La Progettazione Educativa e Sociale (PDF)

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Loredana Paradiso

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progettazione educativa competenze progettuali intervento sociale sviluppo personale

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Questo documento presenta un'analisi sul concetto di progettazione educativa e sociale, evidenziando le competenze progettuali in ambito socio-educativo. Vengono analizzati diversi modelli di intervento, mettendo in luce la complessità e la pluralità dei fattori in gioco. Il testo si sofferma anche sulle relazioni tra gli aspetti educativi ed il contesto sociale.

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LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA E SOCIALE – LOREDANA PARADISO CAPITOLO 1 - LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA E SOCIALE E LE COMPETENZE PROGETTUALI 1.1 Progettare il divenire nella comunità sociale educativa L’etimologia latina della parola “progettare” deriva dall’azione di “gettare qualcosa avanti”, qu...

LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA E SOCIALE – LOREDANA PARADISO CAPITOLO 1 - LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA E SOCIALE E LE COMPETENZE PROGETTUALI 1.1 Progettare il divenire nella comunità sociale educativa L’etimologia latina della parola “progettare” deriva dall’azione di “gettare qualcosa avanti”, quindi un processo che comprende tutte le azioni necessarie per trasformare un’idea in una situazione che riguarda la creazione di un qualcosa di nuovo o di diverso. Quindi la progettazione è un’azione che parte dalla visualizzazione di un’idea, attraversa le fasi della pianificazione e realizzazione, per arrivare alla creazione di qualcosa di innovativo in qualsiasi settore. È un processo di elaborazione mentale complesso. Le persone, i gruppi e le comunità sono soggetti progettuali che operano nel proprio spazio sociale e culturale creando situazioni, esperienze, oggetti, ambienti che migliorano il quotidiano, creando innovazioni che sono diventate parte della storia, del pensiero e del mondo progettuale dell’umanità. La progettazione è un processo costantemente legato al fluire del tempo e della storia che lega il pensiero innovativo e immaginativo alla realtà passata e presente per trasformarla in qualcosa d’altro: un’azione, un servizio. Quest’ultimi sono dunque risultato di una volontà progettuale, della decisione di risolvere un problema, di muovere un cambiamento, di migliorare le condizioni di vita. 1.2 La complessità nella progettazione educativa e sociale: pluralità e differenze Il lavoro sociale e educativo è il luogo per eccellenza della complessità, dove si incontrano le dimensioni della pluralità e della differenza e si vanno a confrontare mondi e saperi diversi, per tracciare itinerari di cambiamento volti alla promozione del benessere o al miglioramento delle condizioni di vita. Esempio di questo concetto sono i percorsi legislativi in ambito sociale e educativo che sono l’esito di un importante lavoro culturale di integrazione delle diversità e di trasformazioni di significati sul modo di concepire la società: si pensi ad esempio all’eliminazione delle classi speciali con la legge 517/1977. La progettazione in ambito educativo e sociale è quindi il processo che guida i percorsi di trasformazione e cambiamento personale, di gruppo e delle comunità ed ha l’obiettivo di cogliere il potenziale nei soggetti individuali e collettivi con i quali interagiscono per promuoverne lo sviluppo in tutte le direzioni dell’esistenza in una logica di autonomizzazione, auto-realizzazione e auto-approvazione. L’autonomizzazione indica la capacità della persona di gestire sé stesso in modo autonomo; l’auto- realizzazione descrive le capacità della persona di avere un progetto di vita e di mettere in atto le azioni adeguate a realizzarlo; l’auto-approvazione indica la capacità della persona di ottenere benefici dalla relazione sociale con gli altri. Tutte e tre rappresentano le finalità di un intervento. Gli operatori sono stati in grado di avvicinarsi alla complessità del lavoro sociale e educativo rispondendo alla sfida attraverso la capacità di confrontarsi, di co-costruire saperi e visioni condivise e di integrare atteggiamenti diversi del lavoro progettuale. Questo, infatti, in molti casi è stato accompagnato da modelli contrapposti di considerazione degli interventi e delle metodologie di lavoro come, ad esempio: il modello naif risalta le fasi elaborative e riflessive (le idee durante la progettazione) prendendo nello specifico solo quelle più razionali per ostacolare i processi del cambiamento sociale. il modello razionale-sperimentale affronta il problema con la logica, la razionalità, inserendo e padroneggiando le diverse variabili sociali, quindi quelle variabili che dipendono dalla società, per sperimentare le alternative al problema educativo. Il modello partecipativo consiste nella costruzione di bene comune, un insieme di individui e fattori, che porta alla costruzione di un lavoro educativo che è sempre più complesso. La progettazione richiede la presenza di tutte le modalità di lavoro, di questi sguardi, oltre ad un impianto metodologico solido per osservare i fenomeni sociali e educativi, per costruire percorsi di sviluppo e di trasformazione delle persone, di gruppi e delle comunità, per visualizzare nuovi scenari a partire dalle diversità culturali e guidare le transizioni e i cambiamenti socioculturali. 1.3 La relazione tra educativo e sociale nella progettazione Non esiste intervento educativo che non abbia una valenza e una ricaduta sociale e non esiste lavoro sociale che non abbia un effetto sul piano educativo. Qualsiasi progetto educativo individuale si costruisce all’interno della relazione individuo-società e qualsiasi progetto sociale coinvolge sempre l’individuo e osserva il suo percorso di autonomia, di sviluppo, di auto-determinazione. Non è infatti un caso che i servizi siano stati da sempre denominati socio-educativi: proprio in funzione di questa stretta relazione tra l’educativo e il sociale come gli asili nido e delle comunità alloggio, il lavoro degli operatori ha dimostrato non solo la necessità di una stretta integrazione degli interventi socio-educativi, ma l’indissolubilità di queste azioni. 1 In funzione di questo e della crescente sensibilizzazione per alcuni temi di natura sociale e educativa si è sviluppato un importante dibattito culturale e scientifico sugli strumenti di lavoro degli operatori in ambito sociale e socio-sanitario e educativo-formativo che ha permesso di costatare la necessità di uno sguardo integrato e multi-determinato dei fenomeni educativi sociali. 1.4 Progettazione e competenze progettuali Nel corso degli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad un progressivo sviluppo della riflessione sulla competenza progettuale in ambito sociale e educativo-formativo. Cambi in relazione alle professionalità educative affermano che esse sono entrate in una nuova dimensione nella quale devono abituarsi e assimilare i nuovi principi ovvero la problematicità, l’incompiutezza, l’interpretazione e la tensionalità. Queste stesse considerazioni possono essere applicate alle professionalità che lavorano nei contesti socio-culturali e che sono chiamate a confrontarsi con la complessità che rende limitato ogni ambito disciplinare e ogni ruolo di fronte alla diversità e molteplicità dei fenomeni educativi formativi e socio-culturali. La competenza progettuale in ambito sociale e educativo-formativo si è sviluppata in relazione all’evoluzione dei servizi sociali, educativi e di istruzione e formazione che hanno coinvolto i cambiamenti nell’ambito del sistema di welfare e delle politiche sociali. Il lavoro sociale e educativo richiama un insieme di competenze in grado di produrre valore sociale e educativo all’interno dei diversi sistemi sociali e di gestirne la complessità: dalla progettazione di itinerari di miglioramento e di benessere sociale per la collettività e per gli individui e/o come elaborazione di esperienze di separazione o traumatiche e di ripresa di percorsi interrotti, alla loro realizzazione, monitoraggio e valutazione sociale e educativa. Bisogna considerare che la competenza progettuale si presenta come un concetto multi-determinato, globale e contestuale che si sviluppa in una dimensione processuale legata all’esperienza e alla maturazione professionale: multi-determinato perché è composto e influenzato da molteplici fattori soggettivi e sociali globale perché è formato da sistemi ed elementi diversi contestuale perché è inserito in un ambiente socio-culturale in un tempo storico definito. Riprendendo la celebre frase di Lewin “il tutto è più della somma delle sue parti”, il progetto, inteso come risultato finale della progettazione, rappresenta il tutto e quindi qualcosa di diverso dalla somma delle singole parti. Lo sforzo progettuale di definire in modo accurato i singoli elementi non permette di descrivere il passaggio dinamico tra questi e il progetto complessivo. Non basta individuare gli elementi della progettazione per capire e controllare il progetto. La proposta di Lewin sul comportamento umano è un utile modello per l’osservazione della competenza progettuale e della progettazione. È possibile concludere il paragone riprendendo i punti concettuali della teoria di Lewin applicandoli al progetto e di conseguenza alle competenze progettuali. In questa prospettiva possiamo definire che: 1. il progetto come totalità è diverso dalla somma delle parti che lo compongono, ed è inoltre il risultato di processi dinamici complessi sul piano socio-culturale 2. nella progettazione il campo è rappresentato dal contesto in cui si sviluppano l’azione della progettazione e il progetto 3. i soggetti che partecipano alla progettazione, come attori o destinatari, sono nel contesto e non al di fuori 4. il comportamento individuale di gruppo, oggetto del progetto, è una funzione della relazione tra le persone e l'ambiente 5. il progetto ha l'obiettivo di realizzare altri processi di equilibrio tra persone e ambiente lavorando sulla relazione discontinuità-continuità che determina il cambiamento 6. l'interdipendenza tra le parti di un progetto modifica gli equilibri soggettivi e collettivi che producono un cambiamento e una trasformazione sul piano sociale e/o educativo-formativo. 1.5 La competenza professionale in ambito socio-educativo-formativo A questo punto possiamo iniziare a delineare la competenza progettuale in ambito socio-educativo-formativo. Nel caso della progettazione in ambito sociale ed educativo dobbiamo tenere presente che la competenza non si presenta esclusivamente come competenza individuale: infatti, è un costrutto che non è riferito soltanto al singolo operatore, ma anche alla struttura, al servizio… in questo senso la competenza progettuale rappresenta la performance finale di un operatore, di un gruppo, di un'organizzazione che consente, quindi, anche la valutazione delle competenze professionali dell'operatore e del servizio. 