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Summary

Il documento presenta un riassunto delle tappe più importanti della filologia romanza. Si evidenzia lo sviluppo della linguistica storica, le varie scuole linguistiche e gli esponenti più importanti (come gli Schlegel, Friedrich Diez, e Jules Gillieron). Si descrivono anche concetti come il sostrato, l'adstrato e il superstrato nelle interferenze linguistiche. Il documento è un testo accademico a scopo riassuntivo.

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**CAPITOLO 1 LA FILOLOGIA ROMANZA** La filologia romanza studia le lingue romanze o neolatine e Friedrich Schlegel mostrò per la prima volta i rapporti che c'erano tra latino, greco, germanico e il sanscrito. Il fratello August Wilhelm scrisse "observations sur la langue". Wilhelm von Humboldt ave...

**CAPITOLO 1 LA FILOLOGIA ROMANZA** La filologia romanza studia le lingue romanze o neolatine e Friedrich Schlegel mostrò per la prima volta i rapporti che c'erano tra latino, greco, germanico e il sanscrito. Il fratello August Wilhelm scrisse "observations sur la langue". Wilhelm von Humboldt aveva una visione filosofia ma anche storica della lingua. Franz Bopp è considerato il padre della linguistica storica, dando importanza non al lessico, ma alla struttura grammaticale delle lingue indoeuropee. MA COSA SUCCEDE?? Che i fratelli Schlegel classificarono le lingue in modo tipologico, ovvero in isolanti o monosillabiche, agglutinanti e le flessive. Bopp invece fece una classificazione genealogica, ovvero che tutte le lingue provengono da un unico idioma: le lingue indoeuropee. (Alla base delle quali c'è il latino). - Francois Raynouard, padre della filologia romanza si rese conto che, per studiare seriamente il lessico francese, era necessario investigare gli antichi documenti e i dialetti moderni. Studiò a fondo il provenzale antico, la lingua dei trovatori. Raynouard commise però un errore di prospettiva: egli non riteneva che le varie lingue romanze fossero una derivazione diretta del latino ma che dal latino popolare si fosse sviluppata una "lingua romana" parlata, con poche varietà̀, dal VII al IX secolo e identificabile col provenzale. - Friedrich Diez ebbe il merito di adattare alle lingue neolatine il metodo storico- comparativo inaugurato da Bopp. Diez comincia la sua grammatica delle lingue romanze con queste parole: "sei lingue romanze attirano la nostra attenzione, l'italiano e il valacco (rumeno); lo spagnolo e il portoghese; il provenzale e il francese; tutte hanno nel latino come principale fonte; ma non è dal latino classico usato dagli autori che esse sono scaturite, è dalla lingua popolare dei romani. **La dialettologia**: da una concezione fisiologica e la concezione che il linguaggio sia un fenomeno psichico nasce la neogrammatica. Questa corrente ammette l'ineccepibilità delle leggi fonetiche che agiscono al di fuori della coscienza del parlante. Il paladino della grammatica in Italia è Clemente Merlo. **Altre teorie**: un'altra altra innovazione è la teoria delle onde di Schmidt. Lui sostiene che le innovazioni linguistiche si propagano come onde irradiandosi da diversi centri incrociatisi con altri. **La geografia linguistica**: Il linguista tedesco Georg Wenker si propose di stabilire e fissare cartograficamente i confini dei dialetti tedeschi. Per questo preparò un questionario esclusivamente fonetico che fece spedire a tutti i maestri, parroci cattolici e pastori protestanti della Germania. Il balcanologo tedesco Gustav Weigand, dopo aver condotto una serie di inchieste personali in Rumania, raccolse i risultati sotto forma cartografica.\ Il primo grande atlante moderno è però *l'Atlas Linguistique de la France (ALF)* ideato e promosso dal linguista svizzero Jules Gillieron; In Francia la necessità di una raccolta sistematica e sincronica dei dialetti era ancor più sentita che altrove, perché i dialetti sono in rapido regresso di fronte alla lingua letteraria. Nasce quindi in Gillieron la decisione di una raccolta diretta che, per essere diffusa in tutto il dominio linguistico gallo-romanzo deve, necessariamente, essere limitata nella quantità. Ma anziché affidarsi alla corrispondenza Gillieron preparò un questionario, stabilisce i punti d'inchiesta e decide che la raccolta sia fatta da una persona dotata di orecchio in grado di prendere nota di tutte le sfumature dei vari suoni tramite una trascrizione fonetica studiata. L'inquisitore fu trovato in una persona che non era un linguista di professione, in modo che non fosse influenzato nella trascrizione dalle sue aspettative. La differenza maggiore tra l'opera di Gillieron e quelle citate di Wenker e Weigand, sta nel fatto che, mentre i due linguisti tedeschi danno l'elaborazione dei materiali raccolti, Gillieron pubblica i risultati in forma cartografica. La pubblicazione in fascicoli dell'atlante duo dal 1902 al 1912. **L'onomastologia:** L'onomastologia studia come un determinato concetto o oggetto viene espresso in un dominio linguistico. I lavori di onomastologia iniziano nel 1892 con il neogrammatico Carlo Salvioni con un saggio sui nomi della lucciola. Ma solo tre anni dopo per merito dello svizzero Tappolet nacque la vera e propria onomastologia romanza. **La neolinguistica**: Ferdinand de Saussure aveva tenuto tre corsi universitari di linguistica generale ma non aveva pubblicato nulla, né aveva lasciato appunti organici ordinati. Dopo la sua morte i suoi migliori allievi riordinarono i loro appunti delle lezioni e misero insieme il *Cours de linguistique générale*. Fra le tante idee sviluppate, ebbero notevole influsso tra i linguisti: la differenza tra *langue* (lingua come sistema di carattere prevalentemente sociale) e *parole;* l'opposizione esistente nel linguaggio fra *signifiant* e *signifié;* l'esistenza nello studio e nell'analisi del linguaggio di due assi, uno diacronico e uno sincronico. Fra il 1928 e il 1929 sorge un'altra scuola linguistica, il Circolo di Praga presso il quale nacque la fonologia. Principali rappresentanti furono Sergej Kercevskij, Roman Jakobson e Nikolaj S. Trubeckoj. Furono pubblicate basi metodologiche principali della nuova scuola. Fra queste possiamo ricordare: "la lingua è un sistema di mezzi di espressione appropriati a uno scopo. Non si può̀ capire nessun fatto linguistico senza tenere conto del sistema a cui appartiene".\ Ciò̀ significa che la scuola di Praga accettava l'idea della lingua come sistema. Per la scuola di Praga ogni unità linguistica deve contenere delle particolarità̀ foniche con funzione distintiva; si ha così come concetto basilare quello delle opposizioni fonologiche che sono proprie di ogni sistema linguistico.\ Il Centro linguistico di Copenhagen e la cosiddetta "glossamatica" una dottrina che definisce la lingua come tessuto di relazioni interdipendenti . si sviluppa specialmente nel campo puramente teorico ed astratto. Nel 1939 si iniziava a Copenhagen la pubblicazione di una rivista che aveva come titolo *Acta Linguistica* di Brøndal; egli si rifà̀ alla scuola fonologica di Praga, senza accennare alle novità̀ teoretiche del Circolo linguistico di Copenhagen.\ Indipendentemente dagli insegnamenti di F. Saussure, la linguistica Americana ha sviluppato la distinzione fra diacronia e sincronia. La necessità di esami linguistici puramente sincronici proveniva qui dall'esigenza di descrivere lingue, come quelle amerinde, in cui mancando ogni fase antica o addirittura ogni fase scritta, era giocoforza dare una specie di fotografia istantanea dello stato attuale della lingua quale veniva comunicata oralmente dai parlanti. **CAPITOLO 2 IL SOSTRATO PREROMANO** Le lingue romanze sono l'unico esempio di lingue geneticamente affini di cui si sia conservata la fonte comune, cioè̀ il latino.\ Il latino era originariamente solo il dialetto di Roma. Lingua latina è l'espressione più frequente per indicare la lingua parlata dai Romani. Il latino è una lingua indoeuropea, in cui rappresenta un'area marginale del gruppo di lingue kentum. Strettamente affini al latino sono alcune varietà̀ dialettali, come il Filiasco. Fino a qualche anno fa erano considerati affini al latino anche dialetti italici di tipo Osco-Umbro, ovvero: L'Osco, la lingua degli antichi Sanniti; i dialetti sabellici, l'umbro (il più settentrionale e conosciuto). Alcuni studiosi hanno sostenuto che la separazione tra Osco-Umbro e Latino- Filiasco sia anteriore alla migrazione nella penisola e che non si possa pertanto parlare di un vero e proprio gruppo italico. Le maggiori differenze tra Latino- Filiasco e Osco-Umbro sono: 1) il trattamento delle originarie labiovelari indoeuropee (qu,gu, g uh) che nell'Osco-Umbro sono rese con delle labiali, nel latino con delle velari seguite da /u/; 2) la conservazione delle aspirate interne come spiranti in Osco-Umbro, e della loro sonorizzazione in Latino-Filiasco; 3) l'assimilazione di -nd - in -nn- e di mb- in -mm- (m) in Osco-Umbro; 4) considerevoli differenze morfologiche nella formazione del futuro, del perfetto ecc, e notevoli differenze anche nel lessico. Il latino era dunque, come si è detto la lingua di Roma e delle sue immediate adiacenze. La diffusione del latino va di pari passo con l'espansione di Roma tra il mediterraneo e l'Europa. Bisogna tenere presente però che il concetto di romanità̀ fu soprattutto politico e che i Romani non si proposero mai un'assimilazione violenta delle popolazioni soggette e non tentarono mai di imporre la loro lingua. Infatti, molte lingue sopravvissero a lungo anche sotto la loro influenza (es il greco e l'etrusco).\ Dalla diffusione del latino su un territorio sempre più̀ vasto derivano due conseguenze: 1) il latino venendo a contatto con altri idiomi influenza e viene influenzato in maniera più̀ o meno durevole; 2) il latino, se pur unitario nella primitiva piccola patria d'origine doveva man mano differenziarsi nelle singole regioni. Abbiamo detto che Roma non imponeva la propria lingua, erano generalmente le popolazioni soggette a scegliere di usarla per elevarsi culturalmente. Il latino è col tempo (dopo una fase di bilinguismo dei nativi del luogo) diventato lingua d'uso, subendo però gli influssi delle lingue di *[sostrato]*. In linguistica storica il **sostrato** è lo strato linguistico al quale si è sovrapposto e sostituito, uno strato linguistico diverso e che ha provocato nella lingua sovrapposizioni particolari, cambiamenti grammaticali e lessicali. Vi sono poi altre due tipologie di interferenza linguistica ovvero: l'**adstrato** con il quale intendiamo tutti gli influssi linguistici di vario genere che vengono esercitati da una lingua su un'altra. E il **superstrato**, che indica lo strato linguistico che si contrappone un altro senza riuscire a imporsi ma influenzando il sostrato precedente preesistente. **[Sostrato etrusco]**: Per quanto riguarda questo sostrato esso rimanda al popolo degli etruschi. Benché́ i romani li chiamassero barbari, essi appresero molto dagli etruschi specialmente in fatto di religione. Gli etruschi riuscirono a dominare su Roma all'epoca della dinastia dei Tarquini periodo che va dal VII-VI secolo a.C. La provenienza degli etruschi ancora oggi è dibattuta abbiamo infatti: - \-  una teoria sostenuta dallo storico Dionigi di Alicarnasso che sostiene siano una popolazione autoctona cioè̀ proveniente dall'Italia - \-  mentre secondo la teoria sostenuta da Erodoto gli etruschi sarebbero eteroctoni e quindi provenienti dall'Asia