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ORGANIZZAZIONE AZIENDALE - VERSIONE STA.pdf

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CORSO DI FORMAZIONE IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE FORM 04 Insegnamento ORGANIZZAZIONE AZIENDALE 6 CFU A cura di GOLINO ANTONELLA NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 1:...

CORSO DI FORMAZIONE IN SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE FORM 04 Insegnamento ORGANIZZAZIONE AZIENDALE 6 CFU A cura di GOLINO ANTONELLA NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 1: Programma dettagliato del corso e consigli della docente Programma dettagliato del corso: Lez 1 - Introduzione e presentazione del corso Lez 2 – Teoria, progettazione e cambiamento organizzativi Lez 3 - Le teorie classiche e l'organizzazione scientifica del lavoro di Taylor(OSL) Lez 4 – La teoria della direzione amministrativa (TDA) Lez 5 - La burocrazia Lez 6 - La teoria delle relazioni umane Lez 7 - Le teorie motivazionali Lez 8 - La teoria di Herzberg Lez 9 - La teoria di Mc Gregor Lez 10 - Gli stakeholder e l'efficacia organizzativa Lez 11 - Management e autorità Lez 12 - La direzione d'impresa e l'etica Lez 13 - L'ambiente organizzativo e l'incertezza Lez 14 - Teoria della dipendenza dalle risorse Lez 15 - Le strategie inter- organizzative Lez 16 - Il concetto di fiducia Lez 17 - Le teorie contingenti e i problemi di progettazione organizzativa Lez 18 - Decentramento e accentramento; Standardizzazione e aggiustamento reciproco Lez 19 - L'autorità Lez 20 - Il controllo Lez 21 - Management by objective (MBO) Lez 22 - Dalla struttura funzionale alla divisionale Lez 23 - Le strutture divisionali Lez 24 - La struttura a matrice e il network Lez 25 - La cultura organizzativa Lez 26 – Storia, riti e linguaggio organizzativo Lez 27 - Strategia, cultura e globalizzazione Lez 28 - Strategie funzionali e di business Lez 29 - La Strategia corporate e globale Lez 30 - Tecnologia ed efficacia dell'organizzazione Lez 31 - La complessità tecnologica Lez 32 - Le interdipendenze tra attività e tecnologie di produzione Lez 33 - Il cambiamento organizzativo S1 – Le resistenze al cambiamentoS2 - Spinte e resistenze S3 – Il caso Nike e altri Lez 34 – Alcune tipologie di cambiamento S1 – La teoria del campo di forza di LewinS2 - Accrescere l'integrazione Lez 35 - La gestione e l'implementazione del cambiamento Lez 36 - Il ciclo di vita dell'organizzazione Lez 37 – L'ecologia delle popolazioni Lez 38 - Il declino organizzativo Lez 39 - Organizational decision making Lez 40 - L'apprendimento organizzativo Lez 41 – Il knowledge management Lez 42 - Il miglioramento di Decision Making e apprendimento Lez 43 - Innovazione e cambiamento Lez 44 - Gestire il processo d'innovazione: il project management Lez 45 – Gestire il processo d’innovazione - 2 parte Lez 46 - Il conflitto organizzativo Lez 47 - La gestione del conflitto Lez 48 - Il potere organizzativo NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 2: la teoria, la progettazione e la cultura organizzative - definizioni base - misurazioni di efficacia - relazioni tra teoria, progettazione e cambiamento, cultura - il caso FedEx e UPS La teoria organizzativa è lo studio di come funzionano le organizzazioni e di come influenzano e sono influenzate dall’ambiente in cui operano. La struttura organizzativa è il sistema formale di compiti e relazioni di autorità che controllano il modo in cui le persone coordinano le proprie azioni ed utilizzano le risorse per conseguire gli obiettivi dell’organizzazione. La cultura organizzativa è l’insieme di valori e norme condivisi che controllano le interazioni dei membri dell’organizzazione tra di loro e con i fornitori, i clienti ed altri soggetti esterni all’organizzazione. La progettazione organizzativa è il processo attraverso cui i manager selezionano e gestiscono vari aspetti della struttura e della cultura, in modo che l’organizzazione possa controllare le attività necessarie per il raggiungimento dei suoi obiettivi. Il cambiamento organizzativo è il processo con cui le organizzazioni ridisegnano le proprie culture per passare dallo stato corrente ad uno stato futuro desiderato, in modo da accrescere la propria efficacia. NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 2: Misurazioni di efficacia organizzativa - controllo - innovazione - efficienza L’efficacia organizzativa abbiamo visto essere misurabile secondo tre approcci, basandosi su risorse interne, esterne o tecniche; cerchiamo di approfondirli.  Molto importante è l’apprendimento dello schema finale che s’invita poi a riprodurre personalmente come esercizio. 1. Controllo: è l’approccio basato sulle risorse esterne; è un metodo che consente di valutare l’efficacia con cui l’organizzazione gestisce e controlla il proprio ambiente esterno.  È la capacità di influenzare le percezioni degli stakeholder 2. Innovazione: è l’approccio basato sui sistemi interni; è un metodo che permette di valutare l’efficacia con cui un’organizzazione è capace di reagire prontamente alle sfide del mercato. Ad esempio il tempo di immissione sul mercato nello sviluppo dei nuovi prodotti, il tempo di consegna dei servizi, la velocità del processo decisionale e così via 2. Efficienza: è l’approccio tecnico; è un metodo che da la possibilità di valutare l’efficienza con cui un’organizzazione può convertire un determinato quantitativo di risorse e competenze in prodotti finiti e servizi. Ad esempio la produttività, i costi di coordinamento, i costi di produzione delle attività, la qualità dei prodotti e così via. NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 3: Le teorie classiche e l’Organizzazione scientifica del lavoro - teorie di Weber, Taylor, Fayol - Il Taylorismo Le teorie classiche, si riconducono principalmente a tre autori:  Max Weber (1864 – 1920), Prussia: con la teoria della burocrazia, la introduce in senso benevolo come vera soluzione all’organizzazione aziendale e non solo.  Frederick Taylor (1856 –1915), USA: idea la teoria dell’Organizzazione scientifica del lavoro, O.S.L., osservando la “fabbrica”, ossia lo stabilimento con macchine e operai e sostenendo che il cuore della modernità sia la catena di montaggio e non più la bottega artigiana.  espone come rendere efficace l’organizzazione della produzione e migliorare la produttività per raggiungere l’ottimo paretiano.  Henry Fayol (1841 – 1925), Francia: con la teoria della DirezioneAmministrativa, T.D.A., afferma che nell’impresa non c’è solo la “fabbrica”, ma anche gli uffici, la direzione, gli impiegati esistono regole d’efficienza diverse da quelle della produttività dell’operaio (ad esempio un impiegato non è detto che al computer lavori; ma può passare il suo tempo a navigare su Internet) LEZIONE 3: il Taylorismo Taylor sostenne che il cuore della modernità fosse la catena di montaggio, pertanto cercò di trovare il modo di rendere efficace al massimo l’organizzazione della produzione e migliorare la produttività  volle razionalizzare i metodi di produzione, sostituendo la conoscenza scientifica alle opinioni, alla conoscenza individuale e alle regoleempiriche, tipiche dell’era artigianale.  Ritenne basilare una rivoluzione mentale: non bisognava preoccuparsi della divisione del surplus, quanto invece del suo aumento perchè, finché aumenta, non c’è conflitto tra lavoratori e capitalisti I quattro principi dell’Organizzazione Scientifica del Lavoro (OSL) sono: 1. studio scientifico dei metodi lavorativi; 2. selezione e addestramento scientifico dei lavoratori e loro formazione nel tempo; 3. intima e costante collaborazione tra direzione e lavoratori; 4. divisione rigida delle responsabilità tra amministrazione e manodopera. 1. Lo studio scientifico dei metodi lavorativi si basa su alcune attività consequenziali: campionamento di un alto numero di modalità empiriche praticateda persone eccezionalmente abili; scomposizione del lavoro (mansione) nelle operazioni (compiti) enei movimenti elementari; determinazione, con il cronometro, del tempo richiesto per compiere ciascun movimento e scelta del procedimento più rapido, anche mediante l’eliminazione dei movimenti inutili; determinazione del tempo relativo alla mansione per somma dei tempi elementari dei procedimenti più rapidi; maggiorazioni (per fatica, interruzioni, novità etc.); studio delle attrezzature con la stessa logica; standardizzazione delle condizioni. Per la sua realizzazione, è richiesto un approccio culturale che siacaratterizzato da: - razionalità oggettiva, ossia valutazione in base ad un criterio univoco esistematico; - attribuzione di importanza alla scomposizione di un problema in sotto-problemi e alla sua ricomposizione tramite semplice somma.  I vantaggi sono l’ottenimento di un lavoro standardizzato e uniforme, conun rendimento doppio o anche triplo rispetto a prima. 2. La selezione e l’addestramento scientifico dei lavoratori non puòessere affidata al caso o a metodi arbitrari; per ogni compito esiste un lavoratore capace di svolgerlo in manieraottimale, per ogni lavoratore, c’è un compito in cui può eccellere  I tecnici della selezione devono realizzare l’allocazione ottima deilavoratori ai task 3. Intima e costante collaborazione tra direzione e lavoratori: è bendiversa rispetto al passato e distingue fra: direzione, che ha funzioni di pianificazione e controllo; lavoratori, che si occupano dell’esecuzione.  la divisione è facilitata dall’adozione di una struttura organizzativa ditipo funzionale.  C’è ricerca continua di collaborazione e consenso dei lavoratori: nelle fasi di studio, perché la progettazione dev’essere condottacon il consenso del lavoratore; nelle fasi di applicazione attraverso istruzioni, dimostrazionediretta e corresponsione d’incentivi monetari; nella fase di verifica, raccogliendo critiche, lamentele esuggerimenti  È importante che il “padrone” abbia contatti diretti con i lavoratori e litratti con umanità, perché scongiura il pericolo di associazionismo sindacale e di scioperi (paternalismo).  Taylor è ostile al sindacato, ritenuto contrario ai criteri “scientifici” di selezione del personale 4. Divisione dei compiti e delle responsabilità tra amministrazione emanodopera: la divisione del lavoro si articola su tre livelli:  al livello più basso si trova l’esecuzione materiale dellaproduzione;  al livello intermedio vi è l’analisi dettagliata delle procedure e laricerca di miglioramenti tecnici;  al livello più alto vi è la dirigenza che si occupa solo dellastrategia d’impresa. Una valutazione di sintesi delle idee di Taylor può essere fatta con leseguenti parole – chiave: utilizzo sistematico e totale della “scienza” caratteristiche del metodo “scientifico” determinismo scomponibilità sperimentazione Una sua applicazione/evoluzione si ha con H. Ford, che combina i principi Tayloristici di organizzazione del lavoro per massimizzare la produttività del lavoro. Automazione e standardizzazione di processi e prodotti per massimizzare le economie di scala” Autosufficienza (integrazione verticale) dalla lavorazione materie prime alla vendita Controllo totale (del mercato e della produzione)creando la catena di montaggio. NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 3: il Taylorismo Taylor sostenne che il cuore della modernità fosse la catena di montaggio, pertanto cercò di trovare il modo di rendere efficace al massimo l’organizzazione della produzione e migliorare la produttività  volle razionalizzare i metodi di produzione, sostituendo la conoscenza scientifica alle opinioni, alla conoscenza individuale e alle regoleempiriche, tipiche dell’era artigianale.  