2 La competenza progettuale è il nucleo centrale di molti ruoli professionali del lavoro socio educativo: dai coordinatori pedagogici e sociali, ai pedagogisti, assistenti sociali, educatori professionali, insegnanti e formatori. Il primo livello di analisi riguarda la struttura della competenza come costrutto separato da quello di capacità. La competenza, infatti, è il risultato dell'interazione delle conoscenze, attitudini, capacità, valori e principi, motivazioni ed esperienze vissute. La capacità invece rappresenta un'abilità specifica nella sua applicazione ad un contesto specifico. Quindi, la capacità di progettare è qualcosa di diverso dalla competenza progettuale poiché la prima è legata all'abilità che una persona ha appreso e rappresenta la padronanza nell'esecuzione formale di un compito. La seconda invece definisce la potenziale applicazione in ogni contesto ed è estremamente legata alla motivazione di agire. Ad esempio: Uno studente potrebbe avere appreso la capacità di ascolto nella relazione cliente-operatore ed essere in grado di esercitarla in ambito scolastico, ma non essere in grado di realizzarla in ogni situazione, di trasferirla da un contesto professionale all'altro. Quando l'abilità è ancora legata a un contesto specifico si parla di capacità, quando è un elemento assimilato nel comportamento complessivo della persona è trasferibile nei diversi contesti di vita e di lavoro, di competenza. La competenza progettuale è stata individuata da molti autori come la competenza fondante dell'agire educativo e sociale. Partendo da queste riflessioni possiamo iniziare ad individuare i fattori che la compongono e in particolare quell'insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti necessari per svolgere un compito; ma anche la relazione con il sistema di credenze e con la motivazione che attiva la volontà di impegnarsi in un lavoro educativo e sociale. Diventa essenziale quindi definire quali sono le aree della competenza progettuale: l'area del sapere che comprende i modelli di riferimento sull'osservazione e interpretazione di fenomeni sociali complessi. La competenza progettuale è riferita alla conoscenza di questi aspetti e ha la possibilità di applicarli nel lavoro progettuale come capacità di lettura di fenomeni, di stabilire connessione, di valutare le differenze l'area dei valori definita anche come sistema dei valori e delle credenze: rappresenta le convinzioni profonde e riferimenti culturali legati all'atto del progettare che guidano la progettazione l'area del saper fare definita anche come il sistema delle capacità e abilità: indica l'insieme delle abilità di progettazione di un operatore l'area della volontà ha definita sistema motivazionale: descrive la volontà/desiderio dell'operatore di impegnarsi in quel contesto e in quel progetto. Si può portare l'esempio di un operatore che, pur avendo ottime capacità progettuali, non è motivato a lavorare nell’area minori, perché più coinvolto nel lavoro con adulti l'area dell'esperienze rappresenta l'insieme delle esperienze relazionali, socio culturali che hanno determinato la storia e l'essere nel qui ed ora dell'operatore. Le esperienze vissute formano l'operatore e consolidano, solidificano le competenze all'interno di processi di riflessività che collegano vita personale e mondo del lavoro professionale. Le competenze progettuali agiscono in modo simultaneo nell'atto del progettare. 1.6 Le dimensioni progettuali del lavoro sociale e educativo La prospettiva educativa e quella sociale sono due aree progettuali richiedono stretta integrazione: l'area educativa progetta e guida processi di promozione e cambiamento delle persone nel loro cammino di sviluppo e crescita, nelle situazioni di transizioni della vita o di disagio e di elaborazione del trauma in una logica di cambiamento l'area sociale si riferisce a tutte le esperienze in ambito sociale volta a cambiare la posizione del soggetto nel gruppo di riferimento, a realizzare quello che Brofenbrenner definisce una transizione ecologica. Brofenbrenner fonda il modello ecologico dello sviluppo attraverso cui amplia la definizione di contesto e l’importanza di questo nello sviluppo umano: definisce che lo sviluppo è sempre inserito in un contesto che lo influenza e che a sua volta viene influenzato e che è composto da una serie di cerchi concentrici legati tra di loro (microsistema, mesosistema, esosistema e macrosistema). Fino ad oggi queste aree sono state spesso considerate in modo separato, dando luogo a modelli di progettazione distinti per l'area educativa-formativa e sociale. La tesi principale che sostiene la modellizzazione sopra la proposta, invece, è che il lavoro sociale è sempre un'azione educativa e che il lavoro educativo comprende sempre un'azione sociale. In questa prospettiva la progettazione socio-educativa interseca quattro dimensioni che costituiscono il modello multidimensionale: 3 la dimensione educativa-formativa osserva, monitora e definisce tutti i progetti legati alla crescita e alla formazione della persona nei diversi momenti del ciclo di vita. E l'aria progettuale della definizione dello sviluppo del progetto di vita e del prendersi cura di sé e degli altri, dei processi di cambiamenti evolutivi, pianificati e desiderati. Si definisce quindi come azione centrale delle politiche di welfare. Nello specifico, la dimensione formativa osserva orienta anche i processi di apprendimento in relazione ad altre due diverse situazioni formative: - la prima riguarda i percorsi di apprendimento nelle sue diverse esperienze di apprendimento formale – scuola, università - (riguarda il processo che si realizza nei contesti formali dell'istruzione e della formazione, e che porta di norma ad una certificazione formale), informale – famiglia, sport, associazioni - (riguardo i processi di apprendimento che si sviluppano in modo non intenzionale perché caratterizzati da un apprendimento indiretto legato alle esperienze che si sviluppano nelle interazioni sociali) e non formale - (riguarda l'apprendimento intenzionale nei contesti informativi fuori dai sistemi di istruzione e potrebbe non portare ad una certificazione riconosciuta) - la seconda è relativa alla transizione nel ciclo di vita della persona come percorsi di formazione per adolescenti e genitori, e ai percorsi legati al ruolo sociale come percorsi per il tutore. la dimensione relazionale presidia i processi di comunicazione, collaborazione e negoziazione alla base del lavoro progettuale tra operatore e utente nella fase di definizione e condivisione degli obiettivi e tra diversi professionisti che partecipano al processo di lavoro, sviluppando modelli di relazione efficaci per la gestione e verifica dei progetti. la dimensione sociale orientata alla gestione delle istanze e dinamiche sociali di ogni lavoro educativo e sociale che visualizza le interdipendenze soggetto-ambiente. la dimensione culturale si sviluppa nel confronto della diversità che dà luogo ad itinerari socio culturali polisemica che allargano lo spazio di confronto socio culturale. In ogni progettazione si incontrano il sociale, l'evocativo e il culturale come piani diversi del processo di educazione che si estrinseca nella progettualità. Oggi l'educare nei contesti socio educativi richiede uno sguardo ad apprendimenti socio culturali inclusivi capaci di integrare storie, esperienze e linguaggi culturali diversi e di riconoscere il valore dell'alterità. Le persone sono consapevoli della propria appartenenza culturale e della specificità della propria cultura nel momento dell'incontro con il diverso. Per questo la progettazione coinvolge sempre una dimensione culturale: ogni progetto è sempre un incontro con l'altro nel suo essere e divenire, nelle sue appartenenze, forme e manifestazioni. La progettazione diventa così un percorso dinamico multidimensionale che integra la prospettiva sociale e educativa e che lavora sulle interdipendenze di percorsi educativi-formativi e socio-culturali. Gli operatori socio educativi sono chiamati a lavorare in questa direzione mettendo a disposizione le proprie competenze progettuali per visualizzare, pianificare, realizzare e co-costruire i progetti di cambiamento individuale e collettivi, in una logica di partecipazione di sviluppo di comunità. CAPITOLO 2 – LA PROGETTAZIONE NELL’EVOLUZIONE DEI SERVIZI SOCIALI, EDUCATIVI E SOCIO-SANITARI Cos’è il Welfare State? È un complesso di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene, in un’economia di mercato, per garantire l’assistenza e il benessere dei cittadini, modificando in modo deliberato e regolamentato la distribuzione dei redditi generata dalle forze del mercato stesso. Il welfare comprende pertanto il complesso di politiche pubbliche dirette a migliorare le condizioni di vita dei cittadini. L’espressione («Stato del benessere»), entrata nell’uso in Gran Bretagna negli anni della Seconda guerra mondiale, è tradotta di solito in italiano come Stato assistenziale (che ha però sfumatura negativa) o Stato sociale. Secondo A. Briggs, gli obiettivi perseguiti dal welfare sono fondamentalmente tre: assicurare un tenore di vita minimo a tutti i cittadini; dare sicurezza agli individui e alle famiglie in presenza di eventi naturali ed economici sfavorevoli di vario genere; consentire a tutti i cittadini di usufruire di alcuni servizi fondamentali, quali l’istruzione e la sanità. In senso ampio, sistema imperniato sulla libertà del mercato, in cui lo Stato si limita a garantire con norme giuridiche la libertà economica e a provvedere soltanto ai bisogni della collettività che non possono essere soddisfatti per iniziativa dei singoli (in tal senso è detto anche liberalismo o individualismo economico). Gli economisti neoliberisti, come gli austriaci F.A. von Hayek e L. von Mises e il francese J.-L. Rueff, insistono sugli inconvenienti pratici dell’intervento dello Stato, ritenuto spesso inefficace, sempre tardivo. 4 2.1 Welfare e progettazione socio-educativa Il welfare state nasce come risposta ai bisogni primari di sussistenza della persona nella metà del 1800 quando il problema della salute pubblica e della tutela della persona divenne un'area di attenzione delle politiche degli Stati europei. È in questo periodo che si sviluppano le prime iniziative di beneficenza pubblica e successivamente di previdenza sociale. Nel 1942, con la pubblicazione del rapporto parlamentare britannico sulla protezione sociale redatto da Lord Beveridge, si strutturano i primi riferimenti allo Stato Sociale. L'autore, considerato il padre del welfare state, presenta il primo piano di protezione sociale rivolto alle persone nella loro quotidianità. Nello stesso documento Lord Beveridge approfondisce il tema delle politiche sociali e individua il punto di partenza da cui si sviluppano tutti gli interventi che oggi definiamo sociali, educativi-formativi e socio sanitari: un programma nazionale volto a rispondere ai bisogni e problemi sociali delle persone. Nel documento sono contenuti alcuni principi che rappresentano le basi della concezione su cui si sono sviluppati successivi modelli di welfare state nei diversi paesi europei: la definizione di una soglia di sussistenza, un livello minimo di benessere che sancisce un modello redistributivo del reddito e della ricchezza tra le generazioni e le classi sociali. Il principio introdotto è quello dell'universalismo e delle prestazioni che ha alla base i valori di solidarietà della collettività nelle politiche sociali. Si consolida nel periodo tra le due guerre, conosce una notevole espansione fino agli anni Settanta. Entra in crisi negli anni Ottanta e subisce diverse riforme a partire dagli anni Novanta. Il welfare state è un concetto che può essere analizzato secondo tre diverse direttrici che analizzano in modo diverso dalla relazione tra i bisogni delle persone e della collettività e lo stato: Il modello residuale à lo stato interviene solo quando il soggetto (e la sua rete di riferimento) non riescono a fare fronte ai bisogni; non riescono quindi a mettere in campo le risorse e le azioni per far fronte in modo autonomo ha la soddisfazione dei bisogni sociali e di salute. Il modello istituzionale à adotta una prospettiva opposta; le azioni di welfare hanno come obiettivo quello di regolare e ridistribuire le risorse in funzione dell'uguaglianza sociale. Gli interventi progettati sono quindi di ordine universalistico perché devono dare una risposta indifferenziata e universale ai bisogni individuali. Il modello aziendale-meritocratico à si struttura in un programma di welfare che considera i servizi erogati come un benefit in funzione ai