Psicologia Generale - Lezione 8.2 PDF - 06/12/2024

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Questi appunti riguardano la lezione 8.2 di Psicologia Generale del 06/12/2024 incentrata sulle emozioni, come l'empatia. Vengono descritti i comportamenti e le reazioni relativi all'empatia

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Sbobinatore: Alessandro Gamba Revisore: Valentina Borsi Materia: Psicologia Generale...

Sbobinatore: Alessandro Gamba Revisore: Valentina Borsi Materia: Psicologia Generale Docente: Anna Maria Della Vedova Data: 06/12/2024 Lezione n°: 8.2 Argomenti: Emozioni e Comunicazione Modalità di esame: l’esame si svolgerà in modalità telematica e sarà necessario utilizzare un proprio dispositivo. Sarà necessario essere iscritti alla comunità didattica ed essere iscritti all’esame. L’esame si svolgerà sulla piattaforma EsseTre (Moodle) e sarà composto da 31 domande a risposta chiusa, ognuna delle quali vale un punto. È possibile svolgere un test cartaceo/orale su richiesta. LE EMOZIONI La professoressa, prima di introdurre la definizione formale di empatia, chiede alla classe di provare a dare una definizione di empatia e le risposte sono varie, per esempio l’empatia viene definita come: “entrare in contatto con un’altra persona e cercare di entrare nel suo animo stabilendo una connessione, provando la stessa emozione”. EMPATIA L’empatia può essere definita come la capacità di mettersi nei panni di qualcun altro, cercando di capire quello che sta vivendo, senza essere travolti dalle sue emozioni. Essa prevede un processo di ascolto, il riconoscimento delle emozioni, il ritorno in sé e l’elaborazione della situazione. L’empatia è fatta di due passaggi: in primis sentire ciò che l’altro prova e in secondo luogo è contraddistinta dal mantenimento del distacco tra il soggetto e l’interlocutore. Questo secondo passaggio ci permette di vivere le emozioni come se fossimo il soggetto (concetto del “as if”), ma essendo consapevoli di non esserlo. Per questa ragione, persone che a causa del loro lavoro sono esposte a sofferenza, dolore, tristezza, morte, sono invitate a partecipare a gruppi di lavoro e di confronto, nei quali sviluppare la capacità empatica, rafforzando la componente del distacco. Di seguito viene riportata una ricerca citata dalla professoressa che riguarda lo studio dell’attivazione di aree neurali associate all’empatia. Reward and empathy in the treating clinician: the neural correlates of successful doctor-patient interactions Questa nota ricerca scientifica ha dimostrato come fosse possibile attivare delle aree del cervello associate a emozioni specifiche anche solo osservando un soggetto che provava quella determinata emozione. In questo esperimento si simulava la situazione in cui dei dottori facevano provare dolore ai pazienti attraverso i loro metodi e le loro azioni. Il risultato di questa ricerca fu che nei dottori più empatici si attivavano delle aree del cervello tipiche di chi è più empatico, a differenza dei dottori meno empatici. L’empatia non è quindi soltanto qualcosa di astratto e solo definibile a parole, ma è associata concretamente ad aree specifiche del cervello. L’empatia è un lavoro complicato ed è possibile apprendere ad essere empatici imparando da dei modelli, ad esempio da dottori molto empatici ed umani. I neuroni Mirror I neuroni mirror sono neuroni specifici che si attivano in assenza di movimento e ci permettono di capire come il nostro cervello sia in grado di attivare gli stessi circuiti neurali che sono attivi nella persona che stiamo osservando. Sono stati scoperti prima dal punto di vista motorio attraverso un esperimento condotto su alcune scimmie. Le scimmie prese in esame osservavano gli sperimentatori mentre si muovevano (nello specifico mentre bevevano). Questa osservazione attivava i neuroni motori delle scimmie, le quali però inaspettatamente non si stavano muovendo (l’attivazione del neurone motorio dovrebbe invece causare un movimento del corpo). Di conseguenza, si riuscì a capire come solo l’osservazione del movimento portava all’attivazione di questi neuroni mirror (tipici della corteccia motoria). In seguito, venne scoperta analogamente l’attivazione di neuroni associati stavolta alle emozioni. 