Sviluppo delle Patologie Tumorali PDF

Summary

Questo documento descrive lo sviluppo delle patologie tumorali, spiegando come le mutazioni cellulari portano alla proliferazione incontrollata delle cellule e all'insorgenza di tumori. Vengono descritti i diversi stadi del processo, dall'iperplasia alla displasia, fino al carcinoma in situ. Il documento evidenzia anche il ruolo dell'invecchiamento e la bassa probabilità dello sviluppo di tumori come eventi casuali.

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Sbobina 15/05/2024 So a Morena Klara Muhametaj SVILUPPO DELLE PATOLOGIE TUMORALI...

Sbobina 15/05/2024 So a Morena Klara Muhametaj SVILUPPO DELLE PATOLOGIE TUMORALI Sappiamo che la proliferazione cellulare è a carico delle cellule in G0 che vengono sollecitate da opportuni stimoli a rientrare nel ciclo cellulare. Questo processo è incoraggiato dalla presenza di cellule staminali, capaci di di erenziarsi in diversi tipi cellulari. In particolare si parla delle cellule staminali embrionali, delle cellule staminali dei tessuti e delle cellule staminali pluripotentiindotte. Le cellule tumorali sono cellule somatiche mutate in geni che controllano la proliferazione cellulare, il di erenziamento e i processi apoptotici delle cellule, che subiscono mutazioni. Queste mutazioni garantiscono alle cellule la capacità di potersi moltiplicare senza limiti. I tumori sono dunque delle malattie genetiche che però non sono a trasmissione se riguardano mutazioni che avvengono all’interno di cellule somatiche. Quindi una cellula tumorale è una cellula che era di erenziata e che a causa di mutazioni subisce un progressivo dedi erenziamento. Le mutazioni successive le danno la possibilità di riprendere il ciclo. Alternativamente una patologia tumorale può essere dovuta al fatto che le cellule staminali hanno perso le loro caratteristiche. La caratteristica principale delle cellule staminali è che dopo la loro divisione, una delle cellule glie rimane staminale, l’altra di erenzia indipendentemente. In una patologia tumorale le cellule che hanno la possibilità di dividersi sono di più e avranno la possibilità di proliferare più velocemente, non mantenendo la caratteristica tipica delle staminali. Dunque, non c’è un bilanciamento corretto, ma una disregolazione nella tipica divisione della cellula staminale. Per arrivare allo sviluppo di una patologia tumorale si parla di progressione tumorale: vari eventi si susseguono l’uno dopo l’altro no al manifestarsi della patologia. Un tessuto normale subisce prima di tutto un’ iperplasia, cioè un’eccessiva divisione. A questo stadio ci sono troppe cellule ma si mantiene un ordine interno. Successivamente quest’ordine viene perso e si passa ad una fase di displasia in cui sono avvenute delle mutazioni all’interno delle popolazioni di cellule che si stavano dividendo. Questo porta ad un’organizzazione tissutale diversa da quella originaria. La displasia aumenta no a determinare una situazione che viene de nita carcinoma in situ, ovvero un tumore che non metastatizza, cioè non ha ancora acquisito la capacità di invadere tessuti circostanti, per diventare un tumore invasivo. Quindi il cambiamento delle cellule tumorali è progressivo. Le caratteristiche delle cellule tumorali sono la proliferazione incontrollata, la capacità di sfuggire ai processi apoptotici, la capacità di sfuggire ai processi di senescenza (ingresso in G0), l’indipendenza dalla presenza di fattori di crescita e dall’inibizione da contatto. Inoltre le cellule presentano la capacità di indurre cambiamenti nella matrice extracellulare, mutazioni che hanno un e etto sui loro processi di crescita, sullo sviluppo di capacità di movimento (metastatizzare) e sulla capacità di indurre vascolarizzazione. Una volta che la cellula ha metastatizzato non ha nito di mutare, infatti dovrà acquisire la capacità di sopravvivere nel nuovo ambiente creatosi. Una singola mutazione non è su ciente. Questo gra co mette in rapporto l’incidenza della frequenza dei tumori rispetto all’età di un individuo e mette in luce che la patologia tumorale è una patologia associata all’invecchiamento e che