livelli e ai risultati lavorativi (benefit in cambio di lavoro) Nel ventesimo secolo in Italia abbiamo assistito alla trasformazione del welfare da una situazione in cui lo stato garantiva l'erogazione universale dei servizi a una successiva fase in cui ha delegato la gestione ed erogazione dei servizi al terzo settore. I motivi che hanno determinato questa trasformazione sono la profonda crisi delle risorse economiche che ha coinvolto l'Europa tra gli anni 80 e 90 le trasformazioni demografiche della popolazione (aumento dell'età di vita, calo della natalità, diminuzione del rapporto delle persone attive e non attive). E ancora la presenza di nuovi bisogni sociali e sanitari legati a emergenti fenomeni sociali come l'immigrazione, le dipendenze, le nuove organizzazioni familiari. In sintesi, la crisi del welfare è dipesa dallo squilibrio tra i bisogni storici socio assistenziali e quelli emergenti e le risorse che regolavano la domanda e l'offerta delle prestazioni e dei servizi. La complessità del sistema di welfare basato sulla distribuzione di servizi e l'impossibilità di garantire a tutti gli stessi diritti ha avviato un processo di rivisitazione verso nuove forme di intervento sociale. In questa prospettiva un elemento determinante è stata l'emersione del privato sociale (indica tutte quelle sfere associative di società civile che operano in modo autonomo, con gestione privata, per finalità prosociali ovvero altruistiche) che ha portato alla sperimentazione su larga scala di interventi misti di politica sociale. Questo modello ha preso il nome di welfare mix: partecipazione e integrazione gestionale tra enti pubblici e terzo settore nella progettazione e realizzazione di servizi socioeducativi. Il welfare mix contiene sia componenti di accesso universale ai servizi (es. il sistema sanitario), gestite direttamente dallo Stato, sia la delega ad attori privati (es. associazioni, cooperative, enti, ecc.), con cui i servizi statali interagiscono. Cos’è l’accrescimento del capitale sociale? à è l’insieme di aspetti della vita sociale, quali le reti relazionali, le norme e la fiducia reciproca, che consentono ai membri di una comunità di agire assieme in modo più efficace nel raggiungimento di obiettivi condivisi, come chiarito, per primo, da R. Putnam. Ma anche l’insieme dei valori e delle credenze condivise da una comunità che aiutano i suoi membri a superare problemi di free riding (chi usufruisce di un bene pubblico senza pagare alcun prezzo per esso. Dal momento che un bene pubblico ‘goduto’ da un individuo può essere utilizzato contemporaneamente anche da altri, senza bisogno di manifestare alcuna espressa preferenza per esso tramite il pagamento del prezzo corrispondente, ne consegue il fallimento del meccanismo di mercato nel caso di offerta di beni pubblici. Letteralmente, il f. è, per es., colui 5 che utilizza i mezzi di trasporto pubblico urbani senza obliterare il biglietto: egli può disporre del servizio, poiché la circolazione dei mezzi di trasporto è garantita in ogni caso per soddisfare le esigenze di coloro che, pagando, dimostrano di desiderarla) nel perseguimento di attività utili per il complesso della comunità. Le reti di relazione sono secondo Bordieu il prodotto di precise strategie di investimento, individuali o collettive, consapevolmente o inconsapevolmente finalizzate a fondare o riprodurre relazioni sociali che sono direttamente spendibili a breve o a lungo termine, ad esempio, nel trasformare relazioni contingenti, come quelle di vicinato, di lavoro o anche di parentela. Nello stesso periodo del welfare state, si sono sviluppate nuove prospettive di intervento sociale, basate sul concetto di accrescimento del capitale sociale attraverso il coinvolgimento attivo del soggetto destinatario di interventi di sostegno. Si sono avviate anche sperimentazioni con nuovi modi di organizzare e gestire i servizi attraverso modelli di intervento sociali basati sulla responsabilizzazione delle persone che ricevono una prestazione o un servizio. Questi progetti hanno favorito la riflessione su due importanti concetti: da un lato il welfare come un'azione di investimento sociale e dall'altro di generazione di processi di sviluppo di comunità, basati sulla possibilità di dare vita ad azioni sociali per la comunità, interventi a favore della collettività. I concetti di azioni di investimento sociale e di generazione trovano la loro collocazione all'interno di: welfare community à lavora sulla rete locale delle risorse sviluppando progetti di co-partecipazione volti al benessere collettivo che coinvolgono il pubblico e no profit (volontariato) welfare generativo à ha una visione del sociale basato sulla generazione di valore sociale da parte delle stesse persone che hanno ricevuto precedentemente una prestazione o un servizio (gruppi di aiuto, reti di genitori…). L'idea sulla distribuzione di servizi e risorse viene superata insieme a quella di costo gestionale che si trasforma in ambito sociale in un investimento socio economico per la comunità. Lo sviluppo di un sistema di welfare non più basato su una concezione assistenziale amplia le potenzialità della progettazione su tutti gli interventi di comunità: da quelli educativi a quelli formativi di sostegno sociale (superamento del welfare assistenziale o welfare state). In questo scenario la progettazione socio-educativa diventa lo strumento per definire i processi di cambiamento macro e micro per i diversi soggetti. Osserva e definisce un'offerta di servizi in grado di rispondere e sostenere i bisogni della popolazione: dai progetti sui servizi per minori, per l'infanzia, a quelli per gli adolescenti, i giovani, per le persone diversamente abili e per gli anziani. A differenza del passato essa diventa lo strumento professionale dotato di modelli teorici di riferimento, di strumenti e di linguaggi in grado di sviluppare nuovi modelli di programmazione e gestione del lavoro sociale e educativo (cap. 3). Evoluzione concettuale à per fare il punto della situazione il welfare è: investimento e non costo generativo, dalla comunità a favore della collettività condiviso, il cittadino è utente e distributore 2.2 Il Terzo settore e le politiche europee di programmazione comunitaria Cos’è il terzo settore? La locuzione Third Sector fu coniata negli Stati Uniti da Etzioni (1973), secondo il quale le organizzazioni comprese nella definizione uniscono l’orientamento alla produzione di beni pubblici con lo spirito imprenditoriale. Possiamo definire il terzo settore come l’insieme dei soggetti di natura privata che perseguono attività civiche, solidaristiche e di utilità sociale senza scopo di lucro. Il terzo settore viene normalmente definito per esclusione, ovvero per definire tutte le organizzazioni, enti e associazioni che non appartengono al primo e al secondo settore. Il termine è apparso in Europa nella seconda metà degli anni Settanta del Novecento ed è entrato nell’uso comune in Italia negli anni Ottanta. Terzo settore e le politiche europee à il Terzo settore lavora per la costruzione di reti territoriali, sviluppo del benessere sociale e salute. Parallelamente l'attivazione della comunità locale, nella gestione del welfare state e la sperimentazione di un welfare mix e poi di un welfare community, ha aperto il campo a esperienze di volontariato sociale di partecipazione del privato sociale nella gestione del territorio e ha stimolato un'importante rivisitazione normativa, per consentire la gestione integrata dei servizi: dalla legge n. 266/1991 con la quale si è riconosciuta la funzione sociale del volontariato, alla legge n. 381/1991 e alla legge n. 383/2000 con cui è stata avviata la regolamentazione delle cooperative e delle associazioni di promozione sociale. È il momento del pluralismo organizzativo che ha avviato i processi di integrazione nella gestione dei servizi sociali 6 della pubblica e privato, stimolando la co-costruzione direi territoriali per lo sviluppo del benessere sociale e di salute. Nello stesso tempo gli interventi di sistema a livello comunitario, nazionale ed europeo, hanno contribuito, da un lato, alla circolazione di modelli di progettazione predefiniti, dall'altra la diffusione di una modalità di lavoro basata sulla cultura della progettazione, facilitando il confronto su iniziative proposte e la valutazione dei progetti stessi. Modello della progettazione basato sui diversi livelli geografici dal territorio locale, alla regione, allo stato, all'unione europea è diventata una pratica nello sviluppo delle reti progettuali che partono dal livello territoriale più vicino ai cittadini dove si manifesta il bisogno, sino a estendersi a cerchi concentrici a livello più ampio coinvolgendo tutti i settori della comunità. Il territorio à Per definizione, un territorio è un concetto geografico che indica la porzione di terreno abbastanza estesa. Tuttavia, quando parliamo di territorio spesso riferiamo ad un concetto più ampio della definizione geografica, ad esempio: un territorio non è un quadro di riferimento o un livello in cui si svolge la pianificazione spaziale, situato da qualche parte tra il comune e lo Stato, senza un'evidente rilevanza amministrativa, in cui le politiche sono implementate con un approccio dall'alto verso il basso. Un territorio è, piuttosto, una costruzione sociale con cui le persone si identificano. Infatti, le definizioni di «rete territoriale» non si limitano a definire le relazioni tra connessioni fisiche (es. trasporti), ma riferiscono a modelli di relazione, di tipo politico, economico, sociale e culturale localizzati. 2.3 La legge 328/2000 e l’integrazione dei servizi socio-sanitari Fino agli anni Settanta à l'assunto culturale che aveva guidato l'organizzazione dei servizi sociali, educativi e sanitari sino agli anni 70 individuava la soluzione metodologica più appropriata nella suddivisione per competenza, per area geografica, per problema e per contesto. I problemi sociali educativi erano valutati e gestiti secondo una visione assistenziale e sanitaria, legate ai concetti di beneficenza e di sanità pubblica, presupposti dai principi del welfare assistenziale. Gli interventi assistenziali si sviluppavano all'interno di strutture residenziali e semi-residenziali attraverso i compiti organizzativi standardizzati. Non esisteva la progettazione, ma protocolli di attività che venivano ripetute nel tempo e che hanno trovato la loro massima realizzazione nelle istituzioni totali. Anni Settanta/fine XX secolo à negli anni 60 e 70 iniziarono a prendere forma i grandi temi dei diritti dell'uomo, dell'umanizzazione delle strutture, della relatività del concetto di normalità, che portarono ad una rivoluzione nell'ambito degli interventi sulla salute mentale, sui minori e sulla disabilità. Il più grande risultato socio culturale di questo importante dibattito fu l'approvazione di leggi che abolirono le istituzioni totali: dalla legge Basaglia del 1970 che sancì la chiusura dei manicomi e avvio l'istituzione dei servizi territoriali per la gestione della salute mentale, alla legge 149/2001 con la chiusura degli istituti per minori. Nello stesso tempo le condizioni sociali dei territori ci sono trasformate e sono emersi nuovi problemi sociali come la tossicodipendenza, la devianza giovanile, le dipendenze alimentari e del gioco. È sorta anche la necessità di servizi educativi durante il tempo lavoro dei genitori che richiedevano uno sforzo progettuale in ambito educativo, sociale esso socio sanitario. XX secolo à L'ultimo ventennio del XX secolo è stato caratterizzato da un'importante lavoro sociale ed educativo radicato nei territori che ha portato a definire numerose innovazioni su questi settori: in particolare, con la conclusione del processo di trasferimento dallo Stato alle regioni delle funzioni assistenziali e sanitarie (DPR 616/1977), si è dato il via a una sperimentazione di percorsi interventi che ha ripreso i modelli di attivazione analisi dei bisogni della popolazione in ogni realtà territoriale (gestione condivisa del bene comune; centralità del territorio; universalità nell’offerta dei servizi). Il concetto dell'integrazione socio-sanitaria e socio-educativa inizia a farsi strada insieme alla consapevolezza dell'importanza che un approccio di questo tipo ha sui risultati del lavoro sociale ed educativo in termini di maggior qualità della vita e della salute, di equilibrio dinamico di fattori bio-socio-psico-culturali. La legge 833/1978 che ha istituito il servizio sanitario nazionale ha posto i principi della prevenzione, della lotta all'emarginazione e dell'integrazione dei servizi sociali e sanitari come fondamenti delle modalità di lavoro degli operatori socio-sanitari-educativi e degli interventi volti a rispondere ai bisogni di salute e di benessere sociale delle persone e delle comunità. Su queste basi matura la consapevolezza della necessità di integrazione socio-sanitaria definito dalla legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali n.328/2000. La normativa mette a punto il modello dell'integrazione dei servizi socio-sanitari, valorizzando, da un lato, il principio di territorialità su cui si sviluppa l'intervento sociale ed educativo e, dall'altro, la necessità di una progettazione integrata e dei servizi socio-sanitari-educativi. 