Diritto Internazionale Privato Italiano PDF
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Il documento analizza l'evoluzione del diritto internazionale privato, mettendo in evidenza i diversi approcci, dalla distinzione tra statuto personale e reale fino alla concezione moderna del bilanciamento tra sovranità statale e necessità di armonizzazione internazionale. Si approfondisce il concetto di ordine pubblico, identificandolo come un elemento relativo nel tempo e nello spazio, la cui applicazione varia in base al caso concreto ed è strettamente connesso ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico.
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1. I termini del problema e la necessità di un approccio pluridisciplinare Quando furono intrapresi i primi studi del diritto internazionale privato moderno, la circostanza che due norme provenienti da diversi ordinamenti potessero entrambe pretendere di essere applicate ad una determinata fattispec...
1. I termini del problema e la necessità di un approccio pluridisciplinare Quando furono intrapresi i primi studi del diritto internazionale privato moderno, la circostanza che due norme provenienti da diversi ordinamenti potessero entrambe pretendere di essere applicate ad una determinata fattispecie che presentasse elementi di estraneità(riconducibili a più ordinamenti giuridico nazionale) rispetto al foro, era di scarsa rilevanza pratica. Fino all’epoca degli statutari il problema dei conflitti di legge si era posto in casi rari. Bartolo da Sassoferrato distinse : - “ statuto personale”, ogni persona ovunque si trovi gode di un proprio status giuridico. - “ statuto reale”, i beni personali sono soggetti agli statuti del luogo in cui sono situati. Egli ritenne che tale distinzione avrebbe evitato qualunque forma di conflitto di legge, in quanto tutte le situazioni giuridiche erano considerate rientranti nell’una o nell’altra categoria, si parlava in sostanza di un metodo universale e preventivo di risoluzione dei conflitti di legge. Nel XVII secolo alcuni giuristi olandesi, tra cui Huber, teorizzano un approccio basato su tre postulati: - le legge di uno Stato hanno effetto nel territorio di quest’ultimo, ma non aldilà di questo; - Tali leggi vincolano coloro che transitano sul territorio definitivamente o temporaneamente; - Sulla base di un’idea di comitas gentium (odierno rispetto reciproco) leggi straniere possono essere applicate in modo da garantire la continuità delle situazioni giuridiche acquisiti all’estero, a condizione che questo non provochi pregiudizio agli interessi dello Stato territoriale. Savigny elabora il metodo “bilaterale” di soluzione dei conflitti di legge: secondo questo, il diritto applicabile ad una certa situazione con elementi di estraneità deve essere determinato applicando alcuni “criteri di collegamento” predeterminati astrattamente senza tener conto dell’interesse all’applicazione del proprio diritto degli Stati coinvolti. Egli riteneva che il diritto internazionale privato avesse quale obiettivo il raggiungimento dell’armonia internazionale delle soluzioni, e non il perseguimento degli ev interessi statali. Le teorie più rilevanti in Italia provengono da Pasquale Stanislao mancini, il quale distingueva tra diritti personali, diritto della famiglia e diritto delle successioni (i quali andavano sempre sottoposti alla legge nazionale dell’individuo), dal campo delle obbligazioni (da lui definito diritto privato volontario), dove la scelta in merito alla legge applicabile doveva essere accordata alla volontà delle parti. La questione dell’applicabilità o meno nell’ordinamento del foro, di una norma di origine straniera era inquadrata nell’ottica del bilanciamento tra il principio di sovranità (che inteso in maniera rigida autorizza ogni Stato a disciplinare con le proprie leggi i fenomeni che si presentano ai suoi giudici) e la necessità che ogni situazione giuridica fosse governata nel sistema di diritto nella quale si era generata, e o che fosse più conveniente; inoltre tale necessità era spesso accompagnata da forme di rispetto reciproco che gli Stati si auto imponevano allo scopo di non interferire tra loro. In ragione della variabilità e volatilità di tali criteri di giudizio l’applicazione del diritto straniero spesso era rimessa all’arbitrio del singolo giudice, il quale spesso propendeva per il diritto interno. Ad oggi il contesto storico è molto più variegato, vi sono diversi centri di produzione normativa e amministrazione della giustizia l’applicabilità diretta degli ordinamenti interni di norme di origine sovranazionale, ed impone che in determinate circostanze trovi applicazione il diritto straniero, in virtù di quanto disposto da un trattato internazionale o da un regolamento europeo. Valori, principi e regole di origine non interna ad oggi risultano essere parte integrante del percorso argomentativo di giudici nazionali, questo anche a causa del costante incremento dei rapporti commerciali internazionali e dei fenomeni migratori i quali comportano la necessità di considerare status giuridici acquisiti all’estero; talvolta ne derivato un vero e proprio Clash of Civilization, il quale necessita di una soluzione caso per caso, tentando di non sacri care i principi e di valori fondamentali del proprio ordinamento, senza però generare pregiudizio ai diritti delle parti di volta in volta interessate. In questo senso quindi è opportuno un ripensamento dei tradizionali limiti che l’ordinamento interno impone al riconoscimento di norme e provvedimenti di origine straniera, cioè l’ordine pubblico e le norme di applicazione necessaria. - L’ordine pubblico può essere de nito come l’insieme dei principi che identi cano l’ordinamento in un dato momento storico; tali principi nella prospettiva del diritto privato possono comportare ad esempio l’invalidità di atti di autonomia e (ordine pubblico interno, circostanze interamente domestiche), mentre della dimensione internazionale privatistica impediscono la produzione di e etti giuridici di norme e provvedimenti stranieri (ordine pubblico internazionale, elementi di connessione con ordinamenti stranieri). - Le norme di applicazione necessaria sono regole che devono sempre comunque essere applicate, paralizzando il funzionamento delle norme di con itto ed impedendo il richiamo delle norme straniere. fi fi fl ff fi 2. L’ordine pubblico come clausola generale storica e relativa In primo luogo bisogna individuare la categoria giuridica in cui inquadrare il concetto di ordine pubblico, erroneamente è stato quali cato come un principio, pubblico si compone di principi e delle regole che ne sono espressione. Il concetto si colloca nella categoria delle clausole generali, secondo la de nizione più condivisibile, corrispondono a frammenti di disposizioni normative particolarmente vaghe, in quanto non hanno signi cato proprio; perciò la clausola generale è un frammento vago di una disposizione dalla quale non è ancora stato ricavato un signi cato applicabile, infatti solamente dopo sarà possibile individuare la norma. Il riferimento va a concetti come quello di buona fede e buon costume, espressioni dal signi cato volutamente aperto, è il giudice che in base al caso concreto, dovrà applicare concretizzare i principi e di valori dell’ordinamento. Ogni concetto necessita di integrazione valutativa, ma in presenza di una clausola generale l’integrazione è assolutamente necessaria; la vaghezza della clausola generale e superata con il rinvio al complesso dei principi che fondano l’ordinamento giuridico, in quanto garanzia di pluralismo e democraticità. Le clausole generali operano come strumenti per lo sviluppo e la composizione delle svariate possibilità di attuazione dei principi, sono strumento di concretizzazione di valutazioni contenute in altre norme. Posta in questi termini la questione è di facile soluzione: l’ordine pubblico, in quanto clausola generale, e nozione storica e relativa, contenuto variabile, la quale si compone a seconda del caso concreto, di quei principi dell’ordinamento di volta in volta rilevanti ed inviolabili. Qualora l’atto, la normativa o il provvedimento straniero che reclamano applicazione risultino in contrasto con i principi richiamati dalla clausola generale in questione, saranno invalidi(contrarietà ordine pubblico interno) e o non troveranno applicazione(contrarietà ordine pubblico internazionale). 2.1 la rilevanza dei principi fondamentali ai ni dell’individuazione del contenuto delle clausole generali Per l’identi cazione di un principio é necessaria in primo luogo una valutazione in merito all’identi cazione dei valori il cui con itto va risolto per l’identi cazione stessa, e solo dopo una scelta in merito ai valori che devono prevalere. Perciò l’ambito meta giuridico e sostanzialmente identico a quello giuridico, ed ispira i principi fondamentali dell’ordinamento, ai quali l’interprete deve rivolgersi laddove risulti necessario determinare le modalità operative di una clausola generale in relazione ad una controversia da risolvere. Chiaramente, in relazione ad un singolo caso, vi sono una molteplicità di principi che possono operare, perciò è imprescindibile che la regola del caso concreto derivi da un bilanciamento di tali principi. Anche il contenuto delle clausole generali varia di volta in volta in relazione al caso concreto, perciò è frutto di un processo di bilanciamento. In base a tale prospettiva i principi fondamentali dell’ordinamento di volta in volta riempiono di contenuto le clausole generali, timore che il parametro di riferimento sia frutto dell’esperienza personale del giudice; infatti il riferimento alle regole e ai principi dell’ordinamento consente a quest’ultimo di mantenere la essibilità necessaria per adottare la decisione corretta per il caso concreto, ma d’altra parte ne limita l’arbitrio, vincolandolo alla costituzione e ai principi connessi alla stessa. La determinabilitá del contenuto delle clausole generali e perciò, dell’ordine pubblico, tramite il riferimento diretto ai principi, è fondamentale per