Ritenne basilare una rivoluzione mentale: non bisognava preoccuparsi della divisione del surplus, quanto invece del suo aumento perchè, finché aumenta, non c’è conflitto tra lavoratori e capitalisti I quattro principi dell’Organizzazione Scientifica del Lavoro (OSL) sono: 5. studio scientifico dei metodi lavorativi; 6. selezione e addestramento scientifico dei lavoratori e loro formazione nel tempo; 7. intima e costante collaborazione tra direzione e lavoratori; 8. divisione rigida delle responsabilità tra amministrazione e manodopera. 1. Lo studio scientifico dei metodi lavorativi si basa su alcune attività consequenziali: campionamento di un alto numero di modalità empiriche praticateda persone eccezionalmente abili; scomposizione del lavoro (mansione) nelle operazioni (compiti) enei movimenti elementari; determinazione, con il cronometro, del tempo richiesto per compiere ciascun movimento e scelta del procedimento più rapido, anche mediante l’eliminazione dei movimenti inutili; determinazione del tempo relativo alla mansione per somma dei tempi elementari dei procedimenti più rapidi; maggiorazioni (per fatica, interruzioni, novità etc.); studio delle attrezzature con la stessa logica; standardizzazione delle condizioni. Per la sua realizzazione, è richiesto un approccio culturale che siacaratterizzato da: - razionalità oggettiva, ossia valutazione in base ad un criterio univoco esistematico; - attribuzione di importanza alla scomposizione di un problema in sotto-problemi e alla sua ricomposizione tramite semplice somma.  I vantaggi sono l’ottenimento di un lavoro standardizzato e uniforme, conun rendimento doppio o anche triplo rispetto a prima. 2. La selezione e l’addestramento scientifico dei lavoratori non puòessere affidata al caso o a metodi arbitrari; per ogni compito esiste un lavoratore capace di svolgerlo in manieraottimale, per ogni lavoratore, c’è un compito in cui può eccellere  I tecnici della selezione devono realizzare l’allocazione ottima deilavoratori ai task 3. Intima e costante collaborazione tra direzione e lavoratori: è bendiversa rispetto al passato e distingue fra: direzione, che ha funzioni di pianificazione e controllo; lavoratori, che si occupano dell’esecuzione.  la divisione è facilitata dall’adozione di una struttura organizzativa ditipo funzionale.  C’è ricerca continua di collaborazione e consenso dei lavoratori: nelle fasi di studio, perché la progettazione dev’essere condottacon il consenso del lavoratore; nelle fasi di applicazione attraverso istruzioni, dimostrazionediretta e corresponsione d’incentivi monetari; nella fase di verifica, raccogliendo critiche, lamentele esuggerimenti  È importante che il “padrone” abbia contatti diretti con i lavoratori e litratti con umanità, perché scongiura il pericolo di associazionismo sindacale e di scioperi (paternalismo).  Taylor è ostile al sindacato, ritenuto contrario ai criteri “scientifici” di selezione del personale 4. Divisione dei compiti e delle responsabilità tra amministrazione emanodopera: la divisione del lavoro si articola su tre livelli:  al livello più basso si trova l’esecuzione materiale dellaproduzione;  al livello intermedio vi è l’analisi dettagliata delle procedure e laricerca di miglioramenti tecnici;  al livello più alto vi è la dirigenza che si occupa solo dellastrategia d’impresa. Una valutazione di sintesi delle idee di Taylor può essere fatta con leseguenti parole – chiave: utilizzo sistematico e totale della “scienza” caratteristiche del metodo “scientifico” determinismo scomponibilità sperimentazione Una sua applicazione/evoluzione si ha con H. Ford, che combina i principi Tayloristici di organizzazione del lavoro per massimizzare la produttività del lavoro. Automazione e standardizzazione di processi e prodotti per massimizzare le economie di scala” Autosufficienza (integrazione verticale) dalla lavorazione materie prime alla vendita Controllo totale (del mercato e della produzione)creando la catena di montaggio. NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 4: La teoria della direzione ammistrativa (T.D.A.) - presentazione della teoria - Fayol - Le critiche - L'approccio universalistico Fayol, ingegnere di formazione, lavorava in un’impresa mineraria di cui diverrà il direttore generale; la sua esperienza lo portò ad osservare che la “fabbrica” non era l’unica attività dell’impresa, ma c’erano anche gli uffici, la direzione, gli impiegati che hanno regole d’efficienza diverse rispetto a quelledella produttività  si propose di “rendere scientifica” l’attività di direzione (dove dirigere significa programmare, organizzare, comandare, coordinare, controllare) Condivideva l’impostazione dell’organizzazione scientifica del lavoro masostituì alla sperimentazione delle ricette prefabbricate che si ritengonouniversalmente valide  la sua teoria si può considerare una “filiazione” dell’OSL (qualcuno dice “degenerazione”) che ha il merito di aver esteso il campo di applicazione dalle fabbriche ad altri tipi di organizzazioni (agli uffici amministrativi) Fayol era convinto che le capacità direttive si potessero acquisire edinsegnare.  Per poterle insegnare, riteneva necessario delineare una serie di teoriee principi generali sulla direzione, all’epoca mancanti.  La funzione direzionale è distinta da tutte le altre funzioni di un’impresa (funzioni tecnica, commerciale, finanziaria, di sicurezza, di contabilità)  Ha due caratteristiche essenziali: 1. è universale perchè tutte le organizzazioni ne hanno bisogno; 2. è diffusa perchè non riguarda solo il vertice ma tutti i livelli direttivi intermedi  è un’estensione rispetto all’OSL  Alla funzione di direzione sono attribuibili 5 compiti: 1. programmare: è l’attività di definire, allo stesso tempo, il risultato che si vuole raggiungere, la linea di condotta da seguire, gli stadi da attraversare, i mezzi da impiegare; 2. Organizzare: è l’attività di progettazione della struttura che permetteall’impresa di assicurarsi che il personale (che F. definisce “l’organismo sociale”) possa efficacemente svolgere le funzioni fondamentali.  Introduce l’utilità e la distinzione tra organi di linee di staff 3. Comandare, cioè trarre il maggior profitto possibile dagli elementiche compongono l’azienda e nel suo interesse. 4. Coordinare, ossia mettere armonia in tutte le azioni di un’azienda inmodo da facilitarne funzionamento e successo. 5. Controllare: è il verificare che tutto scorra conformemente alprogramma adottato, agli ordini dati e ai principi ammessi.  Per esercitare la funzione direzionale, sono necessari però alcuni principi:  principio della divisione del lavoro: a differenza di quanto accadeva nell’OSL (in cui era applicato per singole mansioni) si applica a livello più aggregato di unità organizzative e gestionali.  F. ritiene infatti che divisione e specializzazione del lavoro troppo spinte creino problemi eccessivi di coordinamento.  Principio dell’unità del comando: in contrapposizione all’OSL, si ritiene che un dipendente debba ricevere ordini da un solo capo.  Principio scalare: esiste una catena di comando precisa, senza “vuoti”di potere; le comunicazioni devono rispettare rigorosamente la via gerarchica.  Principio del numero dei livelli: bisogna rendere più corta possibile la catena di comando  si deve cercare di progettare strutture “piatte”  Principio dell’ampiezza del controllo: si definisce il numero massimo di persone che possono dipendere da un capo  studi “scientifici” hanno mostrato che il valore ottimale è tra 4 e 6.  Principio line e staff: è opportuno affiancare alle unità organizzative di line, ossia dedicate alle normali funzioni aziendali (ad esempio approvvigionamenti, produzione, vendita, etc.), delle unità di staff con compiti di consulenza e supporto  dipendono direttamente dai vertici e quindi si collocano al di fuoridella linea di commando principale. NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 5: La burocrazia - la teoria burocratica - la superiorità secondo Weber Giurista, economista, sociologo e politologo, Max Weber nel testo “Economia e Società” delinea il modello ideal- tipico della burocrazia, la cui ascesa è legata all’affermarsi del capitalismo industriale. Introduce la burocrazia in senso benevolo in quanto vera soluzione all’organizzazione aziendale (ma non solo). Descrive 3 forme di potere, inteso come la possibilità, per specificicomandi, di trovare obbedienza presso un gruppo di individui: potere carismatico, potere tradizionale, potere legale.  Ogni potere necessita di un apparato amministrativo, che agisca datramite tra chi detiene il potere ed i sottoposti. 1. Il potere carismatico: W. lo definisce come autorità fondata sulla devozione all'eccezionale santità, eroismo o carattere esemplare di una singola persona, e dei modelli normativi o ordini rivelati o impartiti da tale soggetto.  è un potere irrazionale, rivoluzionario, che si serve di un apparato amministrativo rudimentale o inesistente. 2. Il potere radizionale: tipico dell’era pre-capitalistica, feudale in particolare, ha come apparato amministrativo la nobiltà e si trasmette per via ereditaria.  i sottoposti sono sudditi sui quali il sovrano ha potere illimitato. 1. Il potere legale: si basa sulla credenza nell’equità della legge e discende da un ordinamento astratto ed universale (ad es. la Costituzione); ha come apparato amministrativo la burocrazia.  Chi esercita il potere osserva lo stesso ordinamento che vincola i sottoposti. La burocrazia è caratterizzata da: divisione del lavoro rigidamente determinata da norme e definizione delle qualificazioni (leggi e regolamenti); gerarchia degli uffici, che determina gli ambiti di autorità e i flussi di comunicazione (sistema rigido di subordinazione, con poteri di verifica e controllo); un sistema di regole generali che governano ogni azione e decisione e costituiscono la base di una competenza di tipo specialistico; impersonalità delle relazioni che evita interferenze di sentimenti nell’assolvimento dei doveri e consente un trattamento imparziale; il lavoro come professione e carriera, fondate rispettivamente sulla qualificazione e su prestazioni e grado di anzianità  il burocrate deve avere una preparazione minuziosa e specializzata, che gli conferisce così enorme potere. Il funzionario della burocrazia: secondo W., l’ufficio è una professione cherichiede: corso di studi predeterminato, con certificazioni di competenza; prove di qualificazione per l’assunzione e per gli avanzamenti di carriera; dovere di fedeltà all’ufficio, cioè lealtà ad uno scopo oggettivo impersonale;  una forte differenza rispetto alle altre due forme di potere è l’obbedienza ai ruoli superiori, indipendentemente dalle persone che li ricoprono.  