minore. Secondo gli studiosi moderni la seconda teoria è più̀ sostenuta, perché́ sono state rilevate delle somiglianze in religione, cultura e lingua, facendo il confronto con le testimonianze tra delle città etrusche e delle città dell\'Asia Minore. La conoscenza della lingua etrusca non è molto profonda in quanto pochi e brevi sono gli scritti conservati, la fonte più̀ importante di cui disponiamo è la mummia di Zagabria coperta da bende che in un primo momento si credeva che fossero geroglifici, poi si pensò a una traslitterazione araba ma in realtà̀ si tratta di un libro etrusco religioso, un rituale con delle preghiere. Prodotto in alta Italia e poi giunto in Egitto è dovuto forse al fatto che la donna che costituisce questa mummia deve essere scappata dall'Italia durante la conquista romana con questo libro ed evidentemente poi fosse pulita con le bende secondo il rito egizio. È possibile riconoscere l'influsso etrusco nel latino ad esempio suffissi divenuti produttivi, così chiamati perché́ nel passaggio da una lingua all'altra quando arrivano in questa seconda lingua in questo caso il latino possono essere utilizzati per produrre nuove formazioni, e sono le uscite in: na- ena- enna- ina- inna- erna- arna- issa. Ad esempio, parole come: "persona", "antenna" o nomi di persona come "Porsenna" o di città come "Ravenna", "Modena", "Volterra". I frequenti contatti tra il Latino e \'Etrusco hanno fatto si che il latino assimilasse un certo\ numero di parole etrusche che noi possiamo isolare sia per la mancanza di corrispondenze indoeuropee, sia per la presenza di alcuni elementi morfologici. Dell\'etrusco oggi ci restano: \- Termini come mundus (mondo), persona, populus (popolo). Altro elemento sicuramente etrusco è il sistema nominale cioè preanomen - nomen - cognomen. Inoltre, un fenomeno che si è pensato di ricondurre al mondo etrusco e il fenomeno della Gorgia toscana, perché́ l'Etruria corrisponde all'attuale Toscana. La Gorgia toscana è l'aspirazione delle consonanti sorde intervocalica: c -- t -- p. In un primo momento la tesi che la Gorgia toscana derivasse dagli etruschi ebbe un enorme successo perché́ gli etruschi nel loro alfabeto avevano le aspiranti. Ma ora abbiamo degli ostacoli: 1. La fonologia dell'etrusco non c'è nota e quindi noi non sappiamo come pronunciavano. 2. Non coincidono questi fenomeni con i territori etruschi 3. e poi terzo fattore è che questa pronuncia non è attestata nello scritto prima del XVI secolo, quindi, potrebbe essere un fenomeno recente. **[Sostrato in Sicilia]**: Verso I\'8 sec. sorsero le colonie greche in Sicilia in particolare la zona orientale sottostava al dominio dei cartaginesi, fino all\'avvento della prima guerra punica, con cui la Sicilia divenne la prima provincia romana. Tucidide racconta che quando i greci arrivarono in Sicilia trovarono dei gruppi già̀ collocati, ovvero: - \-  I **Sicani** collocati al centro e provenienti dall\'Asia Minore. La loro lingua era anaria cioè̀ non indoeuropea. - \-  **Elimi** stanziati nell'estremo ovest, secondo Tucidide erano gli abitanti di Troia che erano fuggiti dalla città. Non si sa da dove provengono, alcuni concordano con Tucidide che provengono dall\'Anatolia, altri pensano che provengano dall\'Italia. La loro lingua è una lingua indoeuropea spesso molti la accostano ai liguri. - **Siculi** stanziati ad est. I Siculi arrivano nel 15 secolo a.C., non si sa bene la loro origine, una 1° teoria dice che sono romani spintisi in Sicilia, una 2° teoria parla di iscrizioni egizie che parlano di loro come Sekeres, pirati del mare provenienti dell\'Africa stanziatesi in Sicilia. Per quanto riguarda le tracce degli Elimi c'è rimasto molto poco mentre dei Sicani abbiamo essenzialmente toponimi ad esempio: - ROGO che voleva dire "granaio" ma attraverso il greco sia al nominativo RÓGOI, all\'accusativo TOUS ROGOUS, che in arabo diviene il nome della città di Ragusa. - \-  CATANA che significa "coltello\", passa attraverso il greco CATÁNE e poi in arabo Catania. - \-  ENNA fino al 1927 veniva chiamata CASTROGIOVANNI questo perché ENNAAN in greco che poi in latino HENNA. In arabo diviene QASR YANNA cioè \'fortificazione di Enna\'. I normanni interpreteranno la prima parola come roccaforte, il secondo nome come Giovanni, quindi CASTRUM IOHANNI. - \-  la radice ricostruita \*AIDH perché ricostruita significa \'bruciare\' da cui deriva ÁITNE quindi il vulcano Etna. - \-  PANORMOS che deriva dal greco pan "tutto" e ormos "porto" quindi la città viene identificata tramite la sua funzione (Palermo, "tutto porto") - KEFALÉ dal greco "testa" e ha esito in Cefalù. Sempre dei siculi abbiamo la presenza di consonanti cacuminali che si pronunciano con la punta della lingua che tocca il palato e tra l'altro abbiamo il passaggio dalla doppia l "ll" a "dd" dove ad esempio bello diventa "baddu". Tre ipotesi sulla genesi del siciliano: 1. secondo la prima ipotesi la lingua parlata in Sicilia rappresenterebbe l'idioma preesistente prima dell'arrivo del latino. 2. Per quanto riguarda la seconda ipotesi il siciliano deriverebbe dal latino parlato. 3. Mentre per quanto riguarda la terza ipotesi il siciliano potrebbe essere frutto di lingue recentemente romanze. **[Sostrato greco:]** Per quanto riguarda il sostrato greco più̀ che sostrato dobbiamo parlare di adstrato poiché́ la lingua greca ha sempre una qualche forma di resistenza alla lingua latina questo perché́ i greci si sono sempre opposti all'apprendimento del latino in quanto si sentivano superiori e consideravano la loro lingua anche più̀ raffinata. Per questo parliamo di adstrato cioè̀ due lingue in contatto ma nessuna delle due prevale sull'altra. Solo in due casi si può̀ parlare di sostrato greco quindi territori nella Francia meridionale e nella zona di Cargese (Corsica del sud) E poi nella zona dell'Italia meridionale quindi le colonie della Magna Grecia. **[Sostrato in Sardegna]**: Dopo la scomparsa dei fenici la Sardegna fu contesa tra Cartaginesi e Greci. Dopo la battaglia di Alalia che vide Cartaginesi e Etruschi alleati e vincitori ai primi andò̀ la Sardegna\ ed ai secondi la Corsica. Il dominio punico non riuscì̀ però a distruggere le popolazioni indigene (mediterranee), che si\ ritirarono all\'interno; dopo di che anche qui giunse la romanizzazione e latinizzazione. La romanizzazione fu lenta ma profonda e vi si trovano tracce di greco, punico, paleo sardo. Il sardo d'oggi si codifica come una lingua conservativa proprio per la sua posizione isolata. **[Sostrato ligure]**: Per quanto riguarda l\'Italia settentrionale prima dell\'arrivo dei Celti, i Liguri abitarono buona parte del Piemonte, della Provenza, della Lombardia e dell\'Emilia, l\'attuale Liguria, e (prima degli Etruschi) la Corsica. Nel sostrato ligure possiamo intravedere due strati linguistici: - \-  Il primo è anario (non indoeuropeo) mentre - \-  L'altro è indoeuropeo più̀ recente perché́ la lingua venne poi contaminata dai celti. **[Sostrato nella penisola iberica:]** La Penisola Iberica fu abitata sin dall\'epoca antichissima, inizialmente si credeva che i primi abitanti fossero stati gli Iberi un popolo venuto dall\'Africa settentrionale, nello stesso periodo le tribù̀ celtiche arrivarono da qui la fusione in Celti iberi. La penisola iberica divenne provincia romana nel 201 a.C. La lingua di questo popolo ovvero il Basco rappresenta la principale fonte di sostrato della Penisola Iberica, tramite le varie iscrizioni che conserviamo. Per esempio, del basco rimangono i suffissi produttivi cioè̀ un suffisso azione che passa da una lingua all'altra e nella lingua in cui arriva consente la creazione di nuove parole. Ad esempio, questi suffissi sono: -rdo, -rda, -rro, -rra, termini come "izquierda" che significa sinistra è un termine proprio che si discosta dal latino "sinister". Lo spagnolo, ad esempio, non continua "canis" ma utilizza "perro" o "vulpis" ma "zorro". Nella fonetica il passaggio tipico soprattutto dello spagnolo è il passaggio da "f" latina ad "h" ad esempio "farina" diventa "harina". Ad esempio, il latino "lacte" produce in spagnolo "leche" oppure il termine "nocte" produce la forma "noche". **[Sostrato paleoveneto:]** gli abitanti del veneto più̀ antichi furono probabilmente i Paleoveneti e gli Eugânei. Su questi ultimi che avevano il loro centro a Este non sappiamo molto mentre dei Paleoveneti conosciamo l\'alfabeto grazie a una serie di iscrizioni. Il Paleoveneto è sicuramente una lingua indoeuropea, probabilmente tra le lingue kentum,\ occidentali. Ci rimangono tracce nella toponomastica e da studi più recenti si coglie la tendenza della proparossitona cioè̀ nomi accentati. Sulla terzultima sillaba come Albano, Ascoli, Padova. **[Sostrato celtico:]** Quando parliamo di sostrato celtico facciamo riferimento ai galli. Essi giunsero dall'attuale Francia nell'Italia settentrionale cacciando i Liguri, gli Etruschi e gli Umbri. Fondarono qui la Gallia Cisalpina dove si estesero fino ai Pirenei, nella Gallia meridionale\ (transalpina) dove vennero a contatto con gli Iberi. A partire dal Ill sec. a.C.i Romani cominciarono a conquistare il territorio dei Galli, durante l\'Impero di Cesare la Gallia intera diventerà̀ una provincia romana. Attualmente le zone a sostrato celtico sono la Svizzera francese, l\'Italia settentrionale, la penisola iberica e la Gran Bretagna. Le lingue celtiche si dividono in:\ - Celtico orientale, rappresentato dal Gallico -\> lingua morta -Celtico insulare: diviso in Gaelico parlato in Irlanda, Scozia e Bretone parlato in Galles Celti e romani si influenzarono a vicenda linguisticamente tant'è vero che è in questo modo che si spiega l'influsso dei celtismi comuni cioè termini celti che entrano nel latino e che poi si diffondono in tutto l'impero diventando termini pan-romanzi. Si tratta di termini che hanno a che fare con la vita quotidiana ma spesso fanno riferimento a cose e concetti che latini non conoscevano ad esempio il "carrum" c'è il tipo che indica il carro a quattro ruote che è diverso dal "currus" Romano a due ruote. Un campo ricco di celtismi è la toponomastica e quello che notiamo soprattutto quella in Francia in quanto paese celtico. Altro elemento dovuto al sostrato celtico è il sistema di numerazione vigesimale ad esempio: quatre-vingt , treis-vinz , sis-vinz\ Tra le caratteristiche fonetiche del francese dovute al sostrato celtico abbiamo: il passaggio della "a" tonica Latina ad una "e" tonica dal latino mare al francese mer, oppure casa a chez. Altra caratteristica è il passaggio della ū lunga latina ad ü palatale che molti vogliono ricondurre al sostrato Gallico, la provenienza celtica è stata evidenziata da Ascoli da tre prove: 1. la prova della **CONGRUENZA COREOGRAFICA** 2. La prova della **CONGRUENZA INTRINSECA** 3. La terza prova quella della **CONGREUNZA ESTRINSECA** **CAPITOLO 3 LA ROMANIA** Romanus nella storia di Roma, il populus romanus era la gens. Poi si sono aggiunti anche i plebei in questa categoria ed è diventata cives. Nel 212 d.C con l'editto di Caracalla, la cittadinanza romana venne estesa a tutti i cittadini dell'impero. Da questo momento in poi il termine romanus perse il suo significato e ha conservato solo quello giuridico. Gli scritti del V, IV secolo raccontano proprio della fierezza di essere romano, di un sentimento nazionale. Romanus rimarrà importante nella parte orientale dell'impero dove c'era una lingua con molto prestigio, il greco. I greci chiamavano i romani "romaioi", ma poi questo