la comprensione dell’operatività di tale limite dell’attuale sistema giuridico, permette di comprendere in che modo questo possa talvolta autorizzare l’ingresso dell’ordinamento di situazioni giuridiche contrastanti con la legge ma astrattamente ammissibili alla luce dei principi generali. Se è vero che le clausole generali non possono essere interpretate ed applicate prescindendo dal sistema delle quali operano, e anche vero che hanno bisogno di ulteriori criteri per la loro concretizzazione. Non è possibile prescindere da un’analisi del caso concreto, delle qualità soggettive delle parti e degli interessi coinvolti, i quali andranno bilanciati e coniugati alla luce dei valori alla base del sistema giuridico vigente. Sì la clausola generale è strumento di concretizzazione dei principi fondamentali, questa deve avvenire necessariamente secondo ragionevolezza, cioè tenendo conto delle circostanze del caso concreto, dei molteplici interessi in concorso e dei valori normativi in gioco. Da un lato La centralità del ruolo del giudice nella concretizzazione delle clausole generali non deve far pensare ad un diritto arbitrario e non prevedibile, in quanto gli stessi principi generali ai quali il giudice deve sempre restare vincolato assicurano il rispetto del principio di legalità. Dall’altro, si capisce perché il concetto di ordine pubblico è tradizionalmente de nito relativo. Tale relatività e geogra ca, in quanto il concetto muta da un ordinamento all’altro;e storica, in quanto nello stesso ordinamento possono variare nel tempo i principi ritenuti identi cativi o il modo di intenderli. fl fi fi fl fi fi fi fi fi fi fi fi fi fi In ne l’ordine pubblico è un limite relativo perché prima di a ermarne la violazione è necessario considerare gli e etti della disposizione straniera nel caso concreto, e l’incidenza che la sua applicazione avrebbe sui principi identi cativi del sistema giuridico nazionale. Può accadere che una disposizione astrattamente contrari all’ordine pubblico trovi applicazione, o perché non concretamente lesiva di principi fondamentali, o perché seppur contraria ad un principio fondamentale, la non applicazione comporterebbe alla luce di un ragionevole bilanciamento, la lesione di altro principio fondamentale e ancor più signi cativo o prioritario; in ne può accadere che l’applicazione di una disposizione apparentemente innocua determini concretamente la lesione di un principio fondamentale dell’ordinamento. 3. L’ordine pubblico nei casi con elementi di estraneità Come anticipato, l’ordine pubblico è uno strumento di concretizzazione di regole principi giuridicamente rilevanti, che limita l’arbitrio del giudice in merito alla valutazione di aspetti prettamente sociali o morali; se così non fosse si avrebbe una sovrapposizione tra ordine pubblico e buon costume. Il buon costume, de nito come l’insieme di regole di comportamento sociale la cui violazione è ritenuta il morale dalla generalità dei consociati, e l’unico concetto a poter agire come ponte diretto ed immediato tra mondo giuridico ed etico morale. Quanto detto in merito alla natura giuridica dei principi che compongono l’ordine pubblico risente del fatto che la concretizzazione di qualunque clausola generale avviene nella consapevolezza che diritto e morale non sono separabili. Mentre nei casi puramente interni ogni Stato può determinare liberamente i limiti all’autonomia privata contrattuale derivanti da regole e principi che ritiene espressione del proprio ordine pubblico, nei casi che presentano elemento di estraneità, le istanze dei singoli ordinamenti vanno bilanciate con la volontà degli ordinamenti stessi di aprirsi a valori e situazioni giuridiche in natura straniera. Inoltre tali istanze vanno bilanciate con la volontà di assicurare la cosiddetta armonia internazionale delle soluzioni e la continuità delle situazioni giuridiche. Questo trova riscontro in una nota decisione della corte suprema degli Stati Uniti nel caso Mitsubishi vs Soler, dove la corte ha a ermato che “ obiettivo di salvaguardare l’International comity, il rispetto nei confronti dell’operato di corti e tribunali stranieri o transnazionali, e la sensibilità verso le esigenze di prevedibilità delle decisioni che si impongono nel sistema del commercio internazionale richiedono che sia data esecuzione all’accordo delle parti, anche laddove questo conduca a risultati che non avrebbero potuto essere raggiunti in un contesto puramente interno. Ne consegue che nel riconoscere e cacia ad atti e provvedimenti stranieri, uno Stato può scegliere di dare applicazione solamente a quei principi che considera sacrosanti al punto da ritenere l’applicazione essenziale a tutti i costi e senza eccezioni, rinunciando a tutte quelle regole e quei principi ai quali ricorre in situazioni interne. Perciò, i casi transnazionali si applica una concezione ristretta di ordine pubblico, e al ne di distinguere la concezione estesa o ristretta dello stesso, si fa riferimento agli appellativi di ordine pubblico interno ed internazionale. Bisogna sottolineare che il concetto di ordine pubblico è uno solo, ma quando ci si trova in presenza di casi non riconducibili a situazioni prettamente interne, entrano in gioco ulteriori fattori che vanno necessariamente bilanciati con i principi che compongono l’ordine pubblico, con conseguente riduzione dello spettro d’azione di tale clausola generale. Il problema può essere risolto sempre solo con un bilanciamento dei principi secondo ragionevolezza. Perciò la questione se una legge o una sentenza straniera possano derogare ad una legge italiana si traduce dal punto di vista sostanziale in un problema di gerarchia dei valori normativi e di bilanciamento, secondo ragionevolezza, tra regole e principi in gioco. Tale bilanciamento dovrà essere condotto tenendo conto delle particolarità del caso, delle limitazioni di sovranità derivanti dal diritto internazionale generale e dal diritto dell’Unione Europea, degli eventuali obblighi internazionali pattizio, dei principi identi cativi ed invalicabili del nostro sistema giuridico, ed anche tenendo in considerazione il margine di apprezzamento che ogni Stato conserva nell’attuazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla convenzione europea dei diritti dell’uomo e dagli altri trattati internazionali in materia di diritti umani. Per capire meglio le modalità applicative della di erenza tra ordine pubblico interno ed internazionale, si può ricorrere alla distinzione tra principi “tecnici” e “fondamentali”, che compongono il nostro ordinamento. I principi fondamentali si risolvono in ogni caso nella massima attuazione di un valore che alla base di un determinato ordinamento giuridico; quelli tecnici talvolta non sono espressivi di alcun valore alla base dell’ordinamento, ma rappresentano la costruzione di esigenze date dall’opportunità pratica o dalla politica legislativa (esempio: principio della libertà di forma, della relatività Inter partes degli e etti negoziali). fi ff fi fi ff fi ffi ff fi ff ff fi fi Applicando tale distinzione a quella operata tra ordine pubblico interno ed internazionale, risulta che il primo può comprendere anche principi tecnici ai quali l’ordinamento non intende rinunciare nei rapporti puramente interni, mentre il secondo, si compone solamente di principi fondamentali espressivi di valori identi cativi del nostro sistema giuridico e che costituiscono la forma repubblicana. Quindi in conclusione la distinzione tra ordine pubblico interno ed internazionale corrisponde alla distinzione tra principi fondamentali espressione di principi identi cativi della Repubblica italiana e principi o norme imperative, che seppur conformi alla costituzione non sono espressione di principi fondamentali e perciò derogabili dalla legislazione straniera. Chiaramente non bisogna dimenticare che l’ordine pubblico muta di volta in volta in base alle circostanze del caso concreto , le quali determinano un diverso bilanciamento dei principi in gioco conducendo ad una concezione di ordine pubblico relativa ad un determinato caso speci co. Non si tratta di una distinzione che ha origine nel dato normativo, ma di una di erenza che ricorre quando nella fattispecie concreta sussistano elementi di estraneità. 3.1 la natura esclusivamente domestica dell’ordine pubblico Quanto detto sulla natura interna dell’ordine pubblico è stato messo in discussione da alcune pronunce della corte di cassazione; secondo tale approccio il concetto di ordine pubblico ha subito una notevole evoluzione, passando dall’essere inteso come espressione di un limite riferibile solamente all’ordinamento giuridico nazionale, all’essere letto in chiave globalizzata. Lo scopo sarebbe quello di sottrarre l’ordine pubblico internazionale tanto ad un’eccessiva indeterminatezza, quanto ad un legame troppo rigido con i contenuti delle legislazioni dei singoli ordinamenti. Se l’ordine pubblico si identi casse esclusivamente con quello interno, le norme di con itto opererebbero solamente laddove conducessero all’applicazione di norme materiali dal contenuto analogo a quelle italiane, eliminando la diversità tra i sistemi giuridici e rendendo inutili le regole del diritto internazionale privato. Secondo la prima sezione, per ordine pubblico internazionale bisognerebbe intendere i principi supremi e o fondamentali della costituzione, ai quali vanno aggiunti quelli ricavabili dalle principali fonti internazionali in tema di diritti fondamentali. Il giudizio di conformità all’ordine pubblico dovrebbe costituire un testo simile a quello di costituzionalità, ma preventivo e virtuale, in quanto la contrarietà all’ordine pubblico dovrebbe sussistere soltanto quando al legislatore ordinario è preclusa la possibilità di introdurre norme di portata analoga a quelle straniere della quale si ri uta l’applicazione. In relazione a quest’orientamento è stato inoltre sostenuto che alcune norme di diritto internazionale (in particolare Art 8 cedu), possono costituire un contro limite all’ordine pubblico, imponendo il riconoscimento di una sentenza