Il funzionario è una condizione che: si accompagna ad un prestigio di ceto, ha durata vitalizia, caratterizzata da uno stipendio monetario fisso, non ha il possesso degli strumenti del suo lavoro. La teoria burocratica, secondo Weber, ha determinati vantaggi rispetto allealtre forme, che le conferiscono una superiorità tecnica:  la definizione rigida di diritti e doveri e la gerarchia permettono unamaggiore rapidità di risposta;  il ricorso a regole scritte e rigide assicura precisione, uniformità, univocità,prevedibilità;  il coordinamento è agevolato dal ricorso alle regole; la divisione del lavoro consente lo sfruttamento di economie di specializzazione e crescita specialistica. NUCLEO TEMATICO 1 LEZIONE 6: La teoria delle relazioni umane - Mayo e la sua scuola Elton G. Mayo (1880 – 1949), psicologo e docente alla Harvard Graduate School of Business di ricerche industriali, condusse i suoi primi studi sul problema del turn-over presso una filatura di Philadelphia, dove rilevò che lo sviluppo di un forte senso di gruppo con autonomia e responsabilità aumentava la produttività e riduceva il turn- over stesso.  il cosiddetto fattore umano, che nelle teorie classiche era considerato una variabile dipendente del sistema organizzativo (chiuso), fu recuperato perchè, con il suo gruppo, egli adottò una visione più completa del rapporto uomo-organizzazione. Nel 1927 fu chiamato agli Stabilimenti Hawthorne della Western ElectricCompany (WEC), che producevano materiale telefonico, per svolgere delle ricerche sulla produttività;  dagli esiti inattesi di tali ricerche, derivò la nascita dello HumanRelations Movement. Nel 1924, la WEC di Cicero, alla periferia di Chicago, nel quartiere di Hawthorne, aveva iniziato una serie di esperimenti per analizzare ilrendimento degli operai. Nel 1927 Mayo e il suo team furono coinvolti per investigare sullarelazione tra produttività e ambiente lavorativo  L’obiettivo era analizzare la relazione tra le condizioni di lavoro el’incidenza della fatica e della noia sui lavoratori. I ricercatori della WEC condussero 12 cicli di sperimentazione: - Il primo esperimento fu condotto in 3 reparti, con variazione dellecondizioni di illuminazione, senza controllo; - il secondo fu fatto con gruppo di controllo; - nel terzo fu esclusa le luce proveniente dalle finestre, tra le proteste degli operai; - il quarto esperimento era uguale al precedente, ma con due operai; da un livello minimo di luce si simularono l’abbassamento e l’innalzamento dell’illuminazione. Mayo formulò le seguenti conclusioni: L'uomo è fondamentalmente motivato da bisogni di natura sociale,ed ottiene dal rapporto con gli altri il suo senso d'identità personale. In conseguenza della rivoluzione industriale e dell'organizzazionescientifica del lavoro, il lavoro stesso è privo di significato intrinseco  la motivazione è da ricercare nei rapporti sociali che si formano sullavoro. Il lavoratore è più influenzato dalla forza sociale del suo gruppo cheda incentivi e controlli della Direzione. Il lavoratore risponde alla Direzione nella misura in cui essa nerispetta i bisogni sociali. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 7: Le teorie motivazionali - i motivazionalisti - le motivazioni ed i bisogni Le teorie del contenuto della motivazione, analizzano i bisogni delle persone per comprendere cosa motiva gli individui a compiere determinateazioni; quelle del processo forniscono invece una descrizione e l'analisi di come i comportamenti possono essere generati, diretti, sostenuti e interrotti.  Sono teorie del contenuto quelle di: Maslow (Gerarchia dei bisogni) Herzberg (Fattori igienici e motivanti) McGregor (Teoria X e Teoria Y) Le persone servono alle organizzazioni, ma non è facile ottenere da esse ilcontributo necessario;  la motivazione di un comportamento nasce dall’universale tendenza asoddisfare ordini di bisogni.  Un bisogno è la carenza di un “oggetto” desiderato, tale per cui lapersona orienta il suo comportamento per raggiungerlo. La scuola motivazionale sottolinea l’importanza della autorealizzazione e della significatività del contenuto del lavoro sulla produttività dei lavoratori. Secondo A.H. Maslow, l’uomo possiede una scala gerarchica dibisogni, rappresentabile come una piramide: fisiologici, di sicurezza, sociali (di appartenenza), di stima (altrui e autostima), di autorealizzazione.  Sono bisogni di ordine inferiore quelli che afferiscono alla sferaprivata dell’individuo:  fisiologici: sono i bisogni fondamentali, come la necessità di mangiare, di bere, di vestirsi, ecc.  Sono funzionali al mantenimento fisico dell’individuo e alla suasopravvivenza;  per questo sono considerati prioritari e dunque posti alla basedella scala gerarchica.  Di sicurezza: sorgono immediatamente dopo il soddisfacimento,almeno parziale, dei precedenti. Possono essere distinti in: bisogni di sicurezza fisica (incolumità sul posto di lavoro), bisogni di sicurezza psicologica (posizione lavorativa), bisogni di equità (rapporto con l’azienda).  Sono invece bisogni di ordine superiore quelli che la persona ricerca una volta soddisfatti i primi due:  Sociali (di appartenenza): sono le relazioni con i propri colleghi, alla conquista di un posto all’interno di un gruppo.  Di stima (altrui e auto-): soddisfatti i bisogni di socialità, un individuo cercherà la stima delle persone che lo circondano (dei propri colleghi), ma anche l’innalzamento del grado di stima avvertitonei propri confronti (autostima).  Di autorealizzazione: emerge dopo che tutti gli altri bisogni hanno trovato soddisfazione; secondo Maslow rappresenta l’attualizzazione delle proprie potenzialità, il far coincidere l’immagine che si ha di sé con la situazione reale. Tra i bisogni intercorrono delle relazioni che, sempre secondoMaslow, sono le seguenti: un bisogno regolarmente soddisfatto è poco motivante; un bisogno non diviene motivante se non sono soddisfatti i bisogni che lo precedono nella scala.  i bisogni di stima e di autorealizzazione tendono quindi ad assumere crescente importanza solo con il progredire del livello economico e professionale dei lavoratori. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 8: Il modello dei fattori duali di Herzberg Il programma di ricerca di Herzberg (1923 – 2000), concernente gli atteggiamenti degli individui sul lavoro, ha preso avvio da due ipotesi di fondo: gli individui 1. in quanto animali, tendono a evitare il dolore fisico e le privazioni (principio edonistico); 2. in quanto esseri umani, tendono a crescere psicologicamente.  I bisogni quindi sono classificati in due classi di contenuto: fattori igienici, ossia le esigenze materiali, di consumo, di sicurezzae non nocività ambientale; fattori motivanti, cioè le esigenze di crescita e sviluppo professionale. I fattori igienici identificano bisogni percepiti come deficit rispetto aduno standard e generano insoddisfazione se non trovano risposte creano quindi insoddisfazione se mancano ma, se sono presenti,riducono il livello di insoddisfazione, non fanno aumentare però il livello di soddisfazione. I fattori motivanti identificano bisogni percepiti come surplus e sono generativi di spinte positive all’azione per conseguire un’elevata soddisfazione o per correggere una situazione negativa sono correlati al livello di soddisfazione e di prestazione la loro presenza può incrementare sia l'una sia l'altra, ma la loro assenza non provoca insoddisfazione. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 9: Le teorie di Mc Gregor - La teoria X La teoria Y - Gli stili di direzione La Teoria X e la Teoria Y sono le teorie motivazionali delle risorse umanesviluppate da Douglas McGregor presso la Scuola del MIT Sloan ofManagement nel 1960.  sono utilizzate nella gestione delle risorse umane e nella definizione e sviluppo dei comportamenti organizzativi.  Descrivono due modelli opposti di motivazione della forza lavoro  L’adozione di un modello rispetto ad un altro è legata al sistema dei valori posseduto da chi dirige, alle capacità dei subordinati e alle caratteristiche della situazione entro cui si deve esercitare il processo di direzione.  Lo stile è sempre il risultato dell’interazione di questi tre fattori. Può essere autoritario quando segue una direzione tradizionale di tipo autocratico o partecipativo  La Teoria X e lo stile di direzione autoritario L’imprenditore o comunque il manager responsabile sostiene che i dipendentisiano intrinsecamente pigri e inclini a sfruttare qualsiasi occasione per evitare i carichi di lavoro. Secondo questa teoria, quindi, i dipendenti, in assenza di un sistema di incentivazione delle performance, - mostrano poca ambizione - evitano l’assunzione di responsabilità. Questa visione tende a colpevolizzare le persone, senza prendere in considerazione altri fattori (procedure aziendali, politiche aziendali, mancanza di formazione adeguata, ecc.) come responsabili di errori o inefficienze.  porta a sviluppare sistemi di controllo dei propri collaboratori.  ci si basa molto sulla minaccia e la coercizione per ottenere il rispetto deidipendenti  Si crea un'atmosfera punitiva e di sfiducia.  I rischi Il problema è l’innestarsi di un circolo vizioso dovuto al fatto che i dipendenti, continuamente sottoposti a controlli e punizioni, reagiscono proprio nella direzione tracciata dalla Teoria X, ossia adottando comportamenti opportunistici e cercando di approfittarsene o diventando menefreghisti anche se non lo erano.  Questo circolo può essere interrotto soltanto creando un climadi fiducia fra il manager e il lavoratore, non ottenibile seguendo le indicazioni che derivano dalla Teoria X.  Nella prassi si è rivelata una teoria controproducente.  La Teoria Y e lo stile di direzione partecipativa, partono da una visione opposta: il management ritiene che i collaboratori possano essere ambiziosi e auto-motivati.  Si ritiene che i dipendenti svolgano con “piacere” le loro attività fisiche e mentali, abbiano un atteggiamento proattivo nel lavoro e possiedanocapacità di problem solving. A determinate condizioni favorevoli, la teoria Y ritiene che i dipendentiimpareranno - a cercare e accettare le responsabilità, - a raggiungere in autonomia gli obiettivi.  La soddisfazione di poter fare un buon lavoro è quindi un fattoremotivante.  I vantaggi: McGregor fa semplicemente notare che avere una visione positiva dei lavoratori può creare un ambiente di lavoro che incentiva alla “best performance”.  Lo sviluppo delle risorse umane diventa fondamentale porta a comunicare apertamente con i collaboratori, riducendo le gerarchie al minimo e creando un ambiente confortevole. Il risultato più alto di questa teoria si ha nel momento in cui i collaboratori prendono parte al processo decisionale. Lo stile partecipativo è una direzione basata sul consenso e attuata prevalentemente mediante la creazione della motivazione.  Il controllo diventa autocontrollo.  Richiede una struttura decentrata del processo decisorio e si applicano i principi della delega e dell’autocontrollo in maniera democratica, coinvolgendo i subordinati nel processo.  