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Art. 2 Procedure disciplinari e sanzioni In questo articolo si stabilisce che gli psicologi non devono compiere azioni o comportamenti che danneggino il decoro e la dignità della professione. Se non rispettano le regole del Codice Deontologico o se compiono azioni che vanno contro il corretto eserci...

Art. 2 Procedure disciplinari e sanzioni In questo articolo si stabilisce che gli psicologi non devono compiere azioni o comportamenti che danneggino il decoro e la dignità della professione. Se non rispettano le regole del Codice Deontologico o se compiono azioni che vanno contro il corretto esercizio della professione, saranno sanzionati secondo quanto stabilito dall'articolo 26, comma 1 della Legge 56 del 18 febbraio 1989. Per esempio io Psicologa iscritta all'Ordine, inizio a promuovere pubblicamente tecniche di terapia non riconosciute scientificamente, con dichiarazioni che promettono guarigioni miracolose. Questo comportamento non solo può indurre in errore i pazienti, ma può anche danneggiare l'immagine della professione psicologica. Un paziente, sentendosi ingannato, mi segnala all'Ordine degli Psicologi. Viene avviata una procedura disciplinare nei miei confronti, in quanto le mie azioni violano il Codice Deontologico e compromettono il decoro e la dignità della professione. Dopo le dovute indagini, il consiglio disciplinare dell'Ordine decide di applicare una sanzione, secondo quanto previsto dall'articolo 26, comma 1 della Legge 56 del 18 febbraio 1989, che può comprendere una sospensione temporanea dall'albo o altre misure disciplinari appropriate. In questo modo, l'Ordine degli Psicologi garantisce il rispetto delle norme deontologiche e tutela la professionalità e l'affidabilità della categoria. Art. 26 Principio dell’astensione Questo significa che uno psicologo deve astenersi dall'intraprendere o continuare qualsiasi attività professionale se i suoi problemi personali o conflitti interferiscono con l'efficacia del suo lavoro e potrebbero risultare inadeguati o dannosi per le persone a cui si rivolgono i suoi servizi. Inoltre, lo psicologo deve evitare di assumere ruoli professionali o fornire servizi a persone con cui ha avuto rapporti precedenti che potrebbero compromettere la sua credibilità e efficacia professionale, anche se richiesto dall'autorità giudiziaria. Questo è importante per garantire che lo psicologo possa offrire servizi professionali in modo imparziale e efficace, senza che problemi personali o rapporti passati influenzino il suo lavoro e il benessere dei suoi clienti. Esempio io psicologa, sto attraversando un periodo di forte stress emotivo dovuto a problemi familiari. Questo stress sta iniziando a interferire con la sua capacità di concentrarsi e di offrire un supporto adeguato ai suoi pazienti. Si rende conto che la qualità del suo lavoro ne sta risentendo e che potrebbe non essere in grado di fornire il livello di attenzione e cura necessario. In conformità con il principio dell'astensione, decido di sospendere temporaneamente la mia attività professionale. Informando i pazienti e organizzando per loro delle alternative temporanee, garantisce che continuino a ricevere l'assistenza di cui hanno bisogno senza che i suoi problemi personali compromettano la loro cura. In un altro caso, ricevo una richiesta di consulenza da una persona con cui ho avuto una relazione personale molto stretta in passato. Nonostante l'autorità giudiziaria abbia richiesto la sua consulenza, riconosco che il precedente rapporto potrebbe compromettere la mia capacità di essere imparziale e efficace. Per questo motivo, decido di astenermi dall'assumere quel ruolo, informando l'autorità giudiziaria e suggerendo un collega qualificato che possa prendere il mio posto. Queste decisioni, basate sul principio dell'astensione, dimostrano l'importanza di mantenere l'integrità professionale e di garantire che i servizi offerti dagli psicologi siano sempre nel miglior interesse dei clienti, senza interferenze derivanti da problemi personali o rapporti precedenti. Art. 3 Principi di responsabilità Questo articolo stabilisce che gli psicologi hanno il dovere di aumentare le conoscenze sul comportamento umano e utilizzarle per promuovere il benessere psicologico delle persone, dei gruppi e delle comunità. In ogni contesto professionale, lavorano per aiutare le persone a capire se stesse e gli altri e ad agire in modo consapevole, congruo ed efficace. Gli psicologi sono consapevoli della loro responsabilità sociale poiché il loro lavoro può influenzare significativamente la vita degli altri. Pertanto, devono prestare molta attenzione ai fattori personali, sociali, culturali, organizzativi, finanziari e politici, per evitare un uso improprio della loro influenza e non approfittare della fiducia e della dipendenza dei loro clienti e delle persone che ricevono la loro assistenza professionale. Gli psicologi sono responsabili delle azioni professionali che compiono e delle conseguenze dirette e prevedibili di tali azioni. Art. 4 Principio