straniera ad ispirata alle stesse, seppur contraria all’ordine pubblico dello Stato del foro. Questa tesi è stata sostenuta da parte della dottrina italiana favorevole ad una globalizzazione del concetto di ordine pubblico. Una visione simile però non convince, infatti non ho trovato grande supporto e non va confusa con l’opinione di chi fa riferimento all’unitarietà del concetto di ordine pubblico; questa infatti non va riferita al concetto dell’ordine pubblico stesso, bensì al momento applicativo del limite. In quel momento il giudice non si esprime sulla provenienza formale dei principi che compongono l’ordine pubblico, ma fa riferimento al limite in quanto tale, limite derivante da una molteplicità di fonti delle quali il giudice tiene conto. Quindi L’ordine pubblico resta un concetto puramente nazionale, ma anche l’in uenza delle fonti internazionali ha la sua importanza ai ni dell’individuazione della nozione, nella misura in cui l’ordinamento abbia recepito tali disposizioni di origine sovranazionale al punto da considerarle quali propri principi fondanti ed identi cativi. Infatti, potrebbe accadere che l’ordinamento interno non possa recepire alcune norme di diritto internazionale in quanto contrarie ai principi fondamentali della costituzione. (Se si ragionasse nell’ottica di un ordine pubblico globalizzato in casi simili avrebbe luogo una sorta di cortocircuito in cui, da un lato vi è una norma internazionale il ricevibile dal nostro ordinamento e dall’altro la stessa dovrebbe essere automaticamente considerata principio di ordine pubblico). La corte costituzionale con la sentenza 49 del 2015 ha sancito che non sempre le decisioni della corte europea dei diritti dell’uomo sono vincolanti per il nostro ordinamento, riconoscendo implicitamente che non è possibile attribuire il valore di principi di ordine pubblico a tutti i dicta della corte relativi alle norme della cedu; perciò prima che un principio possa dirsi di ordine pubblico è sempre necessario che l’ordinamento interno riconosca tale principio come fondamentale ed identi cativo di se stesso. Anche le norme internazionali consuetudinarie non possono violare i principi fondamentali della costituzione di cui l’ordine pubblico è espressione. Signi cativa la sentenza della corte costituzionale 238 del 2014, con la quale la corte ha chiarito che ho il controllo di conformità ai principi fondamentali ai diritti inviolabili della persona va esteso a tutte le consuetudini internazionali, anche se anteriori alla costituzione, con la conseguenza che la norma consuetudinaria in tema di immunità degli Stati dalla giurisdizione civile NON OPERA nel nostro sistema nella misura in cui determina il perpetuarsi di violazioni gravi dei diritti umani. fi fi fi fi fi fi fi fi fi fl fl ff Sul piano costituzionale, si riconosce, un interesse pubblico preminente, idoneo a giusti care il sacri cio della tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali lesi da condotte riconosciute in quanto gravi crimini internazionali; perciò la parte della norma sull’immunità che è in con itto con i principi fondamentali della nostra costituzione non è entrata nell’ordinamento italiano e non vi ha e etto. Inoltre, il riferirsi a fonti di natura internazionale non aiuta a de nire il concetto con più chiarezza (come sembra presupporre la cassazione con la sentenza 2016): la scelta delle norme sovranazionali che andrebbero a comporre l’ordine pubblico internazionale sarebbe comunque rimessa all’interprete, come quando il giudice deve individuare i principi di diritto interno che possono ritenersi di ordine pubblico. Chiaramente un certo livello di discrezionalità è inevitabile quando sia necessario individuare il concetto di ordine pubblico internazionale, e tale discrezionalità non può essere intesa come arbitrio solamente se l’operato del giudice è vincolato ai principi fondamentali dell’ordinamento, i quali appartengono al diritto positivo. Ovviamente il diritto internazionale incide sulla determinazione dell’ordine pubblico internazionale, ma comunque i valori fondamentali di riferimento per la de nizione della nozione restano una prerogativa del diritto interno, anche se aperto a fonti extra statali. 3.2 ordine pubblico transnazionale Secondo parte della dottrina perlopiù francese, l’ordine pubblico transnazionale o veramente internazionale, sarebbe l’unico a dover trovare applicazione nell’arbitrato commerciale internazionale, in quanto forma di risoluzione delle controversie che non troverebbe legittimazione in alcun ordinamento nazionale, ma solo nell’autonomia delle parti. Tale concetto non gode di de nizione univoca. Secondo alcuni, corrisponde all’insieme dei principi propri del commercio internazionale ripetutamente rispettati nell’ambito di transazioni tra operatori di nazionalità diverse, la cui applicazione è sentita come obbligatoria e necessaria. Altri collocano il concetto nell’ambito delle fonti di diritto internazionale pubblico di carattere generale; in base a tale prospettiva sarebbe possibile individuare l’ordine pubblico veramente internazionale nel norme di ius cogens, le quali costituiscono il nocciolo duro del diritto internazionale pubblico. Inoltre, è possibile fare riferimento a quei principi di diritto comuni alla maggioranza degli ordinamenti interni, i sono riconosciuti ed applicati anche nel diritto internazionale pubblico. Bisogna precisare che in merito alla prima concezione dell’ordine pubblico transnazionale, bisogna riconoscere che i principi che dovrebbero esserne espressione non hanno valore normativo e non sono espressione di alcun sistema giuridico. È condivisibile l’opinione secondo la quale i principi di ordine pubblico che interferiscono con impegni contrattuali devono essere chiari ed identi cabili, e devono rappresentare la politica e l’approccio di un dato ordinamento giuridico. Perciò non sembra possibile riconoscere autonomia applicativa al concetto. Per quanto riguarda l’assimilazione dell’ordine pubblico veramente internazionale al diritto internazionale generale, bisogna tenere presente che tali norme entrano a far parte degli ordinamenti interni, perciò nel momento applicativo, laddove i principi espressi dal diritto internazionale generale siano considerati essenziali e rappresentativi, saranno applicati come parte dell’ordine pubblico inteso come concetto interno e non in forza della loro origine internazionale. In conclusione, quando si parla di ordine pubblico nel diritto internazionale privato, si fa generalmente riferimento alla nozione di ordine pubblico internazionale come concetto interno, che si compone dei principi fondamentali dell’ordinamento di volta in volta rilevati, la cui applicazione è considerata necessaria dall’ordinamento. 4. Le modalità per l’individuazione in concreto dei principi dell’ordine pubblico Quando un giudice deve a rontare un caso di conformità all’ordine pubblico, il percorso logico decisionale deve essere caratterizzato da due fasi,entrambe caratterizzate dalla necessità di prendere le mosse dalle particolarità del caso concreto. La prima è funzionale all’individuazione di uno o più principi di ordine pubblico che vengano in rilievo nella singola fattispecie in analisi; laddove in seguito a tale indagine, il giudice ,dovesse riscontrare l’esistenza di almeno un principio che potenzialmente impedisca il riconoscimento dell’atto o del provvedimento in questione, dovrà nuovamente tornare all’analisi del caso concreto. Così si passa alla seconda fase, in cui il giudice partendo appunto dall’analisi del caso concreto, andrà a valutare tutti i principi e di valori in gioco, in maniera tale da poter individuare in seguito a bilanciamento “l’ordine pubblico del caso concreto”. ff fi fi fi fl ff fi fi fi La veri ca è una fase essenziale che non può mai prescindere dalla valutazione del singolo caso. Fatto questo, il giudice procederà all’analisi dell’intera normativa applicabile alla controversia, per giungere all’individuazione dei principi che identi cano la disciplina della materia in un determinato momento storico. Questi ultimi andranno nuovamente rapportati al caso concreto, per poter essere bilanciati alla luce di questo con altri eventuali principi fondamentali, i quali potrebbero essere compressi laddove si ri utasse di riconoscere l’atto il provvedimento di cui ti reclama l’applicazione. Tramite questa seconda fase si ricava l’ordine pubblico del caso concreto, cioè quell’insieme di principi che risultando da un bilanciamento ragionevole degli interessi in gioco, possa o rire la soluzione relativamente migliore per il contrasto tra le pretese di riconoscimento distanze straniere e la protezione dei principi fondamentali dell’ordinamento interno. 