7 In particolare, l’art. 22 al comma 1 recita che: il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse, impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte. Con tale affermazione si è aperta la strada alla progettazione sociale educativa e socio sanitaria come strumento di eccellenza nel lavoro socio educativo. La visione che ha sostenuto la legge quadro è quella di un modello integrato degli interventi finalizzato a coordinare il livello educativo, sociale e sanitaria attraverso azioni di rete che mettono in circolo risorse, competenze, prassi di intervento e che richiamano i valori e finalità trasformative del lavoro socio educativo (superamento della frammentazione degli interventi per costruire una risposta professionale integrata). 2.4 La progettazione socio-educativa come strumento di sviluppo e promozione di comunità La progettazione socio educativa in questo contesto diventa la metodologia per condividere la cornice di riferimento entro cui sviluppare un progetto di comunità. È un processo dinamico, aperto alla realtà che esplora le diverse possibilità del vivere in gruppo e in comunità e che sostiene la persona nel suo divenire. Nello stesso tempo, in ambito socio culturale, lavora sull’intersezione tra individuo e gruppo, tra singolare e universale, superando il livello progettuale del qui ed ora per diventare un bene comune. In questa logica la progettazione ha una funzione: Osservativa: perché osserva e interpreta la realtà sociale nei diversi Stati della vita di comunità Dichiarativa: perché esplicita e rende pubblica l'intenzionalità progettuale permettendo a tutti i soggetti coinvolti di avere chiaro il campo su cui stanno lavorando e di conseguenza i confini del loro “stare in quella situazione” Connettiva: perché coinvolge sistemi diversi della società che nel lavoro sociale ed educativo devono essere tra loro strettamente integrati Aumentativa: perché lavora su livelli diversi di bisogno socio-educativi-culturali promuovendo azioni di sistema che sviluppano il senso di comunità e di empowerment (potenziamento, la conquista della consapevolezza di sé e del controllo sulle proprie scelte, decisioni e azioni, sia nell'ambito delle relazioni personali sia in quello della vita politica e sociale.) Metodologica: perché comprende un assetto metodologico in grado di raccogliere durante la fase di intervento informazioni sul processo di sviluppo del progetto Integrativa: perché coinvolge i profili professionali diversi che appartengono anche a settori e servizi diversi, sviluppando percorsi di lavoro di gruppo Inter e intra nella progettazione di comunità, di gruppo o sulla persona evitando la frammentazione e parcellizzazione degli interventi Trasformativa: perché trasforma in patrimonio culturale e in un bene comune risultati di un progetto che avviene quando un progetto ha un impatto sociale sulla vita delle persone, dei gruppi e delle comunità, restituendo valore sociale per la comunità. Partecipativa: perché agisce sulla relazione progettista-soggetto beneficiario del lavoro sociale ed educativo per attivare processi di condivisione degli obiettivi, stimolando i processi di autodeterminazione e sviluppo di sé. Valutativa: perché permette di presidiare i risultati della progettazione sia nelle singole fasi, sia negli esiti finali del progetto. In particolare, è in grado di presidiare costantemente la direzione del progetto rilevando gli effetti non voluti o perversi che peggiorano il problema. 2.5 Culture, valori e principi della progettazione L'integrazione del lavoro sociale ed educativo nell'ambito della progettazione di percorsi, attività e servizi chiama in causa una serie di principi e valori che dovrebbero guidare il lavoro degli operatori del sociale e degli educatori nei confronti dell'utenza, del gruppo di lavoro che partecipa alla progettazione del processo stesso progettazione. Alcuni di questi sono legati alla visione della relazione operatore-cliente, altri alla progettazione stessa. Riguardo alla relazione operatore-cliente i valori che dovrebbero guidare i processi di progettazione sono: 1. Il rispetto come principio e la base delle relazioni interpersonali e sociali. Secondo Rogers il rispetto passa dal riconoscimento della libertà e dignità della persona con cui l'operatore si interfaccia e ribadisce l'importanza verso i processi di autodeterminazione. 2. Tensione tra essere neutrali ed essere testimoni nella relazione operatore-cliente/destinatario: la prima sottolinea l'importanza di un comportamento non valutativo di ascolto e di comunicazione: la 8 seconda mette in guardia dalla retorica della neutralità, che dietro a istanze di distanza, invece condiziona e dirige. L'equilibrio di queste due dimensioni si basa sul lavoro di sostegno sociale o educativo che stimola la comprensione di eventi, anche traumatici, e i processi di autodeterminazione. 3. L'ascolto non valutativo rappresenta l'atteggiamento dell'operatore di ascolto senza mettere in campo i propri modelli di interpretazione della realtà. L'ascolto non valutativo non implica l'assenza di valutazione tecnica dell'operatore, ma un atteggiamento di ascolto senza i pregiudizi e gli stereotipi dei modelli culturali dell'ascoltare. 4. La partecipazione come processo di condivisione degli obiettivi nella situazione di intervento socio- educativo permette al soggetto di sentirsi accompagnato, ma non costretto al cambiamento, di essere libero di determinarsi nei confronti del professionista, di poter spendere le proprie risorse in un progetto condiviso. 5. L'empowerment delle persone, dei gruppi e delle comunità come modello di lavoro che punta allo sviluppo delle risorse delle persone e individua i vincoli come elementi per promuovere il percorso di vita dei soggetti. Rispetto al processo di progettazione: 1. la ricerca come atteggiamento di conoscenza del mondo e dell'altro che apre all'esplorazione della diversità e del plurale; 2. la flessibilità come atteggiamento propedeutico a intercettare i cambiamenti di contesto, dei bisogni della popolazione e quindi di valutazione della coerenza interna del progetto; 3. l'efficacia come criterio di valutazione del progetto e come orientamento verso il raggiungimento sostanziale dell'obiettivo; 4. l'efficienza come criterio di valutazione dell'equilibrio tra le risorse assegnate in termini di tempo, materiali, economiche e strutturali e gli obiettivi da raggiungere e i risultati perseguiti, 5. la responsabilità condivisa all'interno del gruppo di lavoro nella consapevolezza che nel lavoro socio- educativo la responsabilità è diffusa nel gruppo di progetto e che richiede la piena partecipazione al lavoro in termini di contribuzione con le proprie conoscenze e competenze; 6. l'integrazione professionale e organizzativa come processo di base di ogni lavoro di gruppo che coinvolge professionalità diverse e che richiede il confronto su modelli teorici disciplinari e intervento differenti. Questi valori trovano il loro opposto nel modello auto-centrato della progettazione che, anziché concentrarsi sul punto di vista dell'altro, della sua storia e dei suoi bisogni esalta il rispetto dei confini del ruolo professionale, delle procedure, del rispetto delle leggi e regolamenti. Affrontare un lavoro di progettazione comporta quindi sempre un'attenzione etica ai principi che ispirano il lavoro sociale e educativo di cui il più importante è l'attenzione per l'Altro e il suo punto di vista che presuppone un atteggiamento attento a tutto ciò che non rientra nello sguardo e nella prospettiva dell'osservatore- operatore. L'altro, nella progettazione, diventa il punto di inquadramento ignoto che l'educatore e l'assistente sociale possono comprendere soltanto con un atteggiamento di ricerca volto a raccogliere e comprendere l'esperienza di ciò che non è noto con un approccio etico di sensibilità relazionale. CAPITOLO 3 – MODELLI E APPROCCI PER LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA, SOCIALE E FORMATIVA Progettazione: una definizione Una azione composta da una serie di attività per il raggiungimento di obiettivi specifici in un periodo di tempo definito e con risorse date. In ambito socio-educativo La progettazione è il processo che guida e accompagna i percorsi di trasformazione e cambiamento individuale, di gruppo, della comunità. 3.1 Approcci lineari e circolari nella progettazione educativa e sociale La professionalità degli operatori socio-educativi si fonda su un sapere complesso e interdisciplinare che ha selezionato in modo minuzioso i modelli teorici e metodologici che guidano il lavoro sociale e educativo. Demetrio sottolinea l’importanza della chiarezza epistemologica nel lavoro sociale e educativo e individua la necessità di rintracciare linguaggi e approcci che rafforzino l’identità professionale e le aree di competenza. Uno dei capi più importanti è quello che riguarda gli approcci della progettazione che si sono sviluppati: da un lato, verso modelli logico-lineari, basati sui principi della razionalità assoluta, ordinata e classificatoria. 