I lavoratori si assumono precise responsabilità  il capo esercita un ruolo di impulso e coordinamento diventando un leader. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 10: Gli stakeholder e l’efficacia organizzativa Gli Stakeholder, in organizzazione aziendale, sono le persone che hanno(anche in alternativa) - un interesse, - una pretesa - una partecipazione nell’organizzazione, in ciò che fa e nella qualità della sua performance.Possono essere classificati in: - interni ed esterni - primari e secondari anche se queste categorie possono variare da impresa a impresa.  Ciascuno di loro può apportare e/o ricevere: incentivi, ossia ricompense come il denaro, il potere o lo status organizzativo; contributi, cioè le competenze, le conoscenze e le capacità che le organizzazioni richiedono ai propri membri nell’assolvimento dei rispettivi compiti. Stakeholder interni  Possiamo definire stakeholder interni, le persone molto vicine aun’organizzazione che hanno la pretesa più forte o più diretta sulle risorse di quest’ultima, quali ad esempio gli: imprenditori e gli azionisti, ossia i proprietaridell’organizzazione; i manager, cioè i collaboratori che hanno la responsabilità di coordinare le risorse organizzative e di garantire il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione; la forza lavoro, cioè i dipendenti che non fanno parte del management e i collaboratori. Stakeholder esterni  Possiamo definire stakeholder esterni: le persone che non partecipano alla proprietà dell’azienda e non dipendono da essa, ma hanno un certo interesse nei suoi confronti, quali ad esempio: i clienti, solitamente numerosi, che ne acquistano i prodotti; i fornitori, che contribuiscono all’organizzazione attraverso la fornitura di materie prime e componenti; governo e le pubbliche autorità: vogliono che le imprese competano correttamente, obbediscano alle regole della libera concorrenza e a quelle concordate, alle leggi sulla retribuzione e sul trattamento economico del personale e su altri temi sociali ed economici; i sindacati che possono relazionarsi conflittualmente o cooperare; le comunità locali, il cui benessere economico generale dipende fortemente dal successo o dall’insuccesso delle imprese locali; l’opinione pubblica,’ generalmente contenta quando le aziende nazionali prevalgono sui concorrenti esteri ma desiderosa che agiscano in modo socialmente responsabile. Gli stakeholder primari  Possiamo definire stakeholder primari, quelli senza la cui continua partecipazione l’impresa non potrebbe sopravvivere, o comunque avrebbe seri problemi, quali ad esempio: Azionisti e Investitori Dipendenti Clienti Fornitori Governi e comunità locali che forniscono infrastrutture emercati, le cui leggi e regolamenti devono essere rispettate. Gli stakeholder secondari  Sono definibili stakeholder secondari tutti coloro che influenzano o sono influenzati dall’impresa, ma non sono impegnati in transazioni con essa e non sono fondamentali per la sua sopravvivenza, quali ad esempio i media ed una vasta gamma di particolari gruppi di interesse  Hanno la capacità di mobilitare l’opinione pubblica a favoreo contro le performance di un’impresa.  Sono comunque in grado di crearle gravi danni.  Possiamo definire efficacia organizzativa la capacità di un’organizzazionedi soddisfare obiettivi ed interessi, per natura contrapposti, degli stakeholder  Un’organizzazione infatti è usata simultaneamente dai diversi gruppi distakeholder per realizzare i propri obiettivi, ad esempio: gli azionisti cercano un ritorno sul proprio investimento, i clienti l’affidabilità e il valore dei suoi prodotti, i dipendenti abbisognano di stipendi, stock option, condizioni dilavoro e prospettive di carriera e così via.  Un'organizzazione è viva e vitale finchè la coalizione dominante distakeholder ha il controllo su un quantitativo sufficiente di incentivi può quindi ottenere i contributi di cui ha bisogno da altri gruppi distakeholder. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 11: Top Management e autorità organizzativa  Possiamo definire autorità il potere di responsabilizzare le persone sulleloro azioni e di prendere decisioni sull’utilizzo delle risorse organizzative.  Il Consiglio di amministrazione è un gruppo di persone che: - tiene sotto controllo le attività dei manager - premia i dirigenti che perseguono attività in grado di soddisfare gliobiettivi degli stakeholder. I consiglieri possono essere interni se hanno un ruolo nella gerarchia formale dell’azienda, esterni se non sono dipendenti dell’azienda; possono ricoprireposizioni nei CDA di numerose imprese.  Il corporate management è il gruppo di stakeholder interni preposto a: - stabilire gli obiettivi ed i traguardi dell’azienda, - decidere l’allocazione delle risorse per il conseguimento degli obiettivi - progettare la struttura organizzativa.  La catena di comando è il sistema di relazioni gerarchiche di una grandeazienda.  La gerarchia è un ordinamento verticale di ruoli, basato sull’autorità esulla posizione formale.  Il Chief Executive Officer (CEO) è responsabile di fissare gli obiettividell’organizzazione e di definirne la struttura.  Sceglie gli executive che andranno a occupare i livelli più elevatidella gerarchia manageriale.  Determina le ricompense e gli incentivi del top management. Ha il ruolo di controllare l’allocazione di risorse scarse come il denaroe il potere decisionale tra le aree funzionali o le divisioni dell’azienda  Le azioni e la reputazione del CEO hanno un impatto sostanziale sulla percezione dell’organizzazione che hanno gli stakeholder interni ed esterni, e incidono sulla capacità dell’organizzazione stessa di attrarre risorse dall’ambiente  I team  Ruolo di line: sono i manager che curano le funzioni ed i processi impegnati direttamente nella generazione del valore per i clienti.  Ruolo di staff: sono i manager che dirigono le funzioni di supporto, comead esempio la gestione del personale o l’amministrazione e sono organi meramente consultivi.  Team di vertice: è costituito dal gruppo di manager che riportano al CEO e lo aiutano a definire la strategia dell’azienda e a fissarne gli obiettivi e i traguardi di lungo termine.  Corporate manager: sono i componenti del team di vertice la cui responsabilità è fissare la strategia per l’azienda nella sua totalità.  Manager divisionali: stabiliscono la politica per la sola divisione che dirigono.  Manager funzionali: manager che hanno la responsabilità di sviluppare le competenze e le capacità funzionali  formano nel loro insieme le competenze distintive su cui l’organizzazione fonda il proprio vantaggio competitivo  La teoria dell’agenzia Facilita la comprensione della complessa relazione di autorità che lega il top management al consiglio di amministrazione. In generale si crea un rapporto di “agenzia” (o di mandato) tutte le volte che una persona (mandante) delega l’autorità decisionale o ilcontrollo ad un’altra persona (mandatario)  Gli azionisti, ad esempio colui che acquista azioni sul mercato azionario, potrebbero non sapere affatto come gestire un’azienda; essi sono i mandanti e sono definiti “principals” (principali).  I componenti del top management, esperti del settore, sono invece i mandatari, definiti “agents” (agenti), nominati dagli azionisti per utilizzare le risorse organizzative in modo efficace  Il problema dell’agenzia dell’azzardo morale è la determinazione della responsabilità manageriale che insorge quando si delega l’autorità ai manager Gli azionisti hanno uno svantaggio informativo rispetto ai top manager  il principale fatica a valutare la performance dell’agente I top manager e gli azionisti possono avere obiettivi differenti  l’agente può avere interesse a perseguire obiettivi e traguardi diversi da quelli del principale.  Spesso la valutazione dell’operato dei manager è possibile dopo un periodo medio/lungo.  È possibile risolverlo armonizzando gli interessi del mandante e delmandatario perché entrambi abbiano l’incentivo a lavorare insieme per massimizzare l’efficacia organizzativa con l’utilizzo: dei meccanismi di governance, ossia forme di controllo, di incentivi appropriati, schemi retributivi legati alla performance aziendale, competizioni interne ed iter di carriera. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 12: La direzione d’impresa e l’Etica organizzativa - etica e management  Dilemma morale è la situazione in cui si trovano le persone quando devono decidere se agire in un modo che potrebbe giovare a un’altrapersona o a un altro gruppo, anche a costo di andare contro il propriointeresse.  Etica è l’insieme di principi morali o convenzioni su ciò che è giusto osbagliato.  Etica e diritto: non esistono regole o principi di carattere assoluto che determinano se una azione è etica o antietica, ma le leggispecificano: - cosa le persone e le organizzazioni possono/non possono fare (ad esempio la normativa antitrust, le norme sul lavoro,...) - le sanzioni previste in caso di violazione delle norme. I diversi gruppi sociali promuovono leggi che rispondono ai loro interessi e alle loro convinzioni su ciò che si deve intendere per giusto o sbagliato  Una volta approvata una legge, una decisione sul comportamento appropriato da tenere rispetto ad una persona o una situazione, si trasferisce dal campo etico al campo legale.  Le regole etiche e le regole legali sono relative.  Non esistono standard assoluti o invariabili per stabilire come gli individui si dovrebbero comportare.  Possiamo individuare varie cause da cui origina l’etica:  Etica sociale: è codificata nel sistema legale di una società, nei sui costumi e nelle sue prassi, nelle norme non scritte e nei valori che lepersone usano per interagire tra di loro.  Etica professionale: l’insieme delle regole morali e dei valori cheun gruppo di persone utilizza per controllare il proprio modo dilavorare o di utilizzare le risorse.  Etica individuale: l’insieme degli standard personali e morali usati dagli individui per strutturare le loro interazioni con altri soggetti.  Le leggi e le regole etiche nascono per controllare il comportamento egoistico degli individui e delle organizzazioni quando minaccia gli interessi collettivi della società.  Un comportamento antietico può invece originare da:  Etica personale, che deriva da varie fonti come la famiglia, l’educazione e la formazione professionale.  Interesse egoistico: di solito affrontiamo dei problemi etici quando dobbiamo confrontare i nostri interessi personali con gli effetti delle nostre azioni sugli altri.  Pressioni esterne: pressioni derivanti dal sistema di ricompense, dal settore e da altre forze.  La reputazione riduce i costi di transazione tra le persone (costi di monitoraggio, negoziazione e applicazione degli accordi, etc) che sono alti per le organizzazioni antietiche ma si abbassano per le organizzazioni con una buona reputazione.  Una organizzazione è etica se le persone che vi operano sono etiche, pertanto:  bisogna incentivare al comportamento etico e disincentivare o punire coloro che non vi si conformano;  i manager possono essere una guida, fissando esempi di etica organizzativa;  i manager dovrebbero comunicare valori etici a tutti gli stakeholder interni ed esterni.  