Riassunto Libro Vincenzo Roppo - PDF

Document Details

StunningCombinatorics5090

Uploaded by StunningCombinatorics5090

Università degli Studi di Udine

Vincenzo Roppo

Tags

diritto privato diritto Vincenzo Roppo legge

Summary

Questo PDF contiene un riassunto del libro di Vincenzo Roppo sul diritto privato, offrendo un'introduzione ai concetti chiave come diritto oggettivo, diritti soggettivi, norme giuridiche, sanzioni e interpretazione delle leggi. Il testo si rivolge a studenti universitari di diritto.

Full Transcript

lOMoARcPSD|12774203 Riassunto Libro Vincenzo Roppo Diritto privato (A L) (Università degli Studi di Udine) StuDocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) ...

lOMoARcPSD|12774203 Riassunto Libro Vincenzo Roppo Diritto privato (A L) (Università degli Studi di Udine) StuDocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 IL DIRITTO I IL DIRITTO PRIVATO NEL SISTEMA GIURIDICO (1) Il Diritto privato: È quella branca del diritto che regola i rapporti intersoggettivi tra i singoli consociati (persone fisiche e persone giuridiche), in relazione alla sfera patrimoniale ma anche personale e familiare. Il diritto è una realtà molto importante per l’organizzazione e il funzionamento della società, e anche per la vita individuale dei singoli uomini. Si occupa di: organizzazioni (rapporti interni ed esterni), beni (e il loro uso), debiti e crediti (rapporto tra debitore e creditore), contratti, danni, attività economiche organizzate, famiglia e successioni per causa di morte. La parola con cui si indica ciò che riguarda il diritto è l’aggettivo “giuridico”, ad es. regola giuridica significa regola del diritto; scienza giuridica è la scienza che studia il diritto, etc. Il termine deriva da “IUS”, che in latino significa per l’appunto diritto. La funzione del diritto privato: È il mezzo di regolazione sociale che ha la funzione di sistemare gli interessi individuali e collettivi presenti nella società, evitando o risolvendo i conflitti fra i portatori dei diversi interessi. - Interesse: È la tensione dell’uomo verso un bene che serve a soddisfare un bisogno umano. Il diritto privato si occupa sia di interessi materiali (come una casa dove abitare), sia di interessi morali (come il rispetto del proprio nome). Oltre che di interessi individuali, il diritto si occupa anche di interessi collettivi (es. la difesa nazionale o la costruzione di un’opera pubblica). - Conflitto: Nasce quando l’interesse di un soggetto può risultare incompatibile con l’interesse di un altro. Funzione del diritto è prevenire o (se sono già nati) risolvere tali conflitti. Tale funzione di risoluzione dei conflitti è molto importante, perché evita che i cittadini si facciano giustizia da sé, assicurando così la pace sociale. Diritto oggettivo e i diritti soggettivi: (1) Diritto oggettivo: è un insieme di norme, a loro volta risultanti dalla combinazione di regole, sanzioni e apparati. (2) Diritto soggettivo: significa potere di azione o pretesa che un soggetto ha verso qualcun altro. I diritti soggettivi dipendono dal diritto oggettivo, quest'ultimo stabilisce quali sono, a chi spettano e in che cosa consistono. Esempio: se dico “il diritto italiano non ammette la pena di morte”, sto parlando del diritto oggettivo; se invece dico “ognuno ha diritto di esprimere liberamente il suo pensiero”, mi riferisco al diritto soggettivo. La struttura del diritto: L'elemento base che costituisce la struttura del diritto oggettivo è rappresentato dalle norme giuridiche Esse devono influire sui comportamenti umani e far capire come è fatto e come funziona il diritto. La norma giuridica implica la combinazione di tre elementi: Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 1. Regola La norma giuridica consiste prima di tutto in una regola, che generalmente è una regola di condotta indirizzata agli uomini per orientarne il comportamento nel senso desiderato (non uccidere, pagare i debiti). Se la regola è osservata, vuol dire che il diritto ha raggiunto il suo scopo. 2. Sanzione La sanzione sorge nel caso in cui la regola non venga osservata. La sanzione è la conseguenza che la norma giuridica fa derivare dalla violazione della regola. Per capire il ruolo della sanzione, bisogna considerare che la violazione di una regola significa lesione di un interesse che il diritto, con quella regola, vuole invece proteggere e realizzare. I ruoli della sanzione: Ruolo satisfativo: serve a ripristinare l’ interesse leso, cancellando l’effetto indesiderato prodotto dalla violazione della regola Ruolo compensativo: serve a compensare la vittima della violazione con qualcosa che non ripristina l'interesse leso, ma semplicemente lo sostituisce con un surrogato di valore economico equivalente Ruolo punitivo: serve a colpire un comportamento riprovevole Ruolo deterrenete: serve a distogliere da un certo intento perchè ad una certa azione seguirebbe la sanzione,quindi si dovrebbe tendere a non farla per non incorrere nella sanzione. Lo schema è sempre quello della formula "se (a) allora (b)", dove (a) è una situazione verificata come reale, mentre (b) è a conseguenza legale della situazione verificata 3. Apparato Si tratta di pubblici funzionari,col compito di verificare eventuali violazioni delle regole del diritto, applicando le relative sanzioni secondo procedure stabilite dal diritto stesso, Senza questo complesso di apparati la sanzione non potrebbe operare; e senza sanzione la regola rischierebbe di essere vana. Ordinamento giuridico e Istituto giuridico: Il diritto oggettivo è una realtà complessa, fatta di tanti elementi collegati fra loro: le regole, le sanzioni, gli apparati. Ciascuno di questi elementi, a sua volta, presenta una complessità interna. Proprio per rendere l’idea di questa complessità interna, si usa, come sinonimo di diritto oggettivo, l'espressione “sistema giuridico” o “ordinamento giuridico”. Ordinamento giuridico: è l’insieme delle norme giuridiche che organizzano la vita di una determinata società. Istituto giuridico: è l’insieme della norme giuridiche che regolano un determinato e importante fenomeno della vita sociale (es. l’istituto della proprietà è l’insieme delle norme che disciplinano l’uso delle cose). Caratteristiche delle norme giuridiche: Le norme giuridiche presentano le caratteristiche della generalità e della astrattezza: Generalità: significa che le norme giuridiche s’indirizzano ad una moltitudine indeterminata di destinatari. Astrattezza: significa che le norme giuridiche risultano applicabili ad un numero indeterminato di situazioni concrete: situazioni che,nella loro concretezza, non sono prefigurabili in modo preciso nel momento in cui viene posta la norma. La situazione concreta viene in evidenza nel momento in cui la norma deve essere interpretata e applicata : interpretazione e applicazione sono, appunto, le operazioni con cui si accerta che una situazione particolare e concreta rientra nella previsione generale e astratta formulata dalla norma. Per indicare questo meccanismo, il linguaggio giuridico usa una parola: fattispecie, che Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 letteralmente significa “immagine del fatto”. Fattispecie astratta: indica l’astratta previsione normativa relativa a quell’accadimento, individuando gli effetti giuridici da esso prodotti Fattispecie concreta: individua il singolo fatto che si è verificato Qualificazione della fattispecie (concreta): l’operazione logica con cui si verifica che una fattispecie concreta corrisponde a una fattispecie astratta. Combinato disposto: combinazione di due o più norme per individuare il trattamento giuridico di una determinata fattispecie concreta, alla quale non basterebbe applicare una singola norma. (es. Per decidere se un soggetto, che ha fatto un contratto per errore, può ottenere l’annullamento bisogna applicare : la norma per cui i contratti possono essere annullati, se fatti in base ad un errore essenziale e riconoscibile; la norma che dice quando un errore è essenziale ; la norma che dice quando un errore è riconoscibile) Norme speciali, eccezionali, singolari: Non sempre le norme sono generali nel senso pieno e assoluto. Norme speciali: non si indirizzano a tutti in modo indistinto, ma solo a determinate categorie di persone; presentano caratteri di generalità e astrattezza (es. le norme sul trattamento delle lavoratrici madri). Esse, pur rivolgendosi a una cerchia definita di destinatari, esprimono in modo duraturo un qualche valore, principio o regola. Norma eccezionale, che si fonda sullo schema regola-eccezione. Riservano a una certa sottocategoria di situazioni un trattamento opposto a quello previsto da un’altra norma più generale, che si applica ad una più ampia categoria di situazioni, la quale comprende anche quella sottocategoria. In altre parole: se la norma eccezionale non esistesse, anche quella sottocategoria di situazioni, cui essa si riferisce, ricadrebbe nel trattamento della norma generale (es. il caso di una disastrosa alluvione). Non esprimono un principio o un valore che si vuole affermare stabilmente, bensì rispondono ad esigenze straordinarie, occasionali e transitorie. Norme singolari non sono per nulla generali e astratte, in quanto mirano ad una situazione particolare e concreta, e solo quella vogliono regolare ( ad es. la norma relativa la nomina del presidente della RAI). L'applicazione e interpretazione delle norme giuridiche: Applicazione della norma: giudicare se un dato comportamento faccia scattare o meno la sanzione prevista da quella norma. È l'incrocio fra un dato empirico (che cosa è successo nella realtà) e un dato giuridico (che cosa prevede la norma in tal caso) Interpretazione della norma: l'attività finalizzata a identificare il giusto significato delle parole, e dei loro collegamenti sintattici, che la norma usa per descrivere la fattispecie astratta. Il problema dell’interpretazione si pone soprattutto quando le parole delle norme sono ambigue, cioè si prestano ad esprimere significati diversi e contrastanti fra loro. A questo punto esistono due tipologie di interpretazioni: 1. Interpretazione restrittiva: dà alle norme un significato più limitato rispetto ad altri possibili. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 -> Norma come testo: l'insieme delle formule linguistiche con la cui la norma è espressa. 2. Interpretazione estensiva: dà alle norme un significato oiù ampio rispetto ad altri possibili. -> Norma come precetto: preciso significato da attribuire al testo, definisce la regola effettivamente imposta ai destinatari della norma. Art. 12 Preleggi: L'interprete deve attribuire alle norme il senso indicato dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Criteri dell'interpretazione: 1. Criterio letterale: le norme vanno interpretate secondo il comune significato che le parole e le frasi del testo hanno nella lingua italiana. 2. Criterio logico: Si applica quando il testo normativo è ambiguo e non basta il criterio letterale; porta quindi a prescegliere il significato che meglio corrisponde all'intenzione del legislatore. A sua volte, si può intendere in modo soggettivo o oggettivo. In senso soggettivo: esso si riferisce alle opinioni e agli intenti concretamente manifestati da coloro che hanno formulato la norma; -> si può parlare di criterio psicologico, per la cui applicazione è molto importante l’esame dei lavori preparatori (es. le discussioni svolte in Parlamento). Il legislatore, non è una sola persona, ma si tratta di un insieme complesso e confuso di tanti soggetti, a cui è difficile riferire un’intenzione univoca. In senso oggettivo: è più realistico concepire l’intenzione del legislatore in senso oggettivo, cioè come lo scopo (il tipo di sistemazione degli interessi) che obiettivamente la norma mira a realizzare (la sua ratio), a prescindere da ciò che soggettivamente pensano o vogliono i suoi autori materiali -> in questo caso si parla di criterio teleologico: per applicare la legge è necessario stabilire il suo scopo, in modo tale che la sua applicazione sia conforme alle finalità per cui essa è stata emanata 3. Criterio sistematico : tiene conto delle altre norme giuridiche in qualche modo collegate alla norma da interpretare. 