del rispetto e della laicità Questo articolo stabilisce che gli psicologi, all'inizio della relazione professionale con un individuo, un gruppo, un'istituzione o una comunità, forniscono informazioni chiare e comprensibili sulle loro prestazioni, i loro scopi e i metodi utilizzati, nonché sui limiti legali della riservatezza. Rispettano le differenze individuali, di genere e culturali, promuovono l'inclusività e il rispetto delle opinioni e delle credenze altrui, evitando di imporre i propri valori. Gli psicologi utilizzano metodi, tecniche e strumenti che rispettano questi principi e si rifiutano di collaborare a iniziative che li violano. Se sorgono conflitti di interesse tra l'utente e l'istituzione in cui lavorano, gli psicologi devono chiarire alle parti coinvolte le loro responsabilità e i vincoli professionali a cui sono soggetti. Esempio la dott.ssa Rossi, psicologa specializzata in psicologia scolastica, viene chiamata a collaborare con una scuola per sviluppare un programma di prevenzione del bullismo. Consapevole della responsabilità sociale che implica il suo ruolo, la dott.ssa Rossi si impegna ad approfondire le conoscenze sul fenomeno del bullismo e a utilizzare approcci basati su evidenze scientifiche per elaborare il programma. Durante la progettazione del programma, la dott.ssa Rossi considera attentamente vari fattori, tra cui le dinamiche culturali della scuola, le caratteristiche socioeconomiche degli studenti e le influenze organizzative della struttura scolastica. Organizza incontri con studenti, genitori e insegnanti per raccogliere input e costruire un programma che sia inclusivo e rispettoso delle diverse esigenze della comunità scolastica. La dott.ssa Rossi decide di includere nel programma attività che aiutino gli studenti a comprendere meglio se stessi e gli altri, promuovendo la consapevolezza emotiva e il rispetto reciproco. Inoltre, implementa sessioni di formazione per gli insegnanti, affinché possano riconoscere e intervenire efficacemente in situazioni di bullismo. Nel corso dell'attuazione del programma, la dott.ssa Rossi monitora attentamente i progressi e raccoglie feedback per assicurarsi che gli obiettivi siano raggiunti senza causare effetti indesiderati. Ad esempio, presta attenzione a non etichettare in modo stigmatizzante i bambini coinvolti nel bullismo, ma piuttosto a promuovere un ambiente di crescita e supporto per tutti gli studenti. La responsabilità della dott.ssa Rossi non si esaurisce con l'implementazione del programma: rimane disponibile per ulteriori interventi e adattamenti necessari. La sua attenzione ai diversi fattori personali, sociali e culturali, insieme alla sua responsabilità nel monitorare le conseguenze delle sue azioni professionali, garantisce che il programma sia efficace e rispettoso delle persone coinvolte, evitando un uso improprio della sua influenza e mantenendo alta la fiducia riposta in lei dalla comunità scolastica. Art. 5 Competenze professionali In questo articolo si afferma che gli psicologi devono mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, soprattutto nei settori in cui operano. Se non rispettano questo obbligo, commettono una violazione disciplinare e vengono sanzionati secondo le norme professionali. Devono essere consapevoli dei limiti della propria competenza e utilizzare solo strumenti e metodologie per i quali hanno ricevuto la formazione adeguata e, se necessario, l'autorizzazione formale. Gli psicologi devono utilizzare metodologie basate su fonti scientifiche riconosciute e non devono creare aspettative non realistiche nelle persone che ricevono il servizio. Esempio io psicologa clinica, mi sono specializzata nel trattamento dei disturbi d'ansia e seguo regolarmente corsi di aggiornamento e formazione continua per mantenere le mie competenze al passo con le ultime ricerche scientifiche. Recentemente, decido di ampliare la mia pratica per includere la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) per adolescenti con disturbi alimentari. Prima di iniziare a trattare questi nuovi casi, frequento un corso intensivo di formazione certificata sulla CBT applicata ai disturbi alimentari negli adolescenti e consulto la letteratura scientifica più recente per assicurarmi di avere una solida base di conoscenze. Durante le sessioni con i nuovi pazienti adolescenti, utilizzo solo le tecniche per le quali ho ricevuto formazione adeguata e che sono supportate da evidenze scientifiche. Evito di promettere risultati rapidi o miracolosi, spiegando ai pazienti e alle loro famiglie che la terapia richiede tempo e impegno e che i progressi possono variare da persona a persona. Art. 6 Autonomia professionale In questo articolo si stabilisce che gli psicologi accettano solo condizioni di lavoro che non minaccino la loro autonomia professionale e che siano conformi alle norme del codice deontologico. Se si trovano in condizioni di lavoro che non rispettano queste condizioni, devono informare l'Ordine regionale degli psicologi. Gli psicologi preservano la propria autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché nella loro applicazione e utilizzo. Sono responsabili dei risultati, delle valutazioni e delle interpretazioni che ne derivano. Quando collaborano con professionisti di altre discipline, gli psicologi mantengono la piena autonomia professionale nel rispetto delle competenze degli altri professionisti. Art. 7 Validità dei dati e delle informazioni In questo articolo si stabilisce che gli psicologi devono valutare attentamente, considerando anche il contesto, la validità, l'affidabilità e l'accuratezza dei dati, delle informazioni e delle fonti su cui si basano le loro conclusioni, sia nella ricerca sia nella pratica professionale. Se necessario, devono esporre ipotesi interpretative alternative e chiarire i limiti dei risultati ottenuti. Inoltre, devono esprimere valutazioni e giudizi professionali solo se supportati dalla conoscenza diretta o da documentazione adeguata e attendibile, coerente con l'argomento valutato. Art. 8 Tutela della professione e contrasto dell’esercizio abusivo In questo articolo si afferma che gli psicologi devono combattere l'abuso della professione come definito dalla legge (18 febbraio 1989, n. 56) e segnalare al Consiglio dell'Ordine i casi sospetti di abusivismo o di usurpazione di titolo che vengono a conoscenza. Devono inoltre utilizzare il loro titolo professionale solo per attività che sono pertinenti alla psicologia e non devono supportare o avallare attività ingannevoli o abusive utilizzando il proprio titolo. Art. 9 Consenso informato nella ricerca Questo articolo del codice deontologico degli psicologi stabilisce che durante la ricerca, gli psicologi devono informare adeguatamente le persone coinvolte sugli obiettivi, sulle procedure, sui metodi, sui tempi e sui rischi della ricerca stessa, così come sul trattamento dei loro dati personali raccolti, al fine di ottenere il loro consenso. Devono anche fornire informazioni sul proprio nome, status scientifico e professionale, e sull'istituzione di appartenenza. È importante che le persone coinvolte abbiano la piena libertà di concedere, rifiutare o ritirare il loro consenso alla ricerca. Se però la natura della ricerca non permette di informare preventivamente le persone coinvolte su alcuni aspetti, gli psicologi devono comunque fornire tutte le informazioni necessarie alla fine dell'attività di ricerca e ottenere l'autorizzazione per l'uso dei dati raccolti. Nel caso in cui le persone coinvolte non siano in grado di dare il loro consenso, sia per età che per altri motivi, questo deve essere fornito da chi esercita la responsabilità genitoriale o la tutela. Tuttavia, se le persone coinvolte sono in grado di capire la natura della ricerca e la loro partecipazione, il loro consenso è necessario, sempre nel rispetto della loro dignità e del loro grado di maturità. Infine, è fondamentale proteggere il diritto alla riservatezza, all'anonimato e alla non identificabilità delle persone coinvolte nella ricerca. Art. 11 Segreto Professionale Questo articolo del codice deontologico degli psicologi stabilisce che gli psicologi sono tenuti al segreto professionale in modo rigoroso. Questo significa che non devono divulgare informazioni, fatti o conoscenze ottenute durante il loro lavoro professionale, né devono discutere delle prestazioni professionali programmate o effettuate, a meno che non sussistano specifiche circostanze previste in altri articoli del codice. Art. 12 Testimonianza Questo articolo del codice deontologico degli psicologi stabilisce che gli psicologi devono evitare di fornire informazioni sommarie o testimonianze basate sulla conoscenza ottenuta attraverso la loro professione. Tuttavia, possono rivelare queste informazioni solo se la persona coinvolta dà il proprio valido e dimostrabile consenso. Tuttavia, prima di decidere se utilizzare tale consenso, gli psicologi devono valutare se ciò sia nel migliore interesse psicologico della persona coinvolta. In situazioni in cui non c'è consenso da parte della persona coinvolta e a meno che non sia richiesto dalla legge, gli psicologi devono astenersi dal divulgare informazioni. Se richiesti a testimoniare, devono seguire le indicazioni del giudice dopo aver presentato le loro ragioni in modo dettagliato. Art. 13 Casi di referto o denuncia o deroga alla riservatezza Bisogna fare una distinzione tra psicologo che lavora in ambito privato e psicologo che lavora in una struttura pubblica. Nel primo caso nn c’è obbligo di denuncia in quanto lo psicologo che esercita la professione non riveste la qualifica di pubblico ufficiale. Nel secondo caso (ad esempio psicologo che lavora in ospedale) lo psicologo nell’esercizio delle sue funzioni ricopre la qualifica di pubblico ufficiale e pertanto nel caso in cui venga a conoscenza di un reato procedibile d’ufficio è vincolato all’obbligo di denuncia, diversamente incorrerebbe nel reato di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (art 361 cp). Per quanto riguarda l’obbligo di referto devi fare riferimento all’art 365 cp (omissione di referto) che punisce la condotta di