4.1 il ruolo della ragionevolezza Il metodo proposto è un’applicazione del criterio di ragionevolezza, utilizzato comunemente come tecnica per la soluzione del con itto tra principi, il quale richiede che la soluzione del caso concreto risulti da un bilanciamento dei principi e dei valori normativi di volta in volta in gioco. La ragionevolezza in quanto nozione indeterminata rappresenta il collante costante e necessario tra caso concreto e sistema giuridico di riferimento, permettendo di scegliere tra più soluzioni quella più adeguata agli interessi coinvolti e i valori presenti in un dato ordinamento. Chiaramente il concetto di ragionevolezza non è immutabile, in quanto tutte le circostanze della fattispecie concreta potranno determinare cambiamenti nell’ambito della valutazione complessiva compiuta dal giudice al ne di stabilire l’ordine pubblico del caso concreto. È ancora più chiaro perché il concetto di ordine pubblico sia relativo, la relatività è connessa alle particolarità di ogni singolo caso, le quali richiedono di volta in volta un diverso bilanciamento. fi fi fl fi ff fi Maternità surrogata Si intende la situazione di una madre biologica che consapevolmente e liberamente sceglie di intraprendere una gravidanza tesa alla continuità del progetto genitoriale di altri, cioè i genitori surrogati. Può avere diverse forme: - Gestionale, quando l’embrione prodotto con ovuli e spermatozoi dei genitori destinatari e impiantato della madre surrogata; - Tradizionale, quando la madre surrogata e inseminata arti cialmente con lo spermatozoo e del padre così che sia legata biologicamente al bambino. Inoltre tale pratica può essere posta in essere con due nalità contrapposte: - Gratuitamente e per ni altruistici; - A ni commerciali, dietro pagamento di un compenso alla madre biologica Questo comportando una merci cazione del corpo femminile, in quanto il bambino è equiparato ad un prodotto commerciale, è di dubbia compatibilità con i diritti fondamentali della persona tutelati dall’Art due della costituzione. Tale pratica è illecita nel nostro ordinamento, infatti tale prassi è stata vietata a partire dalla decisione del tribunale di Monza dell’89 relativa il caso Cruz. La controversia aveva d’oggetto la mancata esecuzione di un contratto di maternità surrogata da parte della madre algerina, la quale dopo la stipulazione del contratto, si era ri utata di consegnare il bambino alla coppia italiana committente. Il giudice ha reputato nullo il contratto per contrarietà all’ordine pubblico e al buon costume. Ne consegue che la maternità surrogata rappresenta un limite di ordine pubblico interno all’autonomia privata, e questo è confermato anche: - dalla sentenza 162 2014 della corte costituzionale che ha sancito la piena e ettività del divieto di maternità surrogata; - Dall’articolo 12co6 della L 40/04 La quale prevede che la commercializzazione di gameti o embrioni e la maternità surrogata siano puniti con reclusione da tre mesi a due anni ed una multa da 600.000 no ad 1 milione di euro. Nonostante questo molti sono ricorsi a tale pratica in ordinamenti stranieri, si parla di turismo procreativo. La questione relativa alla maternità surrogata e delicata in quanto bisogna o rire adeguata tutela al bambino, che esiste ed è terzo, leso ed in buona fede. È necessario prendere decisioni atte a proteggere il “Best interest of child”, inteso come migliore interesse per il minore. Nel bilanciamento volto a valutare il riconoscimento in Italia del glio nato da maternità surrogata all’estero bisogna prendere in considerazione vari principi; la prima questione riguarda la continuità dello status di glio assunto legittimamente nello stato in cui è stata portata avanti la gestazione per altri.il rispetto del diritto alla vita privata del bambino fa propendere per la tutela della continuità dello status di glio assunto all’estero, onde evitare che il minore si trovi in una situazione di incertezza in merito alla sua identità nella società civile. Tale elemento è fondamentale onde evitare che siano emanate sentenze irragionevoli come quella del caso Cruz, dove la corte d’appello al ne di tutelare interessi pubblici preminenti, tolse una bambina dalla famiglia nella quale questa era inserita da più di un anno, se pur consapevole del danno morale e psicologico causato alla stessa. Altro elemento da tenere in considerazione è l’eventuale consolidamento della vita familiare di fatto tra il minore ed i genitori intenzionali; tale parametro è ricavato in via giurisprudenziale della corte europea dei diritti dell’uomo, la quale impone di valutare se tra i soggetti in questione si siano creati i legami emozionali, ed in tal caso eventuali misure limitative di tale situazione sono adottabili solamente in casi estremi. In ogni caso la corte di Strasburgo ammette ampio margine di discrezionalità degli Stati membri al riguardo. Un esempio è la sentenza della gran camera della corte europea dei diritti dell’uomo del gennaio 2017, relativamente al caso paradiso campanelli. La vicenda riguardava il mancato riconoscimento per contrarietà all’ordine pubblico da parte delle autorità italiane, di una nascita avvenuta da maternità surrogata in Russia, senza porto di materiale genetico da parte dei genitori intenzionali. Inizialmente nel 2015, la corte di Strasburgo aveva statuito che le autorità italiane avessero superato il proprio margine di apprezzamento in quanto, alla luce di una convivenza di alcuni mesi, era da presupporre il consolidamento della vita materiale di fatto, da limitare solo in extremis. fi fi fi fi fi fi fi fi fi ff ff fi fi In un secondo momento, la gran camera della corte ha ribaltato la situazione, reputando legittima la decisione delle autorità italiane; a sostegno di questa si è negata l’esistenza di una vita familiare di fatto (in quanto pochi mesi non sono su cienti), facendo leva sull’inesistenza di legame genetico. Pur riconoscendo un diritto alla vita privata dei ricorrenti di diventare genitori e di autodeterminarsi, i giudici hanno reputato che tale diritto non fosse stato violato dall’Italia, in quanto deve ritenersi legittima la volontà delle autorità nazionali di ria ermare la competenza statale di stabilire i parametri di legittimità di un’adozione internazionale; infatti i ricorrenti, dopo aver ottenuto l’idoneità all’adozione internazionale, avevano girato la legge italiana sull’adozione portando il bambino in Italia senza l’autorizzazione della commissione delle adozioni internazionali.permettere ai ricorrenti di continuare la relazione con il bambino avrebbe signi cato legalizzare una situazione il legale in quanto in posta come fatto compiuto. Per quanto riguarda la giurisprudenza di legittimità, la corte di cassazione: - nel 2014 ha emesso una sentenza dove a erma il divieto di maternità surrogata per contrasto con l’ordine pubblico, precisando che tale divieto e posto a tutela della dignità umana e dell’istituto dell’adozione. - Nel 2016 invece si discosta dalla decisione precedente. La pronuncia aveva ad oggetto il riconoscimento di un glio da parte di due madri, nato da procedura di procreazione medicalmente assistita, nel caso la corte ha a ermato che: non bisogna considerare di ordine pubblico qualunque principio rispetto al quale il legislatore gode di discrezionalità nell’attuazione; e che le fonti sovranazionali mostrano tendenza favorevole al riconoscimento di tali situazioni. Per quanto riguarda la giurisprudenza di merito, varie sentenze hanno riconosciuto il rapporto di liazione in apparente contrarietà con la normativa, tra queste: 1. Pronuncia della corte di appello di Trento del 2017 la quale ha riconosciuto una situazione di maternità surrogata in relazione ad un progetto di genitoriali ta omosessuale maschile, ritenendo indi erente la tecnica di procreazione adoperata all’estero, in quanto prevale il diritto del minore al riconoscimento dello status di glio nei confronti di entrambi genitori. 2. Una del tribunale di Napoli 2011, il quale ha trascritto i certi cati di nascita di due gemelli nati in Colorado da cittadino italiano non coniugato, tramite contratto di maternità surrogata, impiegando i gameti del padre.anche in questo caso la protezione della prole è stata considerata prevalente. 3. Nel 2013, il tribunale di Trieste ha riconosciuto espressamente che l’interesse del minore possa agire come contro limiti all’ordine pubblico; nello stesso anno il tribunale di Milano ha a ermato che bisogna considerare prevalente l’interesse del minore, in quanto nella materia in questione l’evoluzione giurisprudenziale negli altri paesi europei impone una visione attenuata dell’ordine pubblico. In ne nel 2017 la corte costituzionale ha a ermato, sempre nell’interesse del minore, la necessità del bilanciamento anche in caso di divergenza tra identità genetica e legale. fi fi ff fi fi ff ffi ff ff fi ff ff fi Matrimonio poliginico Di origine musulmana, un uomo hai il diritto di sposare contemporaneamente più donne (diritto precluso a queste ultime in violazione dell’articolo 29 della Cost “uguaglianza dei coniugi“, se così non fosse non vi sarebbe violazione dell’ordine pubblico ma del buon costume). Una situazione simile nel nostro ordinamento contrasta con l’ordine pubblico interno in virtù: - Dell’Art 86 c.c. il quale impone la libertà di Stato come requisito per contrarre matrimonio; - L’Art 116Co2 CC il quale subordina al rispetto dell’articolo 86 anche lo straniero che contrae matrimonio in Italia. Perciò il matrimonio con la seconda moglie in Italia è da considerarsi nullo, bisogna sottolineare che non si tratta di in quanto il matrimonio conserverà rilevanza giuridica e sarà produttivo di e etti per quanto riguarda le conseguenze che l’atto produce sul piano penale, per la tutela accordata alla prole, e per la potenziale produzione di e etti successori in forza delle regole del matrimonio putativo. Sul piano interno quando esiste nei fatti una situazione di poligamia potrà comunque trovare alcune forme di tutela da parte dell’ordinamento alla luce del principio fondamentale ex Art2 cost. La persona va tutelata in quanto tale, indipendentemente dal numero di formazioni sociali nella quale voglia realizzare la propria personalità. Potrebbe accadere che due rapporti familiari, uno matrimoniale ed uno extramatrimoniale siano entrambi rilevanti per il diritto. Nel caso di un matrimonio poligami co veri catosi all’estero, bisogna distinguere due circostanze: - quella in cui si richiede il riconoscimento di più matrimoni in capo al medesimo uomo, in tal caso la richiesta e contrari all’ordine pubblico in particolare agli Art 29 costo e 86 c.c.; - Quella in cui la poligamia è un presupposto logico giuridico di altra situazione, che costituisce l’oggetto del giudizio dinanzi ai giudici italiani, si pensi ad una richiesta di ricongiungimento familiare. Nel secondo caso il matrimonio poligami co costituisce rispetto a tali situazioni una questione preliminare, di conseguenza il giudice potrà tenerne conto per tutelare situazioni giuridiche meritevoli di tutela pur non avallando l’istituto in quanto contrario ai nostri principi giuridici. Alcuni parlano di ordine pubblico attenuato per giusti care la non applicazione dello stesso; tale nozione spesso è discussa insieme a quella di ordine pubblico di prossimità, secondo la quale l’ordine pubblico non va invocato in tutti i casi in cui non vi sia un collegamento signi cativo