complessivamente è un evento raro. Essendo la patologia tumorale una patologia che colpisce gli individui più anziani, questo non intacca la capacità riproduttiva delle specie. All’ interno dell’arco della vita dell’individuo ci sono circa 10^16 divisioni cellulari e la probabilità che un gene muti per ciascuna divisione è 1/10^6. Questo vuol dire che la probabilità che ciascun gene sia mutato all’interno delle cellule di un organismo è pari a 10^10. Non tutte le mutazioni avvenute all’interno di un organismo sano portano allo sviluppo di una patologia tumorale. La probabilità che il gene p53 sia mutato non è bassa all’interno di un organismo eppure fi ff fi ff fi fi ff ff ff fi ffi fi ff fi non tutti gli organismi sviluppano un tumore. Questo perché non basta la mutazione di un gene per sviluppare la patologia tumorale. Questa caratteristica è associata al fatto che si parli di trasformazione neoplasica, cioè di un processo ordinato che prevede più fasi e non un’unica mutazione. La prima fase è quella di iniziazione, in cui viene provocata la prima mutazione. La seconda fase è la promozione, durante la quale la cellula mutata deve trovare un vantaggio selettivo nel potersi replicare. Nel corso di questo vantaggio selettivo accumulerà mutazioni ed arrivati a questo punto si parla dell’ultima fase, quella di progressione. La progressione neoplasica è stata studiata nei topi, ai quali è stato somministrato un agente mutageno, DMBA, in una singola dose. Questo veniva spalmato sul corpo del topo e dopo settimane dalla somministrazione si poteva notare se il topo avesse sviluppato o meno mutazioni. La frequenza con cui avvenivano le mutazioni era bassa. Se in seguito si somministrava ai topi l’olio di crodontiglio, che promuove la divisione cellulare, allora la frequenza di sviluppare tumori cresceva notevolmente. Non è l’agente promuovente a produrre l’e etto della neoplasia perché se somministrato da solo non ha questo e etto. Quindi, per l’insorgere di un tumore serve prima qualcosa che muti il dna, ma questo deve essere associato ad un agente promuovente per cui la cellula è stimolata a crescere più del solito. Un modello molto studiato è il tumore al colon. Sono stati identi cati molti geni coinvolti nella progressione tumorale. Si è visto che molto spesso nelle cellule del colon avviene la perdita di apc, il complesso che promuove l’anafase, il che blocca le cellule in mitosi e consente un ciclo cellulare più rapido e quindi una fase di iperplasia. Successivamente, si è osservata la mutazione (attivazione) di KRAS, per cui le cellule si dividono ancora di più. A questo punto si ha una perdita di funzione di un fattore trascrizionale, SMAD4 e si passa ad un’inizio di displasia no a quando non si perde p53. Questo evento de nisce un attività di ciclo cellulare altissima, caratteristica di un tumore vero e proprio. Le cellule che costituiscono la massa tumorale sono cellule clonogeniche, cioè originano tutte da un’unica cellula che ha successivamente acquisito tutte le funzioni a valle. La prima evidenza è stata l’osservazione dei corpi di Barr delle cellule tumorali in individui donne. L’organismo femminile è un mosaico, cioè sono presenti cellule che hanno silenziato il cromosoma sessuale materno e cellule che hanno silenziato il cromosoma sessuale paterno. Si è visto, osservando le cellule tumorali di un individuo femminile, che tutte le cellule coinvolte avevano lo stesso cromosoma (materno o paterno) inattivato, quindi non rappresentavano il mosaicismo dell’individuo, ma originavano da un’unica cellula che si era divisa molte volte. La mutazione può anche avvenire a livello delle cellule staminali. Queste cellule hanno in loro stesse la capacità di dividersi, quindi, per lo sviluppo di una patologia tumorale, hanno una minore necessità della fase di progressione e promozione. Questo porta al fatto che se le mutazioni che rendono una cellula patologica avvengono a livello delle cellule staminali la progressione tumorale è più rapida. fi ff ff fi fi Agenti eziologici Ci sono dei fattori estrinseci, ambientali, che possono indurre tumori, e fattori intrinseci. Si parla