Studi sul particolarismo culturale di Boas PDF

Summary

Il documento tratta il particolarismo culturale di Franz Boas. Esplora i metodi di ricerca antropologica e il concetto di relativismo culturale, opposto all'evoluzionismo. Argomenta l'importanza della comprensione delle culture in base alle loro specificità. Analizza inoltre, il metodo scientifico basato sull'osservazione diretta di fatti concreti, la raccolta e l'analisi dei dati per l'elaborazione di teorie e leggi.

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Il particolarismo culturale di Boas GLI STUDI SUL CAMPO E LA METODOLOGIA Franz Boas (1858-1942) è stato il caposcuola dell’antropologia statunitense e il maestro di una generazione di brillanti studiosi, autentici protagonisti della cultura americana verso la metà del Novecento: Alfred Kroeber, Ed...

Il particolarismo culturale di Boas GLI STUDI SUL CAMPO E LA METODOLOGIA Franz Boas (1858-1942) è stato il caposcuola dell’antropologia statunitense e il maestro di una generazione di brillanti studiosi, autentici protagonisti della cultura americana verso la metà del Novecento: Alfred Kroeber, Edward Sapir, Ruth Benedict, Margaret Mead, Robert Lowie. Con Boas e i suoi allievi, diretti o indiretti, gli studi etno-antropologici conobbero una fioritura straordinaria, portando gli Stati Uniti all’avanguardia della ricerca in questo campo. Si dedicò allo studio degli indiani della costa Nord-Ovest e, tra il 1919 e il 1922, dei Pueblos, un gruppo di popoli nativi americani stanziati nelle aride regioni dell’Arizona e del Nuovo Messico. Boas è stato lo studioso che ha fatto di più per la conoscenza e la conservazione delle lingue degli indigeni americani: ne parlava moltissime, e di una decina raccolse e pubblicò le regole grammaticali. È importante che un antropologo apprenda la lingua dei popoli che osserva, perché la condivisione linguistica permette non solo di comunicare più facilmente, ma consente una migliore comprensione della mentalità e dei valori di un gruppo umano; la lingua infatti è un elemento essenziale della cultura e dell’identità di un popolo. Il motto di Boas era «Tutti sul campo!». Contrario all’etnologia da tavolino, alle sintesi evoluzionistiche elaborate su documenti di seconda mano reperiti presso missionari ed esploratori, egli propugnava un metodo di ricerca induttivo sul modello delle scienze naturali, che può essere riassunto nel seguente schema: osservazione diretta di fatti concreti; raccolta e analisi dei dati; elaborazione di teorie e leggi. DAL PARTICOLARISMO AL RELATIVISMO CULTURALE Boas studiò le società degli indiani americani del Nord-Ovest, come i Kwakiutl della Columbia britannica, in tutti i loro aspetti. Sono celebri le sue analisi del potlach, una singolare cerimonia di cui Boas rivelò il significato economico e sociale. Il potlach è un rituale durante il quale un ricco ospite ostenta il suo prestigio e i suoi beni, distribuisce doni agli invitati e, per ribadire la sua condizione abbiente, brucia e distrugge oggetti di valore. Gli invitati sono tenuti a ripetere a loro volta il potlach e a essere altrettanto generosi, in una specie di gara sociale che ha funzioni ben precise: fa circolare la ricchezza, conferma il rango e impedisce l’eccessiva accumulazione di beni in una sola persona, che potrebbe mettere in pericolo l’equilibrio sociale. Boas rifiutò gli schemi dell’evoluzionismo, che reputava una costruzione mentale non sufficientemente provata da fatti storici e incline a generalizzazioni troppo ampie. Ogni cultura, secondo Boas, possiede delle peculiarità che la rendono unica e irriducibile a uno schema universale come quello degli stadi evolutivi. Questa impostazione è stata definita particolarismo culturale: si tratta di un punto di vista secondo il quale ogni cultura deve essere studiata e compresa in relazione allo specifico ambiente in cui si sviluppa e ai problemi che deve affrontare. Il particolarismo è la premessa indispensabile del relativismo culturale, ovvero di quella concezione per cui tutte le culture hanno una loro validità, e per questo non ha senso valutarle secondo parametri esterni, prodotti da una cultura che si reputa migliore delle altre (etnocentrismo). Nella seconda metà del Novecento il relativismo culturale fu condiviso