1 Esperimento sul disgusto In questo esperimento che riguarda il disgusto (emozione primaria), si mostravano a delle persone delle fotografie raffiguranti tre soggetti differenti: Un soggetto che aveva un’espressione disgustata nel sentire un odore da un bicchiere; Un soggetto che aveva un'espressione di piacere; Un soggetto che aveva un'espressione neutra. Mentre venivano mostrate le seguenti fotografie, le persone erano collegate ad apparecchi di neuroimaging e gli psicologi monitoravano in contemporanea l’attivazione delle aree cerebrali potenzialmente interessate. Si scoprì che l’area tipica di quando si prova il disgusto, ovvero la corteccia insulare, si attivava anche nelle persone che osservavano la foto in cui il soggetto provava disgusto, pur non essendo loro stessi a provare il disgusto in prima persona. In conclusione, osservare un’emozione porta all’attivazione dell’area che si attiva quando proviamo la suddetta emozione in prima persona. Questo mirroring diviene il meccanismo funzionale della simulazione incarnata, un vocabolario implicito, non verbale, motorio per la comprensione di azioni, comportamenti ed emozioni altrui. Fondamentalmente, significa che noi comprendiamo l’emozione attraverso il riutilizzo degli stessi circuiti neurali su cui si fonda la nostra esperienza emotiva. La regolazione emotiva La regolazione emotiva è la capacità di regolare i propri stati emozionali in modo ottimale attraverso le esperienze che viviamo. La capacità di regolazione emotiva si apprende crescendo, anche grazie al supporto in tenera età di una figura parentale o caregiver che offre un modello di regolazione delle emozioni. Il bambino a poco a poco apprende e interiorizza questa funzione e diviene capace di regolare le proprie emozioni. Esistono vari studi circa la regolazione emotiva che provano come le relazioni amorevoli forniscono ai bambini piccoli un senso di conforto, fiducia e sicurezza. LA COMUNICAZIONE La professoressa introduce la comunicazione dicendo che la tratterà con un approccio relazionale, pur essendoci molti altri punti di vista dai quali potrebbe essere studiata e trattata. “Il soggetto umano è un essere comunicante così come è un essere pensante, emotivo e sociale” (Ricci Bitti, Zani 1983). La comunicazione non va dunque pensata semplicemente come mezzo o strumento, bensì come una dimensione psicologica e ontologica costitutiva del soggetto. L'essere umano, infatti, non sceglie se essere comunicante o meno, l’essere umano nasce comunicando e non può far a meno della comunicazione, per questo motivo la comunicazione è definita come una dimensione costitutiva1. L ’essere umano può eventualmente scegliere in che modo comunicare. Esistono degli studi sulla vita prenatale che testimoniano come già il feto è in comunicazione a livello emotivo (gioia e stress) e sensoriale (feto percepisce la voce della madre) con la madre e addirittura ci sono genitori che hanno testimoniato che nelle ultime fasi della gravidanza è possibile stabilire una comunicazione col feto. Secondo queste testimonianze, i genitori “toccavano” il feto attraverso dei tocchi sull’addome materno e il bambino rispondeva scalciando. La professoressa chiede alla classe perché è impossibile non comunicare e i compagni rispondono con: “perché anche non comunicando si comunica” e “è possibile comunicare anche in maniera inconsapevole”. Difatti è possibile comunicare anche in maniera non consapevole, soprattutto attraverso una comunicazione non verbale che riguarda il nostro corpo. La comunicazione può essere: Verbale; Non verbale; Intenzionale; Non intenzionale. La comunicazione verbale e non verbale non si escludono mutualmente e possono avvenire in contemporanea. La comunicazione è un meccanismo molto complesso ed è necessario calarsi nelle interazioni umane per comprenderla al meglio. Senza interazioni umane e senza aspetti comunicativi è impossibile svilupparsi e la mancanza di interazione in età adulta porta ad una forte sofferenza emotiva. Siamo immersi in un mondo relazionale sin dalla vita intrauterina e ciò che siamo è il prodotto dell’interazione. 1 Il concetto di comunicazione costitutiva riprende il primo assioma di Watzlawick (ovvero che è impossibile non comunicare). 