termine ha iniziato ad inidcare sia i latini sia i greci. -In occidente, al momento delle invasioni barbariche, anche romanus perse la designazione politica e giuridica. Nel momento in cui i germani divennero padroni dell'occidente, chiamavano i romani "walha". -In oriente il latino romanus si conserva nel nome dell'unico popola romanzo rimasto: i rumeni. Oggi con Romània indichiamo tutta la realtà̀ neolatina. Abbiamo una Romania nuova, ovvero territori in cui si parlano lingue romanze ma che non sono territori che facevano parte dell'Impero Romano. Esiste inoltre la cosiddetta Romania perduta, ovvero quelle zone dell'impero in cui il latino non è riuscito a imporsi come lingua (soprattutto a causa del greco). Parlando di Romània perduta, inizieremo a trattare dell'Africa. Le numerosissime città di fondazione fenicia o cartaginese fiorirono sotto l'egida dei Romani e il Cristianesimo vi si diffuse rapidamente. Naturalmente anche qui la romanizzazione non era dappertutto ugualmente profonda; essa fu più intensa nelle regioni più vicine territorialmente all'Italia e cioè̀ la zona di Cartagine. Latino e Greco nell'Impero romano: Il latino non riuscì̀ mai a imporsi come lingua nell'area orientale dell'impero a causa della concorrenza con il greco, la lingua della cultura per antonomasia che godeva di un prestigio enorme. Lo stesso vale per le regioni asiatiche e quelle nordafricane. In oriente si usava il greco, ma la romanizzazione appare anche dal grande numero di iscrizioni latine. Relitti latini nella Britannia: le città della Britannia furono fortemente romanizzate già dal V secolo. L'inglese antico si è formato con l'arrivo delle tribù germaniche del nord, ma non ci sono troppi relitti latini. Un esempio può essere il mantenimento della j come semivocale. Più che altro, il latino ha influenzato un po\' le lingue celtiche. Relitti latini nelle lingue germaniche: Per ciò̀ che ci si riferisce alla Germania, la provincia romana abbracciava un territorio relativamente piccolo, ad Occidente del Reno, è l'area in cui troviamo i più̀ numerosi relitti latini, soprattutto nella toponomastica. La conoscenza del latino doveva essere abbastanza diffusa tra i Germani ed è testimoniata da Tacito, da Cesare (indirettamente) e dei numerosi prestiti lessicali di ambito domestico o riferito a cibo e bevande. Tra i relitti della Romània perduta si trovano anche voci non più̀ vitali nel romanzo. Anche le condizioni fonetiche dei più̀ antichi relitti latini ci mostrano fasi arcaiche, come la pronuncia velare di c e g. Relitti romani nella Pannonia e nell'Illirico: Gli elementi latini in albanese. In Pannonia la latinità si conservò fino alle invasioni slave e fu definitivamente spazzato via con le invasioni degli ungari del X secolo. Nell'Illirico si formò un'unica lingua romanza ora estinta, il Dalmatico. Nonostante il luogo di formazione della lingua albanese sia estremamente incerto, tutti gli studiosi ormai concordano nel ricercarlo in una zona più̀ settentrionale di quella dell'attuale Albania e abbastanza distante dal mare. L'apporto dato dal latino alla formazione del lessico albanese è comunque considerevolissimo. È il caso dei nomi di parentela cognatizia (zio, zia cognato\...). Quasi completamente latina è la terminologia cristiana, così come le parole riguardanti l'ambito sociale, intellettuale, nomi di animali e dei cibi di primaria importanza. Considerevole è anche la presenza di aggettivi di origine latina. Dal punto di vista formale, si può̀ notare un accordo molto preciso col Rumeno e con l'antico Dalmatico nonché́ con gli elementi latini e neolatini del Neogreco e delle lingue slave meridionali. Questo accordo si nota si dai fenomeni di conservazione, come per esempio nel mantenimento di û latino o in fenomeni di innovazione comuni o paralleli; così, per esempio, il nesso latino -ct-\> Albanese -ft-=Rumeno -pt-. Elementi latini in greco e nelle lingue slave: Per ciò̀ che si riferisce al territorio linguisticamente greco, furono molti gli influssi latini. Soprattutto per quel che riguarda il lessico giuridico, dell'amministrazione e dell'esercito. Per un breve periodo il latino fu anche lingua ufficiale di queste zone. Anche nelle lingue slave ci sono relitti latini, elementi lessicali arrivati per influsso bizantino o elementi della toponomastica. L'espansione dell'italiano L'italiano, non avendo partecipato alla colonizzazione dell'Asia, dell'America e dell'Africa, non riuscì̀ a esportare la propria lingua in maniera duratura. Solo la Repubblica di Venezia riuscì̀ in parte a diffondere il suo idioma nelle isole greche e nella costa dalmata. L'espansione del francese Il francese fu più̀ fortunato dell'Italiano. In America si diffuse in Canada e si conserva ancora oggi nella regione del Québec. Il francese del Canada si distingue dal Francese di Francia per alcune particolarità̀, specialmente per i suoi caratteri arcaici nel lessico e nella fonetica. Oltre che in Canada troviamo varietà̀ del Francese in alcune parti dell'Africa e nelle Antille e nella Louisiana come forma di dialetti creoli. L'espansione dello spagnolo Quello Spagnolo fu uno degli imperi coloniali più grandi del mondo. Nelle Americhe centrali e meridionali (tranne in Brasile) lo Spagnolo si è imposto sulle lingue indigene, anche se queste non sono del tutto scomparse. Pochissimi prestiti di queste lingue si sono conservati. Uno dei fenomeni fonetici più̀ comuni in Almerica latina sono le differenze nel parlato: è qui presente il fenomeno del seseo, cioè̀ la pronuncia dei grafemi c e z come /s/. Diffuso è anche il passaggio della palatale l' (scritto ll) a y, lo yeísmo. Nella morfologia invece abbiamo il voseo, ossia l'uso di vos in luogo di tu.\ Forse più interessante dal punto di vista linguistico, perché́ sviluppatosi completamente staccato dalla madre patria è il Giudeo-spagnolo degli ebrei sefarditi cacciati dal regno di Spagna dopo il 1492 e rifugiatisi nell'Impero turco. Questi Ebrei hanno conservato una lingua che (a parte qualche influsso turco) corrisponde quasi completamente alla lingua di Spagna del periodo classico. Questa lingua è nota come Ladino. Nelle Filippine lo spagnolo si è evoluto in forma di creolo. L'espansione del Portoghese Il principale centro di espansione del portoghese è stato il Brasile, dove le cose si sono svolte in modo analogo allo Spagnolo. È un portoghese arcaico con qualche differenza nella morfologia e nella fonetica.\ Nel resto del suo antico dominio coloniale il Portoghese ha lasciato tracce solo in forma di lingua creola. **CAPITOLO 4 IL LATINO** Quando parliamo di latino classico e il latino volgare diciamo che il latino classico è il latino parlato in contesti formali tra il I secolo a.C. e il 1° secolo d.c., mentre con latino volgare intendiamo il latino dell'uso quotidiano che è la base comune da cui si sviluppano le lingue romanze. Anche se parliamo di un latino "unitario", uguale dappertutto per comodità̀, presenta differenze e inoltre abbiamo 4 fasi del latino: - \-  latino arcaico che va fino all'inizio del I secolo a.C., - \-  latino classico che va dal I secolo a.C. fino al II secolo d.C., - \-  latino tardo o basso III secolo d.C. - \-  latino medievale dopo il 476 d.C. Ci sono tante proposte per comprendere l'evoluzione del latino classico latino volgare, da cui poi si sono formate le lingue romanze. Ricordiamo lo schema di Arrigo Castellani dove propone una duplice ottica, una dimensione verticale è una dimensione orizzontale dove analizza lo stesso fenomeno ma da due punti di vista diversi. Per quanto riguarda il primo schema, la dimensione verticale. Da questo schema cogliamo che il latino scritto (Latino classico) che va dall'epoca repubblicana all'epoca imperiale si codifica come qualcosa di immobile che non varia, resta sempre costante infatti è rappresentato da una linea dritta che rimane sempre uguale nonostante il passare del tempo. Mentre per quanto riguarda le linee sottostanti fanno riferimento al latino parlato che comprende un latino aristocratico proprio delle classi colte, il latino volgare proprio del popolo. In un primo momento la linea della lingua scritta e quella della lingua parlata sono parallele, poi il latino aristocratico procede dritto fino al III secolo d.C. mentre il latino volgare si abbassa sempre di più con degli scambi continui tra queste due forme di latino. Superato il III secolo a.C. vedremo una flessione da parte del latino aristocratico e converge nel latino volgare o popolare. Inoltre ci saranno sempre degli scambi continui con il latino classico scritto. Per quanto riguarda invece il secondo schema cioè la dimensione orizzontale. Gli eventi scelti dallo studioso hanno fornito il distanziarsi e la creazione di diversi volgari sono: - \-  l'editto di Caracalla del 212 quando la cittadinanza romana viene estesa a tutti gli individui liberi - \-  e la riforma di Diocleziano che porta alla nascita di una diarchia (impero diviso tra un sovrano d'Occidente è un sovrano d'oriente) Questo comporta la perdita di accentramento linguistico e politico e le tendenze locali sono autorizzate a diventare Stati di lingue e questi latini diversi si differenziano ulteriormente l'uno dall'altra. Il Latino appartiene al gruppo delle lingue indoeuropee kentum (occidentali), di esso possediamo documentazioni scritte a partire dal III sec. a.C. Ovviamente, c\'è sempre stata una grande differenza tra il Latino parlato ed il Latino scritto, e ancor più quello letterario. Come latino classico, il latino parlato non è un concetto unitario tanto è vero che possiamo vedere delle varietà del latino parlato, ad esempio vediamo: - \-  SERMO URBANUS, la lingua parlata nelle città - \-  SERMO PROVINCIALIS, la lingua parlata nelle province ed era un latino \"\'imparato\" perché gli abitanti erano stati conquistati da Roma - \-  SERMO MILITARIS, la lingua parlata negli accampamenti militari - \-  SERMO RUSTICUS, la lingua che si parlava nelle campagne - \-  SERMO PLEBEIUS o VULGARIS o COTIDIANUS, la lingua che parlava la gente per le relazioni interpersonali nella lingua di tutti i giorni ed era una sorta di lingua semplificata parlata anche dai letterari Ovviamente però la versione di latino volgare parlato in ogni data regione risentiva di tre diversi fattori: 1. L'epoca di romanizzazione, 2. Il tipo di romanizzazione Fonti del latino volgare: Latino volgare al suo interno non è omogeneo e le principali fonti che ci permettono di conoscerlo sono: - \-  le **opere degli autori latini**, che spesso utilizzavano espressioni della lingua parlata o popolare. - \-  Poi abbiamo i **trattati tecnici** sui saperi settoriali, come trattati culinari, di agricoltura, di veterinaria di medicina. Dove troviamo vari volgarismi proprio perché destinati a un pubblico di lettori non colti. - \-  Abbiamo poi le **iscrizioni** che hanno un grande valore perché sono amovibili cioè non si possono muovere da dove sono e quindi possiamo collocare un dato fenomeno linguistico nello spazio e nel tempo in base a dove si trova l'iscrizione. Un'altra fonte del latino volgare sono le opere degli autori cristiani i cristianismi. Questi autori cristiani volevano diffondere il messaggio cristiano in maniera immediata al più vasto pubblico possibile quindi anche alle persone di un ceto più basso e per far questo dovevano utilizzare un tipo di linguaggio e di lessico che fosse accessibile e comprensibile. Il latino usato dei primi autori cristiani è molto semplificato e peraltro presenta