Progettare una struttura etica ed un sistema di controllo etico significa definire valori, regole e norme che definiscono la posizione etica di una organizzazione, che fanno parte della sua cultura  Il comportamento dei top manager influenza fortemente la cultura organizzativa  La creazione di una cultura aziendale improntata all’etica richiede un forteimpegno a tutti i livelli dell’organizzazione È importante per un’organizzazione riuscire a promuovere gli interessidei gruppi di stakeholder e trovare il modo di soddisfarne i bisogni.  Il governo e le sue agenzie, i comitati, gli enti regolatori di settore ei gruppi di difesa dei consumatori contribuiscono a fissare le regole etiche che l’organizzazione dovrebbe perseguire  Per questa ragione le pressioni provenienti dagli stakeholder esterni possono promuovere un comportamento organizzativo etico. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 13: L’ambiente organizzativo e l’incertezza  L’ambiente è l’insieme delle forze che circondano un’organizzazionee possono incidere sul suo modo di operare e sul suo accesso alle risorse scarse.  L’ambito organizzativo è l’insieme specifico di beni e servizi prodotti dall’azienda e l’insieme dei clienti e degli altri stakeholder che serve.  L’ambiente specifico è costituito dalle forze rappresentate da gruppi di stakeholder esterni che incidono direttamente sullacapacità di un’organizzazione di procurarsi le risorse.  Gli stakeholder esterni, abbiamo visto, includono clienti, distributori, sindacati, concorrenti, fornitori ed il governo  L’organizzazione deve effettuare delle transazioni con ognunadelle forze presenti nel suo ambiente specifico se vuole ottenere le risorse che necessarie alla sopravvivenza.  L’ambiente generale è costituito dalle forze che influenzano l’ambiente specifico ed incidono sulla capacità di tutte le organizzazioni operanti in un determinato ambiente di ottenere risorse, suddivisibili in: forze politiche ed ambientali: sono quelle che influenzano la politica del governo nei confronti delle imprese e dei loro stakeholder; forze demografiche, culturali e sociali che sono ad esempio l’età, il livello d’istruzione, lo stile di vita, le norme, i valori ed i costumi di un popolo che influenzano i clienti, i manager ed i dipendenti di un’organizzazione.  Ci sono numerose forze ambientali che possono causare incertezza perle organizzazioni  una maggiore incertezza rende più difficile per i manager controllare ilflusso delle risorse di cui hanno bisogno per proteggere e allargare il proprio ambito organizzativo  La complessità ambientale è funzione della consistenza, del numero e dell’interconnessione delle forze generali che deve gestire un’organizzazione  quanto più intensa è l’interconnessione tra le diverse forze, tantopiù aumenta la complessità.  Il dinamismo ambientale è tanto più forte quanto più si modificano le forze operanti nell’ambiente specifico e nell’ambiente generale.  La munificenza ambientale dipende dalla quantità di risorse disponibili a supporto dell’ambito organizzativo di un’azienda.  Possiamo pertanto definire l’ambiente:  stabile, se le forze incidono sulla fornitura delle risorse inmaniera prevedibile;  instabile o dinamico, quando un’organizzazione non è in gradodi prevedere come si modificheranno le forze nel tempo;  povero, tanto più quanto più si verificano una o entrambe leseguenti situazioni: l’organizzazione ha sede in un paese povero o in una regionepovera c’è un alto livello di competizione e le organizzazionicompetono sulle risorse disponibili. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 14: La teoria della dipendenza dalle risorse (Resource-based view theory) - le risorse: caratteristiche, valore La Teoria della dipendenza dalle risorse (resource-based view theory) è la teoria in base alla quale l’obiettivo di un’organizzazione è: - minimizzare la dipendenza da altre organizzazioni per l’acquisizionedelle risorse scarse che esistono nell’ambiente; - trovare il modo d’influenzarle per rendere disponibili le risorse.  Secondo la resource-based view, l’organizzazione dipende dall’ambiente per le risorse necessarie alla propria sopravvivenza.  L’adattamento all’ambiente non è l’unica risposta possibile, perchè si può cercare, in qualche misura, di controllarlo per ridurre la dipendenza dalle risorse.  Un’organizzazione deve gestire simultaneamente due aspetti: - la capacità di esercitare un’influenza sulle altre organizzazioni per potersi procurare le risorse; - la possibilità di rispondere ai bisogni e alle esigenze delle altreorganizzazioni che operano nel suo ambiente.  Le risorse sono: - capitale e lavoro, - risorse finanziarie (investimenti) - risorse umane.  Le risorse si possono distinguere in: 1. tangibili o materiali: figurano nel bilancio e sono costituite dagli immobili, gli impianti e le materie prime;  di solito non contribuiscono al vantaggio competitivo. 2. Intangibili o immateriali: sono la reputazione, la notorietà del marchio, i brevetti, l’esperienza, la conoscenza, la cultura aziendale e così via.  sono distintive dell’impresa, possono essere determinanti nel costruire il vantaggio competitivo.  Grant* (1991) individua 6 categorie di risorse: - finanziarie, - fisiche (es. disponibilità delle materie prime, impianti…), - umane, - tecnologiche (numero dei brevetti, software.), - reputazionali (notorietà della marca, fedeltà, CSR.), - organizzative (valore, stile di management…). Le risorse, in base alla categoria cui appartengono, possono avere un grado di flessibilità più o meno alto a seconda della loro capacità di essereconvertite in altre risorse di un’altra categoria:  le risorse generano risorse. In generale è difficile specificare il valore che una risorsa può portare  può essere determinato solo se viene specificato il modo con cui lerisorse saranno utilizzate.  Il valore dipende molto dalle competenze. È difficile pertanto identificare le risorse più preziose, su cui bisognerebbe fondare la propria strategia e il vantaggio competitivo. Una risorsa crea valore nei casi in cui: 1. è richiesta dal mercato 2. è scarsa 3. non è facilmente appropriabile dai concorrenti  da ciò dipende il suo valore intrinseco  Le risorse hanno valore strategico se: possiedono valore intrinseco, sono rare (impiegate solo in una o poche imprese), non sono perfettamente imitabili, ossia sono: o fisicamente uniche (ad es. l’ubicazione di un immobile, la concessione per una fonte ecc); oaccumulate nel tempo (ad es. la notorietà di Nutella non può essereriprodotta se non investendo milioni di euro in comunicazione). o in ambiguità causale: gli imitatori non sono in grado di capire le risorse di valore/i fattori di successo o di imitarli (ad es. l’atmosfera dilavoro, la cultura d’impresa...). non sono perfettamente sostituibili;  non tutte hanno lo stesso valore.  I manager devono riuscire a identificare: - le risorse preziose (che hanno valore strategico) - una strategia e un vantaggio competitivo duraturo. NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 15: : Le strategie inter-organizzative - per gestire le interdipendenze simbiotiche - per gestire le interdipendenze competitive sulle risorse Per gestire la dipendenza dalle risorse, è possibile utilizzare varie strategie inter-organizzative.  Vi sono due forme principali di interdipendenze che creano incertezza: le interdipendenze simbiotiche, ossia quelle che esistono tra un’organizzazione ed i suoi fornitori e distributori; le interdipendenze competitive, che sono quelle che esistono tra organizzazioni che competono su input ed output scarsi.  Le organizzazioni tendono a scegliere la strategia inter-organizzativa che offre la massima riduzione dell’incertezza a fronte della minima perdita di controllo (bilanciamento tra incertezza e controllo)  Le strategie inter-organizzative utili a gestire le interdipendenze simbiotiche, sono quattro, e hanno diversi gradi di formalità; dalla più informale alla più formale sono: 1. Reputazione (buona): è la situazione in cui un’organizzazione gode del rispetto e della fiducia di altri soggetti grazie al suo modo di operare.  La reputazione e la fiducia sono probabilmente i meccanismi di collegamento usati più comunemente per gestire le interdipendenzesimbiotiche. 2. Cooptazione: è un meccanismo che gestisce le interdipendenze simbiotiche neutralizzando le forze problematiche che operano nell’ambiente specifico; consiste nel: trasformare gli stakeholder esterni in stakeholder interni; interlocking directorate, ossia l’intreccio tra i consigli di amministrazione; è un collegamento che si determina quando un consigliere di amministrazione di un’azienda siede nel consiglio di amministrazione di un’altra azienda. o Alleanza strategica: è un accordo che impegna due o più aziende a condividere le risorse per sviluppare nuove opportunità di business comuni; è sempre più diffusa tra le aziende, siano esse di uno stesso paese o di paesi diversi, sia per gestire le interdipendenze simbiotiche che quelle competitive  più formale è l’accordo, più forti e prescrittivi sono i collegamenti e più rigido è il controllo sull’attività esercitata in comune.  All’aumentare dell’incertezza, le organizzazioni scelgono alleanze più formali per proteggere l’accesso alle risorse; possono essere di vari tipi (v.s2), dalla più informale alla più formale: contratti a lungo termine, network: insieme di organizzazioni le cui azioni sono coordinate dacontratti e da accordi, anziché da una gerarchia formale di autorità, partecipazione di minoranza. 3. Fusione e acquisizione: in questo caso lo scambio di risorseavviene all’interno di un’organizzazione anziché tra organizzazioni  la nuova entità non può più essere “tenuta in ostaggio” da unfornitore oppure da un cliente strategico  Il limite può consistere - nelle grosse spese che normalmente sostiene un’azienda chene acquisisce un’altra e - nella difficoltà che deve affrontare per la gestione del nuovobusiness.  Anche le strategie per gestire le interdipendenze competitive sulle risorse sono 4, di cui 2 usate anche per le interdipendenze simbiotiche (3 e4); partendo sempre dalla più informale esse sono: 1. Collusioni e cartelli: Si definisce “collusione” un accordo segreto tra concorrenti per condividere informazioni a scopo ingannevole o illecito;  Possono influenzare gli standard di settore. Un “cartello” è un’associazione d’imprese che concordano esplicitamente di coordinare le proprie attività  Possono influenzare la struttura dei prezzi del mercato. 