2 La professoressa cita un proverbio africano: “Noi siamo attraverso gli altri” per ribadire il fatto che le relazioni umane stanno alla base del nostro sviluppo. Ci formiamo, ci costruiamo una mente, ma quando si comincia? Il giovane embrione, privo di sistemi sensoriali, è in gran parte isolato da un contatto percettivo diretto con l'ambiente esterno. Tuttavia, persino negli stadi precoci dello sviluppo, i geni non operano in modo totalmente indipendente dal mondo esterno. L'ambiente chimico dell'embrione è, per necessità, in contatto diretto con la chimica del corpo materno. L'embrione non può produrre da sé gli amminoacidi impiegati per assemblare le proteine necessarie allo sviluppo cerebrale e corporeo. Questi devono essere desunti dalla madre, che li ricava dal cibo che ingerisce. La dieta materna può essere anche la fonte di sostanze meno appetibili - tossine e additivi chimici negli alimenti, per esempio - così come l'aria che respira, i farmaci che assume e le sigarette che può fumare. Il livello di stress materno influirà sul suo stato ormonale, che può condizionare l'embrione, non diversamente dagli anticorpi che la madre produce per contrastare le infezioni. Anche se le principali caratteristiche del cervello sono dettate da un programma genetico (il quale assicura che tutti i cervelli umani abbiano il medesimo aspetto e funzionino virtualmente allo stesso modo), questo programma impone determinate condizioni nell'ambiente chimico interno in cui si svilupperanno i neuroni. Se questa interazione gene-ambiente interno è turbata, lo sarà anche il normale sviluppo cerebrale. Natura e cultura interagiscono fin dall'inizio! Negli esseri umani la grande maggioranza dei neuroni è creata nei mesi immediatamente precedenti la nascita. Nel momento di massima produzione vengono creati circa 250.000 neuroni al minuto (Le Doux, 2002, p. 91). In sintesi, Le Doux ci dice che fino dal periodo embrionale l’individuo è in comunicazione col corpo della madre e, attraverso quest’ultimo, in comunicazione con l’esterno; ci dice anche come nel momento di massima produzione vengono creati circa 250.000 neuroni al minuto. La professoressa approfondisce l’argomento, affermando come è stato scoperto recentemente che alcuni neuroni si rimpiazzano, ma la maggior parte si perdono dato che sono cellule che non vanno incontro a mitosi. "Il cervello è da sempre immerso in una rete di comunicazioni e relazioni" è una frase da tenere presente, a maggior ragione nel contesto della professione medica, considerato il rapporto che si sviluppa tra medico e paziente. La mancanza di comunicazione infatti porta a sofferenza da parte di tutti i pazienti (maggiormente nei soggetti anziani). Le motivazioni principali alla base della comunicazione sono: È una condizione ontologica dell'essere umano; È una necessità primaria, imprescindibile; Il nutrimento della psiche è la comunicazione (con sé stessi e con gli altri); Si comunica per farsi capire e per capire; L’uomo nasce come essere relazionale. Il termine comunicazione deriva da "communio", ossia l’azione del mettere in comune, che comporta partecipazione, trasmissione, diffusione, scambio e condivisione. È un processo bilaterale, ossia un sistema con circuito a retroazione nel quale difficilmente si possono individuare un inizio e una fine. La comunicazione è un processo attivo che implica almeno due attori che compiono sforzi in funzione della riduzione dell'ambiguità. Questo processo è diverso dal concetto di informare, che, al contrario, ha il solo fine di trasmettere contenuti, non per forza raggiungendo a pieno lo scopo comunicativo. Informare è un processo riduttivo rispetto a comunicare. Infatti, noi non possiamo essere a conoscenza di ciò che c’è nella mente degli altri, ma attraverso la comunicazione, ossia l’insieme degli sforzi messi in atto per rendersi trasparenti, operiamo un processo di condivisione degli elementi propri di ciascun soggetto, cercando di vincere le ambiguità intrinseche nel linguaggio. La comunicazione è complessa e riguarda molti ambiti, pertanto nella costruzione del messaggio non tutto ciò che la nostra mente pensa viene incluso. Questo meccanismo (vissuto spesso nel quotidiano) sta alla base del “misunderstanding”, ovvero non capirsi a causa di un equivoco o di un errore nella comunicazione. È necessario conoscere il processo comunicativo e cercare di evitare le ambiguità. Soprattutto nella professione medica è fondamentale saper comunicare e per primi, in quanto medici, bisogna cercare di essere il quanto più chiari possibile (immaginiamo il caso in cui un paziente sia timido e vergognandosi di chiedere di ripetere un’indicazione, compie un'azione sbagliata, potenzialmente pericolosa). 