con il foro(cittadinanza, residenza abituale o domicilio). Si tratta di tentativi di apertura verso culture di erenti volti ad evitare i con itti di civilizzazione, che si veri cano quando l’ordine pubblico è invocato per escludere l’applicazione di interi settori del diritto straniero. In merito alla riconoscibilità dello status di glio dei nati da rapporti Polly camici, la contrarietà all’ordine pubblico del matrimonio poligami co cede di fronte al principio che impone il soddisfacimento del miglior interesse del minore. Più complesse le situazioni in merito ad una richiesta di ricongiungimento familiare o ad una pretesa in sede successoria in situazioni derivanti da poligamia. Richiesta di ricongiungimento familiare -> il testo unico sull’immigrazione sembra non consentire il ricongiungimento del coniuge o del genitore, quando la persona che ne bene cia e congiunta con uno straniero regolarmente soggiornanti con altro coniuge nel territorio nazionale. Ciò comporta che il marito non possa chiedere il ricongiungimento per più di una moglie, e che neanche il glio possa chiederlo per la madre laddove il padre risiede in Italia con altra moglie. A favore di tale orientamento si è schierata la giurisprudenza della cassazione e di star dell’Emilia- Romagna, ma la questione è molto più complicata. In primo luogo bisogna tenere presente che l’Art 29Co1 ter del testo unico sull’immigrazione ammette comunque la validità e l’e cacia del matrimonio poligami co contratto all’estero, altrimenti non avrebbe avuto accesso in Italia neanche quell’unica persona a messa; Inoltre, il fatto che il fondamento della norma sta nel garantire il controllo del territorio e contenere i ussi migratori. Tali ragioni andrebbero poi bilanciate con altri parametri, in primis la necessità di soddisfare il miglior interesse del minore, ritenuto preminente: - dalla direttiva 86 del 2003 che lo a erma relativamente al diritto di ricongiungimento familiare; fi ffi ff fi fi ff fi fi ff fi fi fl ff fl - Dall’Art 28Co3 del testo unico sull’immigrazione il quale dispone che in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali nalizzati a dare attuazione all’unità familiare e riguardanti minori, è prioritario l’interesse del fanciullo; - Dall’Art 31Co3 della stessa legge il quale sancisce che il tribunale dei minori, tenuto conto delle condizioni di salute sica e mentale del minore, può autorizzare l’ingresso o la permanenza del familiare per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della stessa legge; - Dalla sentenza della corte di appello di Torino del 2001 che ha consentito al marito extracomunitario, munito di permesso di soggiorno, di permanere in Italia per consentire alla madre di proseguire le cure del glio minore sebbene il padre viva in Italia anche con l’altra moglie(in tal caso si tutela il diritto del minore a non essere separato senza adeguato motivo da uno dei genitori). - Dall’ordinanza 12 marzo 2003 del tribunale di Bologna che ha consentito il ricongiungimento del glio regolarmente residente in Italia con la madre il cui marito risiedeva in Italia con altra moglie, a ermando l’illegittimità del provvedimento di diniego del ricongiungimento emanato in base alla compresenza sul territorio di due donne straniere con le quali il padre ha contratto matrimonio all’estero. Infatti tale situazione non integra gli estremi del reato di bigamia, il quale può essere compiuto solamente dal cittadino italiano nel territorio italiano; E non con gura una violazione dell’ordine pubblico in quanto il matrimonio contratto all’estero dal padre del ricorrente e privo di e etti civili nell’ordinamento italiano. Pretesa in sede successoria -> Fondamentale la sentenza 1739 del 99 della corte di cassazione la quale ammise che è una cittadina somala, che aveva contratto matrimonio in Somalia secondo la legge del luogo, potesse far valere dinanzi al giudice italiano i diritti successori derivanti da tale matrimonio. La fattispecie riguardava un caso di poligamia potenziale non avendo l’uomo più sposato la donna (questione irrilevante in merito alla compatibilità di tale situazione con l’ordine pubblico). Nella stessa sentenza la corte a erma che in tema di poligamia bisogna distinguere: - la regolamentazione del rapporto giuridico controverso (questione principale) - Dalla rilevazione dei suoi presupposti (questione preliminare). In questo modo si a erma: Che il glio e la moglie del musulmano poligame sono comunque abissi a succedere i beni lasciati da costui in Italia; e che l’accertamento del matrimonio valido o della liazione legittima sono questioni preliminari rispetto a quella principale della devoluzione ereditaria, che non pongono problemi di compatibilità con l’ordine pubblico interno. Ripudio Forma di scioglimento del matrimonio islamico che consiste in un atto unilaterale con il quale il marito intende liberarsi del vincolo nuziale. Secondo il diritto islamico può essere il revocabile o il revocabile; la donna è tenuta ad osservare un periodo di ritiro di tre mesi dopo il quale il marito può ritrattare il ripudio altrimenti il matrimonio è sciolto. Tale atto è contrario all’ordine pubblico interno italiano ponendosi in contrasto con numerosi principi fondamentali, i quali costituiscono anche il nucleo dell’ordine pubblico internazionale, perciò il ripudio validamente pronunciato all’estero non dovrebbe ottenere riconoscimento in Italia. Tuttavia la situazione è più complessa, si pensi al caso di una donna ripudiata all’estero, che sia impossibilitata a risposarsi in Italia in quanto il precedente vincolo matrimoniale risulta ancora esistente, anche questo caso contrasterebbe con i principi dell’ordinamento italiano. Perciò bisogna operare alcuni chiarimenti. In primo luogo bisogna distinguere il ripudio che avviene in via stragiudiziale da quello che si realizza tramite sentenza. Nel caso del ripudio in via stragiudiziale viene in rilievo l’applicabilità in Italia delle norme straniere sul ripudio, in tal caso ritenendosi di equiparare il ripudio ad una forma di divorzio sarebbe applicabile la legge determinata dal regolamento ue 2010, il quale pone all’articolo cinque il criterio di libertà di scelta da parte dei coniugi della legge applicabile, e all’otto una serie di criteri utilizzabili in caso di assenza di scelta. In ogni caso l’Art 12 sancisce che non sarà applicabile la norma della legge designata se l’applicazione è incompatibile con l’ordine pubblico. Perciò possono veri carsi due ipotesi: - Se è applicabile la legge italiana sul divorzio il ripudio è nullo. fi fi fi fi fi fi ff ff ff fi ff fi - Se è applicabile il diritto straniero il giudice dovrà operare un bilanciamento volto a veri care se siano violati i principi irrinunciabili dell’ordinamento, ed in tal caso non applicare la legge straniera individuata. Nel caso del ripudio realizzato tramite sentenza si applicherà la legge 218 del 95, in particolare: - Art 64, che prevede il criterio di regolarità internazionale delle sentenze straniere in virtù del quale bisogna veri care: se il giudice straniero è obiettivamente competente; ed il rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano. - Art 65, il quale prevede che i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone e all’esistenza di rapporti di famiglia o diritti della personalità sono sempre e caci in Italia quando: sono pronunciati da un giudice dello Stato la cui legge sarebbe richiamata dalle norme di con itto italiane la materia in questione; o quando seppur pronunciate da altro giudice producano e etti in tale Stato; e sempre a condizione che siano rispettati i diritti essenziali di difesa e l’ordine pubblico. Si tratta di norme complementari, l’Art 65 si applica solamente nei casi in cui le norme di con itto italiane designino la competenza di una legge straniera. Inoltre, nel caso in cui il ripudio coinvolga una cittadina italiana la normativa subisce importanti variazioni. Il limite dell’ordine pubblico opera in maniera diversa: - laddove si tratti di una cittadina italiana, questa dovrà chiedere espressamente il riconoscimento dell’atto o della sentenza di ripudio per liberarsi dal vincolo matrimoniale; - Nel caso in cui avvenga tra due cittadini stranieri tramite sentenza, l’atto risulterà validamente formato all’estero per cui il problema in Italia sarà eventualmente solo quello di dare e cacia agli e etti del ripudio. In più, la cittadina italiana può godere del rimedio previsto dalla legge 898 del 70, che ammette che uno dei coniugi presenti domanda di divorzio nell’ipotesi in cui l’altro, cittadino straniero, abbia ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio, o abbia contratto nuove nozze. In sostanza sarebbe irragionevole la totale chiusura del nostro ordinamento nei confronti del ripudio, infatti il bilanciamento operato dal giudice può evidenziare la necessità di riconoscere gli e etti del ripudio per poter garantire tutela ai diritti fondamentali delle parti, a prescindere dalla nazionalità della moglie ripudiata. fi ffi ff fl ffi ff fi ff fl Matrimoni omosessuali Per molto tempo parte della dottrina ha riconosciuto valore solamente alla famiglia fondata sul matrimonio, una svolta è segnata dalla legge 76 del 2016 (legge Cirinnà in merito alla regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso), con la quale sono riconosciute degne di tutela anche le famiglie non fondate sul matrimonio. Questo assegnato un grande passo avanti, nonostante sarebbe stato più opportuno rendere accessibile il matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso. Secondo la dottrina moderna, l’unione civile registrata in Italia non si pone in contrasto con l’ordine pubblico ed inoltre sarebbe contraria a quest’ultimo una legge straniera che non prevede forme di unioni omosessuali, infatti le unioni civile sono tutelate in quanto formazioni sociali riconosciute e protette ex Art due Cost. Importante è la sentenza della corte di giustizia dell’Unione Europea nel caso Coman, la controversia iniziata dal signor Coman (rumeno) e dal signor Hamilton (statunitense), riguardava