2. Meccanismi di collegamento tramite un soggetto terzo: la presenza di un ente regolatore consente alle aziende di scambiarsi informazioni e di regolamentare la competizione 3. Alleanze strategiche 4. Fusioni e acquisizioni, le più potenti a disposizione per gestire le interdipendenze problematiche NUCLEO TEMATICO 2 LEZIONE 16: Il concetto di fiducia - Alcuni concetti - La teoria dei costi di transazione (TCT) - La TCT come strategia organizzativa - Fonti dei costi di transazione  Molti studiosi di diverse discipline si sono espressi sul concetto di fiducia:  “La fiducia è un fattore chiave in una relazione” (Chiles and McMackin, 1996)  “La fiducia non è una singola cosa e non ha una sola sorgente; essa ha varietà di forme e cause” (Margaret Levi, 1996)  La fiducia – secondo alcuni autori - è il risultato della combinazione di credenze, atteggiamenti, intenzioni e comportamenti (Bhattacherjee 2002)  La fiducia – secondo altri autori – è strettamente legata alla valutazione del rischio (Mayer et al. 1995).  Da un punto di vista organizzativo, la fiducia è fortemente legata al concetto di comportamento opportunistico (Chiles and McMackin 1996).  cfr. la Teoria dei costi di transazione (Williamson 1985)  Secondo a Teoria dei costi di transazione (TCT), l’obiettivo di un’organizzazione è minimizzare i costi di scambio delle risorse all’interno dell’ambiente e i costi di gestione degli scambi all’interno dell’organizzazione stessa (tipico dilemma ad es. nella scelte di make orbuy – scelte tra mercato e gerarchia)  I costi di transazione sono i costi di negoziazione, monitoraggio e governo degli scambi tra le persone; si creano in 4 fasi (Ciborra, 1989): ricerca, in cui c’è la costituzione della coppia di contraenti (avviamento); contrattazione, in cui avviene la redazione del contratto e degliinvestimenti specifici (per creare un clima di fiducia); controllo e regolazione, con l’esecuzione del contratto e la vigilanza (per evitare comportamenti opportunistici); mantenimento degli investimenti specifici (necessità di farpercepire equità durante la transazione).  I costi di transazione originano da vari fattori: Incertezza ambientale e razionalità limitata; quest’ultima si riferisce alla capacità limitata delle persone di processare le informazioni e quindi di avere una visione chiara sull’ambiente. Opportunismo e piccoli numeri: più è basso il numero di interlocutori (ad es. clienti, fornitori etc), più alta sarà la probabilità che si verifichino comportamenti opportunistici. Rischio ed asset specifici; per asset specifici, s’intendono quegli investimenti che creano valore in una determinata relazione di scambio,ma non ne hanno in nessun’altra.  Questo crea una forte dipendenza con la controparte. Livello dei costi della gerarchia (burocratici), ossia dei costi di transazione interni Portando le transazioni all’interno dell’organizzazione, si minimizzano, ma non si eliminano, i relativi costi di gestione.  I costi di transazione  sono alti quando: le organizzazioni cominciano a scambiarsi beni e servizi più specifici, l’incertezza aumenta, il numero dei possibili partner di scambio in una stessa attivitàdiminuisce (ad es. da 10 fornitori di materie prime si passa a due), è elevato il numero di transazioni perchè le lavorazioni sono fatte all’esterno (outsourcing di semilavorati, prodotti finiti, marketing, risorse umane etc).  sono bassi quando: le organizzazioni si scambiano beni e servizi non specifici; l’incertezza è bassa; ci sono tanti possibili partner di scambio; è altro il livello gerarchico.  La TCT può essere considerata una strategia inter-organizzativa perché può aiutare i manager a scegliere quale strategia perseguire:  possono raffrontare i risparmi sui costi di transazione ottenuti con un determinato meccanismo di collegamento e i costi burocratici di utilizzo del meccanismo stesso (ad esempio make or buy?).  devono intraprendere le seguenti azioni: identificare le fonti possibili di costi di transazione che potrebbero incidere sulla relazione di scambio e stabilire quanto saranno alti i costi di transazione; stimare i risparmi sui costi di transazione che si possono ottenerecon l’utilizzo dei diversi meccanismi di collegamento; stimare i costi burocratici legati all’utilizzo del meccanismo di collegamento; scegliere il meccanismo di collegamento che produce i massimi risparmi sui costi di transazione a fronte del minimo costo burocratico.  Il Franchising è un contratto tra due soggetti diversi che ottengono un vantaggio reciproco: Il franchisee è un imprenditore che è autorizzato a vendere i prodotti di un’azienda in una determinata zona, Il franchiser cede il diritto di utilizzare le sue risorse (per esempio il nome o il sistema operativo) a una persona o una società (il franchisee)in cambio di una quota fissa o di una percentuale sui profitti  L’outsourcing: è il trasferimento di un’attività interna di creazione del valore all’esterno, dove sarà svolta da un’altra azienda;  la decisione si prende mediante la comparazione dei costi burocratici derivanti dallo svolgimento dell’attività contro i benefici derivanti dalla sua esternalizzazione  Sempre più le organizzazioni si rivolgono a organizzazioni specializzateal fine di processare le informazioni. NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 17: Le teorie contingenti - problemi di progettazione organizzativa - differenziazione e integrazione - ruoli, autorità e controllo - funzioni e divisioni  Le teorie contingenti nascono negli anni Sessanta e i maggiori esponenti sono Kieser, Kubicek, Woodward, Burns e Stalker  si differenziano rispetto alle teorie classiche per due elementi: 1. Il riferimento alla nascente teoria dei sistemi, per cui vale perle organizzazioni la metafora biologica. 2. Non esiste un unico tipo di organizzazione valida ma deveadattarsi alle contingenze ambientali  si contesta il principio dell’”one best way”.  Si riprende il metodo di ricerca statistico-quantitativo.  Queste teorie risentono dei nuovi sviluppi teorici nel campo dellescienze naturali.  L’organizzazione deve adattarsi alle caratteristiche della situazione edell’ambiente. Determinanti per lo sviluppo del modello contingente sono: ambiente,tecnologia, struttura e dimensione.  Caratteristiche di queste teorie sono: 1. La presenza di un sistema aperto: esiste uno scambio continuo dirisorse tra l’organizzazione e l’ambiente: Input- Trasformazione- Output. 2. L’omeostasi: il sistema si autoregola per mantenere lo stato costante.  opera il feedback negativo, per cui ad ad ogni modifica dello statonormale corrisponde una azione correttiva. 3. La correlazione tra struttura e funzione  l’aumentare della complessità del sistema genera un aumentodelle funzioni e della complessità interne.  Si ottengono maggiori differenziazione, specializzazione e integrazione funzionale. 4. L’equifinalità: tutti i sottosistemi hanno in medesimo obiettivo, ossia contribuire alla realizzazione dell’obiettivo generale dell’organizzazione. NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 18: La standardizzazione e l’aggiustamento reciproco - strutture meccaniche e organiche - compiti e ruoli - l’approccio situazionale - differenziazione, integrazione e ambiente  È possibile utilizzare diversi approcci per scegliere la configurazione organizzativa più adatta e coerente alla situazione ambientale in cui l’organizzazione è inserita  le organizzazioni si adattano ai diversi livelli di incertezza in vari modi, agendo in particolare su: attività di cuscinetto e di confine (l’approccio tradizionale delle unità“cuscinetto” che sono separate dal nucleo operativo sta lasciando spazio ai ruoli di confine, che apportano invece informazioni riguardanti l’ambiente all’organizzazione e viceversa), grado di differenziazione e integrazione (v.lez.17), grado di formalizzazione e accentramento (v. slide successiva), attività di pianificazione e previsione (v. standardizzazione e aggiustamento reciproco)  Un’organizzazione si definisce  accentrata, quando il potere di prendere decisioni importanti è appannaggio esclusivo dei manager al vertice della gerarchia  consente ai top manager di coordinare le attività e di tenere l’azienda concentrata sui suoi obiettivi.  decentrata, quando invece il potere di prendere decisioni importanti sulle risorse dell’organizzazione e di avviare nuovi progetti è delegato a manager di tutti i livelli della gerarchia  promuove flessibilità e reattività.  La situazione ideale è un giusto equilibrio tra accentramento e decentramento, in modo che: i manager di livello intermedio e inferiore, che operano in prima linea, possano prendere decisioni importanti; rimanga al topo management la responsabilità primaria di gestire la strategia di lungo termine. Un buon sistema per scegliere il giusto equilibrio è cercare le relazioni tra l’ambiente e l’organizzazione; è importante anche distinguere la presenza dei processi di:  Standardizzazione, ossia la conformità a modelli o esempi specifici che si considerano corretti in una determinata situazione  sono definiti da insiemi di regole o norme  Aggiustamento reciproco: è il processo attraverso cui le persone usano il giudizio soggettivo anziché le regole di standardizzazione per affrontare i problemi, guidare le decisioni e promuovere il coordinamento.  Si definisce formalizzazione l’uso di regole e procedure scritte per standardizzare le operazioni.  Socializzazione: è il processo mediante il quale i membri dell’organizzazione ne apprendono le norme e interiorizzano queste regole non scritte di comportamento (informali e tacite) Le regole sono disposizioni formali scritte che identificano i modie i mezzi più appropriati per raggiungere gli obiettivi desiderati Le norme sono standard o stili di comportamento che si considerano accettabili o tipici per un gruppo di soggetti  possono nascere informalmente;  possono essere internalizzate delle regole esterne.  Il problema di progettazione che si pone ai manager è trovare il modo di usare regole e norme per standardizzare il comportamento elasciare spazio all’aggiustamento reciproco, in modo che i dipendentipossano trovare soluzioni nuove e migliorative per conseguire gli obiettivi dell’azienda.  Esistono infatti due tipologie di strutture:  Strutture meccaniche: progettate per indurre le persone a comportarsi inmodo prevedibile e responsabile, sono caratterizzate da: enfasi sulla struttura verticale di comando, definizione dei ruoli in maniera specifica iter di carriera lento e sicuro (normalmente)  sono adatte alle organizzazioni che operano in ambienti stabili, pocosoggette a cambiamento.  Strutture organiche: promuovono la flessibilità, pertanto i dipendenti possono avviare il cambiamento e adattarsi rapidamente al mutamento delle condizioni; sono caratterizzate da: – poca enfasi sulla struttura verticale di comando – definizione dei ruoli in maniera ampia – conferimento dello status in base alla capacità di leadership creativa – incoraggiamento dei comportamenti innovativi  adatte soprattutto alle organizzazioni operanti in ambienti dinamici. L’approccio situazionale è un approccio di management in cui la struttura diun’organizzazione è tagliata su misura delle fonti di incertezza specifiche  Un’organizzazione dovrebbe progettare la propria struttura in modo daadattarsi all’ambiente in cui opera  Il grado di allineamento tra l’organizzazione e il suo ambiente deve essereadeguato: NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 19: L’autorità - la gerarchia La gerarchia di un’organizzazione si crea al crescere della fatica dei manager di coordinare e motivare efficacemente i collaboratori.  