3 La figura sopra riportata rappresenta uno schema riassuntivo del processo comunicativo ridotto ai suoi minimi termini, che richiede: La presenza di un emittente; La presenza di un ricevente; La costruzione di un messaggio, che viene plasmato e verificato dagli interlocutori. Le fasi della comunicazione sono 4: 1. Codificare: quando si vuole comunicare qualcosa bisogna stabilire un codice, analogico o digitale. Esso richiede un processo in serie di associazione di simboli/numeri e, dunque, un intervallo di tempo da impiegare per esprimerlo. È affidata al codice la definizione del grado di efficacia del linguaggio scelto; 2. Decodificare: trasformare un contenuto psichico in un fatto comunicativo (deve essere considerata primariamente la difficoltà che il soggetto ha nel decodificare le proprie emozioni, ancor prima di trovare un metodo efficace per la loro espressione); 3. Canale: è il mezzo fisico che rende possibile la trasmissione del messaggio; 4. Contesto2: è l’insieme di informazioni che diamo a chi ci ascolta. È fondamentale per ridurre la probabilità di incappare in equivoci ed esprimere un messaggio chiaro. In una comunicazione costruttiva sia emittente che ricevente sono attivi: il primo con l’obiettivo di trasmettere il messaggio, mentre il secondo con l'obiettivo di rimandare un feedback positivo al primo. Il feedback è fondamentale per accertarsi della correttezza della comprensione e per fare ricominciare il processo circolare comunicativo. Risulta molto importante anche la modulazione del messaggio. Nel quotidiano capita spesso di sentire: “Non è quello che mi ha detto ma come me l’ha detto”, questo perché un conto è il contenuto del messaggio, un altro è come quest’ultimo viene espresso. Esempio del contesto metaforico Il ricevente deve decodificare il messaggio ricevuto. Se abbiamo delle aspettative o dei pregiudizi, andremo a codificare il messaggio in modo errato. L’interpretazione può venir quindi condizionata dalla mente del ricevente e per questo non è mai possibile ottenere una comunicazione oggettiva e conseguentemente una comprensione perfetta del messaggio originario. 2 Il contesto viene chiamato anche metacomunicazione 4 I nostri canali comunicativi (come mostrato nell’immagine sovrastante) sono due: Canale della comunicazione verbale (richiede la conoscenza del linguaggio e della grammatica); Canale della comunicazione non verbale (si tratta di un codice non linguistico e tendenzialmente universale). La comunicazione non verbale è tendenzialmente universale, infatti una persona che si emoziona è riconoscibile dalla maggior parte delle persone. La comunicazione che prevale nel quotidiano e nelle interazioni umane è quella non verbale; infatti, è possibile accorgersi quando la comunicazione risulta poco sincera, quando una persona ci fa un “sorriso finto”, ma anche in altri casi, come quando una persona ci fa sentire la sua vicinanza nel momento del bisogno. Il parlato ha però anche una comunicazione non verbale perché il tono con cui affermo i miei pensieri conferisce un’accezione positiva o negativa al ricevente. Ad esempio, il messaggio può risultare gentile, sgarbato, frettoloso… Il parlato ha due componenti principali non verbali: L’intonazione; Il paralinguaggio (ovvero tutti i rumori che facciamo durante la comunicazione, per esempio schiarirsi la gola). LE COMPETENZE COMUNICATIVE È importante considerare che ogni individuo diventa parte di una comunità linguistica e sociale sviluppando quelle acquisizioni che costituiscono la competenza comunicativa, ossia la capacità di produrre e comprendere messaggi che lo pongono in interazione comunicativa con altri "parlanti". Queste capacità sono spesso erroneamente identificate con le abilità linguistiche e grammaticali (le quali, anche secondo gli studenti, da quanto emerso a lezione, non sono le componenti più importanti per risultare un ottimo comunicatore). Vi sono in realtà molteplici abilità extralinguistiche di enorme importanza ai fini della comunicazione: Abilità sociali, ovvero saper adeguare il messaggio alla situazione specifica; Abilità semeiotiche, il sapere utilizzare altri codici, oltre a quello linguistico, come ad esempio quello cinesico, posturale, prossemico, para-verbale ed ogni codice ad espressione corporea in generale. Competenza linguistica Capacità di produrre e interpretare segni verbali, comprende: Competenza fonologica; Competenza grammaticale e sintattica; Competenza semantica testuale (collegare e integrare le frasi nel contesto linguistico). 