chiunque nell’esercizio di una professione sanitaria (quindi anche lo psicologo in ambito privato) presta la propria opera in casi che possono integrare un reato perseguibile d’ufficio omette di riferirne all’autorità giudiziaria. Tale obbligo non ricorre quando il referto esporrebbe l’assistito ad un procedimento penale (esempio paziente che in seduta riferisce di maltrattare abitualmente moglie e/o figli, oppure autore di violenza sessuale nei confronti di un minore ecc.) Detto questo l’art.13 del codice deontologico nei casi di obbligo di denuncia o obbligo di referto impone allo psicologo di limitare le informazioni da riferire all’autorità giudiziaria allo stretto necessario al fine di tutelare la salute psicologica del paziente. Il secondo comma dell’art.13 invece, in conformità del principio costituzionalmente garantito dall’art. 32 della costituzione, rimette allo psicologo la facoltà di derogare totalmente o parzialmente alla riservatezza nel caso in cui si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica della persona e/o di terzi. Art. 24 Consenso Informato Sanitario nei confronti di persone adulte capaci Questo articolo sottolinea che nessun trattamento sanitario può essere avviato o continuato senza il consenso libero e informato della persona coinvolta, a meno che la legge non preveda esplicitamente il contrario. Il consenso informato deve essere ottenuto utilizzando metodi e strumenti appropriati alle condizioni della persona e può essere documentato per iscritto, tramite videoregistrazione o, per persone con disabilità, tramite dispositivi che agevolino la comunicazione. È responsabilità esclusiva dello psicologo ottenere il consenso informato. Devono informare la persona coinvolta in modo chiaro, completo e aggiornato sulla finalità e sulle modalità del trattamento sanitario, sulla diagnosi e la prognosi, sui benefici e sui potenziali rischi, nonché sulle possibili alternative e sulle conseguenze del rifiuto del trattamento. Art. 27 Interruzione del rapporto professionale La psicologa o lo psicologo valutano attentamente il rapporto professionale con il paziente e possono decidere di interromperlo se ritengono che il paziente non stia beneficiando dall'intervento psicologico e non ci sia ragionevole previsione di benefici futuri. In tal caso, forniscono al paziente le informazioni necessarie per cercare altre forme di intervento più adatte alle sue esigenze. Questo è importante per garantire che il paziente riceva l'assistenza più efficace possibile e che la psicologa o lo psicologo possano concentrare le loro risorse su altri pazienti che possono trarre maggior beneficio dal loro aiuto. Art. 28 Commistioni tra ruolo professionale e vita privata In questo articolo si specifica che la psicologa e lo psicologo devono evitare di mescolare il proprio ruolo professionale con la vita privata in modo tale che non interferisca con il loro lavoro o danneggi l'immagine sociale della professione. È considerata una grave violazione deontologica se conducono diagnosi, sostegno psicologico o psicoterapia verso persone con cui hanno o hanno avuto relazioni significative di natura personale, specialmente affettive, sentimentali o sessuali. Allo stesso modo, è altrettanto grave violare il codice deontologico instaurando tali relazioni mentre si è impegnati in un rapporto professionale. È vietato loro qualsiasi attività che, grazie al loro ruolo professionale, possa portare vantaggi impropri diretti o indiretti, sia di natura finanziaria che non finanziaria, al di fuori del compenso concordato. Inoltre, non devono sfruttare la loro posizione professionale nei confronti di colleghi in supervisione o tirocinanti per scopi estranei al loro lavoro. Art. 31 Consenso informato sanitario nei casi di persone minorenni o incapaci I trattamenti sanitari rivolti a persone minorenni o incapaci sono subordinati al consenso informato di coloro che esercitano sulle medesime la responsabilità genitoriale o la tutela. La psicologa e lo psicologo tengono conto della volontà della persona minorenne o della persona incapace in relazione alla sua età e al suo grado di maturità nel pieno rispetto della sua dignità. Nei casi di assenza in tutto o in parte del consenso informato di cui al primo comma, ove la psicologa e lo psicologo ritengano invece che il trattamento sanitario sia necessario, la decisione è rimessa all’autorità giudiziaria. Sono fatti salvi i casi in cui il trattamento sanitario avvenga su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte. Art. 32 Prestazione richiesta da un committente In questo articolo si stabilisce che quando uno psicologo accetta di fornire un servizio professionale su richiesta di un cliente diverso dalla persona che riceverà il servizio, deve spiegare chiaramente a entrambe le parti la natura e lo scopo dell'intervento. Se la persona destinataria del servizio e il cliente non sono la stessa persona, lo psicologo deve sempre dare priorità alla tutela della persona che riceverà effettivamente il servizio.

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