da quasi tutti gli antropologi statunitensi, molti dei quali, come si è detto, furono allievi di Boas. LESSICO particolarismo culturale: punto di vista antropologico secondo cui ogni cultura deve essere studiata in relazione allo specifico ambiente in cui si sviluppa; il particolarismo è la premessa del “relativismo culturale” (v.). relativismo culturale: concezione secondo la quale tutte le culture hanno una loro validità e non ha senso valutarle secondo i parametri di una cultura che si considera superiore. etnocentrismo: tendenza a interpretare ogni cosa secondo il punto di vista della cultura a cui si appartiene, che è ritenuta migliore delle altre. I SUCCESSORI DI BOAS La scuola antropologica di “Cultura e personalità” fiorì negli Stati Uniti negli anni Trenta del Novecento per opera di allievi di Boas; gli esponenti principali di questo indirizzo furono Abram Kardiner (1891-1981), Ralph Linton (1893-1953), Ruth Benedict (1887-1948), Margaret Mead (1901-1978). Questi autori concepirono la cultura come un sistema di comportamenti che caratterizza un determinato ambiente sociale, trasmesso da una generazione all’altra attraverso quel processo di trasmissione culturale che prende il nome di “inculturazione”. Nella prospettiva di questo indirizzo, tutti i membri di una cultura condividono un certo numero di tratti comportamentali appresi durante l’infanzia e l’adolescenza, il cui insieme costituisce la personalità di base, ovvero il denominatore comune degli individui appartenenti alla stessa cultura. A tale proposito sono celebri le ricerche comparative condotte da Margaret Mead su due popolazioni della Nuova Guinea gli Arapesh e i Mundugumor, che permisero alla studiosa di rilevare una significativa correlazione tra metodi educativi e tratti della personalità: gli Arapesh, vezzeggiati e nutriti abbondantemente, erano di regola miti e tranquilli, mentre i vicini Mundugumor, allevati con metodi duri e frustranti, spesso manifestavano comportamenti violenti. Il funzionalismo antropologico di Malinowski L’ESPERIENZA SUL CAMPO Bronislaw Malinowski (1884-1942) è considerato il principale teorico del funzionalismo antropologico, un punto di vista che collega la funzione della cultura ai bisogni biologici dell’uomo. Egli fu, come Boas, un emigrante culturale: nato in Polonia nel 1884, visse e lavorò dapprima a Londra (come professore alla London School of Economics), poi negli Stati Uniti (come professore a Yale dal 1938 al 1942, anno della sua morte). Dal 1914 al 1918 soggiornò a più riprese nelle isole Trobriand, situate di fronte alle coste della Nuova Guinea (Etnocarta): da questa esperienza di ricerca sul campo nacquero i volumi Argonauti del Pacifico occidentale (1922) e La vita sessuale dei selvaggi della Melanesia nord-occidentale (1929). L’importante testo Teoria scientifica della cultura, in cui Malinowski espone i fondamenti teorici del funzionalismo, fu pubblicato dopo la sua morte, nel 1944. LESSICO funzionalismo antropologico: punto di vista teorico elaborato da Malinowski, che si propone di chiarire la funzione della cultura collegandola all’uomo biologico e ai suoi bisogni; come insieme delle risposte socialmente organizzate ai fondamentali bisogni umani, la cultura ha principalmente la funzione di proteggere la specie. Durante la sua permanenza alle isole Trobriand, Malinowski si immerse nella vita sociale degli indigeni, cercando sempre di non fermarsi alle apparenze e di capire la funzione sociale di tutte le usanze, anche le più singolari. Ad esempio, nel saggio del 1922 Argonauti del Pacifico occidentale Malinowski descrisse il kula ring (“circuito kula”) una forma di scambio cerimoniale praticato dagli abitanti di una trentina di isole disposte a cerchio in un’area geografica limitata. Nel kula collane di conchiglie rosse erano scambiate con bracciali di conchiglie bianche, secondo regole ben precise, nel corso di visite che gli abitanti delle varie isole si facevano reciprocamente. Al kula si accompagnava il baratto di prodotti utili, come ad esempio cibi, bevande, oggetti di uso quotidiano. Malinowski rivelò il significato economico e sociale di questa usanza tribale: scoprì che il complicato cerimoniale serviva a promuovere la solidarietà sociale e a stabilire il principio di