9 dall’altro, verso modelli circolari in grado di integrare prospettive diverse, di creare ponti interdisciplinari, di condividere linguaggi e modelli interpretativi diversi. Nello specifico: la prospettiva logico-razionale à osserva gli elementi e le fasi di una progettazione all’interno di un modello in grado di analizzare i problemi in una modalità oggettiva e razionale. la prospettiva circolare à visualizza la complessità del sociale e dell’educativo spostando l’attenzione dalla descrizione dei problemi all’analisi dei fenomeni e processi che li formano e dell’interazione dei diversi sistemi che determinano un percorso di sviluppo e promozione del benessere o che mantengono e/o esaltano il disagio e le difficoltà. Nella storia della progettazione la dialettica tra oggettività e soggettività, linearità e circolarità ha attraversato i concetti di: razionalità assoluta à processo di analisi della realtà oggettiva e in grado di ordinare, classificare, scomporre, analizzare i fenomeni e i dati in azioni definite, replicabili e standardizzabili; razionalità limitata à espressione del pensiero critico, che prende atto dei limiti cognitivi dell’uomo nei processi di elaborazione delle informazioni e di decisione; razionalità plurima à risultato di un pensiero simbolico-costruzionista che considera il punto di vista dei soggetti e della loro influenza in qualsiasi attività di analisi e di elaborazione progettuale. Costruttivismo: vede la conoscenza come il risultato di un processo di costruzione da parte della persona che è il protagonista attivo nell’interazione con l’ambiente. Ciascuna prospettiva ha incrociato alcuni “miti” progettuali: il mito dell’analisi (in quella lineare) à controllo e possibilità di pianificare i processi sociali e predeterminare i risultati con efficienza e razionalità il mito della relatività (in quella circolare) à dipendenza dal caso, dell’impossibilità di controllare i fenomeni in relazione alla percezione della difficoltà di individuare e gestire le relazioni, le interdipendenze e i feed-back. Razionalità assoluta, ordinata e classificatoria >>> approccio oggettivo e razionale >>> mito dell’analisi. Razionalità plurima, integrazione di prospettive diverse, interdisciplinarità >>> approccio sistemico >>> mito della relatività In relazione ai modelli lineare e circolare si possono identificare una serie di tensioni sempre presenti nel sistema di progettazione. Le tensioni sono degli importanti spazi di dialettica progettuale che consentono una regolazione appropriata per mantenere la direzione del progetto calibrando il giusto peso e attenzione ad ogni variabile. Mantengono l’equilibrio tra: la dimensione qualitativa e quella quantitativa nella definizione dei risultati la flessibilità del progetto e la definizione di parametri che orientano l’intervento: attenzione alla variabilità dei diversi elementi del progetto, alla possibilità di cambiare punto di vista; la visione globale dell’intervento e lo sguardo particolare sui singoli elementi: attenzione alle istanze di sviluppo di nuove traiettorie vs atteggiamenti di reiterazione di azioni passate la necessità di definire ogni ambito della progettazione (chiusura) e la possibilità di mantenere uno spazio aperto che permetta l’osservazione degli effetti imprevisti dei progetti: orientamento verso la diversità, verso ciò che non è stato considerato e quindi non analizzato che cambia il quadro progettuale e consente di percorrere altre strade vs il conosciuto la razionalità che richiede un pensiero convergente e la creatività che spinge verso visioni divergenti in grado di trovare nuove soluzioni a problemi sociali e educativi-formativi: attenzione verso una realtà che agisce nel progetto come spazio di regolazione tra spinte centrifughe che ampliano lo sguardo e spinte centripete che limitano l’osservazione ad una serie limitata di informazioni Quindi linearità e circolarità intervengono nel lavoro progettuale sociale e educativo alternandosi o sovrapponendosi come sguardi complementari nel governare la complessità del sistema di progettazione. 3.2 Modelli di progettazione educativa e sociale L’analisi dei modelli di progettazione integrano due diverse prospettive: da un lato quella che osserva il livello di partecipazione degli attori coinvolti e i processi di analisi e conoscenza del problema, nella distinzione tra: - approccio sinottico-razionale 10 - approccio concertativo-partecipativo - approccio euristico dall’altro quella che analizza l’azione progettuale in funzione della tipologia del processo identificato come: - pianificazione - problem solving - dialogico Nell’ambito della progettazione i tre approcci hanno un’influenza determinante sulle azioni progettuali, perché attraversano e collegano la fase di studio del progetto e la fase di realizzazione del progetto: la progettazione come pianificazione incontra l’approccio sinottico-razionale e lavora all’interno di un principio di razionalità assoluta mediante cui è possibile individuare la soluzione migliore ad un problema e definire l’implementazione del progetto attraverso azioni definite e pianificate a priori (definisco le cause e riesco ad intervenire) la progettazione come processo dialogico è legata all’approccio concertativo-partecipativo evidenziando il valore del dialogo, della relazione e partecipazione del processo di progettazione la progettazione come problem solving si interseca con un approccio euristico di osservazione ed esplorazione dei problemi nel loro determinarsi. Tali approcci e prospettive sono strumenti metodologici che si intersecano in fasi progettuali diverse. Cosa si intende con empowerment? È definito come il processo di crescita verso l’incremento della stima del sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione. Si applica tanto ai singoli individui, quanto ai gruppi e alle comunità. 3.2.1 L’approccio sinottico-razionale e la progettazione come pianificazione L’approccio sinottico-razionale adotta come modello di interpretazione dell’intervento dei fenomeni dei problemi sociali e educativi il principio della causalità lineare (da-a): essi sono analizzati attraverso uno schema che identifica gli elementi e le relazioni dirette che lo compongono e sono risolti grazie alla progettazione che diventa lo strumento per analizzarli, gestirli e risolverli. L’idea di fondo di questo approccio poggia sulla possibilità di individuare le cause assolute di un problema e di realizzare una programmazione puntuale volta al cambiamento sociale desiderato. Questo approccio si inserisce in un modello positivista e sperimentale. Il principio a cui si ispira è quello della razionalità assoluta: la realtà, oggetto dell’intervento, va analizzata secondo il principio della scomposizione di cause primarie e secondarie, rintracciando una relazione diretta causa-effetto nei diversi fenomeni organizzativi, sociali, educativi-formativi. In ambito progettuale questa interpretazione si traduce in un lavoro di analisi dei problemi, centrato sulla ricerca e definizione delle cause dei fenomeni sociali, educativi e/o formativi all’interno di un quadro di riferimento contestuale chiuso, definito, non variabile. I cambiamenti sono quindi considerati l’esito di un’azione razionale volta ad analizzare e scomporre i 11 diversi livelli e i sotto-livelli in una modalità top-down (gerarchia dal progettista ai soggetti che applicano ciò che dice il progettista, il contrario è bottom-up) delle azioni progettuali che conducono alla realizzazione degli obiettivi. Le caratteristiche che guidano la progettazione sono le seguenti: 1. il contesto in cui si sviluppa la progettazione non cambia; 2. il problema è definito e conoscibile e non cambia nel tempo; 3. gli obiettivi sono puntuali e circoscritti; 4. il margine di incertezza determinato da variabili economiche, socia- li, culturali, temporali è limitato; 5. i soggetti sono definiti: non sono presenti attori esterni al contesto che possono portare nuovi bisogni e domande; 6. la scansione delle fasi e dei tempi è lineare e rende possibile un monitoraggio e una verifica puntuale dei risultati. L’approccio sinottico-razionale è quindi utile quando i problemi in gioco sono legati tra loro in modo dipendente oppure nella fase di pianificazione degli interventi, quando l’osservazione è sugli interventi da sviluppare in funzione di obiettivi, risorse e tempi. Rispetto alla partecipazione dei soggetti, il modello sinottico-razionale li concepisce come un oggetto di analisi della progettazione. Il contesto progettuale è quello del welfare assistenziale che si sostanzia in una relazione operatore-utente basata su una domanda sociale, educativa rigida a cui corrisponde una risposta standardizzata in termini di servizi o beni. Le problematicità del modello sinottico-razionale: si evidenzia proprio nel momento in cui non si considera il contesto nel quale è inserito il soggetto. Inoltre, mostra il suo limite in presenza di problemi complessi, nell’assenza di partecipazione dei soggetti coinvolti, nell’esplorazione di cambiamenti e in qualche caso nella rigidità della visione sul progetto. Il maggior rischio dell’approccio è quello di un processo auto-referenziato privo di un punto di vista esterno che mantiene alta l’attenzione sui bisogni e sulla coerenza diretta domanda-risultati. L’obiettivo dell’approccio sinottico-razionale è quello di creare un progetto adatto ad ogni contesto e situazione, quindi standardizzabile, ripetibile al di là dell’analisi del fabbisogno socio-educativo. 3.2.2 L’approccio concertativo-partecipativo e la progettazione dialogica L'approccio concertativo-partecipativo valorizza la dimensione processuale, negoziale e interattiva tra colui che definisce il progetto è colui che conosce e vive nel contesto e fa esperienza del lavoro sociale e/o educativo. Il principio generale è orientato alla valorizzazione della dialogicità e dell'interazione tra progettisti e soggetti che vivono il contesto entro cui si ipotizza e realizza il progetto. L'elemento che ha determinato il successo di questo modello consiste proprio nella possibilità di co-costruire percorsi di cambiamento in cui diversi soggetti sono coinvolti attivamente attraverso un momenti in cui essi possono presentare le interpretazioni, bisogni e desideri. Il punto di partenza è il superamento dell'approccio che esalta la razionalità pura della progettazione, per avvicinarsi ad un modello di razionalità plurima in cui l'idea progettuale su un determinato fenomeno sociale, educativo o formativo, e il risultato della negoziazione e co-costruzione di significati soggettivi e collettivi. Il principio di base di questo approccio si innesta nel valore attribuito al coinvolgimento dei destinatari diretti e indiretti del servizio, che sono concepiti come co-autori del progetto, sia nella fase concertativa, di definizione del bisogno/problema sociale, educativa o formativa, e di negoziazione delle ipotesi di progetto, sia nella fase partecipativa di realizzazione del progetto. Si distinguono due fasi del processo progettuale: la prima concertativa orientata a concertare l'analisi della realtà e la definizione del progetto, negoziando il processo con tutti i soggetti coinvolti nella progettazione di un servizio e quindi nella fase della definizione degli obiettivi, risorse e vincoli e della valutazione la seconda partecipativa che coinvolge gli attori in ogni fase progettuale, ma soprattutto in quella realizzativa e di monitoraggio. In quest'ultima l'azione di monitoraggio permette l'emersione di nuovi dati e punti di vista che possono avviare un'ulteriore fase concertativa di revisione o calibrazione del progetto, e successivamente un'altra partecipativa di gestione diretta. L'approccio concertativo-partecipativo è dunque legato al processo di co-costruzione e condivisione degli obiettivi: questo determina la formazione di un patto progettuale tra gli attori come nel caso, per esempio, dell'esperienza di affido partecipato in cui i genitori sono un elemento essenziale del progetto di affidamento. 