la direttiva 2004 38 C e del parlamento europeo, la quale per facilitare il cittadino europeo a soggiornare liberamente negli Stati ue sancisce l’estensione della possibilità di soggiorno superiore a tre mesi per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro laddove accompagnino o raggiungano nello Stato membro il cittadino dell’unione. La questione è sorta in quanto per familiare si intende anche il coniuge o il partner che abbia contratto con il cittadino dell’unione un’unione registrata, ma la Romania non riconosce i matrimoni omosessuali, di conseguenza la corte rumena ha rimesso la questione alla corte di Lussemburgo la quale a ermato che si intende coniuge anche il partner dello stesso sesso, e che il ri uto da parte delle autorità rumene di concedere il permesso di ingresso o soggiorno al signor Hamilton violerebbe il principio della libertà di circolazione ex Art 21 TFUE. In passato era problematica la riconoscibilità degli atti stranieri che sancivano matrimoni omosessuali coinvolgenti il cittadino italiano. La pronuncia più signi cativa in merito fu emessa nel 2005 dal tribunale di Latina, il quale ritenne pienamente legittimo il ri uto di trascrivere nei registi italiani un matrimonio straniero, in quanto secondo il nostro ordinamento l’unico matrimonio possibile e tra uomo e donna, discorso simile valeva anche nel caso in cui Siri chiedesse la trascrizione in Italia di unioni civili registrate. Ad oggi la questione è risolta grazie alla legge Cirinnà il cui articolo 28 ha delegato il governo a legiferare sugli aspetti internazionale privatistici delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Viene emanato il decreto legislativo sette del 2017 che aggiunge alla legge 218 del 95 due norme: - L’Art 32 bis il quale dispone che il matrimonio contratto all’estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli stessi e etti dell’unione civile regolata dalla legge italiana; - L’Art 32 Quinques il quale sancisce che l’unione civile o altro analogo istituto costituite all’estero, tra cittadini italiani dello stesso sesso, abitualmente residenti in Italia, produce gli stessi e etti dell’unione civile regolata dalla legge italiana. Relativamente all’Art 32 bis sono sorti alcuni problemi, inizialmente il testo faceva riferimento a tutti i matrimoni omosessuali contratti all’estero; successivamente la norma è stata circoscritta a quelli contratti da cittadini italiani, in quanto le coppie omosessuali straniere sarebbero stati discriminati rispetto a quelle etero di stessa nazionalità. In più non era chiaro se l’inciso “matrimonio contratto da cittadini italiani” si riferisce solamente i matrimoni tra italiani o anche a quelli misti. La questione è stata risolta dalla corte di cassazione nel 2018 la quale ha a ermato che: - la legge cirinná si applica anche per il riconoscimento delle unioni civili avvenute prima dell’entrata in vigore della stessa; - E che l’articolo 32 bis si applica anche ai matrimoni misti, facendo leva sulla di erenza esistente tra l’Art 32 bis che parla di matrimoni costituiti da cittadini italiani e il 32 quinques che fa riferimento a quelli tra cittadini italiani. ff fi fi ff fi ff ff ff Danno punitivo L’idea di danno punitivo, quindi di un risarcimento che abbia funzione sanzionatorie a oltre a quella compensativa, si fa strada nella nostra dottrina in base ad uno studio statunitense dove questi hanno la funzione di colmare l’assenza di un rimedio risarcitorio e perciò non sono ancorati solamente all’idea di punizione. Hanno due obiettivi: - punire il convenuto per la sua condotta riprovevole; - Dissuadere lui ed altri dal compiere atti simili in futuro. Tali nalità erano estranee nei paesi di civil Law, per i quali la responsabilità civile è ancorata all’idea del risarcimento del danno subito, perciò il pagamento di ogni somma ulteriore rispetto alla compensazione era percepito come indebito. Tanto è vero che i punite damages erano considerati i contrari all’ordine pubblico, ma si tratta di un orientamento totalmente superato. Secondo autorevole dottrina, dato il passaggio da una concezione patrimoniali stica ad una personalistiche dell’ordinamento, la responsabilità civile non può esaurirsi nella tutela delle situazioni patrimoniali ma deve abbracciare anche la lesione della persona e delle situazioni giuridiche esistenziali. Perciò la responsabilità civile ha una pluralità di funzioni che devono tra loro coesistere. Tale tendenza è stata accolta da vari ordinamenti tra cui quello italiano, quello spagnolo quello tedesco e quello francese. Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, il legislatore ha introdotto varie forme di responsabilità civile con funzione compensativo e sanzionatorio, tra queste: - lite temeraria ex Art 96 c.p.c.: consiste nel comportamento processuale di una parte connotato da malafede o colpa grave “se risulta che la parte soccombente agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave, il giudice su istanza dell’altra parte la condanna alle spese e al risarcimento dei danni“. - Art 614 bis c.p.c. il quale attribuisce al giudice il potere di ssare una somma per ogni violazione o ritardo nell’esecuzione del provvedimento; - L’Art 114 legge 104 2010 che attribuisce lo stesso potere anche al giudice dell’ottemperanza. A riguardola sentenza 16.601 2017 della cassazione: La vicenda trae origine da un provvedimento della corte di appello di Venezia col quale sono dichiarate e caci ed esecutive nell’ordinamento italiano tre sentenze statunitensi (passate in giudicato), rese a favore della NOSA inc (società americana) contro la AXO Sports spa. Questa è il ricorso in cassazione in quanto una di queste sentenze la condannava al pagamento di una somma a titolo di punitive demage, il quale non avrebbe dovuto essere riconosciuto ed eseguito in Italia perché contrari all’ordine pubblico. Nella relativa sentenza la corte ha Chiarito la polifunzionalità della responsabilità civile la quale può fungere a scopo di punizione e deterrenza, assicurando l’e ettività della tutela; Ma pur riconoscendo questo, osserva che il principio di legalità ex Art 23 Cost impone che sia il legislatore a prevedere le condizioni ed i presupposti di tale provvedimento, ne consegue che il giudice non può emettere provvedimenti punitivi al di fuori di quelli tipizzati, i quali sarebbero contrari all’ordine pubblico. Chiaramente tale ostacolo non sussiste quando si tratta di provvedimenti di condanna a punitive damages provenienti da ordinamenti stranieri, purché tale decisione sia emanata in base a normative adeguate. ffi fi ff fi Villani Le fattispecie con elementi di estraneità Il diritto internazionale privato va relazionato a situazioni e rapporti giuridici che non si collocano esclusivamente all’interno di un dato ordinamento, ma rivelano elementi di estraneità; ad esempio un contratto stipulato da un cittadino di uno Stato con uno straniero, o concluso o da eseguire in altro Stato, oppure la successione ereditaria di uno straniero o di un cittadino, residente all’estero, o riguardante beni situati nel territorio di altro Stato. Il problema di tali fattispecie è stabilire se e no a che punto, queste debbano essere sottoposte alla legge dello Stato considerato, oppure se in ragione dei vari elementi di estraneità, tale legge debba essere sostituita dalla legge di un diverso Stato, col quale la fattispecie sia in qualche modo collegata. La presenza di un elemento di estraneità (consistente di volta in volta, nella cittadinanza straniera, nella residenza all’estero ecc.), presuppone che ci si ponga nell’ottica di un determinato Stato, in particolare dal punto di vista del giudice di tale Stato. Infatti, nel diritto internazionale privato la legge dello Stato di riferimento (quello rispetto al quale la fattispecie presenta elementi di estraneità) è denominata Lex fori. Il più delle volte le situazioni ed i rapporti con elementi di estraneità vengono in rilievo in procedimenti giudiziari, ma possono presentarsi anche all’attenzione di soggetti diversi dal giudice, ad esempio l’u ciale di stato civile chiamato a veri care lo stato libero di uno straniero, oppure il notaio chiamato a redigere il testamento di uno straniero, nonché gli avvocati, consulenti o soggetti privati, i quali intendono costituire rapporti giuridici aventi elementi di estraneità. Per tutti questi soggetti, si pone la questione di sapere in base a quale legge decidere la causa, o accertare lo stato libero, o redigere un valido contratto o testamento ecc. L’espressione “norme di con itto“ mette in luce le pretese delle leggi di più Stati a regolare una fattispecie internazionale, la quale a causa delle connessioni esistenti con tali Stati, potrebbe giusti care la pretesa di ciascuno a disciplinarla. Di conseguenza, le leggi di tali Stati si porrebbero potenzialmente in con itto tra loro ai ni della regolamentazione giuridica della fattispecie.la norma di diritto internazionale privato risolve preventivamente tale con itto, stabilendo la legge applicabile, tra quelle che astrattamente vengono in rilievo in corrispondenza dei collegamenti che la fattispecie presenta con più Stati. Le norme di diritto internazionale privato Nell’ambito di rapporti privatistici, la presenza di elementi di estraneità non implica necessariamente che lo Stato ponga norme di con itto volte a stabilire quale legge debba applicarsi, è possibile infatti che lo Stato consideri irrilevante l’elemento di estraneità, decidendo di applicare le proprie norme materiali, cioè quelle che regolano le fattispecie puramente interne allo Stato. Ad esempio l’articolo 116 comma due c.c., relativamente al matrimonio dello straniero in Italia, il quale stabilisce che lo straniero e soggetto ad una serie di disposizioni dello stesso codice che stabiliscono una pluralità di impedimenti al matrimonio ecc. Anche le norme di applicazione necessaria (le quali devono essere applicate in ogni caso dal giudice italiano a prescindere dagli elementi di estraneità e dai collegamenti che la fattispecie possa avere con altri