delle espressioni tipiche del parlato ma immette anche termini specifici ovvero quelli che definiamo **cristianismi**. Abbiamo due tipi di **cristianissimi** quelli per **derivazione** e quelli per **risignificazione**. I cristianismi per risignificazione sono parole già esistenti che hanno acquistato un nuovo significato, ad esempio: o nel latino classico "Salus" significava "salute" ma nel latino cristiano assume il senso di "salvezza". o "Fides" che significava "fiducia" assume il significato di "fede" cioè fiducia in Dio. Per quanto riguarda i cristianissimi per derivazione invece sono parole che derivano da altre lingue ad esempio greco ed ebraico che poi approdano nel latino diventando propri. o Dall'Ebraico ad esempio abbiamo "Pasqua"o "sabato"\ o mentre del greco ad esempio abbiamo "angelus", "episcopus", "baptisma". Il lessico del latino volgare: Nel lessico nel passaggio dal latino classico a latino volgare molte parole subiscono delle modifiche. Possiamo vedere delle voci che pur mantenendo intatta la loro forma hanno avuto nel latino volgare spostamenti di significato. -  Ad esempio "ignis" utilizzato in latino per indicare "fuoco" (In termini di terza declinazione che però era difficile da inquadrare perché si deve ricostruire il nominativo) che viene sostituito con "focus" che indicava il "focolare domestico" ma in latino volgare "focus" assume il senso di "ignis" in espressioni come "focum facere" cioè "accendere il fuoco". -  Vediamo poi "domus" in latino classico significava "casa" E da questo termine che noi avremo la forma di "Duomo" intesa come "casa di Dio" dunque siamo di fronte un esempio di specializzazione semantica perché dal suo senso generale di "casa" nel latino volgare abbiamo la specializzazione di casa di Dio. In latino c'erano altri due termini che declinavano il concetto di abitazione ovvero "casa" e "mansio" questi due termini però stavano indicare il concetto di "capanna" da cui deriva l'italiano "casa" e il francese "maison" come possiamo vedere abbiamo due esiti differenziati. Tuttavia "domo" resiste nel sardo con il senso di "casa" in quanto è una lingua periferica e conservatrice quindi non è esposta alle variazioni a causa della sua condizione isolata e a questo si lega il concetto della **TEORIA DELLE ONDE** secondo la quale, posto che è un centro e culturalmente più vivace rispetto alle periferie, un'innovazione parte dal centro e si estende attraverso cerchi concentrici fino alle periferie. L'evoluzione differenziata: Tra le altre forme di evoluzione dal latino classico latino volgare abbiamo il fenomeno dell'evoluzione differenziata che sia nel momento in cui una parola si evolve assumendo significati diversi nei territori della Romania. Ad esempio il verbo latino "plicare" che significa "spiegare" mantiene in parte del dominio romanzo il suo significato si pensi all'italiano "piegare", al francese "plier", nel rumeno "a pleca" che oltre a significare "piegare" significa anche "partire" legato all'ambito militare. In realtà questo significato è sconosciuto al latino classico però lo si riscontra in delle espressioni del sermo militaris come "plicare tentoria" cioè piegare le tende, smontare le tende della accampamento quando i militari devono partire. In alcuni casi le innovazioni lessicali non arrivano a diffondersi in tutto il territorio della Romania o perché non hanno avuto la forza a sufficienza per impiantarsi o sono partite troppo tardi per raggiungere le zone più lontane. -\> teoria delle onde Notiamo come la disposizione geografica delle forme posso aiutare in questo tipo di indagine. Ad esempio i due verbi "manducare" ed "edere" sono sinonimi ed entrambi significano "mangiare", il primo termine veniva utilizzato solo dagli autori comici e satirici ma alla fine dell'epoca repubblicana si era diffuso anche nella lingua colta, il secondo invece si attestava grazie a dei prefissi o dei composti come "comedere" proprio perché il corpo fonetico era troppo esile. Tra l'altro "edere" provocava confusione con alcune forme del verbo essere perché l'infinito era "esse" E inoltre vi era anche una sovrapposizione di forme per la terza persona singolare del presente perché "est" era una forma in comune e quindi significava sia "egli mangia" che "egli è". Si tratta quindi di termini omofoni che se nel latino classico si riusciva a distinguerli nella devono volgare non è più possibile per cui bisogna far sopravvivere solo un termine. Sono attestati due esiti differenziati: In un primo caso è avvenuto un rafforzamento del verbo con un prefisso che dalla forma "comedere" e questo lo vediamo nella penisola iberica in quanto abbiamo le forme di spagnolo e portoghese di "comer". Nell'altro caso il termine viene sostituito con la forma "manducare" che letteralmente significa "masticare" che poi darà la forma in italiano "mangiare e in francese antico "manger". La sintassi del latino volgare: La sintassi del latino volgare cerca di adeguarsi ai cambiamenti subentrati per continuare a consentire la comprensione delle frasi dei periodi. In linea di massima la sintassi volgare e di conseguenza quelle delle lingue romanze rispetto a quella del latino classico manifestano una tendenza a rendere il discorso più concreto e scorrevole. Il latino classico indicava la funzione grammaticale della parola mediante il caso che era espresso dalla desinenza e non dalla posizione assunta della parola all'interno della frase. Dunque il senso della frase non cambia anche se l'ordine delle parole era diverso. Nel latino classico quindi è il caso che esprime la funzione grammaticale della parola.al contrario nelle lingue romanze il caso manca e quindi è proprio la posizione delle parole che indica la loro funzione logica, il loro significato. Il latino classico infatti aveva una costruzione relativamente libera infatti ad esempio la frase\ "Pietro ama Paolo" poteva essere resa in molteplici modi, come: "Petrus Paulum amat" verbo Soggetto complemento oggetto oppure "Petrus amat Pulum" Sogetto verbo E ancora\ "Paulum Petrus amat" Compl. Sogetto Oggetto complemento oggetto verbo Stesse parole, ordine diverso, stesso significato perché comunque sarebbe stato possibile il latino classico orientarsi e capire chi fosse il soggetto e chi il complemento oggetto tramite le desinenze rese dal caso. Il vocalismo nel latino volgare: Siamo all'interno della disciplina della fonetica, una branca della linguistica che si occupa dello studio dei suoni sia vocali che consonanti. Il sistema vocalico latino è composto da 10 vocali per questo viene detto decavocalico in realtà sono 5 grafemi per 10 fonemi poiché ciascuna vocale "a, e, i, o, u" può essere lunga o breve. Il sistema più diffuso è noto come sistema è il sistema eptavocalico cioè a 7 vocali toniche dove vediamo : Immagine che contiene testo, Carattere, bianco, tipografia Descrizione generata automaticamente Abbiamo poi il sistema pentavocalico: che è formato da cinque vocali che vale per il sardo e per l'area Lausberg (che si trova a cavallo tra la Basilicata meridionale la Calabria settentrionale) ![](media/image3.png) Il sistema balcanico che riguarda anche dialetti di Potenza e Matera: Immagine che contiene Carattere, schermata, numero, design Descrizione generata automaticamente Il sistema siciliano e del salento: ![Immagine che contiene Carattere, testo, numero, schermata Descrizione generata automaticamente](media/image5.png) Sistema pentavocalico del vocalismo atono: Immagine che contiene Carattere, linea, numero, diagramma Descrizione generata automaticamente Il consonantismo nel latino volgare: Per quanto riguarda il consonantismo ci riferiamo a tutti quei fenomeni nel passaggio dal latino al volgare che riguardano le consonanti. E si nota che le consonanti iniziali ad inizio parola sono quelle più stabili e tendono a conservarsi. Le consonanti interne invece sono quelle che subiscono maggiori mutamenti, Le consonanti finali intendono anche molto di più a cadere. Per quanto riguarda l'h aspira invece questa doveva essere assai debole sin dall'epoca antica, prima scompare in posizione intervocalica ad esempio: "Ne Homo" si contrae nella forma "Nehemo" dove poi la "h" cade e diventa "Nemo" cioè "nessuno". Poi scompare in posizione iniziale e dal III secolo in poi sono frequentissime le forme senza "H" che invece di norma ci doveva essere, come ad esempio: "Abeo" per "Habeo" "Abet" per "Habet" "Onorem" per "Honorem"\ La pronuncia resta la stessa, il problema sorge nella grafia. L'h aspirata nelle lingue romanze non ne lascia tracce se non nell'ortografia. Per quanto invece riguarda la "f" imposizione iniziale di norma si conserva, l'unica lingua in cui sia un'eccezione e lo spagnolo dove la "f" in posizione iniziale passa ad "h" (questo dovuto a causa del sostrato basco) un esempio è : FÀB(U)LAR(E) dove abbiamo una sincope in "u" in quanto la prima vocale della sillaba è accentata quindi abbiamo, vocale intertonica cade anche la "e" e abbiamo -\> HABLAR in quanto la "f" passa ad "h". FÀBULARE -\> FABLAR -\> HABLAR La morfologia del verbo: La morfologia è lo studio delle parti del discorso Ed è l'ultima parte che risente delle modifiche dal latino alle lingue romanze. Nel latino classico le coniugazioni sono 4: \- are\ - ēre\ - ĕre \- ire\ Nel passaggio al latino volgare inizia ad esserci una confusione. La 1° e la 4° coniugazione si conservano bene mentre il problema si crea con la 2° e la 3° coniugazione perché si perde la quantità. Alcune lingue mantengono queste comunicazioni e le riescono a distinguere, come il rumeno e l'italiano anche se quella che abbiamo noi in -ere ha fatto confluire al suo interno la 2° e la 3° con l'accento ritratto. Il francese invece ne ha 4 , in spagnolo e in portoghese anche qui confondevano e quindi c'è stato un inglobamento della 3° nella 2°. Dal passaggio al latino al volgare alcuni modi scompaiono come: il participio futuro, l'infinito perfetto e l'infinito passivo. Il passivo del latino classico era formato con un'unica forma sintetica cioè si aggiungeva una desinenza, così per esprimere la tipologia "Sono amato" si diceva -\> "Amor", per dire\ "Sono lodato" -\> "Laudor". Ma nel latino volgare le forme perifrastiche ebbero il sopravvento su quelle sintetiche cioè su quelle che si elaboravano semplicemente dove si aggiungeva la desinenza e presero piede forme del tipo "Laudatus sum" o "Amatus sum" che però in realtà erano perfetti passivi perché il latino classico significavano "io fui lodato" e non "sono lodato". -Vengono inoltre create delle nuove forme definite analitiche, l'innovazione più consistente è quella del futuro indicativo che il latino classico si formava aggiungendo delle desinenze e quindi flettendo la parte terminale del verbo e che divergeva per tutte e 4 le coniugazioni. Il futuro indicativo soprattutto per la 3° e 4° coniugazione presentava forme identiche al congiuntivo che causavano confusione, c'erano soprattutto delle difficoltà funerarie perché con l'evoluzione della pronuncia ci furono delle convergenze ad esempio la forma del perfetto "Portavit" che loro leggevano "Portauit dove la "v" veniva letta come "u" il latino volgare diventa Fricativa bilabiale. Nei perfetti deboli la caduta di "v" nella 1° coniugazione di origine alle desinenze del tipo -asti da\ -avisti o -arunt da -averunt. Tuttavia perfetto e futuro semplice vanno a confondersi in quanto "portabit" che era il futuro semplice per l'indebolimento della consonante tra due vocali "b" Fini per essere pronunciata allo stesso modo del "portavit". Oltre all' omofonia E c'era un altro problema legato alla formazione del futuro di 3° e 4° coniugazione perché ad esempio "Lego" perla terza e "Audio" per la 4° al futuro facevano\ "Legam, Legas" (io leggerò, tu teggerai) e "Audiam, Audies" ( io sentirò, tu sentirai) forma però che andava in conflitto con quelle del congiuntivo presente e ancora una volta per una questione di omofonia e omografia si cambia la formazione del futuro che non sarà più sintetico ma analitico, formato con delle perifrasi. Questo futuro perifrastico si forma usando un verbo all'indicativo solitamente "Habeo" più l'infinito del verbo che prima era usato il futuro per esempio "Cantabo" (io canterò, del latino classico) con la perifrasi diventa " Cantabeo Habeo" talmente significa " Devo Cantare" ma che assume la forma del tipo "Cantarabeo". In questa forma vediamo come l'h che cade darà una forma intermedia del tipo "Cantaraio" e poi da qui l'italiano "Canterò", francese "Chanterè". Nella Romania orientale invece viene usato "Volo Cantare" che letteralmente significa "ho da cantare" ma che poi nelle lingue romanze assume la traduzione e le funzioni del futuro semplice quindi "canterò". Spesso queste forme dal futuro della Romania occidentale hanno l'accento sull'ultima sillaba. Sulla base del futuro si crea un nuovo modo che il latino non possedeva ovvero il condizionale che viene sentito come una sorta di futuro passato. Questo si forma a partire da perifrasi e in questo caso abbiamo il verbo all'infinito "Habeo" non più al presente come per il futuro semplice ma all'imperfetto o al perfetto. All'imperfetto abbiamo una forma del tipo "Cantare Habebam" da cui si avrà Spagnolo "Cantarìa", francese " Chanterais". Mentre da "Cantare Habui" cioè infinito del verbo + verbo avere ausiliare al perfetto avremo la forma dell'italiano "Canterei". Un altro tempo perifrastico è il passato prossimo che non esisteva il latino classico in quanto vi era il perfetto (il nostro passato remoto). La differenza tra passato prossimo e passato remoto consiste nella persistenza o meno dell'azione che si è svolta nel passato fino al momento in cui si parla. Il passatore modo colloca l'azione del passato egli la considera conclusa mentre il passato prossimo segna la continuità dell'azione che inizia nel passato ma che continua sino ad oggi. La forma del passato prossimo perifrastico in latino volgare si forma con "Habeo" + la forma del participio passato del verbo. L'origine di questa forma si trova in una costruzione che inizialmente non contiene un passato prossimo perché era una frase latina del tipo "Habeo epistulam scriptam" che significava\ "possiedo una lettera scritta". In questo caso il participio "scriptam" aveva funzione di aggettivo, questa forma subisce delle alterazioni perché nel frattempo "Habeo" subisce uno svuotamento semantico per cui da verbo pieno inizia ad avere il compito di esprimere persona, numero, modo e tempo del verbo mentre il participio "scriptam" esprime l'aspetto per effettivo nel tempo. Quindi la frase del "Habeo epistulam scriptam" assume il senso "ho scritto una lettera".perché è come se gli elementi venissero analizzati uno per volta. "Habeo" di norma è l'ausiliare per i verbi transitivi mentre par gli intransitivi si usa "Sum" infatti italiano e francese fanno questa differenza mentre nel libero romanzo e nel rumeno si usa "Habeo" anche per gli intransitivi. La forma del passato prossimo è una forma che rimane perifrastica anche nelle lingue romanze. Ci sono inoltre poi delle sostituzioni che riguardano l'imperfetto congiuntivo, la forma del tipo "Cantarem" aveva una sua debolezza fonica e venne sostituito da "Cantavissem" che nel latino classico era la forma del piuccheperfetto congiuntivo. In realtà tutte le forme romanze si distinguono da questa forma del piuccheperfetto che aveva più personalità in quanto si imponeva meglio con la doppia S.\ Da una classificazione elaborata nell'800 nell'ambito della linguistica comparata era emerso che il latino fosse una lingua flessibile o sintetica cioè le funzioni grammaticali all'interno della frase vengono espresse tramite la modifica della struttura della parola, per cui uno stesso morfema può esprimere più funzioni grammaticali. In latino è una lingua flessibile proprio perché sono le desinenze che esprimono più funzioni grammaticali, si pensi che ogni desinenza da almeno una triplice informazione su genere, numero o caso. il latino classico possedeva 5 declinazioni, ogni declinazione comporta l'interno 6 casi che esprimono la funzione logica della parola nella frase. E questi casi sono: - \-  **Nominativo** che esprime il soggetto - \-  **Genitivo** che esprime il complemento di specificazione - \-  **Dativo** che esprime il complemento di termine - \-  **Accusativo** che esprime il complemento oggetto - \-  **Vocativo** che esprime il complemento di vocazione - \-  **Ablativo** che esprime più complementi (di agente, di mezzo, di modo) **CAPITOLO 5 GLI ADSTRATI E I SUPERSTRATI** L'influsso delle lingue di superstrato e adstrato si limita per lo più̀ al lessico e molto scarsamente alla fonetica e alla morfologia.\ Gli influssi sul lessico, per quanto numerosi, sono prova di una penetrazione sempre minore di quella che intacca l'organismo grammaticale. È appunto su questa constatazione che i glottologi, per determinare le parentele linguistiche, si basano principalmente sulla struttura grammaticale. Quando si parla di influssi lessicali, si usa generalmente il termine "**prestiti**". I glottologi tedeschi inoltre fanno una distinzione tra "**Lehnwörter"** (assumono le caratteristiche della lingua che le adotta) e **"Fremdwörter"** (mantiene la sua forma originale)**.** Quali sono le cause che determinano i prestiti? La prima e più forte è il bilinguismo: è certo che le popolazioni bilingui saranno state il tramite più efficace per diffondere voci nuove nella lingua indigena. Quando si stabiliscono rapporti tra due popoli vi è sempre una ripercussione nel loro lessico. Nei reciproci rapporti tra Greco e Latino, è stato il Greco a dare al Latino il maggior numero di parole. Spesso il prestigio si riferisce a un oggetto o a un concetto che in una lingua non esiste. Se i Romani hanno accolto nel loro vocabolario la parola celtica *braca* è perché nella cultura latina non esisteva il corrispondente capo di vestiario, e così il *carrus* celtico a quattro ruote. Questi sono i cosiddetti **prestiti di necessità.** Quando invece la parola mutata corrisponde perfettamente o quasi a una voce già esistente nel lessico indigeno, ci troviamo davanti a un prestito "di lusso" o di "moda". La moda della parola nuova può̀ concorrere a indebolire la parola indigena e questa può man mano sparire, ma la parola primitiva poteva già essere debole. È questo forse il caso dell'adozione del termine germanico per designare la guerra \[francone *\*werra\>*franc *guerre* e poi passata in italiano, spagnolo, portoghese, provenzale e catalano *guerra*\]. L'influsso greco**.** Come esempio di influsso di adstrato possiamo citare, ancora una volta, il Greco. Ma là dove la romanizzazione linguistica non riuscì̀ ad imporsi e le due lingue furono parlate l'una accanto all'altra, il Greco fu per il Latino una lingua di adstrato. La maggior parte delle parole greche giunte nelle lingue romanze per via popolare è passata attraverso il Latino. È noto che il Latino prendesse in prestito molte parole greche in ambito intellettuale, ma ne prese anche alcune di ambito più̀ quotidiano. Fra le parole originariamente dotte che il Latino aveva preso dal Greco, ebbero fortuna alcuni termini medici e botanici che finirono con l'entrare nel lessico quotidiano a causa del loro frequente uso. Anche la terminologia scientifica moderna è piena di neoformazioni dal Greco (sono le parole con i suffissi -*ia, -ite*). Gli elementi germanici: Un'importanza ancora maggiore di quello greco ha il superstrato formato dalle lingue germaniche. Già nei primi secoli i rapporti dovettero essere reciproci, ma l'influsso del latino fu preponderante. Il centro principale dei contatti fu la valle del Reno, ed è indubbio che la lingua comunemente usata da queste popolazioni era il Latino parlato. Le tracce dell'amministrazione romana appaiono nella toponomastica (es. *Köln\Lombardia), gli altri si spinsero verso il Mezzogiorno, dove fondarono i ducati di Spoleto e Benevento. Il dominio longobardo in Italia era durato oltre due secoli quando l'ultimo re, Desiderio, fu vinto da Carlo Magno, che poi dovette soccombere ai Normanni nel X secolo. Ma non tutto il territorio occupato dai Longobardi fu colonizzato e coltivato dagli invasori. Mentre i Goti entrarono in Italia già in possesso di una relativa cultura, e la classe più elevata conosceva relativamente a fondo il Greco e il Latino, i Longobardi giunsero in Italia ignari della lingua del paese. Essi imposero così alle loro residenze sul suolo italiano dominazioni germaniche. La loro organizzazione si basava soprattutto su una serie di raggruppamenti famigliare, le *fare*. Perciò̀ molti toponimi erano formati dal termine *fara+*genitivo di nome proprio (longobardo). Gli elementi longobardi penetrati nel lessico italiano sono assai più numerosi di quelli goti; si tratta di circa 300 parole riferite all'organizzazione e all'amministrazione dello Stato. Il regno longobardo durò poco più di due secoli, ma certo anche durante il VII secolo venne abbattuta una forte divisione che c'era tra romani e germanici. Anche gli altri popoli germanici che erano entrati in Italia con i Longobardi o vi rimasero poco tempo o si fusero col popolo politicamente dominante.\ Più importante fu la dominazione dei **Baiuvari** che, partiti dalla Boemia scesero lungo la Val d'Adige. Le colonizzazioni baiuvare si fanno sempre più frequenti e portano alla lenta germanizzazione dell'Alto Adige e al soffocamento del Ladino centrale. L'Italia settentrionale aveva già̀ conosciuto, anche prima di Carlo Magno, nuclei di **Franchi.** La simbiosi dei Franchi germanici con la popolazione galloromanza era cominciata molto presto. Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, tre sono le popolazioni germaniche che si dividono la Gallia: i Visigoti, i Franchi e i Burgundi. I franchi finirono con il diventare quelli più forti fino alla formazione del Sacro Romano Impero. Quando dunque il regno longobardo venne annesso a quello dei Franchi, il regno franco aveva una estensione enorme. Le due lingue, romanza e germanica, vivevano l'una accanto all'altra, ma l'estensione del regno franco ad altri territori dove si parlava *romanice,* dovevano aver indebolito l'uso del Francone. La simbiosi fu così forte che, me tre da una parte la popolazione germanica adottava sempre di più la lingua romana, quella galloromanza accettava il nome nazionale germanico: sicché non si parla più di *Gallia* ma di *Francia*, non più di *Galli* ma di *Francēses* e la lingua parlata passò da *romanice* a *lingua francisca.* Il Francone o Franco era un dialetto germanico occidentale; le testimonianze dirette che noi abbiamo di questa lingua sono estremamente scarse e, come con il Longobardo, dobbiamo basarci su nomi propri e su parole franconi trovate nei documenti latini. Ma a differenza del Longobardo, il Francone, nella parte germanica del regno dei Franchi si continuò dando luogo a diversi dialetti tedeschi.