12 Genitori, operatori e le istituzioni locali lavorano per la definizione di un patto sugli obiettivi del percorso di affidamento, di sviluppo delle competenze generali per il rientro del bambino in famiglia. La definizione condivisa di un obiettivo agisce come azione di responsabilizzazione di tutti i soggetti nella gestione del progetto e li pone come attori delle trasformazioni sociali necessarie per sviluppare le potenzialità del servizio o intervento che si sta promuovendo. Il problema è definito grazie ad un lavoro di condivisione di diversi punti di vista sulla realtà; gli obiettivi sono concordati e definiti a livello di gruppo/comunità; il margine di incertezza determinato da variabili economiche, sociali, culturali e temporali ed è gestito sulla base della valutazione delle risorse iniziali; I tempi sono definiti nella consapevolezza che sono possibili variazioni in relazione agli obiettivi aggiunti; il monitoraggio e la verifica sono attenti ai risultati per la comunità. In conclusione, a differenza dell'approccio sinottico-razionale, le premesse teoriche del modello concertativo- partecipativo che guidano la progettazione sono: 1. Il contesto in cui si sviluppa la progettazione mutevole 2. la partecipazione è un valore e un obiettivo dell'intervento 3. l'osservazione e la definizione dei bisogni e problemi richiedono un modello circolare di analisi della realtà (la prospettiva circolare à visualizza la complessità del sociale e dell’educativo spostando l’attenzione dalla descrizione dei problemi all’analisi dei fenomeni e processi che li formano e dell’interazione dei diversi sistemi che determinano un percorso di sviluppo e promozione del benessere o che mantengono e/o esaltano il disagio e le difficoltà) 4. Il problema si osserva nel suo divenire anche durante la fase della concertazione 5. Non è possibile risolvere problemi educativi e sociali al di là della partecipazione dei destinatari 6. I soggetti non sono destinatari o beneficiari del progetto, ma partner e co-autori 7. Gli obiettivi sono dinamici e si trasformano nel tempo grazie al progressivo raggiungimento dei risultati 8. Il margine di incertezza è variabile dipende dal livello di condivisione del progetto 9. La scansione delle fasi e dei tempi e interdipendente non segue logica lineare 10. Il monitoraggio e la valutazione sono sempre collegati ad un processo di autovalutazione che monitora il cambiamento Pro: persegue l’empowerment della comunità (processo di crescita verso l’incremento della stima del sé, dell’autoefficacia e dell’autodeterminazione). Contro: quando ci sono molte visioni, una vera visione comune è difficile da raggiungere. Inoltre, è time- consuming (richiede tempo). 3.2.3 L’approccio euristico e la progettazione come problem solving L'approccio euristico (da...?) parte dal presupposto che i fenomeni sociali educativi sono dinamici, in costante evoluzione; uno degli aspetti più complessi e rendere conto della loro formazione e rappresentazione senza ridurli ad un agglomerato di elementi che non corrispondono alla visione di insieme. L'approccio euristico assume come modello di riferimento il lavoro di Lewin sulla ricerca azione: esso prevede un processo dinamico nella gestione delle fasi del progetto in funzione della possibilità di intercettare i cambiamenti, di valutare nuovi bisogni e domande, di individuare punti di criticità che limitano il processo di realizzazione del progetto. La logica richiamata è quella della progettazione come problem solving secondo una visione circolare- sistemica. Ogni cambiamento è connesso al processo nel quale si sviluppa in molti casi diventa esso stesso l'elemento che trasforma il contesto di riferimento da cui nasce l'intervento. La capacità dei soggetti di adattarsi di volta in volta alla situazione data, sempre attraverso un atteggiamento progettuale che definisce gli obiettivi e le azioni per realizzarlo, rende il progetto e trasformabile in itinere. Il coinvolgimento dei soggetti permette di costruire il consenso intorno al progetto, di costruire partnership, di focalizzare l'attenzione sui cambiamenti in itinere anche per correggere il tiro e il progetto per aggiungere o togliere obiettivi e quindi azioni di intervento. L'operatore deve avere sempre uno sguardo euristico sul processo confrontando le ipotesi di intervento con gli eventi che si sviluppano sino al punto, se del caso, di riprogettare l'intervento o di realizzare uno spin off di quello originario. L'approccio euristico opera sempre in una logica partecipativa perché ritiene importante costruire un focus condiviso. La difficoltà di determinare l'elemento che agisce come variabile di cambiamento è un elemento da tenere presente in una logica di osservazione costante e di esplorazione euristica della realtà. In ambito socio-educativo l'approccio euristico è collegato alla pedagogia come ricerca in cui l'operatore è consapevole di agire un ruolo contemporaneamente di aggregazione dei soggetti che partecipano all'intervento, di esplorazione costante dei bisogni e delle azioni che determinano la trasformazione dei problemi/bisogni, di guida nei processi di cambiamento in prospettiva educativa-sociale. 13 L'approccio euristico, quindi, intercetta i cambiamenti che di volta in volta si sviluppano; è attento ai bisogni del soggetto/gruppo/comunità; valorizza saperi e comportamenti presenti nel territorio, gestisce le variabili di incertezza determinate da variabili economiche, sociali, culturali, temporali; accoglie soggetti che possono portare nuovi bisogni e domande; è flessibile nell'articolazione delle fasi e dei tempi e nella definizione degli obiettivi che è sempre prevista nel processo del progetto. A differenza dell'approccio sinottico-razionale: 1. Il problema e bisogni non sono definiti 2. il lavoro progettuale e co-costruito 3. non si conoscono le finalità e gli obiettivi dell'intervento a priori, ma emergono dall'esperienza di ricerca 4. esiste un margine elevato di incertezza determinato da variabili soggettive, economiche, sociali, culturali e temporali 5. il monitoraggio e la valutazione sono uno sguardo costante dell'azione progettuale 6. il modello di analisi delle istituzioni privilegia il modello della rete In comune con l'approccio concertativo-partecipativo condivide che: 1. La partecipazione è un valore e un obiettivo dell'intervento 2. I soggetti non sono destinatari/beneficiari del progetto ma a partner e co-autori 3. Gli obiettivi sono dinamici e si trasformano nel tempo grazie al progressivo raggiungimento dei risultati, anche ampliandosi i nuovi obiettivi 4. Il margine di incertezza è variabile e dipende dalle trasformazioni delle persone e dei gruppi. In questo senso viene ribaltata la logica di progettazione che non definisce qualcosa ma indica il processo di sviluppo dell'intervento. Contro: ha un alto margine di incertezza, è molto time-consuming, le risorse non sono definite perché l’obiettivo e le attività non sono definite pertanto è anche di difficile gestione. Sinottico-razionale Partecipativo Euristico Alta strutturazione >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>Bassa strutturazione 3.3 Il lessico progettuale: progettualità, progettazione e progetto Progettualità, progettazione e progetto sono tre termini che rappresentano azioni e fasi diverse del processo di elaborazione di un itinerario dei lavoro educativo e sociale. La progettualità rappresenta l'intenzionalità del progettista: si forma da un processo di ideazione, elaborazione, ricerca e riflessività sui contesti educativi e socio-culturali per diventare un'idea progettuale che descrive il cambiamento desiderato. La progettazione è il processo che traduce l'intenzionalità del progettista in un piano di lavoro e che definisce il passaggio dall'ideale (l'idea progettuale) al reale (il progetto). Ci riferiamo al processo di lavoro che ha come esito la definizione di un progetto di intervento sociale, educativo, formativo, socio-sanitario e culturale, nello sviluppo di comunità. È un insieme di azioni rivolto a co-costruire itinerari di lavoro educativo e sociale: è un processo di ricerca, di scoperta, di classificazione e verifica che nasce da un'azione pensata da parte di un soggetto, individuale, il progettista, o plurimo, l'équipe. La progettazione è il processo che guida e accompagna i percorsi di trasformazione e cambiamento individuale, di gruppo, della comunità. Il progetto è il risultato finale del ciclo di progettazione che si sostanzia nel documento finale appunto «il progetto» - che presenta il percorso progettuale elaborato dall'operatore e l'itinerario del lavoro educativo e sociale. È la struttura documentale che descrive l'insieme delle azioni educative, sociali e formative in relazione all'analisi di bisogni sociali, formativi, educativi, culturali, mentre la progettazione è un'azione dinamica, flessibile e articolata che si sviluppa in una dimensione processuale che alterna fasi di studio, di valutazione e documentazione: da una fase ideativa, che definisce l'ipotesi dell'intervento, a una fase che studia l'azione progettuale, ad una di documentazione che osserva e traccia la memoria del progetto, ad una di valutazione educativa e sociale che osserva i risultati raggiunti. Una azione composta da una serie di attività per il raggiungimento di obiettivi specifici in un periodo di tempo definito e con risorse date. La progettazione, in questo modello, è ben rappresentata dal concetto del ciclo che permette di visualizzare le azioni in successione che determinano il processo, dinamico e cooperativo, del progettare: dall'ideazione all'elaborazione, alla definizione di un piano di azione che confluisce nella redazione del progetto. Il progetto è 14 infatti il risultato finale del ciclo di progettazione che si sostanzia nel documento finale che presenta il percorso progettuale elaborato dall'operatore l'itinerario del lavoro educativo e sociale. 3.4 Modelli di progettazione educativa e sociale a confronto La progettazione comunitaria ha perfezionato sul piano empirico quanto definito nell'ambito della modellizzazione teorica e ha dato una spinta alla definizione di proposte metodologiche sul piano educativo e sociale. Un modello che ha aiutato la riflessione metodologica sulla progettazione è stato il Project Cycle Management proposto dalla Commissione di assistenza allo sviluppo (European Commission, 1993; 2004) è stato un punto di riferimento per la pianificazione e lo sviluppo dei programmi di finanziamento pubblico. Il merito di queste proposte è quello di aver visualizzato i diversi passaggi della progettazione e puntualizzato gli elementi costitutivi, tra cui l'analisi dei soggetti e del contesto. Nella progettazione educativa e sociale esse sono state prese come punto di riferimento per evidenziarne le caratteristiche e consolidarne la sequenza progettuale composta dalle cinque fasi: di ideazione, attivazione, elaborazione, realizzazione e verifica ο dell'ipotesi, ideazione, elaborazione, attuazione e valutazione (Leone e Prezza) o, ancora, di individuazione dei bisogni, analisi della situazione, elaborazione del progetto, attuazione del progetto, conclusione e verifica (Torre). Sebbene questo modello è stato un'importante punto di riferimento sul piano teorico e metodologico, sul campo ha incontrato varie divicoltà, e in particolare, quella di gestire il punto di intersezione tra le fasi di progettazione e quelle di realizzazione: nei modelli descritti, infatti, lo studio del progetto e la sua realizzazione sono momenti che si susseguono in modo lineare, con continuità, mentre nella realtà non solo appartengono a piani e livelli logici diversi e si sovrappongono e si intersecano. Anche il modello proposto da Torre segue la prospettiva di Leone Prezza con l'unica diverenza che il processo di verifica è inserito all'inizio del processo di progettazione poiché si definisce che l’identificazione di modalità e strumenti per la valutazione del progetto, ovvero la verifica, sia di fatto l'avvio di ogni percorso al primo posto perché si tratta di un passaggio che investe tutti i precedenti. Le fasi della progettazione nella proposta di Torre sono in ordine: 1. «fase in cui si ipotizza di avviare un'azione educativa: emergere di bisogni o di nuove istanze educative; proseguimento di attività precedenti da modificare, migliorare, adattare; opportunità di acquisire fondi per attuare interventi»; 2. «fase della definizione dell'idea progettuale e ricognizione delle possibilità evettive: identificazione della linea di azione, dei destinatari, delle possibili strategie di intervento, ricognizione e delle risorse disponibili, coinvolgimento dei partner presenti sul territorio»; 3. «fase dell'identificazione, programmazione ed esplicitazione delle fasi dell'intervento e stesura formale del progetto: pianificazione dell'intervento, traguardi, attività, contenuti, strategie e strumenti, tempi, spazi, risorse interne ed esterne, costi, modalità di valutazione»; 4. «fase dell'attuazione degli interventi progettati: avvio delle attività, monitoraggio, attivazione di eventuali correttivi e aggiustamenti»; «fase di identificazione modalità e strumenti per la valutazione del progetto in tutti i suoi aspetti: valutazione di diversi passaggi secondo i criteri opportuni (fattibilità, congruenza interna, cambiamento, promosso nei destinatari, azioni degli operatori)». La progettazione sia nel modello di Leone e Prezza, sia nel modello di Torre, presenta sullo stesso livello logico azioni che appartengono a insiemi diversi: in particolare vengono considerate la fase di progettazione e quella di realizzazione come se fossero due elementi che appartengono al livello logico della progettazione, quando uno è situato al livello dello studio progettuale e l'altro a quello dello sviluppo del progetto, dell'azione realizzativa e di applicazione nella comunità, appunto il ciclo del progetto. Nel modello di Leone e Prezza le prime due fasi si riferiscono allo studio del progetto dalla definizione e valutazione dell'oggetto, al perimetro dell'intervento e alla valutazione di fattibilità e sostenibilità, il terzo ha la progettazione vera e propria come formulazione e redazione dell'azione, il quarto al momento realizzativo, di operatività del progetto, il quinto allo studio dei risultati. La sovrapposizione dei livelli logici di studio progettuale di operatività e azione del progetto ha creato una nuova divicoltà nella letteratura pedagogica e sociale in relazione alla terminologia tecnica che ha utilizzato i termini di progettazione e progetto come sinonimi: per questo in questa proposta adottiamo i termini di ciclo di progettazione e ciclo del progetto. 