5 Competenza paralinguistica È la capacità di modulare le caratteristiche del significato attraverso aspetti non verbali del parlato come: Tono; Enfasi; Pronuncia; Uso delle pause e dei silenzi; Intercalare; Esclamare. Competenza cinesica È la capacità di comunicare mediante segni gestuali: Cenni; Mimica del volto; Modulazione sguardo; Movimenti del capo; Movimenti delle mani; Postura. Competenza prossemica È la capacità di modulare gli atteggiamenti spaziali e le distanze interpersonali durante l'atto comunicativo: Toccare; Orientamento del corpo (ad esempio nel rapporto medico-paziente, se il medico dà le spalle al paziente quest’ultimo si sente poco coinvolto, scarsamente considerato e non si crea un rapporto di fiducia); Regolazione delle distanze: intimità/formalità; Disposizione spaziale: superiorità/inferiorità, di fronte, di lato. Il diagramma di Hall mostra che a seconda della distanza che intercorre tra due interlocutori è possibile ipotizzare il rapporto che c’è tra le due persone prese in esame. I 40 centimetri sono considerati la distanza intima, la quale può essere sorpassata solo da individui che amiamo e di cui ci fidiamo (ad esempio familiari e/o il compagno/a). Questo è dimostrato anche da studi che affermano che gli amici o fidanzati tendono a sedersi vicini ad un tavolo, uno accanto all’altro. Se invece le persone al tavolo conducono una relazione formale tenderanno a sedersi una di fronte all’altra in modo da mantenere una maggiore distanza e in modo da poter tenere sotto controllo l’altro. Competenza pragmatica È la capacità di adeguare in base alla situazione e alle proprie intenzioni i segni linguistici e non linguistici. Esempi: In una situazione formale useremo un tono di voce moderato e formule di cortesia; Useremo un linguaggio basilare con persone che non capiscono bene la nostra lingua. Competenza socioculturale È la capacità di riconoscere le diverse situazioni sociali, le relazioni di ruolo e gli elementi distintivi di una determinata cultura. Competenza performativa È la capacità di utilizzare tutti i principi della comunicazione per migliorare la propria capacità di comunicare: Capacità di metacomunicazione; Conoscenza dei principi di base della comunicazione; Uso di tecniche argomentative. 6 GLI ASSIOMI DELLA COMUNICAZIONE DI WATZLAWICK3 L'osservazione di alcune proprietà semplici della comunicazione umana che hanno fondamentali implicazioni interpersonali origina gli assiomi della comunicazione proposti da Watzlawick. 1) Impossibilità di non comunicare "Il comportamento non ha un suo opposto" dunque ogni comportamento è comunicazione. Anche se gli attori non fanno nulla, in entrambi vi sarà il bisogno di decodificare i messaggi che l'altro emette involontariamente e quindi vi sarà di fatto uno scambio comunicativo tra essi. Ad esempio, il non fare nulla è una comunicazione (se entriamo in una sala di aspetto e non facciamo nulla in realtà gli altri percepiscono una qualche comunicazione da noi, interpretando l’espressione del viso e il modo in cui ci sediamo, per esempio). 2) Contenuto e relazione Ogni tipo di comunicazione contiene un messaggio (contenuto) e delle informazioni sulla relazione che intercorre tra le due persone che comunicano (relazione). La professoressa fa un esempio: prende il caso di un paziente malato che non riesce a comunicare in modo ottimale. Questo problema di comunicazione è dovuto alla malattia in sé o al contesto in cui il paziente è inserito? Si assiste ad un ribaltamento della prospettiva: una persona con un comportamento disfunzionale non è necessariamente colpevole, talvolta può essere anche che il sistema o che il contesto in cui è inserito il soggetto l’abbia portato a diventare un soggetto disfunzionale. La professoressa afferma che pur essendo un esempio paradossale, sono interrogativi che a volte dobbiamo porci. Tutte le informazioni che modulano il significato della comunicazione vengono definite "metacomunicazione", letteralmente “comunicazione sulla comunicazione”. La metacomunicazione offre indizi indispensabili alla decodifica del messaggio: Le intenzioni dell'emittente; Il contesto in cui deve essere collocato il messaggio; Il modo in cui deve essere interpretato per poter essere compreso. Consideriamo la frase "fai attenzione", può avere diverse connotazioni in base al contesto: Detta dalla maestra all'allievo è un ordine; Detta dalla mamma a un bambino è un'esortazione; Detta da un mafioso è una minaccia. L’ironia è un altro modo di usare la metacomunicazione per modulare un contenuto verbale. 