di agente cancerogeno quando gli studi scienti ci lo associano direttamente allo sviluppo della patologia. Le cellule possono ereditare le mutazioni, in questo caso saranno mutazioni avvenute a livello delle cellule germinali. Altri agenti eziologici possono essere considerati errori a livello della divisione del dna. Uno degli agenti mutageni chimici è l’a atossina, prodotta da un fungo che cresce sui cereali mal conservati. È di uso in Africa e in estremo Oriente e può causare tumori epatici. Anche l’ambiente è importante nell’insorgenza di tumori. Sono stati e ettuali studi sulle popolazioni in migrazione. In particolare, si è vista la frequenza di tumori in individui che dal Giappone si trasferivano alle Hawaii. Si è notato che, mentre i Giapponesi so rono molto di tumore allo stomaco, questa incidenza è mantenuta alta dagli individui che si trasferiscono alle Hawaii,ma alla prima generazione la frequenza si riduce, per poi continuare a ridursi notevolmente in tutte le successive. Gli Hawaiani autoctoni infatti hanno un’incidenza per questo tumore molto più bassa. Stessa cosa avviene per il tumore al seno che a igge poco i Giapponesi e tanto gli Hawaiani. Il trasferimento induce un’aumento della frequenza già alla prima generazione, che si incrementa ulteriormente alla seconda. L’ambiente è dunque un fattore di rischio di notevole entità. L’essere sottoposti a più fattori di rischio contemporaneamente aumenta non in modo additivo la possibilità di incorrere nella patologia tumorale, ma in modo esponenziale. Anche alcuni batteri possono causare patologie tumorali. L’esempio più classico è quello di Helicobacter pylori, che causa gastrite ulcerosa e cancro allo stomaco. Anche i virus sono agenti eziologici per il cancro. Un esempio è il papilloma virus. Proto-oncogeni e oncosoppressori I geni che causano l’insorgenza della patologia possono essere divisi in due categorie: proto- oncogeni e oncosoppressori. I proto-oncogeni sono geni che favoriscono la proliferazione cellulare, perché promuovono il ciclo e inibiscono la morte e il di erenziamento cellulare. La loro versione mutata prende il nome di oncogene. Gli oncosoppressori sono geni che codi cano proteine che contrastano la proliferazione cellulare, inibendo il ciclo e promuovendo la morte e il di erenziamento cellulare. Entrambi i geni, quando non mutati, sono necessari per il corretto funzionamento delle cellule. Una di erenza che consente di distinguere un proto-oncogene da un oncosoppressore è il tipo di mutazione che li caratterizza: i primi, che promuovono il ciclo cellulare, nella loro versione oncogenica sono sempre iperattivi, ovvero c’è sempre un guadagno di funzione, mentre le mutazioni che colpiscono gli oncosoppressori sono mutazioni per perdita di funzione. Basta un allele mutato per il proto-oncogene a nché si sviluppi una patologia tumorale poiché le mutazioni sono di tipo dominante, mentre negli oncosoppressori le mutazioni sono recessive, quindi è necessario che entrambi gli alleli siano mutati a nché si perda la funzione. Sono state e ettuate fusioni cellulari tra cellule tumorali e cellule normali e si è veri cato che questa fusione ristabiliva il fenotipo normale della cellula tumorale fusa. Esistono dunque delle proteine, all’interno delle cellule sane, capaci di controllare la crescita irregolare delle cellule tumorali. In particolare questi studi sono stati fatti sul Retinoblastoma. In una cellula tumorale che ha perso la proteina Rb e che quindi ha perso il contatto con l’esterno, il ciclo è sempre consentito. La transizione da G0 a S è sempre consentita, ma manca il controllore negativo del ciclo cellulare, ovvero il freno, dunque la cellula prolifera continuamente. Quella che è stata de nita come “la teoria dei due colpi”, relativa alle patologie tumorali ereditarie, a erma che non basta la mutazione di un solo allele, ma è necessario che entrambi gli alleli del gene oncosoppressore siano mutati perché compaia una patologia. ff fi ff ff ff fi ffi ffl fl ff ffi ff ff ff fi fi Un altro gene oncosoppressore è p53. Se c’è p53 funzionante e la cellula subisce un danno,la cellula può decidere