La divisione del lavoro e la specializzazione di per sè creano problemi di controllo e coordinamento  quando un dipendente svolge solo una piccola parte di un processo più ampio, è difficile capire quale sia il suo contributo effettivo.  Un’organizzazione, per migliorare la capacità di controllare e, quindi, di coordinare e motivare i suoi membri, può: utilizzare un numero maggiore di manager per monitorare, valutare e ricompensare i dipendenti; aumentare il numero dei livelli della gerarchia manageriale  si verticalizza maggiormente la gerarchia di autorità  Le strutture organizzative rappresentano lo strumento operativo con cui i problemi di coordinamento ed interdipendenze sono interpretati e (possibilmente) risolti  La struttura organizzativa, infatti, consta di tre componenti chiave che si riferiscono ad aspetti sia verticali che orizzontali dell’attività di un’organizzazione e sono legati al ruolo che essa ha di: 1. indicare i rapporti di dipendenza formale, compresi il numero di livelli gerarchici e lo span of control (ossia il numero dei subordinati controllabili direttamente) di manager e supervisori; 2. identificare il raggruppamento - d’individui in unità organizzative - di unità organizzative nella totalità dell’organizzazione;  questi due sono framework strutturali ossia di gerarchia verticale. 3. Comprendere la progettazione di sistemi così da assicurare una comunicazione e un coordinamento efficaci nonchè l’integrazione deglisforzi fra le unità organizzative.  ci sono schemi di interazioni tra i dipendenti dell’organizzazione  Possiamo definire un’organizzazione verticale quando la gerarchia ha molti livelli rispetto alla dimensionecomplessiva; piatta se ne ha pochi.  L’organigramma aziendale è la rappresentazione visiva di un interosistema di processi e di attività fondamentali in un’organizzazione, in cui: - le linee verticali indicano i rapporti di dipendenza; le linee orizzontali indicano i rapporti di co-responsabilità. L’incremento della componente manageriale di un’organizzazione è meno che proporzionale all’incremento dimensionale.  Un’organizzazione con 1.000 dipendenti ha in media quattro livelli gerarchici, ma un’organizzazione con 3.000 dipendenti ha in mediasette livelli gerarchici.  Le organizzazioni che impiegano 10.000 o anche 100.000 dipendenti non hanno quasi mai più di nove o dieci livelli gerarchici  Le gerarchie verticali hanno alcuni problemi: di comunicazione tra i manager, che stanno al vertice della gerarchia, e chi sta alla base; comunicare richiede molto tempo ed è probabile che possano esserci delle distorsioni; di motivazione: man mano che aumenta il numero dei livelli gerarchici, la differenza relativa nell’autorità posseduta dai manager di ciascun livello si riduce, così come la loro area di responsabilità; minori responsabilità e più bassi livelli di autorità potrebbero ridurre la motivazione manageriale; d’incremento dei costi burocratici: i capi e le gerarchie manageriali costano (ad esempio retribuzioni, costi di transazione etc) NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 20: Il controllo direttivo - decentramento e differenziazione - i 6 principi della burocrazia La costruzione della struttura organizzativa è completata mediante la definizione dell’ampiezza e dei limiti di delega dei poteri direzionali.  L’ampiezza del controllo direttivo consiste nel definire le dimensioni del gruppo che può essere guidato da un unico dirigente, mediante un insieme di fattori specifici e generali (quali ad es. la natura delle attività da controllare, la capacità dei subordinati, i meccanismi di controllo e così via).  è più o meno elevata, a seconda della determinazione delle dimensioni verticali  Il numero dei livelli gerarchici da istituire dipende soprattutto dal grado di decentralizzazione che si intende realizzare nel governo del sistemaaziendale.  I caratteri di velocità e di maggiore creatività del lavoro nelle imprese spingono a preferire una struttura “corta”, che consente un migliore rapporto tra organi direttivi ed esecutivi.  Ogni funzione o divisione ha la propria gerarchia; con la differenziazione orizzontale, un’organizzazione è divisa in sottounità:  ha diversi livelli, non solo uno  ha il controllo sui collaboratori senza accrescere il numero di livelli gerarchici  con il decentramento occorre meno supervisione manageriale diretta  l’autorità è delegata ai livelli inferiori della gerarchia  non elimina la necessità di numerosi livelli gerarchici nelle organizzazioni grandi e complesse ma aiuta una struttura relativamente verticale a diventare più flessibile  riduce la necessità del controllo personale da parte dei manager perchéle regole e le procedure sostituiscono la supervisione diretta  permette di ottenere maggior controllo sui collaboratori rendendo i loro comportamenti e le loro azioni più prevedibili  La burocrazia è una forma di struttura organizzativa in cui le persone si possono responsabilizzare sulle proprie azioni perché si chiede loro di agirenel rispetto di regole e procedure standard.  si fonda su 6 principi base:  1: la burocrazia si fonda sul concetto di autorità razionale-legale  L’autorità razionale-legale è quella che possiede una persona a causa della sua posizione organizzativa  Le scelte incidenti sulla progettazione della gerarchia di un’organizzazione dovrebbero basarsi sulle esigenze e sulle caratteristiche del compito e non sulle esigenze di colui che svolge quel compito.  2: I ruoli organizzativi si detengono in base alla competenza tecnica, e non in base alla condizione sociale, alla parentela o alla successione nei diritti  I primi due principi di Weber indicano il ruolo organizzativo come componente base della struttura burocratica.  3: I compiti e il potere decisionale di un ruolo e la sua relazione con glialtri ruoli, devono essere chiaramente specificati.  Conflitto di ruolo è la contrapposizione che si determina quando due opiù persone hanno opinioni diverse su ciò che dovrebbe fare un’altra persona e di conseguenza le chiedono cose diverse  Ambiguità di ruolo è l’incertezza che si crea in o per una persona, i cuicompiti o il cui potere decisionale non sono chiaramente definiti.  4: L’organizzazione dei ruoli in una burocrazia fa sì che ogni posizione inferiore sia sotto il controllo e la supervisione di una posizione superiore.  Le organizzazioni dovrebbero essere strutturate gerarchicamente, cosicchè le persone possano riconoscere la catena di comando.  5: Si dovrebbero usare regole, procedure standard e norme per controllare il comportamento e la relazione tra i ruoli di un’organizzazione.  Le regole e le procedure sono istruzioni formali scritte che specificano una serie di azioni da intraprendere per ottenere un determinato obiettivo; le norme sono regole non scritte.  tutte e tre chiarificano le aspettative reciproche delle persone  prevengono equivoci sulle responsabilità  6: Gli atti amministrativi, le decisioni e le regole dovrebbero essereformulati per iscritto.  la struttura burocratica crea una sorta di memoria  la storia organizzativa non può essere alterata.  Questo principio: fissa le regole di base per la progettazione di una gerarchia organizzativa in grado di controllare efficientemente le interazioni tralivelli organizzativi riduce i costi di consolidamento e valutazione della performance individuale, grazie alla presenza delle regole scritte sul sistemapremiante e sul sistema punitivo dei dipendenti separa la posizione dalla persona che la ricopre dà alle persone la possibilità di sviluppare delle competenze e di trasferirle ai loro successori. La burocrazia, accanto ai vantaggi visti soprattutto in logica di facilità di controllo, presenta anche numerosi problemi: i manager non riescono a controllare lo sviluppo della gerarchia; i membri dell’organizzazione si affidano eccessivamente alle regole e alleprocedure per le decisioni;  ciò li rende insensibili ai bisogni dei clienti e di altri stakeholder.  Bisogna risolverli per avere i vantaggi di una struttura organizzativa ben progettata senza subire i limiti della burocratizzazione. Il problema delle relazioni non è di facile soluzione anche se appoggia sulla definizione di funzioni e ruoli delle posizioni ai diversi livelli dell’organizzazione; bisogna comporre i rapporti verticali, che discendono dall’aspetto strutturale dell’azienda con l’insieme dei collegamenti orizzontali, trasversali e funzionali (cioè tra organi di line e di staff) riconsiderare i legami di autorità e influenza, per evitare duplicazioni o dispersione delle informazioni e per le chiarificazioni necessarie ai rapporti di carattere gerarchico. NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 21: Management by objectives (MBO) - definizione e fasi anche con schemi - organizzazione informale - IT e team - lo stile di direzione  Il management by objectives (MBO) è un sistema di valutazione dei collaboratori che si basa sul conseguimento di determinati obiettivi odeterminati standard di performance, o sul raggiungimento dei budget operativi.  moltissime organizzazioni ne implementano una qualche versione per fornire un quadro di riferimento entro cui valutare il comportamento dei subordinati e consentire soprattutto ai manager di monitorare i progressi compiuti verso il raggiungimento degli obiettivi.  non ha senso fissare gli obiettivi senza misurarne il conseguimento.Si articola in 3 fasi: 1) fissazione degli obiettivi e traguardi specifici di ogni livello dell’organizzazione 2) definizione degli obiettivi per ogni livello insieme ai subordinati 3) valutazione dei progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi con incontri periodici. Alcuni dei maggiori ostacoli all’adozione del MBO sono legati a: grande impegno di tempo elevato dispendio di documenti tendenza a trascurare l’aspetto qualitativo difficoltà del coinvolgimento dell’alta direzione possibili dissonanze comunicative barriere costituite dalla “rottura” di precedenti comportamenti manageriali. La gerarchia di autorità progettata dal management che alloca persone erisorse ai compiti e ai ruoli organizzativi è una sorta di ricetta per l’operatività interna. L’organizzazione informale Le decisioni e il coordinamento a tutti i livelli dell’organizzazione avvengono frequentemente anche al di fuori dei canali formalmente predisposti, perché le persone interagiscono informalmente. Inoltre, molte regole e molte norme utilizzate dai dipendenti per svolgere i propri compiti emergono dalle interazioni informali tra le persone e non dallo schema formale e dalle regole stabilite dai manager.  I manager ne devono tenere conto.  La struttura informale può migliorare la performance organizzativa. I nuovi approcci alla progettazione organizzativa affermano che i manager devono sfruttare l’efficacia dell’organizzazione informale per: - accrescere la motivazione - fornire ai dipendenti soluzioni informali per migliorare la performance organizzativa.  