reciprocità, base del diritto e delle relazioni sociali degli isolani. Altri aspetti della vita sociale dei Trobriandesi che interessarono Malinowski furono la magia – che con i suoi riti e le sue formule accompagnava molti momenti dell’esistenza degli indigeni, dalla costruzione di una canoa al suo varo, dalla navigazione all’orticoltura – e l’organizzazione familiare: in particolare egli fu colpito dalla grande libertà sessuale prematrimoniale dei Trobriandesi e dalla particolare posizione sociale della donna infatti la discendenza era matrilineare e l’uomo più importante all’interno del nucleo familiare era lo zio, fratello della madre, a cui spettava l’educazione e la tutela dei nipoti. Prima dell’antropologia L’atteggiamento antropologico è qualcosa di diverso dalla semplice curiosità per usi e costumi di popoli stranieri. Se quest’ultima è sempre stata presente nella cultura europea, l’atteggiamento antropologico comporta un distacco critico e un’attitudine a mettere in discussione l’eurocentrismo che si sono manifestati in Europa solo a partire dal Settecento, con l’Illuminismo. Esempi di questa nuova sensibilità sono offerti dai racconti filosofici di Montesquieu, Voltaire, Diderot, che nelle loro opere anticiparono temi e problemi trattati dall’antropologia nei secoli successivi. Gli inizi dell’antropologia: l’evoluzionismo MORGAN I primi antropologi, nella seconda metà dell’Ottocento, aderirono all’evoluzionismo. Essi proposero degli schemi di sviluppo storico-culturale universali, ossia validi per tutte le civiltà. Lo statunitense Lewis Morgan (1818-1881) diede inizio alle ricerche di antropologia della parentela e tracciò uno schema evolutivo delle società umane che comprende tre fasi: la fase di vita selvaggia, la barbarie e la civiltà. TYLOR Edward Tylor (1832-1917) applicò uno schema evoluzionistico alla storia delle religioni, distinguendo tre forme universali di spiritualità, che, disposte in ordine di complessità crescente, sono: animismo, politeismo, monoteismo. FRAZER James Frazer (1854-1941) fu un grande studioso di miti e religioni. La sua spiegazione evoluzionistica riguarda le conoscenze umane, che evolvono da forme prescientifiche, come la magia e la religione, alla scienza moderna, unico sistema conoscitivo che può controllare e prevedere i fenomeni della natura. Gli autori “classici” dell’antropologia BOAS Franz Boas (1858-1942), insigne linguista e fautore della ricerca sul campo, studiò i nativi nordamericani, scoprendo i significati economici e sociali del potlach, una cerimonia tradizionale di ostentazione e “spreco” delle ricchezze. Caposcuola di una generazione di brillanti studiosi statunitensi, egli si oppose all’evoluzionismo e sostenne il particolarismo culturale, un punto di vista per il quale ogni cultura deve essere studiata in relazione allo specifico ambiente in cui si sviluppa; il particolarismo è la premessa del “relativismo culturale”, secondo cui tutte le culture hanno una loro validità e non ha senso valutarle secondo parametri esterni, che sono quelli prodotti da una cultura che si reputa migliore delle altre. MALINOWSKI Bronislaw Malinowski (1884-1942) è stato il principale teorico del funzionalismo, secondo cui la cultura è l’insieme delle risposte socialmente organizzate ai fondamentali bisogni umani, e ha la funzione di proteggere la specie e garantire migliori condizioni di sopravvivenza. Malinowski maturò le sue teorie durante il lavoro sul campo in Melanesia, presso i trobriandesi, di cui studiò i costumi sessuali e i molteplici significati di uno scambio cerimoniale di beni chiamato kula ring (“circuito kula”). LÉVI-STRAUSS Claude Lévi-Strauss (1908-2009) ha legato il suo nome allo strutturalismo, un’impostazione teorica che ricerca le strutture, ovvero quei vincoli mentali universali che sono alla base della cultura e che segnano il confine tra natura e cultura. Come studioso della parentela egli individuò delle strutture universali di mediazione tra natura e cultura, come il tabù dell’incesto, che rende obbligatoria l’esogamia. Mettendo in contatto tribù diverse e potenzialmente nemiche, l’esogamia ha contribuito a creare alleanze e legami pacifici, necessaria premessa dello sviluppo di una società.

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