15 Project Cycle Management (PCM) Il Project Cycle Management (PCM) è il processo di pianificazione, organizzazione, coordinamento e controllo di un progetto in modo evicace ed eviciente durante le sue fasi, dalla pianificazione all'esecuzione, al completamento e alla revisione per raggiungere obiettivi predefiniti o per soddisfare gli stakeholder del progetto producendo la giusta consegna nel tempo giusto, al costo e alla qualità. È stato usato dagli anni Settanta, in particolare per gli interventi di gestione per la cooperazione allo sviluppo (da USAid), poi adottato dall'OCSE per la programmazione negli stati membri. L'UE ha adottato il PCM per programmare, attuare e valutare i programmi dell'UE intorno agli anni '90, pubblicando anche un anni Novanta, pubblicando anche un manuale che è si può scaricare liberamente (in inglese). Matrice del quadro logico È uno strumento tecnico per strutturare la progettazione in modo logico e verificare la coerenza del progetto a livello di: Corrispondenza con le finalità del programma di finanziamento (obiettivi generali) Evicacia dell’azione a livello dell’impatto previsto (obiettivo specifico) Misurabilità dell’impatto sui gruppi target e beneficiari finali (risultati) Principio del value for money (Attività, interrelazione, gestione, e calcolo evicace dei costi) Il quadro logico consiste in una tabella, o matrice, composta da quattro colonne e, nel formato base, quattro righe. Nelle colonne si individua ciò che il progetto intende fare: logica di intervento indicatori oggettivamente verificabili fonti di verifica condizioni Nelle righe ci si riferisce alla misurazione degli evetti del progetto definiti con indicatori-chiave e mezzi di verifica e alle risorse utilizzate: obiettivi generali obiettivo specifico risultati ed attività Logica orizzontale e verticale: verticale à identifica gli obiettivi di progetto, evidenzia le relazioni tra mezzi e fini, specifica ipotesi e rischi orizzontale à specifica gli indicatori per verificare i progressi, specifica le fonti da usare per verificare gli indicatori. 16 Il modello Leone-Prazza 1. Ideazione Interno al servizio à decodifica delle motivazioni, analisi delle relazioni e analisi dei dati Esterno al servizio à decodifica della domanda e analisi dei dati 2. Attivazione àconsolidamento e allargamento della committenza, lettura contesto, ruoli e funzioni, analisi del bisogno, analisi della comunità, analisi delle relazioni, individuazione di ipotesi comuni e individuazione delle finalità/obiettivi. 3. Progettazione à stesura della prima bozza di progetto, condivisione della bozza di progetto e stesura del progetto definitivo 4. Realizzazione à implementazione (realizzazione) del progetto 5. Verifica àverifica e riprogettazione Le componenti interne di un progetto Obiettivo generale Obiettivo specifico Risultati Attività Valutazione/Verifica àcome verifico che le attività siano state concluse, che i risultati siano stati raggiunti Tempo àtempo necessario per le attività Risorse à risorse necessarie per le attività Perché progettiamo? Prima di iniziare ad analizzare le componenti interne, ricordiamo che noi progettiamo per risolvere un problema, o migliorare una situazione. Progettiamo per innescare processi di trasformazione positiva, di cambiamento migliorativo. Quindi, per tutti i progetti, è la fase di analisi che determina la ragione (il perché) noi intraprendiamo un progetto. La logica dell’intervento È il cambiamento a cui il mio progetto contribuisce, lo scopo del mio progetto, quindi quello che intendo realizzare. È, o sono, i risultati che ho bisogno di produrre per raggiungere il mio obiettivo/scopo. Sono le attività necessarie per raggiungere i risultati. Le cose diventano più difficili: Quando affrontiamo una progettazione socio educativa e rispondiamo a bisogni complessi che non sono solo nostri oltre al piano logico (sequenza, comprensione dei passaggi da-a, circolarità della progettazione, ecc.), dobbiamo lavorare su: piano metodologico, perché dobbiamo conoscere metodi e tecniche interne (progettuali) ed esterne (sul target) piano relazionale, perché il progetto nasce e si sviluppa nelle relazioni sociali, educative e politiche. Di conseguenza, progettare non significa soltanto conoscere il ciclo del progetto, ma significa comprendere il valore di quel progetto all’interno del sistema sociale, tanto per gli individui a cui il progetto intende dare risposta, quanto alla collettività, in quanto sistema. CAPITOLO 4 – IL SISTEMA DI PROGETTAZIONE EDUCATIVO E SOCIALE 4.1 Il sistema di progettazione educativo e sociale La progettazione comprende numerosi livelli di lavoro che si sovrappongono, si alternano, si susseguono tra loro sino alla definizione del progetto. La progettazione educativa e sociale è un sistema composto da diversi piani di osservazione e di sviluppo, in molti casi sovrapposti e integrati tra loro. Il sistema di progettazione comprende, quindi, tre diversi aspetti: gli elementi che sono i fattori primari del lavoro di progettazione sono sempre presenti e devono essere analizzati in funzione del livello di progettazione dei processi del lavoro progettuale i livelli della progettazione che costituiscono il piano di osservazione sviluppo del progetto rispetto ai soggetti/beneficiari dell'intervento 17 i processi che rappresentano tutte le azioni di studio progettuale e di realizzazione del progetto, compresi i processi di documentazione e valutazione e che sono ben rappresentati dal concetto di ciclo. 4.2 Gli elementi costitutivi della progettazione Gli elementi sono caratterizzati dal principio della stabilità: Sono un fattore sempre presente e costante della progettazione, non esiste progetto al di fuori dello studio e dell'analisi geni elemento. nello stesso tempo rappresentano nel lessico la semantica progettuale che definiscono e danno un nome a ogni elemento contribuendo alla formazione di un modello di riferimento per l’osservazione e la valutazione. Ogni progetto è costituito da 10 elementi: I protagonisti il contesto socio culturale i bisogni evolutivi e complessi i problemi le finalità e gli obiettivi le tipologie di progetto le azioni e gli interventi le metodologie e gli strumenti le risorse i risultati. Gli elementi della progettazione sono tutti connessi con la fase di analisi delle premesse progettuali: sono analizzati all'interno di ciascun livello di progettazione e dei processi in esso coinvolti e, nello stesso tempo, hanno una funzione definitoria e di classificazione che permette la valutazione di fattibilità di un progetto. Il punto di osservazione Quando noi avrontiamo una progettazione socio educativa, rispondiamo ai bisogni complessi. con un progetto possiamo dare risposta a una persona, un gruppo, un servizio o un'organizzazione, alla comunità. Tuttavia, dobbiamo sempre guardare al livello di intervento nel suo collegamento verso il micro e il macro. Con un progetto di gruppo, il contributo è al gruppo in quanto tale, alle persone che ne sono membri, ai servizi a cui fanno riferimento, alla comunità di cui fanno parte. Il livello di azione è importante, perché il progetto ovviamente ha un obiettivo specifico che è per la persona/il gruppo/il servizio/la comunità, ma l’azione contribuisce/impatta su tutto il sistema. 4.3 I livelli di progettazione e le tipologie di progetto I livelli della progettazione rappresentano i piani di osservazione e di classificazione del progetto rispetto ai soggetti/destinatari dell'azione educativa e sociale. In ambito educativo-sociale-formativo essa si sviluppa su quattro livelli che corrispondono a quattro tipologie di destinatari a loro volta collegate a diverse tipologie di progetto: la persona/individuo, il gruppo, l'organizzazione o il servizio e la comunità/territorio. Il livello di progettazione descrivere il piano dell'azione progettuale e quindi la tipologia del progetto riferite ai soggetti a cui è rivolto l'intervento e definisce la tipologia del progetto che guiderà l'intera progettazione. Questo concetto ha un'importanza strategica perché determina la relazione tra livelli progettuali e la tipologia dei progetti educativi e sociali: il livello della persona conduce alla progettazione del PEI (progetto educativo e/o sociale individuale): la progettazione è riferita alla persona il livello del gruppo attiva la progettazione del PEG riferito al gruppo familiare, a un gruppo classe il livello del servizio/organizzazione attiva la progettazione del PES riferito al progetto di un servizio il livello del territorio attiva la progettazione del PET riferito alle azioni di prevenzione, sviluppo e promozione di comunità territoriale. Definire il progetto Significa mantenere viva l’attenzione sul livello scelto: la valutazione della coerenza interna ed esterna è molto importante perché è un criterio di qualità formale e sostanziale del progetto e rappresenta un errore progettuale frequente. La coerenza interna e il collegamento rispetto a livello considerato, la coerenza esterna descrive la coerenza tra domanda e progetto. 