\ Non è però sempre facile determinare la via seguita dalle **parole germaniche** per passare in Italiano. Anche dopo la caduta del regno franco in Italia i rapporti con le popolazioni germaniche non cessarono; dopo il disgraziato periodo dei re italiani, con gli Ottoni, l'Italia si legò di nuovo ai sovrani germanici. I rapporti linguistici romano-germanici di questo periodo non sono di particolare interesse però, poiché allora il volgare d'Italia aveva già raggiunto la sua autonomia. Infine, l'influenza inglese, insignificante fino al XVIII cominciò a farsi sentire durante il Settecento e l'Ottocento in seguito al movimento anglofilo e poi si intensificò per la preminenza dell'industria meccanica inglese e per i rinnovati rapporti di commercio durante il sec. XIX. Nel XX secolo e specialmente dopo la Seconda guerra mondiale, è notevole l'influsso anglo-americano. Gli elementi germanici in francese, spagnolo e portoghese Nella Gallia settentrionale abbiamo il Francone, che non dà solo un grande contributo all'onomastica, ma anche influssi sulla fonetica, sulla formazione delle parole e sulla sintassi. Il Francese ha assunto dal Germanico l'aspirata *h;* il suffisso *-ard,-art* che entra prima nei nomi di persona (*Bernhart\>Bernard)* e poi nei nomi comuni (fr *batard)* e si diffonde poi dalla Francia all'Italia e alla Spagna. Nella Francia meridionale si hanno numerose tracce di Visigoto, mentre nella Francia sud-orientale sono notevoli le tracce di Burdundo. Nella Penisola Iberica la stratificazione degli elementi germanici è relativamente semplice. Il Portoghese e lo Spagnolo sono le lingue romanze occidentali che posseggono il minor numero di elementi germanici. I soli popoli germanici che scesero nella penisola furono i Visigoti, i Vandali e, limitatamente alla Galizia, gli Svevi. Notevoli sono i nomi propri di origine germanica. Ben poco si può̀ attribuire ai Vandali, forse si può̀ attribuire loro il nome della regione dell'Andalusia. A questo terzo strato se ne aggiunge, per la Francia, un quarto, che comprende prima di tutto parecchie parole di origine Normanna. I Vichinghi erano venuti in Francia con una spedizione di quasi soli uomini, si erano insediati nell'odierna Normandia e, attraverso matrimoni con donne della regione che parlavano Francese, perdettero molto in fretta l'uso della loro lingua scandinava. Le tracce lasciate nella toponomastica si limitano generalmente alla zona settentrionale della Francia; poco numerosi sono anche i nomi personali e gli appellativi, quasi tutti spariti nel corso del medioevo. Si tratta soprattutto di parole che si riferiscono al mare e alla marineria. Dall'Antico Inglese o Anglosassone provengono sempre termini marittimi, tra cui i nomi dei punti cardinali. Il quinto strato comprende parole mutuate dal Neerlandese, dal Medio Inglese e dal Medio Tedesco. Nel caso dell'Inglese e del Tedesco sono di solito poche e si riferiscono all'ambito marittimo o commerciale. Per quel che riguarda il Neerlandese, le parole sono abbastanza, fra queste ricorderemo fr *digue\*inima* che significa però "cuore". L'influsso slavo è il più considerevole; esso comincia assai presto e non si manifesta solamente nella lingua, ma in tutti i rami della cultura e della civiltà almeno fin dai secolo VII-IX. L'influsso slavo è assai importante anche perché il Rumeno ha ricevuto dallo Slavo elementi formativi vitali e produttivi; fra i prefissi ricorderemo: *ne-, raz-* e tra i suffissi -*ac, -ca, -aci, -eala, -nic, -an, -iste, -ita.* L'influsso slavo si fa sentire anche sul sistema fonematico rumeno, meno sulla morfologia e la sintassi. Le voci di origine slava sono numerose e importanti: aggettivi come *drag* "caro", *bogat* "ricco, *slab* "debole". Notevole è l'influsso slavo sulla toponomastica rumena. Dopo l'influsso slavo, il più importante è quello turco. Abbiamo un nucleo rilevante di voci entrate all'epoca della dominazione ottomana; alcune sono diventate popolari e sono usate nella lingua comune, altre sono cadute in disuso; abbiamo solo due suffissi di origine turca: -*lic* e *-giu.* Molto importanti, sono gli elementi ungheresi; questi sono entrati in epoca più recente.\ Importanti, anche se non molto numerosi, sono gli elementi che possono derivare dall'Albanese e scarsissimi gli elementi zingari (classe sociale vista come troppo bassa). Il superstrato culturale latino Un superstrato che incombe su tutte le lingue romanze occidentali è quello culturale latino che arricchisce il lessico neolatino. È noto a tutti che anche dopo la caduta dell'Impero Romano e le invasioni barbariche e la costituzione di nuovi regni e impero il latino non si spense. Fatto importantissimo era che il Latino era divenuti la lingua della chiesa cristiana. Inoltre ci vollero diversi secoli prima che i volgari diventassero lingue scritte e anche quando iniziò la produzione letteraria romanza, il latino restò comunque la lingua della scienza fino a Galileo. Quando le lingue neolatine d'Occidente hanno avuto bisogno di esprimere concetti o di denominare oggetti per cui non trovavano un corrispondente termine in volgare, attingevano al Latino scritto, lingua della cultura e della scuola. Questo influsso era prevalentemente letterario. Possiamo prendere in esempio il caso dell'Italia. Essa era un paese di grande cultura e in cui ci si trovava più esposti a subire l'influsso del superstrato culturale latino. Inoltre l'Italiano letterario antico era ancora molto simile al tipo latino, e quindi le parole latine dotte o semidotte vi si potevano con maggiore facilità amalgamare senza urtare troppo la sensibilità̀ linguistica dei parlanti. Quando troviamo una forma italiana che non presenta le regolari evoluzioni fonetiche dal latino e conserva un aspetto più simile all'originale, allora si può pensare che si tratta di un latinismo; è il caso delle parole che derivano dal latino VÎTIUM, che ha un risultato di evoluzione spontanea in *vezzo* (evoluzione di Î in *e* chiusa*)* e una derivazione colta in *vizio* (mantenimento di I). Non di rado le parole dotte si riconoscono anche dalla posizione dell'accento; in esse infatti si seguono generalmente le norme dell'accentuazione latina. Così per es l'it *cáttedra* segue l'accentuazione del lat *cathédra,* ma come voce popolare l'esito è *cadrega*, che segue l'accento di *cathedra.* Talvolta anche le parole dotte o semidotte possono subire delle trasformazioni semantiche.\ Anche nello Spagnolo e nel Portoghese il problema degli elementi latini colti si presenta in modo analogo a quello già visto per l'Italiano; il maggior numero delle parole dotte di origine latina s'introdusse nel Rinascimento. Sia in Italiano sia in Spagnolo accanto ai latinismi eruditi e a voci veramente dotte, vi sono delle voci semidotte. Si tratta di parole latine che, pur non essendo giunte per via regolare, si sono adattate parzialmente alla fonetica indigena; Una posizione particolare spetta al Rumeno. Finora, per ciò che si riferisce al superstrato culturale latino, ci siamo sempre riferiti solo alle lingue romanze occidentali, perché solo in Occidente il Latino continuò a essere per tutto il medioevo e oltre alla lingua della cultura, dell'amministrazione. In Romanìa nulla di tutto questo. Il Rumeno è rimasto completamente isolato in ambiente eteroglotto. Solo in Transilvania il Latino riappare nel XVIII secolo con il ritorno di una parte della Chiesa Rumena a Roma che rinnova i contatti spirituali con la patria originaria. I latinismi del Rumeno sono quindi relativamente recenti; la maggior parte delle parole latine di origine dotta comincia a introdursi solo verso la fine del Settecento, attraverso scrittori transilvani cattolici che avevano studiato a Roma o a Vienna e che si proponevano di "purificare" la lingua rumena da elementi "stranieri". Non solo si introducevano parole nuove in sostituzione di voci rumene che avevano origine non latina, ma si cercava di adeguare nella nuova ortografia con lettere latine che doveva sostituire quella tradizionale in caratteri cirillici. Scambi reciproci tra le lingue romanze Faremo un rapido cenno riguardo gli influssi reciproci delle singole lingue romanze. Parlando dell**'Italiano**, il rapporto più importante è sicuramente quello con il Francese, dal quale abbiamo ricevuto un gran numero di vocaboli sia di origine germanica che di origine latina. Fu un adstrato molto forte sia durante il primo periodo di formazione dell'Italiano, sia nei secoli successivi. Dopo l'influsso del Francese, per l'Italiano è importante anche l'adstrato spagnolo che colpì soprattutto durante il XVI e XVII secolo. Molte parole spagnole tra cui molte di quelle con il suffisso in *-iglia* (*maniglia, pastiglia*); lo Spagnolo fu un'importante tramite per l'importazione delle parole indigene delle colonie Americane (es *patata*). Minore fu l'importo del Portoghese, ma fu importante tramite per le parole di origine africana e asiatica. Anche il **Francese** fu un buon recettore di prestiti romanzi. Gli apporti italiani arrivano intorno al Cinquecento riguardano soprattutto le arte e le scienze, ma anche la marina, la guerra, il commercio e il vestiario. Dalla Spagna il Francese attinge termini di guerra, marinareschi, politici, nomi di giochi ecc. Lo **Spagnolo** e il **Portoghese** hanno a loro volta attinto dal Francese e dal Provenzale, soprattutto in ambito letterario e filosofico scientifico nel periodo illuminista. Il Francese ebbe sullo Spagnolo anche una forte conseguenza fonetica. Il Rinascimento italiano influenzò anche la lingua spagnola Per la Spagna l'Italiano fu una lingua di adstrato, mentre per l'Italia lo Spagnolo (in quanto lingua dei 'dominatori') fu più una lingua di superstrato. I termini italiani importati nello Spagnolo appartengono all'abito delle arti, della cultura, ma anche all'ambito militare. Non sono trascurabili i reciproci scambi tra Spagnolo e Portoghese, dovuti non solo alla vicinanza territoriale e ai frequenti scambi commerciali, ma anche a reciproci influssi culturali e artistici. Per quanto riguarda il **Rumeno,** anche questa volta ha una posizione particolare; quando nel XIX i rumeni uscirono dal loro isolamento orientale e si avvicinarono alla cultura occidentale, presero a modello soprattutto il Francese. Furono soprattutto gli intellettuali a mettere a punto questo tipo di modifiche per 'purificare' e 'abbellire la lingua'. Si ispiravano al francese per la cultura e anche per i suoi ideali di libertà e cultura. Presero dal Francese tutta la terminologia scientifica e della critica letteraria. Ci fu anche un movimento italianista, ma non ebbe successo. **CAPITOLO 6 LE LINGUE E I DIALETTI NEOLATINI** Friedrich Diez distingueva solo sei lingue neolatine: il Portoghese, lo Spagnolo (sezione occidentale), il Francese, il Provenzale (sezione nordoccidentale), l'Italiano e il Valacco (sezione orientale). Diez stabilì questa classificazione su basi filologiche, più che su basi glottologiche; egli considerò, infatti, solo quelle lingue che produssero una letteratura. W. Meyer-Lübke distingue nella famiglia neolatina nove lingue: il Portoghese, lo Spagnolo, il Francese, il Provenzale, il Sardo, l'Italiano, il Ladino, il Dalmatico e il Rumeno.