o “di fermarsi" e riparare il danno e quindi ripartire come una cellula somatica sana oppure può decidere di togliersi di mezzo(va in apoptosi). Se il danno viene subito da una cellula non contenente p53 la cellula non saprà più fermarsi e nelle migliori delle ipotesi durante la mitosi avendo il DNA danneggiato non riesce a segregare correttamente i cromosomi e quindi sarà indirizzata alla morte cellulare. Se la cellula riesce a segregare correttamente accumula mutazioni successive. Qui vediamo cellule con p53 e cellule senza p53, cellule dove c’è p53 vengono uccise le cellule che non rispondono invece al chemioterapico sono le cellule dove p53 è assente. Gli oncosoppressori Gli oncosoppressori sono caratterizzati da mutazioni per perdita di funzione ma ci sono anche oncosoppressori che subiscono delle mutazioni di tipo dominante come p53. Le mutazioni che colpiscono p53 possono essere mutazioni recessive o dominanti perché p53 è un fattore di trascrittore e come fattore di trascrizione funziona da tetramero. Quando un solo allele è mutato e produce p53 ma quest’ultimo non è funzionante i prodotti proteici dei due alleli andranno a sortire gradualmente nella formazione del tetramero ,quindi anche se è presente p53 wild type la presenza di un monomero di p53 non funzionante renderà il tetramero non funzionante. Possiamo dire quindi che la proteina funziona come tetramero ma se uno dei monomeri è mutato il tetramero non funziona perciò la singola mutazione si comporta come dominante anche se il gene è un oncosoppressore. Chi sono i protooncogeni? Sono dei regolatori positivi della regolazione cellulare,possono essere proteine che svolgono funzioni differenti. Possono comportarsi come protooncogeni: 1. Fattori di crescita 2. Recettori per i fattori di crescita 3. Proteine coinvolte nella trasduzione del segnale 4. Proteine che controllano il ciclo cellulare 5. Proteine pro-apoptotiche oppure anti-apoptotiche 6. Fattori di trascrizione e proteine coinvolte nella riparazione del DNA Come un protoncogene diventa un oncogene? Le varie cause possono essere una mutazione puntiforme,una disregolazione nella trascrizione,meccanismi di amplificazione genica oppure riarrangiamenti cromosomici. Nell’esperimento mostrato nella figura accanto è stato prelevato il DNA da tessuti tumorali ed è stato inserito in plasmidi(è stata fatta quindi una libreria). Con questa libreria si sono trasformate cellule sane,cioè cellule che non ciclavano(fibroblasti) Alcuni di questi fibroblasti non ciclanti acquisivano la capacità di crescere in maniera ipertrofica. Sono stati prelevati i plasmidi e sequenziati e si è visto che i geni fossano. Il primo oncogene a essere clonato in questo modo è stato RAS. Le cellule riceventi che hanno ricevuto RAS mutato sono diventate ipertrofiche. Molte mutazioni che rendono RAS ipertrofico sono mutazioni che minano la capacità GTP-asica,in modo particolare in questa mutazione che vediamo in figura la glicina diventa valina in posizione 12 consentendo quindi al RAS di legare ultimamente GTP e di trasdurre il segnale indipendentemente dal recettore chinasico che sta a monte. Recettori Un recettore viene attivato da un ligando esterno,nel momento in cui una mutazione rende un recettore attivo indipendente dal segnale questo determina il comportamento del recettore come un oncogene. D'altro canto il gene del recettore iperespresso determina l’accumulo di quel recettore. I riarrangiamenti cromosomici A determinare una sorgenza di una patologia tumorale sono anche anche gli scambi tra cromosomi non omologhi:un esempio è la traslocazione 8-14 tipica del linfoma di Burkitt. Questi sono dei siti fragili che determinano la traslocazione del gene myc in prossimità della regione regolativa della catena leggera delle immunoglobuline. Quindi myc viene ipertrascritto(myc= fattore di trascrizione della risposta precoce). Un altro metodo di traslocazione è quello che riguarda il cromosoma philadelphia che è un piccolo cromosoma che si forma attraverso una traslocazione di un pezzetto del cromosoma 9 sul cromosoma 22. In questo caso si ha la formazione di una proteina chinasi(serina-treonina