4. Criterio storico : per cui l’interprete confronta e collega la norma da interpretare con quelle che l’hanno preceduta nel regolare la stessa materia. C’è una divisione di ruoli fra chi fa le norme e chi le interpreta (Art. 101): Il giudice non deve pretendere di trasformarsi in legislatore, ma ciò non significa che interpretare le norme sia un’operazione meccanica. L’interprete ha sempre dei margini di libertà, discrezionalità, autonomia, ed entro questi margini può scegliere fra interpretazioni diverse. Inoltre il testo normativo può ricevere interpretazioni diverse in tempi diversi: Interpretazione evolutiva Naturalmente il grado di autonomia dipende dalla formulazione delle norme, che è: Minore quando le norme sono formulate in modo analitico e puntuale; Maggiore quando si basano su concetti più ampi ed elastici (es. buon costume, buona fede, correttezza, ingiustizia). -> Questi si chiamano clausole generali. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Esse ricevono significato dal contesto in cui devono essere applicate. Questa capacità dà alle clausole generali una maggior attitudine a durare nel tempo , mentre le norme analitiche , che lasciano all’interpretazione margini strettissimi, invecchiano più rapidamente. Ai discorsi svolti qui si lega il tema della certezza del diritto. La formula significa possibilità di prevedere razionalmente quali conseguenze deriveranno , in base al diritto , da un determinato comportamento o fatto. Le lacune del diritto e l'analogia: Lacuna del diritto: quando l’interprete può trovarsi a constatare che nessuna norma presente nell’ordinamento prevede la fattispecie concreta di cui sta cercando la disciplina. Eppure tutti gli aspetti della realtà dovrebbero essere regolati dal diritto, ma ciò non è possibile. L’ordinamento non può essere incompleto perché deve dare la possibilità di individuare il trattamento giuridico di qualsiasi situazione o rapporto, anche quando manca una norma che lo regoli in modo specifico: lo strumento che serve a questo scopo è l’analogia. Analogia: applicare al caso, non direttamente previsto da nessuna norma, una norma che regola un caso simile o una materia analoga. (es leasing) Art.14 Preleggi: norme che non possono applicarsi per analogia (divieto di analogia): Le norme penali: il cui campo di applicazione, per la gravità delle situazioni previste, deve essere delimitato in modo assolutamente preciso e rigoroso; Le norme eccezionali o speciali: che derogano una qualche regola generale in nome di esigenze particolari e circoscritte. Alcuni casi dove non si riesce a trovare norme analoghe, si dovranno applicare i principi generali dell’ordinamento giuridico (Art.12 Preleggi) = criteri e regole fondamentali che stanno alla base della nostra organizzazione giuridica, sociale e politica (Costituzione). L'argomentazione giuridica: -> È il complesso delle operazioni logiche (e delle formule verbali che le esprimono) con cui, di fronte a un problema di applicazione di norme giuridiche , si sostiene una soluzione e se ne combattono altre. Oltre che le tecniche dell’interpretazione e dell’analogia , l’argomentazione giuridica utilizza alcuni meccanismi logici, che si chiamano appunto “argomenti” che possono essere di vario tipo: Argomento a contrariis: per cui se una norma prevede una certa conseguenza giuridica per il caso A, se ne ricava che essa non vuole quella conseguenza per i casi B,C,D ecc. Argomento a fortiori: per cui se una norma prevede una certa conseguenza giuridica per il caso A , in quanto questa presenta una caratteristica che corrisponde allo scopo della norma, e se il caso B presenta la medesima caratteristica, in modo ancora più marcato, a più forte ragione la norma dovrà applicarsi anche al caso B. Argomento ad absurdum: per cui , date due possibili soluzioni giuridiche, si sostiene una, in quanto l’altra porterebbe a risultati irragionevoli o assurdi. Analisi economica del diritto: tecnica di argomentazione giuridica (nata negli USA). -> Questa consiste nel mettere a confronto le diverse soluzioni possibili per un determinato problema giuridico, individuando quali sarebbero le conseguenze economiche di ciascuna soluzione; e nel raccomandare quella che consente l’allocazione più razionale ed efficiente delle risorse economiche implicate nel problema. Essa si presenta, più che come tecnica di argomentazione giuridica, come tecnica di argomentazione Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 politica intorno alle norme. Tecnica di argomentazione politica: serve a persuadere che una determinata soluzione è la più opportuna e desiderabile, anche se non corrisponde alle norme esistenti. Tecnica di argomentazione giuridica: serve a persuadere che una determinata soluzione è la più conforme alle norme esistenti. Gli interpreti delle norme e la giurisprudenza: Tutti hanno il diritto di interpretare le norme, però alcune categorie di persone hanno, rispetto alle norme, una posizione particolarmente qualificata. Si distinguono su questa base vari tipi di interpretazione: Autentica: è quella fatta da un’altra norma (norma interpretativa) di grado pari o superiore a quello della norma interdetta. (Le norme interpretative hanno efficacia retroattiva, contrariamente alla regola della non retroattività.) Giudiziale: è quella fatta dai giudici, ed è forse la più importante perché è principalmente ai giudici che spetta distribuire il torto e la ragione in base alle norme (giurisprudenza). Amministrativa: è quella fatta dagli organi della pubblica amministrazione competente ad occuparsi delle materie a cui si riferiscono le norme (non formali o circolari). Dottrinale: è quella fatta dagli studiosi del diritto, nell’ambito della loro attività scientifica. Quanto al loro valore: Solo l’interpretazione autentica vincola gli altri interpreti. Per quanto riguarda la giurisprudenza (cioè l’interpretazione giudiziale delle norme) vi è una distinzione fra due sistemi giuridici: 1. Sistemi common law: (inglese e statunitense) Al suo interno vale il principio del precedente vincolante; ovvero le decisioni, e quindi le interpretazioni delle norme, date dai giudici di grado superiore vincolano i giudici di grado inferiore, che sono tenuti ad osservarle anche nelle loro decisioni. 2. Sistemi civil law: (tradizione giuridica romana e germanica) Al suo interno le decisioni giudiziarie non sono fonte del diritto, e perciò non vale il principio del precedente vincolante. Quindi un tribunale è libero di interpretare la norma in modo diverso da come la interpretano i giudici di grado superiore. Nel mondo dell'interpretazione, esistono rapporti di influenza reciproca tra l'azione della giurisprudenza e quella della dottrina. La dottrina può influenzare la giurisprudenza: spesso i revirements giurisprudenziali sono il frutto delle critiche rivolte dalla dottrina alla giurisprudenza precedente La giurisprudenza può influenzare la dottrina: la dottrina non può descrivere e analizzare scientificamente le norme giuridiche se non si tiene conto del modo in cui la giurisprudenza le interpreta. -> La conoscenza del diritto è impossibile se non si conosce la giurisprudenza. Strumenti per la conoscenza della giurisprudenza: riviste e repertori di giurisprudenza e il web. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 DIRITTO PRIVATO E DIRITTO PUBBLICO (2) Diritto privato e diritto pubblico: Le norme che compongono l’ordinamento giuridico della Stato si ripartiscono convenzionalmente in due grandi categorie : 1. Il diritto privato: si ispira ai principi dell’autonomia delle persone e della parità fra loro. Le sue norme lasciano discrezionalità alle parti nel gestire i propri affari senza intervenirne dall’esterno. (es Contratto) Istituti che ne fanno parte: organizzazioni, la proprietà e l'uso delle cose, i debiti e crediti, il contratto, il risarcimento dei danni, il matrimonio, la famiglia, la successione ereditaria, l'impresa ecc 2. Il diritto pubblico: si ispira ai principi opposti: soggezione e subordinazione di qualcuno a qualcun altro. Il diritto pubblico si potrebbe definire come il complessodelle norme che attribuiscono ad una pubblica autorità il potere di incidere sulle posizioni e sugli interessi delle persone, anche senza e anche contro la volontà di queste. (es Espropriazione) Ne fanno parte: norme che regolano l'organizzazione, il funzionamento e i rapporti reciproci delle pubbliche autorità. (es come funziona il governo ecc) Il diritto privato come diritto comune Ciò ci permette di notare che il diritto privato è diritto comune. "Comune" perché può applicarsi sia a persone private che agiscono per fini e interessi privati, sia anche ad apparati pubblici che agiscono per fini e interessi pubblici (es del contratto) Ma "Comune" anche perché è il diritto che si applica in via generale a tutti i rapporti e a tutte le situazioni, esclusi soltanto i rapporti e le situazioni per cui norme particolari stabiliscono una disciplina diversa da quella del diritto privato. -> Il diritto privato è regola ed il diritto pubblico è l’eccezione. Diritto privato e diritto pubblico dallo Stato liberale allo Stato sociale: Si è visto che relazioni e azioni di apparati pubblici possono essere regolate dal diritto privato. Ma può accadere anche che una medesima situazione risulta regolata, al tempo stesso, da norme del diritto privato e da norme del diritto pubblico. La proprietà (il potere di usare le cose nel proprio interesse) è un istituto del diritto privato. Ma sempre di più essa è influenzata dall’esercizio dei poteri di autorità pubbliche. Esempio: Il contratto è un istituto appartenente al diritto privato, ma se il contratto s’inserisce in un settore economico sottoposto a vigilanza pubblica, la sua validità può dipendere da provvedimenti dell’autorità di vigilanza, previsti dal diritto pubblico. Oggi la distinzione fra diritto privato e diritto pubblico è ben distinta sul piano concettuale, me molto meno per quanto riguardo quello pratico, perché nella realtà fra i due campi dell’ordinamento giuridico esistono connessioni e interferenze continue. Invece in passato (XIX secolo) i due campi erano ben distinti e separati: Nella società civile di allora, i privati operavano liberamente, intrecciando in piena autonomia le loro relazioni personali ed economiche, mentre lo stato si limitava a vegliare su di essa dall’esterno. -> Si trattava del diritto privato dello Stato liberale. La situazione muta completamente all’inizio del Novecento: Allo stato liberale succede lo Stato sociale, in un processo storico nel quale confluiscono grandi trasformazioni economiche e politiche. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Sul piano politico: la domanda di giustizia sociale e di emancipazione delle classi subalterne si fa più forte, al punto che lo Stato si ritrova costretto ad accogliere tale domanda. Per farlo dovette intervenire nelle attività e nei rapporti privati, controllando l’azione e limitando la libertà delle persone. Lo fece con strumenti del diritto pubblico che sempre di più andavano ad incidere sui fondamentali istituti del diritto privato , trasformandoli completamente. Sul piano economico: Con le crisi degli anni '20 del Novecento, lo Stato intervenne direttamente nelle attività di produzione e distribuzione della ricchezza, prima riservate esclusivamente alle imprese private. Individuo e collettività: "Il privato sociale" Tra l'individuo e la collettività ci potrebbe essere un contrasto. Tale contrasto è evidente tutte le volte che la realizzazione dell’interesse individuale porta un danno alla collettività. Di fronte a problemi del genere, la posizione dell’ordinamento è conciliare in modo ragionevole i valori e gli interessi in contrasto. Pensiero liberista: società composta da una somma di individui, isolati tra loro e contrapposti alla collettività generale impersonata nello Stato. Pensiero reale: all’interno della collettività generale, gli individui non vivono isolati, ma organizzati in gruppi o comunità particolari: le comunità intermedie (famiglie, partiti, sindacati, associazioni) che svolgono un ruolo molto importante per gli individui che vi appartengono. Art.2 Costituzione: Riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo riconosciuti come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità. -> Questo fenomeno di carattere non individuale, ma sociale, prende il nome di privato sociale. Le comunità intermedie devono funzionare con il massimo di autonomia, al riparo da ingerenze del potere pubblico (es lo Stato non può decidere lo stile di vita di una famiglia) Lo Stato interviene solo quando ci siano problemi che mettono a rischio diritti fondamentali di qualcuno degli individui dentro la comunità (es maltrattamento figli) Libertà ed uguaglianza: I due valori meritano di essere tutelati fortemente, ma a volte rischiano di entrare in contrasto. Se si rispetta fino in fondo la libertà, consentendo alle persone di operare come meglio credono senza limitarne l’azione, il risultato è non si riesce a realizzare l’uguaglianza. Viceversa più si opera per realizzare l’uguaglianza, più si finisce per limitare la libertà d’azione. Tale contrasto è al centro della riflessione e dell’azione politica a partire dagli inizi dell’Ottocento: I movimenti d’ispirazione liberale poneva l’accento sulla libertà, I movimenti d'ispirazione socialista che prediligeva l’uguaglianza. Il nostro ordinamento: non si sbilancia su nessuna delle due concezioni, trovando il giusto punto di equilibrio. Interpretare la libertà in questo modo significa interpretarla in senso sostanziale (libertà significa avere la possibilità effettiva, e non teorica, di scegliere e di agire per soddisfare i propri bisogni). In questo senso non si parla più di libertà dello Stato (assenza di divieti all'agire che provenissero dal potere pubblico), ma di libertà per mezzo dello Stato. Lo Stato non ha più un ruolo negativo, di chi si astiene all'imporre e dal vietare (come nell'800), ma ha un ruolo positivo, di chi interviene nella società e dei rapporti tra la società. Intendendo la libertà in modo sostenziale e positivo, uguaglianza e libertà diventano contemplementari (più libertà = più uguaglianza; meno disugluaglianze = più libertà). Uguaglianza formale e sostanziale: Il valore dell’uguaglianza è fondamentale nel nostro ordinamento. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Di tale principio, tuttavia esistono due tipologie: 1. Uguaglianza formale: enunciata dall’Art 3, c.1, C., prescrive che “Tutti i cittadini sono uguali e hanno pari dignità sociale davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche ,condizioni personali e sociali. In senso generale: la norma sta ad indicare che la legge è uguale per tutti In senso più specifico: l’articolo esprime il divieto di discriminazioni. L'Art 3, c.1, C. Equivale a un principio di ragionevolezza: esso consente le norme che introducono differenze ragionevoli (es donne lavoratrici gravida), vieta quelle che introducono differenze irragionevoli. 2. Uguaglianza sostanziale: enunciata dall’art 3, c.2, enuncia che “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Tutti abbiamo gli stessi diritti, ma in realtà per molti questa possbilità rimane del tutto astratta, perchè non hanno i mezzi materiali per attuarla effettivamente (es mandare il proprio figlio all'università) Lo Stato deve quindi aiutare tali persone (es esenzione tasse), si parla quindi di "Discriminazione alla rovescia" Il principio di sussidarietà: Il principio di sussidiarietà indica dove fissare il confine tra diritto privato e diritto pubblico. Significato: per realizzare dei fini sociali conviene puntare prima sul diritto privato (cioè basarsi sulle iniziative libere e autonome dei soggetti) e solo in seconda battuta puntare sul diritto pubblico (cioè sugli interventi di qualche autorità pubblica in posizione di supremazia sui privati). -> Per realizzare fini sociali, può farsi ricorso agli interventi del diritto pubblico solo quando quei fini non sono raggiungibili con altrettanta efficacia mediante strumenti del diritto privato. Dal 2001 questo principio è entrato nella Costituzione, in base al nuovo art. 118, c.4. Esso enuncia che lo Stato e gli altri enti pubblici favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. Le principali aree del diritto privato: Il diritto privato costituisce, all’interno del sistema giuridico, un settore molto vasto ed eterogeneo. Le principali aree di competenza sono: Il diritto civile: è l’area più corposa e antica del diritto privato che si occupa essenzialmente di: rapporti di famiglia, successioni ereditarie, proprietà e uso delle cose, debiti e crediti, contratti, danni e risarcimenti, associazioni e altre organizzazioni senza scopo di profitto. Il diritto commerciale: si occupa dell’esercizio professionale di attività economiche (impresa), e delle organizzazioni create a questo fine (società). Il diritto industriale: può considerarsi una sotto partizione del diritto commerciale che si occupa della concorrenza fra imprese nonché dei diritti sulle creazioni intellettuali (diritto d’autore, marchi, brevetti per invenzioni). Il diritto del lavoro: si occupa dei rapporti fra datore di lavoro e lavoratori subordinati. Il diritto della navigazione: si occupa delle attività di trasporto aereo , marittimo e per acque interne. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 LE FONTI DEL DIRITTO PRIVATO (3) Le fonti del diritto e il sistema delle fonti: Le fonti del diritto sono i fattori capaci di creare norme giuridiche in un dato ordinamento giuridico. Qualunque legge del Parlamento è fonte del diritto. La loro funzione è fondamentale in quanto, creando nuove norme giuridiche, esse permettono al diritto di rinnovarsi, e così adeguarsi alle condizioni ed alle esigenze della vita sociale, che mutano continuamente. Tuttavia questo rinnovamento deve avvenire in modo ordinato e controllabile (non è possibile che tutti siano abilitati a produrle). Le fonti infatti definiscono chi è abilitato a creare norme giuridiche e in che modo. Nel nostro ordinamento vige il principio della pluralità delle fonti, ciò significa che non esiste un solo tipo di fonte, ma ce ne sono di tanti tipi diversi; Le norme giuridiche possono essere create da autorità diverse (es Parlamento, Costituzione, Consiglio Comunale), in modalità diverse. Un elenco di tale fonti si trova all’art 1 Preleggi. Tuttavia quel elenco è ormai sorpassato in quanto risalente al 1942 (anno del Codice Civile). Basta pensare che comprendeva anche le norme corporative del regime fascista e che non tiene in considerazione la Costituzione. Le fonti del diritto italiano oggi si possono ordinare così: I. Fonti costituzionali: comprendenti la Costituzione e le successive leggi costituzionali e di revisione costituzionale II. Fonti primarie: la Legge ordinaria (approvata dal Parlamento), gli altri atti con forza di legge (Decreto legge, Decreto legislativo, Leggi regionali e Regolamenti dell’Unione europea.) III. Fonti secondarie: coincidono essenzialmente con i regolamenti del Governo o di altre autorità amministrative. Quanto alla loro struttura , le fonti sono generalmente composte di: Articoli: contrassegnati da numeri progressivi e formati da uno o più frasi Commi: capoversi Rubrica: è una formula che indica sinteticamente il contenuto di un articolo I testi normativi più lunghi e complessi, come per esempio il Codice Civile, si dividono in: Libri (6 per il Codice Civile) Titoli: in cui è diviso ciascun libro Capi: in cui è diviso ciascun titolo Sezioni: in cui è diviso ciascun capo, che contengono gruppi più o meno numerosi di articoli Modo di citazione: Articolo – Comma – Data- Numero che indiidua la norma nell sequenza delle fonti formate in quell'anno Es: Art. 9, c. 2,1. 27 luglio 1978, n.392 (1. 392/1978) Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Fonti non scritte: Esistono anche fonti non scritte, le consuetudini o usi richiamate nell’Art 1 delle Preleggi. La consuetudine è fonte di norme prodotte direttamente dal corpo sociale, tramite l’osservanza costante di componenti che non sono tenuti con l’intenzione di creare norme giuridiche, ma piuttosto con l’atteggiamento di chi uniforma a norme già esistenti. Essa si fonda infatti su due elementi: 1. Un elemento oggettivo: dato dalla ripetizione costante e uniforme di un dato comportamento ad opera della gran parte dei consociati 2. Un elemento soggettivo: dato dalla convinzione dei consociati di essere giuridicamente obbligati a tenere quel comportamento. La consuetudine è oggi una fonte di diritto marginale, subordinata a tutte le fonti scritte. Esistono vari tipi di consuetudini: Contra legem: Contrarie a leggi o a regolamenti (queste non sono ammesse dall’ordinamento) Secundum legem: Integrano, senza contraddirle, leggi o regolamenti esistenti in una determinata materia. (queste sono ammesse solo se sono richiamate da tali fonti scritte). Praeter legem: Non sono richiamate da leggi o regolamenti, ma sono ammesse solo se riguardano materie non disciplinate dalle fonti scritte. Le fondi del diritto privato: È utile distinguere all’interno di esso 3 grandi blocchi normativi: 1. Il codice civile: che per tradizione si considera la principale fonte del diritto privato 2. La Costituzione 3. La legislazione speciale Il codice civile: inquadramento storico Codice: Testo normativo ampio e complesso che raccoglie organicamente l’insieme delle norme relative a una determinata materia. Dal punto di vista della gerarchia delle fonti, i codici sono sullo stesso piano delle altre fonti primarie (hanno lo stesso rango di qualsiasi legge ordinaria). Dal punto di vista politico-culturale, i codici hanno un valore particolare, che si coglie collocandosi in prospettiva storica. I codici moderni nascono nell’Europa alla fine del settecento/inizio dell’Ottocento, in quella che si chiama appunto, l’Ètà delle codificazioni (Codice napoleonico del 1804). Lo Stato moderno si afferma nel momento in cui riesce a concentrare in sè tutta la sovranità, e quindi a cancellare il particolarismo giuridico, instaurando l’unità del diritto. Di conseguenza tutti i cittadini dello Stato sono soggetti ad un unico diritto uguale per tutti, appunto il diritto dello Stato. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 I codici quelli che esprimono maggiormente l'ideale del diritto dello Stato. Tuttavia non tutti i sistemi giuridici hanno un codice, in particolare quelli continentali. È il caso dei sistemi giuridici che adottano il Common law (sistemi giuridici anglo-americani), dove non ci si basa su un codice civile ma su regole e principi elaborati dai giudici nelle loro sentenze. Il primo codice civile in Italia unita fu il Codice del Regno d’Italia emanato nel 1865. Esso riproduceva fedelmente la struttura, i contenuti e gli ideali del codice Napoleonico. Ideali del codice civile del 1865: esaltazione dell'individuo e della sua autonomia, rispetto della proprietà privata, libertà di contrattazione, rigida delimitazione d'intervento dello Stato. Le trasformazioni successivamente intervenute nella società e nell’economia, soprattutto a partire dai primi del Novecento , suggerirono al legislatore italiano , un’opera di revisione del codice. ➔ Ne derivò il codice civile del 1942 ancora oggi in vigore. I principi del fascismo non riuscirono a penetrare il codice in profondità , ma si limitarono a tradursi in regole marginali o in riferimenti puramente formali (sistema corporativo ) ormai decaduti. L'abrogazione del codice di commercio: Nel codice civile del 1942 la novità di maggior rilievo fu l’assorbimento delle materie che fino a quel momento erano contenute nel codice di commercio. Codice di commercio: regolava le attività di commercio degli operatori economici professionali (commercianti), con norme diverse e separate da quelle che regolavano corrispondenti attività, svolte dai comuni cittadini; Si creava in questo modo una scissione del diritto privato e in particolare del diritto relativo a obbligazioni e contratti, in due rami: Il diritto privato delle obbligazioni e dei contratti civili Il diritto privato delle obbligazioni e dei contratti commerciali Nel 1942 il codice di commercio viene abrogato; così il codice civile resta l’unico codice del diritto privato. Tuttavia lo spirito delle sue norme penetra nel nuovo codice civile, che da molto spazio alle esigenze di efficienza delle attività economiche. Quindi il codice civile del 1942 ha realizzato la unificazione del diritto privato ma al tempo stesso anche la commercializzazione di tale diritto. Struttura e contenuti del codice civile Il codice civile è preceduto dalle disposizioni sulla legge in generale (o Preleggi) che riguardano le fonti del diritto, l’efficacia delle norme e i criteri per la loro interpretazione. Gli articoli del codice vanno da 1 a 2969 (essi sono in numero diverso, in quanto alcuni sono stati abrogati mentre altri sono stati aggiunti successivamente). Il codice si divide in 6 libri: 1) Il primo: (art 1-455) s’intitola Delle persone e della famiglia; contiene le regole sulla capacità e sulla posizione giuridica generale delle persone fisiche e delle organizzazioni con scopo non di profitto. Inoltre contiene anche le regole in materia di famiglia. 2) Il secondo: (art.456-809) s’intitola Delle successioni e contiene al suo interno regole che disciplinano la sorte del patrimonio di una persona, dopo la sua morte. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Inoltre sono comprese anche le regole sulla donazione. 3) Il terzo: (810-1172) s’intitola Della proprietà e riguarda la definizione e la classificazione dei beni, la disciplina del diritto di proprietà e del possesso. 4) Il quarto: (1173-2059) s’intitola Delle obbligazioni ed è di gran lunga il più lungo. Contiene la disciplina generale delle obbligazioni e degli atti e dei fatti da cui derivano le obbligazioni. 5) Il quinto: (2060-2642) s’intitola Del lavoro e riguarda la disciplina delle attività economiche organizzate, oggetto del diritto commerciale, industriale e del lavoro. 6) Il sesto: (2643-2969) s’intitola Della tutela dei diritti e ha un contenuto eterogeneo. Comprende istituti che riguardano la concreta attuazione dei diritti e le garanzie reali di credito. In appendice, con numerazione separata, ci sono le disposizioni di attuazione e transitorie, che precisano le modalità applicative di talune norme del codice stesso La costituzione come fonte del diritto privato: Gli istituti del diritto privato esprimono importanti principi di organizzazione dei rapporti sociali. Ecco perchè anche la Costituzione rappresenta una fonte del diritto privato. Nella sua prima parte, riguardante i diritti e i doveri dei cittadini, contiene molte nozioni importanti per la configurazione di molti istituti del diritto privato. Si ricordano in particolare i diritti: Sulla libertà di associazione Sulla difesa in giudizio Sulla famiglia Sulla tutela dei lavoratori Sull’iniziativa economica privata Sul diritto di proprietà I principi affermati dalla costituzione in queste materie sono più moderni ed evoluti rispetto il codice civile e le altre leggi anteriori alla costituzione. Come si manifestano, in concreto, l’incidenza dei principi costituzionali sulle norme del diritto privato? Ciò avviene fondamentalmente in 3 modi: 1. I principi costituzionali operano come stimolo e direttiva al legislatore ordinario, affinchè, con le opportune riforme legislative, adegui a quei più avanzati principi la vecchia disciplina degli istituti privatistici. 2. Gli articoli della Costituzione non esprimono solo generali principi guida, bensì anche norme giuridiche che possono trovare applicazione diretta ai rapporti fra privati. 3. Le norme costituzionali operano come criterio di controllo della legittimità delle orme ordinarie, che sono fonti subordinate alla costituzione e non possono contraddirla. (Se accade, la Corte costituzionale le dichiara costituzionalmente illeggitime, e così le cancella dall'ordinamento) Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 La legislazione speciale: decodificazione e ricodificazione Fino agli anni ‘70 del XX secolo, il codice civile era tradizionalmente considerato l’unica fonte davvero importante dell’intero diritto privato. Il quadro inizia a cambiare in modo profondo a partire da quegli anni, quando la legislazione speciale di diritto privato progressivamente conquista un ruolo sempre più importante. ➔ Si registra prima di tutto il suo incremento quantitativo. Per molti istituti privatistici, alle norme del codice civile si vengono affiancando numerose leggi che ne integrano o ne modificano la disciplina. Con la produzione di nuove leggi, porzioni sempre più grandi del diritto privato si collocano al di fuori del codice, in quanto solitamente le nuove norme rimangono esterne alla struttura del codice. (solo di rado vi vengono incorporate, sostituendo o modificando, i suoi articoli tramite la tecnica della novellazione) ➔ Si registra anche un mutamento qualitativo. Non si tratta più di norme di dettaglio, limitate ad aspetti marginali degli istituti; bensì di complessi normativi che regolano compiutamente, e in modo innovativo, interi settori di situazioni, attività, rapporti dei privati. Li regolano secondo principi e finalità lontani dall'originaria impostazione del codice. Il fatto è che tra il codice civile del 1942 e la nuova legislazione speciale del diritto privato ,viene ad inserirsi la Costituzione. La legislazione speciale ha via via provveduto ad attuare direttive costituzionali, traducendole in nuove discipline degli istituti privatistici. ➔ Per descrivere questi sviluppi del sistema delle fonti del diritto privato, si usa il termine decodificazione, che allude ad una crescente marginalità del codice di fronte all’avanzata della legislazione speciale. Tuttavia nonostante il fenomeno della decodificazione, il codice conserva una grandissima importanza per lo studio del diritto privato, perchè da esso si ricavano concetti come proprietà e diritti sulle cose, debito e credito, contratto e promessa, danno e risarcimento, ecc. Tra codice civile e legislazione speciale, può esserci non antagonismo, ma complementarietà e concorso di entrambi alla costruzione del sistema del diritto privato. Le leggi speciali: aggiornano il contenuto delle norme, adeguandoli, alle trasformazioni sociali. Il codice: offre le categorie logiche e gli strumenti concettuali, necessari per dare un’organizzazione e un ordine alle continue novità. Senza quest’organizzazione il diritto privato sarebbe solo un insieme di norme sparse e non appunto un sistema normativo. Ecco perchè, di fronte agli sviluppi tumultuosi e spesso confusi della legislazione speciale, si tende ad invocare, in ideale di contrapposizione al fenomeno della decodificazione, l’esigenza di una ricodificazione del diritto privato. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Le leggi regionali In linea generale le regioni non hanno competenza a fare norme di diritto privato, in quanto tale competenza rientra tra la potestà legislativa esclusiva dello Stato. La ragione è un'esigenza di uniformità nazionale, senza la quale si avrebbero inammissibili discriminazioni fra i cittadini in violazione del principio di uguaglianza. Peraltro si discute se tale preclusione vada intesa in senso assoluto , o invece lasci qualche piccolo spazio a un diritto privato regionale. ➔ La Corte costituzionale (cui spetta controllare se le leggi regionali rispettano i loro limiti) ammette qualche apertura in tal senso. Diritto internazionale privato e diritto privato europeo: Il diritto privato moderno nasce e si sviluppa, con le grandi codificazioni, come diritto degli Stati nazionali, sicchè ogni stato ha il suo diritto privato. ➔ Questo pone un primo problema: quando una fattispecie concreta non è totalmente italiana, ma presenta elementi di collegamento con altri stati, ad essa si applica il diritto italiano o il diritto di un altro stato? Questo conflitto di leggi viene risolto dalle norme del diritto internazionale privato, che servono a individuare quale, tra i diritti dei diversi Stati coinvolti, il giudice deve applicare alla fattispecie. ➔ Un altro problema sta nel fatto che il carattere nazionale del diritto privato entra in contrasto con le esigenze dell’economia, nel momento in cui questa si sviluppa sempre più su basi internazionali. Sorge così l’esigenza di armonizzazione internazionale del diritto privato, che superi le differenze dei diritti privati nazionali in favore di un diritto uniforme. Ciò può realizzarsi con diversi strumenti: 1. Tramite le convenzioni internazionali, testi normativi concernenti una determinata materia, elaborati concordemente dagli stati che vi partecipano. Le convenzioni sono strumenti internazionali che appunto uniformano il diritto fra tutti gli stati che vi aderiscono. (Convenzione europea sui diritti dell'uomo (CEDU) del 1950) 2. Fonti del diritto prodotte dai competenti organi dell'U.E., vincolanti per tutti gli Stati membri (strumenti del tipo sovrannazionali) Queste sono essenzialmente due: Regolamenti: presentano maggiori affinità con quella che nel diritto interno è la fonte legislativa : creano norme direttamente vincolanti non solo per gli stati membri , ma anche per tutti gli individui e le organizzazioni presenti al loro interno. Dal punto di vista gerarchico i regolamenti europei si trovano in una posizione di supremazia rispetto alle leggi nazionali Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Direttive: Non vincolano direttamente gli individui e le organizzazioni degli stati membri, ma hanno effetti obbligatori solo per gli stati. Essi sono obbligati a recepire tali direttive, cioè a trasformarle in norme del proprio diritto attraverso fonti interne, che creino tali norme, dando ad esse contenuti conformi alle direttive. La mancata recezione costituisce un illecito dello stato verso l’Unione che fa scattare a suo carico una sanzione. Dalla ricezione di direttive europee derivano leggi italiane riguardanti: organizzazione e funzionamento della società, attività finanziarie,bancarie e assicurative; protezione dei consumatori Nasce in questo modo un nucleo sempre più importante di diritto privato europeo: un complesso di principi e regole concernenti importanti istituti del diritto privato, che risultano condivisi dagli Stati europei, membri dell'Unione. [Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza) del 2000] Gli usi e la ex mercatoria: La marginalità degli usi nel quadro delle fonti, dove domina il diritto scritto, vale anche per il diritto privato. Ciò non toglie che questi trovino qualche spazio, come gli usi secondum legem, richiamati dalle norme scritte. Più che in ambito nazionale, gli usi trovano spazio nella dimensione internazionale: Le prassi e i principi abitualmente osservati nei rapporti commerciali fra operatori di paesi diversi formano un corpo di regole non scritte da nessuna formale autorità, ma che per l’adesione degli interessati acquistano il valore di disciplina applicabili ai loro rapporti. Per indicare questo diritto internazionalmente uniforme, di fonte non pubblica si usa l’espressione lex mercatoria. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 I DIRITTI SITUAZIONI GIURIDICHE E RAPPORTI GIURIDICI (4) Le situazioni giuridiche soggettive: La funzione del diritto: sistemare gli interessi umani. Per svolgere questa funzione: le norme giuridiche stabiliscono una graduatoria fra i diversi interessi, che fanno capo ai diversi protagonisti della vita del diritto. Questo si realizza attribuendo alle persone coinvolte determinate situazioni (o posizioni) giuridiche. (Si usa precisare situazioni soggettive, cioè appartenenti a soggetti) Le situazioni giuridiche soggettive esprimono il modo in cui le norme regolano le possibilità dei soggetti, in conformità con la graduatoria stabilita fra i loro confliggenti interessi. Esempio: A è proprietario di una casa A ha la situazione di proprietà su una casa, mentre tutti gli altri hanno diversa situazione, cioè il dovere di rispettare la proprietà altrui. Esempio: A dà la sua casa in locazione a B B ha una situazione di diritto personale di godimento A ha una situazione di obbligo (di mettere B in condizione di abitare tranquillamente la casa) Titolare: Soggetto a cui appartiene tuna situazione giuridica Situazioni attive e passive: Le situazioni giuridiche attive: Sono quelle che esprimono la prevalenza dell’interesse del titolare , sull’interesse di altri soggetti (Proprietà, Diritto personale di godimento) Le situazioni giuridiche passive: Esprimono la subordinazione dell’interesse del titolare rispetto all’interesse di altri soggetti (Dovere di rispettare la proprietà altrui, Obbligo di fae di tutto per permettere a B di abitare tranquillamente la casa) Tali situazioni giuridiche attive o passive che siano, possono essere molto diverse fra di loro. Per questo motivo è utile classificarle in diversi tipi, in relazione ai diversi caratteri che presentano. Il diritto soggettivo: È la più importante situazione giuridica attiva. È il potere di agire nel proprio interesse, o di pretendere che qualcun altro tenga un determinato comportamento nell’interesse del titolare del diritto (la proprietà, il credito, il diritto all'onore). Il contenuto di diritti soggettivi corrisponde al tipo di poteri che essi danno ai titolari , e al tipo di interessi che gli consentono di realizzare. Si distinguono in diverse categorie di diritti: Esempio: Diritto del proprietario e il Diritto dell'inquilino Il diritto di proprietà consente al proprietario di escludere chiunque altro dall'utilizzazione della cosa, ma non gli consente di pretendere che qualcun altro provveda alla riparazioni di cui la cosa ha bisogno. (Diritto soggettivo) Il diritto dell'inquilino gli dà il potere di abitare la casa, ma non di trasformarla, venderla; Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 A differenza della proprietà, essa attribuisce anche la pretesa che il locatore si faccia carico delle necesarie riparazioni (Diritto di una categoria diversa) Elemento comune dei diritti soggettivi: Qualsiasi diritto soggettivo riserva al suo titolare uno spazio di autonomia di giudizio e di gestione, entro il quale il titolare del diritto è libero di valutare quale sia il proprio interesse e quale il modo migliore di perseguirlo, e di agire nel modo corrispondente. Il diritto potestativo: Il diritto potestativo è una sottospecie del diritto soggettivo. Caratteristica: Il potere di incidere sulle situazioni soggettive altrui senza che il titolare della situazione incisa possa impedirlo. (es il dipendente ha il diritto potestativo di dare le dimissioni) La facoltà: È la possibilità, riconosciuta al titolare di un diritto, di tenere un determinato comportamento, che è compreso nel contenuto del diritto ma non lo esaurisce. Esempio: Il proprietario di un gioiello ha la facoltà di indossarlo, venderlo, tenerlo ecc La singola facoltà non esaurisce il diritto, ma ne è una componente elementare. Il contenuto del diritto soggettivo risulta la somma delle varie facoltà che appartengono al suo titolare. Il concetto di facoltà esprime l’idea di una libertà d’azione, di una libertà scelta,fra vari componenti, che sono tutti leciti (comportamento facoltativo) L'aspettativa: È la posizione di chi non ha attualmente una situazione attiva (es diritto soggettivo), ma ha la prospettiva di acquistarla, se si verificherà un determinato evento. Si divide in: Aspettativa di fatto: quando il diritto non la protegge, cioè non dà alcun rimedio per garantire che questa si trasformi nella situazione soggettiva attesa. Esempio: A muore senza testamento e B sarà il suo unico erede: B ha l'aspettativa di ricevere un'ingente fortuna, ma questa potrebbe essere delusa, ad esempio B potrebbe morire prima di A o A, ancora in vita, potrebbe dissipare tutto il suo patrimonio) Aspettativa di diritto: quando la posizione del titolare è protetta con rimedi legali contro eventi capaci di deluderla (cioè impedire la sua trasformazione in diritto pieno) Esempio: A regala a B la propria auto, ma solo a condizione che si laurei a fine anno: B non è ancora proprietario dell'auto, ma ha l'aspettitiva di diventarlo; questa è un'aspettativa di diritto, che consente a B di reagire legalemente se per esempio A nel frattempo usa l'auto in modo da danneggiarla Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 L'Interesse legittimo: È la situazione attiva del privato esposto all’esercizio di un potere della pubblica amministrazione , suscettibile di toccare il suo interesse. Quando viene in gioco? Quando il privato si trova di fronte a una pubblica amministrazione che agisce NON nella sua capacità di diritto privato, bensì come autorità pubblica che opera per realizzare interessi pubblici. Il privato può solo pretendere che la pubblica amministrazione, nel compiere gli atti di interesse pubblico, rispetti le norme giuridiche che regolano l’azione (sia per l'interesse del privato, sia dall'interesse pubblico, perchè è interesse dell'intera collettività che la pubblica amministrazione operi in modo regolare) Questa situazione soggettiva è l'interesse legittimo: la pretesa del privato alla legittimità degli atti con cui la pubblica amministrazione incide sui suoi interessi; ciò porta all’annullamento degli atti illegittimi, lesivi dei suoi interessi. Esempio: A si presenta a un concorso: A non ha diritto soggettivo a vincerlo, ma può pretendere che il concorso si svolga regolarmente. Se invece il concorso è stato irregolare, allora A può valere un interesse legittimo: può infatti chiedere che il concorso venga annullato. L’interesse legittimo è una tipica situazione regolata dal diritto pubblico. Si possono però vedere analogie con situazioni regolate dal diritto privato, in cui al titolare viene attribuito un potere per la realizzazione di un suo interesse, che però coincide con un interesse più vasto e generale. Interessi collettivi: È la situazione di un soggetto, danneggiato da comportamenti altrui, i quali nello stesso tempo ledono analoghi interessi di una moltitudine di altri soggetti. Il cittadino o il gruppo di cittadin, il quale chiede tutela contro dei fatti dannosi (es pubblicità ingannevoli delle imprese), agisce nel proprio interesse e nell'interesse collettivo. Questa posizione attiva è stata riconosciuta: Prima dai giudici, che hanno iniziato ad emettere le azioni promosse da organizzazioni finalizzate alla tutela di interessi collettivi. Poi dal legislatore (es le associazioni di promozione sociale possono agire in giudizio contro atti e fatti lesivi degli interessi collettivi che essere perseguono) Ha particolare rilievo la previsione delle azioni di classe, come strumento per tutelare collettivamente i diritti individuali omogenei dei consumatori. Situazioni passive: L'interesse del soggetto viene sacrificato all'interesse del titolare di una corrispondente situazione attiva. Il dovere: È la ragione che vieta di tenere comportamenti capaci di ledere il diritto soggettivo altrui, e in particolare quel tipo di diritto soggettivo che si definisce assoluto (quale il diritto di proprietà o il diritto all’onere). Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 E’ una situazione che ha: Carattere generale: nel senso che grava su tutti i soggetti diversi dal titolare del diritto (tutti hanno il dovere di rispettare e non danneggiare la proprietà altrui). Carattere negativo: nel senso che, più che imporre al titolare di fare qualcos , gli impone di non fare qualcosa (non fare nulla che danneggi la proprietà altrui). L'obbligo: È la situazione passiva consistente in un vincolo imposto, all’azione del titolare, nell’interesse di chi ha un diritto soggettivo rivolto direttamente ed esclusivamente verso di lui (cioè un diritto soggettivo relativo). Il titolare di tale situazione giuridica passiva si chiama obbligato o debitore. Analogia con il Dovere: Vincolo all'azione del soggetto, nell'interesse di un altro soggetto Differenze con il Dovere: Obbligo: diritto relativo; Dovere: diritto assoluto L’obbligo ha carattere individuale e non generale, nel senso che grava non su una moltitudine indeterminata di soggetti, bensì su uno o più soggetti determinati. (Di fronte a un credito, solo il corrispondente debitore è obbligato a pagare) Può avere carattere negativo/positivo, nel senso che può consistere nel vincolare il debitore a fare qualcosa, nell’interesse di chi ha il corrispondente diritto. (pagare il creditore, eseguire per lui un servizio) La soggezione: È la situazione passiva corrispondente al diritto potestativo. Grava su chi si trova esposto al diritto potestativo altrui, quindi a subire modifiche di qualche propria situazione giuridica, senza poterlo impedire. Esempio: La posizione del datore di lavoro di fronte al diritto potestativo del dipendente di dare le dimessioni La responsabilità: È una categoria fondamentale del diritto privato e di tutto il sistema giuridico. Questa è la situazione del soggetto esposto a subire le conseguenze svantaggiose previste dalle norme in relazione a qualche suo comportamento o posizione. I casi più importanti sono quelli in cui tali conseguenze sono la sanzione per il comportamento del soggetto che viola una regola (fatto illcecito). La responsabilità, con riferimento a quei casi, è dunque la situazione di chi, avendo commesso un illecito, è esposto a subire la sanzione conseguente (es obbligo di risarcimento) La responsabilità può venire a gravare anche su qualcuno che non ha violato nessuna regola e perciò non ha commesso nessun illecito (responsabilità oggettiva) Esempio: A presta la sua macchina a B, e questo investe un pedone. Anche A sarà obbligato a risarcire il pedone. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 La responsabilità sorge anche quando il debitore risponde dei suoi debiti con tutti i suoi beni, si parla quindi di Responsabilità patrimoniale del debitore In questo caso la responsabilità non crea obbligo a carico del responsabile, ma fa sì che il debitore, se non paga, risulti esposto alla possibilità di perdere i propri beni. La potestà: È una di quelle situazioni giuridiche che si colloca a metà strada fra le attive e le passive. Consiste in un complesso di poteri attribuiti ad un soggetto, che però deve esercitarli non nell’interesse proprio ma nell’interesse altrui. Differenza col diritto soggettivo: Le valutazioni e le scelte dell’autore non sono autonome, e orientate nel suo interesse, ma sono vincolate alla funzione di servire l’interesse altrui, e soggette a controlli esterni (giudici) per garantire che tale funzione sia realizzata adeguatamente. Esempio: la decisione dei genitori di vendere un bene del figlio minorenne è sottoposta all'autorizzazione del giudice L'onore: È la situazione di chi deve tenere un determinato comportamento se vuole avere la possibilità di utilizzare qualche sua situazione attiva, perchè le norme subordinano tale possibilità alla condizione che egli tenga quel comportamento. Esempio: Chi ha comprato una cosa e poi scopre che è difettosa, ha dei diritti contro il venditore, ma ha anche l'onere di denunciare il difetto entro 8 giorni dalla scoperta. Anche l’onere ha una doppia natura: Partecipa alle situazioni attive: perchè l’obiettivo finale è realizzare un interesse del soggetto (Esempio: dargli un rimedio contro l'acquisto difettoso) Partecipa alle situazioni passive: perchè consiste in un vincolo posto alla sua azione. (Esempio: il compratore deve fare la denuncia se vuole quei rimedi) Differenza con l'obbligo: se il soggetto non osserva l’onere non commette un illecito e non incorre in responsabilità (semplicemente rinuncia ad un vantaggio), come invece accade per l’obbligo. Lo status: È un complesso di situazioni giuridiche, alcune attive altre passive, che spettano al soggetto in virtù di qualche sua qualità o collocazione sociale. Fondamentale tra tutti è lo status di cittadino: a seconda che uno sia cittadino italiano o piuttosto tedesco, egli risulta titolare di certe situazioni attivi/passive piuttosto che altre. La cittadinanza è fondamentalmente uno status di diritto pubblico: le situazioni che esso comprende riguardano per lo più rapporti tra cittadino e Stato, regolati dal diritto pubblico. Status appartenenti al diritto privato: quello di coniuge, di genitore, di figlio, di imprenditore ecc. Esempio: Lo status di genitore di un figlio monorenne comprende il diritto di essere rispettato dal filgio, l'obbligo di mantenerlo, la potestà di prendere decisioni nel suo interesse ecc. Il carattere convenzionale delle situazioni giuridiche: I nomi delle situazioni giuridiche, e l’uso di essi nei discorsi del diritto, hanno un valore convenzionale, di comodità: servono a semplificare il discorso, riassumendo in modo artificiale , quella che è la vera realtà del diritto, la cui esplicitazione completa richiederebbe discorsi molto lunghi. Esempio: Il debitore ha l'obbligo di pagare e il creditore ha il diritto di essere pagato Senza il valore convenzionale si dovrebbe dire: il debitore non è libero di pagare o non pagare, la Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 legge vincola il suo comportamento, imponendogli di pagare; se il debitore non paga, la legge dà al creditore la possibilità di rivolgersi al giudice e quest'ultimo disporrà la vendita forzata dei beni del debitore e alla fine il creditore realizzerà il suo credito. Le conseguenze che le norme ricollegano ai fatti sono la "cosa" Le situazioni giuriche rappresentano il "nome" Prima viene la cosa e poi viene il nome Il rapporto giuridico: le parti: Gli esempi fatti indicano che quasi sempre esiste una relazione fra una situazione attiva e una corrispondente situazione passiva, cioè tra il titolare della situazione attiva (soggetto attivo) e il titolare della situazione passiva (soggetto passivo) Tale relazione si definisce rapporto giuridico. Esempio: Dire che il creditore ha il diritto di ricevere la somma dovutagli dal debitore, significa che il debitore ha l'obbligo di pagarla. Data una parte di tale rapporto, l’altra parte si chiama controparte. Parte: centro di interessi omogenei nell'ambito del rapporto (può essere composta da più di una persona) Modalità di rapporto giuridico: Rapporto semplice: rapporto giuridico che collega una singola situazione attiva con una singola situazione passiva. Rapporto complesso: rapporto giuridico in cui a ciascuna delle parti fa capo non un'unica situazione (attiva o passiva), bensì un insieme di situazioni diverse, collegate fra loro. Esempio: Locatore e conduttore Il locatore ha vari diritti (es ricevere canoni) e vari obblighi (es consegnare la cosa) Il conduttore ha vari diritti (es ricevere la cosa) e vari obblighi (pagare i canoni) Definizione di rapporto giuridico: Rapporto bilaterale: quando ha due sole parti Rapporto plurilaterale: quando ha più di due parti (es: 4 soci che costuitiscono una società) Parti e terzi: Esso si definisce in contrapposizione al concetto di parte del rapporto giuridico: Con terzo, si intende chiunque non sia parte di un rapporto giuridico. Ciò che accade nell'ambito di un rapporto tocca solo le situazioni giuridiche della parti di esso, e non tocca le situazioni dei terzi estranei ad esso. Eccezioni: Se A vende un bene a B, X potrebbe essere contrariato da ciò perchè avrebbe voluto acquistarlo lui. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 FATTI, ATTI ED EFFETTI GIURIDICI (5) Situazioni giuridiche , effetti giuridici e fattispecie giuridiche: Le situazioni giuridiche mutano continuamente. Effetti giuridici: quei mutamenti che si producono nelle situazioni giuridiche dei soggetti. A seconda del tipo di mutamento che si produce, tali effetti possono consistere nella creazione, modificazione o estinzione di situazioni giuridiche. Gli effetti giuridici si producono quando c'è una causa che li determina: la Fattispecie giuridica. Esempio: La costruzione di una casa sul terreno di A è la fattispecie che determina l'effetto di creare il suo diritto di proprietà sulla casa. La fattispecie (concreta), produce gli effetti giuridici che la norma prevede, in relazione alla fattispecie astratta descritta nella norma stessa. Quando un elemento della realtà (fattispecie concreta) corrisponde alla fattispecie di una norma, e quindi produce effetti giuridici, si dice che quell'elemento ha rilevanza giuridica. La rilevanza giuridica di un elemento della realtà va considerata in relazione a una norma determinata. Esempio: Se A ferisce involontariamente B, ciò ha rilevanza giuridica dal punto di vista delle norme del diritto privato sul risarcimento, ma non l'ha dal punto di vista delle norme del diritto penale. La fattispecie non causa l'effetto giuridico in base a un rapporto di casualità naturale come quello che opera nel mondo fisico. La fattispecie causa l'effetto giuridico solo perchè le norme stabiliscono, in base ad una valutazione di opportunità politica, che a quella certa fattispecie consegua quel certo effetto giuridico (cioè, se cambiano le norme, una data fattispecie può cessare di causare l'effetto giuridico che prima causava) La fattispecie può presentarsi con caratteri molto diversi: Fattispecie semplice: come nel caso della vendita dell'immobile da A a B , che basta di per sè a spostare il diritto di proprietà fra i due. l Fattispecie complessa: consiste in vari elementi combinati fra loro (es. la fattispecie per cui C acquista una proprietà come erede testamentario di B ,è formata da almeno 3 elementi : la morte di B , l'esistenza di un suo testamento che nomina C erede e la dichiarazione di quest'ultimo a voler accettare l'eredità.) Fattispecie a formazione progressiva: Quando gli elementi della fattispecie complessa non si realizzano nello stesso istante, bensì uno dopo l'altro , in una sequenza temporale più o meno lunga. Inoltre le fattispecie possono differenziarsi , a seconda del ruolo che giocano la volontà e la consapevolezza dell'uomo. Viene così in rilievo la distinzione tra fatti giuridici e atti giuridici. I fatti giuridici: Sono gli eventi che accadono e producono i loro effetti giuridici indipendentemente da intenzionalità e consapevolezza umane. Esempio: Sono gli eventi che si determinano esclusivamente nella sfera fisica e biologica (terremoti). Sono gli eventi riconducibili a un'attività umana, quando la sua origine sia irrilevante per il prodursi di un effetto giuridico considerato (es se la distruzione dell'immobile di A dipende da qualche azione di B, questa potrà creare l'obbligo di B di risarcire il danno, ma tale effetto giuridico non presuppone che l'azione di B sia volontaria) Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Gli atti giuridici: negoziali e non negoziali Atti giuridici: le azioni umane, sostenute da un certo grado di consapevolezza e intenzionalità, la cui rilevanza giuridica (capacità di produrre effetti giuridici) dipende specificamente dalla presenza di questo fattore umano. A seconda di come si configura tale fattore umano, gli atti si dividono in: 1. Atti negoziali (negozi giuridici): sono quelli in cui consapevolezza intenzionalità umane si esprimono al più alto grado di intensità. Questi atti si basano fortemente sulla volontà dell'autore, e tale volontà gioca su due piani: - La volontà di compiere l'atto (es. La volontà di scrivere sulla scheda le parole che indicano i propri eredi) - La volontà di produrre gli effetti giuridici che le norme ricollegano a tale atto (es. la volontà di attribuire alle persone indicate come eredi la possibilità giuridica di subentrare nell'eredità) Esempi di atti negoziali: compravendita, matrimonio 2. Atti non negoziali: Implicano la volontà di compiere l'atto , ma non anche la volontà di creare gli effetti giuridici che l'atto produrrà. Questa categoria è meno significativa rispetto alla prima. Esempi di atti non negoziali: confessione (c'è la volontà del fatto, ma non la volontà dei suoi effetti, cioè rendere quel fatto provato) Dichiarazioni di volontà e dichiarazioni di scienza: Ci sono casi in cui l'atto consiste in un comportamento che non ha la funzione di rappresentare o comunicare qualcosa (es. pagamento di un debito). Tuttavia normalmente gli atti hanno una funzione rappresentativa o comunicativa: manifestano qualcosa tramite una dichiarazione La dichiarazione può essere: 1. Di volontà: sono quelle che manifestano una volontà dell'autore, rivolta verso uno scopo. Nei casi più importanti tale scopo è produrre effetti giuridici. La dichiarazione di volontà rivolta alla produzione di effetti giuridici è un atto negoziale, un negozio giuridico. Esempi: contratti, testamenti, matrimoni 2. Di scienza: sono quelle che rappresentano e comunicano una realtà, così come conosciuta dal dichiarante. Esempio: la quietanza, con cui chi riceve un pagamento attesta di averlo ricevuto. Questi atti rappresentano non un'intenzione del dichiarante, ma appunto una realtà. La dichiarazione di scienza è un atto non negoziale. Classificazione degli atti: Atti patrimoniali e non patrimoniali: Questa classificazione si basa sulla natura delle situazioni giuridiche a cui si riferiscono gli effetti dell'atto: 1. Atti patrimoniali: incidono su situazioni di tipo economico. Esempi: proprietà, crediti, debiti, contratti, promesse, la rinuncia al credito 2. Atti non patrimoniali: riguardano situazioni giuridiche di tipo prevalentemente non economico. Esempio: matrimonio, che pur avendo situazioni a contenuto economico (obbligo di concorrere al mantenimento della famiglia), ha effetti più importanti riguardanti situaizoni di tipo personale. Ci sono atti che possono essere patrimoniali o non: il testamento. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Atti onerosi e gratuiti: Questa classificazione è interna alla categoria degli atti patrimoniali e si fonda sul senso economico dell'atto. 1. Gli atti onerosi: sono quelli in cui le parti coinvolte nell'atto sostengono un sacrificio economico e correlativamente ricevono un vantaggio economico (es. la compravendita) 2. Gli atti gratuiti: sono quelli in cui solo una delle parti coinvolte sostiene un sacrificio economico , mentre l'altra ottiene un vantaggio senza affrontare un corrispondente sacrificio (es. la donazione) Atti tra vivi e a causa di morte: Sono due classi di atti che si distinguono in base al criterio del fattore in vista del quale si vuole la produzione degli effetti. 1. Gli atti a causa di morte: producono i loro effetti solo in relazione alla morte dell'autore dell'atto, che lo ha compiuto proprio in vista di questo evento (es. il testamento). 2. Gli atti fra vivi: sono quelli che per produrre gli effetti non presuppongono la morte del loro autore. (es. matrimonio). Atti unilaterali, bilaterali, plurilaterali e collegiali: Questa classificazione assume il criterio della struttura dell'atto. Atti unilaterali: sono formati dalla dichiarazione di una sola parte (es. il testamento) Atti bilaterali: sono quelli formati da dichiarazioni di entrambe le parti coinvolte (es. contratto di compravendita, matrimonio) Atti plurilaterali: sono formati da dichiarazioni di 3 o più parti. Le parti di questi atti possono trovarsi su posizioni di interesse contrastanti fra loro (es. atto di divisone di una cosa comune). Le parti possono anche trovarsi su posizioni di interesse comuni, perchè l'atto persegue un risultato giuridico che torna a vantaggio di tutti indistintamente (es. contratto di società) Atti collegiali: sono gli atti di un'organizzazione, formati dalle dichiarazioni di più persone che compongono un organo interno di essa. Esempio: deliberazione di un condominio. Queste dichiarazioni consistono nel voto con cui ciascun condomino manifesta la sua volontà di approvare o non la deliberazione proposta dall'assemblea. Classificazione degli atti, e disciplina degli atti: Come per le situazioni giuridiche, anche le definizioni e le classificazioni degli atti sono strumenti convenzionali e hanno un valore relativo, con ampi margini di incertezza e opinabilità. La loro funzione è quella di riassumere le discipline degli atti, cioè i trattamenti giuridici che le norme riservano ai vari atti. Come a ciascuna categoria di atti corrisponde una disciplina omogenea per tutti gli atti appartenenti alla categoria, così per converso quella disciplina si differenzia dalla disciplina degli atti appartenenti ad una categoria diversa: e l'uso delle categorie semplifica la rappresentazione di queste differenze. Esempi: Gli atti negoziali possono essere messi in discussione se l'autore era incapace di intendere e di volere o se la sua volontà si è formata in modo difettoso. Nel campo degli atti negoziali, il vincolo legale che deriva da quelli onerosi è più stringente del vincolo che deriva dagli atti gratuiti. Gli atti non negoziali sono insensibili a queste evenenienze. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 L'attività giuridica privata e pubblica: l'autonomia privata Attività giuridica: è la formula che indica il fenomeno del continuo ed incessante compimento di atti giuridici. Attività giuridica privata: è lattività svolta dai privati e anche dagli enti pubblici che agiscono non i posizione di supremazia, bensì su un piano di parità con le proprie controparti. Autonomia: significa potere di darsi da sè le proprie regole di condotta, anziché farsele imporre da un'autorità esterna. Nel linguaggio giuridico, Autonomia privata: è il potere dei soggetti di creare e conformare le proprie situazioni giuridiche liberatamente, secondo la propria volontà. L'autonomia privata si realizza essenzialmente tramite l'attività giuridica, e in particolare con il compimento di negozi giuridici. Attività giuridica pubblica: attività, svolta dalle autorità pubbliche, che si realizza mediante atti amministrativi. Quest'attività non è autonoma, ma (al contrario) è vincolata allo specifico fine o interesse pubblico. Esempio autonomia privata: la vendita di un terreno Esempio diritto pubblico: espropazione di un terreno, non c'è autodeterminazioni delle situazioni giuridiche L'autonomia privata è dunque l'essenza del diritto privato. Se la maggior parte degli atti del diritto privato sono atti di autonomia, esistono anche atti non autonomi, rispetto ai quali l'autore non è libero di autodeterminarsi, ma è vincolato nel suo comportamento (es l'atto di pagamento) L'autonomia privata nello sviluppo storico: Valore politico dell'autonomia privata: esprime un principio di libertà del cittadino nei confronti del potere politico. L'autonomia privata si afferma progressivamente attraverso le lotte contro l'assolutismo (nel XVII e XVIII secolo) e giunge a piena realizzazione con le rivoluzioni borghesi e liberali del XVIII e XIX secolo. La sua affermazione si lega agli sviluppi del sistema economico e in particolare all'avvento del capitalismo: la rivendicazione di più ampi spazi di autonomia faceva leva sulla rivendicazione della libertà di iniziativa economica. Nell'età del liberalismo ottocentesco l'autonomia privata aveva confini estremamente ampi. Cambiamenti del Novecento: A causa del crescente intervento dello Stato nelle attività pubbliche, l'autonomia privata inizia a restringersi sempre di più, specie nel campo delle situazioni di tipo economico Nel XIX secolo si affermano sempre di più i gruppi organizzati e di conseguenza l'autonomia collettiva, a discapito di quella individuali. ➔ La restrizione dell'autonomia privata da un lato è svantaggiosa per il singolo individuo ma dall'altro è vantaggioso per la collettività in generale. Esempi di atteggiamento delle norme verso l'autonomia privata: Nel campo della famiglia, l'autonomia privata è garantita al massimo per quanto riguarda la livertà di sposarsi e con chi, la libertà di organizzare la vita famigliare Nel campo del matrimonio, l'autonomia privata è compressa quanto alla determinazione degli effetti giuridici di esso, che sono stabiliti dalle norme senza che i coniugi possano integrarli o modificarli. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 I DIRITTI SOGGETTIVI (6) I diritti soggettivi e il loro contenuto: Riepilogo: Il diritto soggettivo (la più importante fra le situazioni giuridiche attive) è il potere di agire o pretesa verso qualcun altro. Ha in se lo spazio di autonomia, cioè il titolare sceglie tra i vari modi possibili di esercizio del diritto quello che ritiene più adatto. Esistono tanti diversi tipi di diritti soggettivi, che si differenziano in base al contenuto del diritto. Contenuto del diritto: è il complesso dei poteri che il diritto soggettivo dà al titolare, in vista del raggiungimento di determinate utilità. I vari diritti soggettivi assicurano al titolare utilità diverse, e in funzione di queste gli attribuiscono poteri diversi. Su queste differenze si costruisce la classificazione dei diritti soggettivi in una serie di categorie contrapposte. Diritti soggettivi pubblici e privati: 1. I diritti soggettivi pubblici: attribuiscono al titolare poteri che gli consentono di incidere sull'organizzazione politica, o comunque definiscono la sua posizione nell'organizzazione politica della società (es. diritto di voto). Questi diritti sono per lo più affermati dalla Costituzione e hanno un carattere comune, ovvero si dirigono essenzialmente nei confronti dello Stato inteso come potere pubblico. 2. I diritti soggettivi privati: riguardano invece poteri e interessi del titolare che non toccano l'organizzazione politica della società (es. diritto di proprietà). Si badi che un diritto soggettivo può essere di tipo privato anche se riguarda lo Stato o un altro ente pubblico, e ciò accade tutte le volte che il soggetto pubblico svolge attività giuridica di diritto privato che coinvolge situazioni di diritto privato (es. Se lo Stato compra una cosa, il suo diritto a ottenere la consegna è un diritto soggettivo privato) Diritti patrimoniali e non patrimoniali: 1. I diritti patrimoniali: sono quelli che procurano al titolare utilità di natura economica (es. diritto di proprietà, di credito) 2. I diritti non patrimoniali: procurano un'utilità non economica, ma morale o ideale o comunque attinente alla sfera personale (es. diritto all'integrità fisica, all'onore) Diritti assoluti e relativi: Questa distinzione riguarda il tipo di poteri dati al titolare per realizzare o proteggere il suo interesse, e non il tipo di interesse che il diritto soddisfa. 1. I diritti assoluti: sono quelli che il titolare può far valere nei confronti tendenzialmente di tutti i soggetti, i quali hanno tutti una corrispondente situazione passiva di dovere. Esempio: diritto di proprietà, perchè il proprietario può esigere che tutti gli altri soggetti evitino di danneggiare o disturbare la sua proprietà 2. I diritti relativi: sono quelli che il titolare può far valere solo nei confronti di qualche soggetto determinato, il quale ha una corrispodnente situazione passiva di obbligo verso il titolare. Esempio: diritto di credito, il creditore può pretendere il pagamento solo dal debitore e da nessun altro. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Pretesa: termine per indicare la posizione del titolare di un diritto relativo. Esempio: Il creditore ha una pretesa verso il debitore al pagamento del debito. Diritti disponibili e indisponibili: Anche questa distinzione ha a che fare con le modalità dei poteri che formano il contenuto del diritto. 1. I diritti disponibili: sono quelli che il titolare può liberamente trasferire o autolimitare o addirittura cancellare, con atti giuridici che producono tali effetti. I margini di autonomia privata sono ampi, in quanto le norme lasciano al titolare tutto lo spazio di autonoma valutazione e decisione Esempi: i diritti patrimoniali, diritto di credito, diritto di proprietà 2. I diritti indisponibili: sono quelli che il titolare non può liberamente trasferire, autolimitare o cancellare. L'attività giuridica (autonomia privata) del titolare subisce una restrizione, perché gli è vietato compiere atti che producono tali effetti. Spiegazione della restrinzione: si tratta di valori così preziosi per la persona umano, che si reputa inammissibile una loro menomazione, fosse anche per la volontà della persone stessa. Esempi: Non si può fare un atto che abbia come effetto giuridico la perdita di un suo diritto famigliare (non si può rincunciare al diritto di chiedere il divorzio) Il diritto soggettivo nella storia: Il diritto soggettivo obbedisce alla logica dell'autonomia privata, ovvero è il potere del soggetto di decidere da sè come agire nel proprio interesse. In questo senso la categoria del diritto soggettivo assume un valore politico, perchè esprime la libertà dei cittadini nei confronti del potere pubblico. Essa venne elaborata (tra il XVII e il XVIII) da quei giuristi e filosofi che costruirono le basi teoriche per la lotta politica contro l'assolutismo dei sovrani Nel corso del tempo il modo di concepire il diritto soggettivo subisce profondi mutamenti, percorrendo un'evoluzione parallela a quella dell'autonomia privata: Fino all'Ottocento, quando dominavano i valori dell'individualismo e del liberalismo, il diritto soggettivo si concepiva come un potere privato insofferente di ogni limite e libero da ogni controllo. Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, questa concezione entra in crisi per due ragioni: 1. Trasformazioni generali della società, delle ideologie e della politica: accanto al valore della libertà di iniziativa individuale, cominciano a farsi strada istanze egualitarie e di società, che reclamano un più giusto equilibrio fra interessi individuali e collettivi. 2. Esigenze dello sviluppo economico. In questa fase il diritto soggettivo per eccellenza era la proprietà. Assicurare una tutela assoluta di tale diritto ai proprietari, avrebbe significato bloccare molte iniziative industriali, destinate ad entrare in conflitto con i diritti di proprietà. L'interesse (e il diritto) dell'industriale di svolgere l'iniziativa economica è un interesse privato, ma coincide con l'interesse generale allo sviluppo economico: perciò si comincia a pensare che sia giusto farlo prevalere sull'interesse (pure privato, ma socialmente meno prezioso) del proprietario, il cui diritto viene perciò limitato. L'abuso del diritto: Al problema di impedire che i diritti soggettivi vengono esercitati in modo contrastante con l'interesse generale si lega il concetto di abuso del diritto. Quando le norme dicono che il titolare di un diritto può, nell'esercizio di esso, fare a,b e aggiungono Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 (implicitamente o esplicitamente) che non può fare c , se uno fa c non abusa semplicemente del suo diritto , ma ne supera i limiti , va completamente fuori dal diritto stesso. Un problema di abuso si pone invece se il titolare fa b (quindi rientra nei limiti del suo diritto) , ma in circostanze tali, che questo suo comportamento danneggi in modo assurdo e irragionevole l'interesse generale o comunque un altro interesse meritevole di tutela. La teoria dell'abuso del diritto nasce ai primi del Novecento nell'ambito di movimenti di pensiero attenti alle esigenze sociali, e critici verso l'individualismo e l'egoismo dei vecchi principi liberali. Incontra subito le critiche dei giuristi liberali, i quali obiettano che un diritto si ha o non si ha, e quando si ha si può esercitare in tutta la sua estensione. Ai giorni d'oggi le norme pongono tanti limiti ai diritti soggettivi, quindi il dibattito sull'abuso del diritto ha perso importanza. Non è più un contrastro tra principio di autonomia e principio di socialità nella concezione dei diritti soggettivi; bensì dell'alternativa tra ruolo delle norme e ruolo del giudice nella delimitazione dei poteri dei titolari di diritti. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 I BENI E IL PATRIMONIO (7) Diritti, interessi e beni: Relazione tra diritti e interessi: il diritto soggettivo serve a realizzare l'interesse del titolare. Relazione tra interesse e bene: l'interesse è la tensione verso un bene. Relazione tra diritto e bene: il bene è l'oggetto del diritto. Esempio A ha un auto: l'auto è il bene che forma oggetto del diritto di proprietà di A. La definizione di bene: i beni come oggetto di diritti Bene (senso generico): è qualsiasi entità capace di soddisfare bisogni (e quindi realizzare interessi) umani. Bene (linguaggio giuridico secondo l'art 810): sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti. Può formare oggetto di diritto solo ciò , su cui sia immaginabile un conflitto di interessi (conflitto che si risolve proprio attribuendo il diritto a uno e negandolo all'altro). Perciò non sono beni in senso giuridico le entità, su cui non si creano conflitti di interessi a causa della loro sovrabbondanza, che le rende accessibili a tutti in modo tendenzialmente illimitato (l'aria, l'acqua ecc). Secondo il codice civile (art. 814) le energie naturali si considerano beni solo se hanno valore economico. Beni e cose: Per l'art.810, possono essere beni solo le cose. Cose: porzioni di materia. In questo modo la legge sembra accogliere una concezione restrittiva di bene, che si identifica con l'idea di bene materiale. Non sarebbero invece beni veri e propri i beni immateriali, cioè quelle entità utili all'uomo, pure suscettibili di attribuire un conflitto di interessi, e quindi di formare oggetto del diritto, ma che non sono porzioni di materia. Tuttavia tale definizione restrittiva è stata allargata dai giuristi, con l'art 810, secondo il quale , la nozione di bene include qualsiasi entità utile all'uomo, materiale o immateriale, purchè suscettibili di aprire conflitti di interessi regolabili dal diritto. Beni materiali e immateriali I beni si dividono in due categorie: 1. I beni materiali: sono le cose capaci di formare oggetto di diritto 2. I beni immateriali: sono quelle entità diverse dalle cose, utili all'uomo e suscettibili di aprire conflitti di interessi regolabili dal diritto (es. marchio di fabbrica, il credito) Esempio credito: Il credito può assicurare al titolare una prestazione del debitore la quale può non implicare cose materiali e consistere in un servizio (calciatore per una società) Tutti questi beni immateriali hanno un valore economico e dunque sono ricchezza per il titolare, la crescita del terziario ha comportato la crescita dei servizi. Inoltre i beni immateriali possono circolare al pari delle cose materiali Esempio: il brevetto può essere può essere ceduto dall'inventore a un'impresa interessata a sfruttarlo. Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Beni mobili e immobili: Questa è la distinzione che ha maggiore importanza pratica. 1. Beni immobili: sono individuati attraverso due criteri, cui corrispondono due classi di immobili: - i beni immobili in natura: suolo, le sorgenti, i corsi d'acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni anche se unite al suolo a scopo transitorio e in genere tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo). - beni immobili per destinazione: mulini, bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione. 2. l Beni mobili: si individuano in via residuale, cioè sono mobili tutti gli altri beni. Fra i due tipi di beni esistono significative differenze fisico-economiche: I beni immobili hanno per lo più un notevole o almeno discreto valore economico, mentre i mobili possono avere un elevatissimo valore, ma solitamente hanno un valore limitato. I beni immobili definiscono l'ambiente in cui l'uomo vive e quindi hanno quasi sempre una rilevanza sociale che i beni mobili non hanno. I beni immobili, per la loro staticità, sono più facilemente controllabili e hanno una circolazione più limitata, mentre i beni mobili il contrario. Tutto questo determina differenze di trattamento giuridico: *Le possibilità di uso degli immobili da parte dei privati sono soggetti a limiti più stretti di quelli che valgono per i mobili. * Per i beni immobili esiste una speciale organizzazione pubblica per l'accertamento e la documentazione della loro consistenza (il catasto, formato da un complesso di mappe che descrivono tutti gli immobili). * Per i beni immobili la circolazione richiede formalità più rigorose di quelle previste per i mobili (trascrizione nei pubblici registri immobiliari) *È ammissibile che un bene mobile si trovi a non appartenere a nessun proprietario, menre un bene immobile deve appartenere a qualcuno (I beni immobili vacanti risultano automaticamente dello Stato). I beni mobili e registrati: Alcuni tipi di beni mobili presentano caratteristiche particolari: sono di grandi dimensioni, hanno un certo valore economico, esistono in numero grande ma pur sempre limitato e la loro circolazione è abbastanza controllabile (autoveicoli, navi, aeromobili) Per questi mobili, si è ritenuto utile, secondo l'art 815 ,particolari meccanismi di registrazione e pubblicità che li riguardano, fondati sull'iscrizione in pubblici registri. Le universalità di mobili: La legge dedica una considerazione particolare alle universalità dei mobili, cioè ai complessi di cose mobili che appartengono alla stessa persona e hanno una destinazione unitaria. Esempi: serie completa di francobolli, un paio di orecchini, giacca e pantaloni dello stesso abito È possibile disporre del complesso unitario (venderlo, locarlo, ipotecarlo) con un unico atto ; ma vi è possibile anche disporne frazionatamente, con atti diversi, dei singoli beni che lo compongono. Il trattamento giuridico dell'universalità dei beni si distacca per alcuni aspetti da quello normalmente previsto per i beni mobili: ciò vale per l'usucapione , per l'azione di manutenzione a tutela del possesso e per l'applicazione della regola "possesso vale titolo". Scaricato da Marco Guida ([email protected]) lOMoARcPSD|12774203 Beni divisibili e indivisibili: 1. I beni divisibili: sono quelli che possono essere suddivisi fisicamente in più porzioni, ciascuna delle quali mantiene la funzione economica del bene originario. Esempi: appezzamento di terreno, torta. 2. I beni indivisibili: sono quelli per cui tale suddivisione è materialmente o economicamente impossibile. Esempi: animale vivo, quadro, macchina Beni consumabili e inconsumabili: 1. Beni consumabili: sono quelli che si esauriscono immediatamente con l'uso (es benzina, cibo, denaro) 2. Beni inconsumabili: sono invece quelli suscettibili di uso continuativo o ripetuto (es casa, auto, televisore) Tale distinzione incide sulla possibilità di compiere atti che attribuiscono a una persona diversa dal proprietario l'uso temporaneo del bene, con l'obbligo di restituirlo dopo un certo periodo. Beni fungibili e infungibili: 1. Beni fungibili: sono quelli che risultano identici, per qualità ad altri beni dello stesso genere, e ciò che conta piuttosto è la quantità (es denaro). 2. Beni infungibili: sono quelli non suscettibili indifferentemente con altri beni , anche appartenenti al medesimo genere, per la presenza di apprezzabili particolarità quanlitative, che fanno di quel bene una cosa unica (originale di un'opera d'arte, auto usata e beni immobili) Le pertinenze: Il concetto di pertinenza implica il rapporto fra una cosa accessoria e una cosa principale. Le pertinenze sono le cose (accessorie) destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di una cosa (principale); ciò viene sancito dall'art. 817. Vincolo pertinenziale: il rapporto fra pertinenza e cosa principale. Esso può correre tra: Due cose mobili (la radio è di pertinenza dell'auto) Due immobili (il garage è di pertinenza dell'appartamento) Un mobile e un immobile (termosifoni della casa) Tale rapporto nasce solitamente per iniziativa del proprietario della cosa principale. La disciplina delle pertinenze riguarda essenzialmente il trasferimento di beni: Il proprietario può traferire la pertinenza insieme con la cosa principale, oppure l'una separatamente dall'altra * Se si vuole trasferire la cosa principale senza pertinenza, bisogna dirlo esplicitamente (art. 818). Problema: se la pertinenza appartiene a una persona diversa dal proprietario della cosa principale e questi vende la cosa principale senza escludere la pertinenza (art. 819) I frutti: I frutti sono beni prodotti da altri beni. Questi si distinguono in due tipi: 1. I frutti naturali: quelli che provengono direttamente dalla cosa, vi concorra o non l'opera dell'uomo (art 821, c1). Esempi: i prodotti agricoli, la legna, i prodotti delle miniere Que

Use Quizgecko on...
Browser
Browser