Stati) ottengono il medesimo risultato. Le fonti del diritto internazionale privato di origine internazionale ed europea E norme di diritto internazionale privato sono norme interne, poste dal legislatore statale il quale decide quale legge dichiarare applicabile a fattispecie con elementi di estraneità, stabilendo per ciascuna categoria uno o più criteri di collegamento. Si tratta di una decisione di politica legislativa, in quanto la determinazione dell’uno dell’altro criterio di collegamento, ad esempio la cittadinanza o la residenza o il domicilio, corrisponde ad una valutazione del legislatore in merito alla legge ritenuta più idonea a regolare la fattispecie, e perciò sulla rilevanza dell’elemento di attacco sociale tra fattispecie ed uno Stato. Bisogna ricordare che oltre alle norme poste autonomamente da ciascuno Stato, esistono vari convenzioni internazionali contenenti norme di diritto internazionale privato uniforme in varie materie; il principale obiettivo di queste consiste nel realizzare un’armonia internazionale delle soluzioni dei con itti di legge. La legge 218 del 95 Le norme di diritto internazionale privato italiano sono contenute perlopiù nella legge 218 del 95; questa rappresenta la disciplina generale del diritto internazionale privato italiano, ma non la esaurisce. Oltre a singole disposizioni del CC o determinate leggi, vi sono gli articoli cinque-13 disposizioni preliminari codice navale, i quali stabiliscono la legge applicabile ad una serie di situazioni e rapporti rientranti nel diritto della navigazione. La legge 218 attribuisce notevole rilievo alle convenzioni di diritto internazionale privato uniforme, spesso elaborate nel quadro della conferenza dell’aia, delle quali l’Italia e parte. fi fl fl fl fi fi fi fl fl ffi L’articolo uno dichiara che la legge stessa non pregiudica l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia; la norma ha valore didascalico e pedagogico, non vi è dubbio che le norme di origine convenzionale in quanto speciali, vadano applicate in luogo delle norme generali della legge italiana. Tale norma può giocare però un ruolo più signi cativo alla luce della modi ca dell’articolo 117 comma uno della costituzione, in base al quale la potestà legislativa è esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Secondo l’interpretazione della corte costituzionale la nuova norma, pur non comportando una costituzionalizzazione degli accordi internazionali di cui l’Italia e parte, implica che questi operino come parametro di costituzionalità della legge ordinaria, la quale laddove in con itto insanabile con tale accordo, si pone in contrasto con l’articolo 117 comma uno. La legge 218, stabilendo al comma uno dell’articolo due la subordinazione delle proprie disposizioni alle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia, in caso di contrasto con tali convenzioni non renderebbe necessaria la pronuncia di incostituzionalità, garantendo l’applicazione automatica della convenzione da parte del giudice comune. Inoltre, la legge 218 per alcune materie opera una sorta di incorporazione di determinate convenzioni. L’articolo 42, dichiara che la protezione dei minori è regolata dalla convenzione dell’Aja del 1961, il 45 sottopone le obbligazioni alimentari della famiglia in ogni caso alla convenzione dell’Aja 1973; a queste va assimilato, nonostante l’assenza della formula “in ogni caso” l’articolo 32 quater comma due, inserito nel 2017, il quale dichiara che lo scioglimento dell’unione civile è regolato dalla legge applicabile al divorzio in conformità del regolamento Ue 2010, relativo ad una cooperazione ra orzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale. Il richiamo in ogni caso non l’ha sempre le stesse conseguenze: in alcuni casi determina un ampliamento della convenzione a materie che non rientrano nel suo ambito di applicazione, in altri casi un ampliamento a soggetti o situazioni territoriali non rientranti nella convenzione o, in ne, l’applicazione della legge di uno Stato non contraente. tale richiamo, da un lato sempli ca i problemi in merito alla legge applicabile o rendo la stessa soluzione prescindendo dalla circostanza; dall’altro lato conferma un’apertura del nostro legislatore assoluzioni prevalentemente accolte a livello internazionale, alle quali si trasformano nelle regole generali della legge italiana. Tale tecnica presenta degli inconvenienti, si pone in primo luogo il problema di sapere se il richiamo operi a favore di nuove convenzioni, o atti dell’Unione Europea sopravvenuti nella stessa materia oggetto delle norme di con itto della legge 218 del 95; oppure se il richiamo resti ancorato alle convenzioni espressamente menzionate. In quest’ultima ipotesi si corre il rischio di una cristallizzazione della disciplina di con itto a fronte dell’evoluzione risultante dalle nuove convenzioni. Rispetto alle convenzioni contemplate dalla legge 218 del 95, la convenzione dell’Aja del 61 è stata sostituita con quella del 96, quella del 1973 dal regolamento CE 2008 relativo alla competenza, la legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari. Il nuovo testo dell’articolo 45 della legge 218 menziona successive ed eventuali modi che a tale regolamento, risolvendo preventivamente possibili problemi derivanti da tali modi cazioni. Negli altri casi bisogna ritenere che il richiamo del legislatore sia suscettibile di estensione alle nuove convenzioni, modi cative o sostitutive di quelle menzionate dalla legge 218, in quanto testi accettati mediante rati ca e autorizzazione parlamentare dal nostro paese. Sulla legge 218 incide ovviamente la legislazione dell’unione europea, la quale si è sviluppata con l’adozione di importanti regolamenti; si è osservato che da tempo e consolidato il primato del diritto comunitario sulle eventuali norme interne contrastanti (alla luce della sentenza 170 1984 della corte costituzionale la conseguenza di tale privato è che il giudice comune e tenuto a disapplicare la norma interna con iggente applicando le norme europee). La vastità della produzione normativa dell’unione sta progressivamente espropriando gli Stati membri dalla potestà legislativa in materia, determinando l’obsolescenza della disciplina della legge 218 ed un dibattito in merito ad una sua riforma. Infatti la normativa dell’unione tende a sostituirsi sempre di più a quella del legislatore italiano, senza ricomporsi in un sistema unitario; i regolamenti realizzare interventi circoscritti a speci che materie, perciò privi di coerenza sistematica complessiva, si avverte infatti l’assenza di un regolamento che possa fornire una cornice teorica ai singoli regolamenti. fi fi fl fl fl fi fi fi ff fi fi fi fl fi ff Le funzioni del diritto internazionale privato In merito alle funzioni del diritto internazionale privato la teoria più convincente appare confermata dalla formulazione delle norme di con itto contenute nella legge di riforma del 95. Secondo tale teoria le norme di diritto internazionale privato svolgono duplice funzione, da un lato funzione di delimitazione dell’ambito di applicazione del diritto al quale appartiene la norma di con itto, dall’altro di rinvio al diritto straniero. Tale duplice funzione è coerente con il modo di operare della norma di con itto, la quale a seconda della localizzazione della fattispecie in un determinato Stato, in base al criterio di collegamento prescritto da ciascuna norma, può designare sia la Lex fori, sia quella di uno Stato straniero. Ad esempio, l’articolo 23 della legge 218 del 95 in merito alla capacità di agire delle persone siche, sottopone le stesse alla propria legge nazionale. Tale costruzione corrisponde al carattere bilaterale delle norme statali di diritto internazionale privato, cioè al fatto che queste tendono a porre su un piano di parità ed equivalenza giuridica la legge dello Stato alla quale appartengono e quelle degli Stati stranieri. Le norme di diritto internazionale privato provvedono tramite i criteri di collegamento, a localizzare le fattispecie in un determinato Stato, la cui legge è designata come applicabile, si tratta del metodo prevalentemente utilizzato dalle norme di con itto per designare la legge applicabile a fattispecie aventi elementi di estraneità rispetto allo Stato considerato. Vi sono però metodi alternativi attraverso i quali individuare la legge applicabile: viene in rilievo il metodo delle considerazioni materiali, in base al quale una legge è selezionata in funzione del risultato di tutelare certi interessi che il legislatore intende garantire. (Metodo seguito in materia di legge regolatrice della forma degli atti: le norme di con itto stabiliscono una pluralità di criteri di collegamento, suscettibili di designare le leggi di più Stati, tra le quali si applica in concreto quella più favorevole alla validità formale dell’atto). Ulteriore metodo quello del rinvio all’ordinamento competente, il quale implica che il diritto designato come applicabile e comprensivo di tutte le situazioni giuridiche esistenti in tale ordinamento, le quali sono automaticamente riconosciute. Tale metodo già a ermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiana troverebbe esplicita conferma nell’articolo 65 della legge 218, il quale dispone che i provvedimenti stranieri in merito alla capacità delle persone, all’esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità hanno e etto in Italia quando pronunciati dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata Dalle norme della stessa legge 218, o producono e etti nell’ordinamento di tale Stato anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non in contrasto con l’ordine pubblico. La struttura delle norme di diritto internazionale privato Le norme di diritto internazionale privato contemplano una determinata fattispecie astratta, indicata mediante un’espressione tecnico giuridica, e rispetto a ciascuna fattispecie oggetto della norma, stabiliscono una determinata circostanza di connessione tra la fattispecie ed uno Stato, idonea ad individuare la legge di tale Stato. La fattispecie contemplata