chinasi) che anziché possedere un dominio regolativo che la spegne è costitutivamente attiva. BCl2 (proteina antiapoptotica per eccezione)= c’è traslocazione dei cromosomi 14-18 quindi Bcl-2 viene ipertrascitto. Se c’è tanto bcl-2 non c’è la morte cellulare delle cellule che si accumulano e non muoiono. Ci sono degli eventi di attivazione genetica che riguardano anche l’inversione,in questo caso il cromosoma che porta un recettore tirosin chinasico subisce un doppio taglio. Il recettore tirosin chinasico va a fondersi con un gene codificante una tropomiosina,che tende a accumularsi con altre tropomiosine portando a una attivazione della porzione chinasica del recettore. I GENI MUTATORI Sono coinvolti nel riparo del DNA. Se mutati causano un aumento del tasso di mutazione e/o un’instabilità genetica facilitando l’acquisizione progressiva di mutazioni in oncogeni e oncosoppressori che portano allo sviluppo di un tumore. Hanno ruolo indiretto nella genesi del cancro: la mutazione di un gene mutato determina infatti una perdita della sua funzione riparativa e quindi del meccanismo di controllo sulla stabilità del materiale genetico che è essenziale per uno sviluppo normale delle cellule I geni mutatori sono quelli che ad esempio determinano il xeroderma pigmentoso. MicroRNA e cancro Essendo regolatori dell’espressione genica,anche i microRNA possono essere classificati come oncogeni e come oncosoppressori. I microRNA oncosoppressori hanno come bersaglio dei protooncogeni Se il micro RNA è presente lega il messaggero del protooncogene e ne spegne l’espressione. Se il microRNA muta perdendo la capacità di legare il protooncogene il protooncogene non verrà degradato ,non verrà bloccata la traduzione quindi il microRNA si sta comportando da oncosoppressore perchè è la perdita di funzione che determina la disregolazione del ciclo. Se il target è un oncogene il microRNA è un oncosoppressore ,viceversa se il microRNA regola un oncosoppressore e quindi lo spegne nel momento in cui questo microRNA viene iperprodotto o si lega più efficientemente al target,allora lo spegnere in maniera forte quindi regolando un oncosoppressore il microRNA si comporta come oncogene. Virus e tumori I virus sono da una parte agenti eziologici del cancro d’altra sono stati mutati come agenti di studio di come funzionano i tumori. Ci sono delle proteine prodotte dal virus in grado di regolare la proliferazione cellulare quindi c’è un oncogenesi mediata da proteine necessarie per la sopravvivenza del virus. Il virus integra nel genoma disregolando il ciclo cellulare. Esempio SV40= Quando il virus incontra delle cellule non permissive la strategia che induce è l'integrazione del genoma,una volta che il virus si è integrato nel genoma produce grandi quantità di una proteina chiamata large T. Stessa cosa fa il papillomavirus in cellule non permissive: si integra e produce due proteine chiamate E6 ed E7. Cosa fanno queste proteine prodotte dai virus? Queste proteine vengono utilizzate dal virus per bloccare p53 e Rb E 6 lega p53 non permettendomi di fare il suo lavoro ,lo stesso modo fa E7 con Rb Il virus quindi costringe le cellule a ciclare,portandole a mutare Il retrovirus si integra in prossimità di un gene e nel momento in cui si integra le sequenza LTR funzionano anche da enhancer trascrizionali. Se un LTR si integra in prossimità di un proto oncogene andrà a regolare positivamente la trascrizione del gene determinando il guadagno di funzione La trasduzione retrovirale Il virus della leucemia di mulroney è un virus non trasformante : se un topolino viene a contatto il con virus rimane sano ma se il siero di questo topolino infettato viene preso e iniettato in un secondo topolino sano questo rischia di sviluppare un tumore. Il genoma virale ha ricombinato con il genoma della cellula e si è caricato di un gene che è un protooncogene,durante l'impacchettamento del virus all'interno della particella virale è stato impacchettato un protooncogene che una volta iniettato nel topolino successivo ha portato ad una iperespressione del gene mutato.

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