La struttura gerarchica formale è il principale meccanismo di controllo, ma i manager dovrebbero usare anche la struttura informale per sviluppare soluzioni ai problemi dei collaboratori. NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 21: Information technology, empowerment e team autogestiti Un trend importante che appare in accelerazione per effetto dei progressi realizzati nell’IT è l’uso sempre più frequente di lavoratori responsabilizzati(empowerment), team autogestiti, team interfunzionali e lavoratori temporanei  l’IT facilita standardizzazione informazioni, controllo, valutazione, monitoraggio;  il sempre maggior utilizzo dell’IT ha causato un decentramento dell’autorità nelle organizzazioni e il maggior utilizzo dei team. Il decentramento dell’autorità ai dipendenti di livello inferiore e l’inserimento di quest’ultimi nei team riduce la necessità di supervisione diretta da parte dei manager, e le organizzazioni si appiattiscono.  L’empowerment è il processo mediante il quale si conferisce ai dipendentidi tutti i livelli gerarchici l’autorità di prendere decisioni importanti e di rispondere dei propri risultati.  I team autogestiti sono gruppi formali di lavoro, composti da persone che hanno la responsabilità comune di assicurare il raggiungimento degli obiettivi del team e sono autorizzate a dirigere se stesse.  I team interfunzionali sono gruppi informali di lavoratori appartenenti a diverse funzioni, che sono autorizzati a dirigere e coordinare le attività di creazione del valore necessarie per portare a termine diversi programmi o progetti.  I lavoratori interinali sono quelli impiegati per un periodo temporaneo da un’organizzazione e che non ricevono benefit indiretti come l’assicurazione sanitaria o pensione privata.  Vantaggi dell’assumere lavoratori interinali: si possono assumere solo in caso di surplus di lavoro o effettiva necessità; possono costare meno e si possono licenziare più facilmente.  Svantaggi: difficile creare motivazione e averne buon coordinamento, non sono a conoscenza delle competenze distintive dell’azienda. NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 21: Lo stile di direzione nel MBO Nella pratica operativa è stato rilevato che la procedura corretta di definizione degli obiettivi è solitamente influenzata dalle caratteristiche dello stile di direzioneadottato all'interno dell'impresa.  Lo stile di direzione, infatti, è il mezzo primario attraverso il quale la direzione generale ed i responsabili delle unità operative possono influire sull'impegno e la motivazione dei propri dipendenti.  Secondo i teorici delle scienze comportamentiste, lo stile più efficace ai fini dell’adozione della MBO è quello partecipativo, in cui il responsabile è in grado, creando le condizioni organizzative adatte, di ottenere la partecipazione del collaboratore nella formulazione dei suoi stessi obiettivi.  ciascun responsabile è obbligato ad impegnarsi per far emergere il meglioda ciascun collaboratore  i dirigenti, nello stesso tempo, devono aiutare i collaboratori a raggiungereil necessario grado di maturità, perchè guadagnino autonomia eresponsabilizzazione. Il principio ispiratore dell’MBO infatti, risiede nella partecipazione attiva di ogni componente della struttura aziendale, realizzata attraverso una procedura operante: - nella fase decisionale legata alla fissazione degli obiettivi,  si tende a condividere gli obiettivi col collaboratore e non a imporli  gli eventuali scostamenti da quanto programmato determinano, una revisione congiunta tra dirigenti ed esecutivi in modo da poter attivare un processo di apprendimento comune e non un controllo di tipo “punitivo”; - nella fase del controllo dei risultati raggiunti.  si deve procedere all'analisi dei risultati intermedi, con la chiarezza propriadella fase di definizione degli obiettivi;  se i risultati non fossero facilmente individuabili, risulterebbe alquantodifficoltosa l'impostazione di un'eventuale azione correttiva  lo stesso dipendente poi non avrebbe un ritorno diretto riguardo ai proprisforzi in termini di risultati raggiunti. NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 22: Dalla struttura funzionale alla struttura divisionale - la struttura semplice - la struttura funzionale La struttura di base di un’azienda è la struttura semplice, per poi passare a strutture più articolate man mano che aumenta la complessità legata alle dimensioni e al tipo di attività dell’azienda.  Il concetto di struttura organizzativa racchiude in sé l’insieme delle relazioni tra i gruppi che lavorano in azienda ed il coordinamento tra loro esistente.  La struttura semplice in genere è centralizzata e al suo interno si svolgono leattività fondamentali; sue caratteristiche sono: il lavoro è diretto, supervisionato e coordinato dalla direzione; assenza di middle manager e consistente base operativa.  è tipica di un’azienda piuttosto piccola, dove una o due persone rappresentano la direzione aziendale e le restanti svolgono le attivitàoperative; classico esempio è l’azienda patronale, dove il proprietario dell’azienda costituisce la direzione stessa.  Solitamente ha varietà interna minima con solo 2 livelli gerarchici: unimprenditore e alcuni soci o operai.  La struttura funzionale: è un’organizzazione che raggruppa i dipendenti in base alle competenze e l’expertise che hanno in comune, oppure perché utilizzano le stesse risorse. rappresenta la base della differenziazione orizzontale raggruppa i task in una serie di funzioni allo scopo di raggiungere più efficacemente il proprio obiettivo principale.  Vantaggi: la struttura funzionale si sviluppa per prima (e soprattutto) perchè: offre ai dipendenti l’opportunità di apprendere gli uni dagli altri e accrescere la specializzazione e la produttività. ciò aiuta anche innovazione e sofisticazione tecnica. ai dipendenti più competenti viene attribuita la responsabilità di formarei neoassunti. i dipendenti raggruppati in base alle competenze in comune possono supervisionarsi gli uni gli altri e regolare vicendevolmente e in modo efficiente il loro comportamento; le persone che si occupano della stessa funzione, lavorano fianco a fianco per lunghi periodi e condividono il medesimo bagaglio di competenzatecnica, sviluppano delle norme e dei valori che consentono loro di svolgere più efficacemente i propri compiti.  I problemi che deve risolvere un’organizzazione che abbia adottato una struttura basata sulla specializzazione delle competenze sono legati al controllo delle proprie attività che diventano sempre più complesse  man mano che si differenzia a livello geografico, realizza più prodotti o compete di più per accaparrarsi i clienti, compromettono la capacità del management di coordinare le attività per problemi: di comunicazione: man mano che si sviluppano più funzioni organizzative, ciascuna con la propria gerarchia, esse si distanziano sempre più una dall’altra:  la differenziazione sviluppa orientamenti parziali legati a ciascuna unitàfunzionale creando incomunicabilità;  le imprese cercano di risolvere il problema, in parte, attivando di dei meccanismi integrativi più complessi. di ubicazione: l’esercizio di un controllo fortemente accentrato riduce la capacità di adattarsi alle specificità dei diversi mercati (zone). di misurazione: per esercitare il controllo su un compito o un’attività, bisognaavere un modo per misurarli, altrimenti non c’è alcun benchmark da utilizzare per valutare come cambia nel tempo la performance relativa allo svolgimento del compito. man mano che l’organizzazione cresce, funzioni e prodotti aumentano di numero e complessità; è più difficile ottenere le informazioni necessarie a misurarne l’impatto sulla redditività complessiva, perchè i costi da sostenere per capire il contributo di ogni funzione allo sviluppo di ogni prodotto sono difficili da quantificare. legati al cliente: man mano che la gamma e la qualità dei prodotti di un’organizzazione aumentano, quest’ultima attira sempre più clienti che presentano necessità diverse. è difficile rispondere alle necessità di nuovi segmenti di clientela personalizzando i prodotti per soddisfarle. strategici: al crescere della complessità, i top manager devono investiremolto tempo per risolvere i problemi quotidiani di coordinamento rischiano di non averne per risolvere i problemi di lungo termine.  I manager possono risolvere i problemi di controllo legati a una struttura funzionale riprogettandola in modo da accrescere l’integrazione fra le funzioni  se un’organizzazione produce un numero ridotto di prodotti simili, realizzaquei prodotti in una o poche sedi e li vende ad una fascia principale di clienti, il management sarà in grado di risolvere molti dei problemi di controllo legati a una struttura funzionale.  La struttura funzionale è appropriata se l’organizzazione: si limita a produrre un numero ridotto di prodotti simili; realizza i prodotti in una sede o in poche sedi; li vende soltanto a una tipologia principale di clienti; Quando un’organizzazione cresce, ha bisogno di una struttura che: accresca il controllo del management sulle singole sotto unità (per soddisfarepiù efficacemente le necessità dei prodotti e dei clienti), consenta al contempo al management di tenere sotto controllo le attività operative dell’intera impresa e integrarle, per assicurarsi che tutte le sotto unità raggiungano gli obiettivi dell’organizzazione. Il management riacquista il controllo sulla propria organizzazione quandodecide di adottare una struttura più complessa, risultato di tre scelte di progetto: 1. un grado più alto di differenziazione verticale  aumenta i livelli gerarchici, stabilisce il grado di autorità decisionale che vuole accentrare ai livelli organizzativi più alti e decide quanto fare ricorso alle regole; 2. un grado più alto di differenziazione orizzontale  sovrappone al raggruppamento funzionale delle attività qualche altro tipo diraggruppamento delle sotto unità (per lo più una serie di team di prodotto odivisioni di prodotto autosufficienti, dotate delle risorse funzionali necessarie per raggiungere i loro obiettivi); 3. un più alto grado di integrazione  maggiore è il livello di differenziazione, più complessi risultano i meccanismi integrativi che il management deve impiegare per tenere sotto controllo le attività dell’organizzazione. La struttura che le organizzazioni adottano più comunemente per risolvere i problemi di controllo che derivano dalla realizzazione di molte tipologie diverse di prodotti in molte sedi diverse per molte tipologie diverse di clienti è la struttura divisionale.  La struttura divisionale raggruppa le funzioni a seconda delle esigenze specifiche dei prodotti, dei mercati e dei clienti.  L’obiettivo del passaggio a una struttura divisionale è creare delle sotto unità più piccole e gestibili all’interno dell’organizzazione. Può essere di tre tipologie: per prodotto, geografica per segmenti (di clienti).  sono tutte caratterizzate da un grado più alto di differenziazione verticale eorizzontale rispetto a una struttura funzionale e prevedono dei meccanismiintegrativi più complessi. NUCLEO TEMATICO 3 LEZIONE 22: La struttura semplice La struttura semplice Caratteristiche principali: Solo vert

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