\ Difficilmente arriviamo a tracciare dei limiti netti fra lingue genealogicamente affini e un confine sicuro si avrà solo tra lingue evidentemente diverse. Se volessimo però dare una diversificazione a grandi linee delle parlate romanze potremmo individuare le aree balcano-romanza, italo-romanza, gallo-romanza e ibero-romanza. Questa divisione presenta però inevitabilmente dei difetti e la transizione tra un gruppo e l'altro è graduale. Del resto, anche la differenza tra lingua e dialetto è un problema di indole essenzialmente pratica e non scientifica e può̀ essere la conseguenza di avvenimenti storici e politici. **Il Rumeno.** Nel dominio Balcano-romanzo una sola varietà latina è giunta fino a noi: il Rumeno.\ Il Rumeno si divide in quattro varietà principali: I. Il Dacoromeno, parlato nel territorio dell'odierna Romanìa, si divide a sua volta in diverse varietà dialettali. II. Il Macedorumeno o Arumeno i cui parlanti sono sparsi un po' dappertutto nella penisola balcanica; III. Il Maglenorumeno o Meglenico parlato da qualche migliaio di uomini nella zona nord-est di Salonnico, e in altre zone dislocate; IV. L'Istrorumeno parlato circa da millecinquecento persone, ormai tutte bilingui, in Istria, in un piccolissimo territorio intorno a Monte Maggiore. Per quanto le differenze fra i quattro dialetti siano considerevoli, tanto da escludere la mutua comprensibilità̀ fra le persone incolte, pur tuttavia essi presentano un gruppo notevole di caratteristiche comuni. Prima di considerare questi fenomeni però, bisogna esaminare le caratteristiche che risalgono a un periodo anteriore e che possono essere attribuite al Latino balcanico; va ricordato il suo sistema vocalico (vedi cap. IV); un altro tratto che si può riportare al Latino Balcanico è la riduzione dei nessi -ct-\>-pt- e -cs-\> -ps-; anche la posposizone dell'articolo potrebbe essere dovuta a effetti del sostrato sul Latino; a confermarlo sarebbe il fatto che l'articolo segue il suo sostantivo anche in Albanese e in Bulgaro; risale anche a un epoca anteriore al Proto-rumeno la formazione del futuro con il verbo volo, in parte comune al Dalmatico e corrispondente ad altre costruzioni dell'area balcanica. Anche nel lessico vi sono molte parole latine perdute nelle lingue occidentali. Tra i fenomeni che possiamo attribuire al Proto-rumeno troviamo invece: - La riduzione a\>ă in sillaba atona; - Il passaggio a+n\>în, sia dinanzi a vocale sia dinanzi a consonante e a+m+consonante\>îm. Questo passaggio, che ha corrispondenze in Albanese, è molto antico e certamente precedente al rotacismo. Probabilmente si possono spiegare come elementi slavi; - Passaggio -l-(intervocalico)\>-r- \[es. gûla\>gura\]. - Il passaggio qu\>p; gu\>b \[es lingua\>limba\], passaggio parallelo a quello logudorese, anche se i due avvengono i contesti differenti; - Fra le caratteristiche morfologiche si può notare la conservazione del vocativo, del dativo e del genitivo in certi tipi di sostantivi derivati dal latino.\ Ma la questione più̀ spinosa riguardo al Rumeno è dove esso si sia formato. La sua origine geografica è stata a lungo dibattuta, ma la teoria più accettata è che esso si sia venuto a formare sulla riva destra del Danubio (area della Serbia antica). A confermarlo sono le concordanze con l'Albanese e la mancanza di elementi germanici antichi. **Il dalmatico**: Il Dalmatico ebbe la forza di resistere alle pressioni dell'Albanese, dello Slavo e alle pressioni del Veneto. A Zara il Dalmatico tramontò molto presto, mentre a Ragusa il Dalmatico si spense solo sullo scorcio del secolo XV. Infine, in un area appartata, l'isola di Veglia il Dalmatico si conservò fino al XIX: l'ultimo parlante dalmatico (Antonio "Burbur" Udina) morì nel 1898. Le fonti per la conoscenza del Dalmatico sono di due specie: fonti dirette, costituite dal materiale documentario fornitoci dagli archivi dalmati; saggi di dialetto raccolti da vari studiosi sulla bocca dagli ultimi parlanti in Dalmatico. Possiamo distinguere due rami o dialetti del dalmatico: quello nord (Vegliotto) e quello sud (Raguseo). Vediamo ora le caratteristiche del Dalmatico:\ Nel vocalismo colpisce la ricchezza di dittongazioni, non solo delle vocali aperte in latino, ma anche delle chiuse e persino di a.\ Se il vocalismo del dalmatico è pieno di innovazioni, il suo consonantismo è invece molto conservatore: c e g mantengono la pronuncia velare dinanzi a e. Nel verbo si sono conservate (come nel Rumeno e nell'Italiano) le quattro coniugazioni latine. Il fenomeno morfologico più importante del Dalmatico è però l'assenza del futuro perifrastico. Riassumendo: del lessico dalmatico possiamo constatare che esso si distingue per una spiccata conservatività̀ dell'elemento latino. Specialmente notevoli sono le concordanze con il Rumeno e con gli elementi latini dell'Albanese. Pur riconoscendo queste coincidenze del Dalmatico con la Romània orientale, Mattero Bartoli ha cercato di dimostrare che il Dalmatico ha strettissimi rapporti con l'italiano meridionale. **Il Ladino**: Ladino è un idioma parlato in piccole zone frammentate e distanti delle Alpi: c'è una zona occidentale del Canton Grigioni in cinque varietà di romancio; una zona centrale del ladino dolomitico che comprende alcune zone tra l'Adige e il Piave verso le Dolomiti; la sezione orientale è la più grande ed è quella del friulano (Gorizia, Pordenone, Udine e alcune zone della provincia di Venezia). Tra questi tre gruppi geograficamente distanti e discontinui ci sono molte affinità linguistiche. Ascoli sostiene che le tre varietà di Ladino siano relitti di un'antica unità linguistica più grande. Sono in molti a non pensarla come lui; Battisti ad esempio non solo nega l'esistenza di un unità linguistica latina, ma non ammette nemmeno una particolare unita storica e genetica tra le tre sezioni. Secondo alcuni linguisti è stato molto importante il contatto avvenuto tra il Ladino e le lingue gallo-romanze. Alcune caratteristiche ladine concordanti col Gallo-romanzo e discordanti con l'Italiano sembrano dovute ad evoluzioni indipendenti nei due domini. Per esempio il volgere di ca ga in nel Ladino è simile all'evoluzione francese. Ma è anche vero che questa evoluzione è più forte nelle aree vicine al francese. Nel ladino l'evoluzione è assai più recente del francese e manca completamente nel ladino orientale (Friulano). Non vi è nessuna relazione tra l'evoluzione francese e quella del Ladino centrale e occidentale. Anche il passaggio a\>e, che è noto come uno dei caratteri più tipici del francese, avviene in Ladino (ma in epoca tarda). Ancor di minor peso ha la concordanza fra Ladino e Francese nella conservazione dei nessi consonante+l. La trasformazione dei nessi cl, bl, pl, nell'Italia settentrionale è avvenuta relativamente tardi e i più antichi testi dialettali lombardi e veneti ci danno forma con l conservato. Non si può dunque parlare di un tratto fonetico che unisce il Ladino e il Gallo-romanzo e che lo separa dall'Italiano. **Il Sardo**. Col nome di Sardo si intendono le varietà dialettali della Sardegna, con l'esclusione di Alghero, isola linguistica catalana e di alcune isole linguistiche genovesi.\ Ha quattro principali varietà dialettali: Logudorese, Campidanese, Gallurese e Sassarese. Il Logudorese si può dire il sardo per eccellenza che fu anche lingua letteraria, un volgare illustre; se ne distinguono tre varietà: meridionale, centrale, settentrionale. Mentre il campidanese si avvicina di più ai dialetti italiani di tipo centro meridionale, i dialetti di tipo Gallurese e Sassarese si avvicinano di più i dialetti corsi. Per qualche riguarda il Sardo, esso ha caratteristiche tutte sue: un sistema vocalico tutto suo; il mantenimento del valore velare k dinanzi alle palatali \[es centum\>kentu\]. Anche g difronte a e,i era conservato come fonema velare nella lingua sarda antica e la conservazione è ancora presente nei dialetti centrali (le zone più conservative). Il Sardo come le lingue romanze occidentali conserva il plurale latino in -s. Nella coniugazione si nota la prevalenza della III sulla II. Anche dal punto di vista del lessico, il Sardo è estremamente conservativo: conserva parole latine assenti in tutte le altre lingue romanze come (doma per casa derivato da domus). Non ci sono sostrati germani e gli unici apporti di superstrati (o adstrati) interessanti sono quello del Catalano e dell'Italiano. **L'Italiano**. Possiamo distinguere il dominio linguistico italiano tre grandi divisioni dialettali: a) i dialetti settentrionali; b) i dialetti centro-meridionali c) i dialetti toscani. Col nome di dialetti settentrionali intendiamo i dialetti gallo-italici (piemontese, lombardo, ligure, emiliano-romagnolo), il Veneto e l'Istriano.\ Le caratteristiche generali dei dialetti-gallo italici sono: - Gli sviluppi cl, gl\> t ,d \[es clamare\>chamà; glacia\>giasa\]; - Dinanzi alle vocali palatali e,i le consonanti c,g si assibilano; - Nel vocalismo in alcune aree dei dialetti gallo-italici abbiamo a\>e; - Caratteristiche sono anche le vocali turbate ü ö probabilmente dovute al sostrato celtico (assenti però in Romagnolo); - Caduta delle vocali finali tranne -a (fenomeno assente nel ligure); - Cadono spesso, in condizioni differenti a seconda della regione, le vocali atone; - Molto diffusa nei dialetti gallo-italici è la metafonesi provocata I,I finali e quindi più antica della caduta della stessa I finale; così ad esempio nel Bolognese abbiamo \*fiori\>fiur. Nei dialetti veneti la metafonesi, conosciuta nel Veneto antico, è oggi quasi del tutto scomparsa. Caratteristiche dei dialetti veneti sono invece: - La mancanza delle vocali turbate - La fermezza delle vocali finali nella maggior parte del territorio - Il mantenimento dei dittonghi ie, uo in sillaba libera I dialetti centro-meridionali formano il maggior nuclei dell'Italia dialettale e possono essere divise in tre grandi sezioni, quella marchigiano-umbro-romanesca, quella abruzzese-pugliese, quella salentina e calabro-sicula. Questi dialetti presentano parecchie caratteristiche comuni: - la riduzione di nd/mb\>nn/mm; - notevole è il passaggio mi\>ññ; - quello di b-\>v-; - altro passaggio pl\>ki \[plus\>kiù\] e bl\>i.\ Vi sono poi tutta una serie di caratteristiche locali. Una posizione particolare però la occupa il dialetto di Roma. La penetrazione toscana iniziata prestissimo, le varie vicende storiche e le successive immigrazioni, hanno fatto sì che l'antico romanesco autoctono venisse man mano sopraffatto da una nuova varietà, formatasi dal Toscano sovrapposto a un sostrato Romanesco. Infine ci sono i dialetti toscani, dal più importante dei quali, il Fiorentino, deriva la lingua letteraria italiana. Come caratteristica generale dei dialetti toscani, si può ricordare: - La riduzione ri\>i \[area\>aia\]; - Assenza della metafonesi;\ Ricordiamo inoltre che ai dialetti toscani si legano strettamente i dialetti della Corsica, dove troviamo caratteristiche più arcaiche di questo idioma.