpo della donna come un abbattimento morale che sta colpendo il personaggio femminile. La scena mette in crisi l’idea che il primo piano riveli l’interiorità del personaggio. Qui, abbiamo anche un primissimo piano. È l’analisi fredda e impietosa a conferire a questo momento un valore perturbante. Rondolino e Tomasi hanno proposto una schematizzazione dell’inquadratura di questa scena. Il primissimo piano si articola in 4 diversi quadri che corrispondono ai vari aspetti drammatici su cui il quadro è costruito: → PPP DEL DOTTORE --> attua un’introduzione, dove invita Maria a recarsi allo specchio → PPP DI MARIA --> sentiamo la descrizione del viso di Maria → PPP DI MARIA E DELLA BOCCA DEL DOTTORE --> il dottore interpreta i lineamenti ed elementi dando un significato morale negativo. 19