18 Progetto Educativo-sociale Individuale Il PEI è lo strumento principale per la definizione di piani educativo-sociale per la persona. Nasce nell’ambito della disabilità (L. 104/1992). È normato nella scuola, anche nelle relazioni scuola/extra-scolastico (art.12 della Legge 104/92). Tuttavia, non riguarda solo i minori e/o i minori inseriti nel sistema scolastico. Il PEI può anche riguardare adulti e anziani in situazione di fragilità e a rischio di esclusione sociale. Il PEI quindi può riguardare, ad esempio, interventi personalizzati: nel nido (es. un prolungamento del periodo di inserimento) nella scuola nei servizi sanitari (es. un giovane disabile inserito in un centro diurno) nei servizi sociali (es. una persona socio-economicamente svantaggiata che riceve supporto per l’inserimento professionale) nelle RSA (es. piano assistenziale individuale per anziani) Ovviamente i PEI sono disegnati sulla persona e non sono documenti pubblici. Ha inoltre 3 linee di utilizzo: Espressione di sé nella relazione con gli altri e il mondo (regolazione e soddisfacimento dei bisogni) Es.: regolazione emotiva: disponibilità a sperimentare emozioni negative o positive; consapevolezza, comprensione e accettazione dei diversi stati emotivi; uso flessibile di strategie adeguate al contesto per modulare l’intensità e/o la durata della risposta emotiva Espansione di sé (riconoscimento delle proprie potenzialità) Sostegno ad individui esclusi o a rischio di esclusione sociale; attività con adolescenti; orientamento al lavoro e riconoscimento di competenze Continuità esistenziale (adattamento e empowerment), discontinuità (sostegno, riabilitazione, recupero) La progettazione a livello della persona coinvolge la dimensione esistenziale del soggetto nel rapporto con sé, con gli altri e con la società e analizza il processo di espressione e regolazione dei bisogni che determinano una vita personale e sociale integrata e realizzata. Ha come oggetto il cammino di sviluppo (cognitivo, emotivo e sociale) e crescita, di transizione nella vita, di gestione e superamento delle condizioni di disagio e di elaborazione del trauma, di riabilitazione e riduzione del danno. Progetto Educativo-sociale di Gruppo PEG riferisce a progetti disegnati all’interno di un gruppo, che può essere riferito alla famiglia o ad altro gruppo individuabile (gruppo classe, gruppo di ospiti in una comunità, gruppo di adolescenti, ecc.). Il gruppo è il primo livello di aggregazione sociale della persona; è contraddistinto dall’appartenenza e da legami avettivi a sociali, su cui normalmente i progetti lavorano. Progetti di questo tipo possono riguardare il clima del gruppo in una società di minori, i processi di aggregazione di una gruppo di adolescenti di quartiere, lo sviluppo di competenze genitoriali di una famiglia, ecc.). È una metodologia che consente di elaborare l’idea progettuale dopo aver analizzato il contesto, i bisogni e i problemi di un gruppo e di sviluppare le azioni necessarie per produrre il cambiamento. Bisogni: sociali di appartenenza, creazione del gruppo come soggetto sociale Destinatari: classe, famiglia, comunità alloggio, gruppo di pari ecc… Finalità: sviluppo della noità (processo relazionale di condivisione di vita del sé nel gruppo) Obiettivi: formazione dell’identità di gruppo, senso di appartenenza, funzionalità ed evicacia dei ruoli, qualità delle relazioni, apprendimento di gruppo… Analisi partecipata àgli obiettivi di crescita e sviluppo del gruppo vanno condivisi attraverso un processo di analisi partecipata. Ne sono esempi: il gruppo classe, la famiglia e le comunità alloggio. Il PEG va integrato con altri progetti (logica ad imbuto): sulla base di un principio di coerenza (l’obiettivo centrale va ripreso in entrambi i progetti). La progettazione educativa e sociale riguardo al gruppo orientato a sviluppare il senso di appartenenza e di funzionamento sociale e lavora sulla sua storia, sulle sue caratteristiche e sui bisogni specifici. Progetto Educativo-sociale del Servizio/organizzazione Il PES riferisce al progetto educativo-sociale delle strutture operanti nel settore, quindi alle strutture socio- educative, al privato sociale, al terzo settore. Esempi di PES possono essere la riorganizzazione di un servizio 19 (per fascia di età degli utenti, per aree), progetti di sviluppo competenze dello stav degli educatori sociali, progetti di sviluppo di un nuovo servizio. La vegetazione di un servizio o organizzazione è riferita al sistema organizzativo e permette di analizzare gli obiettivi istituzionali e i processi di lavoro e le attività realizzate. Progetto Educativo-sociale del Territorio o Progetto Educativo-sociale della Comunità Questo tipo di progettazione si sviluppa all’interno e si rivolge della/alla comunità. Sono vari nelle loro finalità, a seconda del bisogno incontrato, quindi possono avere funzione di prevenzione, lotta alla povertà, sensibilizzazione rispetto ad un tema sentito ecc. Alcuni esempi possono essere i progetti di sostegno alla genitorialità o alle neo-mamme, i progetti di educazione alla cittadinanza, di prevenzione del rischio dipendenze, ma anche un progetto per ‘badante di condominio’. Il concetto di comunità e di rete richiama i concetti di pluralità, di integrazione, di sviluppo e di promozione della cittadinanza attiva. La comunità è un insieme di relazioni, di reciproche influenze, di intenti, di visioni e di caratteristiche culturali. Le fasi: due modelli Modello lineare: macro-fasi in successione temporale secondo una logica sequenziale Modello sistemico-circolare: ciclo della progettazione, ciclo di vita del progetto, sistema di valutazione, sistema di documentazione. Fasi di lavoro su piani diversi: - Ciclo della progettazione e ciclo di vita del progetto à Progettazione (destinatari, contesto e redazione) - Sistema di valutazione e sistema di documentazione à Realizzazione (intervento) 4.4 I processi: il ciclo della progettazione e il ciclo di vita del progetto L’analisi dei processi che descrivono l'insieme delle azioni e delle operazioni che mettono in campo i progettisti nella relazione con i diversi protagonisti (destinatari, reti e attori) per elaborare, sviluppare, realizzare e chiudere il progetto. La maggior parte delle ravigurazioni della progettazione la descrive come una serie di macro fasi, Leone Prezza e Torre, in successione tra loro secondo una sequenza temporale di tipo lineare (prima e dopo) che collegano l'analisi dei bisogni con la valutazione finale, attraverso l'analisi, la progettazione e la realizzazione del progetto nel modello. Questo modello pone sullo stesso piano la fase progettuale con la fase realizzativa e valutativa che invece è importante distinguere: progettazione e realizzazione del progetto non sempre si sviluppano secondo una logica temporale lineare ma anche appartengono a fasi di lavoro diverse. Infatti, mentre la fase di progettazione è dedicata ai processi di studio che ha un inizio nella valutazione del destinatari, del contesto e una conclusiva nella redazione del progetto, la fase di realizzazione corrisponde all'azione vera e propria, alla realizzazione dell'intervento educativo-sociale. Per questo proponiamo un modello di progettazione sistemico-circolare composto da: 1. Il ciclo della progettazione che definisce lo studio progettuale dalla fase dell'idea progettuale a quella di definizione del piano di azione e di redazione del progetto (Progettazione, Analisi, Osservazione degli elementi progettuali, Ideazione e definizione dell’idea progettuale, Progettazione e Redazione del progetto). 2. il ciclo di vita del progetto che descrive la vita del progetto, il processo di realizzazione dell'intervento dal momento del coinvolgimento dei partecipanti alla chiusura del progetto (Sviluppo e realizzazione del progetto, Coinvolgimento dei destinatari, Avvio dell’azione, Chiusura dell’azione, Valutazione, Documentazione). Questi due ambiti di lavoro sono attraversati dal sistema di valutazione e dal sistema di documentazione, a loro volta composto da una fase progettuale il ciclo di valutazione e documentazione. Il sistema di progettazione privilegio una logica sistemica-circolare, le analisi delle intersezioni e interdipendenza e raccoglie dall'ambiente bisogna i problemi di una persona, di un gruppo, di un'organizzazione, di una comunità per definire l'input progettuale; quindi processa questi elementi attraverso la definizione (ciclo della progettazione) e la realizzazione di un progetto educativo-sociale (ciclo di vita del progetto) con l'obiettivo di promuovere un cambiamento che definiamo output progettuale. Il sistema di progettazione può essere osservato anche in funzione della dimensione temporale ovvero del flusso del progetto nel suo divenire, considerando però le intersezioni: in queste proposte il tempo, infatti, non segue soltanto la logica lineare del prima e del dopo (ex-ante e ex-post), ma anche del qui ed ora, del simultaneo e del parallelo (continuum) e del quando e dell'allora. Sulla linea del tempo in una logica sistemico-circolare il sistema di progettazione comprende: 20 una fase ex ante rappresentato dal ciclo di progettazione in cui si definiscono e si analizzano i livelli e tutti gli elementi coinvolti: comprende lo studio progettuale della definizione dei protagonisti, all'osservazione e l'analisi dei bisogni e problemi del contesto, all'elaborazione delle azioni ideative, di analisi e progettazione del piano di azione sino alla definizione del sistema di documentazione, di valutazione e redazione del progetto finale una fase in itinere rappresentata dal ciclo di vita del progetto che corrisponde al momento di sviluppo dell'intervento e osserva la vita del progetto e il suo andamento fino alla realizzazione dell'azione e alla chiusura del progetto (in fine): comprende le fasi di engagement in cui sono coinvolti i protagonisti e gli attori, di startup ovvero l'avvio e il lancio del progetto, realizzazione, calibrazione, chiusura e conclusione del progetto e follow up una fase che si sviluppa nel continuum del sistema di progettazione che monitora il ciclo del progetto risultati attraverso i criteri definiti dal piano di valutazione e di documentazione 4.4.1 Il ciclo di progettazione Il ciclo di progettazione si avvia dall'input progettuale e comprende: 1. la fase di osservazione e analisi studia lo scenario progettuale attraverso la definizione dei livelli di progettazione, di analisi degli elementi e delle condizioni progettuali di partenza e si articola attraverso l'analisi dei protagonisti, la definizione della tipologia di progetto, dei bisogni, dei problemi e l'analisi del contesto; 2. la fase di ideazione-definizione del l'idea progettuale che sulla base dell'input progettuale elabora la visione progettuale composta dalla scelta degli interventi e dall'elaborazione di finalità, obiettivi e risultati: 3. la fase di progettazione, composta: in primo luogo dall'elaborazione progettuale, che trasferisce gli obiettivi in un piano di azione che descrive per ogni obiettivo, gli interventi, le metodologie e le risorse; in secondo luogo, dalla progettazione del piano di valutazione e dal piano di documentazione. Il piano di documentazione si ocсuра della raccolta, elaborazione e redazione formale di tutti i documenti che descrivono l'intero sistema di progettazione; il piano di valutazione si occupa della progettazione di tutti gli strumenti per l'analisi di fattibilità del progetto, per il monitoraggio, per la valutazione finale e per il follow up. 4. la fase di redazione del progetto in cui si scrive il progetto globale. È il processo che descrive tutto il percorso di progettazione e analizza gli elementi e livelli progettuali arrivando al format finale In particolare, nella fase di osservazione e analisi gli obiettivi e gli output progettuali sono: 1. l'identificazione dei protagonisti con la Mappa della rete dei protagonisti; 2. la classificazione del progetto con il Quadro globale del progetto; PEI, PEG, PES, PEC; 3. l'analisi dei bisogni educativi e sociali con la Relazione sui bisogni educativi, sociali, formativi 4. la focalizzazione dei problemi in ambito educativo e sociale con il Quadro di analisi del problema (Mappa di analisi del funzionamento del problema, l'Albero dei problemi e degli obiettivi); 5. l'analisi del contesto socio-culturale con l'Eco-mappa, mondo della persona, mappatura del servizio e del territorio. Nella fase di ideazione e definizione: 1. la definizione dell'idea progettuale e l'elaborazione delle finalità degli obiettivi e dei risultati con il Quadro dell'idea progettuale; 2. la scelta degli interventi con la Mappa degli interventi (settore, ambito, area, tipologia e attività). Nella fase di progettazione: 1. la progettazione del piano di azione con il Piano di azione; 2. la progettazione del sistema di valutazione con il Piano di valutazione; 3. la progettazione del sistema di documentazione con il Piano di documentazione. Nella fase di redazione: la redazione del progetto finale e fascicolo di progetto che raccoglie tut

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