\ La lingua letteraria italiana, che viene formandosi nei secolo XIII e XIV ha per base il Fiorentino. Per dimostrarlo, basterebbero pochissime considerazioni di carattere fonetico e morfologico e precisamente: - Il passaggio -ri-\>-i- - La desinenza -iamo della prima persona plurale del presente indicativo di tutte le coniugazioni - La desinenza -ei nel condizionale. Non è facile stabilire le caratteristiche generali dell'Italiano, data la policromia dell'Italia dialettale. Se ci limitiamo all'Italiano comune, cioè alla lingua nazionale, scritta e parlata, potremmo indicare alcuni tratti che la differenziano dalle altre lingue romanze: - La mancanza delle vocali turbate e evanescenti; - L'assenza della metafonesi; - La conservazione delle vocali finali e la scomparsa di tutte le consonanti finali del Latino; - La presenza di consonanti doppie accanto a consonanti semplici; - La libertà di posizione dell'accento; - La ricchezza quasi infinita delle derivazioni suffissali; - La libertà considerevole della sintassi del periodo; **Il Provenzale e il Guascone:** Il Provenzale o Occitano è la lingua d'Oc, si sviluppa nella zona sud della Francia e ha avuto nell'XI-XIV secolo uno straordinario sviluppo letterario. L'area in cui oggi si parla provenzale, è ridotta a circa un terzo della Francia con 10/14 milioni circa di parlanti. Questo processo è frutto della politica fortemente accentratrice di Parigi e del conseguente decadimento culturale della lingua. In provenzale si parla anche in Italia, in Valpellice. Ci sono stati tentativi di riaffermare il provenzale, il più famoso è il Mirèio un romanzo di Frideri Mistrale. Misterale era il leader del circolo del Felibrige con l'obiettivo di rafforzare la propria identità culturale provenzale. Oggi è un semplice dialetto. Tra le caratteristiche del provenzale ci sono la rarità di dittongazione di e e o e l'assenza di dittongazione di e; il mantenimento di a tonico, che in Francese, almeno in sillaba libera, passa a e \[es amare\>amar ma fr aimer\]; la conservazione del dittongo au; Il Guascone, o Aquitano, si differenzia dal Provenzale anche per il suo sostrato iberico e concorda in molti punti con l'ibero-romanzo.\ Il Guascone si distingue per alcuni tratti fonetici molto caratteristici come f\>h (dovuto probabilmente al sostrato iberico); -ll-\>-r- e -ll\>-t,-c. In una parte del territorio guascone si conservano le sorde intervocaliche e in questa conservazione il Guascone concorda con alcuni dialetti aragonesi. La morfologia è molto conservativa e il lessico possiede diverse parole caratteristiche. Il Franco-Provenzale. Con il nome di Franco-Provenzale si intende un gruppo di varietà dialettali che occupa la parte sud-orientale della Francia, la Svizzera romanda e una parte delle valli alpine entro i confini dell'Italia. I limiti del Franco-Provenzale sono assai incerti e difficili da stabilire. Fra le caratteristiche delle parlate franco-provenzali si può notare, in primo luogo, il vocalismo atono molto affine a quello provenzale e il consonantismo più concordante con quello francese.\ Come nel Provenzale, a tonico si conserva. Nel consonantismo sono caratteristiche le palatalizzazioni; c+a si riduce a ts. Parallelamente g+a passa a dz. **Il Francese**. la Lingua d'Oil, il Francese, è quella che vanta i testi più antichi (più antico i giuramenti di Strasburgo 842 dC). Il francese moderno è lontanissimo da quello antico, ha subito delle grandissime mutazioni. Per questo per convenzione su usa distinguerne le diverse tappe: 1. Antico francese (sec XII-XIII) detto franciano, il dialetto di Parigi che si impone sulle altre varietà; accanto a questo dialetto non ancora standardizzato e letterario avevano prestigio il piccardo, il vallone, lo champenois, il normanno. Medio Francese (sec XIV-XVI) 3. Francese Moderno(sec XVII in poi). A noi interessa occuparci dei Francese antico. **Il Catalano**. Il Catalano è parlato oggi solo nella zona del Rossiglione, ed è la lingua ufficiale della minuscola repubblica di Andorra e in certe altre zone della Spagna, come la Catalogna storica. Esso fu importato ad Alghero, in Sardegna. Si divide in parecchie varietà dialettali. Si è espanso, come tutti gli idiomi romanzi della Penisola Iberica. Fra le caratteristiche del Catalano ricorderemo: - La mancanza di ū\>ü; - La mancanza dei dittonghi succedanei di ê, ô (sel "cielo", mort "morto" sp muerto) - L'evoluzione -ct-\>it tipica della Romània occidentale; - Le vocali i sillaba debolmente accentata tendono a cadere, e così anche le finali -o, -u- - Talvolta si ha-a\>-e;\ Caratteristica la palatalizzazione di l- iniziale (llupo per lupo) e la caduta di -n finale;\ Conservazione di f- iniziale; Uno dei problemi più importanti è quello di fissare la posizione linguistica del Catalano; rientra nel Gallo-Romanzo o nel Ibero-Romanzo? Per tagliare corto possiamo dire che esso è gallo-romanzo per le sue origini, ma che non può essere classificato come una varietà del provenzale; è ibero romanzo per la sua posizione geografica, ma per i suoi caratteri peculiari e per ragioni storiche non può essere considerato tra le lingue ibero- romanze. **Lo Spagnolo**. Lo Spagnolo (o Castigliano) è la lingua ufficiale del paese e la lingua neolatina più parlata al mondo. Fra le caratteristiche principali dello Spagnolo possiamo ricordare:\ La dittongazione di ê e ô in sillaba aperta e in sillaba chiusa; Nel consonantismo notiamo che le iniziali sono generalmente ben conservate, ma f- iniziale passa a h-, oggi muto; - I nessi consonantici+l tendono a ridursi in -ll-; - Il nesso -ct- subisce la trafila -ct-\>-it-\>- -; - Il nesso -li- passa a -j- (spirante velare tipo mujer); Fra le varietà dialettali dello Spagnolo ricordiamo il Leonese, l'Andaluso e i dialetti Mozarabici e le varietà giudeo-spagnole. **Il Portoghese.** Il Portoghese, che coincide grossomodo con i confini politici dello stato, è diviso in dialetti settentrionali e meridionali. Il portoghese si è formato nella zona che si chiama Gallecia. Anche il sud doveva avere una lingua, ma dal VIII secolo al XIII secolo era occupato dagli arabi. Con la Reconquista l' idioma del nord si diffonde. La lingua portoghese di oggi ha come modello la varietà di Lisbona che si è imposta con sempre maggior prestigio. Le caratteristiche più peculiari del Portoghese sono: - La metafonesi di e,o toniche in voci parossitone; - Mutamenti dovuti all'apofonia - Il passaggio del dittongo latino AU\>ou (oi nella lingua moderna); - Lenizione delle sorde intervocaliche - Caduta di -d-,-l-,talvolta di -n- (ma solo dopo aver nasalizzato la vocale) , di -g- se seguita da i,e in posizione intervocalica; - Mantenimento del piuccheperfetto latino; - Futuro indicativo e condizionale continuano i composti inf+habeo, Nella sintassi è caratteristica la collocazione dei pronomi atoni che in Portogallo non stanno mai all'inizio di una proposizione;\ Nel lessico sono notevoli le parole derivate da lingue asiatiche e africane;\ Molto affine al Portoghese (nella sua fase più antica) è il Galego, la lingua letteraria usata dai trovatori che si distingue dal portoghese più arcaico solo per piccolissime differenze. **CAPITOLO 7 LE PIÙ ANTICHE ATTESTAZIONI DELLE LINGUE LETTERARIE** PRIME TRACCE SCRITTE DEL ROMANZO: LE GLOSSE Le glosse nascevano dalla necessità di spiegare molte parole del Latino classico ormai obsolete e quindi di difficile comprensione. La parola glossa deriva dal Greco e significava in un primo momento lingua dopo di che assume il significato di spiegazione di parole oscure ed obsolete, o raccolta di spiegazioni. I grammatici latini mutarono dal Greco sia glossa che glossema, che usarono per indicare una parola arcaica. Ma siccome anche i Romani chiamavano glossa e le raccolte di spiegazioni di parole obsolete, glossa passò poi a significare la spiegazione medesima, cioè l\'interpretazione. Nel tardo Latino, accanto a glossa apparve glosa, che per via popolare dà l\'it. chiosa. La spiegazione nei glossari poteva essere fatta o nella stessa lingua del testo o in un\'altra lingua, ma in questo caso la chiosa dava la traduzione della parola o della frase. I primi glossari, per spiegare, tendevano ad utilizzare parole più comuni della lingua latina, ma non ancora il volgare. Conserviamo glosse medievali di testi religiosi, poetici e giuridici; un esempio è il Glossario di Reichenau, che spiega alcuni termini ostici della Vulgata, attraverso parole latine più familiari. Un altro è il Glossario di Kassel, che ci presenta alcune parole latine tradotte con altre germaniche, disposte in ordine metodico (parti del corpo, animali domestici ecc). I PIÙ ANTICHI DOCUMENTI DEL FRANCESE -**Giuramento di Strasburgo** (842), con i quali Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo, figli di Ludovico il Pio, dopo la battaglia di Fontenoy-en-Puisaye, rinnovano la loro alleanza contro il fratello Lotario. Il testo dei giuramenti è stato riportato dallo storico Nitardo nel suo Historia, ed è in due lingue: poiché Ludovico il Germanico era re dei Franchi orientali, quindi parlava tedesco, e Carlo il Calvo dominava una zona galloromanza, i due scrissero i giuramenti l\'uno nella lingua dell\'altro. Se nella parte in tedesco è facile riconoscere la varietà del Francone renano, nella parte francese non si riesce a capire la provenienza dialettale. -Se i giuramenti rappresentano il primo testo linguisticamente e storicamente importante, a livello letterario il primo documento è la **Sequenza di Sant\'Eulalia**, redatto probabilmente nel Nord della Francia, nel convento di Saint-Amand, vicino al quale la santa spagnola aveva vissuto. Il dialetto è una varietà tra il Piccardo ed il Vallone, che si avvicina molto di più al Francese antico. -Abbiamo poi la **Passione di Cristo**, poemetto di 516 versi redatto in un Francese che presenta molti influssi della lingua d\'oc, e la Vita di San Lodegario. \- Infine abbiamo la famosa **Chanson de Roland**, ci è pervenuta in due redazioni, una in laisses assonanzate ed una in laisses rimate. Della versione assonanzata abbiamo due codici, uno inglese, con caratteristiche anglo-normanne e uno italiano. Inoltre, non si conserva l\'archetipo della Chanson, per cui non è facile capire in che lingua fosse scritta, ma sappiamo che doveva essere un Francese antico già illustre. LE PIÙ ANTICHE ATTESTAZIONI DELL\'ITALIANO Il primo documento italiano che conserviamo è un indovinello veronese risalente al VIII-IX sec., scritto in un Veneto semi-volgare di origine dotta. L'indovinello veronese è un breve testo scritto da un amanuense su un codice, un libro manoscritto in pergamena, della biblioteca capitolare di Verona. La lingua di questo testo è molto simile al latino, ma molte parole sono scritte in modo diverso dal latino, per esempio i verbi non presentano la terminazione -t della desinenza della terza persona singolare. "Se pareba boves, alba pratàlia aràba et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba.\ Gratias tibi agimus omnipotens sempiterne Deus" Traduzione: "Spingeva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati, e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava.\ Ti rendiamo grazie, o Dio onnipotente ed eterno." Il testo dell'Indovinello veronese mostra che in quel periodo stava avvenendo una trasformazione linguistica. Si possono infatti rilevare forme latine come ("boves", "semen") affiancate da fenomeni come la caduta delle consonanti finali delle desinenze latine (in "pareba", "teneba", "seminaba" è caduta la "t" finale presente in latino. Il Placito di Capua è considerato il primo documento ufficiale di volgare italiano, risalente al 960-963. È qui riportata la parte più rilevante del documento: Il testo in volgare dice: Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parti sancti benedicti. Traduzione: So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trentanni le ha avute in possesso la parte (il convento) di San Benedetto Il volgare di questo testo è molto diverso dal latino, e presenta caratteri tipici dell'area regionale campana e toscana : terre, kelle, la caduta delle consonanti finali. L\'uso di un volgare illustre si denota da alcuni latinismi, come fini (fines-confini) e dalla solennità con cui è impostata la frase.

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