dalla norma è denominata categoria astratta, la circostanza mediante la quale è collegata all’ordinamento statale e chiamata criterio di collegamento. Il criterio di collegamento può consistere in una circostanza di fatto o può essere designato con un’espressione giuridica. Per quanto riguarda la categoria astratta, le norme di diritto internazionale privato solitamente non contemplano in modo completo tutti i pro li di una fattispecie, ma solo determinati aspetti della stessa, per cui spesso la disciplina sostanziale di un atto ed i suoi requisiti formali sono oggetto di diverse norme di con itto; per esempio la disciplina sostanziale delle successioni ereditarie è disciplinata dall’Art 46 della legge 218 95, la capacità di testare e oggetto dell’Art 47 e la forma del testamento dell’Art 49. Questa tecnica è denominata decapage o frazionamento dei diversi aspetti di una fattispecie tra più norme di con itto. Questa tecnica comporta che dopo il funzionamento del criterio di collegamento previsto per i diversi aspetti della fattispecie, questi siano sottoposti a diverse leggi, comportando il problema di de nire esattamente l’ambito di applicazione di ciascuna norma. Si tratta di un problema comune alle norme di diritto internazionale privato che consiste nel de nire la portata di ciascuna categoria astratta, noto come problema della quali cazione. ff fl fl fl fl ff fi fl ff fi fl fi fi fi fl La quali cazione La categoria astratta contemplata da ciascuna norma di diritto internazionale privato è indicata con un’espressione tecnico giuridica, per cui la prima operazione del giudice e quella di accertare il signi cato preciso di tale espressione, per poter stabilire in quale categoria ricada la fattispecie in esame.tale operazione e detta quali cazione. Questa ha ad oggetto la categoria astratta, ma può essere vista anche sotto diverso pro lo. Si può partire dalla fattispecie concreta per stabilire in quale categoria astratta rientri e dunque nell’ambito di quale norma di diritto internazionale privato (quali cazione della fattispecie concreta). La quali cazione consiste in un’operazione di interpretazione giuridica, in quanto richiede di precisare il signi cato delle espressioni tecnico giuridiche che designano le categorie. Questa pone il problema di stabilire in base a quale ordinamento tali espressioni debbano essere interpretate, per esempio il diritto della vedova a parte dei beni del marito defunto per un ordinamento potrebbe rientrare nelle successioni, per un altro nella categoria dei rapporti patrimoniali tra congiunti. Stabilire in base a quale ordinamento operare la quali cazione della categoria astratta costituisce il problema della quali cazione, la cui soluzione è necessaria per il corretto funzionamento delle norme di diritto internazionale privato, perché a seconda dell’ordinamento di riferimento la norma di con itto applicabile può essere diversa e perciò anche la legge richiamata per regolare la fattispecie. Per quanto riguarda le norme di diritto internazionale privato poste autonomamente da ciascuno Stato, la soluzione più di usa indottrina e seguita in giurisprudenza è che la quali cazione vada e ettuata alla luce dell’ordinamento al quale la norma di con itto appartiene; questa infatti si risolve in un’operazione interpretativa dei termini tecnico giuridici utilizzati per designare le categorie astratte, perciò si deve ritenere che tali termini abbiano lo stesso signi cato che risulta dall’ordinamento al quale appartengono. Perciò la fattispecie concreta sarà incasellata in una determinata categoria, questo infatti consiste in una contestazione giuridica, in un rapporto giuridico che si vuole costituire eccetera, questo implica che dinanzi al giudice possono venire in rilievo istituti giuridici non esistenti nel suo ordinamento, si pensi al matrimonio poligami co o a quello tra persone dello stesso sesso. In casi simili non vi sono norme che consentono di attribuire loro una data quali cazione, da utilizzare per l’inquadramento in una norma di con itto, perciò bisognerà fare ricorso ai ni della quali cazione, alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe, o in mancanza ai principi generali dell’ordinamento. I criteri di collegamento ed i loro rapporti Il criterio di collegamento consiste in un aspetto della fattispecie contemplata, che consente di connettere quest’ultima alla legge di un dato Stato. Spesso la norma di con itto stabilisce una pluralità di criteri di collegamento; il rapporto tra i vari criteri può essere con gurato secondo diverse modalità. Concorso successivo: un criterio è assunto come principale, uno o più criteri come sussidiari operando solamente quando il primo non possa funzionare in concreto (a cascata). (Ciò signi ca che il criterio principale potrebbe astrattamente operare ma si preferisce uno dei criteri sussidiari in quanto il primo può risultare inopportuno o non in grado di assicurare un determinato diritto). Es. La cittadinanza, prevista da molte norme di con itto italiane, non può svolgere la funzione di collegare la fattispecie ad un determinato ordinamento laddove il soggetto in questione sia privo della stessa, in tal caso la legge 218 del 95 stabilisce, in successione, l’applicazione della legge del domicilio o in mancanza della residenza della persona. Concorso alternativo: in tal caso tutti i criteri sono posti sullo stesso piano e sono idonei a richiamare simultaneamente le leggi di più Stati. Tale tecnica è utilizzata spesso per la disciplina relativa alla forma degli atti giuridici. Es. L’articolo 48 della legge 218 95 in merito alla forma del testamento prevede sette criteri di collegamento: il luogo nel quale il testatore ha disposto; la cittadinanza al momento del testamento o della morte; il domicilio al momento del testamento o della morte; la residenza al momento del testamento o della morte. D’altro canto nel concorso alternativo, in principio è applicabile un’unica legge tra quelle individuabili tramite i vari criteri di collegamento; la determinazione può essere stabilita dalla stessa norma di con itto, ma più spesso è l’interpretazione della norma che conduce all’individuazione della legge applicabile, per esempio l’articolo 48 dichiarando che il testamento è valido, in merito alla forma, se è considerato tale da una delle leggi richiamate dei criteri di collegamento implica l’applicazione della legge più favorevole alla validità formale. fi fi fi fi ff fi fl fi fi fl fi fl fl fi fi fi fi fi fi fi ff fl fi fl Concorso cumulativo: si determina quando le diverse leggi richiamate vanno tutte applicate, con la conseguenza che la situazione o il rapporto sono considerati costituiti validamente soltanto se sono presenti le condizioni prescritte da tali leggi, e producono solamente gli e etti previste da queste. Classi cazione dei criteri di collegamento. I criteri di collegamento possono distinguersi in criteri soggettivi e oggettivi, a seconda che si identi cano con una circostanza relativa ai soggetti del rapporto o della situazione giuridica (cittadinanza, residenza, domicilio), o con una circostanza riguardante altri elementi (oggetto del rapporto, luogo dove è nato o deve essere eseguito). Ulteriore classi cazione riguarda i criteri di fatto e quelli giuridici. I criteri di fatto comportano l’accertamento di una situazione materiale, come il luogo dove è sito un immobile. Quelli giuridici sono indicati con espressioni tecnico giuridiche (domicilio, residenza…); (problema di quali cazione come categoria astratta, bisogna stabilire in base a quale ordinamento determinare il signi cato, soluzione uguale a categoria astratta). Cittadinanza: criterio molto utilizzato dal legislatoreper questioni di capacità, successioni, rapporti di famiglia; criterio giuridico, il suo accertamento riguarda l’attribuzione o la perdita della cittadinanza. Questa non può però essere de nita alla stregua della Lex fori, perché ogni Stato è libero di regolare l’attribuzione della propria cittadinanza ma non quella degli altri Stati, perciò la cittadinanza straniera va accertata in base all’ordinamento dell relativo Stato. La legge 218 del 95 dedica alla cittadinanza all’Art 19, al co1 la norma contempla in sequenza i criteri sussidiari del domicilio e della residenza, sia per l’apolide che per il rifugiato.(Orazio: sarebbe opportuno applicare la legge dello Stato dal quale il soggetto è perseguitato). Al co 2 di più cittadinanze: in tal caso si applica la legge dello Stato col quale la persona ha il collegamento più stretto(tale criterio del collegamento più stretto integra la cittadinanza portando a sceglierne una sola). Sempre il comma due prevede una diversa disciplina per l’ipotesi in cui tra le diverse cittadinanze vi sia quella italiana, stabilendo la prevalenza di quest’ultima. Volontà delle parti: criterio giuridico, espressa tramite atto unilaterale o accordo. Sia lato laterale che l’accordo sulla legge applicabile solo atti giuridici per i quali si pone il problema di stabilire la legge in base alla quale va accertata la loro esistenza, validità sostanziale, validità formale. Talvolta è la norma di con itto a stabilire i requisiti dell’atto di scelta, ad esempio la forma testamentaria espressa, mente l’articolo 30 esige la forma scritta. Inoltre la norma di con itto può stabilire quale sia la legge regolatrice del Pactum de lege utenda: ad esempio l’articolo 30 comma due dichiara che l’accordo dei coniugi sul diritto applicabile ai loro rapporti patrimoniali e valido sì considerato tale dalla stessa legge scelta come regolatrice dei rapporti o dalla legge del luogo di stipulazione dell’accordo. In via residuale, quando la legge regolatrice della scelta che la legge applicabile non possa essere ricavata neanche implicitamente dalla norma di con itto, esistenza e validità della volontà dovrebbero essere accertate alla stregua della Lex fori. I criteri di collegamento si distinguono in costanti e variabili; i primi non sono soggetti a variazione, come il luogo in cui è sito un immobile, o il luogo in cui si è determinato un evento; i