3) La punteggiatura delle sequenze comunicative Le persone comunicano con una serie ininterrotta di scambi e ognuno, però, porta il proprio punto di vista e interpreta i messaggi alla luce di questo: ognuno usa la punteggiatura per organizzare gli scambi in un certo modo. La comunicazione è continua e ognuno pone una 'punteggiatura', ovvero inizia a considerare alcuni messaggi e non quelli prima. Ad esempio, la punteggiatura utilizzata da una moglie può sottolineare che il marito sia sempre taciturno e di cattivo umore al punto di portarla ad arrabbiarsi e alzare la voce. La punteggiatura utilizzata dal marito, invece, parte dall'evento della moglie arrabbiata a cui lui reagisce col malumore e stando zitto. 4) Comunicazione digitale e analogica. L'uomo è il solo organismo che può comunicare in modo digitale e analogico. Il modo digitale è quello della comunicazione per codici (es. codice linguistico) che in modo decontestualizzato e convenzionale stabilisce tramite la sintassi e la semantica relazioni infinite tra significanti e significati La comunicazione analogica stabilisce dei legami molto più semplici e diretti tra significante e significato. La comunicazione analogica è tutta la parte non verbale della comunicazione: un gesto o un'espressione stabiliscono una sola relazione con il significato che hanno, ed è per questo che sono meno ambigui. 3 La professoressa specifica come sia necessario ricordare ed affrontare solo il primo e secondo assioma, gli altri vengono riportati per completezza formale. 7 5) Comunicazione simmetrica e complementare Le persone possono comunicare su un piano che mantiene l'uguaglianza, per cui quello che fa uno viene rifatto anche dall'altro (comunicazione simmetrica) oppure possono collocarsi su piani diversi così quello che fa uno completa quello che fa l'altro (comunicazione complementare). Nella comunicazione simmetrica il livello è paritario, un esempio è la conversazione tipo "botta e risposta". Nella comunicazione complementare invece le posizioni vengono definite "one -up" e "one -down", non c'è un livello paritario ma un parlante ha la "supremazia" sull'altro. Un esempio è uno che parla e l'altro che segue, confermando quello che viene detto. In una comunicazione "sana" queste due modalità dovrebbero alternarsi. Nella comunicazione simmetrica esiste il rischio di escalation che impedisce l'ascolto, mentre nella comunicazione complementare esiste il rischio della rigidità dei ruoli. 1) È impossibile non comunicare; 2) In ogni comunicazione c'è un livello di contenuto e uno di relazione; 3) La comunicazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze comunicative; 4) La comunicazione umana può contenere un livello digitale e uno analogico; 5) Le comunicazioni possono essere simmetriche o complementari. L’ASCOLTO Una capacità speciale nella comunicazione è ascoltare. Chi meglio comunica è infatti colui che sa ascoltare. Il solo fatto di ascoltare riflette disponibilità, interesse, comprensione e partecipazione e permette all’altro di manifestarsi. Rogers ha parlato molto dell’ascolto attivo, ovvero di quel tipo di ascolto che viene svolto con viva attenzione. Quando ascoltiamo non siamo passivi, ma siamo presenti e pronti ad accogliere ciò che l’altro vuole comunicare. Come si attua l’ascolto attivo? Rivolgendo la propria attenzione alla persona; Segnalando la propria disponibilità all’ascolto; Ascoltando senza interrompere; Ascoltando senza giudicare (cercando di evitare pregiudizi); Mettendosi nei panni dell’interlocutore; Inviando messaggi di accoglimento e accettazione (possono essere verbali e non verbali); Incoraggiando la persona ad approfondire il suo discorso e capire cosa volesse veramente dire in caso di ambiguità; Verificando la comprensione del messaggio. La professoressa conclude la lezione ringraziando gli studenti per l’attiva partecipazione durante tutto il corso. 8

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